Il guerriero valoroso Lo scopo di questa storia è di far capire al lettore quanto sia straordinaria e affascinante la letteratura classica, in particolar modo, l'Iliade. Per tutte quelle persone che non hanno intenzione di leggere poema scritto usando l'italiano tradotto dal Greco antico, o per quelle che hanno già letto l'originale e vogliono testare o giudicare un nuovo modo di sentire la vicenda dell'Iliade. Ho tenuto in considerazione solamente le parti più importanti dell'opera. Ogni capitolo, la storia avrà un protagonista diverso che parlerà in prima persona: sarà indicata nel titolo. Part 1: Criseide Mi sveglio con un sussulto nella capanna di Agamennone. Dall'altra parte dell'accampamento greco sento la voce di mio padre. Che ci fa un sacerdote troiano in un accampamento greco, durante la guerra perlopiù? È ormai quasi sera, nonostante quando mi sono addormentata fosse pomeriggio inoltrato. I soldati sono attorno al fuoco per cenare. Mi alzo in piedi e scosto le pelli di cui è fabbricata la tenda per uscire. Mi tengono prigioniera da ormai qualche settimana. All'orizzonte il sole arancione si rifletteva sul mare creando un'atmosfera suggestiva che mi ha da sempre impressionata. Ad un tratto, da dietro una tenda sbucano mio padre, Agamennone e Achille. Rapidissimamente mi rintanai nella "dimora" del mio padrone, mentre sbirciavo dall'apertura del passaggio. Mio padre stava parlando con Agamennone, essendo il comandante della spedizione. "...Vi prego, lasciatemela!" lo implora mio padre "Lasciate che mia figlia Criseide venga con me e faccia ritorno a Troia. In cambio, otterrete le ricchezze che più v'aggradano! La supplico!" "Non se ne parla!" ribatte Atride (Agamennone) "Lei è il mio bottino di guerra e resterà qui, con me." Lo dice con un sorriso malizioso, che mi fa sussultare. Mi vengono le lacrime agli occhi. "E se potessi in qualche modo..." "Smettila, Crise!" lo interrompe Agamennone "Se non la smetterai di importunarmi e rimetterai ancora piede nell'accampamento, giuro sullo Stige che ti bastonerò talmente forte che le tue urla saranno sentite fino alla tua città natale!" Detto questo, lui si dilegua lasciando il povero Crise mentre procede verso la sua capanna. Velocemente mi asciugo le lacrime e faccio finta di dormire. Sento i lenti passi strascicati del sacerdote di Apollo che piano piano si fanno sempre più silenziosi e lontani. "E tu vieni a cenare adesso che sto morendo di fame" dice Atride. *** La sera, dopo il banchetto e dopo che tutti vanno a dormire, faccio una preghiera ad Apollo affinché possa proteggere mio padre dall'ira e dall'avidità del mio padrone. Part 2: Apollo Fornito di arco e frecce, comincio con la notte a scendere dall'Olimpo a passo di carica. Tengo l'arco stretto in una mano mentre nell'altra la faretra. Quegli Achei (Greci) mi hanno stancato, gliela farò pagare una volta per tutte; grazie alla preghiera di Criseide, posso vendicare il mio sacerdote Crise. Quando arrivo abbastanza lontano ma non troppo dall'accampamento, tendo l'arco e incocco una freccia di peste. La scaglio sopra una capanna. Scocco mie frecce invisibili una dietro l'altra in continuazione. Quando decido che è abbastanza, me ne torno sull'Olimpo per godermi la scena. Passa una settimana che i Greci sono già provati e decimati dall'epidemia di peste. Quegli stolti cercano in tutti i modi di farla franca. Chiamano un indovino, perché sono talmente stupidi da non arrivarci con il loro cervello. E così, chiamano l'indovino Calcante, che scopre la motivazione della mia ira. L'indovino lascia intendere la causa dell'epidemia di peste, ma non è disposto a rivelarla al simpaticissimo Agamennone perché vuole avere la garanzia di Achille di proteggerlo dal capo. Così Achille accetta e Calcante spiega tutta la faccenda ad Achille e conclude dicendo che la peste avrà fine solamente con la restituzione di Criseide al padre. Achille ne parlerà in seguito con Agamennone che, come previsto dall'indovino, si irriterà profondamente con il Pelide (Achille). Agamennone continua a non accettare la restituzione della prigioniera al padre e scaturisce una lite tra il grande, avido e vanaglorioso condottiero e il potente guerriero valoroso. "Non se ne parla mio caro Pelide!" continuava a esclamare Agamennone. La sua faccia era carica di invidia e malinconia. "Atride, la tua avidità ti fa solo un errato condottiero. Accetta questo scambio, affinché tu possa salvare i soldati della spedizione. La sorte di tutti questi uomini è nelle tue mani, e con questo atto infantile, non fai altro che distruggerle!" La voce di Achille risuonava nel silenzio della notte. Era tanto potente, che persino i grilli smisero di gracchiare. "E va bene." disse finalmente l'avido capeggiante "Riporterò Criseide all'amato padre. Ma ad una condizione..." Il sorriso di sfida che gli si stampò sulle labbra fece irritare Achille, che lo guardava di bieco (riferimento al testo originale). "Vorrò un bene altrettanto glorioso." Achille, apparentemente tranquillo, gli rispose con calma: "Me lo sarei aspettato da uno come te, Agamennone, per questo noi soldati regaleremo a te viveri, denari e ricchezze in gran quantità!" "Non intendevo questo genere di accordo" rispose lui alzando la voce. "Pensavo piuttosto a donare la tua schiava." "Agamennone, tu che tra i più avidi condottieri ci disonori dovresti andartene da qui. Ma dato che non mi sottoporrò ai tuoi giochetti infantili, me ne andrò via io, a Ftia, a governare il mio popolo! Prenditi pure la mia schiava, Briseide, perché non voglio che a causa delle tue lamentele questi soldati perdano la vita." Detto ciò, lesto si appresta a partire. Agamennone si reca alla tenda per prelevare Briseide e a portarla alla sua capanna. Poi, esegue lo scambio con Crise, che determina la fine dell'epidemia che si era diffusa nell'accampamento.