Don Aldo Basso

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LA QUESTIONE DEL GENDER: NUOVE SFIDE PER LE COMUNITA’ EDUCANTI
Sessualità, amore, maschile e femminile alla luce dell’antropologia cristiana
Premessa
Le questioni relative ai rapporti tra i generi, alla sessualità e alla famiglia sono da
tempo al centro del dibattito contemporaneo. E’ semplicemente un dato di fatto, di cui
prenderne atto. Tanti ne parlano e scrivono, i Parlamenti legiferano, le Chiese si interrogano,
le scuole cercano di aggiornarsi ed attivarsi, mentre si susseguono idee e proposte che
sembrano far crollare consuetudini inveterate. Lo scenario è in rapidissima trasformazione e
interi panorami culturali si ridisegnano ad una velocità sorprendente. «Le società
contemporanee si stanno muovendo con grandissima velocità lungo un piano inclinato sui cui
esiti occorrerebbe riflettere con più attenzione» (M. Magatti).
Il quadro socio-culturale contemporaneo
Se si vuole comprendere l’origine, il senso e la portata di ciò che sta avvenendo in
termini sia di riflessione come di iniziative concrete per quanto riguarda temi centrali in
educazione – quali: amore, sessualità, identità, maschile e femminile, famiglia, matrimonio –
può essere utile anzitutto tener presente il contesto socio-culturale nel quale oggi ci troviamo,
segnato tra l’altro da una marcata e rapida evoluzione. B. Sorge, un osservatore acuto e
profondo del mondo contemporaneo, propone alcune considerazioni che ci possono aiutare a
capire.
Egli1 ritiene che la crisi attuale non sia una crisi qualsiasi, ma anomala, di natura
strutturale e culturale. Ecco una breve sintesi del suo pensiero. Ogni modello di società si può
paragonare ad un edificio: le fondamenta sono costituite dalla cultura di un popolo, cioè dalla
omogeneità di valori, di costume, di lingua, di storia che sono all’origine del formarsi di una
nazione. Ora, la cultura non rimane mai un discorso astratto, ma tende sempre a tradursi in
istituzioni (i muri maestri dell’edificio): la famiglia, la scuola, la politica, il lavoro… Una cultura
tradotta nelle sue istituzioni e nelle sue strutture costituisce una civiltà. La civiltà, dunque, è
una cultura strutturata. Finché regge la cultura (il fondamento della casa), reggono anche le
strutture (i muri maestri) e una civiltà può così durare anche a lungo. Quando invece entra in
crisi la cultura, vengono giù anche le strutture (allora la crisi diviene strutturale,
istituzionale). E’ necessario perciò distinguere tra crisi congiunturale e crisi strutturale.
La crisi congiunturale si ha quando mutano gli equilibri interni di un modello di società,
senza però che si producano variazioni apprezzabili della cultura e dei valori, sui quali si
fondano le istituzioni di una determinata civiltà. Finché reggono la cultura e i suoi valori (il
fondamento della casa), il modello di società non è in discussione, reggono cioè le istituzioni
che su quella cultura si fondano (i muri maestri della casa: famiglia, scuola, lavoro, sistema
politico…). E’ vero che equilibri interni di una società si modificano ad ogni cambio di
generazione, ma finché tiene l’omogeneità culturale (che sta alla base di quel modello di
società), questi mutamenti rimangono all’interno del medesimo quadro di valori, della
medesima civiltà. Quando invece cambiano la cultura e i valori su cui si regge l’equilibrio
istituzionale (cioè quando si incrinano le fondamenta della casa), allora la crisi diviene
strutturale: le istituzioni non reggono più, ma vanno riformate e ripensate (cedono i muri
maestri). Finisce una civiltà e ne inizia un’altra. Occorre allora ripensare il modello di società,
Riprendo qui quasi alla lettera alcuni pensieri da: Bartolomeo Sorge, Gesù sorride – Con papa Francesco oltre la
religione della paura, Milano, Edizioni Piemme, 2014, pp.14ss.
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occorre costruire una nuova civiltà, cominciando naturalmente da un nuovo fondamento, cioè
da un nuovo umanesimo (il corsivo è mio), da una nuova cultura, su cui poggeranno le nuove
istituzioni, senza mai smarrire però quei valori fondamentali insostituibili, su cui si fonda ogni
forma di convivenza civile.
Ebbene, la crisi che stiamo vivendo è appunto di natura strutturale: con il secondo
millennio è finita la civiltà industriale, durata più o meno trecento anni, e sotto i nostri occhi
sta nascendo la civiltà post-moderna o tecnologica; non regge più la cultura precedente con i
suoi valori e non reggono più le vecchie istituzioni. La nostra, quindi, è una svolta storica di
civiltà, una crisi di natura etica, di orientamento di senso, una crisi strutturale, anomala.
Un terremoto antropologico
Limitandoci ora a considerare quanto sta accadendo oggi sul modo di intendere, sul
piano torico e pratico, parole come libertà, amore, sessualità, identità, famiglia, credo che non
sia esagerato affermare che ci troviamo di fronte ad un “terremoto antropologico” (Possenti).
Ecco alcune significative sottolineature fatte da questo filosofo2. «La rivoluzione in
corso scalza tradizioni millenarie e attraverso i grandi media mondiali propaganda una ‘nuova
antropologia secolare’. Questa rifiuta l’idea di una natura umana comune a tutti, e ritiene che
l’essere umano sia una mera costruzione sociale in cui emergono la storicità delle culture, la
decostruzione e la relatività delle norme morali, la centralità inappellabile delle scelte
individuali… Lo tsunami antropologico si appella alla tecnica, alla libertà insindacabile
dell’individuo, alla manipolazione del linguaggio, nel chiaro intento di formare una nuova
comprensione dell’essere umano. La nuova antropologia secolare in grande spolvero non solo
espone una versione dell’esistenza umana lontana dall’antropologia della tradizione, ma
riesce ad influenzare i programmi e le politiche di molte organizzazioni internazionali, e ad
essere presente in modo massiccio sui media mondiali. E’ divenuta l’antropologia di tante
scienze sociali, ed un’ispirazione per la giurisprudenza. Ne segue una seria difficoltà a far
circolare una visione antropologica diversa, poiché quella ‘secolare’ è considerata ovvia,
autoevidente e scarsamente bisognosa di argomenti avvaloranti».
Sempre seguendo Possenti, secondo una visione antropologica che si va oggi
affermando, l’essere umano non avrebbe più alcuna natura o essenza, ma sarebbe solo un
prodotto sociale o l’esito esclusivo della costruzione della propria identità. All’origine di tale
ideologia stanno le culture della piena liberazione sessuale degli anni ’60 (W. Reich), della
cancellazione delle differenze, del rifiuto di ogni forma di discriminazione. Si doveva
abbattere la società repressiva (“fate all’amore, non fate la guerra”, come se il far l’amore ci
preservi di per sé da quell’impulso alla violenza che è insito in ciascuno di noi). Nella
questione del gender (come anche in quella dell’unione omosessuale, cui si vuole attribuire il
nome e lo status di matrimonio) si manifesta in modo chiaro il rifiuto del principio di realtà,
del common sense; la direzione del cambiamento culturale in atto è data dalla combinazione di
un sistema tecno-economico sempre più avanzato (che è arrivato ormai a porre al centro della
propria attenzione il tema dell’identità di genere e delle forme della riproduzione umana) e di
un soggettivismo sempre più spinto, che accarezza un sogno di autodeterminazione che non
riconosce più nulla di intoccabile, nessun limite. «In una parola, più mezzi possibili per più fini
individuali» (M. Magatti).
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Vittorio Possenti, Gender, deriva culturale che vuole negare la realtà, in: “Avvenire”, 5 marzo 2014.
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La questione del gender: istanze, problemi, interrogativi
La teoria del gender, che ha fondamentalmente un contenuto teorico di natura
antropologica - il suo nucleo è la separazione del sesso biologico dall’identità sessuale – è
figlia di una cultura tipica del mondo contemporaneo. Le istanze da cui prende le mosse, come
ho appena ricordato, fanno riferimento ad una libertà senza vincoli, basata solo sulle emozioni
psichiche. Si tratta di atteggiamenti che trovano facile consenso nel clima individualistico,
libertario ed emotivista di oggi: ciascuno deve essere libero di scegliere l’identità sessuale che
vuole, sulla base dell’emozione psichica del momento. Per tanti di noi queste potrebbero
sembrare robe da matti, ma in realtà sono pensieri diffusi e molto pervasivi.
Due recenti fatti di cronaca, molto diversi tra loro, mi sembrano significativi. La recente
scomparsa di Marco Pannella ha visto un’attenzione e una partecipazione molto vaste, un
rilievo molto significativo sul piano dei mass-media, molte testimonianze ammirate ed
entusiaste. La gente ha visto in lui non solo un provocatore, ma anche il difensore dei diritti
civili o individuali; la sua immagine è stata quella della libertà di fare quello che si vuole,
quello che piace: divorziare, abortire, spinellare, fare figli in provetta, eutanasia. Ha
interpretato spesso un mondo che vuole vivere senza legami, geloso della propria privacy,
refrattario all’autorità, un mondo ormai frammentato e post ideologico. Molte cose di Pannella
a noi cattolici possono non andare bene, ma la società italiana è più pannelliana che cattolica.
Un altro fatto significativo. Recentemente è stato pubblicato e pubblicizzato un volume che
contiene una ricerca condotta tra i giovani, dal titolo Dio a modo mio. Ecco alcuni dati
significativi: i giovani intervistati, nella stragrande maggioranza, dichiarano di credere in Dio,
che non prende il volto di Gesù di Nazaret. A questo Dio ci si può rivolgere in ogni momento
dentro la propria coscienza: non c’è bisogno né di Chiesa né di riti per pregare; basta
raccogliersi in se stessi, pensare a Lui, parlargli con le proprie parole. Un altro segnale quindi
dell’atteggiamento individualistico che caratterizza la cultura di oggi, che stenta a riconoscere
il valore di dimensioni oggettive ed esterne al proprio io.
La teoria del gender, facendo proprie istanze di liberazione e di giustizia, ritiene che
una via che si deve percorrere sia anche quella di eliminare per quanto possibile la differenza
sessuale, ritenuta profondamente condizionata sul piano personale e sociale.
La collettività (lo Stato, il diritto, la scuola…) dovrebbe semplicemente favorire e
tutelare la libertà, individualisticamente centrata. Nell’evoluzione della teoria del gender, la
differenza sessuale è vista inizialmente solo come un condizionamento o una conseguenza
socio-culturale (oltre quindi una determinazione naturale), per poi giungere ad affermare più
radicalmente che non esiste neppure una datità naturale che differenzi l’uomo e la donna.
Pertanto, sotto l’affermazione che “siamo tutti uguali”, da una denuncia sociale contro ingiuste
discriminazioni si scivola in un’interpretazione filosofica della persona umana come
indifferenziata e indifferenziabile, che si è ogni volta come si sente e come si fa, nella
prospettiva narcisistica dell’onnipotenza.
Richiamati molto sinteticamente alcune istanze e aspetti più importanti per
comprendere la questione del genere, mi sembra opportuno aggiungere ancora alcune brevi
annotazioni3.
1. Il problema terminologico: la nebulosa ‘gender’
Nella discussione sul gender vi è spesso una notevole confusione di partenza per
quanto riguarda i termini usati (quanto sarebbe utile tenere presente l’indicazione
della scolastica, che in ogni discussione o confronto invitava anzitutto ad esplicitare il
Riprendo alcune considerazioni apparse in un recente documento (2015), non pubblicato, delle quattro
Consulte Regionali Lombarde per la Famiglia, la Catechesi, la Scuola e la Pastorale giovanile, dal titolo: La
bellezza dell’educare al maschile e al femminile: la sfida odierna, oltre la questione del gender.
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3
significato dei termini usati: operazione denominata suppositio terminum…4). Mentre
in Italia i vocaboli ‘sesso’ e ‘genere’ fino a non molti anni fa potevano essere facilmente
interscambiabili, attualmente nei cosiddetti Gender’s studies si sta imponendo la
differenza tra la prospettiva sessuale, radicata anatomicamente, biologicamente e
produttiva di molteplici elaborazioni simboliche, e quella di genere, pensata come
costruzione meta-biologica, libera e soggettiva dell’identità personale. Il termine
gender designa non una realtà identificabile, ma una costruzione intellettuale senza
ancoraggio nella realtà, un’astrazione. In questo senso è corretto affermare che è una
pura teoria (Peeters).
«Il termine inglese gender non equivale al termine italiano “genere”, con il quale
spesso si traduce. A differenza dell’italiano genere, che può essere inteso sia in senso
specificamente sessuale, sia in senso genericamente umano – maschio e femmina sono
due generi sessuali, ma appartengono all’unico genere umano – l’inglese gender si
riferisce alla sola differenza specifica che connota gli esseri umani, senza significare la
loro comune appartenenza alla medesima umanità. Tuttavia, a differenza dell’italiano
genere, che può anche essere inteso come sinonimo di sesso – si parla di sesso
maschile e femminile, ma anche di genere maschile e femminile – l’inglese gender non
risulta sinonimo di sex, rispetto al quale, anzi, si sottolinea la distinzione»5.
Nella lingua inglese quindi la parola ‘gender’ è utilizzata proprio con lo scopo di
distinguersi dalla parola sex, la quale ha un’accezione legata più all’aspetto biologico. Il
problema però, sta nel fatto che la parola gender può essere tradotta nelle diverse
lingue con termini diversi o con espressioni più articolate, in quanto essa non ha
ancora un contenuto semantico definito. Questo crea non pochi problemi, tenendo
presente tra l’altro che «le organizzazioni internazionali, i governi, i media, le Ong, la
cultura ambientale traducono gender alternativamente con genere, sesso, sesso sociale,
genere sessuale, sesso specificità, categoria sociale di sesso… La diversità delle
traduzioni impedisce un’identificazione chiara e immediata del loro contenuto
semantico»6.
2. Un panorama estremamente complesso e articolato
Non è facile delineare i percorsi della discussione sul gender: per l’interdisciplinarità,
per la frequente asistematicità, per lo stile che volutamente dimentica, nasconde e non
esplicita le argomentazioni. La letteratura sull’argomento è ormai vasta e difficilmente
dominabile anche perché in continua evoluzione. Il dibattito, oltre ad avere evidente
rilevanza sul piano filosofico, è strutturalmente interdisciplinare, per il rimando
all’ambito scientifico della genetica, biologia, endocrinologia, anatomia, fisiologia,
neurologia; all’ambito delle scienze umane della storia, sociologia, antropologia
culturale, psicologia, psicosessuologia, psicoanalisi; ma anche a quello della linguistica,
pedagogia, letteratura, comunicazione, sino a comprendere l’ambito pratico
dell’economia, politica, diritto.
3. Un sovvertimento paradigmatico silenzioso
Le teorizzazioni ‘gender’ hanno già iniziato a produrre effetti sul piano giuridico,
sociale, politico, scolastico, forse giocando proprio sull’ambiguità e la non immediata
comprensione del linguaggio. Si parla, addirittura, di un vero e proprio sovvertimento
paradigmatico silenzioso, in quanto si insinua inavvertitamente nel diritto e nella
società. Si manifesta non con la violenza fisica collettiva portata avanti da un
A proposito della confusione semantica che non raramente si nota parlando della quesitone del genere, a
qualcuno vengono alla mente le parole di Gilbert Keith Chesterton, dove afferma che sarebbe venuto il giorno in
cui, per chiamare “pietre” le pietre bisognerà sguainare la spada.
5 Aristide Fumagalli, La questione del gender, Brescia, Queriniana, 2015, pp. 9-10
6 M.A. Peeters, Il Gender. Una questione politica e culturale, Cinisello Balsamo, Edizioni s. Paolo2014, p. 22.
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movimento strutturato e organizzato, ma con l’elaborazione forse un po’ sofisticata di
una visione del mondo che opera per la diffusione di idee, si infiltra nelle istituzioni
educative, culturali e politiche, con l’obiettivo di trasformare la società. Si parla di
“agenda gender” o “gender mainstreaming” [letteralmente: l’inserire il genere: gender
- nella corrente: stream - principale: main], quale programma sociale, giuridico e
politico. Si parla anche di “ideologia gender”, per indicare gli studi che hanno discusso
questa problematica in riferimento all’identità “gender”, ma anche all’ideologia sottesa
[per ideologia si intende un sistema strutturato e coerente di idee elaborato e
teorizzato sul piano filosofico che si propone come interpretazione totale della realtà
sociale e storica al fine di attuarne una trasformazione coerente].
4. Interrogativi aperti
La complessità della realtà ci costringe a pensare. In estrema sintesi si può affermare
che, nella questione del genere, il problema fondamentale è il rapporto fra natura e
cultura: secondo la teoria del gender la natura viene de-costruita e vista senza un
fondamento nella realtà. Posto questo, non si può comunque evitare di porci domande
quali: fino a che punto conta come nasciamo e fino a che punto conta ciò che
diventiamo? Qual è la fonte della diversità, individuale e relazionale: la biologia, la
cultura o la volontà individuale? Quanto e come sono diversi maschi e femmine? La
preferenza sessuale è equivalente sul piano sociale e quindi è indifferente la scelta
etero/omo/bi-sessuale? Quali le implicazioni della diversità nei rapporti
interpersonali? Sono tutti interrogativi che, presi sul serio, sono laceranti sul piano
teorico ed esistenziale. Ecco perché è importante fare uno sforzo concettuale e
riflettere sulla categoria gender, per essere sempre più consapevoli dei vari aspetti del
problema e poi per cercare risposte convincenti. Senza dimenticare poi altre due
domande di carattere più ampio, ma comunque importanti: in che cosa consiste
l’autentica emancipazione della donna e come tradurre sul piano normativo il
riconoscimento e la piena valorizzazione della sua dignità? Quali criteri adottare per
un uso corretto e rispettoso della dignità umana delle tecno-scienze applicate al corpo
umano, allo scopo di favorire una soddisfacente identità sessuale (si fa facendo strada
l’idea del cosiddetto cybernetic organism - o cyborg: un organismo cibernetico, che
integra biologia e tecnologia, vale a dire la possibilità di modificare il proprio corpo a
seconda delle proprie esigenze, facendo in modo che anch’esso non sia più fissato nelle
categorie del maschile e del femminile, ma che possa essere trasformato e configurato
a seconda delle proprie esigenze)?
La riflessione ecclesiale
La posizione della Chiesa cattolica rispetto alla questione gender può essere delineata
tenendo conto degli interventi a livello diplomatico da parte della Santa Sede come anche dei
pronunciamenti a livello magisteriale. Mi limito ad un sobrio richiamo.
Riprendendo quanto scrive Fumagalli7, «la posizione ufficiale della Chiesa cattolica
rispetto alla questione del gender trova anzitutto espressione a livello diplomatico nelle
Riserve e Dichiarazioni Interpretative formulate dalla santa Sede a riguardo dei documenti
prodotti alla Conferenza di Pechino8. Accettando “il significato comune di questa parola nelle
Aristide Fumagalli, La questione gender, Brescia, Queriniana, 2015, pp. 51-54.
“L’ingresso sulla scena politica mondiale del gender è legato alle quattro Conferenze mondiali delle donne
promosse dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nel ventennio tra il 1975 e il 1995… E’ [soprattutto] con
la quarta conferenza sulle donne a Pechino nel 1995 che la strategia per l’uguaglianza di genere perviene a
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lingue in cui esiste”, la Santa Sede intende “il termine ‘genere’ come fondato su una identità
biologico-sessuale, uomo e donna”, escludendo così “interpretazioni dubbiose basate su
concezioni molto diffuse, le quali affermano che l’identità sessuale può adattarsi
indefinitamente , per conformarsi a nuove e differenti finalità».
La fondazione del genere sessuale sulla natura biologica, che la Santa Sede si impegna a
difendere, non può comunque essere intesa in senso fondamentalista, tale per cui esso
deriverebbe dalla sola natura.
Secondo la Santa Sede, il concetto di genere è spesso utilizzato in diversi ambienti
internazionali in senso ideologico. Essa, infine, sostiene che «la promozione della donna, in
vista di una autentica complementarità con l’uomo, significa “uguaglianza (equality) nella
diversità (diversity): ove uguaglianza e diversità sono basate dati elementi biologici, espressi
tradizionalmente come sessualità maschile e femminile, e sul primato della persona”.
L’uguaglianza nella diversità, certo, riguarda anche “ruoli da assumere e funzioni da svolgere
in società”. A tal proposito, però si deve precisare che “uguaglianza non è identità (sameness),
e differenza (difference) non è ineguaglianza (inequality)”»9.
I pronunciamenti magisteriali riguardanti la questione gender sono diversi. Ne
richiamo alcuni. L’interpretazione in chiave negativa del concetto di gender si trova già ad
esempio in un importante documento del 2004: Lettera della Congregazione per la dottrina
della Fede sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo. In questo
documento si afferma che, allo scopo di evitare ogni supremazia dell’uno o dell’altro sesso,
«emerge la tendenza, propria dell’ideologia del gender, mirante a cancellare le differenze tra
uomo e donna. “In questo livellamento, la differenza corporea, chiamata sesso, viene
minimizzata, mentre la dimensione strettamente culturale, chiamata genere, è sottolineata al
massimo e ritenuta primaria”. Non più vincolata a una natura corporea, che
predeterminerebbe la sua costituzione essenziale, “ogni persona potrebbe o dovrebbe
modellarsi a suo piacimento”, poiché le differenze sessuali altro non sarebbero che “semplici
effetti di un condizionamento storico-culturale”»10.
Anche in successivi interventi del magistero pontificio, a proposito del concetto di
gender si sottolinea la sua deriva ideologica e la sua incompatibilità antropologica con la
visione cristiana della persona umana. Benedetto XVI osserva che «ciò che spesso viene
espresso ed inteso con il termine “gender” si risolve in definitiva nella autoemancipazione
dell’uomo dal creato e dal Creatore. L’uomo vuole farsi da solo e disporre sempre ed
esclusivamente da solo ciò che lo riguarda»11.
Prese di posizione circa la teoria del gender si trovano infine nella Relazione finale del
Sinodo dei Vescovi svoltosi nell’ottobre del 2015, nell’Esortazione Apostolica Amoris Lætitia e
in un intervento alla CEI del presidente card. Bagnasco.
[Riporto nell’ APPENDICE i passi più significativi di questi interventi].
Scuola e questione del gender
Era inevitabile immaginare che le discussioni sorte in seguito alla diffusione della
teoria del gender avrebbero portato a discussioni e confronti, anche accesi, tra genitori e
quell’interpretazione e guadagna quel rilievo che contraddistingue l’attuale cultura sessuale” (Aristide Fumagalli,
La questione gender, Brescia, Queriniana, 2015, pp. 42-43)
9 Aristide Fumagalli, La questione gender, Brescia, Queriniana, 2015, pp.53-54.
10 Aristide Fumagalli, La questione gender, Brescia, Queriniana, 2015, pp. 56-57.
11 Benedetto XVI, Discorso alla Curia romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, 22 dicembre
2008.
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insegnanti e tra gli stessi insegnanti nel momento in cui si trattava di decidere quali
esperienze educative proporre ai bambini per dare attuazione ad una valida educazione
affettiva e sessuale o di quali sussidi didattici servirsi per questo scopo. Un segnale eloquente
di tutto ciò sono i numerosi interventi apparsi sui giornali, con titoli significativi: “Scuola. E’
bufera sul gender”; “La follia dei ‘giochi gender’, bimbi travestiti da bimbe”; “Meglio parlare
chiaro sulle differenze usando un linguaggio adatto all’infanzia”; “Lasciate stare le fiabe. E i
bimbi”; “La scuola italiana e il fantasma gender”; “Le scuole cancellano dai moduli d’iscrizione
il padre e la madre”.
Dobbiamo essere realisti e renderci conto che oggi le insegnanti, a seguito dei problemi
sollevati dalla riflessione sulla questione del genere, si trovano ad affrontare situazioni
educative complesse e scelte concrete di non facile soluzione, che soltanto qualche decennio
fa neppure si immaginavano.
Già a livello di disposizioni di legge (ad esempio: L. 119/2013; L. 128/2013; L.
107/2015) si pongono problemi interpretativi e ci si chiede se e fino a che punto la normativa
prevede l’accoglienza della teoria del gender. Un nota del MIUR12 l’ha escluso, ma ciò non è
bastato a dissipare le polemiche e i sospetti che nella scuola italiana la si voglia
surrettiziamente introdurre.
E restano comunque gli interrogativi che le insegnanti con sempre maggiore frequenza
si pongono. Ad esempio:
- Quali caratteristiche deve presentare un’autentica educazione affettiva e sessuale
dei bambini e dei giovani secondo la prospettiva di un’antropologia cristiana e quali
obiettivi deve proporsi per favorire lo sviluppo di personalità mature e integrate?
Come riconoscere e promuovere l’integrazione delle dimensioni costitutive
dell’essere umano, cioè la natura corporea, il sentimento psichico, la relazione
interpersonale, la cultura sociale, la libertà personale?
- Quali esperienze educative concrete possono/devono essere proposte ai bambini,
in una scuola che si ispira ai valori cristiani, per favorire in loro il pieno
dispiegamento delle loro potenzialità maschili o femminili e quali invece non si
possono accettare in quanto dannose per un normale sviluppo della loro
personalità?
- Quali sono gli “stereotipi di genere” che occorre superare (L.128/2013 13) e quali
tratti di personalità incoraggiare nei maschi e nelle femmine affinché i bambini
crescano contenti di essere maschi o femmine e siano capaci di rispetto e
accoglienza reciproca?
Non è facile trovare risposte sicure e convincenti a questi ed altri interrogativi. Servono
saggezza educativa, che si acquista con l’esperienza e con lo studio; capacità di ascolto e di
confronto sereno con le persone, che vivono oggi situazioni famigliari le più disparate;
flessibilità e apertura mentale; aggiornamento sui nuovi problemi educativi creati dall’attuale
contesto socio-culturale; confronto (per l’educatore cristiano) con l’insegnamento della
Chiesa per quanto riguarda la concezione dell’uomo e della sua educazione; infine, una
Nota del 15.9.2015: «Pervengono al MIUR numerose richieste di chiarimenti, sia da parte di dirigenti scolastici
e docenti che di genitori, riguardo a una presunta possibilità di inserimento all’interno dei Piani dell’Offerta
Formativa delle scuole [previsti dalla L. 107/2015] della cosiddetta ‘Teoria del Gender’ che troverebbero
attuazione in pratiche e insegnamenti non riconducibili ai programmi previsti dagli attuali ordinamenti
scolastici. Soprattutto tra i genitori si è riscontrata una forte preoccupazione derivante anche dalla risonanza
mediatica di informazioni non sempre corrette ed obiettive… Si ribadisce che tra i diritti e i doveri e tra le
conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo né “ideologie gender” né l’insegnamento di pratiche
estranee al mondo educativo».
13 Rivolgendosi agli insegnanti, la legge auspica l’aumento “delle competenze relative all’educazione
all’affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di
genere” [corsivo mio].
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maturità affettiva e un equilibrio interiore che permettano ai bambini di potersi confrontare
con donne e con uomini che irradiano tutta la ricchezza del proprio io, quindi della propria
femminilità o mascolinità, la tenerezza e la forza di un amore che si fa dono. Né si deve
dimenticare il necessario dialogo e confronto con i genitori, che rimangono i primi
responsabili dell’educazione dei bambini, soprattutto per quanto riguarda temi delicati e e
decisivi per il loro orientamento di vita
L’educazione non si risolve in una questione di metodi e tanto meno di tecniche
particolari da adottare nei confronti degli educandi; essa è anzitutto espressione di una
determinata visione della persona e conseguentemente di finalità che ci si propone di
raggiungere per favorire la sua crescita armonica, così che ci si senta felici di essere al mondo.
Torno così a quanto ho richiamato agli inizi del mio intervento, quando ho ricordato, se
pure molto sinteticamente, alcuni aspetti del quadro socio-culturale in cui oggi va collocato
l’impegno educativo. Può sembrare che tale richiamo sia qualcosa di astratto, che solo molto
indirettamente ha a che fare con i problemi quotidiani dell’educazione. In realtà, però, si deve
sottolineare che la terapia necessaria per uscire dall’attuale emergenza educativa deve porsi
allo stesso livello di profondità in cui quest’ultima si pone – cioè a livello culturale e
antropologico. Si tratta di una crisi della cultura e in particolare della antropologia, cioè della
concezione e interpretazione dell’uomo. La nostra cultura è segnata da un individualismo
esasperato e da un’enfasi unilaterale sulla soggettività, da un nichilismo14 che ha corroso le
verità e indebolito le religioni, dalla libertà elevata a unico principio dell’agire umano, da una
visione dell’uomo sganciato da Dio.
Le riflessioni sulla questione del genere e le recenti conoscenze scientifiche ci
insegnano a prendere sul serio la complessità del reale; ci aiutano a renderci conto che non è
sufficiente richiamare l’esperienza del nascere come uomini o donne per dimostrare la verità
dell’assunto del ‘binarismo sessuale’. Nello stesso tempo ritengo che, come ho brevemente
richiamato, pur partendo da istanze positive, alcuni pervengono a conclusioni inaccettabili
per chi condivide una visione cristiana della persona e dell’educazione.
Ci troviamo dunque di fronte ad una delle grandi sfide che si pongono oggi agli
educatori cristiani. I quali, però, non devono limitarsi semplicemente a rintuzzare argomenti o
criticare prese di posizione non condivisibili, arroccandosi in posizioni di difesa o peggio di
retroguardia. Già Maritain invitava i cristiani ad “illuminare e precedere”. In un tempo nel
quale la nostra cultura e i nostri media hanno da tempo perso interesse alla verità, è un
servizio educativo prezioso ‘illuminare e precedere’ presentando la verità e la bellezza
dell’amore, della sessualità, dell’essere maschi e femmine, della famiglia. La rivelazione
cristiana, debitamente rivisitata tenendo conto della prospettiva di genere, rappresenta un
tesoro ancora ampiamente da esplorare e ricco di notevoli risorse in ordine ad una rinnovata
antropologia sessuale, che illustri l’originaria ed essenziale relazione tra uomo e donna e, al
contempo, la loro differenziale specificità. L’Esortazione Apostolica Amoris Lætitia
rappresenta l’ultimo prezioso testo del magistero cui poter attingere.
Ecco la sfida che attende le insegnanti delle scuole dell’infanzia di ispirazione cristiana,
impegnate come sempre a tenere insieme la fedeltà all’identità che caratterizza queste scuole
e l’accoglienza di tutti, come il Signore ci ha insegnato.
Mi auguro che la Fism non faccia mancare loro gli aiuti più opportuni per affrontare
questa sfida.
Aldo Basso
Un’analisi interessante si può trovare in: Umberto Galimberti, L’ospite inquietante, Milano, Feltrinelli, 2007.
L’autore sostiene, tra l’altro, che il nichilismo, ossia il venir meno di tutti i fondamenti, i valori e le certezze sia la
causa profonda dell’attuale disagio giovanile. Appare chiaro che tra relativismo e nichilismo esiste una parentela
molto stretta.
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APPENDICE
Dalla Relazione finale del Sinodo15 dei Vescovi al Santo Padre Francesco – La vocazione e
la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo (in questo testo si riporta a
sua volta un intervento ufficiale di papa Francesco).
«Una sfida culturale odierna di grande rilievo emerge da quell’ideologia del “gender” che nega la
differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze
di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi
e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente
svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata ad
un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo. Nella visione della fede, la differenza
sessuale umana porta in sé l’immagine e la somiglianza di Dio (cf. Gn 1,26-27). «Questo ci dice
che non solo l’uomo preso a sé è immagine di Dio, non solo la donna presa a sé è immagine di
Dio, ma anche l’uomo e la donna, come coppia, sono immagine di Dio. […] Possiamo dire che
senza l’arricchimento reciproco in questa relazione – nel pensiero e nell’azione, negli affetti e nel
lavoro, anche nella fede – i due non possono nemmeno capire fino in fondo che cosa significa
essere uomo e donna. La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà
e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto
anche molti dubbi e molto scetticismo. […] La rimozione della differenza […] è il problema, non la
soluzione» (Francesco, Udienza generale, 15 aprile 2015)».
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Dalla Esortazione Apostolica postsinodale sull’amore nella famiglia Amoris Lætitia.
«Un’altra sfida emerge da varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata gender, che «nega
la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza
differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti
educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva
radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene
consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo».[45] E’ inquietante che
alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte
comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei
bambini. Non si deve ignorare che «sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso
(gender), si possono distinguere, ma non separare».[46] D’altra parte, «la rivoluzione
biotecnologica nel campo della procreazione umana ha introdotto la possibilità di manipolare l’atto
generativo, rendendolo indipendente dalla relazione sessuale tra uomo e donna. In questo modo,
la vita umana e la genitorialità sono divenute realtà componibili e scomponibili, soggette
prevalentemente ai desideri di singoli o di coppie».[47] Una cosa è comprendere la fragilità umana
o la complessità della vita, altra cosa è accettare ideologie che pretendono di dividere in due gli
aspetti inseparabili della realtà. Non cadiamo nel peccato di pretendere di sostituirci al Creatore.
Siamo creature, non siamo onnipotenti. Il creato ci precede e dev’essere ricevuto come dono. Al
tempo stesso, siamo chiamati a custodire la nostra umanità, e ciò significa anzitutto accettarla e
rispettarla come è stata creata» (n. 56).
«Non si può nemmeno ignorare che nella configurazione del proprio modo di essere, femminile o
maschile, non confluiscono solamente fattori biologici o genetici, ma anche molteplici elementi
relativi al temperamento, alla storia familiare, alla cultura, alle esperienze vissute, alla formazione
ricevuta, alle influenze di amici, familiari e persone ammirate, e ad altre circostanze concrete che
esigono uno sforzo di adattamento. È vero che non possiamo separare ciò che è maschile e
femminile dall’opera creata da Dio, che è anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove
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Il Sinodo si è svolto a Roma nei giorni 14-25 ottobre 2015.
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ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare. Però è anche vero che il maschile e il
femminile non sono qualcosa di rigido» (n. 286).
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Intervento del card. Bagnasco in occasione di un Consiglio Episcopale permanente
della CEI16:
«A proposito di cultura, non possiamo non dar voce anche alla preoccupazione di moltissimi
genitori, e non solo, per la dilagante colonizzazione da parte della cosiddetta teoria del “gender”,
“sbaglio della mente umana”, come ha detto il papa a Napoli sabato scorso. Il gender si nasconde
dietro a valori veri come parità, equità, autonomia, lotta al bullismo e alla violenza, promozione,
non discriminazione…ma, in realtà, pone la scure alla radice stessa dell’umano per edificare un
“transumano” in cui l’uomo appare come un nomade privo di meta e a corto di identità. La
categoria “Queer Theory”, nata negli Stati Uniti, combatte contro il normale, il legittimo, e ingloba
tutte le soggettività fluide: non si riferisce a nulla in particolare, si presenta paradossalmente come
“un’identità senza essenza”. Sembra di parlare di cose astratte e lontane, mentre invece sono
vicinissime e concrete: costruire delle persone fluide che pretendano che ogni loro desiderio si
trasformi in bisogno, e quindi diventi diritto. Individui fluidi per una società fluida e debole. Una
manipolazione da laboratorio, dove inventori e manipolatori fanno parte di quella “governance
mondiale” che va oltre i governi eletti, e che spesso rimanda ad Organizzazioni non governative
che, come tali, non esprimono nessuna volontà popolare! Vogliamo questo per i nostri bambini,
ragazzi, giovani? Genitori che ascoltate, volete questo per i vostri figli? Che a scuola – fin
dall’infanzia – ascoltino e imparino queste cose, così come avviene in altri Paesi d’Europa?
Reagire è doveroso e possibile, basta essere vigili, senza lasciarsi intimidire da nessuno, perché il
diritto di educare i figli nessuna autorità scolastica, legge o istituzione politica può pretendere di
usurparlo. È necessario un risveglio della coscienza individuale e collettiva, della ragione dal
sonno indotto a cui è stata via via costretta. Sappiate, genitori, che noi Pastori vi siamo e vi
saremo sempre vicini»
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23 marzo 2015.
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