Pdf - RTUP - Università degli Studi di Perugia

CancerStat Umbria
Anno II No. 6
Giugno 2011
Registro Tumori
Umbro di Popolazione
ISSN 2039-814X
Registro Nominativo
delle Cause di Morte
Registro Regionale
dei Mesoteliomi
Direttore:
Francesco La Rosa
Coordinatore:
Fabrizio Stracci
Dipartimento di
Specialità MedicoChirurgiche e Sanità
pubblica.
Sezione di Sanità
Pubblica.
Università degli Studi
di Perugia.
I tumori del rene
L.
M.
D.
F.
Mearini, E. Nunzi, A. Zucchi,
Porena
D’Alò, F. Stracci, F. Bianconi
La Rosa
INDICE:
Parte I
Epidemiologia
pag.
1
Fattori di rischio
pag.
5
Anatomia patologica
pag.
5
Quadro clinico
pag.
8
Diagnosi
pag.
9
Terapia
pag. 11
Fattori prognostici
pag. 12
Bibliografia
pag. 15
Parte II
Regione dell’Umbria.
Direzione regionale
Salute, coesione sociale
e società della
conoscenza
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 6
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 6
CancerStat Umbria
Registro Tumori
Umbro di Popolazione
Registro Nominativo
delle Cause di Morte
Registro Regionale
dei Mesoteliomi
Direttore:
Anno II No. 6, Giugno 2011
ISSN 2039-814X
Codice CINECA-ANCE E205269
Pubblicato da:
Registro Tumori Umbro di Popolazione
Francesco La Rosa
Coordinatore:
Fabrizio Stracci
Collaboratori:
Anna Maria Petrinelli
Daniela Costarelli
Fortunato Bianconi
Valerio Brunori
Daniela D’Alò
Cinzia Santucci
Massimo Scheibel
Francesco Spano
Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche e Sanità
Pubblica. Sezione di Sanità Pubblica.
Università degli Studi di Perugia.
Via del Giochetto
06100 Perugia
Tel.: +39.075.585.7329 - +39.075.585.7366
Fax: +39.075.585.7317
Email: [email protected]
URL: www.rtup.unipg.it
Segreteria:
Luisa Bisello
Regione dell’Umbria.
Direzione regionale
Salute, coesione sociale
e società della
conoscenza
Emilio Duca
Paola Casucci
Marcello Catanelli
Mariadonata Giaimo
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 6
I TUMORI DEL RENE
I tumori del rene
Luigi Mearini1, Elisabetta Nunzi1, Alessandro Zucchi1,
Massimo Porena1,2
Daniela D’Alò3, Fabrizio Stracci2,3, Fortunato Bianconi3,
Francesco La Rosa2,3
1
2
3
Clinica Urologica, Azienda Ospedaliera di Perugia
Dipartimento di Specialità medico-chirurgiche e Sanità pubblica,
Università di Perugia
Registro Tumori Umbro di Popolazione, Dipartimento di Specialità
medico-chirurgiche e Sanità pubblica, Università di Perugia
Parte I
D. D’Alò, F. Stracci,
F. Bianconi, F. La Rosa
I tumori del rene possono essere di natura
benigna o maligna.
Fra i tumori benigni riscontriamo neoformazioni
sia di natura epiteliale (cisti e adenomi), sia di
natura connettivale (fibromi, fibroangiomi,
angiomiolipomi).
I tumori maligni comprendono l’adenocarcinoma
del rene (RCC), il nefroblastoma o tumore di
Wilms, rare forme sarcomatose come i
leiomiosarcomi e liposarcomi e neoplasie a
malignità incerta quali gli oncocitomi.
EPIDEMIOLOGIA
Il carcinoma a cellule renali costituisce circa l’8590% di tutti i tumori renali nell’adulto ed è al
terzo posto tra i tumori urologici, dopo il tumore
della prostata e il tumore della vescica; colpisce
più frequentemente il sesso maschile rispetto a
quello femminile ed è più comunemente
riscontrato fra i 60-70 anni [1].
L’adenocarcinoma renale ha un’incidenza più
elevata nei paesi occidentali, soprattutto in
Svezia, Danimarca, Norvegia e Finlandia.
Nel corso degli ultimi decenni si è osservato un
aumento del numero di casi di RCC,
presumibilmente dovuto al più frequente
riscontro incidentale di carcinomi renali grazie
alla diffusione di tecniche di imaging, che hanno
consentito una maggiore sensibilità diagnostica e
un’anticipazione della diagnosi. Questi tumori
sono spesso piccoli e quindi a basso stadio.
In Italia nel 2006 è stata stimata una prevalenza
per il tumore del rene e delle altre vie urinarie
(ICD-10 C64-66, C68) di 84.413 casi [2].
Nell’area AIRTUM nel periodo 2003-2005 il
cancro del rene e delle vie urinarie è risultato
l’ottavo tumore maligno più frequente nella
popolazione maschile. Tale neoplasia ha
rappresentato il 3,8% dell’incidenza totale negli
uomini (escludendo gli epiteliomi della cute) e il
2,5% nelle donne. Inoltre, ha determinato il 2,8%
di tutti i decessi nel sesso maschile e l’1,9% nel
sesso femminile, risultando la decima causa di
morte per neoplasia negli uomini.
Tra il 2003 ed il 2005 sono stati registrati
mediamente all’anno 26,4 casi ogni 100.000
uomini e 13,4 casi ogni 100.000 donne e si sono
riscontrati in media 9,5 decessi per tumori del
rene e delle vie urinarie ogni 100.000 uomini e
4,7 ogni 100.000 donne. Tanto l’incidenza quanto
1
I TUMORI DEL RENE
la mortalità sono omogenee tra Italia del Nord e
centrale, e più basse nell’Italia meridionale e
insulare.
Nella popolazione maschile l’incidenza, e
parallelamente la mortalità, è attualmente stabile,
in continuità con un trend in corso dall’inizio
degli anni Novanta.
La popolazione femminile invece mostra un
leggero trend ascendente (figura 1). Tali trend
sono simili per età e per area geografica [3].
La sopravvivenza relativa a 5 anni è di circa il
70% sia nei maschi che nelle femmine [4].
Figura 1. Trends temporali dei tassi standardizzati di incidenza e mortalità per
100.000 abitanti nel sesso maschile e femminile. Rene e altre vie urinarie (C6466, C68). Periodo 1998-2005.
Nel periodo 2004-2008 sono stati riscontrati in
Umbria mediamente all’anno 25,9 casi di
carcinoma renale (ICD-10 C64) ogni 100.000
uomini e di 13,3 casi ogni 100.000 donne con un
tasso annuo di mortalità di 9,4 e di 4,4
rispettivamente nel sesso maschile e femminile
(tabelle 1 e 2).
Il carcinoma a cellule chiare è risultato il tipo
istologico più frequentemente diagnosticato
(tabella 3).
Tabella 1. Incidenza e mortalità per carcinoma renale nei maschi. Umbria 1994-2008.
INCIDENZA
anni di riferimento n° totale casi
tasso grezzo
1994-1998
427
21.6
1999-2003
492
24.6
2004-2008
546
25.9
MORTALITA'
anni di riferimento n° totale morti
tasso grezzo
1994-1998
117
5.9
1999-2003
181
9.0
2004-2008
198
9.4
tasso standard*
25.0
25.6
27.4
tasso standard*
7.8
10.2
11.2
2
I TUMORI DEL RENE
Tabella 2. Incidenza e mortalità per carcinoma renale nelle femmine. Umbria 1994-2008.
INCIDENZA
n° totale casi
tasso grezzo
220
10.5
238
11.1
300
13.3
MORTALITA'
anni di riferimento n° totale morti
tasso grezzo
1994-1998
58
2.8
1999-2003
82
3.8
2004-2008
100
4.4
anni di riferimento
1994-1998
1999-2003
2004-2008
Tipo istologico
tasso standard*
10.5
9.8
11.6
tasso standard*
3.0
3.4
4.2
ICDO3M
Casi
%
Carcinoma a cellule chiare
8310/3
1330
59,8
Tumore maligno
8000/3
344
15,5
Carcinoma NAS
8010/3
209
9,4
Carcinoma a cellule renali NAS
8312/3
127
5,7
Carcinoma papillare
8050/3-8260/3
44
2
Carcinoma a cellule renali di tipo cromofobo
8317/3
32
1,4
Carcinoma a cellule granulari
8320/3
32
1,4
Adenocarcinoma NAS
8140/3
32
1,4
Nefroblastoma
8960/3
19
0,9
Sarcoma
8800, 8801, 8811, 8858, 8890, 8891/3
17
0,8
37
1,7
Altri istotipi
Tabella 3. Tipi istologici di carcinoma renale. Umbria 1994-2008
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Nell’arco di tempo compreso tra il 1994 e il 2007
si è inoltre evidenziato nei maschi un incremento
statisticamente significativo sia dell’incidenza che
della mortalità per carcinoma renale (figura 4),
mentre nel sesso femminile si è assistito ad un
minore e non significativo incremento (figura 5).
1994-1998
1999-2003
2004-2008
04
510 9
-1
15 4
-1
20 9
-2
25 4
-2
30 9
-3
35 4
-3
40 9
-4
45 4
-4
50 9
-5
55 4
-5
60 9
-6
65 4
-6
70 9
-7
75 4
-7
80 9
-8
4
85
+
T assi p er 100.000 ab itan t i
Dal 1999 al 2008 il numero maggiore di casi
incidenti in entrambi i sessi si è registrato nella
fascia di età 80-84 anni, rispetto al periodo 19941999 in cui risultava più colpita la classe di età
compresa tra i 75 e i 79 anni (figure 2 e 3).
Figura 2. Tassi di incidenza per classi di età.
Maschi. Umbria 1994-2008 .
Classi di età
3
I TUMORI DEL RENE
Tassi per 100.00abitanti
60
50
40
30
1994-1998
20
1999-2003
2004-2008
10
04
510 9
-1
15 4
-1
20 9
-2
25 4
-2
30 9
-3
35 4
-3
40 9
-4
45 4
-4
50 9
-5
55 4
-5
60 9
-6
65 4
-6
70 9
-7
75 4
-7
80 9
-8
4
85
+
0
Figura 3. Tassi di incidenza per classi di età.
Femmine. Umbria 1994-2008.
Classi di età
Figura 4. Trends temporali di incidenza (in alto)
e di mortalità (in basso) dei tassi standardizzati
(pop. Umbria 2001) per 100.000 abitanti. Rene
(C64). Maschi. Umbria 1994-2007.
Figura 5. Trends temporali di incidenza (in alto)
e di mortalità (in basso) dei tassi standardizzati
(pop. Umbria 2001) per 100.000 abitanti. Rene
(C64). Femmine. Umbria 1994-2007.
4
I TUMORI DEL RENE
FATTORI DI RISCHIO
Familiarità
Una storia familiare positiva per carcinoma
renale determina un rischio di insorgenza della
neoplasia 4 volte maggiore rispetto alla
popolazione generale [5].
Sebbene rare, esistono forme di carcinoma renale
a trasmissione ereditaria, alcune delle quali si
possono associare alle Sindromi di Von HippelLindau e di Birth-Hodgg-Dube.
Stile di vita
Il fumo di sigaretta e l’obesità sono considerati
fra i fattori di rischio più importanti per lo
sviluppo di carcinoma renale [1].
Farmaci
I forti consumatori di farmaci contenenti
fenacetina presentano un rischio aumentato di
insorgenza di carcinoma della pelvi renale,
mentre la relazione con il cancro renale è meno
consistente, benché riportata in diversi studi [1].
Per gli antiinfiammatori non a base di fenacetina
le evidenze di un’associazione causale sono meno
chiare.
Ipertensione arteriosa
È considerata principalmente un marcatore di
rischio più che un fattore di rischio per
carcinoma renale. Infatti, la neoplasia in fase
pre-clinica può manifestarsi con ipertensione
arteriosa. Tuttavia, si ipotizza che la malattia
ipertensiva possa causare direttamente un danno
per l’esistenza di cambiamenti funzionali e
metabolici che aumenterebbero la suscettibilità ai
cancerogeni [1].
Malattia renale cistica acquisita
La degenerazione renale cistica, tipica dei pazienti
sottoposti per lungo tempo a terapia dialitica,
predispone al carcinoma renale. Analogamente,
alcuni studi hanno mostrato un sostanziale
incremento del rischio di malattia renale cistica
acquisita e RCC in seguito a trapianto renale [6].
Esposizione
professionale
ad
agenti
cancerogeni
L’esposizione prolungata ad asbesto, idrocarburi
policiclici aromatici e solventi organici si associa
ad un rischio maggiore di comparsa di RCC [1].
Parte II
L. Mearini, E. Nunzi,
A. Zucchi, M. Porena
ANATOMIA PATOLOGICA
Il carcinoma a cellule renali può insorgere in
qualsiasi parte del rene, ma più frequentemente si
localizza ai poli, in particolare il polo superiore.
Le forme più frequenti sono il carcinoma renale a
cellule chiare (70-80%), il carcinoma papillare
(10-15%), il carcinoma renale cromofobo (5%) e
il carcinoma del dotto collettore (1%) [7].
Caratteri macroscopici
Il carcinoma renale a cellule chiare origina
con molta probabilità dall’epitelio del tubulo
prossimale e generalmente si sviluppa come una
lesione solitaria e monolaterale. Si presenta
tipicamente come una massa sferica, di
dimensioni variabili e di colore giallo-grigiobiancastro che sporge dalla superficie dell’organo
deformandolo. All’interno della massa tumorale
possono essere evidenti estese aree di necrosi
ischemica, focolai emorragici e calcificazioni.
Solitamente la lesione ha margini ben definiti, tali
da far pensare, erroneamente, ad un suo
incapsulamento. L’aspetto “pseudocapsulato” è
dato dalla crescita della neoplasia, che si espande
5
I TUMORI DEL RENE
comprimendo perifericamente il parenchima e lo
stroma anziché infiltrarli diffusamente. Il
carcinoma renale sviluppandosi può infiltrare la
via escretrice fino a sporgere nei calici e nel
bacinetto, o può invadere la vena renale
proliferando in forma di colonna solida (trombo
neoplastico); in altri casi il tumore supera la
capsula renale ed invade il grasso perirenale ed i
tessuti adiacenti.
I carcinomi papillari originano dai tubuli
contorti distali e possono essere multifocali e
bilaterali. Sono caratterizzati da una tipologia di
crescita papillare e presentano tipicamente un
aspetto cistico ed emorragico, soprattutto se
sono di grandi dimensioni. Il carcinoma papillare
è il tumore renale più comune nei pazienti che
sviluppano una malattia cistica associata alla
dialisi.
Caratteri microscopici
Il carcinoma renale a cellule chiare è
costituito da cellule di forma sferica o poligonale
a citoplasma chiaro o granulare per la presenza di
un abbondante contenuto di glicogeno e lipidi,
disciolti dai comuni fissativi. La tipologia di
crescita varia da una forma solida a quella
trabecolare o tubulare. La maggior parte di questi
tumori sono ben differenziati, ma alcuni
esibiscono marcati caratteri di atipia cellulare.
Il carcinoma papillare è costituito da cellule
cuboidali o cilindriche organizzate in formazioni
papillari.
Il carcinoma renale cromofobo si compone di
lembi solidi di cellule con evidenti membrane
cellulari, un citoplasma debolmente eosinofilo e
in genere un alone perinucleare,. Si pensa che
origini dalle cellule intercalari dei dotti collettori.
Il carcinoma del dotto collettore è una rara
variante che insorge dalle cellule del dotto
collettore nella midollare. E’ caratterizzato dalla
presenza di canali aberranti rivestiti da epitelio
marcatamente atipico.
Aspetti sarcomatoidi sono rari in tutti i tipi di
neoplasia renale e si accompagnano in genere ad
una prognosi decisamente infausta.
Grading secondo Fuhrman
In rapporto all’anaplasia nucleare, si distinguono
per il carcinoma renale
4 gradi di
differenziazione: G1, ben differenziato; G2,
moderatamente differenziato; G3, scarsamente
differenziato; G4, indifferenziato.
Modalità di diffusione
1. Diffusione per contiguità
Il tumore penetra la capsula renale ed invade lo
spazio cellulo-adiposo perirenale, giungendo ad
interessare il diaframma, il peritoneo parietale posteriore e
gli organi adiacenti (colon, milza, coda del pancreas). Il
surrene, raramente interessato per contiguità, è
più frequentemente infiltrato da metastasi
ematogene.
2. Diffusione per via linfatica
Le cellule neoplastiche invadono i vasi linfatici
periarteriosi, colonizzano i linfonodi para-aortici,
quindi raggiungono il dotto toracico e i linfonodi
cervicali.
3. Diffusione per via linfo-ematogena
Gli elementi neoplastici, attraverso il dotto
toracico, raggiungono la vena cava superiore e
quindi il circolo polmonare.
4. Diffusione per via ematogena
E’ sicuramente la più importante. La sua elevata
frequenza è dovuta alla precoce invasione della
vena renale, e quindi della vena cava inferiore,
soprattutto nelle localizzazioni destre. La
successiva evoluzione è dovuta alla diffusione
retrograda nella vena cava o nei rami della vena
renale, o anterograda verso il circolo generale o le
anastomosi porto-cavali.
Le
localizzazioni
metastatiche
sono
estremamente variabili e talvolta si riscontrano in
sedi atipiche: sono più comunemente interessati i
polmoni (50%) e le ossa (35%), seguiti in ordine
decrescente dai linfonodi locoregionali, dal
fegato, dalle ghiandole surrenali, dal rene
controlaterale, dall’encefalo, dai genitali esterni e
infine dal miocardio, dalla milza e dalla cute [7].
L’evidenza radiologica di metastasi al momento
della prima diagnosi si riscontrava in passato in
circa il 50-80% dei casi, a causa di una crescita
6
I TUMORI DEL RENE
silente e, conseguentemente, di una diagnosi
tardiva. L’avvento dell’ecografia, consentendo
diagnosi più precoci, ha modificato fortemente
questa condizione.
Stadiazione
Il sistema di stadiazione clinica più utilizzato è il
TNM, il quale valuta l’estensione locale del
tumore (T) e l’eventuale coinvolgimento
linfonodale (N) e/o metastatico (M) (tabella 4).
Tabella 4. Stadiazione dei tumori del rene (TNM, 2010).
Tumore primitivo (T)
TX
Tumore non definibile
T0
Tumore non evidenziabile
T1
T1a
T1b
Tumore confinato al rene di dimensioni ≤ 7 cm
Tumore confinato al rene di dimensioni ≤ 4
Tumore confinato al rene di dimensioni > 4 cm ma ≤ 7 cm
T2
T2a
T2b
Tumore confinato al rene di dimensioni > 7 cm
Tumore confinato al rene di dimensioni > 7 cm ma ≤ 10 cm
Tumore confinato al rene > 10 cm
T3
Tumore che si estende nelle vene maggiori o ai tessuti perineali, ma non alla ghiandola surrenale ipsilaterale e
non oltre la fascia di Gerota
Tumore che si estende macroscopicamente alla vena renale o a suo segmento o tumore che invade grasso
perirenale e/o del seno renale (parapielica) ma non oltre la fascia di Gerota
Tumore che invade macroscopicamente la vena cava al disotto del diaframma. Tumore che invade croscopicamente
la vena cava al di sopra del diaframma o la parete della vena cava
T3a
T3b
Tumore che si estende oltre la fascia di Gerota (compresa la estensione per contiguità nella ghiandola surrenale
ipsilaterale)
Linfonodi regionali (N)
T4
NX
Linfonodi regionali non valutabili
N0
Linfonodi regionali liberi da metastasi
N1
Metastasi in un singolo linfonodo regionale
N2
Metastasi in più linfonodi regionali
Metastasi a distanza (M)
MX
Metastasi a distanza non accertabili
M0
Metastasi a distanza assenti
M1
Metastasi a distanza presenti
Stadio I
T1
N0
M0
Stadio II
T2
N0
M0
Stadio III
T3
T1, T2, T3
N0
N1
M0
M0
Stadio IV
T4
Ogni T
Ogni T
Ogni N
N2
Ogni N
M0
M0
M1
7
I TUMORI DEL RENE
QUADRO CLINICO
Il carcinoma a cellule renali può essere
asintomatico fino ad uno stadio relativamente
tardivo della sua storia naturale e non di rado la
diagnosi viene posta in base a sintomi e segni
non urologici. La sua evoluzione naturale è
alquanto imprevedibile: talvolta si sviluppa nel
corso di decenni in modo silente, oppure in altri
casi la sua crescita è rapida ed aggressiva.
La triade sintomatologica classica, costituita da
dolore, ematuria e massa addominale palpabile,
benché caratteristica di questa neoplasia, è
correlata a stadi di malattia molto avanzati e si
riscontra solo nel 6-10% dei casi [8, 9).
In oltre il 50% dei pazienti il carcinoma renale è
diagnosticato incidentalmente in corso di
accertamenti ecografici o TC effettuati per altra
causa o a seguito di sintomi isolati [10-12].
L’ematuria micro-macroscopica isolata è
presente in circa il 35-60% dei casi [8], ed
essendo vissuta con allarme dal paziente, è
spesso il motivo della sua presentazione allo
specialista. Il sanguinamento urinario legato al
RCC può comparire in modo episodico, ma può
anche permanere per giorni; spesso è
intermittente, con intervalli sempre più brevi fra
un episodio e l’altro. Frequentemente l’ematuria è
microscopica ed aumenta gradualmente di entità
con il tempo, ma può esordire ab initio in forma
macroscopica con coaguli o fili di coaguli
“vermiformi”. Il dato clinico più suggestivo è la
sua uniformità durante tutta la minzione
(ematuria totale monosintomatica). Quando un
tumore renale si accompagna ad ematuria, questo
è indice di infiltrazione della via escretrice. La
precocità di questo segno dipende quindi dalla
vicinanza della neoplasia ai calici e alla pelvi
renale, situazione infrequente essendo la maggior
parte delle neoplasie renali periferica.
Il tessuto adiposo entro la Fascia di Gerota e nel
retro peritoneo conferisce protezione ai visceri e
alle strutture somatiche circondanti il rene,
rendendo tardivo il loro interessamento e quindi,
la comparsa di dolore persistente o di una
tumefazione palpabile.
Il dolore, quando presente, è in genere sordo,
cronico, a carattere gravativo, localizzato alla
regione renale. L’origine è da riferire alla
distensione della capsula renale conseguente
all’accrescimento della massa tumorale, e alla
trazione o compressione delle strutture perirenali.
Talvolta compare un dolore tipo colica, acuto e
discontinuo, legato all’ostruzione al deflusso di
urina da parte di coaguli riversati nella via
escretrice a seguito di fenomeni emorragici. In
questi casi è possibile che la colica sia preceduta
da ematuria. La successione ematuria-colica è un
elemento clinico di rilievo che può aiutare a
distinguere il quadro dalla comune litiasi
ureterale, dove generalmente l’ematuria segue la
colica anziché precederla.
La scoperta del tumore renale in seguito alla
comparsa di una massa palpabile sulla parete
addominale è oggi sempre più infrequente e
dipende dalle sue dimensioni, dalla localizzazione
al polo inferiore e dallo spessore della parete
addominale.
L’insorgenza improvvisa di varicocele in un
adulto è uno dei segni clinici più caratteristici,
anche se poco comune, di carcinoma renale. La
sua comparsa esprime l’invasione e trombosi
della vena renale sinistra o della vena cava, con
conseguente stasi nella vena spermatica; nel
primo caso si tratta di tumori del rene sinistro,
nel secondo in genere del destro.
Il carcinoma renale può anche presentarsi con
segni e sintomi sistemici di malattia in fase
avanzata, come astenia, calo ponderale fino alla
cachessia, febbricola cronica, anemia, dolore
osseo metastatico, tosse persistente da
coinvolgimento polmonare, cefalea secondaria a
ripetizioni intracraniche o comparsa di
linfadenopatia. La febbre, in particolare, ha in
genere carattere continuo, ma può essere così
leggera da passare inosservata. Spesso si
alternano fasi di apiressia a periodi di costante
elevazione febbrile della durata di alcune
settimane. L’iperpiressia può conseguire a
8
I TUMORI DEL RENE
fenomeni di necrosi tumorale o essere
espressione di infezioni; talvolta, tuttavia, la causa
è attribuibile alla sintesi e rilascio da parte della
neoplasia di sostanze ad attività pirogena. La
persistenza di febbre ‘’sine causa’’ dopo
nefrectomia deve far sempre sospettare la
presenza di metastasi.
Durante il decorso della neoplasia può comparire
un complesso di segni e sintomi che non dipende
né dalla grandezza del tumore né dalla presenza
di
metastasi,
definito
sindrome
paraneoplastica. Si distinguono due tipi di
sindromi: endocrine e non endocrine.
Le sindromi paraneoplastiche endocrine sono
dovute alla produzione di sostanze ad attività
ormonale da parte delle cellule tumorali.
L’ipercalcemia è tra queste una delle più comuni.
Va distinta dall’ipercalcemia metastatica a cui si
associa in genere dolore osseo, sempre assente
nella forma paraneoplastica. Quest’ultima è
dovuta alla sintesi tumorale di sostanze attive
paratormone-simili.
L’iperincrezione di renina, la policitemia o la
presenza di fistole artero-venose possono causare
ipertensione. Elevati livelli di renina si possono
associare sia a iperproduzione da parte della
neoplasia, sia a fenomeni ischemici e compressivi
esercitati da tumori di grosse dimensioni a livello
del parenchima renale o dell’arteria renale
(ipertensione alla Goldblatt). In caso di fistole
artero-venose l’ipertensione è sostenuta dal
circolo iperdinamico e talvolta dall’ischemia
renale indotta meccanicamente dalla fistola.
La policitemia è dovuta all’aumentata secrezione
di eritropoietina, sia da parte delle cellule della
neoplasia, sia dalle cellule renali peri-tumorali in
conseguenza dell’ischemia prodotta da fenomeni
compressivi. Tuttavia, benché molti pazienti con
carcinoma renale abbiano livelli elevati di
eritropoietina, nella maggior parte dei casi questa
è in forma inattiva, per cui il quadro ematico è
caratterizzato più spesso da anemia.
Il carcinoma renale può determinare anche la
sintesi ectopica di ormoni quali la gonadotropina
corionica, l’ACTH, il glucagone, l’insulina, la
prolattina.
Tra le sindromi paraneoplastiche non endocrine
di più frequente riscontro ritroviamo la sindrome
di Stauffer, caratterizzata da alterazioni epatiche
in assenza di metastasi a tale livello. Il quadro
clinico comprende febbre, dolore addominale,
epatosplenomegalia e perdita di peso; quello
emato-chimico è caratterizzato da aumento delle
transaminasi e degli indici di colestasi,
ipergammaglobulinemia e aumento dell’attività
protombinica. Il quadro istologico mostra
infiltrati
linfocitari
e
degenerazione
epatocellulare. La patogenesi è controversa:
alcuni ipotizzano che le cellule tumorali
producano
sostanze
epatotossiche
che
agirebbero, o stimolando le catepsine epatiche o
inducendo l’attivazione del sistema immune con
conseguente danno cellulare.
Numerose altre sindromi paraneoplastiche non
endocrine sono state segnalate: vasculiti [13],
coagulopatie [14], amiloidosi, tosse persistente
[15].
Le alterazioni della coagulazione possono essere
di due tipi: sindromi da ipercoagulabilità e
sindromi da ipocoagulabilità; le prime
conseguono all’aumento plasmatico di alcuni
fattori della coagulazione (fibrinogeno, fattore V
e VII, piastrine), le seconde sono legate al
consumo di fattori della coagulazione per
processi di coagulazione intravasale disseminata
(CID) o per l’ insorgenza di sindromi
iperfibrinolitiche.
Le sindromi paraneoplastiche hanno rilievo non
solo nella diagnosi di carcinoma renale, ma anche
nel follow-up. Infatti scompaiono dopo
nefrectomia, ma possono ricomparire in presenza
di metastasi o di recidive.
9
I TUMORI DEL RENE
DIAGNOSI
Esame obiettivo
Nella maggior parte dei casi risulta negativo. Il
reperto di una massa palpabile in loggia renale si
evidenzia solo in soggetti magri con voluminose
neoplasie, specie del polo inferiore. Anche il
varicocele è raro, ma la sua comparsa recente,
soprattutto a destra, deve far sospettare una
neoplasia renale. La presenza di edema agli arti
inferiori, da compressione della vena cava
inferiore, è indicativa di malattia in fase avanzata,
come pure altri segni legati ad interessamenti
secondari, quali noduli cutanei multipli,
solitamente localizzati al tronco, masse ripetitive
epatiche palpabili e, raramente, priapismo da
metastatizzazione nei corpi cavernosi.
Diagnostica per immagini
Numerose sono le metodiche radiologiche
impiegate nello studio dei pazienti con sospetto
tumore renale. Obiettivo di questi esami è
raggiungere una diagnosi di certezza ed una
appropriata valutazione dell’estensione locale o a
distanza della malattia (stadiazione); la
valutazione vascolare può essere utile ai fini della
programmazione chirurgica.
Esami radiologici standard: normalmente
effettuati per altre cause, spesso coliche renali,
possono costituire raramente l’occasione per un
riconoscimento incidentale di massa renale. L’RX
diretta renale, ad esempio, può evidenziare la
presenza di un ingrandimento, per lo più
irregolare, del rene con deformazioni del suo
contorno oppure la presenza di calcificazioni in
sede renale, presenti nel 10% circa dei casi; ma
anche questo esame, in linea di massima, oltrechè
obsoleto, è quasi sempre negativo.
L’ecografia è l’esame di prima istanza nella
diagnostica delle masse renali; ha modificato
radicalmente l'iter diagnostico dei processi
espansivi renali (cisti, tumori, ascessi) per la sua
validità, non invasività, ripetibilità e basso costo.
L'ecografia è in grado di discriminare con
notevole efficacia masse di natura liquida (cisti
semplici o complesse) e masse solide (tumori,
pseudo-tumori, angiomi) consentendo anche di
eseguire nei casi dubbi manovre diagnostiche
accessorie mirate, agobiopsie o agoaspirati.
L’ecografia fornisce inoltre indicazioni sulla
localizzazione delle lesioni, sulla loro estensione
locale
(intraparenchimale,
esofitica)
e
sull’eventuale interessamento di organi o
strutture circostanti come i linfonodi regionali, i
surreni, la vena renale o la vena cava inferiore
(trombosi venosa). La limitazione principale
dell’ecografia rimane la diagnosi di natura
nell'ambito di masse solide (tumori maligni o
benigni, affezioni infiammatorie quali la
pielonefrite xantogranulomatosa o pseudotumorali quali dismorfismi, infarti, ematomi
organizzati, emangiomi); in questi casi è
opportuno ricorrere ad una verifica TC o RM o
all’uso di un mezzo di contrasto-US in presenza
di controindicazioni al contrasto iodato o
gadolinio, come l’insufficienza renale [16-18].
La Tomografia Computerizzata (TC) rappresenta
attualmente la metodica diagnostica gold
standard nello studio delle masse renali. Le
immagini devono necessariamente essere rilevate
prima e dopo somministrazione di mezzo di
contrasto, al fine di valutare l' “enanchment”
della neoformazione sospetta. A tale scopo,
poiché la maggior parte dei carcinomi renali
presenta una ricca vascolarizzazione, è
apprezzabile un significativo potenziamento della
densità della massa dopo l’infusione di mezzo di
contrasto, che può essere valutata mediante una
apposita scala di gradazione, la scala di
Hounsfield (HU); il cambiamento di 20 HU (o
superiore) è chiara evidenza di enanchment [19].
La fase nefrografica (fase venosa) risulta la più
utile nel discriminare le masse renali, le quali
tipicamente non hanno lo stesso enhancement
del parenchima renale circostante. La fase
angiografica può fornire informazioni dettagliate
riguardo alla vascolarizzazione del rene e della
neoplasia, dato questo estremamente utile in caso
di trattamento chirurgico conservativo del rene
[20].
10
I TUMORI DEL RENE
Da un punto di vista puramente diagnostico la
sensibilità verso tumori di diametro inferiore a 3
centimetri è pari a circa il 90% per la TC e a circa
l’80% per l’ecografia. Ovviamente per masse di
dimensioni intorno a 1 cm di diametro questa
percentuale cresce notevolmente a favore della
TC.
Questa indagine costituisce un ottimo ausilio
diagnostico per la diagnosi differenziale delle
lesioni che risultano dubbie all’ecografia (come
nel caso di un oncocitoma, il quale si presenta di
aspetto omogeneo senza zone necrotiche o
ipervascolarizzate, tipiche del carcinoma renale a
cellule chiare) ed è un valido strumento di
stadiazione clinica nelle forme neoplastiche già
accertate.
La Risonanza Magnetica (RM) non ha un ruolo
ben definito nell’ambito della diagnosi e
stadiazione del carcinoma renale. La RM è
utilizzata soprattutto per la valutazione di
sospette infiltrazioni di tessuti circostanti (specie
muscolari) e di trombosi venose, o in soggetti in
cui l’effettuazione di un esame TC con mezzo di
contrasto è sconsigliabile per allergia allo iodio o
insufficienza renale [21, 22]. La RM rispetto alla
TC ha alcuni limiti, quali la minore sensibilità
diagnostica per lesioni inferiori ai 3 cm di
diametro e la difficoltà nella distinzione di
adenopatie iperplastiche da forme neoplastiche.
L’arteriografia renale e la venocavografia
inferiore hanno un ruolo limitato e sono riservate
a casi in cui il tumore renale presenta
vascolarizzazione anomala, emboli neoplastici
nella vena renale e nella vena cava inferiore che
non siano stati correttamente valutati con l'
ecografia e con la TC.
Resta ancora da determinare il ruolo della
Tomografia ad emissione di positroni (PET)
nella diagnosi e nel follow-up dei tumori renali e
ad oggi la PET non è considerata un’indagine
standard [23, 24].
La scintigrafia ossea e la TC torace risultano
fondamentali nella stadiazione delle forme
metastatiche.
TERAPIA
Terapia chirurgica
Rappresenta attualmente l’unica terapia efficace
nelle neoplasie renali clinicamente localizzate.
L’intervento, radicale o parziale, può essere
eseguito mediante chirurgia open, laparoscopica
o robot assistita.
La chirurgia conservativa è attuabile nei casi in
cui la lesione sia unica e localizzata ad un polo
renale (resezione polare), oppure sia mesorenale
ed esofitica. Nefrectomie parziali, tumorectomie
ed enucleoresezioni, riservate sino a qualche
anno fa necessariamente a soggetti affetti da
neoplasie bilaterali o con rene unico,
rappresentano oggi il trattamento d’elezione dei
tumori periferici di diametro fino a 4-5 cm, i
quali presentano buone possibilità di exeresi
chirurgica radicale. L’efficacia terapeutica di
questo approccio, in termini sia di recidività
locale che di mortalità cancro specifica, è del
tutto sovrapponibile a quella del trattamento
chirurgico radicale, mentre nella chirurgia
conservativa la funzionalità renale risulta migliore
e verosimilmente per tale motivo è migliore
anche la sopravvivenza totale [25-29].
La nefrectomia radicale, un tempo intervento di
elezione per le neoplasie renali, prevede
l’asportazione in toto del rene, del surrene e di
tutto il contenuto della fascia di Gerota, con
preventiva legatura dei vasi per evitare possibili
disseminazioni durante la manipolazione della
massa tumorale. All’intervento si associa una
linfoadenectomia loco-regionale al solo scopo di
stadiazione; il possibile ruolo terapeutico della
linfadenectomia, a lungo dibattuto, non viene più
riconosciuto al momento attuale [30]. Anche nei
casi di malattia metastatica la chirurgia mantiene
un suo ruolo peculiare, sia nel controllo locale
della lesione primaria (nefrectomia palliativa)
con possibilità di migliorare la risposta alla
terapia sistemica (debulking), sia nel trattamento
di lesioni metastatiche singole metacrone, spesso
polmonari. La loro asportazione è infatti spesso
11
I TUMORI DEL RENE
caratterizzata da buoni risultati in termini di
sopravvivenza [31-35].
Trattamenti alternativi alla resezione
chirurgica
Svariate tecniche sono state proposte negli ultimi
anni. Quelle più meritevoli d’interesse sono: la
crioablazione, in grado di causare necrosi
tissutale mediante l’utilizzo di una sonda che
porta la temperatura a -20° C; l’ablazione con
radiofrequenza (RF), in cui la necrosi tissutale
viene indotta producendo uno stato ipertermico
(fino a 100° C) mediante sonde a radiofrequenza;
e gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità
(HIFU), ancora in fase di sperimentazione,
capaci di indurre necrosi attraverso l’applicazione
di ultrasuoni. Queste tecniche hanno il vantaggio
di essere minimamente invasive, ma sono
esclusivamente riservate a pazienti selezionati,
non idonei alla chirurgia per età o condizioni
generali. La loro reale efficacia a lungo termine è
ancora in fase di valutazione.
Una delle modalità di trattamento sempre piu’
discusse nella letteratura scientifica è la cosiddetta
vigile attesa: questa alternativa di trattamento è
proponibile in caso di lesione di piccole
dimensioni, inferiori ai 3 cm, in pazienti anziani o
con scadente performance status, specie se
monorene. Tale proposta ‘terapeutica’ nasce dalla
constatazione che spesso le neoformazioni di
piccole dimensioni sono benigne, o comunque
associate ad un basso tasso di malignità, che si
traduce in una scarsa tendenza temporale
all’aumento volumetrico delle lesioni ed alla quasi
assente
tendenza
alla
diffusione
e
metastatizzazione. E’ auspicabile in questi casi,
come in tutte le forme da sottoporre a terapia
chirurgica mininvasiva, l’esecuzione di una
biopsia della massa, per determinarne la natura e,
quando possibile, la presenza o meno di fattori
prognostici negativi (variante istotipica, grado di
differenziazione).
Radioterapia
Il carcinoma renale è una neoplasia
radioresistente,
pertanto
l’impiego
del
trattamento radioterapico è limitato a finalità
palliative, risultando importante per il controllo
del dolore da metastasi ossee sintomatiche [36,
37] o in caso di ematuria massiva da
interessamento della via escretrice in paziente
non operabile.
Terapia medica
La chemioterapia mostra vistosi limiti in termini
di risposta, essendo il carcinoma renale
chemioresistente.
Il p5-fluoro-uracile in combinazione con agenti
immunoterapici (Interferone-alfa e Interleuchina2) è il trattamento chemioterapico che ha
dimostrato maggiore efficacia, anche se i risultati
ottenuti non sono di fatto soddisfacenti [38].
Interferone e Interleukina hanno rappresentato
per anni i capisaldi del trattamento del tumore
renale metastatico, anche se non ne hanno
modificato la mortalità. Più recenti acquisizioni di
biologia molecolare hanno portato allo sviluppo
di nuovi farmaci: gli inibitori dell’angiogenesi [3941]. Sorafenib, Sunitimib, Temsirolimus,
Bevacizumab, Pazopanib,
Everolimus sono
agenti in grado di interagire con i fattori
angiogenetici attraverso complessi e selettivi
meccanismi intermolecolari, determinando un
blocco della cascata neoangiogenetica e
conseguentemente della crescita neoplastica. La
loro efficacia è ormai accertata, ma la risposta
rimane comunque parziale e limitata nel tempo.
12
I TUMORI DEL RENE
FATTORI PROGNOSTICI
I principali fattori prognostici in grado di predire
il rischio di recidiva e/o di progressione a
distanza e la sopravvivenza dei pazienti con RCC
sono di tipo clinico, istologico e molecolare.
Età
I pazienti più giovani (≤ 40 anni) presentano
neoplasie di stadio e grado più basso e con
istotipo più favorevole rispetto ai pazienti più
anziani [42].
Performance status
La classificazione ECOG è tra i sistemi
maggiormente utilizzati per l’assegnazione del
performance status nei pazienti con RCC (tabella
4). Il suo valore prognostico è stato ampiamente
confermato
nell’ambito
di
casistiche
multicentriche
internazionali
di
soggetti
sottoposti a nefrectomia parziale o radicale per
carcinoma renale sia localizzato sia metastatico
[43].
Tabella 5. Performance status ECOG.
0 Paziente in grado di svolgere tutte le attività fisiche svolte prima della
malattia senza restrizione
1 Paziente in grado di muoversi ed autosufficiente, ma totalmente
incapace di svolgere qualsiasi attività lavorativa
2 Paziente poco autosufficiente, costretto a letto o seduto per più del
50% delle ore diurne
3 Paziente non autosufficiente e costretto a letto o seduto per la quasi
totalità del tempo
Modalità di esordio
I pazienti asintomatici presentano una
sopravvivenza causa-specifica significativamente
migliore rispetto a quelli con esordio sintomatico.
Analogamente, i soggetti con presenza iniziale di
sintomi locali hanno una prognosi più favorevole
rispetto ai pazienti con sintomi sistemici [43].
Velocità di eritrosedimentazione (VES)
Valori elevati di tale parametro si associano ad un
andamento prognostico significativamente più
sfavorevole nel sottogruppo di pazienti con RCC
a cellule chiare. Il valore predittivo indipendente
della VES non è stato confermato nella
sottopopolazione di pazienti con istotipo
papillare o cromofobo [44].
Conta delle piastrine
Valori superiori a 450 piastrine/mm3 sono
correlati ad un significativo peggioramento della
prognosi sia nei pazienti con RCC localizzato che
in fase metastatica [45].
Dimensione del tumore
Il rischio di malignità e di tumori a più alto grado
aumenta al crescere delle dimensioni del tumore
[46]. Inoltre, tale fattore risulta significativamente
associato allo sviluppo di metastasi postnefrectomia. Il rischio di malattia metastatica
sembrerebbe trascurabile per tumori di
dimensioni <3cm [47].
Estensione del tumore primitivo (T)
La sopravvivenza causa-specifica a 5 anni varia
dall’88% al 99% negli RCC pT1, dal 70,5%
all’82% nei pT2, dal 10% al 60% nei pT3 e fino
al 20% nei pT4 [48].
Coinvolgimento dei linfonodi loco-regionali
(N)
Determina
percentuali
di
sopravvivenza
significativamente peggiori rispetto ai pazienti
con malattia confinata, ma migliori rispetto a
quelli con metastasi a distanza [49].
13
I TUMORI DEL RENE
Metastasi a distanza (M)
La presenza di metastasi a distanza ha
generalmente un impatto negativo sulla
sopravvivenza, nonostante l’intervento di
nefrectomia radicale. In particolare, i pazienti
con metastasi al polmone o alle ossa hanno una
prognosi più sfavorevole rispetto ai soggetti con
metastasi limitate ad altri organi [50].
Grading
Il valore predittivo indipendente del grading
nucleare di Fuhrman nell’ambito degli RCC ad
istotipo a cellule chiare è ampiamente
confermato in numerosi studi [53]. Al contrario,
resta discussa la validità di tale fattore
prognostico quando applicato agli istotipi
papillare e cromofobo [54, 55].
Istotipo
Gli RCC papillari e cromofobi presentano uno
stadio patologico ed un grading istologico più
favorevole rispetto agli RCC a cellule chiare ed
hanno una minore probabilità di dare metastasi a
distanza [51]. Gli RCC a cellule chiare hanno,
quindi, una sopravvivenza causa-specifica
significativamente peggiore; al contrario, non
sono state riportate in letteratura differenze
significative nella sopravvivenza tra carcinomi
papillari e cromofobi [52].
Differenzazione sarcomatoide
Si associa ad un peggioramento della prognosi
indipendentemente dal tipo istologico.
B7-H1 e B7-H4
I pazienti con carcinoma renale che esprimono
tali proteine (appartenenti alla super-famiglia
delle immunoglobuline) hanno una probabilità di
morire per il tumore 4,5 volte maggiore,
indipendentemente dall’informazione derivante
dagli altri fattori prognostici [56].
14
I TUMORI DEL RENE
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17
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 6
CancerStat Umbria
ISSN 2039-814X
Anno II, 2011
Numero 1
Mortalità per cause nelle ASL dell’Umbria. 2005-2009.
Numero 2
Anni di vita potenziale persi (YPLL) in Umbria. 1995-1999 e 2005-2009.
Numero 3-4
Il cancro della prostata.
Numero 5
Ciò che bisogna sapere per decidere se sottoporsi allo screening per il cancro della
prostata.
Partecipazione al IV round dello screening citologico della AUSL 2 dell’Umbria.
18
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 6
CancerStat Umbria
Anno I, 2010
Numero 0
Le statistiche del cancro e della mortalità in Umbria.
Numero1
-
Ultime pubblicazioni dei collaboratori del RTUP.
Technology assessment della metodica di prelievo e di preparazione
della citologia in fase liquida (LBC – Liquid Based Citology) per
l’utilizzo routinario nello screening per la prevenzione del tumore
della cervice uterina in tutte le fasce di età e per la ricerca del
Papilloma Virus Umano ad alto rischio oncogeno (HPV – DNA HR)
come test primario nelle fasce di età da 35 a 64 anni durata prevista:
12 mesi / 8000 donne).
Numero 2
L’incidenza del cancro in Umbria, 2006-2008.
Numero 3
- Il Registro Rumori Infantili Umbro-Marchigiano.
- La ricerca dei tumori professionali nell’ambito del progetto
OCCAM.
Numero 4
Il quadro epidemiologico per la programmazione della prevenzione
oncologica regionale in Umbria.
Numero 5
- Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie
tiroidee in Umbria. Perugia 28/29 ottobre 2010.
19
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 6
Tavola rotonda: Utilità della creazione di registri regionali dei
carcinomi della tiroide.
o L’esperienza del gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie
della tiroide.
o Registro Tumori Umbro di Popolazione (RTUP) e carcinoma della
tiroide.
Numero 6
- Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie
tiroidee in Umbria. Perugia 28/29 ottobre 2010.
Tavola rotonda: Utilità della creazione di registri regionali dei
carcinomi della tiroide.
o Registro Siciliano dei Tumori della tiroide.
- Convegno: Nuove acquisizioni nella gestione clinica del carcinoma
della tiroide di origine follicolare: cosa dicono le linee guida?
Numero 7
- Neoformazioni della cute e del cavo orale. Melanoma.
Terni 13.11.2010
o L’epidemiologia dei tumori cutanei in Umbria.
o Prevenzione primaria e secondaria dei tumori cutanei.
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