corso di fisica atomica e molecolare

Prof. Michele Cini
CORSO DI FISICA
ATOMICA E MOLECOLARE
Introduzione alla Fisica Teorica per Strutturisti
10
5
-2
-1
1
2
-5
-10
3
2.5
2
1.5
1
0.5
-2
-1
1
2
3
-1-
Indice
Capitolo 1- Preliminari
1-1 Precessione di Thomas
1-2 Variabili d'azione e angolari della meccanica
e formula di Sommerfeld
1-3 Interazione di Van der Waals
3
7
14
Capitolo 2- Complementi sulla teoria di Schro
"dinger
2-1 Teoria di Huckel dei doppi legami coniugati
2-2-Invarianza di gauge e covarianza galileiana
2-3-Determinanti di Slater:
tecnica di calcolo degli elementi di matrice
2-4 Seconda quantizzazione per i fermioni
2-5-Funzioni di Green e rappresentazione di interazione
2-6 Spinori di Pauli e rotazioni
27
32
37
42
48
Capitolo 3-Meccanica Quantistica Relativistica
Particelle di spin 0
3-1 Introduzione
3-2 Equazione di Klein-Gordon
(o di Schro"dinger relativistica)
3-3 Atomi π - mesici
3-4 Interpretazione basata sulla teoria dei campi
54
56
62
58
Capitolo 4-L'elettrone relativistico
4-1
4-2
4-3
4-4
4-5
4-6
74
4-7
Una identita' matematica che useremo spesso
Particella di spin 1/2 nonrelativistica
Equazione di Dirac
Onde piane
Campo elettromagnetico esterno
Rotazioni , momento angolare e covarianza relativistica
65
66
67
71
73
Equazione di continuita'
81
-2-
4-8 Parita'
83
4-9 Inversione temporale
85
4-10 Necessita' di una nuova interpretazione
fisica dell'equazione di Dirac
88
4-11 Coniugazione di carica
90
4-12 Quantizzazione del campo di Dirac
92
4-13 La teoria di Dirac come generalizzazione di quella di Pauli
97
4-14 Il momento magnetico anomalo dell'elettrone
Capitolo 5-L'Atomo idrogenoide
5-1-Moto in un campo centrale V(r)
r
5-2 Operatore pseudoscalare
r
5-3 Equazione di Dirac in forma radiale
5-4 Funzioni radiali idrogenoidi
5-5 Livelli idrogenoidi:
confronto col caso non relativistico
5-6 Atomi superpesanti
5-7 Lamb shift e correzioni radiative
103
110
112
114
118
121
124
Capitolo 6-Interazioni iperfini
6-1
6-2
6-3
6-4
6-5
6-6
Natura delle interazioni iperfini
Interazione col dipolo magnetico nucleare
Interazione iperfine-Stati s
Interazione iperfine-Stati con L≠0
Risonanze magnetiche di spin
135
1H in campo magnetico:
livelli iperfini e transizioni EPR
6-7 Ricerche su H↓
6-8 Spettri EPR di molecole
139
6-9 Costanti di schermo in NMR. Knight shift
6-10 Effetti molecolari e di stato solido in NMR: spin-spin
splitting
6-11 Struttura iperfine dovuta al momento di quadrupolo
elettrico del nucleo
151
6-12 Effetto Overhauser
-3-
130
130
132
134
136
139
142
147
153
Capitolo 7- Il metodo di Hartree-Fock e il teorema
del viriale
7-1
7-2
7-3
7-4
Stato fondamentale dell'atomo di He
Lo stato piu' basso dell'Ortoelio
Generalizzazione ad N elettroni
Significato fisico del termine di scambio:
coesione di un metallo "semplice"
7-5 Calcoli HF per gli atomi
7-6 Calcoli HF molecolari-equazioni di Roothaan
7-7 Successi e limiti del metodo di HF
7-8 Interazione di configurazioni (CI)
7-9 Risultati esatti: teoremi del viriale e di
Hellmann-Feynman
156
159
164
168
170
176
Capitolo 8- Multipletti atomici. Effetto Auger
8-1 Struttura dell'atomo nell'approssimazione
del campo centrale
8-2 Calcolo dei Coefficienti di Clebsh-Gordan
8-3 Simboli 3j, 6j e 9j
1
8-4 Espansione di
in armoniche sferiche
r12
8-5 Integrali Coulombiani atomici
201
8-6 Multipletti nella pittura LS:metodo della traccia
8-7 Stati con L e S definiti: Calcoli espliciti
per la configurazione d2
8-8 Matrice dell'interazione spin-orbita per la
configurazione d2 e accoppiamento intermedio
8-9 Effetto Auger
8-10 Regole di selezione Auger
185
192
194
199
205
211
216
218
223
Capitolo 9- Rappresentazioni dei Gruppi
9-1 Simmetrie delle molecole
9-2 Operatori di simmetria
9-3 Modello di Huckel del Benzene
metodo elementare
9-4 Caratteri di Dirac e rappresentazioni irriducibili
9-5 Simmetria e degenerazione
9-6 Grande Teorema di ortogonalita'(GOT)
9-7 Piccolo Teorema di ortogonalita' (LOT)
9-8-Operatori di proiezione
9-9-Rappresentazione regolare
-4-
227
230
235
240
246
249
253
254
Capitolo 10-Applicazioni della teoria della
simmetria agli stati elettronici ed alle vibrazioni
10-1
10-2
10-3
10-4
10-2
Orbitali di H 2O,NH 3,CH4 e Benzene
Il Gruppo Oh
Ligand Group Orbitals
Crystal field
Modi normali di vibrazione
257
266
273
274
277
Capitolo 11-Tensori irriducibili:teorema di
Wigner-Eckart
11-1 Operatori non invarianti
11-2 ITO (Irreducible tensor operators)
11-3 Prodotto diretto di rappresentazioni
11-4 Effetto Jahn-Teller
11-5 Riduzione della base e dei rappresentativi
di un prodotto diretto
11-6 Gruppi doppi
11-7 Fractional Parentage
11-8 Teorema di Wigner-Eckart
11-9 Alcune applicazioni fisiche del
Teorema di Wigner-Eckart
285
287
289
294
297
300
302
307
309
Capitolo 12-Risonanze
12-1
12-2
12-3
12-4
Risonanze:qualche esempio
Risonanze di Fano
Impatto di elettroni su molecole
Chemisorbimento: modello di Newns
312
314
324
329
Capitolo 13- Spettroscopie elettroniche
ed effetti a molti corpi
13-1 ESCA
13-2 Chemical shifts
13-3 Sdoppiamento dei livelli di core nelle molecole
paramegnetiche
13-4 Shake-up, shake-off, rilassamento
13-5 Formalismo della risposta quadratica.
Effetti di coerenza fra fotoemissione
ed effetto Auger
Capitolo 14- Spettroscopie ottiche
-5-
338
341
342
345
351
effetti anelastici ed a piu' fotoni
14-1 Diffusione della radiazione in approssimazione di dipolo
358
14-2 Generazione di seconda armonica
368
14-3 Modo efficace
370
14-4 Diffusione di luce coerente
372
14-5 Fenomeni a molti fotoni: Effetto Stark dinamico
373
Capitolo 15- Correzioni relativistiche per sistemi
a molti elettroni
15-1 Propagatori
15-2 Il "Mo/ller scattering" e l'interazione
di Breit fra gli elettroni
15-3 Significato fisico dell'interazione di Breit
15-4 L'atomo relativistico e il metodo di Dirac-Fock
15-5 Teoria relativistica dell'interazione di Van Der Waals
384
389
393
Capitolo 16 Metodo ricorsivo di Haydock
16-1
16-2
16-3
16-4
Catena lineare e sua funzione di Green locale
Funzione di Green di un sistema qualsiasi
Terminatore
Momenti
395
398
402
407
Capitolo 17- Metodo delle ampiezze
di eccitazione
17-1
17-2
17-3
17-4
Formulazione
Polarone Locale
Effetto Raman risonante
Complessi accettore-donore
410
412
415
417
Capitolo 18- Diagrammi di Feynman con
applicazioni
18-1
18-2
18-3
18-4
Regole diagrammatiche ed equazione di Dyson
422
Fermioni non interagenti in un potenziale esterno
431
Elettroni interagenti:Self-Energy del primo ordine
432
Elettroni interagenti:Self-Energy del
secondo ordine
434
18-5 Regole di Feynman per la QED
18-6 Divergenze e rinormalizzazione. Polarizzazione del vuoto
-6-
Capitolo 19: Interazione dinamica atomo-solido.
Formalismo di Kadanoff-Baym e di Keldysh
19-1 Osservazioni sui problemi dinamici e sui sistemi
lontani dall'equilibrio termodinamico
19-2 Evoluzione sul contorno: elettroni
19-3 Tecnica per calcolare combinazioni di funzioni
di Green che evolvono sul Contorno
19-4 Equazione di Dyson
19-5 Contorno di Keldysh
19-6 Evoluzione sul contorno: Bosoni
19-7 Modello di Anderson non interagente
per l'interazione dinamica atomo-superficie
Bibliografia essenziale
438
441
444
447
452
456
457
466
-7-
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Premessa alla prima edizione (1992)
Un corso di Fisica Atomica e Molecolare si trova a mezza strada fra la la Fisica
fondamentale e la Chimica, e puo' essere impostato in molti modi ugualmente
validi. Questo corso si propone come introduzione alla fisica teorica per gli
studenti che, dopo aver superato gli esami del terzo anno, intendono
specializzarsi in struttura della materia. Si richiede una buona conoscenza dei
Corsi di Istituzioni di Fisica Teorica e Struttura, anche se certi argomenti
tradizionalmente ostici vengono ripresi ed approfonditi nella parte iniziale
(Capitoli 1 e 2). I Capitoli 3, 4 e 5 sono dedicati alla Meccanica Quantistica
Relativistica. Ho posto in primo piano tutto cio' che e' utile agli strutturisti,
sacrificando quegli aspetti che interessano essenzialmente la Fisica delle Alte
Energie. Pero', ho cercato di rendere la trattazione auto-contenuta, ed il quadro
teorico autosufficiente; inoltre, ho dato spazio ai risultati di ricerche recenti. Il
Capitolo 6 sulle interazioni iperfini completa la descrizione dell'atomo
idrogenoide, con una descrizione delle risonanze di spin e dell'effetto
Overhauser. Con i Capitoli 7 e 8 inizia lo studio degli effetti dell'interazione fra
gli elettroni; viene esposto il metodo di Hartree-Fock e le equazioni di Roothaan
per gli orbitali molecolari, per poi sviluppare la teoria elementare degli atomi
pluri-elettronici e dell'effetto Auger. I Capitoli 9-11 sono dedicati ai Gruppi,
con particolare riguardo a quelli puntuali ed alle loro applicazioni. Il resto e'
dedicato agli effetti a molti corpi, alle spettroscopie con cui possiamo osservarli
ad a una varieta' di approcci teorici che permettono di comprenderli.
Uso espressioni come "si puo' dimostrare che..." con molta parsimonia, e
solo per questioni veramente marginali, perche' sono convinto che, di regola,
quando una cosa si e' veramente capita, non c'e' alcuna difficolta' a
dimostrarla. Gli esercizi fanno parte integrante del testo, e sono tutti svolti; lo
studente dovrebbe provare a risolverli prima di guardare lo svolgimento. Non
mi piace la tecnica di camuffare come esercizio quello che in realta' e' uno
sviluppo della teoria generale; cosi', si tratta sempre di applicazioni piuttosto
semplici che hanno lo scopo di illustrare come gli argomenti
generali
funzionano in pratica.
Negli ultimi 5 anni, ho usato parte dei capitoli 1,2,6 e 7 per cicli di lezioni
che ho tenuto per gli Studenti del Corso di Struttura della Materia, di cui e'
titolare nella nostra Universita' il Prof. A. Balzarotti. Il grosso del lavoro e'
stato sviluppato per non inondare di articoli e di testi consigliati i miei Studenti
di Fisica Molecolare all'Universita' dell'Aquila, e successivamente quelli di
Fisica Atomica e Molecolare a Tor Vergata. I capitoli finali, e specialmente il 16,
il 17 e il 19, hanno un carattere piu' specialistico degli altri, e sono stati
utilizzati diverse volte nei Corsi di Dottorato di Ricerca.
1
Premessa alla seconda edizione (1997)
L'esaurimento della prima edizione mi da' finalmente l'opportunita' di
correggere qualche mia noiosa svista e qualche errore tipografico, ed anche di
aggiornare il manuale su questioni come gli atomi superpesanti, su cui la
ricerca evolve rapidamente. Anche il corso si e' andato modificando, perche'
ho sempre sollecitato ed ascoltato le richieste degli studenti. Cosi' ho aggiunto
elementi di QED e diversi altri argomenti alla parte piu' avanzata, perche' gli
studenti sono curiosi e vogliono imparare, se pensano di averne una buona
1Per una decisione del CUN, il corso si chiama adesso FISICA ATOMICA, e non
piu' FISICA ATOMICA E MOLECOLARE.
=2=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
opportunita'. Ho anche migliorato la presentazione in parecchi paragrafi, e
soppresso qualche pagina inessenziale per non allungare il lavoro.
=3=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Capitolo 1- Preliminari
Anche i modelli piu' semplificati possono talvolta dare risultati utili, ed
aiutare a capire meglio le teorie generali.
1-1 Precessione di Thomas
In questo corso, studieremo la teoria relativistica
del'atomo, trattando gli elettroni come particelle di Dirac
interagenti attraverso il campo elettromagnetico quantizzato.
Questo richiedera' una vera rivoluzione del quadro concettuale,
ed e' importante non perdere di vista il fatto che alcuni risultati
importanti si possono trovare anche con un formalismo molto
piu' semplice e familiare, basato sul modello di Bohr e sulla
meccanica relativistica. Vedremo parecchi esempi; cominciamo
ora con l'interazione spin-orbita. Il momento magnetico di un
elettrone e' legato al momento angolare di spin da
= γS,
(1)
gµB
dove, usando notazioni ovvie,γ= , g=2.0032,
h
/
e h
/
µB=2mc =0.927 10-20 erg/Gauss.
(2)
Qui, e>0 ed il segno - e' dovuto alla carica negativa
dell'elettrone. In questo paragrafo, tratteremo tutto come in
fisica classica, ma ammetteremo che
/
h
|S|= .
(3)
2
In un campo magnetico esterno H, l'energia del dipolo
magnetico e'
∆E=- .H.
(4)
eH
Il dipolo precede con la pulsazione di Larmor ω L = g
.
2mc
Infatti la coppia ∧H che agisce sul dipolo deve essere uguale
alla derivata del momento angolare del sistema,
dS
= γ S∧H ;
(5)
dt
prendendo H parallelo all'asse z, si ha:
dSz
=0
dt
dSx
=γHS y
dt
=4=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dSy
=- γHS x.
(6)
dt
Chiamando allora S⊥ la componente di S perpendicolare al
campo, e sostituendo in luogo di S x ed Sy
S = S ⊥cos(ωt)
 x
Sy = S ⊥sin(ωt)
si ottiene una soluzione 1 se ω=-γH = - ω L . Notare che ω>0 vuol
dire che la precessione avviene in senso antiorario; questo
avverra' nel caso dell'elettrone, con γ<0, se H>0.
Consideriamo ora l'interazione spin-orbita in un semplice
modello di Bohr-Sommerfeld. Lo spin "vede" il campo prodotto
dal nucleo, considerato qui come un punto con carica Ze; se
l'elettrone gira in senso antiorario nel riferimento K del nucleo,
sara' antiorario anche il moto del nucleo visto dall'elettrone in
un riferimento K' in cui esso e' in quiete.
Il campo nel riferimento K , di coordinate cartesiane x,y,z
e'
Ze
E= - ( ), H=0.
(7)
r
Troviamo quello nel riferimento K' dell'elettrone; lo
identificheremo con il campo osservato in un sistema inerziale di
coordinate x'y'z' in cui l'elettrone e' ad un certo momento
istantaneamente in quiete. L'asse z lo abbiamo gia' scelto
ortogonale al piano dell'orbita, ed orientato in senso tale che il
moto dell'elettrone rispetto ad esso e' antiorario; naturalmente,
scegliamo l'asse z' parallelo. Gli assi y e y' li prenderemo in
direzione radiale. Perche' la terna sia orientata correttamente,
bisogna scegliere il senso dell'asse y' in modo che punti verso il
nucleo.Se x'y'z' si muove con velocita' v || all'asse x rispetto a
x,y,z, si ha la trasformazione di Lorentz:
E'x=Ex
H' x=H x
E'y =
Ey -βH z
H' y =
v
con β= e γ= 1-β 2 .
c
γ
H y +βEz
γ
E'z=
Ez+βH y
H' z=
γ
H z-βEy
γ
,
(8)
1Quantisticamente, si hanno due livelli energetici di autovalore
+-∆E, e la
2∆E
eH
delle transizioni fra di esso vale γΗ = ω L = g
. Questa e' la
h
/
2mc
frequenza di Larmor, cioe' la frequenza di precessione classica.
pulsazione
=5=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
y
x
y'
x'
Supponendo β«1, poiche' H=0, si ha
E'=E,
v
H' = - ∧ E.
(9)
c
Cosi' H' ha solo la componente z', di intensita'
H' z' = -βE.
Si noti che la componente y' di E e' <0 (l'asse y' punta all'interno
dell'orbita ed il campo elettrico e' tale da respingere una carica
positiva); H'z' e' pertanto positivo e la precessione dello spin
avviene in senso antiorario.
Calcolando ∆E nel sistema dell'elettrone, si ottiene
gµB
∆E' = - ⋅H' = S⋅(v ∧E) .
(10)
h
/c
p
dV r
Posto v≈
, eE = si trova
m
dr r
g
dV
g
dV
∆E' =
S⋅(p
∧r)
=
S⋅L
2 m 2c 2r dr
2 m 2c 2r dr
1
dV
≈S⋅L ,
(11)
2
2
m c r dr
dal momento che g≈2.
Vedremo a suo tempo che la teoria di Dirac per β«1
fornisce per l'interazione spin-orbita un valore che e' la meta' di
questo. Il fattore 2 in questione e' dovuto alla precessione di
Thomas: detto grossolanamente, dipende dal fatto che il sistema
dell'elettrone, osservato dal nucleo, ruota su se stesso. Vediamo
meglio di che si tratta.
v
L'elettrone e' visto dal nucleo girare con frequenza ν =
2πr
v
, ovvero con pulsazione ω =
. Supponiamo che l'elettrone
r
emetta un segnale ogni volta che attraversa l'asse x; un
osservatore sul nucleo potrebbe contare le orbite dell'elettrone
semplicemente contando i segnali. L'elettrone invece vedrebbe il
=6=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
nucleo ruotare intorno a se', e constaterebbe che esso compie
una rivoluzione completa nel tempo fra un segnale e l'altro. In
altri termini, due osservatori nei due sistemi sarebbero
d'accordo sul numero di giri fatti fra il segnale n e quello
n+1000. Pero', non concorderebbero sulla durata dell' intervallo
di tempo intercorso: tempi e frequenze stanno nella relazione
ν't' =νt.
(12)
I due sistemi di riferimento non sono affatto equivalenti, perche'
quello dell'elettrone e' accelerato. Il tempo misurato nel sistema
dell'elettrone e' un tempo proprio, e percio'
t'=t 1-β 2 .
(13)
Ma se il tempo impiegato per percorrere un certo numero di giri
ν
e' piu' corto in K', la frequenza ν' =
con cui l'elettrone
1-β 2
vede girare il nucleo e' maggiore che in K. La differenza fra le due
frequenze e'
ν'
β2
v
v2
∆ν ≡ ν'-ν = ν[ ν - 1] ≈ ν [1+
-1] =
.
2
2πr 2c 2
C'e' un modo ovvio per giustificare classicamente il fatto
che le frequenze sono diverse: il sistema dell'elettrone ruota
anche su se stesso, in modo da accelerare la frequenza apparente
del moto del nucleo. Poiche' il nucleo viene visto girare in senso
antiorario, il sistema K' sta ruotando su se stesso in senso orario.
y'
x'
La precessione dello spin avviene, come si e' visto, in senso
antiorario; precisamente, la pulsazione con cui avviene e', in K'
ω' =
2∆E'
2 gµB
=|
S⋅(v ∧E.) |≈
h
/
h
/ h
/c
2 e h
/ 1 h
/
evE
≈ | ⋅2⋅
⋅v E.| =
.
h
/ 2mc h
/c 2
mc 2
=7=
(14)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Noi vogliamo conoscere l'interazione spin-orbita nel sistema del
laboratorio, e quindi dobbiamo convertire ω' nella quantita'
corrispondente ω misurata in K. A tal fine dovremo sottrarvi la
pulsazione
v v2
∆ω = 2π ∆ν =
;
2c 2 r
v2
eE
ma
e' l'accelerazione , uguale ad
in questo modello; quindi
r
m
ω'
v eE
∆ω =
=
;
(15)
2
2c m
2
questo finalmente spiega perche' il risultato debba essere
dimezzato.
1-2 Variabili d'azione e angolari della meccanicae
formula di Sommerfeld
Variabili d'azione e angolari
Consideriamo il moto di un sistema classico con un grado
di liberta', cioe' di un punto materiale in un potenziale arbitrario
ad una dimensione. Supponiamo che per una certa energia E la
particella sia in uno stato legato. La particella oscilla fra due
punti di arresto tali che U=E, dove U e' l'energia potenziale, ed il
moto e' periodico. Vogliamo mostrare che il problema
meccanico e' ridotto alle quadrature, e la frequenza puo' essere
ottenuta calcolando un integrale ed una derivata.
Sia q la coordinata lagrangiana. L'equazione
H(p,q) = E
(1)
consente di conoscere la curva p=p(q), che definisce la
traiettoria del sistema nello spazio delle fasi. Definiamo allora la
variabile d'azione
J = ∫o pdq
(2)
dove l'integrale e' preso lungo il contorno, e pdq>0 ovunque.
Poiche' J e' l'area della curva, e questa e' percorsa sempre
allo stesso modo, ci aspettiamo che J sia una costante del moto;
verificheremo questa proprieta'. Il legame fra J ed il periodo T si
stabilisce come segue. Poiche' nella regione esterna alla curva H
cresce senza limiti, la regione interna e' caratterizzata da E>H;
quindi
J =∫
∫
dpdq θ(E-H(p,q)),
(3)
=8=
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e si ha
∂J
= ∫ ∫ dpdq δ(E-H(p,q)) .
∂E
Integriamo su p usando la nota formula1
∞
∞
⌠ δ(x-x )
∫dxδ(g(x)) = ∑α dx dg α
-∞
| |

dx
⌡
-∞
,
dove l'indice α corre sulle radici di g(x)=0. Nel presente
problema, ci si possono aspettare due valori di p, l'uno positivo e
l'altro negativo, che contribuiscono all'integrale per ogni q. Il
risultato e'
p
dq
|
|
q
qmax
∂J
=
∫ dq
∂E
qmin
{[
1
∂H
| |
∂p
]E=H(p,q),p>0 +[ ∂H1 ]E=H(p,q),p<0}.
|
∂p
|
(4)
Ma, per l'equazione di Hamilton
∂H
=q ,
∂p
(5)
1Questa formula puo' pensarsi ottenuta spezzando l'asse x in tanti intervalli
dove g(x) e' monotona ed eseguendo un cambiamento di variabili in ciascun
intervallo.
=9=
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dq
, pari ai due
dq
dt
tempuscoli trascorsi in dq all'"andata" e al "ritorno". Possiamo
convertire il risultato in un integrale sulla traiettoria, scrivendo
ed ogni dq dara' due contributi positivi
∂J
=
∂E
1
∫o dq [ ∂H
]E=H(p,q)
= ∫o
∂p
dq
=
∂q
∂t
= ∫o dt = T.
(6)
Di conseguenza, la frequenza e' data da
∂E
= ν.
(7)
∂J
Questa a sua volta puo' essere considerata come una nuova
equazione di Hamilton, in cui E = E(J) e' la nuova hamiltoniana e
J il nuovo momento. Sia W la nuova coordinata, canonicamente
coniugata a J, che prende il nome di variabile angolare. Si ha
∂E
dW
=
= ν ⇒ W=νt + costante.
∂J
dt
Il moto e' quindi uniforme. Inoltre,
(8)
∂E
dJ
= =0,
(9)
∂W
dt
il che conferma che J e' una costante del moto.
In un sistema con piu' gradi di liberta' qk bisogna cercare
di separare le variabili in modo che sia Jk sia una costante del
moto. Se questo e' possibile, ed il moto e' periodico, possiamo
usare questa tecnica per ricavare le frequenze.
Problema di Keplero
Poiche' il potenziale e' U=U(|r|), M=r∧p e' conservato ed il
moto e' piano. Prendiamo coordinate polari. La lagrangiana e'
dφ
1
dr
L= m [ ( ) 2 + r2 ( ) 2 ] -U(r),
2
dt
dt
(10)
con
Mm
.
(11)
r
Passiamo al formalismo hamiltoniano. La variabile φ e' ciclica,
U(r)= -G
=10=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
∂L dpφ
dφ
∂φ = dt =0 ⇒ pφ =mr2dt e' conservato.
Pertanto, la variabile d'azione
J φ = ∫opφ dφ = 2π pφ
(12)
e' una costante del moto.
dr
Inoltre, pr =m
e l'hamiltoniana e'
dt
dqi
pr 2 pφ 2
H= ∑ pi
-L =
+
+ U(r).
dt
2m 2mr2
i
Quindi ricaviamo
pr =
2mE +
2GMm2
pφ 2
r
r2
(13)
.
(14)
Il problema e' ormai unidimensionale, ed anche Jr e' un integrale
del moto: si ha 1
J r = ∫opr dr = -2πpφ + πGMm
La relazione Jr =-J φ +πGMm
2m
.
-E
(15)
2m
, risolta per E, da' la nuova
-E
hamiltoniana
2π 2G2M2m3
E=;
(J r +J φ ) 2
quindi le frequenze
(16)
1 J e' l'area della superficie delimitata dalla curva
r
pφ 2
γ
y2 +
= 2m(E+ ), dove γ =GMm. Si tratta di una superficie simmetrica
x2
x
x2
⌠

rispetto all'asse x, e l'area puo' scriversi come 2 
dx

⌡
γ α2
2m(E+ )- 2 , dove x1
x x
x1
x-x 1 2
e x2 sono le radici di y=0. Posto
=t , si puo' trasformare l'integrale in
x2-x
∞
J r = 2(x2-x 1) 2
⌠
t2
-2mE 
dt
; il calcolo si completa col teorema

⌡ (1+t2) 2(x 1+x2t2)
-∞
dei residui, e non presenta problemi,anche se e' noioso.
=11=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
∂E 4π 2G2M2m3
νr =νφ =
=
(17)
∂J r
(J r +J φ ) 3
sono uguali. Questo implica che le orbite nello spazio reale sono
chiuse.
Nel modello di Bohr dell'atomo idrogenoide, GMm → Ze2,
2π 2Z2e4m
E=;
(J r +J φ ) 2
(18)
con la condizione di quantizzazione Ji = ni h si ottiene
Z2e4m
,
2h
/ 2n2
con n = nr +nφ numero quantico principale.
En =-
(19)
Atomo di Bohr-Sommerfeld relativistico
Il metodo si applica altrettanto bene in relativita' ristretta.
La lagrangiana di una particella in un campo elettromagnetico e'
e
L = L0 + v⋅A - U
c
dove
v2
c2
e' quella di una particella libera1. Per il problema dell'atomo, la
lagrangiana e' dunque
L0 = - m c 2
L=-mc2
1-
dφ
1 dr
Ze2
1- 2[( ) 2 + r 2( ) 2] +
.
c dt
dt
r
(20)
Eseguendo le derivate richieste, si trova
1 Ad esempio, in coordinate cartesiane,
∂L
⋅ =
∂xi
⋅
mxi
+
e
A .
c i
v2
c2
Nel formare le equazioni di Lagrange
1-
d ∂L ∂L
=
dt ⋅ ∂xi
∂xi
si deve tener presente che
dAi ∂A i
∂A i
=
+ vk
;
dt
∂t
∂xk
e' immediato allora ottenere le corrette equazioni del moto, con la forza di
Lorentz.
=12=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dr
dt
,
v2
1- 2
c
m
pr =
dφ
mr2
dt
pφ =
;
v2
1- 2
c
quindi
H=
pφ 2
m2c 4+c 2(p r 2+ 2 )
r
-
Ze2
.
r
(21)
Giova notare che
dφ
dr 2
)
+(mr
)2
2
p
dt
dt
m2v2
φ
pr 2+ 2 =
=
= p2.
r
v2
v2
(1- 2)
(1- 2)
c
c
Di nuovo, pφ e' conservato,e Jφ =2πpφ e' una costante del
moto. Posto H=E, ricaviamo p r da
m2(
Ze2 2
pφ 2
[E+
] = m2c 4 +c 2[pr 2+ 2 ] ;
r
r
otteniamo
pr =
Ze2 2
[E+
]
r
p 2
2 - φ .
m
c
c2
r2
(22)
Quindi, Jr = ∫o pr dr e' lo stesso integrale di prima, con le
sostituzioni
E2
Z2e4
2mE → 2 -m 2c 2 , pφ 2 → pφ 2 - 2
c
c
Viene
J r =2π { -
pφ 2-
Z2e4
+
c2
, 2GMm 2 →
Ze2E
c2
E2
m2c 2 - 2
c
}.
2Ze2E
.
c2
(23)
Con un po' di algebra, possiamo di nuovo esprimere E in termini
di J, ottenendo
=13=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
mc 2
E=
.
4π 2Z2e4
c2
1+
[Jr +Jφ
1-
(24)
4π 2Z2e4
]2
c 2J φ 2
∂E
∂E
In questo caso le frequenze νr =
e νφ =
sono diverse, il che
∂J r
∂J φ
significa fisicamente, nell'ambito della teoria classica, che
l'elettrone compie orbite a rosetta.
Dopo aver imposto condizioni di quantizzazione alla BohrSommerfeld, occorrono due distinti numeri quantici per
individuare un livello energetico. Posto Jr =Nh, Jφ =Kh,
mc 2
E(N,K) =
1+(
Zα
,
)2
N+ K2-Z2α 2
e2
dove α= e' la costante adimensionale di struttura fine.
/c
h
Ritroveremo questa formula nella teoria di Dirac1.
1-3-Interazione di Van der Waals
L'interazione fra atomi o molecole in un gas o in un liquido
e' dovuta essenzialmente alle forze di dispersione.
Nell'approssimazione di Hartree-Fock, il campo elettromagnetico
generato da un atomo e' dovuto ad un nucleo pressoche'
puntiforme circondato da una nuvola di elettroni. Riducendo
cosi' il problema all'elettrostatica, si dovrebbe concludere che
due atomi in stati S, le cui densita' di carica hanno simmetria
sferica, e decrescono esponenzialmente con la distanza dal
nucleo, a grande distanza hanno interazioni elettriche di
intensita' esponenzialmente decrescente. Ma in realta' il
potenziale di Van der Waals decresce con la sesta potenza inversa
della distanza. Si tratta di un effetto di correlazione. Gli elettroni
sono cariche puntiformi, e la nuvola descrive solo la loro
distribuzione media; anche se i due atomi sono distanti, i singoli
elettroni dell'uno possono correlarsi con quelli dell'altro, e la
conseguenza e' il potenziale di Van der Waals. Per far risaltare le
1Non vi e' dubbio che tale coincidenza sia in parte fortuita. Vedremo che
nella teoria di Dirac gioca un ruolo essenziale lo spin dell'elettrone, che ai
tempi della teoria di Bohr-Sommerfeld non era stato ancora scoperto.
Inoltre, la formula perde senso se Z cresce al di la' di un valore critico.
Parleremo di questo a tempo debito.
=14=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
caratteristiche essenziali di queste forze dispersive, cominceremo
usando un modello ultra-semplificato dell'atomo.
1-Modello semiclassico
Consideriamo un atomo di Thomson. Un elettrone si muove
dentro una sfera di raggio a dove e' distribuita uniformenente
una carica |e|, e quindi e' soggetto alla forza elastica
-e 2
e2
F= 3 r =-fr,
f= 3 ;
(1)
a
a
f
la pulsazione del moto e' ω0=
. Se il centro dell'atomo e' in
m
Rc , il potenziale generato in un punto x fuori dall'atomo e'
V(x)= e{
1
1
};
|Rc -x| |Rc +r-x|
(2)
lontano dall'atomo (||x-Rc |>>a) si puo' usare la nota formula
1
1 d⋅R 1 -d2 3(d⋅R) 2
≈ + 3 + [ 3 +
] +...
|R-d| R
R
2 R
R5
(3)
Per inciso, non occorre calcolare la serie di Taylor per proseguire
questa espansione. E' molto piu' efficiente scrivere
1
1
=
|R - d| R
dove n =
d
d⋅n d
1+( ) 2-2(
)( )
R
d
R
,
R
, e utilizzare la funzione generatrice dei polinomi di Legendre
R
1
dove
1
1-2hz+h 2
=
∞ n
∑ h P n(z).
n=0
1
d
Pn(x) = n ( ) n(x 2-1) n.
dx
2 n!
I primi sono
3x2-1
5x3-3x
P 0 =1, P1=x, P2=
, P3=
,
2
2
e tutti gli altri si possono trovare con la formula di ricorrenza
(n+1)Pn+1(x) -(2n+1)xPn(x) +nP n-1 (x) =0.
d
d⋅n
Pertanto, con h= , z=(
), abbiamo
R
r
=15=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
1
3z2-1
5z3-3x
= {1+hz +h2
+h3
+...}
|R - d| R
2
2
ed i primi termini sono quelli scritti sopra.
Fermandosi al primo ordine, si trova la forza su un secondo
elettrone in x
-r 3(r⋅R)R
e∇ xV(x)= e 2{ 3 +
},
R
R5
(4)
dove R=Rc -x.
r1
1
r
2
x
R
Se ora abbiamo due atomi a distanza R, l'equazione del moto per
l'elettrone 1 e' (usando la forza al centro del primo atomo)
d2r1
-r2 3(r2⋅R)R
m
=-fr1 + e2{ 3 +
};
(5)
2
dt
R
R5
in componenti, se R e' parallelo all'asse x,
d2x1
=-fx 1 + 2γx2
dt2
d2y1
m
=-fy1 - γy2
dt2
d2z 1
m
=-fz1 + -γz 2
dt2
m
dove
e2
γ= 3 .
R
Le equazioni del moto dell'elettrone 2 si ottengono scambiando
gli indici; ne risulta che abbiamo i seguenti oscillatori armonici:
x1+x2
x1-x 2 ω 2=
ω1=
f-2γ
γ
γ2
≈ ω 0[1 - ]
m
f 2f2
f+2γ
γ
γ2
≈ ω 0[1 + ]
m
f 2f2
=16=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
y1+y2
ω3=
z 1 +z 2
ω4=ω3
y1-y2 ω 5=
z 1-z 2
f+γ
γ
γ2
≈ ω 0[1 +
]
m
2f 8f2
f-γ
γ
γ2
≈ ω 0[1 ]
m
2f 8f2
ω6=ω5
.
x x2
Poiche' γ<<f, si puo' espandere con (1+x)1/2≈1+ .
2 8
Quantizzando, troviamo l'energia dello stato fondamentale
3γ2
1 6
E(R) =
h
/
ω
3h
/
ω
h
/
ω
(6)
ν=
0
0 4f2 .
2 ∑
ν=1
Il potenziale di Van der Waals risulta dato dalla correzione
3
a
∆E(R) = - h
/ω 0 ( ) 6. Sostituendo a 3 con la polarizzabilita' α (
4
R
cioe' trattando l'atomo come una sferetta metallica classica) e
/ω 0 con una energia caratteristica di eccitazione, o con il
h
potenziale di ionizzazione I ( il che e' corretto come ordine di
grandezza) si ottiene
3 α2
I
.
(7)
4 R6
Per esempio, per due molecole di CH4 a distanza di 3.8Å, che e' la
separazione media nel liquido, l'interazione vale 0.02 eV.
∆E(R) = -
2- Teoria quantistica non relativistica
La geometria e' illustrata in Figura
=17=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
r 12
1
r
2
r b2
r b1
a1
r
a2
r
a
b
ab
L'energia potenziale di interazione fra gli atomi e', in unita'
atomiche,
1
1
1
1
1
1
1
1
+
= +
;
rab ra2 rb1 r12 R |R+rb2| |R-ra1| |R-ra1+rb2|
(8)
R
dove R=rab; espandiamo tutto; con n= ,
R
V=
V=
1 1
+
R R
∑ {-(
-rb2⋅n
ra1⋅n
rb2 n
ra1 n
) Pn (
) -(
) Pn (
)+
R
rb2
R
ra1
n
(ra1-rb2)⋅n
|ra1-r b2| n
+(
) Pn (
)}.
R
|ra1-r b2|
(9)
I termini con n=0 e con n=1 danno 0. Per n=2, con un po' di
algebra, si ottiene l'interazione dipolo-dipolo
-(ra1⋅rb2)+3(ra1⋅n)(rb2⋅n)
V=
+...;
R3
(10)
per n=3 c'e' l'interazione dipolo-quadrupolo , in R-4 , per n=4 la
quadrupolo-quadrupolo, in R-5 , etc 1. Le espressioni di questi
termini sono complicate.
1lo sviluppo formale della teoria dei multipoli si trova ad esempio sul
volume "Teoria dei campi" di Landau e Lifchitz, Capitolo V.
=18=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Come vedremo, il momento di dipolo medio di un atomo e'
sempre nullo, su qualsiasi stato stazionario, ma se L≠0 e J> 1/2, il
momento di quadrupolo1 e' diverso da 0. Vediamo un esempio.
Esercizio: a) Mostrare che Q=0 per gli stati s e p.
b)Determinare Q per un atomo di Idrogeno nello stato |nlm>=|322>.
Soluzione: Dobbiamo trovare il valore di aspettazione di
Qzz=-|e| (3z2- r 2)=-|e| r2(3cos2(θ)-1). Allora
a) E' chiaro che
1
1
∫d(cos(θ))(3cos2(θ)-1) = ∫d(cos(θ))cos(θ)(3cos 2(θ)-1) =0.
-1
-1
b)Per la media angolare con l' armonica sferica Y 22=
si ha
15
sin 2(θ) e 2i φ
32π
15 1
∫dx(1-x 2) 2(3x2-1)= -4 .
<Y22|(3cos 2(θ)-1)|Y 22>=
16 -1
7
a2n 4
3
L(L+1)-1/3
Inoltre si sa che <r2>nlm= 2 [1 + {1}],
2
Z
n2
dove a e' il raggio di Bohr; pertanto, <r2>322= 126a2; infine, <Qzz>322=72|e|a2.
Se Q≠0, la distribuzione media di carica dell'atomo da' luogo ad
un potenziale che decresce con R-3 . Pertanto, l'interazione fra
due atomi dotati di momento di quadrupolo si ottiene gia' al
primo ordine della teoria delle perturbazioni, e va come R -5 .
Pero', dipende dall'orientazione relativa dei momenti angolari, ed
e' nullo in media. Se Q=0, il potenziale medio decresce
rapidamente con la distanza ed il contributo che decresce piu'
lentamente viene dal secondo ordine.
Infatti, supponiamo di avere due atomi identici nello stato
fondamentale, e che questo sia di tipo S. Il termine dominante
dell'interazione si ottiene trattando al secondo ordine
-(da⋅db)+3(da⋅n)(db⋅n)
R3
dove d e' l'operatore dipolo; cosi'
~ <g|V|α><α|V|g>
∆E = ∑
,
Eg -Eα
α
V=
dove
~
∑
(11)
(12)
esclude α=g; esplicitando gli stati dei due atomi,
α≠g
|g>=|00> e gli |α> sono stati eccitati del tipo |α>=|ij>; le energie, in
1Si chiama momento di quadrupolo Q di un atomo la componente zz del
tensore di quadrupolo Qik =-|e|
elettroni.
∑ {3 xpi xpk - δik r p2}, dove ∑ somma sugli
p
p
=19=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
termini dei livelli atomici sono, in notazione ovvia, Eg =2ε0 , Eα =
εi +εj . Prendendo n lungo l'asse x, a numeratore di V abbiamo
2dax dbx -day dby -daz dbz; sostituendo nella (12), i termini "in
croce" del tipo
<00| dax dbx |ij><ij|day dby |00>=
<0|dax |i><i|day |0><0|dbx |j><j|dby |0>
sono nulli per simmetria. Infatti , <0|dax |i> ≠0 se |i> si trasforma
come un orbitale Px; ma in tal caso <i|day |0>=0. Rimangono i
contributi del tipo
<00| dax dbx |ij><ij|dax dbx |00>
e quelli dove figurano le componenti y e z. Gli elementi di
matrice ovviamente dipendono dalla componente, ma la somma
su i e j no, perche' comporta la somma sulle componenti Px, Py ,Pz
degli stati dei due atomi. Pertanto,
~
6
∆E= 6
R
|(d ax ) 0i|2|(d bx ) 0j|2
.
2ε0-εi -εj
∑
ij
(13)
Fare calcoli dettagliati con questa formula non e' banale, perche' ci
sono infiniti stati discreti ed un continuo per ogni atomo. E' utile vedere la
relazione fra ∆E e la polarizzabilita' α. Calcoliamola a partire dalla
definizione
P
α= ,
E
dove P e' il momento di dipolo indotto ed E l'intensita' del campo elettrico. La
perturbazione e'
H' =-eEx,
quindi la funzione d'onda perturbata al primo ordine e'
|ψ> = |0> +
e il dipolo e'
(H')
i0
∑ ε - ε |i>,
i≠0 0 i
P= <ψ|ex|ψ> = 2
pertanto,
α =2
Ora,
∑
i≠0
∑
i≠0
<0|ex|i><i|-eEx|0>
;
ε 0- ε i
|<0|dx |i>|2
.
εi - ε0
ε i +ε j-2ε 0
1
1
+
=
ε i - ε 0 ε j- ε 0 (ε i - ε 0)(ε j- ε 0)
;
ne segue che
=20=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
α 2=4
8
=
I
∑
|<0|dx |i>|2|<0|dx |j>|2
1
1
[
+
]=
ε i +ε j-2ε 0
ε i - ε 0 ε j- ε 0
ij≠0
∑
|<0|dx |i>|2|<0|dx |j>|2
,
ε i +ε j-2ε 0
ij≠0
dove I e' una qualche media delle energie di eccitazione ε i - ε 0 dell'atomo. La
somma che abbiamo ottenuta e' la stessa che compare nell'espressione del
3 α2
potenziale di Van der Waals, e permette di scrivere ∆E(R) = - I 6 , come
4 R
nella teoria semiclassica. In questo spirito fenomenologico si usa, per
l'interazione fra oggetti diversi, come un atomo ed una molecola, la
seguente forma simmetrizzata del potenziale di interazione:
3 I aI m α aα m
∆E(R) = 2 I a+I m R 6
Occorre una stima degli ordini di grandezza. Per la polarizzabilita'
e2
dell'atomo di H, possiamo sostituire ε i - ε 0 sotto la sommatoria con
; allora
2a0
resta
∑ |<0|dx |i>|2
α≈2
i≠0
= 4
e2
2a0
Poiche' |<0|dx 2|0> =
<0|dx 2|0>
e2
a0
.
1
|<0|r2|0> = a02, resta α≈ 4a03. Una stima piu' accurata
3
9 3
a . Si puo' dare una stima analoga dell'ordine di grandezza
2 0
del potenziale di Van der Waals fra due atomi di H nello stato fondamentale;
e2
con 2ε 0- ε i - ε j≈ −
si ha
a0
darebbe α≈
6a0
6
~
2|(d ) | 2 = ∆E= |(d
)
|
(dax 2) 00(dbx 2) 00=
∑
ax
0i
ax
0j
e 2 ij
R 6e2
6
R
a0
6a0e2 1 2
6e2a05
2==|
(r
)
|
00
3
R6
R6
Margenau nel 1931 ha continuato l'argomento dando stime dei contributi
che vengono (al secondo ordine) dalle interazioni di dipolo-quadrupolo e di
quadrupolo-quadrupolo. Il risultato e'
∆E ≈ -
6e2a05
-
135e2a07
-
1416e2a09
;
R6
R8
R 10
e' evidente che le correzioni diventano importanti alle piccole distanze.
Aumentando di uno l'ordine del multipolo, si ha un ulteriore fattore R-1
nella perturbazione, e quindi un fattore R -2 in ∆E. Per R cosi' piccolo che le
nuvole elettroniche degli atomi si sovrappongono significativamente,
entrano in gioco i legami chimici, e infine una intensa repulsione dovuta
in ultima analisi al fatto che la densita' di energia cinetica di un gas di
=21=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
elettroni cresce con la potenza 5/3 della densita'. Quando possiamo
prescindere dalle forze chimiche, come ad esempio nel caso dei gas nobili,
dobbiamo completare il potenziale attrattivo con un nocciolo duro
repulsivo. Di solito si usano forme parametrizzate del potenziale di
interazione. Il piu' comune e' il potenziale di Lennard-Jones
r m 12
rm
) -2( ) 6],
R
R
dove A e' la profondita' e rm la posizione del minimo.
La teoria su esposta e' quantistica ma non relativistica (quella
relativistica e' presentata nel Capitolo 15). Non e' rigoroso usare
l'elettrostatica quando si tratta di cariche in movimento, come gli elettroni.
Benche' noi abbiamo supposto R grande, l'uso dell'elettrostatica comporta
che R sia piccolo rispetto alla lunghezza d'onda λ della prima transizione
atomica. Infatti, per R>> λ si trova
23 α 2
∆E = .
4π R 7
Tuttavia R>>λ comporta distanze dell'ordine delle migliaia di Å; l'espressione
non relativistica proporzionale a R -6 vale gia' a qualche Å di distanza ed e'
quella che interessa nei fenomeni chimici e nella maggior parte delle
applicazioni.
∆E(R) = A[(
3-Il problema dell'additivita'
Le forze di polarizzazione classiche non sono additive:
basta
pensare ad una carica puntiforme che interagisce con due sfere
metalliche. Nemmeno l'interazione di Van der Waals fra N atomi
puo' essere espressa rigorosamente in termini di interazioni fra
coppie di atomi. I contributi a 3 corpi sono complicati, e
diventano importanti a breve distanza; ci sono poi i contributi a 4
corpi, che diventano importanti a distanza un po' piu' breve, e
cosi' via. Quindi il potenziale di Van der Waals non e' un
potenziale in senso ordinario, ed e' difficile lavorare con una
teoria rigorosa delle forze di dispersione che descriva ad esempio
le interazioni fra solvente e soluto. Fra l'altro, la serie (termine a
2 corpi +termine a 3 corpi+...)
∞
= ∑ ∆ En converge assai lentamente. Altrettanto difficile e' dare
n
una stima analitica quantitativa della parte repulsiva.
Tuttavia le cose si semplificano se le distanze sono cosi'
grandi da rendere trascurabili i termini di dipolo-quadrupolo e
superiori. Al second'ordine, e' facile verificare che l'interazione
diventa additiva. Per esempio, per 3 atomi, potremo porre
|ikl>=ψai (1)ψbk (2)ψcl (3),
∆E =
~
∑
ikl
|<000|V|ikl>| 2
,
εa0+εb0+εc0-εai -εbk -εcl
=22=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dove V=V(1,2)+V(1,3)+V(2,3) e' la somma delle interazioni
dipolari.
Tutti i termini con i≠0,j≠0, k≠0 sono nulli perche' <ψai |ψaj >=δij ; i
termini con un solo indice diverso da 0 sono nulli anch'essi,
perche' (d) 00=0; rimane
∆E =
|<000|V|ik0>| 2
|<000|V|0kl>| 2
|<000|V|i0l>|2
+ ∑
+ ∑
.
εa0+εb0-εai -εbk
εb0+εc0-εbk -εcl
εa0+εc0-εai -εcl
i≠0k≠0
l≠0k≠0
i≠0l≠0
∑
Inoltre, e' immediato vedere che
<000|V|ik0>=<00|V(a,b)|ik>,quindi ogni termine e' giusto
l'interazione di una coppia di atomi.
4-Fisisorbimento con interazione a coppie
Consideriamo un atomo a distanza d da una superficie, e
supponiamo che l'interazione con la superficie sia la somma delle
interazioni con ciascuna molecola. Questo richiede che nel solido
le molecole conservino la loro individualita', e questo e'
ragionevole per certi cristalli isolanti. Allora, in notazione ovvia,
3 IaImα aα m
1
.
(14)
∑
2 Ia+Im
R 6
m am
Se d e' grande rispetto al parametro reticolare, possiamo passare
al continuo con
∆E(d) = -
∑ → ρ ∫ d r,
m
dove ρ e' la densita' di molecole; α mρ e' la polarizzabilita' per
unita' di volume.
Poiche'
∞
∞ ∞ 1 ∞
∞
∞ ∞
1
1
dz
dx
dy
=
dz
2π
τdτ
=
π
∫ ∫ ∫ r6 ∫
∫ (τ2+z2) 3 ∫dz ∫du(u+z 2) 3
d -∞ -∞
d
0
d 0
∞ 1
π
= π ∫dz 4 =
3;
2z
6d
d
∆E(d) = -
π
3 IaImα aα m
ρ
.
2 Ia+Im
6d3
=23=
(15)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Quindi, la parte attrattiva dell'interazione e' inversamente
proporzionale al cubo della distanza. Questa legge e'
qualitativamente corretta, e mostra che l'interazione ha
relativamente lungo raggio; cio' spiega perche' sia cosi' difficile
lavorare con superfici pulite. Tenendo conto della parte
repulsiva, che in pratica fissa la distanza di equilibrio, si
ottengono energie di legame dell'ordine di 0.2 eV.
Per l'adsorbimento su un metallo, Lennard-Jones nel 1932
propose un modello, basato sull'ipotesi che il conduttore
schermi i campi in modo perfetto. Una carica q a distanza d dalla
superficie interagisce con la sua immagine.
-q
q
d
d
L'energia dell'interazione con una carica -q esterna sarebbe
-q 2
;
2d
trattandosi di una energia di polarizzazione, il potenziale
immagine e'
-q 2
∆E=
.
4d
Il fattore 1/2 viene dall'integrazione su q. Per un atomo di
Idrogeno, con il nucleo a distanza d dalla superficie e l'elettrone
che ha un raggio vettore r=(x,y,z) rispetto al nucleo,
-e
e
d
d
-e
e
=24=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
∆E(d) =
1 -e 2
-e 2
{ +
+2
2 2d 2(d+z)
e2
x2+y2+(z+2d)2
}=
-e 2(x 2+y2+2z 2)
=
+O(d -4 ),
16d3
(16)
<r2>
e per un atomo sferico, con <x2>=<y2>=<z 2>=
, si ottiene
3
-e 2<r2>
.
(17)
12d3
In sostanza, l'andamento e' quello trovato prima per il caso
dell'isolante. Il difetto maggiore di questo argomento e' che un
metallo non puo' rispondere istantaneamente al moto
dell'elettrone; tipicamente, le frequenze atomiche ultraviolette
dei gas inerti sono piu' alte della frequenza di plasma, e quindi il
metallo e' trasparente ed incapace di uno schermo perfetto come
quello descritto dal potenziale immagine. Per questi motivi,
Margenau e Pollard (1941) proposero di dividere il metallo in
elementi di volume e di trattarli come le molecole dell'isolante;
Im viene interpretato come l'energia di plasma. Per la
polarizzabilita' per unita' di volume α mρ il risultato dipende dalla
3
forma: per una sferetta di raggio a, α=a3 , e troviamo
; per una
4π
1
lastra, troveremmo
; Margenau e Pollard salomonicamente
4π
1
presero α mρ= . Allora, con le approssimazioni usuali per
2π
1
l'atomo di H (α a≈4a03, Ia≈
) e con <r2>=3a02, si ottiene
2a0
∆E(d) =
-e 2<r2> Im
;
12d3 Ia+Im
il risultato di Lennard-Jones e' confermato se I a<<Im.
∆E =
(18)
5)Interazioni di Van der Waals intramolecolari e conformazioni.
Consideriamo una molecola organica complicata 1 come la
S-metil-L-metionina (SMM), che si trova nelle piante superiori e
viene impiegata nella cura dell'ulcera.
1Questo esempio e' tratto da recenti lavori pubblicati dal gruppo del Prof.
Claudio Quagliata dell'Universita' di Roma 1, che ringrazio per utili
conversazioni sul problema.
=25=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
OH
O
C
SMM
Ψ1
NH2
CH
CH3
CH3
CH2
Ψ4
S
Ψ2
Ψ3
CH2
Le distanze interatomiche sono note dai raggi X per la forma
standard cristallina; gli angoli delle sezioni rigide sono noti e
sono quelli che si trovano in molecole simili. I legami σ hanno
simmetria cilindrica intorno al loro asse e sono sono "girevoli" ,
cioe' basta poca energia per farli ruotare su se stessi; sono
indicati gli angoli Ψ che determinano la conformazione. Quella
dello stato fondamentale e' stabilizzata dalle forze elettrostatiche
e da quelle dispersive. Per determinare la conformazione,
occorre:
1)Esprimere tutte le distanze interatomiche in funzione dei
quattro Ψ.
2)Calcolare le cariche qi sui singoli atomi (con metodi
semiempirici).
3)Calcolare il contributo elettrostatico all'energia
∑
qi qj
.
rij
4)Aggiungere l'interazione di Van der Waals usando
e-br
V(r)= a d -cr-6 ,
(19)
r
con parametri a,b,c,d semiempirici (ottenuti da dati di mobilita'
nei solidi, viscosita' dei gas, secondo coefficiente del viriale, fit
della distanza di equilibrio, etc.). Questi parametri sono diversi
per ogni coppia di atomi.
5)Minimizzando l'energia rispetto agli Ψ, si trova la
conformazione di equilibrio (a T=0); si possono studiare poi
anche le barriere rotazionali. Se i minimi sono piatti, vuol dire
che la molecola e' deformabile.
Il metodo conduce di solito a buoni risultati, anche se la
conformazione calcolata non corrisponde sempre al minimo
assoluto. L'approccio e' pero' inadeguato se ci sono legami a
=26=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
ponte di Idrogeno. Questi ultimi sono dovuti ad un protone che si
delocalizza in un potenziale a doppio minimo, e richiederebbero
una descrizione quantistica dei gradi di liberta' nucleari.
Capitolo 2- Complementi
sulla teoria di Schro
"dinger
Approfondiremo svariati argomenti di meccanica quantistica, in
parte noti dai Corsi di Istituzioni di Fisica Teorica e Struttura della Materia,
che hanno immediate applicazioni in Fisica Atomica e Molecolare o che
sono particolarmente importanti per il seguito.
2-1 Teoria di Huckel dei doppi legami coniugati
Nel metodo LCAO gli orbitali molecolari Ψ i ed i livelli
energetici Ei si ottengono espandendo gli orbitali sulla base degli
orbitali atomici φν ,
Ψi =
∑
ν
c iν φν
(1)
e risolvendo le equazioni
S µν =(φµ|φν )
(2)
∑ c iν [H µν -Ei Sµν ] = 0,
ν
che estremizzano <H> sotto il vincolo della normalizzazione.
La teoria di Huckel e' un particolare approccio LCAO, specializzato
al calcolo di orbitali associati ai doppi e tripli legami C-C che sono
tipici degli idrocaburi insaturi. Piu' in generale, la teoria si applica
alle molecole con doppi legami coniugati, contenenti catene del tipo
= C - C = C - C = C -,
che sono molto studiate in chimica organica, in biologia molecolare,
etc. Fra gli esempi piu' semplici, possiamo citare il Butadiene
CH2 = CH - CH = CH2,
e gli altri Polieni; gli Idrocarburi Aromatici come il Benzene, il
Naftalene, l'Antracene; eteromolecole come la Piridina, il Furano, la
Purina (che e' una base del DNA) etc.
=27=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
BENZENE
NAFTALINA
ANTRACENE
FURANO
HC
CH
HC
CH
O
PIRIDINA
PURINA
N
CH
HC
C
NH
CH
N
N
C
N
I doppi legami constano di legami σ, dovuti ad orbitali con
simmetria cilindrica attorno all'asse C - C, e legami π che hanno un
piano nodale. I legami σ sono dovuti a stati localizzati, relativamente
profondi e poco reattivi, mentre al contrario quelli π sono
delocalizzati, reattivi e poco legati. Al punto che per descrivere gli
stati di valenza meno legati in molecole del tipo dell'esatriene
CH2 = CH - CH = CH - CH = CH 2
dovuti ai 6 eletroni π, si puo' usare in prima approssimazione il
metodo FEMO (=Free Electron Molecular Orbital) , in cui gli elettroni
si considerano contenuti in una scatola unidimensionale.
Aggiustando la lunghezza della scatola (L = 1.2*{n0 di legami +2}Å)
si ottiene una prima approssimazione alle frequenze di
assorbimento ottico fondamentali di varie molecole.
La specificita' del metodo di Huckel sta nel fatto che tutti gli
orbitali atomici φν sono del medesimo tipo (diciamo, orbitali 2pz del
C) ed i parametri del metodo LCAO possono essere trasferiti, in
=28=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
certa misura, da una molecola all'altra. La ricetta 1 per fare un
calcolo col metodo di Huckel consiste nel porre:
Sµν = δµν
(3)
H µµ = α
(4)
(questo parametro e' detto 'integrale di Coulomb')
β s e µ e ν sono legati direttamente
H µν = 
0 altrimenti.
(5)
Questo insomma e' il metodo che i solidisti chiamano "tightbinding"; β e' un parametro empirico, dell'ordine2 di ≈-1 eV.
Con cio', l'equazione di Schro"dinger diventa
_
Cµ (α -E) + ∑ Cν β =0,
(6)
ν
_
dove ∑ indica che µ e ν sono legati direttamente. La teoria in
ν
effetti ha un solo parametro, perche' possiamo porre
α - E
x=
(7)
β
e scrivere
_
x Cµ + ∑ Cν =0.
(8)
ν
Ad esempio, per l'Etilene CH2 = CH2 si ha l'equazione secolare
x 1 
1 x = x2-1 =0.
Dalle radici x = ±1 si hanno i seguenti orbitali:
 Ψ = 1 [φ +φ ]
1 2
 1
2

Ψ2 = 1 [φ1- φ2]

2
E=E 1 = α+β legante
.
E=E 1 = α-β antilegante
1Si fa' presto a criticare la rozzezza di questo approccio: pero', per quanto
potente sia il nostro calcolatore, esisteranno sempre molecole interessanti
che sono cosi' complesse che non si puo' fare di meglio. Il rapporto costibenefici e' spesso favorevole, dato che i costi sono molto bassi; i risultati
vanno poi esaminati "cum grano salis.".
2il segno - e' puramente convenzionale; e' facile dimostrare che i livelli e
gli altri osservabili non ne dipendono.
=29=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
_
_
Lo stato fondamentale |Ψ 1Ψ 1 |, dove Ψ 1 denota lo spinorbitale di spin
opposto a Ψ 1, ha energia E=2α+2β (trattando gli elettroni come non
interagenti).
Per il Butadiene CH2 = CH - CH = CH2 le equazioni
xC1+C2 = 0
2+C3=0
CC1+xC
 2+xC3+C4 = 0
C3+xC4 = 0
portano a
x 1 0 0 
10 x1 1x 01 = x4 -3x 2+1 =0, ⇒ x=±1.62, x= ±0.62.


0 0 1 x 
Cambiando α e β cambieremmo l'energia degli orbitali, ma non i
valori dei Cµ che dipendono solo dalla forma delle equazioni.
Sostituendo nel sistema e normalizzando si trovano gli orbitali
molecolari
Ψ 1=0.37φ1+0.60φ2+0.60 φ3+0.37φ4 , E1=α +1.62β
Ψ 2=0.60φ1+0.37φ2-0.37 φ3-0.60φ4 , E2=α +0.62β
Ψ 3=0.60φ1-0.37φ2-0.37 φ3+0.60φ4 , E3=α -0.62β
Ψ 4=0.37φ1-0.60φ2+0.60 φ3-0.37φ4 , E4=α -1.62β.
_
_
Lo stato fondamentale e' |Ψ 1Ψ 1 Ψ 2Ψ 2 |, e l'energia totale (per
elettroni non interagenti) e' uguale a 4α+4.48β. Per due legami
etilenici indipendenti avremmo trovato 4α+4β ; quindi, 0.48β e'
l'energia di stabilizzazione, che si puo' attribuire alla
delocalizzazione dei doppi legami.
Il procedimento si estende facilmente ad una grande varieta' di
molecole. Per esempio, possiamo considerare le molecole lineari
coniugate come l'esatriene CH2 = CH - CH = CH - CH = CH 2 o le
omologhe superiori con n atomi di C. Il sistema di equazioni e'
risolto dagli orbitali molecolari
n
jµπ
2
Ψj =
φµ sin[
].
∑
n+1
n+1
µ=1
(9)
Noti gli orbitali molecolari, si puo' calcolare la carica totale
del sistema di elettroni π sull'atomo µ:
qµ = 2
occ
∑
r
c r µ2,
(10)
dove la somma e' sugli orbitali occupati. Anche se il metodo non e'
autoconsistente, i risultati sono spesso qualitativamente accettabili
=30=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
perche' le cariche nette in gioco in queste molecole covalenti sono
comunque piccole.
L' elemento fuori diagonale della matrice densita' che
corrisponde ad atomi fra loro direttamente legati
occ
Pµν = 2 ∑ c r µc r ν , µ e ν legati,
(11)
r
prende il nome di 'ordine di legame' (bond order). Esso misura la
densita' di elettroni π sul legame: infatti vale 0 per legami semplici
(c r µ=0), 1 per l'Etilene CH2 = CH2 e cresce verso i tripli legami. Per il
Butadiene, numerando gli atomi di C da 1 a 4, si trova P12 = 0.89 e
P23=0.45 , e cio' corrisponde al fatto che il legame doppio tende a
delocalizzarsi. L'esperimento mostra che i legami si accorciano
passando da semplici a doppi e a tripli. Ed esiste una buona
correlazione lineare fra Pµν e la lunghezza di legame.
E' naturale chiedersi qual'e' il valore di β che meglio si accorda
coi dati sperimentali. Per la classe di Idrocarburi aromatici fatti di
anelli benzenici condensati (naftalina, pirene, etc.) si osserva una
netta correlazione lineare fra la frequenza osservata del primo
assorbimento elettronico e la differenza LUMO - HOMO fra il livello
piu' basso vuoto e il piu' alto occupato. Si ricava β= -2.71 eV.
Anche l'affinita' elettronica di questi Idrocarburi e' correlata
linearmente con LUMO. Si ottiene pero' β=-2.37 eV.
L'energia di stabilizzazione puo' essere ottenuta
sperimentalmente come differenza fra il calore di combustione
dell'Idrocarburo e la somma di quelli associati ai singoli legami (es.
54.0 KCal/Mole per C - H, 49.3 KCal/Mole per C - C, 121.2
KCal/Mole per C = C, etc.)Sempre per gli stessi Idrocarburi aromatici
la correlazione c'e', ma fornisce β= -0.69 eV.
In conclusione, per grandi classi di composti si possono dare β
empirici, che pero' dipendono dall'esperimento che si considera.
Inoltre, anche quando le correlazioni per una certa classe di
molecole sono buone, esistono pur sempre casi particolari in cui le
cose vanno male. Da un metodo cosi' semplice non si puo'
pretendere troppo. Nel 1963, Hoffmann ha proposto un "metodo di
Huckel esteso" per trattare anche gli elettroni dei legami σ. A tal
fine occorre almeno un set di valenza, che include gli orbitali 1s di
H, nonche' 2s e 2p di C, e ciascun livello atomico ha il suo integrale
di Coulomb. La ricetta di Hoffmann per gli elementi di matrice
diagonali e'
H pp =-11.4 eV per il 2p del C
H ss =-21.4 eV per il 2s del C
H' ss =-13.6 eV per l'orbitale 1s dell'Idrogeno.
=31=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Ci sono anche diversi integrali di risonanza. La proposta e' allora di
calcolare Sµν esplicitamente1 e poi di usare per gli elementi fuori
diagonale di H l'espressione
H µν = K Sµν [H µµ +H νν ],
(12)
dove K e' un parametro. I valori raccomandati di K possono variare,
a seconda dei legami, in un intervallo abbastanza ristretto (fra 0.7 e
≈1). Beninteso, gli elementi diagonali dipendono dallo zero delle
energie, e questo metodo richiede che esso sia fissato: il livello 1s di
H viene assegnato a -13.6 eV, etc.
Per quanto il metodo sia privo di una chiara base teorica, esso
si rivela di una certa utilita'. E' stato usato per calcolare le distanze
ed anche gli angoli di legame negli Idrocarburi, con risultati non
irragionevoli. Nello spirito fenomenologico e semiempirico di un
metodo tight-binding, il metodo e' stato poi esteso ai sistemi piu'
disparati. Certo. la mancanza di autoconsistenza ne limita molto il
potere predittivo, specie quando vi sono legami ionici.
2-2-Invarianza di gauge e covarianza galileiana
La teoria di Schro
"dinger soddisfa alle due invarianze -per
trasformazioni dei potenziali elettromagnetici e per cambiamenti
del sistema di riferimento inerziale- senza le quali non avrebbe
senso fisico. Tuttavia, il modo in cui si realizzano queste
invarianze e' un po' piu' sottile che nella meccanica classica.
Infatti, l'equivalenza delle varie Gauges nel caso classico e'
banale, perche' nelle equazioni del moto classiche di una
particella compaiono solo i campi, non i potenziali. Inoltre, nel
caso non relativistico, avremo a che fare con forze istantanee ed
indipendenti dalla velocita' (il che esclude la forza di Lorentz).
Cosi', in ambedue i casi, sono le equazioni del moto ad essere
invarianti. Invece, ambedue le trasformazioni modificano sia
l'equazione di Schro"dinger che le funzioni d'onda.
Invarianza di Gauge della teoria
L'Hamiltoniano di una particella senza spin in presenza di
un campo elettromagnetico e', in notazione ovvia
eA
(p- ) 2
c
H=
+eφ(x,t).
(1)
2m
1 Gli overlap S
µν sono inclusi da Hoffmann anche nell'equazione secolare.
=32=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Qui, p e' il momento canonico ed A il potenziale vettore;
nessuno dei due puo' essere misurato 1. La funzione d'onda Ψ
soddisfa
∂Ψ
HΨ = i /
h
.
(2)
∂t
Se fossimo partiti invece con potenziali A' e φ' legati ai
precedenti dalla trasformazione di Gauge
χ
(3)
∂χ
,
(4)
∂t
e' una funzione arbitraria del punto e del tempo,
"dinger
avremmo scritto l'equazione di Schro
A' = A +
1
φ' = φ c
dove χ(x,t)
eA' 2
(p )
∂Ψ'
c
{
+eφ'(x,t)}Ψ'(x,t)= i h
/
;
2m
∂t
in termini dei vecchi potenziali, questa si scrive
e[A + χ]
(p )2
∂Ψ'
c
1 ∂χ
{
+e(φ )}Ψ'(x,t)= i h
/
.
2m
c ∂t
∂t
(5)
(6)
La trasformazione e' dunque
e χ
∂Ψ
∂
e ∂χ
pψ→(p )Ψ' , i h
/ →(ih
/ +
)Ψ'
(7)
c
∂t
∂t c ∂t
ed e' evidente che Ψ'≠Ψ. Le due funzioni d'onda sono legate dalla
relazione
Ψ'(x,t) = Ψ(x,t) exp[
(8)
ieχ(x,t)
].
/c
h
Infatti,
∂
ieχ(x,t) ∂
e ∂χ
ih
/ Ψ ' = ih
/ exp[
] Ψ - Ψ'
,
∂t
/c
h
∂t
c ∂t
ieχ(x,t)
e
-ih
/ ∇Ψ' = -ih
/ exp[
] ∇Ψ + Ψ ' ∇χ ,
/c
h
c
e sostituendo nella l'equazione di Schro
" dinger per Ψ ' si ritrova quella per
Ψ.
1anche se la circuitazione
0 (s)
∫dsA
equivale al flusso ∫dS B⋅n ed e'
ovviamente osservabile.
=33=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Il fatto che la fase sia cambiata, e per giunta in modo
arbitrario ed indipendente in tutti i punti ed a tutti i tempi, non
inficia la teoria, perche' tutte le conseguenze fisiche sono
contenute negli elementi di matrice. In effetti, gli elementi di
matrice della coordinata sono banalmente invarianti. Inoltre, il
momento canonico p =-ih
/ ∇ ha elementi di matrice
e
<Ψ' m|p|Ψ' n > = <Ψ m|p|Ψ n > + <Ψ m|∇χ|Ψ n > ;
(9)
c
in altri termini, il momento canonico subisce la trasformazione
notata sopra, ma questo non ci deve preoccupare. Non e' il
momento canonico ad essere osservabile, ma quello meccanico,
dato da
eA
= (p ); evidentemente, non cambia. Analogamente, le
c
energie degli stati possono ben cambiare, ma cio' che conta e'
che non cambiano le differenze di energia.
Covarianza galileiana della teoria
Consideriamo due sistemi di riferimento K e K' connessi da
una trasformazione di Galileo1
x

t
= x' + vt
= t'.
(1)
Il sistema K' si muove rispetto a K con velocita' v.
L'osservatore in K descrive il moto della particella con
-
∂
h2 ∂2
/
Ψ(x,t)
+
U(x,t)Ψ(x,t)
=ih
/
Ψ(x,t).
2m ∂x2
∂t
(2)
La covarianza galileiana richiede che il moto di una particella sia
descritto in K' da
-
∂
h2 ∂2
/
Ψ'(x'.t') + U'(x',t')Ψ'(x'.t') =ih
/ Ψ'(x'.t') (3)
2
2m ∂x'
∂t'
e che le due descrizioni siano fisicamente equivalenti. Ma tutto
dipende da come si trasforma l'energia potenziale. Supponiamo
ora per semplicita' che U' sia uno scalare, e cioe' che il suo
valore in un dato punto ed in un dato istante non dipenda dal
sistema di riferimento. Piu' precisamente, se in K' si osserva
U'(x',t'), allora in K si osserva
1Ignoriamo le coordinate y e z, inessenziali in questo problema.
=34=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
U'(x',t') = U'(x-vt,t) = U(x,t) .
(4)
In una teoria non relativistica non sapremmo trattare altro che
un tale potenziale, che si propaga istantaneamente.
Prima di tutto dovremo vedere come si scrive l'equazione
(3) nelle coordinate (x,t) di K. Dovremo cioe' eseguire una
trasformazione di variabili. Per farlo, avremo da sostituire x' e t'
con x e t secondo la (1), dovunque x' e t' compaiono negli
argomenti delle funzioni; inoltre dovremo trasformare anche le
operazioni di derivazione parziale. Ad esempio, data una
funzione arbitraria f(x,t) avremo
∂
∂
∂
∂
f(x,t) =
f(x' +vt',t') =
f(x,t)+ v
f(x ,t) ;
∂t'
∂t'
∂t
∂x
quindi, la prescrizione e'




∂
∂
∂
=
+ v
∂t'
∂t
∂x
∂
∂
=
∂x'
∂x
.
(5)
L'equazione valida in K' , scritta nelle coordinate di K , e' quindi
h2 ∂2
/
Ψ'(x-vt,t) + U'(x-vt,t)Ψ'(x-vt,t) =
2m ∂x2
∂
∂
= ih
/ Ψ'(x-vt,t) +ih
/ v Ψ'(x-vt,t).
∂t
∂x
(6)
Come deve trasformarsi la funzione d'onda per soddisfare
ambedue le descrizioni (2) e (6)? La condizione che Ψ sia uno
scalare richiederebbe Ψ(x,t) = Ψ'(x-vt,t) = Ψ'(x',t') ma non puo'
essere soddisfatta; in realta' l'equivalenza fisica di K e K'
richiede solo che sia vera a meno di un fattore di fase:
Ψ'(x-vt,t) = Ψ(x,t)⋅e-iφ(x,t).
Sostituendo nella equazione per Ψ' scritta in termini di x,t , si
trova
-
∂2φ
∂φ ∂Ψ
∂φ
∂2Ψ
h2
/
{ -i 2 Ψ − 2i
- ( ) 2 Ψ + 2 } + U'(x-vt,t)Ψ =
2m
∂x
∂x ∂x
∂x
∂x
=35=
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∂Ψ
∂φ
∂φ
∂Ψ
=ih
/
+h
/ Ψ +ivh
/ [ -i Ψ +
].
∂t
∂t
∂x
∂x
(7)
L'ultimo temine in parentesi graffa, il termine in U' ed il primo
termine del secondo membro sono attesi; la condizione di
∂Ψ
equivalenza e' che si annullino i coefficienti di Ψ e di
negli
∂x
∂Ψ
altri termini. I coefficienti di
danno:
∂x
/ 2i ∂φ
h
mvx
= ivh
/
⇒
φ(x,t) =
+ C(t),
m ∂x
/
h
∂2φ
dove C(t) non dipende da x. In particolare,
=0. I coefficienti
∂x2
di Ψ danno
∂φ
h2 ∂φ 2 = ∂φ
/
( ) /
h +h
/v
2m ∂x
∂t
∂x
⇒
∂φ
mv2
=.
∂t
2h
/
Cosi' l'equivalenza e' dimostrata con
φ(x,t) =
mvx mv2t
.
/
h
2h
/
(8)
Cosi', non e' uno scalare la funzione d'onda, ma lo e' la
densita' di probabilita' |Ψ|2 . Energia ed impulso si trasformano in
modo galileiano, come si puo' vedere eseguendo la
trasformazione su un'onda piana.
2-3 Determinanti di Slater: tecnica di calcolo degli
elementi di matrice
Consideriamo un set completo di spin-orbitali a particella
singola vi ≡ vi (x)χ i e la seguente funzione d'onda determinantale
Ψ(1,2,...,n) =
(1)

1

n!

v1(1) v 2(1) .... v n (1)
v1(2) v 2(2) .... v n (2)
....... .....
...... .......
v1(n) v 2(n) .... v n (n)
=36=



;
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l'insieme di tutte le Ψ siffatte e' un set completo per espandervi
le funzioni d'onda antisimmetriche di n elettroni; occorre fissare
una volta per tutte un ordinamento nell'insieme {vi } perche'
altrimenti otterremmo un set piu' che completo.
Ci sono n! permutazioni di n oggetti. Per esempio, con 3
oggetti ho 3!=6 permutazioni Q≡(q 1,q2,q3) date da (1,2,3),
(2,1,3),(2,3,1),(3,2,1),(1,3,2),(3,1,2). Definiamo pari o dispari
una Q a seconda del numero di scambi necessari per ottenerla da
quella fondamentale (1,2,...n). Il determinante e' una somma
sulle permutazioni
1
Ψ(1,2,...,n) =
(2)
∑(-) Q v q1(1)v q2(2)...vqn (n).
n! Q
Scambiando due righe (cioe' due elettroni) il determinante
cambia segno. Se P e' una permutazione arbitraria P:
(1,2,...,n)→(p 1,p2,...,pn ) il suo effetto su Ψ e'
PΨ(1,2,...,n) = Ψ(p 1,p2,...,pn ) =
1
∑(-) Q v q1(p1)vq2(p2)...vqn (pn ) =
n! Q
= (-)P Ψ .
(3)
Supponiamo di avere un altro set di spinorbitali ui ≡ ui (x)χ i
(eventualmente coincidenti con i vi ) e di costruire con essi la
funzione d'onda determinantale per n elettroni
Φ(1,2,...,n) =

1

n!

u1(1) u 2(1) .... u n (1)
u1(2) u 2(2) .... u n (2)
....... .....
...... .......
u1(n) u 2(n) .... u n (n)



;
(4)
il nostro problema e' quello di calcolare l'elemento di matrice di
un qualche osservabile f, che dovra' dipendere simmetricamente
dalle coordinate di tutte le particelle. Il calcolo diretto di
<Φ| f |Ψ> =
1
( - ) P∑ ( - ) Q •
n! ∑
P
Q
•<up1(1)up2(2)⋅⋅⋅upn (n)|f|v q1(1)v q2(2)⋅⋅⋅vqn (n)>
diventa rapidamente proibitivo al crescere di n, perche' lo
sviluppo comporta (n!) 2 termini. Ma, cambiando nome alle
variabili mute, possiamo riscrivere ogni termine nella forma
=37=
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<⋅⋅⋅>= <up1(p 1)u p2(p 2)⋅⋅⋅upn (p n )|f|v q1(p 1)vq2(p 2)⋅⋅⋅vqn (p n )>;
f non risente del cambiamento, perche' e' simmetrico. Quale che
sia P, il bra e' giusto il prodotto u1(1)u2(2)⋅⋅⋅un (n) dei termini
lungo la diagonale del determinante Φ. La somma su Q da' il
determinante Ψ moltiplicato per (-)P , come abbiamo appena
visto. Pertanto,
<Φ| f |Ψ> =
1
( - ) 2P•
n! ∑
P

• <u1(1)u2(2)⋅⋅⋅un (n)|f|

v1(1) v 2(1) .... v n (1)
v1(2) v 2(2) .... v n (2)
....... .....
...... .......
v1(n) v 2(n) .... v n (n)

>.

La somma contiene n! termini, tutti indipendenti dalla
permutazione; quindi,

<Φ| f |Ψ> = <u1(1)u2(2)⋅⋅⋅un (n)|f|

v1(1) v 2(1) .... v n (1)
v1(2) v 2(2) .... v n (2)
....... .....
...... .......
v1(n) v 2(n) .... v n (n)

>;

ovvero, in forma espansa,
<Φ| f |Ψ> =
1
=
<u1(1)u2(2)⋅⋅⋅un (n)|f| ∑ ( - ) Qvq1(1)v q2(2)⋅⋅⋅vqn (n)>.(5)
n!
Q
Overlap fra determinanti
Se f≡1, si ottiene
<Φ| Ψ> =
∑
Q
( - ) Q<u1(1)|v q1(1)><u2(2)|v q2(2)>⋅⋅⋅<un (n)| v qn (n)>
=
=38=
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
=


.

<u1|v1> < u 1|v2>.... <u 1|vn >
<u2|v1> < u 2|v2>.... <u 2|vn >
....... .....
...... .......
<un |v1> < u n| v2>.... <u n |vn >
(6)
In altri termini, l'overlap di due determinanti di Slater e' il
determinante degli overlap. Fra l'altro, questo verifica che <Ψ| Ψ>
=1 , cioe' che abbiamo correttamente normalizzato i
determinanti di Slater.
D'ora innanzi supporremo, per semplicita', che gli stati a
particella singola uk e vk appartengano ad un unico set completo
e ortonormale. Questo e' il caso in molti problemi che si
incontrano in pratica.
Operatori ' a un corpo' f=
Nel calcolo del generico contributo a
n
∑ f(i)
i=1
∑
Q
dall'elettrone i-esimo
<u1(1)⋅⋅⋅ui (i)⋅⋅⋅un (n)|f(i)|vq1(1)⋅⋅⋅vqi (i)⋅⋅⋅vqn (n)>
per k≠i compaiono gli overlap a particella singola
<uk (k)|vqk (k)>= δ(k,q k ); tutti i v devono coincidere con gli u,
con la sola possibile eccezione del termine i-esimo, dove agisce
l'operatore. Pertanto, perche' l'elemento di matrice di un
operatore a un corpo sia non nullo, Φ e Ψ possono differire al
piu' di uno spin-orbitale1.
Nel caso del valore di aspettazione <Ψ |f|Ψ> tutti i v
coincidono con gli u corrispondenti e contribuisce solo la
permutazione identica Q={1,2,3,⋅⋅⋅}; cosi'
<u1(1)⋅⋅⋅ui (i)⋅⋅⋅un (n)|f(i)|vq1(1)⋅⋅⋅vqi (i)⋅⋅⋅vqn (n)>=
=<ui (i)|f(i)|ui (i)> ,
1Ne consegue, ad esempio, che le transizioni elettromagnetiche sono consentite
solo fra stati determinantali che differiscono di un solo orbitale. Un solo elettrone
transisce, mentre gli altri sono "spettatori".
=39=
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ed in definitiva1
n
<Ψ |f|Ψ> = ∑<ui |f|ui > .
(7)
i=1
Questo e' lo stesso risultato che avremmo ottenuto da una Ψ
prodotto non antisimmetrizzato.
Esempio: la densita'. Se prendiamo f(i)=δ(x- xi ), f coincide con la densita' di
numero ρ(x) tale che
Ω . Si ha
∫d3xρ(x) e' uguale al numero di elettroni nel volume
Ω
∫
<ui |f|u i > = d3xi ui ‡ (xi )δ(x- xi )u i (xi ) = |ui (x)| 2,
dove il secondo membro e' la norma quadrata dello spinore (la somma dei
moduli quadrati delle due componenti di spin). Quindi,
n
ρ(x) = ∑ |u i (x)| 2,
i
come e' fisicamente ovvio per un sistema di elettroni non interagenti.
Per gli elementi fuori diagonale <Φ|f|Ψ> , supponiamo che
vk ≠uk sia l'unico spin-orbitale non comune a Φ e Ψ . Allora per i
≠k
<u1(1)⋅⋅⋅uk (k)⋅⋅⋅un (n)|f(i)|u1(1)⋅⋅⋅vk (k)⋅⋅⋅un (n)>=0,
e rimane solo il contributo di f(k). Cosi'2
<Φ|f|Ψ> = <uk |f|vk > = ∫d3x uk ‡ (x)f(x)vk (x).
(8)
Operatori a due corpi del tipo
f=
∑grs
r≠s
Gli elementi di matrice dell'interazione Coulombiana e degli
altri operatori a due corpi
<Φ| f |Ψ> =
∑ <u1(1)u2(2)⋅⋅⋅un (n)|g rs | ∑ ( - ) Qvq1(1)v q2(2)⋅⋅⋅vqn (n)> ,
r≠s
Q
1 Si
noti che a primo membro di questa equazione compare l'operatore
n
f= ∑ f(i) che agisce sugli stati ad n elettroni, mentre a secondo membro figura
i=1
f(i), con l'argomento i omesso perche' muto. Questo non puo' creare malintesi.
2Anche in questo caso, le cose funzionano come se invece dei determinanti
avessimo usato semplici prodotti.
=40=
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possono connettere stati che differiscano al piu' di due
spinorbitali, poiche' in ogni termine della somma u(k) e v(k) con
k≠r,s devono coincidere.
Consideriamo il caso in cui ui ≠vi e uj ≠vj , cioe' ui e uj non
siano occupati in Ψ. La permutazione Q deve coincidere con
quella identica eccetto che per gli elementi i e j; rimane possibile
anche la permutazione con gli elementi i e j scambiati.
Quest'ultima ha parita' opposta alla precedente. Cosi'
<Φ| f |Ψ> = <ui (i)u j (j)|gij |vi (i)v j (j)> - <ui (i)u j (j)|gij |vi (j)v j (i)>.
In questa espressione compaiono indici i e j che servono per
distinguere gli spinorbitali, nonche' argomenti i e j che
etichettano le variabili di integrazione. Queste ultime sono mute,
quindi potremo riscrivere il risultato nella forma
<Φ| f |Ψ> = <ui (1)uj (2)|g12|vi (1)v j (2)> <ui (1)uj (2)|g12|vi (2)v j (1)>,
ovvero
<Φ| f |Ψ> = <ui uj |g|vi vj >- <ui uj |g|vj vi >.
(9)
Il secondo termine non e' altro che il termine di scambio, e
quando g non dipende dallo spin, potra' essere diverso da 0 solo
se gli spinorbitali i e j hanno spin paralleli.
Se vk ≠uk ma gli altri spinorbitali coincidono, si trova
<Φ|f|Ψ> = ∑ [<uk uj |g|vk uj >- <uk uj |g|uj vk >] .
j≠k
(10)
Analogamente, il valore di aspettazione e' dato da
<Ψ|f|Ψ> = ∑ [<ui uj |g|ui uj >- <ui uj |g|uj ui >] .
i≠j
(11)
2-4 Seconda quantizzazione per i fermioni
Nessun operatore considerato finora connette stati con un
numero diverso di elettroni; infatti, ci siamo limitati a studiare
fenomeni in cui il numero di particelle non cambia. Il metodo
della seconda quantizzazione e' stato inventato per studiare
processi in cui particelle di spin sia intero che semi-intero
vengono create o distrutte. Basti pensare al decadimento β di un
=41=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
neutrone in un protone, un elettrone ed un antineutrino, n ⇒ p +
_
e + ν , in cui tutte le particelle sono fermioni che vengono o
creati o annichilati. Operare fra stati con numeri diversi di
particelle e' necessario anche per studiare i processi che
avvengono comunemente nella materia ordinaria: ad esempio,
uno puo' desiderare di impostare un problema di meccanica
statistica nell'Insieme Gran-Canonico, in cui il numero di
particelle non e' fissato, essendo fissato invece il potenziale
chimico. Inoltre, nella dinamica delle molecole e dei solidi
compaiono vari tipi di eccitazioni elementari, di spin sia intero
che semiintero, che vengono create e distrutte. Peraltro, nella
descrizione dei processi fisici in cui il numero di particelle e'
conservato, il formalismo e' equivalente a quello dei
determinanti di Slater, ma per molte applicazioni si rivela piu'
conveniente e agile.
Cominciamo col cambiare nome agli stati determinantali1
secondo la regola seguente:
Stato senza particelle (vuoto)
Stato a un elettrone uk
⇒ |v>
(1)
⇒c k ‡ |v>
(2)
Stato a due elettroni
Ψ(m,n) =
 um(1) u n ( 1 ) 


2!  um(2) u n ( 2 ) 
1
⇒c m‡ c n ‡ |v>
(3)
Stato a tre elettroni
Ψ(m,n,r) =
 um(1) u n (1) u r (1) 


 um(2) u n (2) u r (2)  ⇒c m‡ c n ‡ c r ‡ |v>


3!  um(3) u n (3) u r (3) 
1
(4)
e cosi' via. L'operatore ck ‡ si chiama operatore di creazione dello
spinorbitale k. Se si tenta di creare due volte un elettrone nello
stesso k si ottiene un determinante con due colonne uguali, e
percio' nullo. In altri termini,
(c k ‡ ) 2=0.
(5)
1In linguaggio matematico, il cambiamento di nome e' un isomorfismo fra
lo spazio dei determinanti ed uno spazio vettoriale astratto V che ha per
elementi gli stati determinantali con 0,1,2,⋅⋅⋅ particelle.
=42=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Scambiando due colonne, il determinante cambia segno; quindi,
vale la regola di anticommutazione
[c m‡ ,c n ‡ ]+ ≡ c m‡ c n ‡ + c n ‡ c m‡ =0.
(6)
Per definizione,
c m‡ {cn ‡ c r ‡ |v>} ≡ c m‡ c n ‡ c r ‡ |v>.
(7)
La notazione suggerisce che un operatore di creazione cm‡ e' il
coniugato hermitiano di un operatore c m. Prendiamo
formalmente il coniugato hermitiano di questa equazione,
{<v|cr c n }cm = <v|cr c n c m
e moltiplichiamo scalarmente per lo stato a tre elettroni
c m‡ c n ‡ c r ‡ |v>. Il prodotto scalare di uno stato normalizzato con
se stesso fa' 1, pertanto
{<v|cr c n }cm |c m‡ c n ‡ c r ‡ |v> =1.
(8)
Se ora consideriamo cm come un operatore che agisce a destra,
vediamo che il suo effetto e' quello di convertire cm‡ c n ‡ c r ‡ |v>
nello stato a due elettroni
c n ‡ c r ‡ |v>. Per questo, c m e' detto
operatore di distruzione. Esso obbedisce al coniugato hermitiano
delle relazioni di anticommutazione gia' ricavate, e cioe'
[c m,c n ]+ ≡ c mc n + c n c m =0;
(9)
in particolare, cm2=0.
Torniamo alla (8), e riscriviamola nella forma
c m c m‡ c n ‡ c r ‡ |v> = cn ‡ c r ‡ |v>.
Supponiamo di voler calcolare c n c m‡ c n ‡ c r ‡ |v>, in cui gli indici
m,n,r si riferiscono a spinorbitali diversi. Usando le regole di
anticommutazione per gli operatori di creazione, otteniamo
c n c m‡ c n ‡ c r ‡ |v>=-c n c n ‡ c m‡ c r ‡ |v>=-c m‡ c r ‡ |v>.
Avremmo ottenuto lo stesso risultato facendo anticommutare cn
con cm‡ :
c n c m‡ c n ‡ c r ‡ |v>= - c m‡ c n c n ‡ c r ‡ |v>= -c m‡ c r ‡ |v>.
Quindi, gli operatori di creazione e distruzione di stati diversi
anticommutano fra loro:
c mc n ‡ + c n ‡ c m =0.
(10)
=43=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Finche' gli indici sono diversi, gli operatori c e c† anticommutano
tutti fra loro; un prodotto di due di essi ( cc, cc† , c † c, c† c † )
commuta con qualsiasi prodotto di c† , e puo' essere trasportato
attraverso di esso come se si trattasse di numeri. Tornando di
nuovo all'esempio (8)
c m c m‡ c n ‡ c r ‡ |v> = cn ‡ c r ‡ |v>,
vediamo che c m c m‡ ha autovalore 1 su qualsiasi stato in cui lo
spinorbitale m e' vuoto. D'altra parte, se lo spinorbitale m e'
occupato, il risultato e' 0, perche' possiamo trasportare cm c m‡
attraverso il prodotto fino ad ottenere cm c m‡ 2=0. Invece, cm‡ c m
ha autovalore 0 su qualsiasi stato in cui lo spinorbitale m e'
vuoto, e 1 se e' occupato. In tutti i casi, cm‡ c m+c m c m‡ =1. Una
relazione che vale per tutto il set completo e' una identita'
operatoriale. La regola generale e' pertanto
[c m,c n ‡ ]+ ≡ c mc n ‡ + c n ‡ c m =δmn .
(11)
Per quanto si e' appena detto, nk =c k ‡ c k si chiama operatore
numero di occupazione dello stato k; e' ovvio che nk ‡ =nk ;
inoltre, nk 2=nk , cioe' nk e' un operatore di proiezione.
Nella rappresentazione di Schro
"dinger, le variabili
indipendenti sono le coordinate delle particelle. Tutto il nuovo
formalismo serve per passare ad una rappresentazione in cui le
variabili sono i numeri di occupazione dei diversi stati di un set
completo {u n( x)}. Tutti gli operatori, che conservino o meno il
numero di particelle, possono essere riscritti in tal modo. Il
processo e' analogo a quello elementare per passare uno
spinorbitale1 dalla rappresentazione delle coordinate Ψ(x) alla
rappresentazione dei momenti Ψ(p). In quel caso si esegue una
trasformata di Fourier, il che equivale ad espandere la Ψ nelle
autofunzioni del momento, che sono le onde piane. Qui invece
espandiamo in autofunzioni degli operatori nk , cioe' scriviamo
Ψ † (x) = ∑ c n † un( x) * ,
n
(12)
e quindi anche
Ψ(x) = ∑ c n un( x).
n
A questo punto, pero', Ψ(x) non e' piu' una funzione
d'onda, ma un "operatore di campo". E, a differenza delle onde
1Per semplificare la notazione omettero' di indicare il carattere spinoriale
degli stati e quello vettoriale di x, dato che non giocano qui alcun ruolo.
=44=
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piane, gli operatori di campo non commutano. E' immediato
verificare che
[Ψ(x),Ψ(y)] +=0;
(13)
[Ψ ‡ (x),Ψ ‡ (y)] +=0;
(14)
inoltre,
[Ψ(x),Ψ ‡ (y)] + = ∑ ∑ [c m ,c n ‡ ]+um(x)un * (y) =
mn
= ∑ ∑ δmn um(x)un * (y) = ∑ un (x)un * (y) = <x|y> = δ(x-y).
mn
n
(15)
Per questa ragione, occorre esaminare separatamente gli
operatori a un corpo e a due corpi. Supponiamo di calcolare ,
nella teoria di Schro"dinger, il valore di aspettazione di un
operatore a un corpo, come per esempio un potenziale V(x)
<Ψ(x)|V(x)|Ψ(x)> = ∫dx Ψ * (x)V(x)Ψ(x)= ∑ ∑ c m* c n Vmn .
mn
(16)
Per passare in seconda quantizzazione, interpretiamo adesso cn
come un operatore di distruzione e cm* come l'operatore di
creazione cm‡ ; allora
V=
∫dx Ψ†(x)V(x)Ψ(x)=
∑ ∑ c m‡ c n Vmn ,
mn
(17)
con l'operatore di creazione a sinistra, e' l'espressione cercata
dell'operatore V in seconda quantizzazione. Questo significa che
gli elementi di matrice che fornisce sono gli stessi che si
otterrebbero nella rappresentazione di Schro"dinger maneggiando
i molto piu' ingombranti determinanti di Slater.
Verifica.
Dato uno stato determinantale per N elettroni |Ψ > = c1† ....c N† |v>,
‡
c m c n da' 0 se lo spinorbitale n e' vuoto; altrimenti
cm‡ c n c 1† ..c n† ..c N† |v> = c1† ...c m‡ c nc n† ..c N† |v> = c1† ...c m‡ ..c N† |v>
ci da' lo stato di partenza con n sostituito da m. L'elemento diagonale e'
<Ψ |V|Ψ > = ∑ ∑ δmnV mnn n = ∑ Vmmn m ,
mn
m
=45=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dove n m restringe la somma agli spinorbitali occupati; si riottiene la (3.7). I
soli elementi furi diagonali di V sono quelli con determinanti che
differiscono da |Ψ > per la sostituzione di uno spinorbitale n con un altro m
e valgono Vmn, in accordo con la (3.8).
Per un operatore a due corpi, come ad esempio un potenziale
U(x,y), il metodo per metterlo in seconda quantizzazione e'
analogo: in termini di operatori di campo,
U = ∫dx ∫dy Ψ † (x)Ψ † (y)U(x,y)Ψ(y)Ψ(x) .
(18)
Notare l'ordine degli operatori di campo. Sviluppando,
U = ∑ ∑ ∑ ∑ U mnpq c m‡ c n ‡ c qc p ,
mn p q
(19)
(notare di nuovo l'ordine!) dove compaiono gli elementi di
matrice, definiti nel modo standard
U mnpq = ∫dx ∫dy um* (x)un * (y)U(x,y)up(x)uq(y) .
(20)
Esempio: Hamiltoniano di Fano-Anderson
Formulare un modello fisico significa, in ultima analisi,
specificare gli elementi di matrice dell'hamiltoniano; ma fare
questo puo' essere complicato per i sistemi a molti corpi, finche'
si rimane nella rappresentazione delle coordinate. La seconda
quantizzazione consente di formulare in modo semplice i modelli
fisici direttamente in termini degli elementi di matrice fra stati a
molte particelle. Nel Capitolo 12 studieremo l'interazione fra uno
stato localizzato |0σ> di energia ε0 ed un continuo di stati
delocalizzati |kσ> di energia εkσ. Questa situazione si presenta
nei contesti piu' disparati. Per esempio, |0σ> puo' rappresentare
uno stato atomico da cui l'elettrone puo' "saltare" nel continuo
degli stati di particella libera; allora il livello discreto diventa una
risonanza, come lo stato 2s2p1P dell'atomo di He. Oppure, puo'
saltare nel continuo degli stati di Bloch di una banda di un solido:
questo accade se l'atomo si chemisorbe, cioe' si lega
chimicamente ad un solido. Nel modello di Fano-Anderson, il
processo di salto e' descritto dagli "integrali di hopping" Vkσ, e
l'hamiltoniano e'
=46=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
H=
∑
kσ
εkσnkσ + ∑ ε0 n0σ +
σ
∑ {V kσckσ‡c0σ + h.c.} ,
kσ
(21)
dove h.c. sta per il coniugato hermitiano di quanto precede. Se il
sistema contiene un solo elettrone, allora e' facile formulare lo
stesso modello in "prima" quantizzazione, scrivendo
ε0 |0σ><0σ| + ∑ {V kσ|kσ><0σ| + h.c.} ;
∑ εkσ|kσ><kσ| + ∑
σ
kσ
kσ
il vantaggio dell'hamiltoniano (21) e' che rimane valido con
qualsiasi numero di elettroni. Nondimeno, poiche' esso e' lineare
nei prodotti di operatori di creazione e distruzione, si dice che
descrive un problema essenzialmente "ad un corpo". Con questo
si intende che il sistema puo' anche contenere molte particelle,
ma, poiche' queste non interagiscono, gli autostati sono
determinanti di Slater di spin-orbitali che si ottengono
diagonalizzando l'Hamiltoniano per un elettrone solo. Questo
problema e', infatti, risolvibile esattamente, come vedremo. In
certi casi, pero', e' importante arricchire il modello aggiungendo
un termine di interazione fra due elettroni di spin opposti
sull'orbitale localizzato. Anderson infatti ha introdotto il termine
ulteriore
H=
H' = U n0+n0- .
(22)
Questo basta per introdurre interessanti effetti di correlazione.
Risolvere il modello di Anderson e' molto difficile, ma la seconda
quantizzazione ci ha consentito almeno di scriverlo in modo
agevole.
Analogia con il caso dei bosoni
Si ricordera' che nella teoria elementare dell'oscillatore armonico
di Hamiltoniano
mω2x2
p2
H=
+
,
(23)
2m
2
si passa alla teoria quantistica imponendo [p,x]- =-ih
/.
Introducendo operatori di creazione e distruzione con
1
i
1
i
a† =
{ mω x p}, a =
{ mω x +
p}
(24)
mω
mω
2
2
=47=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
si trova [a,a † ]- =1, H=h
/ ω (a † a+ ). Usando commutatori in luogo
2
degli anticommutatori, il concetto di operatore di campo si
estende immediatamente al caso dei bosoni.
2-5-Funzioni di Green e rappresentazione
interazione
di
Consideriamo un sistema dipendente dal tempo e separiamo
l'hamiltoniano come segue:
H(t) = H0 + V(t).
(1)
Supponiamo che V(t) rappresenti una 'perturbazione' di un
sistema H 0 statico e facile da trattare; non e' necessario che V(t)
sia piccolo e nemmeno che dipenda effettivamente dal tempo.
H(t) e' l'hamiltoniano nella rappresentazione di Schro"dinger,
quindi lo denoteremo anche con H S e denoteremo la funzione
d'onda Ψ S ogni volta che vorremo sottolineare questo fatto. Cosi'
scriveremo
∂
i |Ψ S(t)> = HS(t)|Ψ S(t)>
(2)
∂t
Introduciamo l'operatore di evoluzione temporale US tale che
|Ψ S(t)> = US(t,t0)|Ψ S(t 0)>.
(3)
Il tempo t0 e' arbitrario, e nei problemi in cui HS e'
indipendente dal tempo, si puo' prendere t0=0. Quando invece
H S=H S(t), conviene caratterizzare il tempo t0 assumendo che,
per t<t0, V(t) sia nullo e che il sistema si trovi in un autostato di
H 0 con energia E0. Questa ipotesi apparentemente drastica in
realta' e' un puro artificio matematico. Anche nei problemi in cui
non vi e' alcuna accensione di V(t) ad un determinato istante
potremo sempre supporre t0→- ∞ ; anche i problemi statici
possono essere trattati con l'artificio della " accensione
adiabatica ", supponendo cioe' che l'interazione sia stata 'accesa'
con infinita lentezza a partire da una eta' dell'oro t=t 0→- ∞ in cui
l'Hamiltoniano era H 0 e tutto era facile.
Dalla (3) si trova che US e' unitario (US† = U S-1 ) ed
obbedisce all'equazione di Schro"dinger
∂
i U S(t,t0) = HS(t)U S(t,t0),
∂t
equivalente a
t
U S(t,t0) = 1-i ∫dt1 H S(t 1)U S(t 1,t 0);
t0
=48=
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risolvendo per iterazione, si ha
t
t
t1
2
U S(t,t0) = 1-i ∫dt1 H S(t 1)+(-i) ∫dt1 ∫dt2H S(t 1)H S(t 2) + ...
t0
t0
t0
t
t1
tn-1
+ (-i)n ∫dt1 ∫dt2... ∫dtn H S(t 1)H S(t 2)...H S(t n ) +...
t0
t0
t0
Il generico integrale si estende a quella parte dello spazio t1..t n in
cui l'ordinamento temporale e' t>t1>..>t n >t0, e puo' essere
scritto
t
t1
tn-1
∫dt1 ∫dt2... ∫dtn HS(t 1)HS(t 2)...HS(t n ) =
t0
t0
t0
t
t
t
= ∫dt1 ∫dt2... ∫dtn H S(t 1)H S(t 2)...H S(t n )θ(t 1-t 2)⋅⋅θ(t n-1 -t n )
t0
t0
t0
Una permutazione delle etichette t 1...tn trasforma quest'ultimo
integrale in un altro di identico valore, in cui i fattori HS hanno
argomenti tk che possono essere scritti in un ordine qualsiasi;
rimane comunque salva la regola che i tempi precedenti stanno a
destra. Possiamo sommare su tutte le permutazioni, dividendo
per il loro numero n!. Si ottiene cosi'
t
t
1 t
dt
dt ... dt P[HS(t 1)H S(t 2)...H S(t n )] ,
n!t∫ 1 t∫ 2 t∫ n
0
0
0
dove P e' l'operatore di ordinamento temporale, che dispone a
destra i tempi precedenti:
P[HS(t 1)H S(t 2)...H S(t n )] =HS(t 1)H S(t 2)...H S(t n )θ(t 1-t 2)⋅⋅θ(t n-1 -t n ) +
+ H S(t 2)H S(t 1)...H S(t n )θ(t 2-t 1)⋅⋅θ(t n-1 -t n ) + ⋅⋅⋅⋅⋅⋅⋅
Sotto l'azione di P, gli operatori HS possono essere trattati come
se commutassero, perche' lo stesso operatore provvede ad
ordinare i fattori in ciascuna regione dello spazio t 1...tn nel modo
corretto.
Sara' utile nel seguito l'operatore cronologico T di Wick che e'
definito come P ma con l'ulteriore regola che due operatori di
creazione o distruzione di fermioni vanno trattati come
anticommutanti; questa e' una convenzione, che ci sara' utile per
semplificare la definizione delle funzioni di Green. Nei problemi a
molti elettroni interagenti, possiamo usare indifferentemente T al
posto di P, dal momento che in HS gli operatori dei fermioni
compaiono sempre a coppie. L'operatore cronologico ci permette
di sommare formalmente la serie:
t
U s (t,t0) = T exp(-i ∫dt'H s (t') ).
(4)
t0
=49=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Se A = As e' un operatore di Schro"dinger indipendente dal tempo,
il suo valore di aspettazione e'
<A(t)> = <Ψ S(t)|A|Ψ S(t)>,
(5)
ovvero
<A(t)> = <Ψ S(t 0)|U †S(t,t0)AU S(t,t0)|Ψ S(t 0)> .
Analogamente, possiamo ottenere tutti gli elementi di matrice, e
le probabilita' di transizione.
Abbiamo cosi' una soluzione formalmente esatta, che pero'
rappresenta un programma inattuabile, se non nei casi piu'
semplici. Il calcolo della funzione d'onda e' troppo complicato
perche' si possa davvero pensare di intraprenderlo; esso
coinvolge tutta l'informazione possibile sul sistema, mentre noi ci
proponiamo lo scopo ben piu' ristretto di interpretare un
esperimento di un certo tipo. Nessun esperimento da' una
informazione completa sul sistema in esame. Ad esempio,
studieremo la fotoemissione, cioe' la misura della corrente di
elettroni emessa da un campione irradiato con luce
monocromatica in funzione dell'energia cinetica degli elettroni
stessi. Vedremo che con la regola d'oro di Fermi, e con alcune
approssimazioni di solito ben giustificate, possiamo esprimere la
probabilita' di transizione in termini di una densita' di stati finali
che puo' ottenersi da una funzione di Green a particella singola1.
Il calcolo della funzione di Green e' gia' difficile, perche' descrive
la propagazione di una particella in un sistema interagente. Ma la
conoscenza della funzione d'onda consentirebbe di trovare anche
le densita' di stati a due o piu' corpi, il che non ci serve; cosi', il
grosso dell'informazione contenuta nella funzione d'onda e'
semplicemente irrilevante al nostro scopo. D'altra parte, le
funzioni di Green, che sono direttamente connesse con gli
osservabili, sono definite come valori di aspettazione nella
rappresentazione di Heisenberg .
In tale rappresentazione, il valore di aspettazione si scrive
<A(t)> = <Ψ H|AH(t)|Ψ H>
(6)
dove la funzione d'onda
|Ψ H> ≡ |Ψ S(t 0)>
e' indipendente da t e l'operatore e'
AH(t) =U†S(t,t0)A SU S(t,t0) .
(7).
1In fisica matematica, ad ogni equazione differenziale lineare omogenea si
associa una funzione di Green che risolve la stessa equazione con una delta
di Dirac a secondo membro. Nel nostro contesto, si parla di funzioni di Green
in senso generalizzato; esse sono funzioni di Green dell'equazione di
Schro
"dinger nel senso usuale nel caso dei problemi non interagenti.
=50=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Sia Ψ α † l'operatore che crea la particella in uno stato individuato
da un set α di numeri quantici1. Cominciamo con l'introdurre la
funzione di Green "a un corpo"
g<(t,t') = <Ψ H†(t')Ψ H(t)>
(8)
dove Ψ H(t) e' l'operatore di campo, nonche' la funzione che si
ottiene scambiando gli operatori, e cioe'
g>(t,t') = <Ψ H(t)Ψ H†(t')>.
(9)
Si noti che in queste definizioni l'ordine fisico dei tempi (cioe' se
t<t' o t'<t) non entra in nessun modo, mentre e' importante
l'ordine degli operatori Ψ e Ψ †. In equilibrio, g< si associa agli stati
occupati (sotto il livello di Fermi) e g>agli stati occupabili. In
termini di g> e g< possiamo definire anche le funzioni avanzate e
ritardate, che separano i contributi a seconda che t venga dopo o
prima di t':
igr (t,t') = (g<(t,t')+g>(t,t'))θ(t-t')
=<[Ψ † (t'),Ψ(t)] +>θ(t-t')
-iga(t,t') = (g<(t,t')+g>(t,t'))θ(t'-t).
Spesso viene piu' naturale esprimere gli osservabili in termini di
queste nuove funzioni di Green. E' immediato controllare che
[gr (t,t')]* = ga(t',t); esplicitando gli indici di stato scriveremo
anzi
[gr,αβ(t,t')]* = ga,βα(t',t).
Dunque, nella rappresentazione di Heisenberg, gli stati non
dipendono da t, perche' l'evoluzione temporale e' descritta dagli
operatori; questi ultimi pero' sono noti esplicitamente solo
quando si conosca US(t,t0); in generale non possiamo calcolare
nemmeno l'Hamiltoniano H H(t)=U †S(t,t0)H S(t)U S(t,t0).
L'unico caso semplice e' quello dei problemi stazionari, quando
AH (t) = exp[iHS(t-t 0)]A Sexp[-iH S(t-t 0)],
ed in particolare HH=HS.
Quando AS e' indipendente dal tempo ma HS ne dipende,
d
d
d
i AH (t) = [i U†S(t,t 0)]A SUS(t,t 0) + U†S(t,t 0)A S[i US(t,t 0)].
dt
dt
dt
∂
Usando -i U† S(t,t 0) = U† S(t,t 0)H S(t), si ha
∂t
d
i AH (t) =[- U†S(t,t 0)H S(t)]ASUS(t,t 0) + U†S(t,t 0)A S[HS(t)US(t,t 0)]=
dt
=U†S(t,t 0)[A SHS(t)-H S(t)A S]US(t,t 0) = [AH (t),H H (t)],
dove appare l'Hamiltoniano nella rappresentazione di Heisenberg.
1per evitare di appesantire troppo la notazione, l'indice α sara' di solito
sottinteso nel seguito quando non gioca un ruolo essenziale.
=51=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Nel seguito faremo largo uso della rappresentazione di
Heisenberg, ed anzi i valori di aspettazione del tipo <A(t)> si
intenderanno senz'altro definiti secondo la (6) su un autostato
di H0 (in pratica, quasi sempre lo stato fondamentale). Possiamo
anche supporre che il sistema descritto da H0 si trovava fino al
tempo t 0 non in un autostato, ma in equilibrio termico a
temperatura
(KB β) -1 ; in tal caso si intende che
<A(t)> = Tr {ρ 0AH(t) },
(10)
e- βΗ0
ρ0 =
.
(11)
Tr{e- βH0}
Il calcolo degli operatori di Heisenberg richiede quello
di US, e questo e' molto difficile con l'Hamiltoniano H(t);
l'approccio perturbativo prevede di espandere in potenze di V(t).
A tal fine si introduce la rappresentazione di interazione in
cui gli operatori evolvono solo con H0 :
AI (t) = exp[iH0t]ASexp[-iH 0t];
(12)
mentre la funzione d'onda e' definita a partire da quella di
Schro"dinger
|Ψ I (t)> = exp[iH0t]|Ψ S(t)>.
La fisica e' la stessa che nella rappresentazione di Schro"dinger
perche' valori di aspettazione degli operatori sono gli stessi:
infatti,
<A(t)> = <Ψ S(t)|AS|Ψ S(t)> =
=<Ψ S(t)|exp[-iH0t]{exp[iH0t]Aexp[-iH 0t]}exp[iH0t]|Ψ S(t)> =
=<Ψ I (t)|AI (t)|Ψ I (t)> .
(13)
La funzione d'onda nella rappresentazione di Heisenberg Ψ H
coincide con Ψ S per t=t 0 e quella di interazione Ψ I coincide con
Ψ S per t=0.
V=0 per t<t0
Ψ H=Ψ S
Ψ I =Ψ S
_______________________|____________________|______>
Sistema in autostato
t0
0
t
di H0
Fig.1
Si ha:
∂
|Ψ (t)> = exp[iH0t] V(t)|Ψ S(t)> = VI (t) |Ψ I (t)>
∂t I
La forma e' analoga a quella dell'equazione di Schro
"dinger, ma la
parte ovvia della dinamica, determinata da H0, e' stata divisa
dalla parte complicata dovuta all'interazione V. Possiamo definire
i
=52=
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un nuovo operatore di evoluzione temporale da un tempo τ
arbitrario
|Ψ I (t)> = UI (t,τ)|Ψ I (τ)> ,
(14)
che deve soddisfare
∂
i U I (t,τ) = V I (t)U I (t,τ).
(15)
∂t
La soluzione formale
t
U I (t,τ) = T exp[-i ∫dt'VI (t') ].
(16)
τ
e' alla base di tutti gli approcci perturbativi.
Occorre saper passare da una rappresentazione all'altra.
Nella rappresentazione di Heisenberg, <A(t)> = <Ψ H|AH(t)|Ψ H>, dove
|Ψ H> ≡ |Ψ S(t 0)>, e t0 e' un tempo di riferimento arbitrario. Il valore di
aspettazione puo' esser preso anche sulla funzione della
rappresentazione di interazione,
|Ψ I (t 0)> = exp[iH0t0]|Ψ S(t 0)> = exp[iE0t0]|Ψ S(t 0)>.
e risulta
<A(t)> = <Ψ I (t 0)|A H(t)|Ψ I (t 0)>.
(17)
Se esprimiamo anche l'operatore nella rappresentazione di
interazione, scriviamo invece
<A(t)> = <Ψ I (t)|AI (t)|Ψ I (t)> =
= <Ψ I (t 0)|U †I (t,t0)A I (t)U I (t,t0)|Ψ I (t 0)>.
(18)
Affinche' la (17) sia identica alla (18) occorre che sia
AH(t) = U†I (t,t0)A I (t)U I (t,t0).
(19)
Cosi', siamo riusciti nello scopo di esprimere gli operatori di
Heisenberg in termini di quelli di interazione, e potremo espanderli
in serie di VI .
2-6 Spinori di Pauli e rotazioni
Le matrici di Pauli sono, com'e' noto, le tre componenti di
0 1 
 0 -i 
1 0 
σ1=  1 0 
σ2=  i 0 
σ3=  0 -1 
che soddisfano le regole di anticommutazione [σi ,σj ]+ = 2 δij I,
dove I e' la matrice unitaria 2X2. Inoltre, σi σj = iεijk σk .
Consideriamo uno spin in un campo magnetico, privo dei gradi di
liberta' orbitali. L'equazione di Pauli e' della forma
(σ⋅B ) ψ = ηψ,
(1)
in un sistema di riferimento cartesiano K. Ruotando K di un angolo α in
senso antiorario intorno a un asse arbitrario si ottiene un altro sistema
K'. Scegliamo l'asse z =z' parallelo all'asse di rotazione. La
trasfomazione dei vettori x e' data da x'i =aik xk , dove
=53=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
 cos(α) sin(α) 0 


{aik } = -sin(α) cos(α) 0 
(2)
 0

0 1 
x' appare come x ruotato in senso orario. Come si scrive la (1) in K'?
Dovendo le leggi della fisica essere indipendenti dall'orientazione degli
assi, la risposta corretta e'
(σ⋅B ') ψ' = ηψ',
(3)
con le stesse marici di Pauli di prima. Sia R l'operatore che ruota lo
spinore ψ in senso antiorario: evidentemente, ψ' = R†ψ. La (3) portata
in K diviene
(RσR†⋅B ') ψ = ηψ.
(4)
Poiche' B'i =aik Bk , il risultato e' compatibile con la (1) solo se
Rσi R† = aik σk ,
(5)
†
nel qual caso (RσR ⋅B ') = (σ⋅B ). Per stabilire la covarianza della teoria
per rotazioni, bisogna trovare la R che soddisfa le (5); e' facile vedere
che
-iασz
R = exp(
).
(6)
2
Poiche' σz2n =I, si ottiene facilmente
 e- i α/ 2 0
R = I cos (α/2) -i σz sin(α/2) =  0 e i α/2  .
(7)
1  1
1 1- 
  , autostato di σx , otteniamo 

Ruotando di α=π/2 lo spinore

2
2  1
i,1+i)), autospinore di σy con autovalore 1 e cioe' orientato lungo
l'asse y. Tutto cio' realizza appieno l'idea intuitiva di cio' che deve
fare un operatore di rotazione. Ora, le (5) valgono perche'
-iασz
iασz
RσzR†=exp(
)σzexp(
)=σz,
2
2
 e- i α/ 2 0  0 1   ei α/ 2 0   0 e - i α
RσxR† =  0 e i α/2   1 0   0 e - i α/2 = ei α 0  =σxcos(α)+σy sin(α),
e analogamente Rσy R† = -σxsin(α)+σy cos(α). Per trovare la
trasformazione degli operatori, introduciamo in K gli spinori φk =σk ψ;
in K' deve aversi φk '=σk 'ψ'. Dunque, R†φk =σk' R†ψ, ovvero, σ' k =R†σk R; la
trasformazione e' l'inversa di quella che compare nella (5). In
particolare, σ⋅B non e' uno scalare per rotazioni.
=54=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Capitolo 3-Meccanica
Quantistica Relativistica:
Particelle di spin 0
Anche in Fisica Atomica e Molecolare, come in Fisica dei Solidi, la
descrizione non relativistica e' insufficiente. Questo pone problemi
fondamentali, di cui daremo una trattazione auto-contenuta, privilegiando
gli aspetti importanti per la struttura della materia. Cominceremo con le
particelle prive di spin.
3-1 Introduzione
La teoria di Schro
"dinger-Pauli nata dopo la Relativita', ed e' stata
considerata fin dall'inizio come una teoria parziale e provvisoria.
Abbiamo visto che essa e' covariante per trasformazioni di Galileo, e
non di Lorentz, e d'altra parte l'equazione di Schro"dinger, che e' del
secondo ordine nelle derivate spaziali ma del primo in quella
temporale, viola il principio einsteiniano di relativita' in modo
evidente. E gia' nella fisica atomica e molecolare ci sono effetti
relativistici, la cui importanza aumenta procedendo verso i numeri
atomici grandi.
Dal momento che una teoria fondamentale deve essere
quantistica e relativistica, conviene ripensare la meccanica
quantistica (nonrelativistica) per una particella per vedere se la si puo'
generalizzare. Essa si puo' compendiare in 4 postulati fondamentali.
1) Lo stato dinamico di un sistema e' definito dai valori di tutte quelle
variabili che sono compatibili, cioe' osservabili simultaneamente. Se
a={A,B,C,...} e' un insieme di variabili compatibili, possiamo associare
allo stato una funzione di stato Ψ a(r,t), complessa.
2) Le variabili dinamiche classiche q sono associate con operatori Q
lineari [cioe' Q(Ψ 1+Ψ 2) = QΨ 1+QΨ 2], Hermitiani [cioe' (QΦ,Ψ) =
(Φ,QΨ)], aventi spettri completi di autofunzioni. I soli risultati possibili
di misure di tali variabili sono gli autovalori degli operatori
corrispondenti.
∫dVΨa* QΨa
3) <Q>a =
.
∫dVΨa* Ψa
N.B. In generale, <Q>a dipende dal tempo: anche se gli autovalori sono
costanti, la distribuzione statistica puo' evolvere.
4) L'evoluzione temporale di Ψ e' data dall'equazione di Schro"dinger
__ ∂Ψ
HΨ=i h
;
∂t
=55=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
a partire dall'integrale del moto classico H=E, uno puo' pervenirvi
__
__ ∂
eseguendo le sostituzioni p→-i h ∇ , E→ i h
, ed applicando alla Ψ
∂t
l'equazione cosi' ottenuta.
A parte c'e' lo spin, introdotto da Pauli nello schema quantistico
in modo fenomenologico. Il suo accoppiamento col campo magnetico
poteva far sospettare una relazione con la relativita', ma quale?
L'approccio seguito intorno al 1930 e' stato quello di conciliare
la relativita' con i quattro postulati, cercando generalizzazioni
relativistiche dell'equazione di Schro"dinger. I successi cosi' conseguiti
sono molto notevoli. Nel problema dell' atomo di H si e' ottenuto un
accordo accurato con l'esperimento, e le varie correzioni relativistiche
che erano state formulate in precedenza in modo euristico ed inserite
nella teoria precedente discendono automaticamente dal nuovo
quadro teorico.
Tuttavia, l'interpretazione 'alla Schro"dinger' delle equazioni
d'onda relativistiche conduce a difficolta' cosi' fondamentali che Dirac
ne fu indotto a predire l'esistenza dell'antimateria prima della scoperta
sperimentale. I quattro postulati sono infatti incompatibili con la
relativita' per motivi di principio. La funzione d'onda Ψ a(r,t) e'
l'ampiezza di trovare la particella in (r,t) ed ha senso se si puo'
localizzare la particella in un punto, esattamente. Pero', poiche' ∆r∆p ≈
__
h , per ∆r→0, ∆p → ∞ . Nella teoria di Schro"dinger, questo non crea
problemi; significa solo che una misura di r richiede tanta piu' energia
quanto piu' e' precisa. Ma nel caso relativistico esiste una velocita'
limite c; ad ogni particella e' allora associata la lunghezza d'onda di
__
h
Compton ∆rc =
. Quando si misura r con precisione ∆rc la
mc
particella e' relativistica, l'energia in gioco e' ≈mc 2 e l'equivalenza di
massa ed energia consente la creazione di coppie particellaantiparticella. Non conservandosi il numero di particelle, non si
conserva nemmeno la probabilita' |Ψ a(r,t)|2 ed a rigore bisogna
abbandonare il concetto stesso di funzione d'onda.
Nonostante cio', la teoria parziale, che viene oggi definita "quasi
relativistica", deve essere studiata per prima, ed occorre conoscere i
motivi profondi che conducono alle difficolta'. Noi studieremo la
teoria "quasi relativistica", basata su una Ψ normalizzata a 1. In
pratica, essa e' adeguata per lo studio della materia ordinaria, perche'
per un elettrone la lunghezza ∆rc ≈ 3.9.10 -11 cm e' piccola su scala
atomica. D'altra parte, con un quadro teorico provvisorio, dobbiamo
aspettarci difficolta' e paradossi; noi li metteremo in evidenza, ne
discuteremo il significato fisico e ne indicheremo la interpretazione
moderna. Infine, mostreremo come queste difficolta' sono state
superate.
=56=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
3-2 Equazione di Klein-Gordon (o diSchro
"dinger
relativistica)
Non e' possibile dedurre una teoria generale a partire da una
speciale. Quanto segue va inteso come un argomento euristico, che
conduce a una ragionevole ipotesi di teoria generalizzata; la bonta'
dell'ipotesi viene poi sanzionata dal confronto con l'esperimento. E' un
fatto assai notevole che, sia per l'equazione di Klein-Gordon (particelle
di spin 0) che per quella di Dirac (spin 1/2) un plausibile argomento
euristico conduce semplicemente al risultato corretto!
L'Hamiltoniana relativistica per una particella libera e'
H= [p2c 2 + m2c 4]1/2
(1)
__
__ ∂
Ponendo formalmente p→-i h ∇ , E→ i h
, si ottiene
∂t
__ ∂Ψ
__
i h
= [ - h 2c 2∇ 2 + m2c 4]1/2 Ψ
(2)
∂t
il cui significato matematico e' ambiguo. Piu' che una soluzione,
abbiamo trovato un problema.
Possiamo provare a quadrare: allora
H 2= p2c 2 + m2c 4,
(3)
e si ottiene l'Equazione di Klein-Gordon (originariamente proposta da
Schro"dinger)
__ ∂2Ψ
__
- h 2 2 = [- h 2c 2∇ 2 + m2c 4] Ψ.
(4)
∂t
Possiamo riscriverla
_ mc
[|_|-( __ ) 2]Ψ =0,
h
_
2
|_| ≡ ∇ 2 - 1 ∂
c 2∂t2
(5)
Quadrando abbiamo pero' introdotto anche
H= -[p 2c 2 + m2c 4]1/2,
il che appare come una difficolta'. Infatti per una particella libera con
impulso p si hanno come soluzioni due onde piane, normalizzate sul
volume V,
1
i
Ψ± =
exp[ __(p.r-ε(p)t)]
h
V
+
2
2
2
con ε(p) = - c [p + m c ]1/2.
Soluzioni di energia negativa sono fisicamente inammissibili, perche'
una particella dovrebbe irraggiare all'infinito, non essendoci limite
inferiore allo spettro; inoltre il vuoto dovrebbe decadere creando tali
particelle di energia negativa. Il rimedio ovvio sarebbe quello di
ignorare quelle soluzioni, ma cio' non e' lecito, perche' esse sono
=57=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
necessarie perche' il set sia completo (postulato 2). In presenza di un
campo esterno si mescolano con le altre.
Vi e' per l'interpretazione usuale un'altra difficolta', strettamente
connessa con la precedente. A differenza di quella di Schro"dinger,
∂2
l'equazione di Klein-Gordon e' in 2, e per determinare Ψ(r,t) occorre
∂t
• ∂Ψ
specificare sia Ψ che Ψ ≡
per t=0. L'equazione di continuita'
∂t
∂ρ
+ divJ =0
(6)
∂t
si ottiene come nel caso di Schro"dinger moltiplicando la (4) per Ψ * , il
complesso coniugato della (4) per Ψ, e sottraendo. Risulta cosi' che
__
h
J =
(Ψ * ∇ Ψ - Ψ ∇ Ψ *)
(7)
2mi
__
∂Ψ
∂Ψ *
ih
ρ=
*
)
(Ψ
Ψ
(8)
2mc 2
∂t
∂t
•
E' un problema evidente che, essendo Ψ e Ψ ambedue da specificare, ρ
non e' positiva definita e non rappresenta una probabilita'. Questo fece
accantonare frettolosamente la (4) intorno al 1930.
In realta' la (4) e' corretta: e' l'interpretazione "non
relativistica" che non va. Nella teoria di Schro"dinger, gli
∂
autovalori dell'operatore energia E= ih
/ corrispondono, per il
∂t
postulato 2, ai possibili valori dell'energia della particella. Nella
teoria relativistica esistono, accanto alle particelle che evolvono
con exp(-i|E|t) ed hanno energia |E|, anche le antiparticelle, che
evolvono con exp(i|E|t) ed hanno anch'esse energia positiva |E|. Si
perviene ad una interpretazione coerente solo in quadro a molte
particelle, dove Ψ e' un campo. Interpretiamo ρ (moltiplicata per
la carica elementare e) come densita' di carica elettrica; Je
diviene allora la densita' di corrente elettrica, e
__
∂Ψ
∂Ψ *
ie h
*
)
Q=
d
x(Ψ
Ψ
(9)
∫
2mc 2
∂t
∂t
e' la carica totale conservata. Scambiando Ψ con Ψ * , si cambia il
segno di Q, e questo significa che campi complessi coniugati hanno la
stessa massa ma cariche opposte. Questo e' il caso dei pioni π + e π - ,
particelle di massa mπ = 139.58 MeV prodotte in interazioni forti del
tipo
p+p→ p+n+ π + , p+n→ p+p+ π - .
D'altra parte, una Ψ reale ha Q=0, ed e' il campo di una
particella neutra, come ad esempio il π 0, anch'esso prodotto in
interazioni forti, come p+p→ p+p+ π 0.
=58=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
_
Poiche' |_| e' invariante per trasformazioni di Lorentz, la teoria e'
covariante se Ψ si trasforma come uno scalare, Ψ'(x')= Ψ(x).
L'equazione e' invariante anche per l'operazione di parita' Π che
cambia segno alle coordinate (r→-r); questo comporta che Π Ψ=Ψ
(funzione scalare) oppure Π Ψ=-Ψ (funzione pseudoscalare). Non vi
sono particelle di spin 0 stabili, ma i mesoni π e K ci si avvicinano. Il
fatto che il π - e' pseudoscalare fu stabilito1
osservando che il deutone π-mesico nello stato fondamentale puo'
decadere in 2 neutroni. Si sapeva che il deutone ha parita' + e J=1. Due
neutroni possono avere funzione spaziale pari (L pari) in un singoletto
o L dispari in un tripletto, ma l'unica possibilita' con J=1 e' 3P1. Poiche'
P corrisponde a parita' negativa, un π - deve avere parita' intrinseca -.
3-3 Atomi
- mesici
I mesoni π decadono per interazione debole (ad es. π + → µ+ + ν
) con un tempo di vita τ ≈ 10−8 s, che e' lungo su scala atomica. Un π lento, quando interagisce con un atomo, puo' esserne catturato
saltando su livelli energetici sempre piu' legati, senza esserne impedito
dal principio di Pauli. A causa della massa mπ >> me, i raggi degli
orbitali sono piu' piccoli di quelli elettronici. Si possono cosi' studiare
atomi π-mesici, in cui un π - sostituisce un elettrone. Lo spettro
energetico dei raggi X emessi durante il processo puo' essere compreso
in termini di interazioni elettromagnetiche, a meno di correzioni ai
livelli piu' interni dovute alle interazioni forti col nucleo. Poiche' in un
campo elettromagnetico
H= [|p-eA/c| 2c 2 + m2c 4]1/2 +eφ
(1)
cioe' pµ →pµ - eA µ/c, il modello per un atomo π-mesico (A=0, eφ=Ze2/r) sara'
__
{ - h 2c 2∇ 2 + m2c 4 - (E + Ze2/r) 2} Ψ =0 .
(2)
In questo problema gli effetti relativistici sono moderati, per cui e'
possibile interpretare approssimativamente la (2) come equazione a
particella singola. Il nucleo e' considerato fermo, ed il parametro m
rappresenta la massa ridotta. Ponendo Ψ = (1/r)RL (r) Y Lm (θ,φ) si
ottiene
1Panofsky,Adenot e Halley, Phys. Rev. 81,565, 1951.
=59=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
L(L+1)-Z2α 2
2ZαE m2c 4-E2
d2
+
(3)
__ - __2 2 }RL (r)=0
dr2
r2
h cr
h c
e2
1
dove la quantita' adimensionale α= __ ≈
e' la costante di
h c 137.035963
struttura fine. La lunghezza caratteristica nel problema e' β -1 , dove1
{
m2c 4-E2
β 2 = 4 __
,
h 2c 2
quindi conviene introdurre la variabile adimensionale ρ=βr. Cosi'
scriviamo
L(L+1)-Z2α 2
2ZαEβ β 2
d2
2
β
+
- } RL (ρ)=0 ,
(4)
__
d ρ2
ρ2
4
h cρ
e, definendo l'energia ridotta
2ZαE
λ= __ ,
βh c
poniamo l'equazione radiale in forma adimensionale2
L(L+1)-Z2α 2
λ 1
d2
{
+ ρ - } RL (ρ)=0 .
(5)
2
2
dρ
ρ
4
Dobbiamo trovare gli autovalori λ: quelli dell'energia si ottengono poi
2ZαE
risolvendo λ=
, che comporta
β(E)h
/c
mc 2
.
E=
(6)
Z2α 2
1+ 2
λ
E' utile soffermarsi sul limite non relativistico α →0, quando
Z2α 2
E ≈ mc 2 {1};
2λ 2
dalla soluzione dell'equazione di Schro"dinger, ci aspettiamo
Z2α 2mc 2
Z2e4m
E ≈ mc 2 = mc 2 ;
__
2n2
2n2 h 2
pertanto in tale limite λ si riduce al numero quantico principale n.
L'analogia col caso non relativistico e' utile per trovare la
soluzione esatta. Per lo stato fondamentale, con L=0, poniamo Ψ∝ρ seρ/2, cioe'
{β 2
1Il fattore 4 evidentemente non e' essenziale alla definizione di β, ma
tornera' comodo.
2Nel caso di Schro
"dinger l'equazione radiale in unita' atomiche e'
2
d
L(L+1)
2Z
[ 2+ ρ +2ε] R L (ρ)=0.
dρ
ρ2
=60=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
R0(ρ) = W ρ s+1 e- ρ/2 ,
(7)
con W costante di normalizzazione. Nel limite non relativistico, s→0,
λ→1. L'equazione (5) e' soddisfatta se
s(s+1) = -Z2α 2 , s+1=λ.
Risolvendo, si hanno due radici, ambedue con s<0,
s=-
1+
2 -
1
- Z 2α 2
4
,
λ=
1+
2 -
1
- Z 2α 2
4
ma poiche' deve essere s→0, λ →1 per α →0, si deve scegliere il +. Cosi'
Ψ ha una singolarita' integrabile nell'origine. Notare tuttavia che le
formule perdono senso se Zα>1/2; per esercizio, si puo' verificare che
allora la lunghezza β -1 e' dell'ordine o piu' piccola di quella di
Compton.
Nel caso generale, con L che puo' essere non nullo, W e' un polinomio
in ρ. Come si puo' verificare per sostituzione, esso soddisfa
{ρ
d2
d
+(2s+2-ρ)
+ (λ-s-1)} W(ρ)=0 .
2
dρ
dρ
(8)
Sia ν il grado di W. Le condizioni su s e λ ora sono
s(s+1) = L(L+1) - Z2α 2 , s+1=λ−ν.
Quindi,
1
(L+ ) 2 - Z 2α 2 ,
2
1
1
λ = λ νL = ν + +
(L+ ) 2 - Z 2α 2
(9)
2
2
Lo spettro energetico e' predetto dalle equazioni (6,9) con i
numeri quantici ν , L che assumono valori interi (=0,1,2,...); il numero
quantico principale non relativistico e' dato dalla (9) con α=0, cioe'
n=ν+L+1. Definiamo l'energia di legame E(B) =mc 2-E, e il suo limite non
relativistico E(B) NR ; la seguente tabella confronta i primi livelli per
Z=40 ottenuti con le due teorie, ponendo m=m(π - )=139.58 MeV.
s=-
1
+
2
_____________________________________________________________________
E(B) NR
E(B)
ν
L
n
stato
mc 2
mc 2
________________________________________________________
___
0
0
1
1s
.0426
.04818
1
0
2
2s
.01065
.01152
=61=
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0
1
2
2p
.01065
.01078
2
0
3
3
.00473
.00501
1
1
3
3p
.00473
.00479
0
2
3
3d
.00473
.00475
________________________________________________________
___
La degenerazione fra stati con lo stesso n e L diversi e' rimossa, e
l'energia dello stato cresce con il momento angolare. I risultati sono in
contrasto con quelli usuali, che forniscono un guscio L diviso in 3
sottogusci, uno M diviso in 5, etc.
3-4 Interpretazione basata sulla teoria dei campi
Nel caso delle equazioni di Maxwell, e' ben noto che esse
descrivono il campo elettromagnetico classico; e' noto anche che
il campo elettromagnetico puo' essere quantizzato, ed i quanti
sono fotoni1. Anche nel caso in esame, si esce dalle difficolta'
solo "inventando" (e non "deducendo") una teoria di campo.
L'idea generale e' la seguente. Per un oscillatore armonico
("campo" con 1 grado di liberta')
_
a+a+
a-a+
h
x=
, p=
, purche' si misuri x in unita'
. Si abbia un
mω
2
2
campo Ψ(r) che ha un grado di liberta' per ogni punto r e modi
eik.r
normali |k>=
, dove V e' il volume di quantizzazione,
V
quantizzati con [a k ,ak' †]- =δkk' .La corrispondenza e':
a→a(r)= ∑ak |k> , che e' l'operatore di campo,
k
ak eik ⋅r +ak †e-ik ⋅r
ak eik ⋅r -a k †e-ik ⋅r
x→Ψ(r)=
, p→Π(r)=
,
2
2
k
k
∑
∑
dove Π e' il campo canonicamente coniugato. Non ci sono molle
ne' massette che facciano oscillazioni armoniche, e x non e' uno
spostamento nello spazio reale, ma l'ampiezza del campo Ψ in un
punto. Il campo Π non e' noto a priori, ma sara' individuato nel
quadro del formalismo hamiltoniano che genera Ψ. Risulta in
particolare che
ih
/
[Ψ(r,t),Π(r',t)]- =
δ
exp[i(k'r-kr')]=
V ∑ kk'
kk'
= ih
/ δ(r-r')
(1)
e questa e' la regola di quantizzazione che ora useremo.
1I dettagli tecnici di questa teoria saranno discussi nel Capitolo 15.
=62=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
L'equazione di Klein-Gordon non e' cosi' semplice da
quantizzare, perche' descrive una coppia di campi complessi
coniugati; per questo noi non sappiamo a priori come introdurre
gli operatori di creazione e annichilazione. Benche' contenga h
/ , ci
proponiamo di ottenerla da una lagrangiana classica
L= ∫ d xΛ(x,t),
(2)
dove la densita' lagrangiana Λ dipende in generale anche dalle
derivate della Ψ
∂Ψ ∂Ψ ∂Ψ ∂Ψ
Λ(x,t) =Λ(Ψ,
,
, ,
,x,t ) .
(3)
∂x ∂y ∂z ∂t
Il principio di minima azione δ∫dtL(t) =0 diventa cosi'
∂Λ(x)
∂Λ(x) ∂Ψ(x)
δ∫dxΛ(x) = ∫dx{ ∂Ψ δΨ + ∂Ψ δ(
)}=0,
(4)
∂xµ
∂(
)
∂xµ
dove l'indice µ corre sulle coordinate spazio-temporali e dx sta
∂Ψ(x)
∂
per dxdt. Poiche' δ(
)=
δΨ(x) , con una integrazione per
∂xµ
∂xµ
parti si ottiene
∫dx{
∂Λ(x)
∂
∂Ψ −( ∂xµ )
∂Λ
∂Ψ }δΨ=0
∂(
)
∂xµ
(5)
e le equazioni del moto sono
∂
∂t
∂Λ
∂Λ
∂Λ(x)
∂Ψ + ∇⋅ ∂(∇Ψ) = ∂Ψ .
∂( )
∂t
(6)
Nel caso in esame abbiamo non uno ma due campi, Ψ e Ψ * , che
soddisfano l'equazione di Klein-Gordon. Per formare Λ abbiamo a
disposizione gli scalari Ψ * Ψ e ∂µΨ * ∂µΨ. E' immediato verificare
che l'equazione di Klein-Gordon si ottiene da
∂Ψ*∂Ψ
mc 2 2 *
Λ=
-c 2∇Ψ * ⋅∇Ψ -(
) Ψ Ψ;
∂t ∂t
/
h
i momenti canonicamente coniugati alle coordinate sono
∂Λ
∂Ψ*
∂Λ
∂Ψ
π =
π∗ =
=
(7)
∂Ψ = ∂t
∗
∂Ψ
∂t
∂( )
∂(
)
∂t
∂t
=63=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
e la densita' hamiltoniana viene
H=π
∂Ψ
∂Ψ*
+ π∗
-Λ=
∂t
∂t
∂Ψ*∂Ψ
mc 2 2 *
+ c 2∇Ψ * ⋅∇Ψ + (
) Ψ Ψ.
∂t ∂t
/
h
(8)
Rimanendo nell'ambito classico, espandiamo Ψ in soluzioni
p
dell'equazione di Klein-Gordon. Per ogni k= ve ne sono due
/
h
_ωk , quindi dovremo considerare
indipendenti, a causa di ε(p)=±h
la soluzione generale
Ψ k = Nk (α k exp[-iωk t] +β k exp[iωk t] ) e ikr ,
(9)
dove Nk e' un fattore di normalizzazione e |α k |2+|β k |2=1.
/ ωk
h
Scegliamo Nk tale che H =
, cioe' la densita' di energia
V
associata alla Ψ k corrisponde a un quanto nel volume di
normalizzazione. Si verifica facilmente che
Nk =
h
/
.
2Vωk
(10)
Passiamo in seconda quantizzazione con la (1), usando π(r')=
∂Ψ †
. Quando facciamo commutare
∂t
Ψ(r) = ∑
k'
h
/
(α exp[-iωk't] +β k'exp[iωk't] ) e ik'r
2Vωk' k'
(11)
con
∂Ψ * (r')
=i∑
∂t
k
hωk
/
(α k * exp[iωk t] - β k * exp[-iωk t] ) e -ikr',
2V
(12)
=64=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
con l'idea di considerare gli α e β come operatori, supponiamo
che gli α commutino con i β, perche' si riferiscono a stati diversi;
gli altri commutatori vengono nella combinazione
[α k' ,α k *]- - [β k' ,β k * ]- .
(13)
Quel segno -, che deriva dalle opposte dipendenze temporali delle
soluzioni, comporta che il passaggio agli operatori di creazione e
distruzione avviene con α k →ak , α k * →ak † , ma β k →bk † , β k * →bk ;
le regole di commutazione bosoniche [ak ,ak' † ]- = [bk ,bk' † ] = δkk'
forniscono allora [α k' ,α k * ] - [β k' ,β k * ] → 2 δkk' , e quindi si
ottiene la (1). Ora, sostituendo l'operatore di campo
Ψ(r) = ∑
k
h
/
(a exp[-iωk t] +bk † exp[iωk t] ) e ikr (14)
2Vωk k
nell'Hamiltoniano
H= ∫ d r H (r) =
∫
d r{
∂Ψ † ∂Ψ
m2c 4 †
+ c 2∇Ψ † ⋅∇Ψ +
Ψ Ψ},
∂t ∂t
/2
h
(15)
ed usando le regole di commutazione, si arriva a
H= ∑h
/ ωk {ak † ak + bk † bk +1};
k
(16)
gli autovalori dell'energia sono sempre positivi. Sostituendo
nell'operatore della carica totale, si ha invece
Q=e
(17)
∑ {ak † ak - b k † bk }.
k
Evidentemente, ak † ak e' il numero dei quanti positivi e bk † bk
quello dei quanti negativi. Qualsiasi interazione mescolera' stati
ad una particella, come ak † |0>, con stati a piu' particelle; infatti,
espandendo un operatore U con la ψ dell'Equazione (14), si vede
che esistono elementi di matrice del tipo <π +π +π - |U|π +>. Nei
problemi di bassa energia, il mescolamento fra soluzioni di
"energia positiva" e "negativa" e' debole, e si puo' ancora
interpretare l'equazione di Klein-Gordon come equazione a
particella (o antiparticella) singola.
=65=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Capitolo 4L'elettrone relativistico
Quello che ogni strutturista deve sapere sull'equazione di Dirac.
4-1 Una identita' matematica che useremo spesso
Le matrici di Pauli sono, com'e' noto, le tre componenti di
0 1 
 0 -i 
1 0 
σ1=  1 0 
σ2=  i 0 
σ3=  0 -1 
che soddisfano le regole di anticommutazione
[σi ,σj ]+ = 2 δij I,
1 0 
dove I=  0 1  e' la matrice unitaria 2X2. Inoltre, σi σj = iεijk σk .
Siano A e B vettori qualsiasi. E' immediato controllare che
 Az A x-iAy 
=  A +iA - A  ;
x
y
z
(
)(
 AzBz+(A x-iAy )(B x+iBy ) A z(B x-iB y )-(A x-iAy )B z 
) =  A +iA )B A (B +iB ) ( A +iA )(B -iB )+A B  .
( x
y z- z x
y
x
y
x
y
z z
Questo si puo' riscrivere
( ⋅ )( ⋅ ) = ( A⋅B) I + i ⋅A∧B
(1)
valida anche se A e B sono operatori. Spesso la si scrive
sottintendendo l'identita' 2x2 I.
4-2 Particella di spin 1/2 nonrelativistica
Per una particella di spin 1/2 l'Hamiltoniano e' una matrice 2x2
che agisce su funzioni d'onda spinoriali. Per una particella libera,
p2
niente dipende dallo spin, e si potrebbe pensare di prendere H=
I.
2m
Ma questo e' un modo posticcio e artificioso di introdurre lo spin,
perche' tutte le interazioni che ne dipendono vanno poi postulate a
parte. Esiste anche nel quadro non relativistico una alternativa molto
piu' interessante. Se A=p e B=p allora ( .p)( .p)=p 2I . Per uno spinore
a 2 componenti l'Hamiltoniano appropriato e'
=66=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
H=
( .p).( .p)
2m
(1)
e
Infatti, se ora introduciamo un campo magnetico con p→ p- A,
c
otteniamo invece
eA
(p- ) 2
i
c
eA
eA
+
H=
⋅ [(p- )∧(p- )] .
(2)
2m
2m
c
c
Ma
eA
eA
e
e2
(p- )∧(p- )= p∧p - [p∧A+A∧p] + 2A∧A ,
c
c
c
c
ed il termine intermedio non e' nullo. Usando l'identita'
∇ ∧(Aφ) =
φ ∇ ∧A + ( ∇ φ)∧A
(3)
__
eA
eA ie h
si trova (p- )∧(p- )=
rot A. Dal momento che rotA=B, il
c
c
c
risutato finale e'
eA
__
(p- ) 2
c
eh
H=
B.
(4)
2m
2mc
Cosi' emerge che allo spin e' associato un momento magnetico.
Invece di postularlo "ad hoc" lo abbiamo trovato automaticamente col
fattore giromagnetico corretto1. Inoltre l'idea e' adatta alla
formulazione della teoria relativistica di una particella con spin.
4-3 Equazione di Dirac
__
Con p→ -i h ∇ , la prescrizione per spin 1/2 e' dunque
pclassico2 →( ⋅p) 2.
La relazione E2/c 2 -p2 = m2c 2 , ovvero (E/c-p)(E/c+p)= m2c 2 diventa
allora
__ ∂
__
__ ∂
__
[i h
+ i h ∇ ] [i h
- i h ∇ ] Φ = m2c 2 Φ .
(1)
∂ct
∂ct
Questa e' l'equazione di Van der Waerden, equivalente a quella di
∂
Dirac. Per renderla lineare in
poniamo
∂(ct)
__ ∂
__
[i h
- i h ∇ ] Φ
∂ct
ΦL =Φ,
ΦR =
,
mc
ed otteniamo le due equazioni accoppiate
/
1Il termine di interazione col campo e' cioe' -gµ S⋅B, con S=h
B
e g=2.
2
Sperimentalmente, un elettrone ha g≈2.002 e la piccola correzione
necessaria e' dovuta ad effetti di elettrodinamica quantistica.
=67=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
[i __
h
 __
[i h

∂
__
+ i h ∇ ] ΦR = m c ΦL
∂ct
∂
__
- i h ∇ ] ΦL = m c ΦR
∂ct
(2)
Per metterle nella forma originale di Dirac , poniamo
Ψ A = ΦL + ΦR
(3)
B
R
L
Ψ =Φ -Φ
(4)
e cambiamo tutto di segno. Prendendo la somma e la differenza delle
equazioni si ottiene
__ ∂Ψ A
-i __
(5)
 h .∇ΨB - i h ∂ct = - m c ΨA
 __
∂Ψ B
 i h .∇ΨA + i __
h
= - m c ΨB
(6)

∂ct
L'equazione di Dirac e' pero' scritta di solito in forma matriciale, con
x0=ct, x1=x, x 2=y e x3=z:



∂
__
- i h .∇ 

∂x0

∂
__
__
i h .∇ i h

∂x0 
__
i h
ΨA
ΨA




 Ψ B  =-mc  Ψ B 
.
(7)
Dal momento che lo spinore di Dirac
ΨA
Ψ= Ψ B 


ha 4 componenti, e' naturale normalizzarlo con ∫[|Ψ A |2+|Ψ B |2]d3r=1.
Vedremo a suo tempo che questa e' la scelta corretta. La matrice
∂
__
e' 4X4. In essa, dopo aver diviso per h , si nota che - i
moltiplica
∂x0
1 0 0 0 
 0 1 0 0  I 0 
γ4 =  0 0 - 1 0  =  0 -I ,
(8)
0 0 0 - 1 
∇ x moltiplica
0 0
0 0
γ1 =  0 i
 i 0
0
-i
0
0
-i
0
0
0




 0 -iσx
=  iσ 0  ,
 x

=68=
(9)
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∇ y moltiplica
0 0 0 - 1
0 0 1 0
γ2 =  0 1 0 0
- 1 0 0 0




 0 -iσy 
=  iσ 0  ,
 y

(10)
e ∇ z moltiplica
0 0 - i 0
0 0 0 i
γ3 =  i 0 0 0
0 - i 0 0




 0 -iσz
=  iσ 0  .
 z 
(11).
Cosi' l'equazione di Dirac si scrive nella forma originale
∂
mc
+ .∇ ) Ψ + __ Ψ =0 .
(12)
∂xo
h
In termini delle coordinate xµ=(x 1,x 2,x 3,x 4= ix0) = (x, ict), si ha
mc
γµ∂µΨ + __ Ψ= 0 .
(13)
h
(-i γ4
Ovviamente, questa va intesa come una equazione matriciale
4
mc
{(γµ)αβ∂µ + __ δαβ}Ψ β=0.
(14)
h
β=1
∑
Mentre gli operatori ∂µ descrivono il moto della particella 1 di
spin 1/2, la presenza delle matrici γ e' dovuta ai gradi di liberta' interni
(spin e stato di carica). E' immediato controllare che:
1) le matrici γ hanno traccia nulla e sono Hermitiane (㵆 = γµ)
2) soddisfano le regole di anticommutazione [γµ,γν ]+ = 2 δµν I.
In effetti, la moltiplicazione righe per colonne delle matrici a blocchi
puo' essere eseguita formalmente come se gli elementi fossero numeri,
e ad esempio, se k e m sono 1,2 o 3,
 0 -iσk   0 -iσm  σk σm 0 


 

 iσk 0   iσm 0  =  0 σk σm ;
1Spesso per brevita' parleremo dell'elettrone, ma la teoria si applica ad
altre particelle di spin 1/2, come i µ; pero' per le particelle, come il
protone, che hanno struttura, la descrizione vale solo
fenomenologicamente e finche' non entrano in gioco i gradi di liberta'
interni. Per esempio il momento magnetico del neutrone non e' nullo, ed e'
interamente "anomalo" rispetto alla teoria di Dirac.
=69=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
quindi
 [σk ;σm]+ 0 
[γk ,γm]+ =  0 [ σ ;σ ] 

k m +
il risultato consegue dalle regole di anticommutazione delle
componenti di .
Queste proprieta' sono piu' significative della forma concreta
delle matrici. Consideriamo una matrice 4x4 S unitaria (S -1 = S† ) e il
set di matrici γ' µ = SγµS-1 . E' immediato vedere che anche il set γ' µ ha
traccia nulla, e' hermitiano e rispetta le regole di anticommutazione.
L'equazione di Dirac scritta con i nuovi γ' e' risolta da Ψ' = SΨ ed ha lo
stesso contenuto fisico di quella di partenza. La trasformazione dai γ ai
γ' e' solo un cambiamento di rappresentazione1: tutto quello che
accade e' un cambiamento della base usata per descrivere i gradi di
liberta' interni dell'elettrone. La rappresentazione da noi usata e'
quella piu' comune e si chiama rappresentazione di Dirac-Pauli.
E' facile mettere l'equazione di Dirac nella forma Hamiltoniana.
__
Moltiplicando la (12) a sinistra per - h cγ4, dal momento che γ42=I, si
trova
__∂Ψ
__
ih
= -ic h (iγ4 .∇ )Ψ +mc 2γ4Ψ
(15)
∂t
Definite allora le matrici
I 0 
α k = i γ4γk = i  0 -I 
 0 -iσk   0 σk 

 

 iσk 0  =  σk 0 
(16)
si ha
__∂Ψ
HΨ = i h
(17)
∂t
con l'Hamiltoniano 2
H= -ich
/ ⋅∇ +βmc 2 = c ⋅p+βmc 2 ,
(18)
dove β=γ4. E' facile verificare che [α k ,β]+=0 e [α k ,α q]+= 2δkq .
4-4 Onde piane
1Pauli ha dimostrato il teorema inverso: dati due set γ e
γ ' con le proprieta'
descritte esiste sempre una trasformazione S che permette di passare da una
rappresentazione all'altra.
2Grazie alle relazioni di anticommutazione, che eliminano i termini misti, si
ha H 2=p2c 2+m2c 4. Si vede cosi' che le matrici 4x4 anticommutanti sono
giusto quanto serve per poter formalmente estrarre la radice quadrata
nella (3.2.2) ottenendo una espressione lineare nelle derivate spaziotemporali. Questo e' stato l'approccio originario di Dirac ed ha anche il
vantaggio che lo spin entra naturalmente nella teoria senza bisogno di
postularlo. La via alternativa seguita qui evidenzia forse meglio il nesso con
la teoria di Pauli.
=70=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Consideriamo l'equazione di Dirac che descrive il moto libero di
una particella di impulso definito P=h
/ k; cerchiamo stati stazionari di
-iω
t
onda piana Ψ k (r,t)=Ψ k (r) e
=u(k)exp(ik⋅r-iωt), con E(k)=h
/ ω.
L'equazione di Dirac per p arbitrario
 -E
ch
/ ⋅k 

2
 -ch
/ ⋅k
E  u = -mc u
(1)
conduce all'equazione secolare
 mc 2- E
det  -ch
 / ⋅k
ch
/ ⋅k 
m c 2+E = 0.
(2)
Sviluppando il determinante, otteniamo m2c 4-E2 +[ch
/ ⋅k]2=0.
Applicando la (1.1), si trovano non gia' 4 radici, ma due radici doppie
E=± (ch
/ k) 2+m2c 4 . L'equazione di Dirac ha 4 autospinori us(k), s=1,⋅⋅⋅4,
con

h
/ ωs = E s=E+ =
(ch
/ k) 2+m2c 4
s=1 s=2

h
/ ωs = E s=E_ = - (ch
/ k) 2+m2c 4 s = 3 s = 4
. (3)
Lo spettro energetico consta di due continui separati da una banda
proibita fra
-mc2 e mc 2. E' facile ricavare gli autospinori us
esplicitamente; scrivendo
 φa 
u =  φb ,
dove i φ sono spinori a 2 componenti,e sostituendo, si ha un sistema di
due equazioni per due incognite; scegliendo l'autovalore E+, dalla
seconda equazione si ricava
φb =
ch
/ ⋅k
φ .
E++mc 2 a
(4)
Se sostituiamo nella prima equazione, troviamo che e' identicamente
soddisfatta. L'equazione di Dirac e' quindi risolta da
φa




,
/ ⋅k
u = N ch
(5)

 E+mc2 φa
dove N e' un fattore di normalizzazione. Poiche' possiamo prendere
=71=
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 1
 0
φa =  0 , oppure φa =  1 ,
abbiamo ottenuto due soluzioni indipendenti (s=1,2). Le altre due
 1
appartengono a E=E- e si trovano analogamente, prendendo φb=  0 ,
 0
oppure φb =  1 e ricavando φa dalla prima equazione. Si ottiene
 ch

/ ⋅k


φ
b
,
u = N E- -mc 2



φb
s=3,4.
(6)
Esplicitamente, per E=E+ si ha
 10 


 ch/kz2 ,
u(s=1)=N
ch/E+mc

(k
+ik
)
x
y 
 E+mc
2 
 01 


ch/(k x-ik2y)
u(s=2)=N
 E+mc

-ch
/
k
 E+mcz2 
,
(7)
mentre per E=E- si trova
-ch
/kz
 |E|+mc

2


-ch
/
(k
+ik
)
 x 2y ,
u(s=3)=N
 |E|+mc 
 10 
(k x - ik y ) 
-ch/|E|+mc
2 

 ch/kz 2  .
u(s=4)=N
 |E|+mc 
 01 
(8)
Per determinare N, normalizziamo su una grande scatola di volume V,
tale che
∫
d x exp[(i(k-k')⋅x] = V δkk'.
Sappiamo a priori che le soluzioni di HΨ sk (r)=EsΨ sk (r) devono
costituire un set completo e ortonormale. Perche' le soluzioni
Ψ sk (r) siano ortonormali,
∫
u s† (k)u s'(k) exp[(i(k-k')r] d3r
= δss'δkk' ,
occorre che sia
=72=
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p2c 2
N2V[1+
] =1.
(|E|+mc2) 2
p2c 2
2|E|
Poiche' 1+
=
,
(|E|+mc2) 2 |E|+mc2
viene
N=
|E|+mc2
.
2|E|V
(9)
4-5 Campo elettromagnetico esterno
Descrivendo le coordinate con xµ=(x,y,z,ict) e il potenziale con
Aµ=(A,iφ), adotteremo la prescrizione usuale (minimal coupling)
__
__
eAµ
-i h ∂µ→ _i h ∂µ _
,
c
eA __ ∂
__ ∂ _
che comporta p→p_ , i h →i h
eφ. La (3.13) diviene
c
∂t
∂t
ieAµ
mc
γµ(∂µ _ __ )ψ + __ Ψ=0
(1)
h
h
e la (3.7) diviene
∂
eA 
- i __
ΨA
 h ∂t + e φ c .(p _ c )  ΨA


2


=-mc
(2)
 Ψ B 
 Ψ B  .
∂
eA
__
 _c (p _ ) i h _ eφ 

c
∂t

Un cambiamento di gauge A'µ=Aµ+∂µχ comporta un fattore di fase
ieχ(x,t)
exp[
], come si e' visto in 2-2.
/c
h
4-6 Rotazioni, momento angolare e covarianza relativistica
A prima vista, la covarianza relativistica della (3.13) e' evidente,
in quanto γµ∂µ ha tutta l'apparenza di un operatore scalare. In effetti,
∂µ si trasforma come un quadrivettore. Denotiamo la trasformazione
di Lorentz con x' µ = aµν xν e l'inversa con x ν = bνµ x' µ . Poiche' deve
risultare xµxµ= x' ν x' ν (conservazione dell'intervallo), l'inversa e'
uguale alla trasposta, cioe' b νλ = aλν. Pertanto,
∂
∂xν ∂
∂
∂
=
= bνµ
=aµν
∂x' µ
∂x' µ ∂xν
∂xν
∂xν
∂
e quindi
si trasforma come xµ ed e' un quadrivettore. Se potessimo
∂xν
trattare come tale anche γµ, allora γµ∂µ sarebbe ovviamente invariante,
e Ψ sarebbe uno scalare.
=73=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Ma γµ non e' un quadrivettore, perche' non e' un osservabile. Abbiamo
introdotto i γ con un ragionamento che puo' esser fatto in qualunque
sistema di riferimento, e l'equazione e' covariante se nel sistema K'
possiamo scrivere
∂
mc
γµ
Ψ'(x') + __ Ψ'(x')=0.
(1)
∂x' µ
h
con gli stessi γµ.
Il problema della covarianza relativistica e' quindi piu' delicato
di quello che sembrava a prima vista; per fortuna, e' strettamente
connesso con quello piu' ovvio della 'covarianza' della teoria per
rotazioni del laboratorio nello spazio ordinario. Infatti, la
trasformazione
vx
t- 2
x-vt
c
x'=
,
t'=
,
1-β 2
1-β 2
puo' riscriversi
x' 1=x1cosh(χ)+ix 4sinh(χ), x'4=-ix 1sinh(χ)+x 4cosh(χ),
v
dove tanh(χ) = β = , ed equivale ad una rotazione di un angolo iχ nel
c
piano x1x4. Potremo ragionare come nel paragrafo 2-6. Tratteremo
simultaneamente di rotazioni ordinarie e di trasformazioni di Lorentz,
denotando entrambe con x' µ = aµν xν . Supponiamo che l'elettrone sia
descritto nel sistema K' dalla (1) con gli stessi γµ che usiamo in K, ad
esempio con quelli della rappresentazione di Dirac-Pauli. Dobbiamo
dimostrare che la (1) e' compatibile con l'equazione di Dirac scritta in
K e vedere come si trasforma Ψ. Porremo Ψ'(x') = SΨ(x), con S che
iωσz
gioca lo stesso ruolo che R† = exp(
) giocava nel caso dello spinore
2
∂
∂
di Pauli.
Sostituendo nella (1) con
= aµν
otteniamo
∂x' µ
∂xν
∂
mc
γµaµν
SΨ(x) + __ SΨ(x)=0,
∂xν
h
cioe'
S-1 γµSaµν
∂
mc
Ψ(x) + __ Ψ(x)=0.
∂xν
h
La condizione per la covarianza e' quindi
S-1 γµSaµν =γν ;
poiche' a µν aλν =δµλ , moltiplicando per aλν e sommando su ν si ottiene la
forma equivalente
S-1 γλ S = aλν γν ,
(2)
=74=
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analoga alla (5) del paragrafo 2-6. La S richiesta puo' essere costruita
esplicitamente. Nel caso di una rotazione intorno all'asse z, descritta
dalla trasformazione di coordinate
 cosα sinα 0 0 
-sinα c o s α 0 0 
{aµν } =

0 1 0
 0
 0
0 0 1
deve venire S-1 γi S = aik γk , S -1 γ4S = γ4. La trasformazione S dello
iασz
spinore di Dirac e' la naturale generalizzazione di exp(
) : sotto
2
rotazioni, Ψ Α e Ψ B si trasformano come gli spinori di Pauli. Pertanto, σz
 σz 0 
 , e si ha Ψ'(x') = S Ψ(x) con
→Σz ,dove Σz = 
 0 σz
iα
 R†0 
S =exp( Σz)= cos (α/2) +i Σz sin(α/2) =  0 R † =
2
iα/2
=diag(e
,e -iα/2,e iα/2,e -iα/2).
(3)
-1
Mandando α in -α, si ottiene S . Ora,
 R0   0-iσi   R†0   0
R ( - i σi )R†  0
- i a ik σk 
-1




S γi S =  0 R   iσ 0   0 R † =  R(iσ )R†
0  =  iaik σk
0 
 i 

i
=aik γk ;
per µ=4, si ha
 R0   I 0   R†0   RR† 0 

S-1 γ4S=  0 R   0 -I   0 R † = 0
- R R † = γ4.
Poiche' S e' diagonale a blocchi, Ψ Α e Ψ B non si mescolano fra loro.
Ora e' importante notare che
Σz=-iγ1γ2
e che la rotazione di un angolo α che abbiamo appena descritta
avviene intorno all'asse z, cioe' nel piano x1_x2. Questa osservazione
consente di estendere immediatamente l'argomento alle
trasformazioni di Lorentz
coshχ 0 0 i s i n h χ 
 0
1 0
0 
{aµν } = 0

 -isinhχ 00 01 c o s 0h χ 


con α →iχ, γ2→γ4, in modo che
Srot = cos(α/2)+γ1γ2 sin(α/2) →SLorentz =cosh(χ/2)+ iγ1γ4 sinh(χ/2) .
(4)
=75=
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 0 - σ1
Nella rappresentazione di Dirac-Pauli, iγ1γ4 =  -σ 0  .
 1 
In definitiva, Ψ'(x') = S Ψ(x), dove
c
( - σ1s) 

S=  (-σ s )
(5)
c  ,

1
dove c=cosh(χ/2), s=sinh(χ/2), tanhχ =v/c.
S-1 si ottiene con χ→-χ; S non e' unitaria, anzi, S † =S, ma cio' non crea
problemi. Fra poco useremo il fatto che S-1 =γ4Sγ4.
Si puo' verificare che S-1 γλ S = aλν γν ; per esempio, S-1 γ4S = (c2+s2)γ42iscγ1 =a44γ4+a41γ1, dal momento che c2+s2=cosh(χ) e 2sc=sinh(χ).
Spesso nei calcoli conviene esprimere tutto in termini di β=v/c a
1+β
.
1-β
Una trasformazione lungo l'asse z si ottiene dalla (5) con σ1→σ3.
Sotto trasformazioni di Lorentz, Ψ Α e Ψ B non sono indipendenti come
nel caso delle rotazioni, ma si mescolano fra loro.
Esercizio Ritrovare lo spinore con s=1 del paragrafo 4-4 trasformando
-mv
di Lorentz u=(1,0,0,0) lungo l'asse z con velocita' v tale che _
h k=
.
1-β 2
partire da exp(χ)=
4-7 Equazione di continuita'
∂ρ
L'equazione di continuita'
+divJ=0, scritta in forma
∂t
manifestamente covariante, diventa ∂µJ µ=0; ρ e' la quarta componente
di Jµ, e non e' scalare. Si puo' ottenere un quadrivettore Jµ da Ψ? E, se ρ
non e' uno scalare, esistono invarianti per trasformazioni di Lorentz
ψψ1
2
associati a Ψ? Dato Ψ=
ψ3 , conviene definire, accanto allo spinore
ψ4
aggiunto hermitiano:
Ψ †=(ψ1* ψ2* ψ3* ψ4* ),
(1)
anche lo 'spinore aggiunto di Dirac'
_
Ψ = (ψ1* ψ2*_ ψ3* _ ψ4* ) = Ψ † γ4.
(2)
Data una trasformazione Ψ'(x')=SΨ(x), si ha Ψ'(x') †=Ψ(x) †S† =
Ψ(x) †S; quindi
_
_
Ψ '(x')= Ψ(x) †Sγ4 = Ψ(x) †γ4γ4Sγ4 = Ψ (x) S-1 .
_
Cosi' ΨΨ e' un invariante per trasformazioni di Lorentz. Inoltre,
=76=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
_
_
_
_
Ψ γµ Ψ e' un quadrivettore, perche' Ψ ' γµ Ψ'=Ψ (x) S-1 γµ SΨ(x) = aµν Ψ
γν Ψ.
_
La quadricorrente di carica e' infatti definita da Jµ =iec Ψ γµΨ.
Consideriamo un oggetto antisimmetrico negli indici,
σµν = -i γµγν con µ≠ν, σµν =0 per µ=ν.
_
Analogamente, Ψ σµν Ψ e' un tensore antisimmetrico, perche'
_
_
_
_
Ψ ' γµ γν Ψ'=Ψ (x) S-1 γµγν SΨ(x) = Ψ (x) S-1 γµSS-1 γν SΨ(x) =aµρaνλ Ψ γργλ Ψ.
Possiamo esprimere J µ in termini di Ψ † usando il fatto che iγ4γk =α k ;
viene
J µ = ec(Ψ † Ψ, iΨ † Ψ) ;
(3)
si noti che la corrente J non implica derivazioni spaziali, come nella
teoria di Schro"dinger, ma e' proporzionale alla "velocita' di Dirac" c .
La componente µ=4 di Jµ e' iecρ, dove ρ=Ψ †Ψ e' la somma dei moduli
quadrati delle 4 componenti dello spinore. Tale quantita' e' definita
positiva e fisicamente possiamo aspettarci che rappresenti la densita'
di probabilita' ρ da normalizzare a 1.
Non resta che controllare che l'equazione di continuita'
consegue da quella di Dirac. Il coniugato Hermitiano della equazione
∂
mc
( .∇ +γ4
) Ψ + __ Ψ =0
(4)
∂x4
h
e'
∂
∂
mc †
†γ
Ψ † γk +
Ψ
(5)
__ Ψ =0;
4
+
∂xk
∂x4*
h
moltiplicando a destra per γ4 e tenendo conto che x4* =-x 4 , si trova
∂
∂ _
mc _
Ψ † γk γ4 Ψ γ4 + __ Ψ =0;
(6)
∂xk
∂x4
h
ma γk γ4 = _ γ4γk , quindi si ha l'equazione aggiunta di Dirac
__
∂ __
_
Ψ γµ + mc
Ψ= 0 ;
(7)
__
∂xµ
h
_
moltiplicandola a destra per Ψ, moltiplicando a sinistra la (4) per Ψ e
sottraendo si ha finalmente
∂ __
∂
iec
{ Ψ γµΨ}=
J =0.
(8)
∂xµ
∂xµ µ
4-8 Parita'
L'immagine speculare di un fenomeno descritto dall'equazione di
Dirac in un campo elettromagnetico e' anch'esso un fenomeno
=77=
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possibile? L'immagine speculare si forma con l'operazione
σ={x→x,y→y,z→-z}.
Indichiamo con P(0) l'operatore che esegue l'inversione delle
coordinate spaziali: P(0) x = -x =x'. Poiche' σ si ottiene componendo
P(0) con una rotazione di 1800, basta che ci occupiamo di P (0) .
Consideriamo il passaggio da un sistema di riferimento K ad uno K' che
ha gli assi invertiti. Se x rappresenta un punto in K, x' rappresenta lo
stesso punto in K'; inoltre A'(x')=-A(x), A'4(x')=A 4(x). Questo assicura
che E e' un vettore, B uno pseudovettore e l'equazione classica del
moto
d
v
v
m
=eE+e ∧B
2
dt 1 - β
c
e' invariante per parita'. In meccanica quantistica, siano Ψ(x,t) e
Ψ'(x',t) le rispettive funzioni d'onda. La parita' e' un operatore Π, tale
che
ΠΨ(x, t ) ≡ Ψ'(x,t)
rappresenta (nel sistema K) la Ψ come e' vista in K'. Per una funzione
scalare, f(x)=f'(x') e possiamo confondere P(0) e Π, perche'
evidentemente Πf(x) = f(-x) = P(0) f(x).
Nell'equazione di Schro"dinger ed in quella di Klein-Gordon p'=-p,
e
e
ma (p'- A') 2=(p- A) 2 ed e' ovvio che anche nel sistema invertito vale
c
c
una equazione della stessa forma che nel sistema originale; Ψ
puo'essere scalare o pseudoscalare. Inoltre, se H commuta con P(0) ,
avremo un numero quantico per classificare gli stati stazionari; e' ben
noto che le armoniche sferiche hanno parita' ben definita, perche'
P(0) Ylm = (-)l Ylm .
Nell'equazione di Pauli compare in piu' il termine in σ⋅B, ma poiche'
B'=B questo termine e' banalmente invariante, e Π=P(0) . Anche nel caso
degli spinori di Dirac vogliamo trovare un operatore Π, che
rappresenti (in K) la Ψ come e' vista in K'; in questo caso, pero', Π va
tenuto distinto dall'operatore P(0) che opera solo sulle coordinate,
perche', come vedremo, Ψ'(x') e' diverso da Ψ(x). Si tratta di:
1) verificare che l'equazione di Dirac in un campo elettromagnetico e'
invariante per trasformazioni di parita', e cioe' che la situazione fisica
descritta in un dato sistema K da
∂
ieAµ
mc
- __ )Ψ(x,t) + __ Ψ(x,t)=0
∂xµ c h
h
e' descritta nel sistema invertito K' da
∂
ieA'µ
mc
−
γµ (
)Ψ'(x',t) + __ Ψ'(x',t)=0
__
∂x' µ
h
ch
con x'=-x, t'=t e con qualche Ψ'(x',t);
2) esprimere Ψ'(x',t) in termini di Ψ(x,t);
γµ (
=78=
(1)
(2)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
3) trovare Π esprimendo il risultato nel sistema K, cioe' calcolando
Ψ'(x).
I primi due punti si soddisfano mostrando che il passaggio fra i due
sistemi di riferimento comporta solo un cambiamento di
rappresentazione. Portando la (2) nel sistema K, si ha
∂
∂
ieAk
ieA
mc
− __ 4)}Ψ'(x',t) + __ Ψ'(x',t)=0
{_γk (
- __ ) + γ4(
(3)
∂xk
∂x4
h c
h c
h
Poniamo allora Ψ'(x',t) = SΨ(x,t). [Notare che si fanno due cose: x→x'
e Ψ →SΨ]. Moltiplicando a sinistra per S -1 si ottiene
∂
∂
ieA
ieA
mc
− __ k ) + S -1 γ4(
− __ 4)}SΨ(x,t) + __ S-1 SΨ(x,t)=0 . (4)
{-S-1 γk (
∂xk
∂x4
h c
h c
h
La covarianza richiede che Ψ(x,t) soddisfi la (1), cioe' che S sia tale
che
S-1 γk S = _γk e S-1 γ4S = γ4 .
E' facile vedere che S=γ4 e' adeguato allo scopo. Pertanto, Ψ'(x',t) =
γ4Ψ(x,t). Soddisfaciamo allora il punto 3): ΠΨ(x,t) ≡ Ψ'(x,t)= γ4Ψ(x,t)=γ4P(0) Ψ(x,t). Quindi,
Π=γ4P(0) .
(5)
La parita' e' un buon numero quantico per il moto in un campo
centrale; Π2=1 e gli autovalori possibili sono +-1.Gli spinori di Dirac di
parita' ben definita sono tali che
 Ψ Α (x,t) 
 I 0   Ψ Α (-x,t)   Ψ Α (x,t) 
ΠΨ(x,t) = 0 -I   Ψ (-x,t)  =  -Ψ (x,t)  = +- Ψ (x,t)  .
 B
  B

 B

Vi sono le due possibilita'
Ψ (-x,t)=Ψ (x, t )
Ψ (-x,t)=-Ψ (x, t )
A
Α
A
 Α
, Ψ (-x,t)= Ψ (x,t)
Ψ
(-x,t)=
-Ψ
(x,t)
 Β
B
 Β
B
(6)
.
Quindi le componenti superiori e inferiori hanno parita' ben definite
ma opposte 1.
L'invarianza per parita' e' tutt'altro che ovvia e non vale per
le interazioni deboli. Questo fatto e' rilevante per la fisica
atomica per il seguente motivo. Weinberg, Salam e Glashow
hanno mostrato che le interazioni deboli e quelle
1E' opportuno anticipare qui che questa discussione sulla parita' non e' di
solo interesse matematico ma ha importanti conseguenze fisiche. Non solo
essa fornisce un buon numero quantico per classificare gli stati
dell'Idrogeno, ma conduce ad assegnare una parita' intrinseca ad ogni
particella. In generale, particelle e antiparticelle hanno la stessa parita'
intrinseca nel caso dei bosoni e parita' intrinseca opposta nel caso dei
fermioni. Ad esempio, lo stato 1s del positronio e' dispari, e puo' decadere
solo in stati dispari del campo elettromagnetico.
=79=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
elettromagnetiche sono casi particolari di una unica interazione
elettrodebole. Due particelle cariche si scambiano fotoni, ma
anche bosoni vettori Z 0, sia pure con probabilita' molto piu'
bassa.
Le costanti di accoppiamento sono in effetti simili. L'
ampiezza di diffusione elettromagnetica (trasformata di Fourier
del potenziale di interazione) e':
e2
Aem ≈ 2 ,
q
dove q e' il quadrimomento trasferito. Sia Aw ampiezza associata
con scambio di Z 0 . Risulta che
g2
Aw ≈
,
M(Z 0) 2c 2+q2
con g2 ≈ e2, ma M(Z0)≈100 GeV, Aw non dipende dall'energia fino
a una frazione apprezzabile di 100 GeV. Per questa ragione, le
correnti deboli neutre Z 0 hanno un raggio d'azione molto corto.
/
h
Il range del'interazione mediata dallo Z0 e'
≈ 10-16 cm .
M(Z 0)c
Aw
q2
Alle basse energie,
≈
.
Aem
M(Z 0) 2c 2
Negli atomi, usando a0=
_
h 2
me
/
h
e2
0
_
hc
2, si ha q ≈ a ≈ mecα , α=
, e viene
me2α 2
Aw
≈
≈ 10-14.
Aem
M(Z 0) 2
Le probabilita' vanno col quadrato, quindi gli effetti sono piccolissimi,
e gli spostamenti attesi dei livelli atomici sono dell'ordine di 10-25 eV.
Dalla fine degli anni '70 vari gruppi hanno osservato debolissime
transizioni che sarebbero proibite secondo la teoria elettromagnetica,
trovando risultati in accordo con quella elettrodebole. Nel caso del Cs,
un gruppo di Berkley ha eccitato la transizione proibita 6S1/2→7S1/2,
ed ha osservato la fluorescenza emessa nel decadimento 7S1/2->6P1/2.
La motivazione di questi studi e' quella di esplorare le interazioni
deboli anche a bassa energia.
4-9 Inversione temporale
Consideriamo in un sistema di riferimento K una particella
di Dirac in un campo elettromagnetico, generato da cariche
_
4π _
ρ(x,t) e correnti J(x,t); i potenziali sono dati da |_|A=- J, |_|A0 =c
4πρ , ed avremo
=80=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
∂Ψ
eA
= [c ⋅(p- ) +βmc 2 +e A0]Ψ(x,t).
(1)
∂t
c
L'operazione di inversione temporale manda t in t'=-t; questo
significa che ci mettiamo in un nuovo sistema K' di coordinate
x,t' che ha l'asse dei tempi invertito. Beninteso, nel nuovo
sistema andranno "al contrario" non solo i campi
elettromagnetici, ma anche l'evoluzione temporale della
particella di Dirac. Le nuove cariche saranno ρ'(x,t')=ρ(x,t) e le
correnti J'(x,t')=-J(x,t), essendosi invertita la velocita' delle
cariche ; di conseguenza, avremo A0'(x,t')=A0(x,t), ma A'(x,t')=A(x,t). Nel nuovo sistema, l'equazione di Dirac sara'
∂Ψ'
eA'(x,t')
ih
/
= [c ⋅(p') +βmc 2 +e A0'(x,t')]Ψ'(x,t'), (2)
∂t'
c
ih
/
dove Ψ'(x,t') e' il nuovo spinore. Vogliamo trovare un operatore
T che ci fa' passare da K a K'. Il suo effetto sullo spinore e'
TΨ(x,t)=Ψ'(x,t') = Ψ'(x,-t);
se O e' un operatore in K, avremo in K' che T[OΨ] =O'Ψ', e
questo richiede che gli operatori si trasformino secondo la regola
O=T-1 O'T. Evidentemente, T deve essere tale che se Ψ'(x,t')
risolve l'equazione di Dirac in K' allora Ψ(x,t) deve risolvere la
corrispondente equazione in K.
Vediamo prima le teorie non relativistiche. Nel caso
dell'equazione di Schrödinger, T=K, dove K e' l'operatore che
prende il complesso coniugato. Nel caso di Pauli, si ha in piu' il
termine in σ⋅B. Poiche' T-1 B'T=-B, l'invarianza richiede T-1 'T=- ,
cioe' lo spin deve cambiar segno per inversione temporale, come
ogni momento angolare deve fare. Poniamo allora T=T0K, e
cerchiamo T 0. Dal momento che σ2 e' immaginario e le altre
componenti sono reali, imponiamo
T0-1 σ1T0=-σ1, T0-1 σ3T0=-σ3, T0-1 σ2T0=σ2,
col risultato che a meno di una fase T0=σ2, T=σ2K . Il risultato e'
in accordo col fatto che lo spin e' un momento angolare: σ2
capovolge lo spin e si trova in K' una soluzione in cui spin e
campo magnetico sono opposti a quelli di K.
Tornando a Dirac, ci aspettiamo T=Σ2K . Infatti nella (2),
ih
/
cioe'
∂TΨ
eA'(x,t')
= [c ⋅(p') +βmc 2 +e A0'(x,t')]TΨ(x,t),
∂t'
c
∂
}TΨ =
∂t'
eA'(x,t')
T-1 [c ⋅(p') +βmc 2 +e A0'(x,t')]TΨ(x,t),
c
T-1 {ih
/
=81=
(3)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
poniamo T=T0K, dove T0 un operatore da determinare. Allora
T-1 p'T = T-1 {-ih
/ ∇}T = -p.
I potenziali si trasformano come sappiamo: T-1 A'(x,t')T =
-A(x,t),
T-1 A0'(x,t')T = A 0(x,t). Si ha cosi'
∂Ψ(x, t )
ih
/
=
∂t
eA(x,t)
[c [T-1 T]⋅(-p+
) +[T-1 βT]mc2 +e A0(x,t)]Ψ(x,t);
c
Perche' questa equazione sia della forma dell'equazione di Dirac,
occorre che β rimanga immutato ed si comporti come una
velocita':
T-1 βT=β, T-1 T= - ;
(4)
 0 σk 
Nella rappresentazione standard, con α k =  σ 0  , Σ2 soddisfa.
 k 
Abbiamo cosi' dimostrato che l'equazione di Dirac e' invariante per
φφ1
2
inversione temporale, e l'inverso temporale di Ψ= 
φ3 e'
φ4
-iφ2* 
 iφ1* 
Ψ '= -iφ * . Le componenti superiori non si mescolano con quelle
 4* 
 iφ3 
inferiori, ma ciascuno dei due spinori a due componenti si inverte.
Nei problemi stazionari, l'hamiltoniano e' invariante per
inversione temporale, e TΨ, se non coincide con Ψ, fornisce una nuova
soluzione degenere con la precedente (degenerazione di Kramers).
L'invarianza per inversione temporale richiede che un processo e
il suo inverso abbiano la stessa ampiezza, e non e' "ovvia": nel 1964
Christiansen et al. scoprirono che essa e' violata (sia pure di poco)
quando il mesone K0 decade in una coppia di π, per interazione debole.
Non sono note altre violazioni.
4-10 Necessita' di una nuova interpretazione fisica
dell'equazione di Dirac
Se si vuole interpretare l'equazione di Dirac come una
generalizzazione relativistica di quella di Schro"dinger che descrive un
elettrone si incontrano difficolta'.
1) Le 4 componenti.
=82=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Per una particella di spin 1/2 aspettavamo 2 componenti, e ne
troviamo 4. Un elettrone di Dirac manifesta un grado di liberta'
interno che giunge inatteso.
2) Le soluzioni di energia negativa.
L'approccio iniziale di Dirac era stato quello di "estrarre la radice
quadrata" nella equazione classica H= [p2c 2 + m2c 4]1/2 in un modo
non convenzionale, al fine di evitare di includere le soluzioni di H=-E.
∂
L'avere introdotto una equazione lineare in
non ci libera pero' dal
∂t
problema degli stati "di energia negativa".
Questi non possono essere semplicemente ignorati, perche'
fanno parte del set completo (secondo postulato).Tuttavia essi sono
inaccettabili fisicamente, perche' la teoria non avrebbe uno stato
fondamentale. Un elettrone atomico dovrebbe emettere un fotone di
energia ≈2mc 2 , raggiungere uno stato di energia negativa e quindi (non
essendoci limite inferiore allo spettro) dovrebbe continuare a
irraggiare senza fine. Proprio queste difficolta' spinsero Dirac nel 1930
a predire l'esistenza del positrone, scoperto poi da Anderson nel 1932.
Il fenomeno della creazione e annichilazione di coppie (elettronepositrone, protone-antiprotone, etc.) costringe ad abbandonare la
nozione che |Ψ|2 sia una densita' di probabilita'. Questo significa che la
teoria deve essere riformulata, tanto piu' che esistono processi come il
decadimento β del neutrone in cui la probabilita' di trovare l'elettrone
non si conserva.
3) lo Zitterbewegung.
Nella teoria di Dirac, la velocita' non e' legata semplicemente
all'impulso e non si conserva in un moto libero; l'elettrone esegue un
moto tremolante (=Zitterbewegung.) su frequenze ≈2mc 2. Per vederlo,
calcoliamo
dx i[H , x]
= __
(1)
dt
h
con H=c p+βmc 2. La velocita' risulta essere c , un operatore che ha
autovalori +c e -c per ogni componente. Le onde piane, che sono
autostati di p e di H, non sono autostati di . Questa velocita' e' ben
strana. E se nonostante tutto tentiamo di insistere in quella
d
i[H , ]
interpretazione, vi sono altri problemi. Calcoliamo
= __ . Per la
dt
h
__
prima componente abbiamo, in unita' di h , usando [α i ,α j ]+=0= [α i ,β]+,
d 1
= ic{[α 2, α 1]p2 + [α 3, α 1]p3} +[β,α 1]mc 2=
dt
= ic{-2α 1α 2p2 -2 α 1α 3p3} -2α 1β mc 2 .
Poiche' α i 2=I, puo' anche scrivere
=83=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
d
= i[-2 H +2cp].
dt
Non solo questo non e' zero, ma puo' essere integrato, essendo H e p
costanti del moto. (Notare che H e sono matrici 4x4, ma questo non
impedisce di fare l'integrazione come se si trattasse di funzioni
ordinarie). Si ottiene
(t) = c p H -1 + { (0)-cpH -1 } exp[-2iHt].
(2)
mv
Il primo termine e' atteso classicamente, in base a p=
,
1-v2/c 2
mc 2
E=
. Il secondo rappresenta oscillazioni molto rapide (di
1-v2/c 2
2mc 2
frequenza ≈
) delle 3 componenti della "velocita'", sovrapposte al
/
h
moto rettilineo. Lo Zitterbewegung e' dovuto al fatto che le coordinate
di una particella non sono definibili esattamente in una teoria
relativistica.
4) altri paradossi.
Consideriamo un pozzo di potenziale sferico, attrattivo per
l'elettrone. Uno si aspetta soluzioni legate, che decadono
esponenzialmente fuori. La teoria di Dirac si comporta in questo modo
se il potenziale e' "debole", ma per profondita' >2mc2 le soluzioni
fuori diventano oscillatorie e non smorzate. Il piu' famoso paradosso
di questo tipo e' quello di Klein (1930). Con un potenziale a gradino
uno si aspetta che la funzione d'onda, oscillatoria nella regione dove
V=0, decada esponenzialmente nella regione classicamente proibita
(V>E), e questo effettivamente succede se V<mc2. Ma per V grandi si
trova che la corrente riflessa eccede quella incidente mentre dentro la
regione proibita si hanno soluzioni oscillatorie non smorzate.
Questi "paradossi" sono stati chiariti, e si spiegano con il
fenomeno della creazione di coppie in presenza di campi intensi.
Vediamo come.
4-11 Coniugazione di carica
Il problema piu' acuto che abbiamo e' quello delle soluzioni di "energia
negativa", che evolvono con eiEt invece di e-iEt ; e' naturale che ci
chiediamo che equazione soddisfa Ψ * . Prendendo il complesso
coniugato di
ieAµ
mc
γµ(∂µ −
(1)
__ )Ψ(x,t) + __ Ψ(x,t)=0
h
ch
∂
dove ∂µ=
, notiamo che γ1 e γ3 sono immaginari puri, come ∂4,
∂xµ
mentre sono reali ieA 4 e
=84=
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γ2
0 0 0 - 1
0 0 1 0
= 0 1 0 0
- 1 0 0 0




.
Quindi viene:
ieA
ieA
[ -γ1(∂1 + __1) + γ2(∂2 + __2)
ch
ch
ieA3
ieA4 mc
-γ3(∂3 + __ )-γ4(∂4 + __ )+ __ ]Ψ ∗(x,t)=0 .
(2)
h
ch
ch
Questa e' della forma di un'equazione di Dirac con e→-e, tranne
che i termini in γ1,γ3 e γ4 hanno il segno sbagliato. Ma a questo e'
facilissimo rimediare: moltiplichiamo a sinistra per γ2, e
lasciamolo anticommutare con gli altri γ. Il risultato e'
∂
ieAµ C
mc
+
γµ (
)Ψ (x,t) + __ Ψ C(x,t)=0 ,
(3)
__
∂xµ
h
ch
dove compare il coniugato di carica di Ψ,
Ψ C = γ2 Ψ * ;
(4)
*
-φ4 
φφ1
φ * 
2
C=  3  .
se Ψ= 
,
viene
Ψ
φ3
 φ2** 
φ4
-φ1 
Questa e' una simmetria che mette in corrispondenza le
soluzioni dell'equazione di Dirac in un dato campo
elettromagnetico per particelle elettricamente positive e negative
di eguale massa. Niente del genere esiste nella teoria non
relativistica. Invece di parlare di insensate "energie negative",
potremo interpretare quelle soluzioni come pertinenti a
particelle di carica -e. Riprendendo le onde piane del paragrafo
4-4, si puo' ora notare che
u(s=2)C(k)= u (s=3)(-k),
u(s=1)C(k)= -u (s=4)(-k).
Queste relazioni si estendono immediatamente agli autospinori
completi Ψ sk (r,t):
Ψ 2k (r,t) C= Ψ 3,-k (r,t),
Ψ 1k (r,t) C= -Ψ 4,-k (r,t).
(5)
(6)
Per un elettrone, le soluzioni "di energia negativa" coniugate a
stati di impulso _
h k e spin σ descrivono stati di carica |e|, e di
massa m, di momento opposto e di spin opposto. L'assenza di un
=85=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
elettrone in uno di questi stati verra' ora interpretata come la
presenza di un positrone.
L'invarianza C per coniugazione di carica e' violata dalle interazioni deboli.
L'invarianza ritenuta esatta e' PCT.
4-12 Quantizzazione del campo di Dirac
.
Dirac propose che tutti gli stati "di energia negativa" fossero
riempiti in condizioni normali e valesse il principio di Pauli. Il vuoto
divento' cosi' un mare infinito di elettroni di energia negativa (mare di
Dirac)1. Un elettrone del mare, se assorbe un fotone di energia >2mc2,
va in uno stato di energia positiva e lascia un "buco" nel mare di Dirac.
Il buco si comporta come una particella di massa m, carica +|e| ed
energia positiva; questo e' appunto un positrone, che ha anche spin e
impulso opposti a quelli dello stato elettronico mancante. Non importa
che questo vuoto sia infinitamente diverso da quello che i filosofi
hanno immaginato per secoli. Il vuoto dei filosofi, cioe' un luogo dove
non c'e' nulla, non esiste. Occorre un formalismo che realizzi questa
idea.
Dapprima lavoriamo nello schema a particella singola.
L'equazione di Dirac per una particella libera ha 4 soluzioni di impulso
definito /
hk; formiamo al tempo t=0 un pacchetto d'onde, contenente
stati di energia sia positiva che negativa; esso rappresenta la piu'
generale soluzione dell'equazione di Dirac in assenza di campi esterni,
ed e' della forma
4
Ψ(r,t=0) = ∑ ∑ c s(k)u s(k) e ik ⋅r .
k s=1
Questo e' il campo da quantizzare. Al tempo t diventa
Ψ(r,t) = ∑ ∑ c s(k,t)u s(k) e ik ⋅r ,
k s
(1)
(2)
con cs(k,t)=cs(k,0)exp(-iωs(k)t). Indichiamo con H il valore di
aspettazione di H sul pacchetto d'onde; in virtu' delle relazioni di
ortogonalita' troviamo
H=(Ψ,HΨ) = ∫d3r[ ∑ c s'(k')u s'(k') e ik' ⋅r ]† H [ ∑ c s(k)u s(k) e ik ⋅r ] =
k's'
ks
1Questo e' un famoso esempio di una idea che puo' apparire stravagante a
prima vista, ed invece e' profonda. Una 'rinormalizzazione' del vuoto d'altra
parte e' necessaria anche per accomodare le oscillazioni di punto zero del
campo elettromagnetico.
=86=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
= ∑h
/ ωs(k)c s* (k)c s(k)
ks
2
4
= ∑ [ε(k) ∑ c s* (k)c s(k)-ε(k) ∑ c s* (k)c s(k)],
k
s=1
s=3
(3)
_
dove ε(k) =
h 2k 2c 2+m2c 4 . Analogamente, per l'impulso, calcoliamo
il valore di aspettazione P , che risulta
P =(Ψ,pΨ) = ∫d3r[ ∑ c s'(k')u s'(k') e ik' ⋅r ]† p [ ∑ c s(k)u s(k) e ik ⋅r ] =
k's'
ks
= ∑h
/ kc s* (k)c s(k).
ks
(4)
La densita' di carica elettrica e' uguale alla carica elementare e
moltiplicata per la densita' di probabilita' Ψ †Ψ; la carica elettrica totale
Q e' l'integrale spaziale, e si ottiene
Q = e ∑ c s* (k)c s(k).
(5)
ks
Per passare in seconda quantizzazione occorre trasformare i
coefficienti complessi in operatori, cs* (k)→ c s†(k), ma come? La Fisica
richiede che le regole matematiche realizzino l'idea del mare di Dirac.
Se usiamo le regole adatte ai bosoni, [c,c†]=1, e' il disastro; abbiamo
oscillatori di energia negativa, e lo spettro e' privo di un limite
inferiore.
Dobbiamo usare regole adatte ai fermioni, e rispettare il principio di
Pauli. Allora supponiamo:
1) che il vuoto sia uno stato in cui tutti i livelli con s=3,4 sono
occupati
2) che abbiano significato fisico non i valori di aspettazione ma le loro
differenze rispetto al vuoto.
Allora scriveremo l'Hamiltoniano in seconda quantizzazione nella
forma
4
H=H - ∑ ∑ h
/ ωs(k) =
k s=3
2
4
=∑ ∑ h
/ ωs(k) c s† (k)c s(k) + ∑ ∑ h
/ ωs(k)[ cs† (k)c s(k) -1].
k s=1
k s=3
(6)
Applicando le regole di anticommutazione dei fermioni, c s† c s -1=
-c sc s† , otteniamo
=87=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
2
4
H=∑ ∑ h
/ ωs(k) c s† c s - ∑ ∑ h
/ ωs(k) c sc s† .
(7)
k s=1
k s=3
cioe'
2
4
H= ∑ ε(k) { ∑ c s† (k)c s(k) + ∑ c s(k)c s† (k)}.
k
s=1
s=3
(8)
Questo Hamiltoniano ha valore di aspettazione nullo sul vuoto e
positivo in ogni altro stato, e csc s† agisce come operatore numero dei
positroni.
In tal modo, la teoria spiega la familiare regola per cui le
funzioni d'onda dei fermioni devono essere antisimmetrizzate, e non
simmetrizzate (tertium non datur, per particelle identiche).
Finora abbiamo usato il formalismo della seconda
quantizzazione sulla base degli autospinori dell'equazione di Dirac. E'
naturale adesso modificare la base, per quanto riguarda gli stati "di
energia negativa", in modo che essi compaiano per quello che sono,
cioe' stati di antiparticella. Poiche' il coniugato di carica di u (s=2)(k) e'
u(s=3)(-k), ma u (s=1)C(k)= -u (s=4)(-k), definiamo gli operatori dei
positroni bs e bs† con s=1,2
b1† (k) =-c 4(-k)
b 2† (k) =c 3(-k).
(9)
Cosi' lo spin del positrone e' opposto a quello dello stato di elettrone
del mare di Dirac annichilato. In tal modo,
2
4
(10)
∑ b s†(k) bs (k)= ∑ c s(-k) cs†(-k) .
s=1
s=3
Adesso,
2
H = ∑ ∑ ε(k)[c s† (k)c s(k) +bs† (k)b s(k) ],
(11)
k s=1
Analogamente, sottraendo l'impulso del vuoto, troviamo
4
(Ψ,pΨ) - ∑ ∑ h
/ kc s* (k)c s(k)→
k s=3
2
4
→ P= ∑ ∑ h
/ k c s† c s - ∑ ∑ h
/ k c sc s† .
(12)
k s=1
k s=3
che diventa
2
P= ∑ ∑ h
/ k [c s† (k)c s(k) +bs† (k)b s(k) ];
(13)
k s=1
la carica, sottratta quella del vuoto, diventa
2
Q = e ∑ ∑ [c s† (k)c s(k) - bs† (k)b s(k) ],
(14)
k s=1
=88=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
e l'idea di Dirac si e' tradotta in un formalismo adeguato e privo di
inconsistenze. Il pacchetto d'onde (2) diventa l'operatore di campo
2
4
Ψ(r,t) = ∑ { ∑ c s(k)u s(k) e i(k ⋅r - (k)t) + ∑ c s(k)u s(k) e i(k ⋅r+ (k)t) }
k s=1
s=3
2
→ ∑ { ∑ c s(k)u s(k) e i(k ⋅r - (k)t) +
k s=1
+[b2†(-k)u 3(k) - b1†(-k)u 4(k)] e i(k ⋅r+ (k)t) }.
Introducendo gli stati di positrone v1(k)=u 1C(k), v 2(k)=u 2C(k),
si ottiene
2
Ψ(r,t)= ∑ ∑ {cs(k)u s(k) e i(k ⋅r - (k)t)
k s=1
+bs†(k)vs(k) e -i(k ⋅r - (k)t).
(15)
E' chiaro, ad esempio, che un potenziale come quello del paradosso di
Klein, messo in seconda quantizzazione, contiene termini in
c s† (k)b s'† (k'), che corrispondono alla creazione di coppie.
Partiamo ad esempio da uno stato a particella singola,
= |1,k >= c † 1(k)|v>, di energia E(0) = εk ; il campo ha stati
contenenti una coppia , come ad esempio φ = c † 1(k')c † 1(k')b † 1(k"')|v>,
<φ |V |φ0>
che entrano al primo ordine perturbativo con ampiezze
.
E-E0
φ (0)
Le ampiezze hanno al denominatore una energia che vale almeno 2mc2. Nei
problemi atomici, tali termini sono di solito trascurabili. Allora il campo di Dirac
ha in effetti una sola particella, e l'interpretazione secondo i 4 postulati e' valida.
Con un campo elettromagnetico non nullo, avremo un diverso set
completo di stati {|n>} con cui ripetere il procedimento in seconda
quantizzazione; quelli di energia positiva sono stati elettronici, e tali
saranno anche gli stati discreti dell'atomo di H che ricaveremo piu'
avanti. Essi pero' saranno puramente elettronici solo in quanto c'e' il
potenziale, ed avranno overlap non nullo con gli stati liberi "di energia
negativa".
Il vuoto stesso e' modificato, cioe' polarizzato, dal campo; in esso
sono occupati gli stati di energia negativa, che hanno overlap non nullo
con gli stati elettronici liberi. Ci sono coppie virtuali. Se per qualche
ragione il potenziale viene rimosso, o anche fatto variare rapidamente,
coppie potranno ipso facto trovarsi ad essere reali. Cosi' il fenomeno
della produzione di coppie emerge naturalmente dalla teoria.
4-13 La teoria di Dirac come generalizzazione di quella di
Pauli
La struttura della teoria quasi-relativistica differisce tanto da
quella di Pauli da rendere il confronto non immediato. Denotando con
V il potenziale coulombiano, scriviamo l'equazione di Dirac
=89=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare




__ ∂
i h
+ eV
∂t
eA
_c (p _
)
c
eA  Ψ A 
Ψ A 
c .(p _
) 

 
c
2



=-mc

__ ∂ _





h
i
eV
∂t
 Ψ B 
Ψ B 
.
(1)
e vediamo come si semplifica per campi deboli e basse energie. Prima
di tutto, nell'equazione di Pauli e' naturale prendere come origine delle
energie lo stato di elettrone libero di energia cinetica nulla, che
corrisponde all'energia mc 2 nella (1). Quindi, conviene eliminare
__ ∂
__ ∂
l'energia di riposo con la trasformazione i h →i h +mc 2, che
∂t
∂t
equivale a mettere in evidenza nella Ψ un fattore di fase exp[-imc2t/
__
h ] . Cosi' otteniamo
∂
eA
( i __
 h ∂t - e V )ΨA = c .(p _ c )ΨB
 __ ∂
(2)
eA A
( i h
2
B
_
- e V + 2 m c )Ψ = c .(p
)Ψ

∂t
c
Risolviamo iterativamente. All'approssimazione piu' bassa nella
__ ∂
seconda si puo' trascurare i h
- eV rispetto a 2mc2 e rimane
∂t
eA
.(p _
)
c
B
Ψ =
ΨA ;
2mc
quindi Ψ B e' la componente "piccola". Sostituendo nella prima si
ottiene per la componente "grande"
eA 2
_
[
.(p
)]
__ ∂
c
A
h
(i
- eV)Ψ =
ΨA
∂t
2m
che gia' sappiamo essere equivalente all'equazione di Pauli. Cosi' nel
limite non relativistico Ψ A diventa lo spinore di Pauli e Ψ B perde
importanza fisica. Tutto cio' e' corretto fino all'ordine 1/c.
Vogliamo adesso ottenere le correzioni di ordine O(1/c2)
per gli stati stazionari dell'atomo idrogenoide. Riscriviamo allora
__ ∂
le (2) ponendo A=0 e i h
=ε ; otteniamo
∂t
( ε - e V )Ψ A = c . p Ψ B

(ε - e V + 2 m c 2)Ψ B = c . p Ψ A
(3)
(4)
.pΨ Α
In prima approssimazione
; per avere la seconda
2mc
approssimazione, riscriviamo la (4)
ΨB =
=90=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
2mc 2Ψ B = (-ε +eV)Ψ B +c .pΨ A
(5)
ed inseriamo a secondo membro la prima approssimazione a Ψ B . Si
ottiene
ε-eV
1
ΨB =
[1]( p)Ψ A .
(6)
2mc
2mc 2
Inserendo questa nella (3) otteniamo la seconda approssimazione
per Ψ A
ε-eV
1
( ε - eV)Ψ A = c .p
[1]( p)Ψ A
(7)
2mc
2mc 2
In questo modo si e' completata la seconda approssimazione alla
teoria di Dirac, e sarebbe facile procedere oltre.
Tuttavia, per la presenza delle 4 componenti si e' perso il
contatto con la teoria di Pauli. Nella teoria di Pauli, lo spinore φ a
∂φ
due componenti obbedisce a Hφ=i /
h , dove H e' l'Hamiltoniano
∂t
non relativistico; se gli effetti relativistici sono deboli, dovremmo
poterli includere nella teoria non relativistica come correzioni di
ordine (v/c)2 all' Hamiltoniano. L'identificazione dello spinore φ
della teoria non relativistica con le componenti grandi vale solo
al primo ordine in 1/c; in generale le componenti grandi e quelle
piccole entrano insieme nella normalizzazione della Ψ, e quindi
Ψ A da solo non e' normalizzato e non ha il senso di uno spinore
di Pauli. Tuttavia, se ci fermiamo al secondo ordine, e' sufficiente
fare intervenire nella normalizzazione la Ψ B del primo ordine;
__2
⌠
h

3r[|Ψ A |2 +
1=∫d3r[|Ψ A |2 + | Ψ B |2] =
d
| .∇ Ψ A |2]
(8)

4m2c 2
⌡
Dunque, possiamo normalizzare correttamente (al secondo
ordine) conoscendo solo le componenti grandi. Cio' suggerisce di
riformulare il problema in termini di un solo spinore a due
componenti φ, normalizzato con 1=∫d3r|φ|2, e collegato a Ψ A da
una qualche trasformazione φ=AΨ A . Se riusciamo a determinare A
ed a riscrivere il problema nella forma Hφ=Eφ potremo
interpretare H come l'hamiltoniano che contiene le correzioni
relativistiche fino all'ordine 1/c 2. Vedremo subito che
p2
A=1+
.
8m2c 2
Per trovare A, trasformiamo l'integrale di normalizzazione
(8). Il termine piu' complicato e'
__2
__2
⌠
⌠
h
h
 3

d r
∇ Ψ A |2= d3r
|
.
( ∇ Ψ A†. )( .∇ ) Ψ A ,
2
2


4m c
4m2c 2
⌡
⌡
e conviene integrare per parti rispetto al primo ∇ riscrivendolo
come
=91=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
__2
⌠
h
 3
d r
{div[Ψ A†. ( .∇ Ψ A ) ] - Ψ A†.( ∇ )( .∇ ) Ψ A } ;

4m2c 2
⌡
l'integrale della divergenza e' uguale al flusso all'infinito, che e'
nullo. Applicando ancora l'identita' (1.1) si ha che ( ∇ )( .∇ )= ∇ 2.
Quindi,
∫d3r | .∇ ΨA|2 =-∫d3rΨA†∇2ΨA,
e trattandosi di quantita' reale potremo metterla nella forma piu'
simmetrica
-(1/2)∫d3r{Ψ A†∇ 2Ψ A + Ψ A ∇ 2Ψ A†} .
Con cio' la condizione di normalizzazione diventa
⌠
p2
p2
 3
A |2 +Ψ A†
A +Ψ A
1=
d
r{|Ψ
Ψ
Ψ A†)=

8m2c 2
8m2c 2
⌡
⌠
p2
p2

A†+
A†)(Ψ A +
A
4
=
dV(Ψ
Ψ
2c 2
2c 2Ψ ) + O(1/c ).

8m
8m
⌡
Quindi,
p2
φ ≈ (Ψ A +
Ψ A ).
8m2c 2
p2
)φ.
8m2c 2
Per ottenere una equazione per φ, basta inserire la
trasformazione nella equazione (7) che determina Ψ A :
A questo ordine, la trasformazione inversa e' Ψ A ≈(1 -
( ε - eV)(1 -
p2
)φ =
8m2c 2
.p
ε-eV
1
p2
[1](
p)(1
)φ
2m 2mc 2
8m2c 2
.
(9)
Si vede ad occhio che il limite non relativistico e' l'equazione di Pauli.
Ma noi vogliamo una equazione corretta al secondo ordine, ed anzi
nella (9) c'e' ancora un termine di ordine superiore da trascurare.
Svolgendo il prodotto a secondo membro, escludiamo il termine del
quarto ordine, e resta
.p ε-eV
1
p2
.p
( p)(1 )φ
( p)φ ,
2m
8m2c 2
2m 2mc 2
mentre il primo membro e'
( ε - eV)φ -
p2
p2
ε
φ
+
eV
φ.
8m2c 2
8m2c 2
A questo punto il problema e' quello di mettere in forma hamiltoniana
questa equazione. Il primo membro contiene un termine εφ, che e'
necessario allo scopo; si deve notare che ε compare anche altrove, sia
a primo che a secondo membro, ma sono termini in cui εφ figura sotto
l'azione di un operatore O(1/c2). Per eliminare ε da questi termini,
=92=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
non compatibili con la forma hamiltoniana, ma piccoli, possiamo
p2
sostituirvi εφ con la sua approssimazione 0, cioe' con (
+eV)φ. Cosi'
2m
p2
p2
p2
εφ≈.
(
+eV)φ.
8m2c 2
8m2c 2 2m
Raccogliendo i termini, si trova
p2
p2
p2
(ε-eV)φ [
+eV]φ
+eV
φ=
8m2c 2 2m
8m2c 2
( p)( p)
( p)( p) p2
p2
e
=[
(1)
(
+eV) +
( p)V( p)]φ.
2
2
2
2
2m
8m c
4m c
2m
4m2c 2
Poiche' ( p)( p)=p 2I si puo' finalmente riscrivere l'equazione
nella forma Hφ=εφ, con
p2
p4
e
1 2
H=
+ eV +
[(
p)V(
p)(p V+Vp2)] . (10)
2m
8m3c 2 4m2c 2
2
Il nostro scopo e' cosi' raggiunto, ma possiamo riscrivere il
risultato in forma piu' semplice, applicando ripetutamente la
(1.1). Notiamo che
__
( p)V( p) = V( p)( p) + ( pV)( p) = Vp2 +i h ( E)( p);
ma
( E)( p) = Ep+i (Exp);
quindi
__
__
( p)V( p) = Vp2 +i h Ep- h (Exp).
Pertanto, i termini complicati contenenti V sono
1
-1
__
__
[( p)V( p)- (p 2V+Vp2)] = (p 2V-Vp2) +i h Ep- h (E∧p).
2
2
Il commutatore si calcola, come al solito, facendolo agire su una
funzione di prova, e risulta:
__
__
__
__
(p 2V -Vp2) = - h 2∇ 2V -2i h ∇ V.p= h 2divE+2i h Ep.
Alfine, otteniamo l'espressione cercata,
__
p2
p4
eh
H=
+eV 2m
8m3c 2 4m2c 2
__
eh 2
(Exp)divE .
8m2c 2
(11)
Le correzioni relativistiche hanno la seguente
interpretazione fisica. Il termine in p4 viene evidentemente
dall'espansione dell'energia cinetica.
Nel termine successivo, se V ha simmetria centrale, si puo'
dV r
scrivere E=e si ottiene
dr r
__
__
eh
eh
dV
e
dV
(
(Exp))
=
(
(rxp))
=
(sL) = HSO.
4m2c 2
4m2c 2r dr
2m2c 2r dr
=93=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Evidentemente, HSO e' l'interazione spin-orbita, che agisce su tutti
gli stati atomici esclusi gli stati s.
Il termine in divE, che agisce solo sugli stati s, ed e' noto
come termine di Darwin, puo' essere interpretato
qualitativamente come una manifestazione dello Zitterbewegung.
A breve distanza dal nucleo, dove il campo e' piu' forte, si fa'
sentire il fatto che la posizione dell'elettrone non puo' essere
definita esattamente. La coordinata r ha fluttuazioni di
__
frequenza caratteristica 2mc2/ h con spostamenti δr in tutte le
__
h
1
direzioni di entita' δx ≈
. Un elettrone che fluttuando
mc
intorno a r si trovasse a un certo istante in r+δr sentirebbe un
potenziale effettivo
∂2V
V(r+δr) = V(r) +δr. ∇ V +(1/2)Σij δri δrj
+ ...
∂ri ∂rj
Se facciamo una media temporale,
δij __
h 2
2
<δri>=0 e <δri δrj > = (1/3) δij <δx > ≈
) .
(
3 mc
Cio' comporta una correzione al potenziale di
__
h 2 ∇2
<V(r+δr) - V(r)> ≈ (1/2)(1/3) (
)
V.
mc
Questo corrisponde al termine di Darwin (il fattore e' 1/6
anziche' 1/8, ma l'argomento e' molto euristico). Nell'ambito
della teoria del mare di Dirac, l'effetto puo' essere descritto
come segue 2. Nelle sue immediate vicinanze, il forte campo del
nucleo crea coppie virtuali elettrone-positrone (polarizzazione
del vuoto). Queste sono analoghe alle coppie elettrone-lacuna
che producono la polarizzabilita' di un dielettrico. Il fatto che Ψ
ha componenti positroniche virtuali3 comporta che l'elettrone
atomico puo' annichilarsi con il positrone di una coppia, e
l'elettrone della coppia diventa allora l'elettrone atomico. La
violazione della conservazione dell'energia associata alla
creazione di una coppia virtuale e' ≈2mc 2 , quindi essa vive per un
__
h
tempo ∆t ≈
, nel quale tempo l'elettrone della coppia puo'
2mc 2
1nel senso che tutte le componenti fluttuano.
2Questo argomento e' svolto nel libro di J.J. Sakurai, Advanced Quantum
Mechanics", Addison-Wesley (1967) pag. 138 e seguenti.
3Piu' propriamente, Ψ ha overlap non nullo con stati di onda piana di
energia negativa, che vanno interpretati come stati di positrone. Tutto cio'
e' contenuto nell'equazione di Dirac interpretata come equazione di campo.
La descrizione fisica andrebbe poi completata con le correzioni radiative
della elettrodinamica quantistica. Il termine di Darwin e' cio' che rimane di
questi fenomeni se si insiste nella interpretazione a particella singola.
=94=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
__
h
aver percorso al piu' una distanza c∆t ≈
, che e' dell'ordine di
2mc
δx.
La polarizzazione del vuoto rivela la struttura complessa del
vuoto fisico, che e' profondamente diverso dall'idea ingenua di
una regione di spazio priva di particelle e di campi. Tale struttura
e' un fatto reale, che ha sui livelli energetici degli atomi effetti
osservabili. Vi sono ulteriori effetti della polarizzazione del vuoto
che non sono contenuti nell'equazione di Dirac; si tratta di
correzioni di elettrodinamica quantistica, e ne riparleremo piu'
avanti.
Il procedimento or ora eseguito per ottenere una
Hamiltoniana effettiva corretta fino all'ordine 1/c2, che agisce su
uno spinore di Pauli e' una trasformazione canonica approssimata
che partendo dagli spinori Ψ A e Ψ B accoppiati conduce a due
spinori (φ e 0) disaccoppiati. Il procedimento si puo' iterare e
fornisce (in linea di principio) una H relativistica valida a tutti gli
ordini, che ha un numero infinito di termini. Un metodo
sistematico per iterare la trasformazione e' stato fornito nel 1950
da Foldy e Wouthuysen.
Avendo da poco apprezzato le ragioni per cui le componenti per uno
spin 1/2 devono essere 4, il lettore puo' essere disorientato a sentire che la
teoria puo' essere riformulata con 2 componenti; e che per giunta si tratta
∂
di una una formulazione del primo ordine in
, che rientra in un quadro
∂t
teorico "alla Pauli". Ma occorre tenere nel debito conto il fatto che cio'
richiede una H con un numero infinito di termini. Con un H infinitamente
complesso, si puo' far di tutto, anche simulare la realta' con un quadro
teorico "sbagliato". L'approccio e' trattabile solo per piccoli v/c, quando
quelle che si cercano sono "correzioni" relativistiche.
4-14 Il momento magnetico anomalo dell'elettrone
Per un elettrone libero, la densita' hamiltoniana e' lo
scalare
_α⋅∇+βmc2}Ψ =εΨ†Ψ,
H= Ψ†HDΨ=Ψ†{-ich
(1)
dove HD e' l'hamiltoniana di Dirac. Introducendo l'interazione
eA
col campo elettromagnetico con p→p, ε→ε-eφ, si ha il
c
termine aggiuntivo
Hint= -e Ψ† αΨA +eΨ†Ψφ.
Ricordando che φ=-i A4 , =i γ4 , si trova
_
Hint = -ie Ψ γµ ΨΑ µ =-J µAµ,
=95=
(2)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
che e' anch'esso ovviamente uno scalare. In termini non relativistici,
essa ha due contributi distinti: l'interazione fra la carica ed il campo, e
quella fra il momento magnetico di spin e il campo. Nella teoria di
Dirac, il fattore giromagnetico e' g=2. In realta' g≈2.0023, κ=(g2)/2=1,1596 10-3 . L'elettrodinamica quantistica spiega questo fatto in
termini di una "correzione al vertice" e da'
e2
g=2(1+κ )≈2[1+
+ ...].
(3)
8π 2ch
/
Possiamo modificare la teoria di Dirac in modo da tenere conto
del valore corretto di g. Bastano a tal fine pure considerazioni di
simmetria. Il campo elettromagnetico e' il tensore
antisimmetrico
∂Aν ∂Aµ
Fµν =
,
∂xµ
∂xν
di componenti
F
 0

 −B
= 3
B
 2
iE
 1
−B
2
B
1
0
iE
3
B
3
0
−B
1
iE
2
−iE 
1
−iE 
2
−iE 
3
0 
(4)
Riprendiamo l'oggetto antisimmetrico visto nel paragrafo 4-7,
σµν = -i γµγν con µ≠ν, σµν =0 per µ=ν,
che, omettendo i termini sotto la diagonale, che sono ovvi, e'
 0 −i 1
.
0
=
.
.

.
.
2
−i
−i
−i
−i
−i
1 3
2
3
0
.
1
4
2
4

.
3 4

0 
(5)
 0 -iσk 
Ora, ricordando che γk = iσ 0  , si ha subito che γi γj = i εijk Σk ,
 k

cioe' γ1γ2=iΣ3 e cicliche. Quindi, commutando γ4 e le componenti
di ,
 0 Σ3
. 0
=
.
.

.
.
−Σ 2
Σ1
0
.
i
i
i
4 1

.
4 3

0 
4 2
=96=
(6)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
_
Sappiamo che Ψ σµν Ψ e' un tensore antisimmetrico. Possiamo
allora combinarlo col tensore elettromagnetico per fare lo
scalare
_
-eh
/ κ
h'= 2mc
[Fµν Ψ σµν Ψ ] ,
(7)
2
dove κ e' una opportuna costante numerica.
Tenendo conto dell'antisimmetria dei tensori, possiamo scrivere:
Fµν σµν
= contributo sopra le diagonali
2
=B3Σ3+B2Σ2+E1γ4γ1 +B1Σ1+E2γ4γ2+E3γ4γ3 =
=B⋅Σ +E⋅γ4
Pertanto, la correzione e'
_
-eh
/
h'= 2mc
κ[ B⋅(Ψ ΣΨ) +E⋅(Ψ † Ψ)] .
(8)
_
Ora, Ψ = Ψ † γ4=(Ψ A † ,-Ψ B † ), e quindi
σ 0 ΨA
_
A
†
B
†
(Ψ Ψ) = (Ψ ,-Ψ )  0 σ  Ψ B  =(Ψ A † Ψ A )-(Ψ B † Ψ B ),



A
dove Ψ e' la componente grande, mentre (Ψ † Ψ) = -i[Ψ A † σ
Ψ B )-(Ψ B † σ ΨA )]. Nel limite non relativistico, vanno a 0 le
componenti piccole ed i termini in E che sono ad esse
proporzionali, e percio'
-eh
/
-eh
/
h' → 2mc
κ ⋅ (Ψ A † σΨA ) =
2κ ⋅ (Ψ A † S Ψ A ) .
2mc
Pertanto, h' ha il significato fisico di una interazione ulteriore
fra spin e campo magnetico ed e' usata, di fatto, per
rappresentare fenomenologicamente, nell'equazione di Dirac, la
parte anomala "aggiuntiva" del fattore giromagnetico.
La QED giustifica la forma di h' e consente anche di
calcolare κ in accordo con l'esperimento. La modifica serve anche
per poter descrivere fenomenologicamente le particelle di spin
1/2 che non sono di Dirac perche' hanno struttura interna
(protone e neutrone).
Il termine elettrico e' necessario perche' nel sistema di
riferimento dell'elettrone il campo elettrico comporta un campo
magnetico che si accoppia con lo spin; ora in un atomo questo
termine va come r -2 e diventa il piu' importante vicino al nucleo.
Questo ha conseguenze spettacolari negli atomi superpesanti
(paragrafo 5-6).
=97=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Capitolo 5: L'Atomo idrogenoide
Lo studio del sistema idrogenoide ci porta a ritrovare la formula semiclassica di
Sommerfeld, ma ci conduce anche nel pieno di problematiche scientifiche di
punta.
5-1-Moto in un campo centrale V(r)
Consideriamo l'Hamiltoniano H=c .p +βmc 2 +V(r). Vogliamo
mettere in risalto la peculiare struttura spin-angolare degli stati di
Dirac in un potenziale centrale, e, analogamente a quanto si fa' nel
caso non relativistico, trovare costanti del moto. La differenza
fondamentale rispetto al caso di Pauli e' che lo spin qui gioca un ruolo
essenziale, mentre la' entrava fenomenologicamente, come un
concetto estraneo introdotto ad hoc nella teoria di Schro"dinger. Cosi'
le stesse operazioni di simmetria, da cui si ricavano le costanti del
moto, mescolano i gradi di liberta' orbitali e di spin.
P(0) V(r)=V(r),
parita'
Poiche'
gli spinori che cerchiamo sono autostati
della parita' , e sappiamo che le componenti grandi Ψ A e quelle
piccole Ψ B sono di parita' definita, ma opposta.
momento angolare
Il momento angolare totale conservato e'
__
h
J = L+
.
(1)
2
Mentre nella teoria di Pauli eravamo costretti a postulare una
interazione spin-orbita H SO ad hoc e ad aggiungerla all'Hamiltoniano
per stabilire una connessione fra gradi di liberta' di spin ed orbitali,
questa connessione si ottiene naturalmente nella teoria di Dirac.
Infatti:
__
[L, H] - = ic h ( ∧ p),
e quindi il momento angolare orbitale L non si conserva. Ricordando
__
che [x i ,pk ] = i h δik ,
[Lz,H] = [Lz,cα.p] = c[xp y -ypx, α xpx +α y py ] = c[xp y ,α xpx] -c[ypx,α y py ] =
__
=cpy α x[x,px]-cp xα y [y,py ] =i h c( ∧p) z.
Abbiamo gia' incontrato l'operatore dello spin,
 0
=  0 
(2)


=98=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
e vediamo se si conserva 1.
 σz 0   mc 2+V c .p 
 0
c [ σz; ⋅p] 
[Σz,H] - = [  0 σ  ,  c .p - m c 2+V ]- =  c [ σ ; ⋅p]
0  ]
z 


z
Ma [σz, ⋅p] = [σz,σxpx+σy py ] =px[σz,σx] + py [σz,σy ], ed utilizzando
[σz,σx]- =2iσy etc. verifichiamo che
[Σz,H] - =-2ic(
x p) z.
(3)
Possiamo etichettare lo spinore di Dirac con mj ; Ψ A e Ψ B lo
hanno in comune. Il quadrato di un momento angolare commuta con
le singole componenti. Insieme con H e Jz, si puo' diagonalizzare J2,
/
h
con autovalori J(J+1)h
/ 2. Poiche' J =L+
e' diagonale a blocchi, lo e'
2
anche
 J 2Pauli 0 
;
J2 =  0 J 2
Pauli 
gli autostati simultanei si ottengono da
ΨA
ΨA
J 2Ψ = J 2  Ψ B  = J(J+1)h
/ 2. Ψ B  ,




(4)
e sono composti da due spinori di Pauli degli stessi J e mj . Cio' e' in
accordo col fatto che i due spinori si trasformano indipendentemente
per rotazioni. Dati J e mj , ci sono due possibilita', che sono le
armoniche sferiche generalizzate:
J=L+1/2
 1
 0
L+mj +1/2 L
L-mj +1/2 L
Y(J,mj ,L)=
Ym -1/2  0 +
Ym +1/2  1
2L+1
2L+1
j
j
J=L-1/2
 1
 0
L-mj +1/2 L
L+mj +1/2 L
Ym -1/2  0 +
Ym +1/2  1 .
2L+1
2L+1
j
j
Le radici sono coefficienti di Clebsh-Gordan e queste soluzioni sono
autostati anche di L2 e S2. Poiche' ciascuno spinore deve avere parita'
definita, queste soluzioni non si possono mescolare; ma le parita'
devono essere opposte, quindi ci sono due possibilita': J=LA +1/2=LB 1/2 o viceversa J=LB +1/2=LA -1/2. Ci sono stati di ambedue i tipi.
Y(J,mj ,L)=-
1Sono talora costretto dal word processor ad indicare il commutatore con [ ]
;
anziche' con [ ,].
=99=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Cosi' risorge il numero quantico L; non va bene per Ψ, ma possiamo
decidere di etichettare Ψ con L=LA , dando la prevalenza alla
componente "grande". Possiamo scrivere 1
 Ψ A   f(r) Y (m j ,J,LA ) 
Ψ =  B  = 
,
(5)
Ψ
 ig(r)Y (m j ,J,LB ) 
dove f e g sono funzioni radiali. Ambedue gli spinori di Pauli sono
autostati di
3
(σ⋅L) = J2 - L24
3
con autovalori (in unita' atomiche) J(J+1)-L(L+1)- . Le due possibilita'
4
sono:
J = L + 1 / 2

J = L - 1 / 2
( σ⋅L) = L = J - 1 / 2
( σ⋅L) =-L-1=-J-3/2.
Operatore K
Vi e' una ulteriore costante del moto, che e' caratteristica della
teoria di Dirac. Per scoprirla, riscriviamo i due casi :
J = L + 1 / 2
( σ⋅L) +1= L =J+1/2

( σ⋅L)+1 =L-1=-J-1/2.
J = L - 1 / 2
Cosi' troviamo un numero quantico per tutto lo spinore di Dirac
definendo l'operatore
 .L+ __
h
0 

__
K = 
__  = β[ L + h ] .
(6)
- ( .L+ h ) 
0
Si puo' verificare che K e' conservato, anche se cio'comporta parecchia
algebra banale e noiosa.
In effetti, K commuta con V perche' V commuta con L ; e' presto visto che K
commuta con βmc 2 ; quindi,
0 X
[K,H] - = c[K, .p]-. =c -X 0 ,
( )
__
__
dove X=( p)( L + h ) + ( .L+ h )( p).; cioe'
X=2h
/σ⋅p +( ⋅p)( ⋅L ) +( ⋅L )( ⋅p) .
Possiamo semplificarlo usando l'identita' (4.1.1),
( ⋅p)( ⋅L )=p⋅L +i ⋅(p∧L )
( ⋅L )( ⋅p)=L ⋅p+i ⋅(L ∧p).
ed il fatto che
p⋅L =px (yp z-zp y)+py(zpx -xp z)+pz(xp y-yp x )=L ⋅p=0.
Rimane
1Le fasi sono scelte in modo che alla fine f e g risultino reali.
=100=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
X=2( .p)
__
h +i .(p ∧ L + L ∧ p).
Ora, dimostrare che X=0 e' elementare, anche se un po' lungo; calcoliamo
(p ∧ L + L ∧ p) x =pyL z-p zL y+L ypz- L zpy.
Si ha il commutatore
pyL z- L zpy=py(xp y-yp x )-(xp y-yp x )p y=ih
/px ,
e analogamente Lypz-p zL y=ih
/px ;
si verifica cosi' che (p ∧ L + L ∧ p) = 2i
__
h p, e ne consegue che K e' conservato.
Poiche' J commuta con ⋅L, K e J sono conservati
simultaneamente. Ne consegue che possiamo diagonalizzare
simultaneamente gli operatori H, K, J 2, J z e la parita'. Inoltre, gli
autovalori possibili di K sono k=+-(J+1/2) = +-1,+-2,+-3,... k=0 e' escluso.
Mentre |k| non ci dice niente di nuovo per classificare uno stato di J
definito, il segno di k e' una etichetta in piu'. In sostanza, k>0 significa
in termini semiclassici che lo spin e' parallelo al momento angolare
orbitale.
Per esempio, per J=1/2, k=±1. Per k=+1, mj =1/2,
 f(r) Y (m j =1/2,J=1/2,LA =0) 
 ;
Ψ(1/2,1/2,1)= 


ig(r)Y (m ,J,L =1)
j
B
 cosθ 
 1
f(r) moltiplica  0 mentre ig moltiplica  sinθeiφ 


 sinθe-iφ 
 0
Per k=+1, mj =-1/2, f(r) moltiplica  1 mentre ig moltiplica  cosθ 


;
cosi' le componenti A sono di tipo s e quelle B di tipo p.
 cosθ 
 1;
Con k=-1 le parti si invertono. Per mj =1/2, Ψ A ∝  sinθeiφ  e Ψ B ∝  0  ;


 sinθe-iφ 
 0;
Per mj =-1/2, Ψ A ∝  cosθ  e Ψ B ∝  1  .


Convenzioni
Le YL m , definite come autofunzioni ortonormali di L2 e Lz, hanno
un fattore di fase arbitrario, e bisogna che i coefficienti di ClebshGordan siano definiti in modo da essere coerenti con la scelta della
fase. Noi seguiamo il Condon-Shortley, il Sakurai, il Kenyon1 e molti
altri libri usando la definizione (in termini di polinomi di Legendre)
1I.R.Kenyon, "Elementary Particle Physics", Routledge&Kegan Paul,London
and New York 1987
=101=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
YL m(θ,φ) =(-1)(m+|m|)/2
(2L+1)(L-|m|)! |m|
PL (cosθ)e imφ ,
4π(L+|m|)!
da cui consegue in particolare che
Y00=
Y11= -
1
4π
, Y10=
3
cosθ,
4π
3
sinθ eiφ , Y1-1 = 8π
3
sinθ e-iφ .
8π
Altri Autori pero' usano definizioni diverse.
.r
r
Se usiamo la (4.1.1) per calcolare ( .r)( .r) otteniamo r2.
.r
Pertanto l'operatore
e' a quadrato unitario. Esso ha la peculiarita'
r
di essere pseudoscalare, perche' un' operazione di parita' trasforma r
in -r e in . Calcoliamo il commutatore
5-2 Operatore pseudoscalare
σz
1
1
r] = [Lz+ ,xσx+yσy +zσz] = σx[Lz,x]+σy [Lz,y]+x [σz,σx]+y [σz,σy].
2
2
2
Ricordando le note relazioni
[σi ,σj ]= 2iεijk σk
[Li ,r j ] = i εijk rk,
concludiamo che [J z, r] =0. Quindi anche [J2, r] =0.
.r
Dunque, l'operatore
e' a quadrato unitario, e commuta con
r
.r
J2 e J z. Se Ψ A ha J2 e J z definiti,
Ψ A ha gli stessi J e m j , ma parita'
r
opposta a quella di Ψ A per la natura pseudoscalare dell'operatore. Dal
.r
momento che Ψ A e' autofunzione di L2 con autovalore LA ,
Ψ A deve
r
essere una somma di componenti con L=LA +-1,LA +-3,LA +-5 etc. che hanno
parita' opposta. Ma il J deve essere lo stesso di Ψ A , e si hanno solo i
due casi J=LA ±1/2. Se LA =J+1/2, rimane solo L=J-1/2, mentre se LA =J.r
1/2, rimane solo L=J+1/2; in ogni caso,
Ψ A ha L=LB . In effetti,
r
vogliamo mostrare che
[J z,
=102=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
.





.r
Y(J,mj ,LA) = - Y(J,mj ,LB )
r
.r
Y(J,mj ,LB ) = - Y(J,mj ,,LA )
r
(1)
.
(2)
Che la relazione comporti un fattore di fase +-1, lo stesso in ambedue i
casi, e' ovvio perche' ( .r/r) 2=1; che sia proprio un (-) dipende dalle
convenzioni di fase con cui si definiscono le armoniche sferiche (e
quindi si costruiscono gli Y ). Uno puo' convincersene applicando
l'operatore agli spinori espliciti degli esempi precedenti. Ad esempio,
J=1/2 puo' aversi con LA =0 e LB =1. Allora, Y(J z=1/2,J=1/2,LA =0) si
ottiene scegliendo J=L+1/2, e risulta
1  1
  ;
4π  0
d'altra parte, con le nostre convenzioni, scegliendo J=L-1/2,
Y(J=1/2,mj =1/2,LA=0) =
Y(J=1/2,mj =1/2,LB =1)=-
1
3
 1
Y10 0 +
2 1  0
Y   =3 1 1
1  cosθ 

;
4π  sinθeiφ 
usando l'operatore pseudoscalare
⋅r  cosθ
s i n θe-iφ 
=  sinθeiφ
- c o s θ  ,
r

si trova
⋅r
1  cosθ 
Y
(J z=1/2,J=1/2,LA =0)=

 = - Y(J z=1/2,J=1/2,LB =1).
r
4π  sinθeiφ 
5-3 Equazione di Dirac in forma radiale
∂
1∂
1
, ∂θ ,
∂r r
rsin(θ)
\f(∂ ,∂φ)) , e separare le derivate radiali da quelle angolari. Poiche'
0
p
p= . p 0  , occupiamoci di .p. Sapendo che ( r/r) e' a quadrato


unitario, scriviamo
⋅r
⋅r
( ⋅p) = ( ) 2( ⋅p) = 2 ( ⋅r)( ⋅p),
r
r
ed usando di nuovo la (4.1.1) otteniamo
⋅r
( ⋅p) = 2 {r⋅p + i ⋅L} .
(1)
r
Vogliamo passare a coordinate sferiche, con ∇=(
=103=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
r⋅p
__ ∂
=-i h
che e' in forma radiale.
r
∂r
⋅r
0

{r⋅p
+
i
⋅L}


r2
Cosi' ⋅p= ⋅r
.
 2 {r⋅p + i ⋅L} 0 
r

⋅r
Possiamo "mettere in evidenza" un fattore
come segue:
r
dove compare
0 ⋅r   r⋅p
 r  r
⋅p= ⋅r  
 0 0
r 
+
i ⋅L

0 
r
r⋅p
i ⋅L

+
r
r 
r⋅p
= αr [
.I +i ⋅L/r] .
r
(2)
.
0 ⋅r 
 r
L'operatore α r =  ⋅r  =
 0
r 
⋅r/r si chiama velocita' radiale di Dirac.
In luogo di ⋅L conviene pero' far comparire K = β[ ⋅L +I],
che e' una costante del moto e puo' essere sostituito dal suo
autovalore k. Poiche' β 2=I, ⋅L = βK - I, e quindi
icα r βk
H = cα r pr +
+βmc 2 +V(r)
(3)
r
dove si e' posto, seguendo una notazione tradizionale,
r⋅p h
/
__
pr = (
-i ) =-i h (∂ /∂r +1/r) .
r
r
Le sole derivate rimaste sono rispetto a r. Esplicitamente,
ponendo c=1,
V + m ( ⋅r)[p -ik]
r r 

r
H =  ⋅r

( )[pr +ik] V - m 
 r

r
(4)
e l'equazione di Dirac diventa
(V+m)ΨA +

 ⋅r
( )[pr +ik]
 r
r
(
⋅r
k
)[p r -i ] Ψ B = E Ψ A
r
r
ΨA + ( V - m ) ΨB = E ΨB
.
Non resta che separare le variabili spin-angolari con
=104=
(5)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
 Ψ A   f(r) Y(J,m j ,LA ) 
,
Ψ =  Ψ B  = 

  ig(r)Y(J,m j ,LB ) 
ricordando le proprieta' dell'operatore pseudoscalare. Si trovano
finalmente le equazioni radiali
(V+m)f -ip g - kg = E f

r
r

-pr f -i kf + i ( V - m ) g = E

r
i g .
(6)
La tecnica di soluzione e' ora analoga a quelle usate nei casi di
Schro"dinger e di Klein-Gordon. Posto f=F/r, g=G/r, cosicche' ad
esempio
∂ 1 G
1 ∂G
( + )( )=
,
∂r r
r
r ∂r
si ottiene la forma ridotta ; ripristinando c,
E-mc2-V F + dG + KG = 0
 __
dr
r
h c
E+mc
2
 __ -V G - dF + KF = 0
(7)
 h c
dr
r
Occorre notare che le (7) prendono varie forme diverse nei vari libri
a causa di diverse convenzioni e notazioni.
5-4 Funzioni radiali idrogenoidi
Ci limiteremo agli stati dello spettro discreto. Se E e' compreso
mc 2 +E
mc 2 - E
fra -mc2 e mc 2, A=
e
B=
sono positivi; si tratta di
__
__
h c
h c
lunghezze inverse che caratterizzano gli stati legati. Per un atomo
-Ze 2
Ze2
idrogenoide, V=
, e conviene riscrivere le (3.7) con Zα = __
,
r
h c
e cioe'
[-B + Zα] F + dG + kG = 0

r
dr
r

[A + Zα ] G - dF + kF = 0 .
(1)

r
dr
r
=105=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
E' meglio rendere il tutto adimensionale, introducendo la
m2c 4 - E 2
lunghezza caratteristica inversa D = AB =
e ponendo ρ
__
h c
=rD. Si ottiene la forma adimensionale
[ B
D
A
[
D
Zα
dG
kG
ρ ]F(ρ) = dρ + ρ
Zα
dF
kF
+ ρ ]G(ρ) =
- ρ
dρ
-
.
(2)
La cosa migliore e' cercare una soluzione particolare, valida per
lo stato fondamentale e gli stati s, per poi generalizzarla.
Caso particolare .
Inseriamo nelle (2) la soluzione tentativa (ansatz)
F(ρ) = a ρ s e - ρ

G(ρ) = b ρ s e - ρ.
(3)
analoga al caso di Klein-Gordon; s e' un parametro reale da
determinare. Il sistema diventa
[ B
D
A
[
D
-
Zα
s+K
ρ ] a = (-1 + ρ ) b
Zα
s-K
+ ρ ] b = (-1 + ρ ) a
;
(4)
I termini in 1/ρ devono annullarsi separatamente, cioe'
b(s+K) = -aZα

a(s-K) = Zαb
(5)
quindi s2-K2 = -Z2α 2.
Poiche' abbiamo supposto s reale, e il minimo valore di K2 e' 1, il
nostro ansatz vale solo per Zα<1; tutti i nuclei, d'altra parte, hanno
Z<137. Ci sono due radici reali, ma solo quella positiva
s= K2-Z2α 2
(6)
=106=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
e' accettabile, perche' s<0 farebbe divergere l'integrale < ρ >
nell'origine. Se ne deduce che s<|K| . Dai termini costanti si hanno le
condizioni
B
D
A

D
a = -b
b =-a
(7)
AB
=1; le
D2
(7) fissano quindi il rapporto b/a=-B/D. Questo rapporto e' negativo, e
-Zα
dalla prima delle (5) risulta uguale a
; dal momento che s<|K| cio'
s+K
comporta che questo tipo di soluzioni ha K>0.
che sono compatibili perche' dalla definizione di D consegue
Ricaviamo gli autovalori dell'energia. Dalle (7),
B-A -b
a
=
+
.
D
a
b
I due rapporti a secondo membro possono essere ricavati dalle (5), ed
2s
-2s
il secondo membro risulta uguale a Zα 2 2 =
(dove si e' usata la
s -K
Zα
(6)); la condizione agli autovalori e' quindi
A-B
2s
=
;
(7 bis)
D
Zα
ora basta inserire in luogo di A,B e D le loro definizioni
mc 2+E
mc 2-E
__
__
( h c)
( h c)
m2c 4-E2
__
( h c)
≡
2E
m2c 4-E2
=
2s
Zα
e risolvere per E per ottenere gli autovalori
E=
mc 2
Zα
1+( ) 2
s
=
mc 2
1+(
Zα
(8)
)2
K2-Z2α 2
Controlleremo che gli stati ottenuti corrispondono agli stati
1s1/2, 2p3/2, 3d5/2, ... della teoria non relativistica, cioe' quelli di
massimo j per ogni n.
Soluzione generale (per livelli discreti, con Zα<1)
=107=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Poniamo
 F( ρ) = ρse- ρ ∑N aν ρν

ν=0

G(ρ) = ρse- ρ ∑N bν ρν

ν=0
(9)
Quelle appena trovate sono le soluzioni che corrispondono a N=0.
Poiche'
s+ν
d
[ρ s+ν e- ρ] = [ρ s+ν e- ρ] {-1 + ρ },
dρ
inserendo nelle (2) si ottiene, in luogo delle (4)
 B
D

A
D
N
N
N
N
ν
ν−1
ν
a
ρ
Z
α
a
ρ
=
b
ρ
+
∑ν
∑ν
∑ ν
∑bν (s+ν+K)ρν−1
0
0
0
0
N
∑bν ρν
0
+Zα
N
∑bν ρν−1
0
= -
N
∑aν ρν
0
+
N
∑aν (s+ν-K)ρν−1
0
.
(10)
Eguagliando a 0 i coefficienti di ρ -1 si ottiene
-Zαa = b (s+K)
0
0

Zαb
=
a
(5)

0
0 (s-K);
si e' cioe' ritrovato il sistema (5), da cui segue la (6), s= K2-Z2α 2 .
Eguagliamo ora a 0 i coefficienti di ρ ν-1 con ν>0. La generalizzazione
del sistema (7) e'
 B a - Z αa = -b + b ( s + ν + K )
D ν-1
ν
ν-1
ν
A
 b ν-1 + Z αbν = -a ν-1 + a ν ( s + ν - K ) ;
(11)
D
in generale b0/a0 puo' essere sia positivo che negativo, e K puo' essere
qualsiasi intero non nullo.
Per eliminare aν-1 e bν-1 , moltiplichiamo la prima per D e la seconda
per B;
Baν-1 - Z αDaν = -Db ν-1 +Db ν ( s + ν + K )

AB
 D b ν-1 + Z αBbν = -Ba ν-1 +Ba ν ( s + ν - K )
e sottraiamo, usando AB/D=D. Resta
=108=
(12)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
aν [ -ZαD + B(s +ν -K)] = bν [D(s+ν +K) +BZα] .
(13)
La condizione per gli autovalori e' analoga a quella del modello di
Schro"dinger: si impone, cioe' che i polinomi siano di grado finito.
Riscrivendo il sistema (12) con
ν-1 =N si impone aN+1=bN+1=0. Le condizioni
BaN = -D b N
AbN=-Da N
sono in realta' identiche perche' AB=D2. Il rapporto aN/bN e' pero' gia'
fissato dalla (13) se adesso poniamo ν=N. Sostituiamovi dunque bν con
-Ba ν
con ν=N e semplifichiamo. La dipendenza da k scompare.
D
Otteniamo la condizione
B2
A-B
2B(s+N) = Zα(D) ≡ ZαB(
).
D
D
Rispetto al caso particolare N=0 (Equazione 7 bis) l'unico
cambiamento e' s→s+N. E' ovvio quindi che risolvendo per E si ottiene
finalmente la formula generale per gli autovalori1 nella forma
EN,K =
mc 2
Zα
1+(
)2
s+N
mc 2
=
1+(
Zα
.
(14)
)2
N+ K2-Z2α 2
5-5 Livelli idrogenoidi: confronto col caso non relativistico
Osserviamo lo schema dei livelli e la sua corrispondenza con
quanto previsto dalla teoria di Pauli con correzioni relativistiche. I
livelli piu' bassi sono:
3d5/2
_________ N=0, k=3
3d3/2,3p3/2 _________ N=1, k=±2
3s 1/2 ,3p1/2
2p3/2
2s 1/2 ,2p1/2
_________ N=2, k=±1
E=
1
mc2 9-Z 2α 2
3
mc 2
Zα
1+(
)2
2
2
1+ 4-Z α
mc 2
Zα
1+(
)2
2
2
2+ 1-Z α
_________ N=0,k=2
1
mc2 4-Z 2α 2
2
_________ N=1,k=±1
mc 2
1+ 1-Z 2α 2
2
1La coincidenza con la formula di Sommerfeld e' esatta, ma evidentemente
alquanto fortuita. Nel 1916 Sommerfeld non poteva sapere nulla dello spin.
=109=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1s 1/2
_________
N=0,k=1
mc2 1-Z 2α 2
Si nota che il numero quantico principale e' dato da n = N +|k|.
Espandiamo EN,K per Zα<<1 (campo basso, moto non relativistico);
espandiamo dapprima in potenze di
Zα
x ≡(
),
N+ K2-Z2α 2
1
x2 3x4
con
≈1 +
+...
2
8
1+x2
Trascurando termini di ordine superiore al quarto,
Zα
1
3 Zα 4
2 +
(
)
(
) }.
2 N+ K2-Z2α 2
8 N+|K|
1 Zα 2
Espandiamo anche x. Poiche' K2-Z2α 2 ≈ |Κ|[1 ( ) ],
2 K
Zα
Zα
Zα
(Zα) 2
1
x≈
=
≈
{1+
}.
Z2α 2
N+|k|
(Zα) 2
N+|k|
2|k|[N+|k|]
N+|k| 1 2|k|
2|k|[N+|k|]
Ormai e' evidente che tutto dipende solo da |k| = J+1/2 e da n=N+|k|.
Eliminando ancora termini di ordine superiore, si ottiene
1 (Zα) 2 (Zα) 4 1 3
2
EN,K = mc { 1 [
]}
(1)
2 n2
2n3
|K| 4n
EN,K = mc 2{ 1 -
Il primo termine e' l'energia di riposo. Il secondo e'
l'approssimazione non relativistica, con n= N+|K| = 1,2,3 ... numero
quantico principale. Come nella teoria di Sommerfeld, esso ha un
contributo da un integrale del moto "angolare". L'ultimo termine da' le
correzioni di struttura fine; per dato n, i livelli sono individuati da |K| =
J+1/2. La scissione dei livelli e' importante per Z grandi ed n piccoli.
Per i livelli interni di atomi pesanti occorre la formula esatta. Per esempio,
con Z=92, (Zα) 2 ≈ (92/137)2 ≈ 0.45096, e la formula non relativistica con n=1 da'
una energia di legame ≈0.22548 mc2, mentre quella di Dirac da' ≈ 0.259028 mc2. La
differenza e' pari a 0.03355 mc2; nel caso di un elettrone, mc2≈ 0.5 MeV, l'energia
di legame ammonta a ≈ 129 KeV e la correzione e' di circa 16,8 KeV; per un muone
ovviamente sarebbe ancora piu' grossa1 . La correzione in (Zα) 4 e' solo di .02542
mc 2, e ci lascia con un errore di 4 KeV.
Nella teoria di Dirac, i numeri quantici sono Π, J z, J 2, k, N ; pero'
|k|=j+1/2, e quelli indipendenti sono Π, J z,J 2, sign(k), N. Nello schema
di Pauli, viene assegnato LA ; questo ci informa sulla parita' Π=(-) L A e su
1Il mesone µ e' una particella di Dirac con spin 1/2, massa ≈ 207 volte quella
dell'elettrone e tempo di vita τ≈ 2.2 10-6 s.
=110=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
sign(k) (positivo se LA =j-1/2). Quindi, i numeri quantici di Pauli sono
adeguati allo scopo di classificare gli stati.
I livelli energetici dell'atomo di Schro"dinger dipendono solo
da n. Questo e' un esempio di degenerazione "accidentale" , cioe'
non spiegata dalla sola simmetria sferica del problema. Con un
potenziale centrale ma non coulombiano, i livelli dipenderebbero
anche da L. La struttura fine relativistica rimuove quasi tutta
questa degenerazione; rimangono degeneri nella teoria di Dirac le
coppie di stati con lo stesso J ma L diverso, come per esempio
(2s 1/2 ,2p1/2), (3s1/2 ,3p1/2), (3p3/2 ,3d3/2) ... che differiscono
solo per il segno di k. Come vedremo, questo e' un altro esempio
di degenerazione "accidentale".
5-6 Atomi superpesanti
La soluzione del problema idrogenoide che abbiamo discusso
vale non per tutto lo spettro discreto -mc2<E<mc2, ma solo per
0<E<mc2. Infatti, al crescere di Z accade qualcosa di veramente
/c
h
peculiare. La lunghezza caratteristica D -1 =
, che compare
m2c 4-E2
nelle equazioni radiali e diverge alla soglia dei due continui (per
E=±mc 2), diminuisce fino a diventare una lunghezza di Compton per
E→0: allora, l'elettrone e' localizzato al punto che l'interpretazione di
Ψ come funzione d'onda cessa di avere senso fisico. Inoltre in tali
condizioni l'interazione dominante e' quella (elettrica) dovuta al
momento magnetico anomalo! Bisogna tenerne conto per calcolare i
livelli, che dipendono dal segno di k. L'equazione radiale in unita'
m=1,c=1 e'
 1-Zα - d -k - µZα   F   F 
 r dr r r2     
 d k Zα
   = E  ,
 - - µ 2 - 1 - Zα G G
dr r r
r 
dove µ = 0.00058.
Anche se non c'e' soluzione esatta, il calcolo e' stato esteso
numericamente1 alle energie negative. Per -mc2< E <0, gli stati restano
localizzati, anche se D-1 aumenta di nuovo.
Questo si capisce facilmente considerando l'andamento per ρ→∞ delle equazioni
radiali (4.2), che valgono per A e B positivi, e quindi per -mc2 < E< mc2:
B
dG
F(ρ) =
D
dρ
A
dF
G(ρ) =
.
(1)
D
dρ



1Bernd Thaller, "The Dirac Equation", Springer Verlag (1992)
=111=
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Le (1) non dipendono esplicitamente da Zα (ne dipendono solo attraverso E) ed
ammettono soluzioni localizzate della forma F(ρ) =a e- ρ, G(ρ)=be- ρ.
L' energia dello stato fondamentale, che e' ≈0 per Z=137, per Z poco
piu' grandi e' negativa e compresa fra -mc 2 e 0; per Z ancora maggiori,
infine, lo stato fondamentale si immerge nel continuo di energia
negativa. Poi si immergono anche gli stati 2s1/2 e 2p1/2, etc. Quando
l'energia dello stato e' nel mare negativo, D e' immaginario: le funzioni
radiali cessano di essere esponenzialmente confinate entro l'atomo ma
acquistano una componente oscillatoria non smorzata. Gli stati
diventano 'risonanze'1.
Non ci sono problemi per la materia ordinaria, neppur per
l'elettrone piu' interno dell'atomo di U, che conserva il 74.1% della
massa-energia di un elettrone libero. Ma questa non e' una buona
ragione per non cercare di capire che fenomeni predice la teoria. Il
fatto che per ragioni di Fisica Nucleare non esistano atomi con Z ≥α -1
non toglie che il risultato contiene uno dei famosi "paradossi" della
teoria di Dirac, simile a quello di Klein. Dobbiamo quindi interpretarlo,
e chiederci se vi sono conseguenze osservabili. Vedremo che ve ne
sono.
La singolarita' del potenziale coulombiano e' responsabile solo in
parte della patologia della (5.2). Sono stati fatti recentemente calcoli
piu' raffinati che tengono conto delle dimensioni finite del nucleo2,
con il risultato che l'energia di legame EB del livello 1s raggiunge mc2
per Z=150 e 2mc 2 per Z= Zcrit =173. Da quel punto in poi, il livello si
immerge nel continuo di energia negativa, e si trasforma in una
risonanza che per esempio per Z≈190 ha una larghezza ≈ qualche KeV.
Tale larghezza corrisponde ad un tempo di vita dell'ordine di 10-19 s.
L'interpretazione fisica corretta e' che stiamo assistendo ad un
fenomeno nuovo, cioe' al collasso del vuoto. C'e' una chiara analogia
col breakdown dielettrico che avviene in un solido se il campo E e'
cosi intenso che
eEa ≈ Egap
(a= parametro reticolare ≈ 1Å , Egap ≈10 eV ⇒ E = 109V/cm ci porta in
pieno breakdown: in realta' questo e' un limite superiore). Il campo
elettrico straordinariamente intenso di un nucleo superpesante (da
Zcrit in poi) rende instabile il vuoto rispetto alla creazione di coppie
reali3. Il criterio analogo e'
1cioe' hanno una certa larghezza in energia che corrisponde ad un tempo
di vita finito. Non c'e' un vero spettro discreto.
2Questo e' facile da farsi, perche' il volume del nucleo cresce linearmente
col numero di nucleoni, e la densita' di carica e' approssimativamente
uniforme.
3Si ritiene che nuclei di Z sufficientemente alto, se si potessero formare,
sarebbero stabili, perche' il collasso del vuoto schermerebbe il campo
Coulombiano abbastanza da far vincere di nuovo le interazioni forti.
=112=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
eEλ C = 2mc 2 ≈106eV con λ C =4 10-11 cm ⇒ E = 2.5 1016 V/cm.
Normalmente, un livello che si trova nel continuo di energia
negativa e' pieno. Supponiamo allora di creare un tale nucleo privo di
elettroni 1s. Ben presto, il livello sarebbe doppiamente riempito dagli
elettroni del mare, che lascerebbero cosi' due buchi. Dopo la doppia
creazione spontanea di coppie, gli elettroni resterebbero legati, ma i
positroni sarebbero liberi. Si assisterebbe alla emissione spontanea di
due positroni monocromatici, ciascuno di energia cinetica |EB | -2mc2.
Attualmente sono in corso esperimenti volti allo studio di tali
positroni, da parte del gruppo di Christoph Schmelzed alla Gesellshaft
fu
"r Schwerionenforschung di Darmstadt. La tecnica usata consiste
nello studio di collisioni, con piccolo parametro di impatto, di ioni
pesanti (ad esempio Pb+Pb, U+U) accelerati fino a 1 GeV ed oltre, a
velocita' dell'ordine di 0.1 c. La distanza minima fra i due nuclei e'
tipicamente dell'ordine di 20 fm (1 fm = 10 -13 cm). Durante la
collisione, gli elettroni sono sotto l'influenza di ambedue i nuclei e si
aggiustano quasi adiabaticamente man mano che la loro distanza
cambia. Per ogni posizione istantanea dei nuclei, si puo' parlare di stati
elettronici quasi-molecolari, ottenibili risolvendo l'equazione di Dirac
a due centri1. Tuttavia, poiche' gli atomi si muovono, e vi possono
essere collisioni anche con gli altri elettroni del sistema, esiste una
probabilita' finita e misurabile che gli elettroni appartenenti al livello
quasi-molecolare piu' interno vengano promossi o allontanati, e cioe'
che si crei una lacuna K reale.
Quando questo accade e il livello si trova nel continuo di energia
negativa, l'emissione spontanea di positroni e' possibile. Per U+U,
questo richiede una distanza internucleare <30 fm, e tale condizione e'
soddisfatta nelle condizioni sperimentali descritte per tempi
dell'ordine di 10-21 s. In tale tempo il livello energetico percorre un
certo intervallo di valori e quindi ci aspettiamo di vedere uno spettro
continuo, piuttosto che una riga monocromatica. Un altro contributo
al continuo di positroni deriva dalla rapida variazione del potenziale,
che e' anch'essa capace di creare coppie (uno stato elettronico di
energia positiva che e' autostato del problema al tempo t non e'
ortogonale con gli autostati di energia negativa di un tempo successivo
t + ∆t).
Una emissione di positroni e' stata osservata2. Gli spettri sono
larghi ~
– 1MeV e mostrano una componente continua, alla quale sono
sovrapposte righe strette (di larghezza ~
– 100 KeV). Tenendo conto della
+
_
produzione di coppie e e dovuta al campo variabile dei nuclei e della
emissione di e+ da parte delle lacune K e' stato possibile interpretare in
dettaglio l'andamento della componente continua nonostante le molte
1Cfr. W. Greiner, Theoretical Physics 3, Relativistic Quantum Mechanics,
Springer Verlag Berlin 1990
2P.Kienle, "Strong Field Atomic Processes", Europhysics News 20,99 (1989)
=113=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
complicazioni che intervengono in siffatti processi di alta energia. La
teoria quantitativa e' ovviamente complicata, ma ha successo.
Le righe discrete, d'altra parte, sono difficili da spiegare per i
motivi seguenti:
1) Sono presenti anche per Z<Z crit.
2) La loro larghezza indica il tempo di vita dello stato che decadendo
genera i positroni; il problema e' che risulta piu' lungo della durata del
quasi-atomo.
3) Studiando diversi sistemi, come U+U, U+Th, Th+Th, etc., si e' visto
che le energie delle righe discrete sono indipendenti dalle coppie di
atomi partecipanti alla collisione. Le energie osservate si addensano
attorno ad alcuni valori caratteristici; c'e' un gruppo a ~
– 250 KeV , un
altro piu' largo fra ~
– 320 e ~
– 360 KeV che e' stato anch'esso osservato
per un largo intervallo di Z, e c'e' evidenza di almeno un'altra energia
caratteristica a ~
– 400 KeV.
Si ipotizza che questi e+ vengano da coppie e+e- prodotte dal
decadimento di una particella neutra e dei suoi stati eccitati; questa
ipotetica particella non dovrebbe coincidere con alcuna di quelle
prodotte fin qui negli esperimenti di alta energia. Diversi stati eccitati
della particella avrebbero masse diverse e le energie caratteristiche
dei positroni corrisponderebbero allo spettro delle masse.
5-7 Lamb shift e correzioni radiative
In questo paragrafo parliamo qualitativamente di effetti che non
sono contenuti nell'equazione di Dirac e che richiedono, per una
comprensione quantitativa, i metodi della elettrodinamica quantistica
(QED). Anche se abbiamo in programma qualche semplice calcolo di
questo tipo, ci contentiamo per ora di un approccio fenomenologico.
Nella teoria di Dirac, gli stati dell'Idrogeno con gli stessi n,J ma
con diverso LA sono, come si e' visto, degeneri. Nel 1947 pero' Lamb e
Retherford scoprirono una separazione fra 2s1/2 e 2p1/2 . Si tratta di
una differenza piccolissima, che corrisponde a una frequenza di 1060
Mhz, cioe' 3.5 10-2 cm -1 , ovvero 4.3 10 -6 eV. Il livello 2s1/2 e' il piu'
alto1.
L'esperimento consisteva nel provocare con una radiofrequenza
transizioni stimolate 2 dal 2s1/2 al 2p1/2 o al 2p3/2. Eccitando con
elettroni da 10.2 eV un fascio di atomi di H, si popolavano i livelli n=2;
mentre pero' i 2p decadono in ≈1.6 10-9 s, il 2s e' metastabile3, con un
1Si tratta, beninteso, di deviazioni davvero minuscole dalla teoria di Dirac.
Se non ci fosse stata una teoria relativistica cosi' precisa, non avremmo
certo potuto apprezzare nello spettro dell'Idrogeno effetti piccolissimi ma di
grande interesse fisico.
2Ricordiamo che le regole di selezione di dipolo impongono ∆ L=±1 e parita'
opposta, mentre ∆J = 0,±1. Qui sono evidentemente rispettate.
3il decadimento avviene per un processo a due fotoni; studieremo questo
genere di processi nel Capitolo 14.
=114=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
tempo di vita di ≈1/7 s. Gli atomi eccitati sono facilmente rivelabili
perche' se incidono su una superficie possono cedere l'energia di
eccitazione causando l'emissione di elettroni.
Sottoponendo alla radiofrequenza il fascio contenente gli atomi
eccitati , gli atomi nel 2s transiscono al 2p e quindi rapidamente allo
stato fondamentale. Una radiofrequenza corrispondente alla
separazione 2s 1/2 -2p1/2 o alla separazione 2s 1/2 -2p3/2 provoca
pertanto una diminuzione del numero di atomi eccitati nel rivelatore1.
Dobbiamo quindi chiederci cosa manca al modello idrogenoide
di Dirac, che non prevede una separazione fra 2s1/2 e 2p1/2 . Piu' in
generale, vogliamo capire quali effetti fisici occorre ancora includere
nella teoria di Dirac, che gia' sappiamo essere fondamentalmente
corretta, per avere un modello veramente realistico. Ebbene, dopo
aver descritto correttamente l'elettrone, bisogna fare altrettanto col
nucleo e col campo. Il fatto che il nucleo non sia in realta' un punto
materiale carico provoca le correzioni iperfini, che studieremo.
Inoltre, la teoria di Dirac tratta l'elettrone in modo quantistico e
relativistico, ma il campo in modo classico, come un campo
elettrostatico; e' vero che le conseguenze della massa finita del nucleo
possono essere incluse in larga misura usando la massa ridotta, ma, se
il nucleo si muove, il campo non e' piu' esattamente coulombiano. La
correzione che ne risulta e' nota come Dirac shift2.
La QED si occupa delle correzioni necessarie per trattare
adeguatamente il campo. Il calcolo quantitativo e' complesso, anche
perche' concorrono diverse correzioni. Il campo devia da quello
coulombiano soprattutto per la polarizzazione del vuoto. Si e' gia'
parlato della polarizzazione del vuoto a proposito dello
Zitterbewegung e del termine di Darwin; vi sono pero' effetti ulteriori,
che non sono contenuti nell'equazione di Dirac. L'elettrone ed il
nucleo, come ogni particella carica, emettono fotoni virtuali che
possono convertirsi in coppie, anch'esse virtuali. Le coppie prodotte si
polarizzano nel campo , perche' gli elettroni sono attratti e i positroni
respinti dal nucleo. Le cariche negative indotte presso il nucleo sono
compensate da cariche positive a distanza infinita, analogamente a
quanto avviene in un dielettrico polarizzabile. In questo senso, cio' che
manca al modello di Dirac e' - se vogliamo dirlo in termini molto
semplificati - l'autoconsistenza. La carica osservata a grandi distanze
e' la carica totale, non quella nuda. A brevi distanze, il campo cresce
piu' rapidamente di quanto sia atteso per la legge di Coulomb; questo
1In pratica l'esperimento si faceva con una radiofrequenza costante, modulando i
livelli atomici per effetto Zeeman.
2Essa sposta tutti i livelli di un dato n della stessa piccola quantita'; per
questo stesso motivo lo shift di Dirac e' stato predetto teoricamente, ma non
e' stato ancora misurato. Dovrebbe portare a correzioni di alcuni
miliardesimi degli intervalli 1s-2s e 2s-4s.
=115=
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effetto e' grande negli esperimenti di alta energia, ma e' sensibile
anche in Fisica Atomica, perche' sposta gli stati s in modo
preferenziale (Vedi Capitolo 18). Nell'Idrogeno, il 2s1/2 e' abbassato da
questo effetto di 27 MHz (0.11 µeV), cioe' di poco rispetto al Lamb
shift complessivo. Nel caso degli atomi µ-mesici con Z grande, le
correzioni di QED legate a questo effetto sono predominanti e recenti
misure hanno rivelato correzioni dell'ordine di 100 eV1.
Ma nel caso dell'Idrogeno atomico la causa principale del Lambshift e' che il campo e' quantizzato. L'effetto piu' importante puo'
essere descritto in modo semplice ed euristico (Welton 1948) come
dovuto alla interazione dell'elettrone (trattato non relativisticamente)
con le fluttuazioni del campo nel vuoto. Mentre l'energia di punto zero
contenuta in un volume L3 di vuoto e' infinita ed inosservabile, le
quantita' osservabili possono essere calcolate correttamente.
__
h ω
Ogni modo normale ha una energia di punto zero pari a
,e
2
benche' il campo medio nel vuoto sia <E>= 0, il campo quadratico
medio <E2> non e' nullo. Il campo quadratico medio e' dato da
1
<E2(ω)> = 3∫ d 3rE2(r,ω)
(1)
L
dove E(r,ω) e' la componente di Fourier del campo dovuto ai modi di
frequenza ω, e L3 e' il volume di quantizzazione. Possiamo stimarlo
come segue. I contributi alla densita' di energia del vuoto in diversi
intervalli di frequenza dω sono additivi, perche' si riferiscono a modi
normali diversi. Classicamente, la densita' di energia a frequenza ω e'
data da
1 1
1 1
1
ρ(ω) = 3
d 3r[E2(ω) + B2(ω)] = 3
d 3rE2(ω) =
<E2(ω)>.
∫
∫
L 8π
L 4π
4π
La densita' di energia totale e' ovviamente ∫ρ(ω)dω .
Quantisticamente, la densita' di energia di punto zero e' data dalla
espressione divergente
/ ω(k)
h
1
,
(2)
∫ρ(ω)dω = L3 ∑
2
λ;k
dove la somma sulle polarizzazioni λ comporta un fattore 2, mentre
L3
L3
L3
3
2
→
d
k
=
.
4π
k
dk
=.
ω2dω
∑
∫
(2π) 3 ∫
(2π) 3
2π 2c 3 ∫
k
tenendo conto che ω=ck. Pertanto, la densita' di energia nell'intervallo
1
dω e' ρ(ω)dω=
ω3dω. Confrontando le due espressioni,
2π 2c 3
otteniamo dunque
1Fra gli atomi esotici che sono stati studiati si annovera anche il muonium
(µ+e- ).
=116=
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<E2(ω)> =
2ω3
.
πc 3
(3)
Il campo causa fluttuazioni nelle coordinate dell'elettrone.
Classicamente,
d2r
eE
=
,
2
dt
m
ed in componenti di Fourier
-eE(ω)
r(ω) =
.
mω2
Lo spostamento medio e' nullo, ma lo spostamento quadratico medio
indotto dalle fluttuazioni del campo a frequenza ω e'
e2<E2(ω)>
<δr2(ω)> =
.
(4)
m2ω4
Lo spostamento quadratico medio totale 1 dovuto ai modi in un dato
ωmax
2
intervallo di frequenza e' <δr > =
∫<δr(ω) 2>dω.
ωmin
La (4) direbbe che i modi di bassa frequenza producono δr
grandissimi, ma in effetti il problema ha la lunghezza caratteristica aB =
/2
h
= (Zmα) -1 : onde piu' lunghe di cosi' hanno campi elettrici circa
me2Z
uniformi sull'atomo, e non e' corretto supporre che si sommino in
modo incoerente. Poiche' non producono fluttuazioni, noi le
ignoriamo, prendendo ω>ωmin , con
ωmin =c/a B =
mc 2Zα
.
/
h
__
h
L'altra lunghezza caratteristica e' la lunghezza d'onda di Compton
;
mc
non ha senso considerare fluttuazioni piu' piccole, quindi prendiamo
mc 2
ωmax =
.
/
h
Pertanto,
ωmax
ωmax
⌠
2e2h
/
2e2h
/
1
dω

<δr2> =
<δr(ω) 2>dω =
=
ln( )
∫
ω
2
3
⌡
2
3
πm c ω
πm c
Zα
ωmin
min
1Si ammette in questo ragionamento euristico che i moti sulle diverse
frequenze siano totalmente incoerenti e gli spostamenti quadratici siano
additivi.
=117=
(5)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
In conclusione, l'elettrone compie oscillazioni erratiche di questa
entita', sotto l'effetto dei campi del vuoto; tali fluttuazioni si
sovrappongono a quelle causate dallo Zitterbewegung. Il calcolo della
correzione al potenziale visto dall'elettrone puo' essere fatto come
per il termine di Darwin, con la differenza1 che la fluttuazione
quadratica media e' ora data dalla (5). Si ha ∆En =e<V(r+δr) - V(r)>,
con
∂2V
V(r+δr) - V(r) ≈ (1/2)Σij δri δrj
≈(1/6)∇ 2V<δr2> ,
∂xi ∂xj
Come nel caso di Darwin, la correzione si applica solo agli stati s; in
questa approssimazione essa vale
2πZe2
4Ζe4h
/
1
∆En =
|Ψ n (r=0)| 2<δr2> =
|Ψ n (r=0)| 2ln ( ) =
2
3
3
3m c
Zα
2
3
4Ζα h
/
1
=
|Ψ n (r=0)| 2 ln ( ) .
(6)
2
3m c
Zα
Per il 2s del'atomo di H si ottiene un ∆E di circa 1000 MHz, e
quindi possiamo dire di aver capito il grosso dell'effetto.
L'elettrodinamica quantistica consente di calcolare con grande
accuratezza lo spostamento in su del 2s di 1040 MHz e del 2p3/2 di
8MHz, nonche' quello in giu' del 2p 1/2 di 17 MHz. Come si vede, gli
stati p sono anch'essi spostati, ma in misura molto minore.
Lo stato 1s dell'H ha anch'esso il suo Lamb shift, maggiore
anzi di quello degli altri stati,ma esso e' piu' difficile da osservare
perche' non causa alcuna rimozione di degenerazione. Occorre
misurare con estrema precisione la separazione dagli altri stati.
Per il 4p il Lamb Shift e' molto piu' piccolo che per l'1s. La misura
precisa della separazione non puo' essere fatta direttamente,
perche' non c'e' un laser alla frequenza giusta; percio' e' stata
fatta2 con tecniche di ottica non lineare.
La separazione 1s-2s e' stata misurata mediante
l'assorbimento di due fotoni. Eccitando con un dye laser a 4860
Å, in risonanza con la transizione 1s-2p, e' possibile tenere
popolato il 2p e misurare l'assorbimento 2p1/2-2s 1/2. E' stato
possibile effettuare la misura con tale precisione da mettere in
chiara evidenza lo sdoppiamento iperfine. Con un'altra tecnica
ottica nonlineare, la saturation spectroscopy, e' stata misurata la
transizione 2s-4p; in questo caso, la tecnica non lineare e'
necessaria per eliminare l'allargamento Doppler delle righe, che
altrimenti comprometterebbe la precisione delle misure.
1Un'altra importante differenza e' che, ovviamente, il termine di Darwin e'
contenuto nella teoria di Dirac, mentre l'effetto che stiamo calcolando e'
una correzione radiativa che esula da essa.
2S.A.Lee,R.Wallenstein and T.W. Ha
" nsch, Phys. Rev. Letters (1975)
=118=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Sia ω0 la frequenza propria dell'atomo. Per misurare il
coefficiente di assorbimento di un campione gassoso,
supponiamo di usare un fascio di luce diretto lungo l'asse z. Un
atomo che si muove con velocita' v lungo l'asse z allontanandosi
dalla sorgente S vede il fotone spostato verso il rosso, quindi noi
dobbiamo inviargli una frequenza piu' alta; cosi' l'atomo assorbe
a ω0+δω, dove δω/ω=v/c.
v
ω0
S
laser
ω
rivelatore
ω
Supponiamo che la misura sia eseguita in presenza di un fascio
laser di pulsazione ωL , orientato lungo l'asse z negativo.
Il fascio laser viene assorbito dagli atomi con velocita' v tale che
ωL=ω0(1-v/c); ad esempio, se l'atomo va verso i laser, vede la
sua luce spostata verso il blu e si ha assorbimento se il laser ha
frequenza piu' bassa di quella propria. Per questi atomi il laser
satura la transizione, eguagliando le popolazioni dei due livelli;
essi non partecipano piu' allo spettro di assorbimento. La curva
di assorbimento presenta un "buco" per ω=ωB = ω0(1+v/c).
Conoscendo la frequenza ωL del laser e misurando quella ωB del
"buco", si puo' fare sistema
ω =ωL+ωB
 0 2
ωB=ω0(1+v/c)


⇒
ωL=ω0(1-v/c)
v/c= ωB-ωL

ωB+ωL
z
e risalire a ω0 con grande precisione.
Conoscendo le separazioni 1s-2s e 2s-4p conosciamo la
separazione 1s-4p con grande precisione e quindi il Lamb Shift
dello stato 1s. E' stato possibile apprezzare una piccola
discrepanza con le separazioni predette dalla teoria di Dirac, da
cui e' stato ottenuto un Lamb Shift di 8.20 ± 0.10 GHz per H e di
8.25±0.11 GHz per D, in accordo con la teoria.
Capitolo 6-Interazioni iperfini
Si vedra' quanto possono essere interessanti anche effetti molto piccoli.
6-1 Natura delle interazioni iperfini
=119=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Sulla scala dei milionesimi di eV, gli elettroni atomici
risentono del fatto che il nucleo puo' avere spin e produrre
campi di quadrupolo elettrico e di dipolo magnetico. Essendo il
raggio nucleare dell'ordine di 1 fm=10-13 cm, un elettrone
atomico non ha un "potere risolutivo" che gli consenta di
evidenziare nello spettro atomico alcun dettaglio della dinamica
interna del nucleo; misurando lo spettro atomico si vengono a
conoscere solo proprieta' nucleari globali come lo spin, il fattore
giromagnetico e il momento di quadrupolo. Per la stessa ragione
non avremo bisogno di una teoria nucleare per i nostri scopi, ma
saranno sufficienti alcune informazioni di carattere generale.
Lo spin I di un nucleo e' il momento angolare totale che
risulta dai momenti orbitali e dagli spin 1/2 dei protoni e dei
neutroni che lo compongono. Esistono regole semplici per
stabilire quali nuclei hanno I intero e quali semiintero nello stato
fondamentale. Sia A il numero di massa, uguale alla somma del
numero Z dei protoni e del numero di neutroni. Si ha:
⇒ I semiintero
A dispari
(es: 1H, 19F, 31P hanno I=1/2)
⇒ I=0
A e Z pari
(es: 12C, 16O)
A pari, Z dispari ⇒ I intero
(es: 2H, 6Li, 14N hanno I=1).
Discutiamo per primi gli effetti magnetici.
6-2 Interazione col dipolo magnetico nucleare
Per un elettrone dovremo considerare il momento magnetico
orbitale e quallo associato allo spin S ; quest'ultimo e' me=__
geµBS/ h , con il fattore giromagnetico ge quasi esattamente
__
eh
uguale a 2 e con il magnetone di Bohr µB =
. Anche gli spin
2mc
nucleari hanno un momento magnetico associato, m = gNµN I,
__
eh
dove µN =
, con M massa del protone. Poiche' M=1800 m, la
2Mc
scala dei momenti magnetici nucleari e' di circa tre ordini di
grandezza piu' piccola di quella dei momenti elettronici. Per
calcolare gN occorrerebbe invero un modello nucleare molto
dettagliato; noi considereremo i fattori giromagnetici come
quantita' empiriche ricavabili da apposite tabelle come la
seguente.
___________________________________________________
_______
Nucleo
I
gN
________________________________________________
=120=
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1H
1/2
1/2
1/2
1
5/2
13C
15N
14N
17O
5.585
1.405
-0.567
0.403
-0.757
___________________________________________________
_____
Per i nostri scopi e' sufficiente trattare il nucleo come una
sferetta classica di raggio R uniformemente magnetizzata con
4πR3
densita' M. Il momento di dipolo magnetico e' m=
M ed il
3
campo B prodotto e' ben noto1.
Per r>R si ottiene lo stesso campo di un dipolo m
puntiforme; il potenziale vettore e'
m∧r
1
A=-m∧∇ ( ) =
;
(1)
r
r3
il campo e' dato da B=∇ ∧A , e risulta
m
( m.r)r
B= - 3 + 3
.
r
r5
Dentro la sferetta (r<R) si ha una induzione magnetica
uniforme, data da
8π
B = M.
(2)
3
In pratica potremo sempre prendere il limite R→0 nelle
nostre espressioni, perche' il nucleo puo' essere trattato come
puntiforme nella maggior parte dei problemi atomici. Tale limite
va preso tenendo m costante, ed ammettendo che M→∞ in modo
tale che
∫d3rB =
8π
m;
3
r<R
Quindi B e' singolare nell'origine, e la singolarita' e' una δ di
Dirac. Tenuto conto del primo termine 'dipolare', si ha
l'espressione
B = -
m
(m.r)r 8π
+
3
+
δ(r) m.
r3
r5
3
che vale in tutto lo spazio.
1vedi ad esempio J.D.Jackson,"Classical Electrodynamics", Capitolo 5.
=121=
(3)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Il campo magnetico del nucleo interagisce sia con l'orbitale
A⋅p
che con lo spin dell'elettrone. La prima perturbazione e'
,
mc
dove A e' il potenziale vettore (1) e p e' l'operatore impulso, e
2µB
conviene riscriverlo
L⋅m, in termini del momento angolare L.
/ r3
h
L'energia di interazione fra B ed il momento magnetico dello
spin me e' -meB, e cioe'
m.me
(m.r)(r.me) 8π
-{+
3
+
δ(r) m.me}=
r3
r5
3
I.S
(I.r)(r.S) 8π
=geµBgNµN{- 3 + 3
+
δ(r) I.S}.
r
r5
3
Cosi' la perturbazione totale e'
2µB
m.me
(m.r)(r.me) 8π
H' =
L⋅m
+
3
δ(r) m.me, (4)
/ r3
h
r3
r5
3
e noi la tratteremo al primo ordine.
6-3 Interazione iperfine-Stati s.
Il caso piu' semplice, e piu' importante in pratica, e' quello
degli stati con L=0, che sono privi di momento magnetico
orbitale. La correzione all'energia si ottiene dai valori di
aspettazione di H' fra funzioni imperturbate. Queste ultime sono
della forma Ψ=Ψ eorbΨ en spin , dove Ψ eorb e' la funzione d'onda
orbitale dell'elettrone nell'approssimazione non relativistica e
Ψ en spin e' il prodotto delle funzioni di spin dell'elettrone e del
nucleo. Nel problema imperturbato vi sono 2(2I+1) stati di spin
degeneri fra loro. Conviene intanto prendere la media su Ψ eorb,
perche' le energie in gioco nelle interazioni iperfini sono cosi'
piccole che i gradi di liberta' orbitali possono considerarsi
"congelati" e non hanno alcun ruolo attivo nella dinamica; il
primo termine della (2.4) non contribuisce. Fatta la media su
Ψ eorb, otterremo una Hamiltoniana efficace H'eff che opera solo
sui gradi di liberta' dello spin e contiene tutta la dinamica che ci
interessa. Qui ci limiteremo per ora ai soli stati s. In tal caso si
ha evidentemente per ragioni di simmetria
ri rj
< 5 > =0 se i≠ j
r
x2
y2
z2
1
< 5 > =< 5 > =< 5 > =< 3 > .
r
r
r
3r
La media sull'interazione dipolare e' quindi
=122=
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1
m.me < 3 > -3
r
∑
∑
mi me j <
ij
1
= m.me < 3 > -3
r
ri rj
> =
r5
mi me i <
i
ri 2
> = 0.
r5
(2)
Rimane solo l'interazione "di contatto". Chiamando
semplicemente Ψ la funzione d'onda orbitale, abbiamo
< δ(r) > = |Ψ(0)|2,
e quindi
8π
8π
H' eff = |Ψ(0)|2 m.me =
|Ψ(0)|2 γµB .I ,
(3)
3
3
avendo posto ge≈2, γ=gNµN. Denoteremo questo termine con Hc .
Con questa interazione, le componenti di ed I cessano di
commutare con H, ma deve conservarsi il momento angolare
totale (con h
/=1)
1
F=(
+I) .
(4)
2
Possiamo eleggere come buoni numeri quantici Fz e F2. In
particolare,
F2 =
2
+I2 + .I
4
ha autovalori F(F+1); ma 2 =3, quindi
3
.I = F2 - I2 4
3
ha autovalori F(F+1) - I(I+1) sugli autostati di F2 ed Fz. Il
4
problema di diagonalizzare H' eff e' cosi' risolto. Nel caso I=1/2,
si hanno gli stati
T r i p l e t t o

S i n g o l e t t o
F=1
F=0
. I = 1/2
. I = -3/2.
Per la (4), lo stato fondamentale e' il singoletto quando γ>0,
1
come nel caso di 1H. In tal caso, |Ψ(0)|2 =
e possiamo
πa03
calcolare la separazione fra i livelli. Si ottiene ∆E = 5.885 10-6
eV, che corrisponde ad una frequenza di 1422.8 MHz ovvero ad
una lunghezza d'onda di circa 21 cm. E' una delle grandezze
fisiche che possono essere piu' accuratamente misurate e
calcolate (introducendo piccole correzioni come il fattore
giromagnetico anomalo dell'elettrone). Essa corrisponde
all'energia di uno spin elettronico in un campo magnetico
efficace Beff ≈500 Gauss.
=123=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
La transizione fra F=0 e F=1 e' proibita di dipolo elettrico, ma e'
permessa di dipolo magnetico. Per questo motivo, e per la
piccolezza della separazione in gioco che produce un fattore ν3
particolarmente basso, la velocita' di decadimento spontaneo
risulta bassissima, Λ = 2.85 10-15 s-1 , ed il tempo di vita τ dello
stato eccitato e' dell'ordine di 10 milioni di anni. Con un τ cosi'
lungo, sono probabili molte collisioni anche in un gas diluito
come una nube interstellare. Si raggiunge pertanto l'equilibrio
termico, e si ha il rapporto di popolazioni
nF=1
g1 - h ν ,
=
e
nF=0
g0 KT
hν
dove i g sono le degenerazioni. Poiche'
= 0.07 0K, mentre la
K
temperatura di fondo dell'universo e' di 2.7 0K, anche nei luoghi
piu' freddi 3/4 degli atomi di H sono eccitati. Se n e' il numero
3 n Λ
di atomi di H per cm3, ogni cm 3 della nube irraggia
4
fotoni da 21 cm al secondo. Dallo spostamento Doppler della
riga si ricava anche la componente radiale della velocita' della
nube rispetto a noi. Le onde radio non sono assorbite dal
pulviscolo interstellare e giungono a noi anche da regioni remote
e non visibili. Cosi' negli anni '50 si e' potuta ricostruire la
struttura a spirale delle nubi di H nella Galassia.
Anche una emissione del radicale OH a 18 cm viene molto
studiata. Decine di "maser" OH sono noti nel cosmo, ma la loro
natura fisica e' ignota.
6-4 Interazione iperfine-Stati con L
≠0
Per tutti gli stati, esclusi quelli s, il termine in L⋅m nella
(2,4) contribuisce, mentre l'interazione di contatto e' nulla. Di
nuovo, H' potra' essere diagonalizzata simultaneamente con F2
ed Fz, ma il momento angolare totale (3,4) si generalizza a
F=J+I,
dove J=L+S e' il momento angolare totale dell'elettrone;
calcolando i valori di aspettazione di H' fra funzioni
imperturbate del tipo |LSJFMF> si ottengono le correzioni iperfini
ai livelli. I gradi di liberta' orbitali non sono del tutto 'congelati'
in questo caso, perche' gli stati elettronici con lo stesso L e
diverso ML , essendo degeneri, vengono mescolati
dall'interazione iperfine. Il calcolo dei valori di aspettazione e'
agevolato dall'uso del teorema di Wigner-Eckart , come vedremo
( Capitolo 11.9).
=124=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
.i.6-5 Risonanze magnetiche di spin
In un campo magnetico B, che supponiamo uniforme e
costante, l'Hamiltoniano di spin ha il termine di interazione
H m = -(-geµBS.B)
(1)
nel caso di un elettrone, e
H m = -gNµN I.B
(2)
nel caso di un nucleo. In ambedue i casi si hanno livelli
energetici che dipendono linearmente dal campo. Pero' nel caso
dell'elettrone e di certi nuclei, g<0 e il livello piu' basso ha spin
β, mentre per un protone per la maggior parte dei nuclei di spin
1/2 ha spin α. A parita' di campo magnetico, la separazione fra
stati di mI diverso e' circa tre ordini di grandezza piu' piccola
che nel caso elettronico.
Transizioni fra i sottolivelli magnetici possono essere
indotte dalla radiazione elettromagnetica che soddisfa alle
condizioni di risonanza hν=gNµΝ B (risonanza magnetica
nucleare, o N.M.R.) o hν=geµeB (risonanza di spin elettronico
E.S.R. , detta anche E.P.R. = Electron Paramagnetic Resonance o
E.M.R. = Electron Magnetic Resonance). Le frequenze di
risonanza per spin liberi in un campo B=10000 Gauss sono, ad
esempio:
Elettrone
1H
19F
13C
31P
28026 Mhz
42.577 Mhz
40.055 Mhz
10.705 Mhz
17.235 Mhz
Il campo elettrico della radiazione non si accoppia con gli spin, e
le transizioni sono proibite di dipolo elettrico. E' il campo
magnetico che agisce, e produce quindi transizioni di dipolo
magnetico. Sia B' questo campo oscillante. Un B' parallelo a B,
che scegliamo lungo l'asse z, e' capace di modulare i livelli, ma
1Vedere per esempio A.C.Carrington, F.R.S and A.D. McLachlan,
"Introduction to Magnetic Resonance", Chapman and Hall, John Wiley &
Sons, Inc. New York (1978).
=125=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
non di produrre transizioni1. Per questo si usa radiazione
polarizzata con il campo magnetico B' lungo (diciamo) l'asse x.
La perturbazione e' allora
H''(t) = (geµBSx - gNµN Ix) B' (eiω t + e-iω t) ≡ 2Vcos(ωt)
(3)
e la probabilita' di transizione n→m e'
2π
Pnm = __ |<n|V|m>|2 δ(ωmn - ω).
h
(4)
Il termine in Sx produce transizioni di EPR del tipo α eα N →
β eα N, mentre il termine in Ix produce quelle NMR ; le
transizioni che cambiano lo stato di spin di ambedue le
particelle richiedono il prodotto I xSx e sono proibite in questa
prima approssimazione, ed in effetti assai meno intense.
Il grande interesse di EPR ed NMR come tecniche analitiche
nasce dal fatto che le condizioni di risonanza vengono
influenzate da deboli effetti correttivi che dipendono dallo stato
chimico dell'atomo. Questi deboli effetti hanno conseguenze ben
osservabili sugli spettri e consentono di estrarne molta
informazione utile. Nel seguito ne studieremo alcuni.
6-6 1H in campo magnetico: livelli iperfini e transizioni
EPR
L'Hamiltoniano di spin per un atomo di 1H in un campo B
diretto lungo l'asse z, e'
H = H c +H M = a I.S + (γeSz-γNIz)B
(1)
16π
|Ψ(0)|2 γµB.. Calcoliamone la matrice sulla base degli
3
stati imperturbati αα,αβ,βα,ββ, dove il primo simbolo si riferisce
allo stato dell'elettrone e il secondo a quello del protone. La
matrice del secondo termine HM e' diagonale, con elementi
(γe-γ`N)B (γe+γN)B (-γe-γN)B (-γe+γN)B
,
,
,
.
2
2
2
2
La matrice di Hc si ottiene nel modo piu' diretto da
S+I- +S- I+
H c = a{ IzSz +
}.
(2)
2
con a =
I soli elementi di matrice non nulli dei termini misti sono
1questo e' strettamente vero al primo ordine: al secondo le transizioni sono
permesse, ma in pratica sono molto deboli e noi le trascuriamo.
=126=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
<αβ| S+I- |βα> = 1
<βα| S- I+ |αβ> = 1.
Pertanto l'intera matrice hamiltoniana e'
 (γ -γ )B +a 0
0
0
 2 4

a
 0 (γ +γ )B -a

0
2
4
2


H=
(-γ -γ )B a
 0 a

0
2
2
4


(-γ +γ )B a 
 0
0
0
+ 
e
n
e
n
e
n
e
n
2
αα
.
αβ
.
βα
.
ββ
(3)
4
e possiamo ottenere autostati ed autovalori risolvendo
l'equazione secolare ||Hij - Eδij || =0.
αβ
αα
EPR
EPR
(Gauss)
ββ
βα
Per B→ 0, lo stato fondamentale e' il singoletto, mentre i 3 stati
degeneri con F=1 sono piu' alti in energia di 2a. Un piccolo
campo stabilizza ulteriormente il singoletto, mentre risolve il
tripletto: una componente dipende poco dal campo, una viene
stabilizzata e la terza destabilizzata al crescere di B. Quando il
campo e' dell'ordine di B eff ≈500 Gauss, lo schema dei quattro
livelli differisce qualitativamente da quello iniziale, perche' il
piu' basso dei livelli del tripletto si e' avvicinato al singoletto
mentre gli altri due sono rimasti molto vicini. Per B>>Beff siamo
nel regime di Paschen-Back; l'accoppiamento fra gli spin
elettronico e nucleare e' dominato dall'accoppiamento di
ciascuno spin con il campo esterno. I due livelli del tripletto che
sono rimasti vicini in energia possono essere identificati, per
grandi campi, con gli stati αβ e αα, in ordine decrescente di
=127=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
energia; gli altri due sono ββ e βα. L'interazione di contatto puo'
allora essere trattata come una perturbazione al primo ordine
rispetto ad H M, e poiche' al primo ordine si considerano solo gli
elementi diagonali di una perturbazione, possiamo trascurare
gli elementi fuori diagonale di H. Gli autovalori sono quindi dati
dagli elementi diagonali, e decrescono nell'ordine
E(αβ),E(αα),E(ββ), E(βα). Le transizioni EPR permesse sono due, ed
a
a
hanno le energie E(αα)-E(βα) = γeB + , E(αβ)-E(ββ) = γeB - .Lo
2
2
spettro EPR consiste quindi di due righe separate da a.
6-7 Ricerche su H
H↓ denota l'Idrogeno atomico polarizzato in spin1.
L'Idrogeno atomico si puo' produrre con una scarica elettrica in
H 2, ma si ricombina molto rapidamente a meno che la pressione
parziale non sia molto bassa. Mettendo H atomico in campo
magnetico si ottiene una mistura di H↑ e H↓, ma un campo
magnetico disomogeneo consente di separarli come si farebbe
con tante piccole calamite e di produrre H↓ puro. A meno delle
deboli interazioni iperfini, un gas di H↓ e' stabile: due atomi di
H↓ non possono combinarsi per formare H2, perche' un legame
covalente e' un singoletto di spin. In effetti, come si e' visto, H↑
e H↓ non sono autostati esatti dell'Hamiltoniano, e la
ricombinazione infine avviene, ma molto lentamente. Silvera e
Walraven nel 1980 lo hanno ottenuto con le seguenti
caratteristiche di temperatura e pressione:
T = 270 mK
ρ=1.8 1014cm -3 .
Cosi' e' possibile formare un gas polarizzato in spin
relativamente denso ed osservarlo per un tempo dell'ordine di 1
secondo, che e' lunghissimo dal punto di vista spettroscopico.
Fin dal 1958 ci sono stati studi teorici su H↓ promossi
dalla NASA. Un gas polarizzato in spin sarebbe un propellente
ideale per razzi: basterebbe togliere il campo per ottenere
H + H → H 2 + 4.8 eV
che fornisce la piu' grande energia per unita' di massa fra tutte
le reazioni chimiche. Questo obiettivo e' ancora lontano, ma
sono in corso studi per ottenere la condensazione di BoseEinstein di H↓, che e' un bosone. La condizione che determina la
temperatura critica T C in un gas perfetto di particelle di spin
intero S e' 2
1gli spin allineati sono ovviamente quelli elettronici.
2L.Landau e L.Lifshitz, Fisica Statistica, Paragrafo 59.
=128=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
ρ
h2
/
[
]2/3.
(1)
m 2S+1
Si ritiene che le condizioni di temperatura e pressione
necessarie per osservare un nuovo tipo di superfluido possano
essere raggiunte in un futuro non lontano.
KTC = 3.31
6-8 Spettri EPR di molecole1
La tecnica EPR applicata a molecole e solidi da'
informazioni strutturali (cioe' sulla formula di struttura di
composti ignoti) e di struttura elettronica (cioe' sulla Ψ).
Occorrono sistemi che abbiano spin elettronici spaiati, come i
radicali ed i metalli.
Consideriamo un elettrone spaiato in un orbitale ψ0 non
degenere. L'hamiltoniano di interazione con un campo magnetico
esterno e'
H m = µB B⋅L + geµB B⋅S.
(1)
Possiamo ridurre Hm ad un hamiltoniano di spin mediando sui
gradi di liberta' orbitali. Poiche' non e' degenere, ψ0 puo' essere
∂
preso reale, ed il valore di aspettazione di Lz = -ih
/ ∂φ e'
immaginario puro. D'altra parte, il valore di aspettazione deve
anche essere puramente reale, perche' Lz e' hermitiano.
Dobbiamo concludere che <L z >=0, e poiche' l'asse z non ha nulla
di speciale, <L >=0. A questa approssimazione, Hm = geµB B⋅S
come per un elettrone libero. In realta', la frequenza di
risonanza differisce leggermente da quella che ci si aspetta per
un momento magnetico µ= -geµBS nel campo magnetico applicato
B. Una ragione fisica e' che il campo visto dallo spin e' un po'
diverso da quello applicato, un'altra e' che l'interazione spinorbita mischia allo spin dell'elettrone anche un contributo
orbitale. Per vederlo, includiamo anche l'interazione spin-orbita
L+S- +L - S+
H SO=ζ L⋅S= ζ[LzSz +
],
(2)
2
trattandola al primo ordine. Lo spinorbitale |ψ0α>
dell'approssimazione 0 viene mescolato da LzSz con gli stati |ψn α>
e da L+S- con gli stati |ψn β> , mentre L- S+ da' 0. Possiamo
scrivere lo spinorbitale di prima approssimazione:
|+>= |ψ0α> -
ζ
2
∑
{
n
Analogamente, si trova
|ψn α><ψn |Lz|ψ0>+|ψn β><ψn |L+|ψ0>
}. (3)
En -E0
1Vedere anche Melvin W. Hanna, "Quantum Mechanics in Chemistry",
W.A.Benjamin, Inc., London (1969)
=129=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
|->= |ψ0β> -
ζ
2
∑
n
{
|ψn β><ψn |Lz|ψ0>+|ψn α><ψn |L- |ψ0>
}.
En -E0
(4)
Lo splitting fra i due stati viene modificato. I nuovi livelli si
ottengono diagonalizzando la matrice di H m= B⋅[µB L + geµB
S] sulla base degli spinori perturbati
 <+|L + g eS|+> <+|L + g eS|-> 
H m=µB B⋅  <-|L + g S|+> <-|L + g S|-> 
(5)
e
e
e questa puo' essere espressa in termini degli elementi di matrice
di L fra gli orbitali. Il problema di calcolare i livelli magnetici puo'
considerarsi risolto1. Occorre pero' saper passare da questo
formalismo spinoriale ad un altro, a tre tridimensioni, che mette
in risalto le relazioni nello spazio reale. Ogni matrice 2x2 puo'
essere scritta come combinazione lineare delle matrici di Pauli. In
questo modo, Hm puo' essere scritta come una combinazione
/
h
lineare delle tre componenti di S=
; inoltre e' anche una
2
combinazione lineare delle tre componenti di B. Lo scalare H m si
ottiene combinando i due vettori con un tensore del secondo
ordine, che si chiama tensore g.
 gxx g xy g xz   Sx 

 
H m = µBBgS = µB(Bx B y B z)  gyx g yy g yz  Sy  .
 gzx g zy g zz   Sz 
(6)
Questo si puo' interpretare fisicamente dicendo che il g efficace
dell'elettrone differisce da g e, varia da molecola a molecola ed
assume carattere tensoriale perche' diventa anisotropo. Se
prendiamo B lungo l'asse z, abbiamo
H m = µB B[gzxSx+gzySy +gzzSz]
µB B h
/  gzz
g zx-igzy 


=
(7)
 gzx+igzy
- g zz .
2
Ne consegue fra l'altro
/ gzz
h
= <+|Lz + geSz|+> = -<-|Lz + geSz|->
(8)
2
e analogamente abbiamo espressioni per gzx ±igzy da cui ricavare
queste componenti.
C'e' un altro modo di dire quanto sopra: H m=µBB'⋅S,con
B'=Bg che punta in genere in una direzione diversa da B. Ma se
prendiamo B lungo un asse di simmetra allora B' deve essere
1il calcolo esplicito degli elementi di matrice e' un esercizio di meccanica
quantistica. Per ulteriori dettagli, vedere A.C.Carrington, F.R.S and A.D.
McLachlan, "Introduction to Magnetic Resonance", Chapman and Hall, John
Wiley & Sons, Inc. New York (1978).
=130=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
parallelo a B. Quindi per molecole dotate di simmetria il tensore
g e' simmetrico e puo' essere diagonalizzato. Esperimenti EPR su
campioni cristallini contenenti molecole orientate forniscono
informazioni di tipo strutturale.
Effetto del'interazione iperfine
Per un elettrone lo spettro EPR consiste di una riga, e se si
tiene conto dell'interazione spin-orbita, quello di una molecola
mostra una transizione sola attribuibile ad un g modificato. Ma
se c'e' l'interazione iperfine, che contribuisce a rendere il campo
magnetico effettivo diverso da quello applicato, la riga si separa
in multipletti strettissimi. Consideriamo ad esempio il radicale
CH3, che ha struttura planare, angoli di 1200 e 3 protoni
equivalenti. Poiche' 12C ha I=0, l'elettrone "sente" solo gli spin
dei protoni. I campi possibili sono 4, a seconda di come questi
sono orientati:
(+ + +)
(+ + -) (+ - +) (- + +)
(+ - -) (− + −) (− − +)
(− − −).
A temperatura ambiente, queste configurazioni sono tutte
equiprobabili, perche' le differenze di energia sono molto piu'
piccole di KT. In effetti, lo spettro EPR ha 4 righe, di intensita'
relativa 1:3:3:1, equidistanti sia in B (a parita' di ν) che in ν (a
parita' di B). In pratica, gli spettri EPR si misurano a ν costante.
La distanza fra i picchi e' uguale alla costante di accoppiamento
a dell'interazione di contatto e ci permette di dedurre la |Ψ|2
dell'elettrone spaiato sui protoni; per il modo in cui e' fatta la
misura, e' naturale esprimere a in Gauss.
Gruppi di protoni non equivalenti hanno a diverse. Ad
esempio, nel radicale Etile (CH3CH2) occorre distinguere
a(CH 3)=26.87 Gauss da a(CH 2)=22.38 Gauss. Se ci fosse solo
a(CH 3), lo spettro consisterebbe di 4 righe, distanti 26.87 Gauss,
di intensita' relative 1:3:3:1.
|
|
|
|
|
|
|
|
Ma ogni riga va risolta in 3 componenti separate di 22.38 Gauss,
di intensita' relativa 1:2:1. Cosi' si puo' sintetizzare a tavolino un
complicato spettro di 12 righe, che e' in eccellente accordo con
quello osservato. Vicecersa, se non avessimo conosciuto la
=131=
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formula di struttura del radicale, lo spettro EPR ci avrebbe
informato che ci sono due gruppi di protoni equivalenti, uno di
3 ed uno di 2. Inoltre, abbiamo l'informazione sulla |Ψ|2 sui due
gruppi.
6-9 Costanti di schermo in NMR. Knight shift
La condizione di risonanza NMR, hν=gNµNB, subisce lievi
modifiche in dipendenza dello stato chimico dell'atomo, in
quanto il campo B eff sul nucleo differisce da quello applicato. I
principali effetti sono:
1) il "chemical shift", che e' dovuto allo schermaggio del campo
da parte delle correnti indotte nei vari gusci elettronici
interamente occupati.
2) i campi di eventuali spin elettronici spaiati (Knight shift,
importante nello studio dei metalli e dei radicali)
3) i campi degli altri dipoli nucleari (spin-spin splitting).
Per studiare il "chemical shift", cominciamo con un atomo
di gas nobile: i suoi elettroni occupano gusci chiusi, la densita' di
carica ρ(r) ha simmetria sferica e nessuno spin elettronico e'
spaiato. Poiche' gli stati eccitati distano da quello fondamentale
di svariati eV, l'atomo e' poco polarizzabile. Un orbitale ψ ha
una densita' di corrente
J0 =
e
{ ψ* pψ + ψ p* ψ* } ,
2m
(1)
__
dove p* = - p = i h ∇ . Gli orbitali possono essere scelti reali, e
questa scelta e' oculata perche' J0 si annulla identicamente. E'
ovvio che, comunque uno scelga di prendere gli orbitali, la
corrente totale in un guscio chiuso e' nulla.
Immergiamo l'atomo in un campo magnetico uniforme
B=(0,0,B), descritto nella gauge div A=0 dal potenziale vettore
B∧r B
A=
= (-y,x,0). Ora, per il fatto stesso che A≠ 0 compaiono
2
2
delle correnti. Infatti la prescrizione per introdurre il potenziale
e
vettore e' p→ p - (- A), e la corrente diventa, in presenza del
c
campo,
e
e2
J=
{ ψ* pψ + ψ p* ψ∗ } A ψ* ψ = J0 +Jd.
(2)
2m
mc
A rigore, anche gli orbitali ψ cambiano a causa del campo, ma
se i livelli eccitati sono molto distanti in energia e' ragionevole
=132=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
trascurare tali cambiamenti. Il campo prodotto sul nucleo (r=0)
dalle correnti diamagnetiche1
e2
Jd = A ψ* ψ
(3)
mc
e' dato dalla legge di Biot e Savart
B(r) =
1
c
⌠
J(r')∧(r-r')
 3
d r '

|r-r'|3
⌡
,
ed e'
⌠
e2

[
-1 
mc
d3r '
Bd(r→0) =

c ⌡
ψ* (r')ψ(r')A(r')]∧ r'
|r'|3
.
Per simmetria, solo la componente z puo' essere non nulla.
Omettendo i primi, ed usando (A∧r) z = Axy-Ay x, si ottiene
(Bd) z =
-e 2B ⌠
x2+y2
 3
2

d
r
|ψ|
.
2mc 2 
r3
⌡
(4)
Notare il segno - , che implica che il campo diamagnetico si
oppone a quello applicato. In un sistema sferico-simmetrico
<r2>
<x2>=<y2>=<z 2>=
. Inoltre, sommando su tutti gli orbitali
3
occupati, si puo' fare intervenire al posto di |ψ|2 la densita' totale
ρ. Il campo efficace sul nucleo e' percio'
Beff = (1-σ)B
dove la costante di schermo (=scielding constant) σ e' data dalla
formula di Lamb
σ=
e2
1
<
>.
3mc 2 r
(5)
1Qui si puo' avere l'impressione falsa che un cambiamento della gauge
comporti un cambiamento di J. Ma occorre ricordare che in un
cambiamento di gauge
ieχ(x,t)
e
A' = A + χ, si avrebbe Ψ '(x,t) = Ψ (x,t) exp[
], e allora 2m {
/c
h
ψ* pψ + ψ p* ψ* } non sarebbe la corrente in assenza di campo e non
sarebbe nullo; avremmo un J 0 tale da garantire la stessa corrente di
prima. Gli osservabili fisici sono indipendenti dalla gauge.
=133=
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Si trova σ=59.93 10-6 per He, σ= 547 10-6 per Ne, ed in generale
σ<<1 ma cresce rapidamente con Z.
Per atomi non di gas nobile dobbiamo aggiungere al campo
magnetico due contributi. Quello che viene di solito definito
"paramagnetico" e' dovuto alla modifica delle ψ orbitale da parte
del campo; poi c'e' quello dovuto agli effetti degli spin.
Nel contributo "paramagnetico" lo spin non entra per
niente, e in questo senso la teminologia e' infelice. Esso e'
dovuto al fatto che l'Hamiltoniano di ogni elettrone ha il termine
in piu'
e
A⋅p = µB B⋅L,
(6)
mc
mentre il termine in A2 e' trascurabile. Se indichiamo con |0> la
funzione d'onda imperturbata, in presenza del campo avremo
|n><n|Lz|0>
ψ= |0>- µB B∑
,
(7)
(En -E0)
n
dove n corre sugli stati eccitati. Ci basta la correzione di ordine
piu' basso, e non occorre correggere il termine diamagnetico,
che e' gia' di primo ordine in B; la correzione viene dai termini
e
in
{ ψ* pψ + ψ p* ψ∗ }, che, inseriti nella legge di Biot e Savart,
2m
danno un contributo extra
Bp(r→0)=
eh
/
2mc
-eh
/
=
2mc
∫dr'
[ψ* (r')pψ(r')]∧r'
+c.c.
r' 3
L
∫dr' ψ* (r') r'3ψ(r')] +c.c.,
dove, essendo hermitiano l'operatore, il complesso coniugato
comporta semplicemente un fattore 2.
In generale in una molecola il campo indotto non e' parallelo a
quello applicato, e la costante di schermo e' un tensore. Da
quanto sopra consegue che il contributo paramagnetico alla
componente (σp) zz e' dato da
 Lz 
-eh
/
<ψ| 3 |ψ>.
(8)
mc
 r' 
Sostituendovi la ψ corretta e sommando su tutti gli elettroni si
ha (σp) zz. Si puo' notare che gli stati s non contribuiscono,
perche' hanno Lz nullo e sono accoppiati a stati |n> che hanno la
stessa proprieta'; ma, in presenza di stati p e d, σp puo' essere
dominante. Aggiungendovi il contributo diamagnetico si ha una
espressione esplicita di σzz (formula di Ramsey), che non
riportiamo, ma lasciamo per esercizio.
=134=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Gli effetti dello spin elettronico in N.M.R. sono importanti
solo in sistemi che abbiano spin spaiati, come metalli e molecole
o radicali paramagnetici; in tali casi, pero', si osservano shift
molte volte piu' grandi del consueto (Knight shift). Consideriamo
un nucleo soggetto ad un campo magnetico B = H diretto lungo
l'asse z ed all'interazione iperfine di contatto con un elettrone.
La sua Hamiltoniana conterra' i termini
Sz
-µNgNIzB + aIzSz = -µNgNIz(B - a
).
(9)
µNgN
Poiche' le frequenze associate allo spin nucleare sono basse, e il
moto dell'elettrone e' poco influenzato dal nucleo, possiamo
approssimare l'hamiltoniana del nucleo con la sua media sui
gradi di liberta' elettronici
-µNgNIz(B +Be) ,
(10)
dove il campo prodotto dallo spin elettronico e'
Be = - a
<Sz>
.
µNgN
(11)
La risonanza risulta spostata di Be , e la misura ∆H di tale
spostamento fornisce la densita' di spin elettronico sul nucleo
(stiamo supponendo B=H per semplicita'). Ma <Sz>>∝H, poiche'
il momento magnetico di equilibrio nel campo esterno e' dato da
M=χH=-NµBg<Sz>.
(12)
Per spin elettronici S indipendenti, di componenti z MS, la media
S
∑ gµBMSexp[gµBMSH/KT]
MS=-S
M=N
(13)
S
exp[gµ
M
H/KT]
∑
B S
MS=-S
e' data da
gµBSH
M=NgµBS B S(
),
(14)
KT
dove la funzione BS di Brillouin e' data da
2S+1
(2S+1)x 1
x
coth(
)coth( ).
2S
2S
2S
2S
Per H→0, si ottiene facilmente
BS(x) =
Ng2µB2S(S+1)
χ=
.
3KT
Quindi,
(15)
(16)
=135=
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∆H
µB g
S(S+1)
=a
.
(17)
H
µNgN
3KT
Quindi il Knight shift dipende fortemente dalla temperatura.
.i6-10 Effetti molecolari e di stato solido in NMR: spinspin
splitting
Consideriamo ad esempio lo spettro dei protoni dell'alcool
etilico CH 3CH2OH. Osservato in bassa risoluzione, esso mostra
tre picchi, di intensita' relative 1:2:3 in ordine di B crescente.
Questi picchi possono essere etichettati rispettivamente OH, CH2
e CH3, e sono dovuti al diverso schermaggio elettronico dei
protoni dei diversi gruppi. Ecco un disegno schematico dello
spettro :
Segnale
CH
3
CH
2
OH
B
E' facilmente comprensibile che il protone di OH, essendo
ionico, e' il meno schermato.
Dobbiamo ora stimare l'effetto dell' interazione fra gli spin
nucleari. Quella fra i momenti magnetici di due protoni e' data
(Sezione 2) da
I1.I2
(I1.r)(r.I2)
H' D = gN2µN2{ 3 - 3
},
(1)
r
r5
dove r e' la separazione fra i due protoni. Possiamo anche
scrivere
H' D = gN2µN2 I1DI2 ,
(2)
dove D e' il tensore con componenti cartesiane
δij
xi xj
Dij = 3 - 3 5 .
(3)
r
r
=136=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
H' D crea una scissione fra gli stati di singoletto e di tripletto del
sistema. Se aggiungiamo un campo esterno B, che tende ad
orientare gli spin, i livelli dipendono dall' angolo fra r e B. Una
analisi dello spettro NMR in funzione degli angoli contiene
dettagliate informazioni sulla distanza fra i protoni e
sull'orientazione della molecola cui appartengono. Questo si
puo' fare con un campione di molecole rigidamente orientate,
come ad esempio le molecole di acqua in un cristallo di gesso
(CaSO 4 . 2 H 2O).
In un liquido, invece, le molecole non hanno una
orientazione definita e l'informazione legata alla direzione di r
e' perduta. In effetti, poiche'
δij
xi xj
< 5 >=< 3>
r
3r
la media di D sugli angoli e' nulla e l'interazione magnetica
dipolo- dipolo si media a 0 in un liquido.
Nondimeno, esiste ancora un'altra, ancora piu' tenue
interazione spin-spin fra due nuclei 1 e 2 che non si media a 0.
Essa e' della forma
H"=J 12I1⋅I2,
(4)
con J 12 che si chiama "spin-spin splitting constant". Si tratta di
una interazione indiretta, mediata dagli elettroni. Un protone
di spin α favorisce leggermente attraverso l'interazione iperfine
una orientazione β dell'elettrone piu' vicino. Se questo e'
impegnato in un legame covalente, l'altro elettrone del legame
avra' una certa preferenza per l'orientazione α, e tendera' ad
orientare i protoni vicini ad avere uno spin β. Per vederlo,
dobbiamo tornare alla forma (2.4) dell'interazione di contatto
fra un elettrone in r e un nucleo in R, cioe'
H'(r,R)=C(N)δ(r-R) I.S,
(5)
con
8πgµB gNµN
.
3
Se ci sono due nuclei A e B e due elettroni,
C(N)=
(6)
H''(r1,r2,RA ,RB ) = C(A)IA ⋅[S1δ(r1-RA )+S2δ(r2-RA )]
+ C(B)IB ⋅[S1δ(r1-RB )+S2δ(r2-RB )]
dove
= C(A) IA ⋅SA +C(B) IB ⋅SB ,
2
Sα = ∑
i=1
δ(ri -Rα ) Si
(7)
(8)
=137=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
e' la densita' di spin sul nucleo α.
L' Hamiltoniano di spin nucleare si ottiene mediando sui
gradi di liberta' (orbitali e di spin) degli elettroni. Lo stato
imperturbato e' un singoletto, che scriveremo
|0> = φ0(r1)φ0(r2)χ S;
ora, H'' e' lineare negli operatori di spin elettronico. Questi
convertono il singoletto in componenti del tripletto: ad esempio,
σ1z[α(1)β(2)+β(1)α(2)] =α(1)β(2)-β(1)α(2); e' presto visto che
1
1
1 T T
S1zχ S= χ T0, S2zχ S= - χ T0 , S1xχ S = (χ 1-χ -1 ),
2
2
8
1 T T
i
-i T
S2xχ S=
(χ 1-χ -1 ) , S1yχ S= (χ T1+χ T-1 ) ,S2yχ S=
(χ 1+χ T-1 ),
8
8
8
dove χ T e' una funzione di tripletto. Quindi non c'e correzione al
primo ordine. Al secondo, entrano gli stati eccitati della forma
1
|n>=
[φ (r1)φ (r2) - φ (r2)φ (r1)]χ T
n2
n1
n2
2 n1
e gli stati |n> che sono accessibili da |0> con una componente di
Sα non lo sono con le altre, come ci si poteva attendere per
motivi di simmetria. Si ha la correzione agli autovalori
∆E(2) =
∑
|<n|H'|0>| 2
,
E0-En
(9)
n
che diventa un hamiltoniano efficace se integriamo sugli r e gli
Si ma non sugli spin nucleari. L'interazione che cerchiamo e'
contenuta nei termini bilineari, proporzionali a IA ed a IB . Nel
calcolo di <0|H'|n><n|H'|0> terremo i termini in cui figura IA nel
primo fattore e IB nel secondo e viceversa. Ma, come si e' visto,
gli stati |n> che sono accessibili da |0> con una componente di
Sα non lo sono con le altre, cosicche' ad esempio
IAx <0|SAx |n> moltiplica IBx <n|SBx |0>. Cosi'
|<n|H'|0>| 2 ∝
(I Ax IBx <0|SAx |n><n|SBx |0>+IAy IBy <0|SAy |n><n|SBy |0>
+ IAzIBz<0|SAz|n><n|SBz|0>)
+ i termini con A e B scambiati.
(10)
Dopo la somma su n, i coefficienti di IAx IBx sono identici a quelli
di IAy IBy e di IAzIBz , quindi la (9) e' proporzionale a IA ⋅IB .
E' facile, con un po' d'algebra, costruire una espressione per JAB .
Se ad esempio lo facessimo per una molecola di H2, il contributo
piu' grosso verrebbe dal primo tripletto eccitato, che darebbe
J≈200 Hz. L'ordine di grandezza e' dato dalla (9), dove <n|H'|0>
=138=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
≈a≈10-6 eV (la costante dell'interazione iperfina), mentre il
denominatore e' dell'ordine degli eV. Cosi', J≈10-12 eV.
Gli effetti dell'interazione spin-spin sono molto piccoli, ma
ben osservabili in alta risoluzione. Nello spettro del CH 3CH2OH ,
il picco del CH 2 si risolve in 4 righe, di intensita' relative 1:3:3:1,
mentre quello del CH3 si risolve in tre righe di intensita' 1:2:1.
Segnale
CH
3
CH
2
OH
B
I 3 picchi del multipletto CH3 dipendono dai 3 modi diversi in
cui possono disporsi i protoni del gruppo CH2, ed i 4 picchi del
multipletto CH2 dai 4 modi in cui possono disporsi quelli del
CH3. Il protone OH e' lontano dagli altri, ed occorrerebbe una
risoluzione ancora maggiore per vederne il multipletto.
A prima vista, puo' sembrare strano che un protone non
mostri spin-spin splitting a causa dei campi di spin degli altri
protoni del suo stesso gruppo. Per spiegare questo fatto,
scriviamo l'Hamiltoniana di spin per i tre protoni equivalenti del
CH3, trascurando ogni altra interazione.
H = -γNBFz + J{I1I2 + I2I3 + I1I3 }.
(11)
La componente z ed il quadrato dello spin totale F = I1 +I2 +I3 si
conservano, e poiche'
F2 =
∑Ij 2 +2 {I1I2 + I2I3 + I1I3 }
j
possiamo immediatamente diagonalizzare H:
H = -γNBFz +
J
9
[ F2 - ] .
2
4
(12)
(13)
=139=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Gli autovalori di H dipendono solo da Fz e da F. Il secondo
termine pero' non ha effetto sull'energia delle transizioni
permesse in NMR. Infatti, l'operatore (5.3) che le provoca e'
proporzionale a Fx, che commuta con F2, e puo' causare
transizioni solo fra stati dello stesso F. Pertanto, J non ha alcun
effetto sullo spettro.
6-11 Struttura iperfine dovuta al momento di
quadrupolo elettrico del nucleo
Oltre al momento di dipolo magnetico, i nuclei con spin
I>1/2 hanno un momento di quadrupolo elettrico. Esso e'
definito dal tensore
Q ik = ∑ {3 xpi xpk -δik rp2} ,
(1)
p
dove xpi e' una componente cartesiana del raggio vettore rp del
generico protone del nucleo. Il potenziale1 generato dal nucleo
posto all'origine delle coordinate in un punto di raggio vettore R
e'
φ(R) =
Ze
e
+
Q ik ni nk ,
R 2R 3∑
ik
R
dove figurano le componenti di n= ; se Qik non e' nullo, il
R
campo del nucleo non e' esattamente centrale. In un potenziale
esterno V, il quadrupolo ha l'energia
∂2V
1 3
∆E = ∑ Q ik
.
(2)
6
∂xi ∂xk
ik
Per una densita' di carica sferico-simmetrica, <Qik > ≡0. In
effetti, il momento di quadrupolo misura la deviazione dalla
sfericita' della distribuzione di cariche. Come e' intuitivo, un
nucleo di momento angolare I=0, non avendo nello spazio
direzioni privilegiate, ha Qik nullo; anzi, l'informazione
essenziale sulle componenti di Q ik e' esprimibile in termini di I,
a meno di una costante di scala. Mostreremo nel Capitolo 11 che
dalla teoria della simmetria consegue l'espressione2
Q ik =
3Q
2
{Ii Ik + Ik Ii - δik I2},
2I(2I-1)
3
(3)
1L.Landau e E.Lifschitz, "Theorie du Champ", Editions Mir, Moscou 1966,
Paragrafi 41 e 42.
2La formula perde senso se I=1/2, ma vedremo che in tal caso Q ≡0.
ik
=140=
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dove Q e' una costante che prende a sua volta il nome di
momento di quadrupolo.
Consideriamo un atomo con un solo elettrone ottico.
L'orbitale dell'elettrone interagisce col campo del quadrupolo se
corrisponde a sua volta ad una densita' di carica non sferica, il
che esclude gli stati s. Cio' che caratterizza l'elettrone da questo
punto di vista e' il suo momento angolare J, e l'Hamiltoniano di
interazione H' deve essere uno scalare. Lo scriveremo nella
forma
C
H' =
JQ J
(4)
J(2J-1) i ik k
dove C e' una costante di proporzionalita', e si somma su i e k.
Poiche' [Ii ,Ik ]- = iεikm Im, possiamo scrivere
2
2
J i Ii Ik J k + J i Ik Ii J k - J 2 I2 = 2J i Ii Ik J k + J i (-i)εikm ImJ k - J2 I2
3
3
;
2
ma εikm J i J k = (J∧J) m = iJm, e viene 2(I⋅J) 2+(I⋅J)- J2 I2. Ne
3
consegue la formula di Casimir
3
I⋅J[2I⋅J+1] -I2J2
2
H' = CQ
.
I(2I-1)J(2J-1)
(5)
Poiche' I⋅J = K/2, dove K=F(F+1) - I(I+1)-J(J+1), l'energia di
interazione al primo ordine e'
3
K(K+1)-2I(I+1)J(J+1)
CQ 2
∆E = <JIFMF| H' |JIFMF >=
.
2
I(2I-1)J(2J-1)
(6)
In una molecola, d'altra parte, un nucleo e' soggetto al
potenziale elettrostatico V degli altri nuclei e degli elettroni, che
puo' essere fortemente anisotropo. Ad esempio, se la molecola
e' simmetrica intorno all'asse z , il campo elettrico sull'asse ha
solo la componente Ez ; inoltre, e' facile convincersi che Ez ha un
estremo sull'asse, e quindi ha derivate prime nulle rispetto a x e
y. Allora, per la (2) l'interazione fra il quadrupolo e il potenziale
e' descritta da
∂2V 3mI 2-I(I+1)
Q zz∂2V
H' =
=
Q
,
(7)
6 ∂z 2
∂z 2 6I(2I-1)
con m I =Iz. I nuclei di spin 1 , come 14N danno due livelli, mI =±1,
mI =0; quelli di spin 3/2 , come 35Cl ne danno ancora due
(m I =±3/2,1/2); i nuclei di spin 5/2 come 127 I ne danno tre, etc.
Questi livelli possono essere osservati in esperimenti di
risonanza (risonanza di quadrupolo elettrico nucleare), anche in
=141=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
assenza di campo magnetico. Si puo' ottenere informazione sia
sul nucleo che sul campo nell'intorno di un nucleo in una data
molecola.
6-12 Effetto Overhauser
Si tratta di un forte aumento dell'intensita' del segnale
NMR, ottenuta saturando una transizione EPR. L'intensita' NMR e'
proporzionale alla differenza N+- N- fra i numeri di spin nucleari
su e giu' nel campione, e lo sbilanciamento e' molto piccolo, a
meno di non andare a temperature estremamente basse, perche' i
sottolivelli di spin sono prossimi in energia. Per accrescerlo, e
quindi intensificare il segnale, c'e' pero' un'altra possibilita':
indurre distribuzioni non termiche agendo sugli spin elettronici.
In tal modo, possiamo costringere il sistema ad un equilibrio
artificiale, in cui gli stati di spin dei nuclei sono separati da
energie molto maggiori del solito.
Consideriamo un sistema composto di uno spin elettronico
1/2 ed uno spin nucleare 1/2 in un campo magnetico. Se gli spin
sono disaccoppiati, si hanno 4 stati, che in ordine di energia
crescente (prendendo g N >0) sono β eα N , β eβ N , α eα N ,α eβ N . Poniamo
il sistema in un bagno termico a temperatura T. I rapporti fra le
popolazioni P dei quattro stati sono fissati dai fattori di
Boltzmann:
P(β eβ N )= e -2q P(β eα N ); P(α eα N )= e -2p P(β eα N );
P(α eβ N ) = e -2q-2p P(β eα N ),
(1)
gµBH
gNµNH
dove p=
, q=
.
2KT
2KT
Se ci sono N sistemi, composti di uno spin elettronico e di uno
spin nucleare, poniamo x= P(β eα N ) e determiniamolo imponendo
che la somma sia N: le popolazioni assolute vengono
N
N e -2q
P(β eα N)=
;
P(β
β
)=
,
e N
(1+e -2p )(1+e-2q )
(1+e -2p )(1+e-2q )
Ne-2p
e-2p-2q
P(α eα N)=
;
P(α
β
)=
N
.
e N
(1+e -2p )(1+e-2q )
(1+e -2p )(1+e-2q )
Il numero totale di spin nucleari α e'
1
N+ = P(β eα N)+P(α eα N)=N
;
1+e-2q
quello di spin nucleari β e'
e-2q
N- = P(β eβ N)+P(α eβ N)=N
;
1+e-2q
quindi,
gNµNH
N+
= e2q = exp[
]
N
KT
=142=
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N+- N- =N
1-e -2q
≈Nq,
1+e-2q
(2)
essendo q<<1, e il coefficiente di assorbimento NMR e' piccolo.
Qual'e' il meccanismo microscopico che fissa queste popolazioni?
Esse sono mantenute da vari "processi di rilassamento", che
inducono continuamente transizioni α e ↔ β e , α eβ N ↔ β eα N , etc,
e, se sono lasciati indisturbati, garantiscono i rapporti di
equilibrio fra le popolazioni. Succede di tutto. Ad esempio, si
ricordera' che le transizioni α eβ N ↔ β eα N non possono ottenersi
con lo scambio di un singolo fotone: tuttavia in molti materiali
esse sono prodotte da processi di rilassamento molto rapidi.
L'interazione di contatto puo' realizzare tali transizioni grazie ai
termini in I+S- e in I- S+. Anche processi del tipo β eβ N ↔ α eα N sono
possibili, e vengono indotti dall'interazione dipolare fra lo spin
m.me
(m.r)(r.me)
elettronico e quello nucleare
-3
3
r
r5
(l'interazione dipolare e' nulla solo in media, su un orbitale s,
ma ha termini proporzionali a Ix Sx ed a IySy ). Quello che importa
e' che in equilibrio tutti i processi avvengano con la stessa
velocita' media dei loro inversi. Se una popolazione eccede il suo
valore di equilibrio, i processi che svuotano quello stato
cominciano ad andare piu' veloci dei loro inversi, fino ad
equilibrio ristabilito.
Se ora saturiamo la risonanza di spin elettronico, inviando
una intensa radiofrequenza gµBH, le popolazioni saranno
modificate in modo che
N'(β eα N)= N'(α eα N),
N'(β eβ N)= N'(α eβ N).
(3)
αe β n
α eα n
RF
rilassamento
dipolare
rilassamento di
contatto
β e βn
β α
e
n
Per determinare gli N' , supponiamo che l'unico processo di
rilassamento importante sia l'interazione di contatto1. Esso si
1Studi
di ioni in soluzione hanno evidenziato casi in cui occorre
tener conto di meccanismi di rilassamento diversi da α eβ N ↔
β eα N, che richiederebbero una analisi piu' dettagliata: dovremmo
=143=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
mettera' in un equilibrio dinamico, tale che α eβ N → β eα N e α eβ N
← β eα N avvengano con velocita' identiche. L'equilibrio dinamico
richiede che il rapporto
N ' (β eα N)
= e2p+2q
(4)
N'(α eβ N)
sia lo stesso che in equilibrio termico; allora la condizione di
equilibrio termico N +/N- =e2q viene alterata. Infatti, per
definizione
N'+ N'(β eα N)+N'(α eα N)
≡
,
N'N'(β eβ N)+N'(α eβ N)
ma due termini al numeratore sono uguali fra loro in condizioni
di saturazione, e anche i due termini al denominatore sono uguali
fra loro; cosi'
N ' (β eα N)
N'+
=
= e2p+2q.
(5)
N'N'(α eβ N)
equilibrio
β popolazioni basse
α circa uguali
Overhauser
popolazioni basse
β
uguali
α
β
α
popolazioni alte
uguali
β
α
popolazioni alte
circa uguali
E' come se il momento magnetico nucleare fosse stato sostituito
con la somma dei due momenti magnetici (nucleare ed
elettronico). Poiche' N'+ +N'- =N, possiamo risolvere per le
popolazioni e trovare che
1-e -2p-2q
N'+-N'- =N
≈(p+q) N,
1+e-2p-2q
(6)
cosicche' la differenza fra le popolazioni risulta accresciuta di un
fattore
gµB
p+q
f=
=1+
.
q
gN µN
(7)
Per un elettrone ed un protone, f=659, e di altrettante volte si
intensifica il segnale nmr. Per esempio, il Na si scioglie in NH3
conoscere le velocita' dei processi di rilassamento α eβ N ↔ β eα N e
dN'(β eα N)
α eα N ↔ β eβ N, e scrivere equazioni "di rate" per
, etc.
dt
=144=
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liquida formando una soluzione paramagnetica, cedendo
l'elettrone di valenza che si delocalizza fra le molecole del
solvente. Lo spin dell'elettrone sente l'interazione di contatto con
i protoni dell'Ammoniaca e da' luogo ad effetto Overhauser;
sperimentalmente, l'incremento del segnale e' di un fattore 400.
L'effetto si osserva comunemente nei metalli.
Capitolo 7- Il metodo di
Hartree-Fock e il teorema
del viriale
Questo capitolo presenta il metodo di HF partendo dall'esempio
piu' semplice - il problema dei due elettroni - per poi generalizzare a
N; in conclusione sara' possibile capire quali aspetti del problema dei
molti corpi sono contenuti nelle equazioni di HF, e quali no.
Troveremo infine un risultato esatto.
7-1 Stato fondamentale dell'atomo di He;
Consideriamo l'atomo di He, descritto
nell'approssimazione non relativistica dall'Hamiltoniano
modello 1
1
H= h1 + h2 +
;
r12
(1)
qui stiamo usando unita' atomiche , con e 2 =1, h
/ =1, ed
indichiamo con hi l'Hamiltoniano "a un corpo" dell'elettrone
iesimo; vale a dire,
∇i 2 Z
+ ;
(2)
2
ri
∇ i deriva rispetto alle coordinate dell'elettrone iesimo, che
si trova a distanza ri dall'origine. Vogliamo trovare una
descrizione approssimata dello stato fondamentale usando il
metodo variazionale.
hi = -
Questo metodo e' ben noto, e ci limiteremo a richiamarlo con alcune
importanti osservazioni.
1)Sia φ la funzione d'onda del sistema ed η una funzione complessa
arbitraria delle stesse variabili da cui dipende φ; sia α un parametro
1e' chiaro che stiamo trascurando, oltre agli effetti relativistici, altri piccoli
effetti, come quelli del moto del nucleo.
=145=
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complesso. La funzione d'onda e' normalizzata con N=<φ|φ>=1. La variazione
dell'energia E=<φ|H|φ> che consegue da φ→φ+αη, al primo ordine in α, e'
δE=α *<η|H|φ>+α<φ|H|η> + O(α 2), mentre δN=α *<η|φ>+α<φ|η> + O(α 2). La condizione
che E sia un estremo, soggetta al vincolo che N=1, si puo' imporre con un
moltiplicatore di Lagrange λ, scrivendo δ(E+λN)=0. Ne risulta che
α *<η|H-λ|φ>+α<φ|H-λ|η>=0.
Scegliendo α reale, ne concludiamo che <η|H-λ|φ>+<φ|H-λ|η>=0; scegliendolo
immaginario puro, ne concludiamo che <η|H-λ|φ>-<φ|H-λ|η>=0; poiche' α e' del
tutto arbitrario, occorre che sia <η|H-λ|φ>=0. Pertanto,
{Hφ=Eφ, <φ|φ>=1} ⇔ {δ(E+λN)=0, λ=-E} ⇔ {δ(E)=0, col vincolo N=1}.
Abbiamo un altro modo di scrivere l'equazione di Schro
" dinger. Il principio
variazionale vale per tutti gli autostati, ed il moltiplicatore di Lagrange e'
l'autovalore dell'energia cambiato di segno.
2) Se variamo solo il bra, cioe ridefiniamo δE e δN con δE=α *<η|H|φ>, δN=α *<η|φ>,
non commettiamo alcun errore, perche' la variazione del ket da' una
informazione ridondante. Otteniamo lo stesso principio variazionale con
meno algebra. Quindi la regola e': basta variare il bra.
3) Fin qui tutto e' esatto, e non c'e' niente che escluda gli stati eccitati. Pero'
l'utilita' del metodo sta nella possibilita' di generare approssimazioni. Si
sceglie una classe limitata di φ, e si cerca l'estremo entro quella classe.
Allora, il minimo di E fornisce un'approssimazione all'energia dello stato
piu' basso che non e' ortogonale ai φ della classe. Ma, anche se i veri
autostati sono tutti ortogonali fra loro, la stessa proprieta' non e' garantita
per le φ che corrispondono agli estremi in una classe limitata di funzioni.
In certi casi (vedi metodo LCAO) tutti gli autostati approssimati sono
ortogonali, ma il principio variazionale da solo non assicura che questo si
verifichi. Quindi, in generale, siamo limitati allo stato piu' basso di ogni tipo
di simmetria.
Come funzione di prova, prendiamo un determinante di
Slater che rappresenta due elettroni in un orbitale a(r),
ovvero il singoletto
Φ = \f(1,\r(2)) \b(\a( a(1)α(1) a(2)α(2) , a(1)β(1)
a(1)a(2)[α(1)β(2)-β(1)α(2)]
a(2)β(2) )) =
2
=a(1)a(2)χS,
(3)
senza alcuna restrizione sulla forma di a(r); cerchiamo cioe'
la migliore soluzione determinantale. Calcoliamo
E = <Φ|H|Φ> ;
(4)
poiche' l' autofunzione di singoletto χS e' gia' normalizzata a
1 e lo spin non figura in H, si ottiene
E = <Φ|H|Φ> = <a(1)a(2)|H|a(1)a(2)> .
=146=
(5)
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Dobbiamo richiedere δE=0 soggetto alla condizione N =
<a|a>=1. Si ha:
E =<a(1)|h(1)|a(1)> +<a(2)|h(2)|a(2)> + <a(1)a(2)|
|a(1)a(2)>. (6)
1
r12
Ma i primi due termini coincidono ; inoltre, nei problemi
variazionali basta variare il bra; cosi' otteniamo
δE = 2<δa(1)|h(1)|a(1)> + <δa(1)a(2)|
+<a(1)δa(2)|
1
|a(1)a(2)> =
r12
1
|a(1)a(2)> +
r12
1
|a(1)a(2)> ,
r12
dove l'ultimo passaggio e' solo un cambiamento di variabili.
D'altra parte, variando ancora il solo bra,
2<δa(1)|h(1)|a(1)> + 2<δa(1)a(2)|
δN = <δa|a> .
Il metodo dei moltiplicatori di Lagrange porta alla
condizione unica
δE = ε δN
dove ε
∫
e' appunto il moltiplicatore; possiamo scrivere
δa* (1)h(1)a(1)d3r1 +
∫ ∫
δa* (1)a* (2)
d3r1d3r2
=ε
∫
1
a(1)a(2)
r12
δa* (1)a(1)d3r1.
Dal momento che δa e' arbitrario, deve aversi
\X( h(1)a(1) + a(1) \i(,, )a * (2) \f(1,r12) a(2) d3r2 =
ε a(1). )
(7)
Con questa equazione di Hartree possiamo determinare
l'orbitale a(r) che e' ottimale in senso variazionale. Essa e'
della forma di una equazione di Schro
"dinger; al potenziale
del nucleo e' aggiunto il potenziale di Hartree
=147=
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VH(r) =
∫
a * (2)
(8)
1
a(2) d 3r2
r12
,
di interpretazione fisica immediata: e' il potenziale
elettrostatico dovuto alla densita' di carica |a|2, la
distribuzione di carica media dell'altro elettrone.
Usando una funzione variazionale ad un solo
parametro Z della forma
a(r) =
Z3 -Zr
π e
si ottiene per l'atomo di He, com'e' ben noto, una energia
di legame Eb=77.483 eV, contro il valore sperimentale
Eb≈79.0 eV. Nell'equazione di Hartree non si e' imposta
alcuna restrizione alla forma dell'orbitale, e i calcoli sono
considerevolmente piu' complicati. Con metodi numerici, si
ottiene alla fine Eb = 77.866 eV, con un miglioramento di
soli 0.383 eV. Resta tutta da capire, a questo punto, una
"energia di correlazione" di ≈ 1.1 eV (a parte piccole
correzioni dovute ad effetti relativistici, alla massa finita del
nucleo, etc.). Gli effetti di correlazione consistono nel fatto
che la vera funzione d'onda non e' della forma
determinantale; il potenziale dell'altro elettrone puo' solo
approssimativamente essere sostituito da V H.
Infatti, l'atomo di He e' descritto molto piu' accuratamente dalle
funzioni d'onda non determinantali di Hylleraas. Queste sono funzioni
d'onda bielettroniche della forma
φ(s,d,r 12) = e-ks
∑ C(a,b,c)sadbr 12c
abc
dove s=r1+r 2, d=r1- r 2 ; si somma su molti esponenti a,b,c e si minimizza
l'energia rispetto ai parametri variazionali C(a,b,c). La dipendenza da r12 e'
un ingrediente essenziale del metodo, e consente di tener conto delle
fluttuazioni di distanza fra i due elettroni. Tuttavia il numero di parametri
variazionali cresce in modo proibitivo con il numero di particelle. Pur
essendo meno preciso, il metodo di Hartree-Fock e' importante perche' e'
piu' semplice e si presta molto meglio ad essere esteso a sistemi complicati.
7-2 Lo stato piu' basso dell'Ortoelio
Come l'equazione di Schro"dinger ha infinite soluzioni
in un dato potenziale, anche quella di Hartree ha infinite
soluzioni "eccitate"; ma solo quella con ε piu' bassa
corrisponde al principio di minimo. E' importante notare
che non e' generalmente possibile ottenere gli stati eccitati
=148=
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dall'equazione di Hartree: solo stato piu' basso di ogni data
simmetria e' un vero estremo. Le altre soluzioni, per essere
accettabili, dovrebbero essere ortogonali al vero stato
fondamentale ed agli stati eccitati sottostanti; ma questo in
generale non si puo' garantire.
Lo stato piu' basso di ogni data simmetria e' pero'
ottenibile da un principio di minimo. Questo si applica
anche allo stato 1s2s 3S, e per la componente con MS=1
possiamo usare un singolo determinante. Prendiamo quindi
come funzione di prova
Φ=[
a(1)b(2)-a(2)b(1)
2
] α(1)α(2) .
(1)
Allora,
E = <Φ|H|Φ> = <a(1)b(2)|H|a(1)b(2)> <a(1)b(2)|H|b(1)a(2)>.
Imponendo <a|a>=<b|b>=1,
E=<a(1)|h(1)|a(1)> + <b(2)|h(2)|b(2)> +
<a(1)b(2)|
1
|a(1)b(2)> +
r12
-{<a(1)|h(1)|b(1)><b(2)|a(2)> +
<a(1)|b(1)><b(2)|h(2)|a(2)> +
+<a(1)b(2)|
}.
1
|b(1)a(2)>
r12
Se inoltre supponiamo <a|b>=0, otteniamo semplicemente
E=<a(1)|h(1)|a(1)> + <b(2)|h(2)|b(2)> +
<a(1)b(2)|
1
|a(1)b(2)> +
r12
-<a(1)b(2)|
1
|b(1)a(2)> ≡Ia+Ib+Cab -Eab .
r12
Il problema variazionale e' δE=0, soggetto alle condizioni
<a|a>=1, <b|b>=1. Avremo cosi' i moltiplicatori di Lagrange
εa e εb.Noi non seguiamo il procedimento standard, in
quanto non imponiamo la condizione <a|b>=0 con un altro
=149=
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moltiplicatore di Lagrange; potremo farne a meno per
ragioni che saranno evidenti nel seguito. Variando a,
troviamo
δE = <δa(1)|h(1)|a(1)> + <δa(1)b(2)|
1
|b(1)a(2)>,
r12
δ<a|a> = <δa|a>.
1
|a(1)b(2)> +
r12
-<δa(1)b(2)|
Introducendo il moltiplicatore di Lagrange, abbiamo δ[Eεa<a|a>]=0, cioe'
1
∫d31 δa* (1)h(1)a(1) + ∫d31 ∫d32 δa* (1)b* (2) r12 a(1)b(2) - ∫d31 ∫d32 δa* (1)b* (2)
δa* (1)a(1).
1
b(1)a(2) = εa∫d31
r12
Poiche' δa e' arbitrario,
1
1
h(1)a(1) + a(1)∫d32 b* (2)
b(2) -b(1)∫d32b* (2)
a(2)
r12
r12
=εaa(1)
(2)
Analogamente, variando b, otteniamo
h(1)b(1) + b(1)\i(,,d32) a * (2) \f(1,r12) a(2) - a(1)
1
∫d32 a* (2) r12 b(2)
(3)
=εbb(1).
Queste sono le equazioni di Hartree-Fock per il problema in
esame. Per spin paralleli si ha, oltre al potenziale di Hartree,
anche un potenziale di scambio, non locale. Il potenziale di
Hartree, o potenziale diretto, e' tale che
Vd(x) a(x) = a(x) ∫dy
|b(y)| 2
,
|x-y|
(4)
=150=
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e gia' lo abbiamo capito fisicamemte; quello di scambio e'
piu' difficile da interpretare. Intanto, non e' un potenziale
nel senso usuale, ma un operatore che da'
Vex (x) a(x) = b(x) ∫dy
b* (y)a(y)
.
|x-y|
(5)
Si dice che V ex e' un potenziale non locale perche' il
secondo membro non dipende solo dal valore "locale" di a
nel punto x. La sua origine sta nell' antisimmetria della
funzione d'onda per scambi di fermioni e quindi non c'e'
nessun analogo classico. Infatti, se fossimo partiti da un
semplice prodotto non antisimmetrizzato, invece che da un
determinante di Slater, avremmo ottenuto Vd ma non Vex . La
verifica di questa affermazione nel caso dell'Ortoelio e' un
esercizio immediato.
Il procedimento che parte da un prodotto semplice e'
il metodo di Hartree, ed e' stato anch'esso largamente
applicato agli atomi con molti elettroni. Non perche' Vex e'
meno intuitivo, il che non costituirebbe un vero problema,
ma perche' il potenziale di scambio complica i calcoli in
modo considerevole. Va notato che il metodo di Hartree non
ignora del tutto il principio di Pauli, in quanto tale principio
e' usato nel riempire gli orbitali (aufbau).
Torniamo ora alla questione dell' ortogonalita' di a e
b. Riprendiamo l'equazione di HF per a e moltiplichiamola
scalarmente per |b>.
b* (1)a(1)|b(2)|2 -|b(1)| 2b* (2)a(2)
<b|h(1)|a> + ∫d31∫d32
=
r12
εa<b|a>.
L'integrale dall'aspetto formidabile e' nullo, come si vede
scambiando 1 e 2 nel secondo termine. Quindi,
<b|h(1)|a> = εa<b|a>
e scambiando i ruoli di a e b,
<a|h(1)|b> = εb<a|b>.
Prendendo il complesso coniugato di quest'ultima, dal
momento che h e' hermitiano, si ottiene
=151=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
<b|h(1)|a> = εb<b|a>
e sottraendo questa dalla prima si trova. in perfetta analogia
con l'equazione di Schro"dinger,
0=( εa - εb)<b|a>.
(6)
Gli orbitali che corrispondono ad autovalori diversi sono
ortogonali; d'altra parte, in caso di degenerazione uno puo'
sempre pensare di rimuoverla con un potenziale
infinitesimo, ottenendo cosi' un set di orbitali ortogonali
senza cambiare la fisica. Non importava, allora, usare un
moltiplicatore di Lagrange apposta per garantire <b|a>=0.
Consideriamo il prodotto scalare della equazione di
Hartree-Fock per |a> con lo stesso orbitale |a>. Otteniamo
1
<a(1)|h(1)|a(1)> + ∫d31∫d32|a(1)|2|b(2)|2
r12
1
∫d31∫d32a* (1)b(1)a(2)b* (2)r12 = εa ,
cioe'
εa = Ia +Cab - Eab.
(7)
Analogamente,
εb = Ib +Cba - Eba;
(8)
ma Cba =Cab , Eba =Eab , com'e' evidente dalle definizioni. Se
vogliamo attribuire energie agli orbitali, le ε sono
certamente possibili candidate, ma il concetto stesso di
"energia di un orbitale " e' piuttosto vago e va usato con
cautela nei problemi interagenti. Ad esempio,
εa + εb = Ia + Ib + 2(Cab - Eab) ≠ E= Ia + Ib + Cab - Eab,
quindi l'energia dell'atomo non e' la somma delle energie
degli orbitali. Il significato fisico degli ε in questo modello e'
piuttosto quello di potenziale di ionizzazione. Se da un
atomo di He 1s2s 3S, di energia E= Ia + Ib + Cab - Eab
togliamo l'elettrone b, dobbiamo sottrarre dall' energia sia
Ib che Cab e -Eab ; in tutto, dovremo sottrarre giusto εb. Cio'
che resta e' uno ione He+ in cui pero' l'altro elettrone
continua ad avere l'orbitale a(x) adatto ad un atomo neutro.
Sarebbe piu' realistico lasciare "rilassare" questo orbitale,
che si trasformerebbe cosi' in uno stato idrogenoide. In
conclusione, gli ε sono potenziali di ionizzazione
=152=
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nell'approssimazione in cui gli orbitali rimangono
"congelati" durante e dopo il processo di fotoionizzazione.
Questo fatto e' noto come teorema di Koopmans., ed e'
importante perche' significa che dopo tutto i calcoli
Hartree-Fock una certa informazione sugli stati eccitati la
contengono. Ma in realta' l'ipotesi degli orbitali congelati e'
poco accurata. Ad esempio, un calcolo HF applicato allo
ione Cu+,che ha tutti i gusci chiusi1, ha dato i seguenti livelli:
Guscio
1s
Autovalori di Koopmans Energia (a.u.) sperimentale
658.4
662.0
2s
82.3
81.3
2p
71.83
61.6
3s
10.65
1.6
3p
7.27
6.1
3d
1.6
0.71
Per gli orbitali profondi c'e' un accordo approssimativo, ma
per il guscio piu' esterno l'errore supera il 100%.
Mentre l'energia del vero stato fondamentale e' sempre piu'
negativa di quella calcolata in approssimazione di HF, non
c'e' alcuna relazione semplice fra gli autovalori ε ed i veri
livelli del sistema. Questi ultimi non possono essere riferiti
ad un orbitale, ma a stati ad N elettroni; quindi, una
discussione adeguata esula dallo schema a particella singola,
e si puo' ottenere da un fomalismo a molti corpi come
quello delle funzioni di Green. Non si tratta nemmeno di
complicare la teoria per avere valori piu' precisi dei livelli:
in realta', se si migliora la risoluzione sperimentale, si
scopre che i livelli non esistono piu'. Le righe spettrali sono
risonanze, con una larghezza finita ed una struttura interna.
Ne riparleremo.
7-3 Generalizzazione ad N elettroni
1La configurazione e' 1s 22s22p63s23p63d10 e tutti i gusci sono
completamente occupati. Questo comporta che e' possibile scrivere per lo
stato fondamentale una funzione d'onda di prova monodeterminantale con
L e S corretti, ed il metodo di HF e' particolarmente adatto a questi casi.
=153=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Non occorre impostare di nuovo il calcolo variazionale
per generalizzare questi risultati. Ad esempio, per lo stato
fondamentale di un atomo di Be (Z=4, configurazione
1s22s2) avremo da determinare i 4 spinorbitali u1s,σ e u2s, σ
ottenuti dai due orbitali u1s e u2s. Tenuto conto che ciascun
elettrone 'sente' il potenziale diretto di tutti gli altri
elettroni e quello di scambio dovuto agli elettroni del suo
stesso spin, u 1s e' dato dall'equazione di HF
2
p
Z
[2m
+ Vd1s(r) + 2V d2s(r) - V ex 2s(r) ]u1s(r)= ε1su1s,
|r|
(1)
con il potenziale elettrostatico, locale, dovuto all'altro
elettrone 1s,
Vd1s(r) =
∫dr'
|u1s(r')| 2
,
|r-r'|
l'analogo dovuto ai due elettroni nel 2s, ed il potenziale di
scambio dovuto all'elettrone 2s di spin parallelo a quello
considerato; quest'ultimo e' non locale, cioe' e' un
operatore che agendo su una funzione f(r) da'
Vex 2s(r) f(r) = u 2s(r)
∫dr'
u2s(r') * f(r')
.
|r-r'|
L'altra equazione e', evidentemente,
2
p
Z
[2m
+ 2Vd1s(r) + V d2s(r) - V ex 1s(r) ]u2s(r)= ε2su2s.
|r|
(2)
Per lo stato fondamentale dell'atomo di Li (Z=3)
possiamo scegliere arbitrariamente che l'elettrone spaiato
2s ha spin α. Questo comporta che l'equazione per
l'orbitale 1s di spin α ha il termine di scambio, mentre per
lo spin β lo scambio non c'e'. Per sistemi con gusci
parzialmente occupati in generale le equazioni per uno
stesso stato orbitale e spin opposti sono diverse, e quindi gli
orbitali spaziali dipendono dallo spin. Tutto cio' si riferisce
al metodo di HF nella sua forma generale, o, come si dice,
"unrestricted", o "spin-polarized" HF. Infatti, per
semplificare i calcoli e' stato spesso usato un metodo
"Restricted HF", in cui si impone un unico orbitale per spin α
e β assegnandogli un potenziale di HF mediato sugli spin. Nel
=154=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
caso del Li, tale orbitale sentirebbe mezzo potenziale di
scambio. Si noti che per Li nel metodo 'unrestricted' vi sono
3 orbitali diversi da determinare, contro i 2 del Be che ha un
elettrone in piu'. I problemi con i gusci aperti sono sempre
molto piu' duri.
In generale, Φ sara' un determinante di Slater
costruito con N spin-orbitali u 1σ , u2σ, ⋅⋅⋅⋅ dove uiσ
ovviamente sta per uno dei due spinorbitali appartenenti
all'orbitale i-esimo, con la proiezione z dello spin σ=±1/2.
Vale l'immediata generalizzazione delle equazioni che
abbiamo visto, che puo' essere ottenuta con considerazioni
analoghe, compreso il teorema di Koopmans, etc. Per N
generico, nell'equazione di HF per uno spinorbitale uν
compare il potenziale diretto complessivo
Vd(r) = ∑Vdµ(r) ,
µ
(3)
dove la somma e' su tutti gli spinorbitali; compare anche il
potenziale complessivo di scambio,
Vex (r) = ∑' Vex µ(r)
µ
(4)
dove la somma
∑'
µ
include solo gli spinorbitali con lo spin
parallelo a quello di ν; introducendo l'operatore di Fock
p2
Z
f=[
+ Vd(r) - V ex (r) ]
2m |r|
(5)
l'equazione di HF assume la forma apparentemente
semplice 1
(6)
f uν (r) = εν uν .
1In effetti si ha un sistema di equazioni integrodifferenziali non lineari
accoppiate che solo i moderni calcolatori possono trattare in modo
virtualmente esatto, e limitatamente a sistemi atomici o comunque
relativamente semplici. Non sfugga pero' l'enorme semplificazione che il
metodo comporta rispetto alla soluzione dell'equazione di Schro
"dinger. E'
molto piu' facile trattare molte equazioni in poche variabili che una in
molte variabili!
=155=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Z
+ Vd(r) - V ex (r) si chiama
|r|
potenziale di HF; non si deve perdere di vista il fatto che si
tratta di un operatore non locale. I contributi dello
spinorbitale uν a Vd ed a Vex si cancellano
automaticamente,
Il potenziale totale VHF = -
∫dr'
|uν (r')| 2
uν (r) - u ν (r)
|r-r'|
∫dr'
uν (r') * uν (r')
=0,
|r-r'|
quindi un dato elettrone non interagisce con se stesso.
Includendo questi contributi si ha il vantaggio che VHF si
scrive allo stesso modo per tutti gli spinorbitali di un dato
spin.
VHF dipende funzionalmente dagli spin-orbitali uν
occupati e deve essere determinato insieme a loro. Pero',
supponiamo di avere risolto il problema, trovato il
potenziale VHF, e costruito l'operatore di Fock f. Questo e'
un particolare Hamiltoniano a particella singola, che
descrive approssimativamente gli elettroni come se fossero
del tutto indipendenti: ciascuno si muove nel potenziale
autoconsistente, e lo stato a N corpi e' un determinante di
Slater, come in assenza di interazioni. Se cerchiamo gli
autostati di f, troviamo che N di loro, i piu' bassi in energia,
coincidono ovviamente con gli uν . Ma ce ne sono infiniti
altri, gli spinorbitali virtuali. Anche se V HF e' un potenziale
non locale, dal punto di vista matematico questo e' un
problema lineare agli autovalori, analogo all'equazione di
Schro"dinger; pertanto, ci devono essere infinite altre
soluzioni di f uν (r) = εν uν . Come interpretarle? Si potrebbe
pensare che fossero stati di un elettrone aggiunto al sistema,
ma di questo elettrone non c'e' traccia in VHF, e quindi tale
interpretazione non e' soddisfacente. Si potrebbe sperare
di usarli per costruire stati eccitati, ottenuti promuovendo
un elettrone da uno spinorbitale occupato uν ad uno virtuale
uλ . Ma il potenziale usato per trovare u λ e' calcolato in
presenza dell'elettrone nello stato ν, e quindi non e' adatto
allo scopo1. Si deve concludere che gli spinorbitali virtuali
non hanno un significato fisico ben definito.
1Poiche' il potenziale nello stato eccitato del sistema e' diverso da quello
dello stato fondamentale, la cosa migliore che possiamo fare e' riscrivere le
equazioni di Hartree-Fock a partire dalla configurazione eccitata e
risolverle ex novo. Tuttavia, proprio per il fatto che il potenziale e' diverso,
il determinante di Slater cosi' ottenuto in genere non e' ortogonale allo
stato fondamentale ed agli stati eccitati piu' bassi. Non esiste nel metodo di
Hartree-Fock una soluzione soddisfacente al problema degli stati eccitati,
=156=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Per ogni spinorbitale uλ , potremo definire come nel
caso dell'He
p2
Z
|u >,
2m |r| λ
e per ogni coppia di spinorbitali c'e' un integrale
coulombiano
Iλ = <uλ |
(7)
1
Cλµ = (u λ (1)uµ(2)|
|uλ (1)uµ(2)),
r
(8)
12
ed uno di scambio,
\B\lc\{(\S(Eλµ = (u λ (1)uµ(2)|\f(1,r12)|u λ (2)uµ(1)) se gli
spin sono paralleli,,,Eλµ = 0 se gli spin sono antiparalleli.))
L'energia totale e', per il sistema di N elettroni,
1
(C λµ - Eλµ );
2 ∑
λµ
gli autovalori di Koopmans sono dati da
EN =
∑
λ
Iλ +
(9)
ελ = Iλ + ∑ ( C λµ - Eλµ ) = EN -E(λ)N-1 ,
(10)
µ
dove E(λ)N-1 si riferisce al sistema ionizzato nello stato λ,
supponendo che tutti gli orbitali rimangano congelati.
Gli spinorbitali che appartengono ad autovalori di Koopmans
diversi sono ortogonali.
7-4 Significato fisico del termine di scambio:
coesione di un metallo "semplice"
In tutti i metalli, gli elettroni di conduzione schermano il
campo elettrico degli ioni. Nell'Alluminio ed in altri metalli con
bande di conduzione s e p, lo schermo e' cosi' efficace che il
potenziale cristallino e' quasi piatto. Questi metalli si chiamano
"semplici" perche' molte loro proprieta' si possono spiegare col
modello degli elettroni liberi. Il modello di approssimazione zero
(teoria di Sommerfeld) considera un gas di Fermi con N elettroni in
N
k F3
un volume V, con N e V molto grandi ma tali che = n =
, dove
V
3π 2
n e' la densita' di numero degli elettroni di conduzione nel metallo.
Come e' noto, gli elettroni occupano tutti gli stati fino al livello di
tranne che per gli stati piu' bassi di ogni simmetria; bisogna ricorrere alle
teorie a molti corpi. E, d'altra parte, non c'e' nessuna osservazione che non
produca eccitazioni reali, o almeno virtuali, nel campione.
=157=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Fermi di energia EF=
_
h 2k F2
2m
, e la densita' di energia del gas di
elettroni
_
E 3
h 2k F5
= EF=
V 5
10π 2m
e' positiva, perche' gli elettroni hanno solo energia cinetica. In
questo modello gli elettroni non sfuggono al metallo solo perche'
sono contenuti in una "scatola". La vera natura della scatola e'
ovviamente elettrostatica, ma la coesione di un metallo e' piu'
difficile da capire di quella di un cristallo ionico, che si spiega anche
classicamente. La teoria di Sommerfeld non basta.
Il Jellium e' un ipotetico metallo in cui un "liquido" di Fermi,
cioe' un gas di elettroni interagenti, e' neutralizzato da un fondo di
carica positiva uniforme. In tal modo, gli effetti elettrostatici sono
inclusi nella teoria, e la migliorano considerevolmente. Fra le
questioni che possiamo cominciare a trattare in questo contesto, la
piu' fondamentale e' appunto quella della coesione di un pezzo di
metallo. E' evidente che, affinche' il metallo sia stabile, e' necessario
che un elettrone sia attratto da esso, e quindi la sua energia al livello
di Fermi sia piu' negativa che nel vuoto. Deve essere piu' negativa
nonostante l'energia cinetica dovuta al principio di Pauli ed alla
sfera di Fermi.
Ma, pur facendo astrazione dalla struttura discreta di un
metallo reale, questo modello e' cosi' complesso che non se ne
conosce ancora la soluzione esatta. Esso e' un tradizionale banco di
prova della teoria dei molti corpi, ed una costante sorgente di idee
che poi vengono applicate ai calcoli realistici.Vediamo che cosa
possiamo imparare dall'approssimazione SCF.
Il metodo di Hartree descrive lo stato del Jellium con una
funzione di prova prodotto
Φ(1,2,⋅ ⋅ ⋅ ,N) = u1σ(r1) u 2σ(r2)⋅ ⋅ ⋅ uNσ(rN)
(1)
di N →∞ spin-orbitali ortonormali, determinati dalle equazioni
p2
[2m
+V+ Vd(r) ]uν (r)= εν uν
(2)
dove V e' il potenziale elettrostatico del fondo di carica uniforme.
Le equazioni sono facilmente risolte grazie alla simmetria. Il
sistema e' invariante per traslazioni, e noi vogliamo una soluzione
spazialmente uniforme, quindi gli spinorbitali possono essere
etichettati con k, e sono onde piane. Per spin su, ad esempio,
scriveremo lo spinorbitale
eik ⋅r
ukα =
α
(3)
V
come se le interazioni non ci fossero. In tal modo, ogni spin-orbitale
da' una densita' di carica uniforme, ed il potenziale diretto
=158=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
complessivo V d(r) = ∑Vdµ(r) e' il potenziale Coulombiano generato
µ
da N cariche negative distribuite uniformemente nel volume V. Le
equazioni sono soddisfatte, V+ Vd(r) ≡0, e gli elettroni rimangono
con la sola energia energia cinetica, positiva. La risposta, poco
realistica, e' che il metallo non puo' esistere.
Il metodo di Hartree-Fock descrive lo stato del Jellium con una
funzione di prova determinantale, e noi dobbiamo decidere la
configurazione. Sapendo che i metalli semplici non sono
ferromagnetici, decidiamo di cercare una soluzione non magnetica1
(lo stesso orbitale figura nel determinante con ambedue gli spin).
Gli spin-orbitali sono determinati dalle equazioni di HF
p2
[2m
+V+ Vd(r) - V ex (r) ]uν (r)= εν uν .
(4)
La simmetria suggerisce che le soluzioni siano le stesse onde piane
di prima, e verificheremo fra poco questo fatto. Quindi, V+ Vd(r)
≡0, e l'unico potenziale superstite e' quello di scambio
Vex (r)= ∑' Vex k' (r), dove la somma e' estesa a tutti gli elettroni che
k'
hanno lo spin parallelo a quello considerato. Vex si ottiene al solito
dall'espressione del termine diretto
1
Vd(r)u k (r) =u k (r) ∑ ∫dr'
u (r')*uk' (r')
|r-r'| k'
k'
operando il caratteristico scambio di funzioni. Viene
Vex (r)u k (r) = ∑ uk' (r)
k'
=
=
∑
k'
1
eik' ⋅r
V3
∑
V3
1
∫dr' |r-r'| uk' (r')*uk (r')=
1
∫dr' |r-r'| ei(k- k')⋅r' =
eik' ⋅r ei(k- k') ⋅r ∫dr'
1
ei(k- k') ⋅(r'-r) =
|r'-r|
k'
4π
1
= eik ⋅r
.
(5)
∑
V3 k' |k'-k|2
Cosi' il termine di scambio va con e ik ⋅r , e la (4) diventa
4π
eik ⋅r
eik ⋅r
p2 1
[2m
]
=
ε
(k)
∑
V
|k'-k|2
V
V
k'
1Soluzioni magnetiche delle equazioni di Hartree-Fock, note come "spin
density waves", hanno per basse densita' n energie piu' basse di quella non
magnetica. Il Cesio e' un metallo che ha un basso n e dovrebbe avere uno
stato fondamentale magnetico. In realta' non ce l'ha, ma la questione e'
complicata e non possiamo affrontarla qui.
=159=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Le equazioni di Hartree-Fock sono soddisfatte dalle onde piane,
come avevamo previsto. L'autovalore di Koopmans e' dato da
_
4π
4π
1
h 2k 2
1
3k'
=
∫
d
.(6)
∑
2
3
2m V
|k'-k|
2m (2π) k'<k
|k'-k|2
k'
F
L' integrale e' immediato per k=0, e puo' essere calcolato
analiticamente in coordinate polari, col risultato che1
ε(k) =
_
h 2k 2
-
_
h 2k 2
2e2
k
- π k F F( ),
(7)
2m
kF
1 1-x 2
1+x
F(x)= +
ln|
|.
(8)
2
4x
1-x
La funzione F(x) ha l'andamento a scodella rovesciata riportato in
figura, ed a causa del segno - nella (7) possiamo pensare che
l'elettrone si muova in una "buca" di potenziale nello spazio k.
ε(k) =
Il termine di scambio e' attrattivo, e questo fatto ha una semplice
interpretazione fisica. Ciascun elettrone viaggia circondato da
una regione di spazio (Fermi hole) in cui vi e' carenza di elettroni
del suo stesso spin; l'interazione dell'elettrone con la carica
positiva della Fermi hole produce l'attrazione. L' elettrone e la
Fermi hole costituiscono insieme una quasi-particella, che si
propaga con la la legge di dispersione (6), diversa da quella di
un elettrone libero. Il Jellium e' stabile se un elettrone al livello
di Fermi e' legato (ε(k F)<0). Che questo accada oppure no
dipende dalla competizione fra il contributo negativo del termine
di scambio e quello positivo dell'energia cinetica. L'esito della
competizione dipende da kF, cioe' dalla densita' n del Jellium. E'
chiaro dalla (7) che per densita' sufficientemente piccole
(k Fa0<<1) l'attrazione prevale, e consente al metallo di esistere. Il
fatto che per n crescenti finisca per prevalere la repulsione e'
fisicamente corretto: non esistono metalli con kFa0>>1.
1vedi ad esempio Ashcroft-Mermin, Solid State Physics, Harcourt Brace
College Publishers, Fort Worth (1976) ,Capitolo 17.
=160=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
La funzione F(x) ha una singolarita' logaritmica per x=1, dove la
sua derivata diverge. Non esiste in realta' un comportamento
patologico della legge di dispersione degli elettroni al livello di
Fermi, e questa singolarita' scompare nella teoria a molti corpi.
Nondimeno, il nostro semplice calcolo ci ha portato a risultati
utili. Il termine di scambio rappresenta un importante contributo
all'energia di coesione di un metallo reale, anche se, per una
comprensione quantitativa del problema, e' sempre necessario
includere gli effetti di correlazione.
Si e' visto che Vex e' dell'ordine di kF, cioe' dell'ordine
dell'inverso della distanza media fra gli elettroni. Per questo, in
molti calcoli di molecole e solidi si usa al posto del termine di
scambio il potenziale locale semiempirico proposto da Slater
U Slater (r)= -2.95 [a03 n(r)] 1/3 Ry .
(9)
Questa estrapolazione dalla teoria del Jellium a quella di sistemi a
densita' variabile e' un passo un po' azzardato, che pero' si e'
rivelato utile per la semplificazione che consente in calcoli
semiquantitativi.
La teoria di Hartree-Fock del liquido di Fermi e' inadeguata
da molti punti di vista, ma rimane un primo passo essenziale
verso quella moderna.
7-5 Calcoli HF per gli atomi
La configurazione dello stato fondamentale di ogni
specie atomica, riportata sulle tabelle di Mendelejeff, e'
quella che da' la minima energia col metodo di HartreeFock. Ogni calcolo con questo metodo, infatti, assume in
partenza una data configurazione ed un dato insieme di
numeri quantici dello schema LS (cioe' L2, Lz, S2, S z ). Si usa
poi lo schema seguente, che porta ad una soluzione
numericamente accurata delle equazioni autoconsistenti
(vedi Figura).
=161=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
u
λ
di
prova
V
d
,
V
ex
Soluzione
equazioni
nuovi
Nuovi
V
d
u
,V
λ
ex
no
Autoconsistenza?
si
STOP
Questa si chiama procedura SCF (=Self-consistent
Field). Spesso in passato ci si doveva accontentare di
soluzioni approssimate, anche per problemi come quelli
atomici,che pure sono relativamente semplici (meno di 100
elettroni, elevata simmetria). Una prima semplificazione si
ottiene usando lo schema Restricted HF, che prevede di
mediare sullo spin. Un'altra suppone che VHF abbia
simmetria centrale; allora, integrando sugli angoli le
equazioni integrodifferenziali, si ottengono equazioni solo
radiali, le cui soluzioni Rnl (r) sono indipendenti da ml e da
ms. Tutti gli spinorbitali di un dato l hanno cioe' la stessa
funzione radiale, e si distinguono per l'armonica sferica e la
funzione di spin. Ambedue queste ipotesi, o "restrizioni di
equivalenza", sono pero' pienamente giustificate solo per
atomi di gas nobile; in generale VHF non e' rigorosamente
centrale, anche se la deviazione e' sempre piccola.
Soluzioni praticamente esatte dei problemi atomici si
possono ottenere anche usando funzioni di prova uλ con un
numero adeguato di parametri variazionali e minimizzando
<H>. Nei calcoli atomici si usa spesso la seguente forma
funzionale per gli orbitali spaziali:
=162=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
nmax
(1)
∑ c (i) n L χ(i) nLm (x),
i=1
dove i χ sono i cosiddetti STO (=Slater-type orbitals)
uLmn =
χ (i) nLm (x)=Nn rn-1 e-Z i r YLm (θ,φ),
(2)
i c (i) e gli Zi sono parametri variazionali ed il fattore di
normalizzazione si trova elementarmente,
Nn =
(2Z i ) n+1/2
.
(3)
(2n!)
L'uso delle armoniche sferiche implica che V HF viene
considerato come un potenziale centrale. Come abbiamo
visto, questo e' rigoroso solo per gusci chiusi, ma e'
generalmente una buona approssimazione. Clementi e Roetti
hanno pubblicato nel 1974 una vasta tabulazione di orbitali
per atomi ed ioni della prima meta' del sistema periodico.
Cosi' si dispone di attendibili funzioni d'onda HF analitiche.
7-6 Calcoli HF molecolari-equazioni di Roothaan
Nei calcoli molecolari manca la simmetria centrale del
caso atomico e non conviene tentare di risolvere le
equazioni di HF in quanto equazioni integro-differenziali. Il
metodo che si usa si basa sull'espansione in orbitali atomici,
generalizzando l'approccio LCAO.
Consideriamo una molecola, e supponiamo per ora che
abbia una configurazione a gusci chiusi (2n elettroni in n
orbitali). Giova convertire le somme sugli spin-orbitali in
somme sugli orbitali molecolari spaziali φj e riscrivere cosi'
le equazioni di HF nella forma
occ
φi * (y)φi (y)φj (x)
φi * (y)φi (x)φj (y)
h(x)φj (x) + ∑ [2 ∫d3y
- ∫d3y
|x-y|
|xi
y|)] = εj φj (x).
(1)
dove h include il termine cinetico e l'interazione coi nuclei.
Espandiamo gli orbitali molecolari in orbitali atomici
spaziali ψµ centrati sui vari atomi che compongono la
molecola; li ordineremo in modo arbitrario e li
=163=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
etichetteremo con indici greci, riservando quelli latini agli
orbitali molecolari. Sostituendo
φj (x) =
∑
ν
c νj ψν (x)
(2)
nelle equazioni di HF otteniamo
\i\su(ν, , ) cνj h(x) ψν (x) + \i\su(i,occ, )[2
ψν * (y)ψλ (y)ψσ(x)
∑ c νi * c λi c σj ∫d3y
|x-y|
νλσ
(3)
-
∑ c νi * c λi c σj
νλσ
∫
ψν * (y)ψλ (x)ψσ(y)
3
d y
]
|x-y|
= εj ∑ c νj ψν (x)
ν
.
Gli orbitali molecolari sono ortogonali, ma quelli atomici
centrati su atomi diversi avranno overlap Sµν ; dovra' quindi
aversi
(φi ,φj ) = ∑ c µi * c νj Sµν = δij .
µν
(4)
Moltiplicando scalarmente la (3) per un orbitale atomico ψµ,
si ha
∑
ν
c νj hµν +
occ
∑ [2
i
∑
νλσ
ψν * (y)ψλ (y)ψµ* (x)ψσ(x)
c νi * c λi c σj ∫d3x∫d3y
|x-y|
ψν * (y)ψµ* (x)ψλ (x)ψσ(y)
- ∑ c νi * c λi c σj ∫d3x∫d3y
] = εj ∑
|x-y|
νλσ
ν
c νj Sµν .
Le nostre incognite sono c νj e εj , mentre sappiamo calcolare
ψν * (y)ψλ (y)ψµ* (x)ψσ(x)
= (νλ | µσ),
|x-y|
∫d3x∫d3y
(5)
=164=
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ν
µ
y
= (νλ|µσ)
x
λ
σ
che sono integrali coulombiani fra orbitali noti,
e anche gli integrali di scambio
∫
∫
d3x
ψν * (y)ψλ (x)ψµ* (x)ψσ(y)
3
d y
|x-y|
= (νσ | µλ).
(6)
L' equazione di HF per l'orbitale molecolare j diventa
∑
ν
c νj hµν +
occ
∑ [2
i
∑ c νi * c λi c σj (νλ | µσ) νλσ
- ∑ c νi * c λi c σj (νσ | µλ)] = εj ∑ c νj Sµν
(7)
νλσ
µ
ed invece del sistema di equazioni integrodifferenziali
abbiamo un sistema infinito di equazioni nonlineari agli
autovalori. Per vedere il nesso col metodo LCAO, eseguiamo
formalmente la somma su i introducendo la matrice densita'
occ
Pµν = 2 ∑ c µi * c νi ;
i
(8)
e' ovvio dalla definizione che la densita' totale ρ(x) =
occ
∑
i
φ* i (x)φi (x) si puo' scrivere in termini di orbitali atomici
come
P µν ψµ(x)ψν (x), donde il nome. Riscriviamo
∑
µν
l'equazione per l'orbitale molecolare j:
=165=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
∑
ν
c νj hµν +
1
[ ∑ Pνλ c σj (νλ | µσ) ∑ Pνλ c σj (νσ | µλ)] =
2 νλσ
νλσ
= εj ∑ c νj Sµν .
ν
(9)
E' chiaramente vantaggioso ruotare gli indici muti con σ→ν ,
ν→λ, λ→σ , affinche' il coefficiente c figuri sempre essere cνj ;
difatti, si ottiene
∑
ν
c νj hµν +
1
[ ∑ Pλσ c νj (λσ | µν) ∑ Pλσ c νj (λν | µσ)] =
2 νλσ
νλσ
= εj ∑ c νj Sµν ,
ν
(10)
e cioe' l'equazione di Roothaan,
∑ [ Fµν - εj Sµν ] c νj =0.
ν
(11)
Questa equazione ha l'apparenza di un problema lineare
simile a quello che si incontra nel metodo LCAO; ma in
realta' la matrice di Fock
1
Fµν = hµν + ∑ Pλσ (λσ | µν) (12)
∑ Pλσ (λν | µσ) ,
2 λσ
λσ
che possiamo anche scrivere con ideogrammi1,
λ
F = h +
µν
µν
Σλσ P λσ{
µ
λ
µ
ν
σ
− 1/2
σ
ν
}
dipende (quadraticamente) dai coefficienti c, ed e'
necessaria una soluzione iterativa.
In linea di principio, se l'espansione usasse un set
completo di stati, si otterrebbe la soluzione esatta delle
equazioni di HF; in pratica si usano set troncati. Quelli piu'
usati sono:
1Si noti che in letteratura si incontrano vari modi diversi di scrivere i
risultati di questo paragrafo, in seguito a convenzioni diverse.
=166=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1) "minimal basis " che comprende tutti gli orbitali di tutti
gli atomi fino a quelli di valenza compresi.
2)"extended basis " in cui si aggiungono quelli di un guscio
vuoto.
3) "valence basis " in cui si omettono quelli di core.
Consideriamo infine una molecola con un guscio
aperto; tali sono necessariamente tutte quelle con un
numero dispari di elettroni, come NO, O2+, etc. Si puo'
anche pensare ad una configurazione del tipo
↓
↓
↓
che si incontra nei complessi di certi metalli di transizione1.
E' essenziale un trattamento "unrestricted" se si vogliono
capire le proprieta' magnetiche o interpretare spettri EPR o
NMR.
Ma il metodo in cui gli orbitali possono dipendere dallo spin e'
superiore anche nel caso di gusci chiusi. Ad esempio, nel metodo
"restricted" in cui due elettroni di spin opposto sono obbligati ad
avere lo stesso orbitale spaziale, le molecole si dissociano in modo
sbagliato: al crescere delle distanze interatomiche non si ottengono
atomi separati. Separando i due H in una molecola di Idrogeno, nel
metodo "restricted" si ottengono due H ciascuno dei quali ha mezzo
elettrone di spin ↑ e mezzo di spin ↓. La risposta giusta e' che ciascun
H avra' un elettrone ed uno spin elettronico 1/2. Ci sono ovviamente
due soluzioni diverse, degeneri in energia, in ciascuna delle quali gli
orbitali molecolari tendono verso orbitali atomici. Ma per ottenere
questo occorre il metodo "unrestricted".
Supponiamo che ci siano p elettroni di spin α e
q>p elettroni con spin β. Nel metodo "unrestricted", gli
orbitali molecolari spaziali dipendono anche dallo spin e noi
dovremo distinguere φα i e φβi ; il determinante polarizzato in
spin sara' del tipo2
|φα 1α φβ1β φα 2α φβ2β⋅⋅⋅⋅⋅⋅ φβq-1 β φβqβ| .
In generale un tale determinante non e' autostato di S2,
perche' di determinanti ne occorrerebbero piu' di uno.
Poniamo pero' che lo sia. Nulla di concettuale cambia
rispetto al caso dei gusci chiusi; scriveremo le equazioni di
HF in termini di somme sugli orbitali spaziali φαj e φβj
1Gli spin si polarizzano perche' c'e' un guadagno di energia elettrostatica.
Incontreremo questi complessi nel Capitolo 10.
2Usiamo una notazione abbreviata, indicando gli spinorbitali nell'ordine in
cui compaiono sulla diagonale principale del determinante.
=167=
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tenendo conto di quali stati sono occupati nella
configurazione considerata. Lo sviluppo degli orbitali
spaziali in orbitali atomici , che potranno di per se' essere
diversi per i due spin o no, sara' fatto separatamente per i
due spin,
φαj (x) =
∑
ν
c νj (α) ψν (x)
φβj (x) =
∑
ν
c νj (β) ψν (x).
ed avremo densita' di elettroni di spin su e giu'
ρ α(x) =
ρ β(x) =
p
∑|φαi (x)| 2
i=1
q
∑|φβi (x)| 2
=
P µν (α)ψµ(x)ψν (x) ,
∑
µν
(13)
=
P µν (β)ψµ(x)ψν (x) ,
∑
µν
(14)
i=1
dove si sono introdotte le matrici densita' polarizzate in
spin,
p
q
Pµν (α) = 2 ∑ c µi (α)* c νi (α) , Pµν (β) = 2 ∑ c µi (β)* c νi (β) . (15)
i
i
Naturalmente, la matrice densita' totale e'
Pµν = Pµν (α) +Pµν (β) ,
(16)
ma in piu' potremo considerare anche la "spin density
function"
ρ spin (x) = ρ α(x) - ρ β(x)
(17)
e la "spin density matrix"
ρ spin µν = Pµν (α) - Pµν (β) .
(18)
Considerazioni analoghe a quelle svolte portano alle
equazioni di Roothaan per gusci chiusi; esse si sdoppiano,
rimanendo accoppiate,
∑ν
∑
 ν
[ F µν (α) - εj (α)Sµν ] c νj (α) = 0
[ F µν (β) - εj (β)Sµν ] c νj (β) = 0
e si hanno gli operatori di Fock
=168=
,
(19)
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 F µν(α)= h µν+ λσ
∑ {P λσ ( λσ
F (β)= h + ∑ {P ( λσ |
 µν
µν
λσ
λσ
| µλ) - P λσ (α) ( λν | σµ)]
µν) -
Pλσ (β) (λν | µσ)]))(20)
dove in luogo del fattore 1/2 davanti al termine di scambio
abbiamo il computo dettagliato degli stati occupati fatto
nella (15).
Una difficolta' pratica grave del metodo e' il calcolo
degli integrali del tipo (λσ | µλ). Anche tenendo conto di
varie simmetrie che li legano, il loro numero cresce con la
quarta potenza del numero degli orbitali atomici. Per questo
sono stati proposti e largamente usati i popolari metodi
semiempirici (Extended Huckel, CNDO, etc.) in cui essi sono
sostituiti con parametri aggiustabili, o trascurati. Anche i
modelli non "ab initio" sono utili, purche' adoperati con
senso fisico.
7-7 Successi e limiti del metodo di HF
Che progresso abbiamo fatto nella soluzione del
problema dei molti elettroni? Facciamo il punto della
situazione.
1)-Vantaggi del metodo di HF
Un problema con N elettroni interagenti e' formidabile
per il grande numero di variabili indipendenti.
Nell'approssimazione di HF uno deve risolvere N problemi
ad elettrone singolo, accoppiati. Benche' anche questo sia
complicato, e' pur sempre incommensurabilmente piu'
semplice del problema originario. Si tratta in definitiva di un
modo per separare approssimativamente le variabili.
L'approssimazione di HF e' interamente quantistica,
cioe' non contiene approssimazioni semiclassiche come ad
esempio il metodo di Thomas-Fermi; inoltre tratta
correttamente la simmetria di permutazione.
Inoltre, soddisfa esattamente il teorema del viriale per
lo stato fondamentale (vedi il paragrafo 8).
L'energia di correlazione, definita come la differenza
rispetto all'energia dello stato fondamentale esatto
dell'equazione di Schro"dinger, e' relativamente piccola
(tipicamente dell'ordine del %.)
Quasi sempre, i livelli a particella singola (autovalori
di Koopmans) predetti dai calcoli HF possono essere
=169=
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osservati sperimentalmente nelle spettroscopie di atomi e
molecole. Ad esempio, gli spettri di raggi X emessi dagli
atomi mostrano righe che corrispondono a transizioni
elettroniche fra i livelli. Di solito, la teoria predice anche
l'ordine corretto dei livelli sulla scala delle energie.
Benche' il principio variazionale garantisca in primo
luogo le energie degli stati a cui puo' essere applicato, anche
le funzioni d'onda di Hartree-Fock sono molto utili per
calcolare i piu' svariati osservabili con un buon livello di
affidabilita'. Ad esempio, i fattori di forma atomici
(essenzialmente, le densita' di carica) sono in buon accordo
con quelli dedotti dalla diffusione di raggi X dai cristalli.
2)- Problemi , limitazioni, cautele, estensioni
Il metodo ignora gli effetti relativistici. L'estensione
relativistica sara' discussa nel seguito, e non e' affatto ovvia.
Sarebbe concettualmente sbagliato attribuire una
realta' fisica all' orbitale di un elettrone singolo in un
sistema di molti elettroni. Anche se la funzione d'onda
fosse adeguatamente approssimata da un determinante di
Slater Φ, questo non vorrebbe dire che ciascun elettrone ha
realmente uno spinorbitale ben definito in cui muoversi. Si
puo' prendere una combinazione lineare degli orbitali
(trasformazione unitaria) tale che Φ rimanga immutato1.
Cosi', tutti gli orbitali cambiano senza che cambi la fisica.
Analogamente, non esistono in realta' livelli a particella
singola in un sistema interagente, ma solo energie di
eccitazione di tutto il sistema nel suo complesso. Queste
energie possono essere piu' o meno ben definite, ma
aumentando la risoluzione sperimentale si scopre sempre
che le righe spettrali non sono picchi discreti, ma hanno un
andamento continuo e struttura interna.
Ci sono anche molti problemi in cui gli effetti di
correlazione giocano un ruolo decisivo, come nella teoria
degli elettroni di conduzione dei metalli ed in quella del
magnetismo.
Gli errori sulle energie di legame possono bene essere
dell'ordine degli eV; per elettroni di valenza tali errori sono
grandi, in quanto sono confrontabili con le energie dei
legami chimici.
In presenza di gusci aperti, non basta in generale un
solo determinante di Slater per rappresentare una
autofunzione di L2,S2,J2 e J z. Per esempio, uno stato di
1in conseguenza della relazione det(AB) = det(A)det(B).
=170=
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singoletto ottenuto con due elettroni in orbitali diversi
richiede due determinanti. Occorre allora estendere il
metodo a Φ multideterminantali. Benche' non ci sia nulla di
nuovo sul piano concettuale, i calcoli si complicano. Un
metodo per farlo in modo piu' efficiente e' stato inventato
da Lowdin e si chiama "Extended HF". Supponiamo di voler
calcolare lo stato fondamentale |LSJJz> di un atomo,
conoscendo i suoi numeri quantici. Possiamo sempre
costruire un operatore O che proietta sui numeri quantici
LSJJz, cioe', che manda a zero le componenti di uno stato
con numeri quantici diversi. In effetti, O puo' essere
costruito con pure considerazioni di simmetria. Ad esempio,
1 0 
per uno spin 1/2, O=  0 0  proietta sulla componente di
spin su. Allora, se D denota il generico deteminante; O |D>
e' una combinazione lineare di determinanti, con numeri
quantici LSJJz, i cui coefficienti sono determinati dalla
simmetria e non dal principio variazionale. "Extended HF"
usa il principio variazionale "mirato"
<D| O †HO |D>
δ
=0.
<D| O |D>
[
]
Questo semplifica molto il problema computazionale, anche
se complica il formalismo.
L'applicazione a stati eccitati (che non siano i piu'
bassi della loro simmetria), partendo da funzioni
determinantali fatte con spinorbitali eccitati, puo' dare
talora risultati utili. Pero' un tale calcolo e' delicato, come in
tutti i metodi variazionali. Lo stato eccitato dovrebbe essere
scelto in un sottospazio ortogonale a quello che contiene lo
stato fondamentale e gli stati eccitati sottostanti, e questo
non si ottiene automaticamente.
Non sempre i livelli predetti da calcoli HF si trovano
nelle spettroscopie di atomi e molecole, e non sempre
l'ordine e' corretto: per esempio, nel caso di N2 viene
sbagliato.
7-8 Interazione di configurazioni(CI)
C'e' un modo ovvio per migliorare sistematicamente
la teoria rispetto al metodo di HF : mescolare molti
determinanti D, ponendo
Φ ∝ D0 +
∑
k
C k Dk ,
=171=
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dove D0 e' la soluzione HF e i D k possono essere ottenuti
da D0 "promuovendo" elettroni a nuovi orbitali ortogonali a
quelli occupati. Per esempio, si possono usare gli
spinorbitali virtuali; l'equazione di HF per stati eccitati,
anche se non puo' avere un significato fisico diretto,
funziona almeno da "generatore di orbitali" . Va da se' che i
numeri quantici dovranno essere gli stessi per tutti i
determinanti considerati.
Supponiamo di avere una molecola con N elettroni in gusci
chiusi, per cui l'approssimazione zero e' un singolo
determinante, e di avere risolto le equazioni di Roothaan per
2K spinorbitali, con 2K>N. Con essi, possiamo formare in
generale un grande numero di determinanti con cui n
elettroni sono promossi ad orbitali virtuali. Possiamo
N
scegliere gli spinorbitali di partenza in (n ) modi, e quelli di
2K-N
arrivo in ( n ) modi; quindi il numero totale di eccitazioni
N 2K-N
n-uple e' (n )( n ). Anche per molecole piccole e per set di
base non troppo grandi tale numero e' enorme eccetto per
n=0,1. E' ben vero che molti dei determinanti possono
essere eliminati in quanto non hanno i numeri quantici dello
stato fondamentale; tuttavia la crescita del loro numero con
K e con n e' disastrosa. Inoltre, non basta certo considerare i
soli determinanti con n =1, in cui cioe' un solo elettrone e'
promosso; anzi, se prendiamo il determinante
| ψaψbψc ⋅⋅⋅ψn |
e formiamo una combinazione lineare del tipo
| ψaψbψc ⋅⋅⋅ψn | + γ | ψpψbψc ⋅⋅⋅ψn |
in cui ψp e' l'orbitale virtuale, e γ un coefficiente
variazionale, non facciamo alcun progresso. Infatti,
| ψaψbψc ⋅⋅⋅ψn | + γ | ψpψbψc ⋅⋅⋅ψn | = | (ψa+γψp)ψbψc ⋅⋅⋅ψn | ;
quindi, se siamo partiti gia' dal migliore determinante, il
valore ottimale e' γ=0.
Immaginiamo di intraprendere un calcolo variazionale con
una funzione di prova | ψaψbψc⋅⋅⋅ψ n| + γ | ψpψbψc⋅⋅⋅ψ n| . Otterremmo
un'equazione secolare, e fuori diagonale avremmo l'elemento di
matrice di H fra i due stati che vogliamo mescolare. Abbiamo visto che
deve risultare γ =0, e possiamo concludere che l'elemento di matrice di
H fra lo stato fondamentale HF e gli stati con n=1 e' nullo (teorema di
Brillouin).
=172=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Bisogna quindi considerare gli stati con almeno due
elettroni promossi, n≥2. Quale valore di n e' adeguato?
Purtroppo i risultati di tali CI "troncati" peggiorano molto
rapidamente con l'aumentare delle dimensioni della
molecola, perche' le energie delle eccitazioni virtuali
decrescono. Finora sono stati fatti calcoli CI molto accurati
di molecole come H2, BeH2, H 2O; questo da' una idea di
quello che attualmente si puo' fare con questo metodo
"brute force". Quello dei molti corpi non e' solo un
problema solo computazionale.
7-9 Risultati esatti: teoremi del viriale e di
Hellmann-Feynman
Teorema del Viriale. E' ben noto che per una particella di
Schro"dinger in un potenziale V vale il teorema del viriale
<2T> = <r⋅∇V>. Questo risultato ammette una interessante
generalizzazione. Consideriamo un sistema di q particelle
(elettroni e nuclei) in interazione coulombiana, descritti
dall'Hamiltoniano non relativistico
H=-
q ei ej
1 q ∇i 2
+∑
∑
2
m
r
i=1 i
i<j ij
q ei ej
∂2
1 q 1 3
+
, (1)
∑
∑
∑
2
mi
∂xαi 2
rij
i=1
α=1
i<j
dove l'indice α corre sulle coordinate cartesiane.
Supponiamo di conoscere la funzione d'onda Φ({x αi }) dello
stato fondamentale1. Consideriamo la famiglia di funzioni
Φ({ηxαi }), dove ogni coordinata e' moltiplicata per uno
stesso fattore di scala η; ovviamente, per η=2 la funzione
d'onda e' 'contratta' di un fattore 2. Dovremo normalizzare
di nuovo le funzioni 'riscalate', e considerare
Φη = η3q/2Φ({ηxαi }),
(2)
in modo che
≡ -
∫
η3q/2Φ({ηxαi })* η3q/2Φ({ηxαi })d3qr =
1Oltre che dalle coordinate, essa dipendera' anche dagli spin, ma qui non ci
interessa come.
=173=
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=
∫
∫
Φ({ηxαi })* Φ({ηxαi })d3q(ηr) =
Φ({x αi })* Φ({x αi })d3q(r)=1,
q
∏
d x i dyi dzi . Come scala con η l'energia
i
cinetica? Indichiamo con <T> (η) quella calcolata con Φη. Si
ha:
dove d3qr sta per
<T>(η)
≡<Φη|T|Φη> =
η3q
∫
Φ({ηxαi })* [-
∂2
1 q 1 3
2 ∑ mi ∑ ∂xαi 2
i=1
α=1
]Φ({ηxαi })d3qr=
= η2
∫
Φ({ηxαi })* [-
∂2
1 q 1 3
]Φ({ηxαi })d3q(ηr)
∑
∑
2
mi
∂(ηxαi ) 2
i=1
α=1
=
= η2<T>(1) .
Analogamente,
(3)
q ei ej
q ei ej
<V>(η) ≡<Φη| ∑
|Φη> = η<Φη| ∑
|Φ > = η <V>(1)
rij
(ηrij ) η
i<j
i<j
. (4)
Quindi,
<H> (η) = η2<T>(1) + η <V>(1) .
(5)
Se consideriamo η come un parametro variazionale,
otteniamo la condizione di minimo
2η<T>(1) + <V>(1) =0,
(6)
<V>(1)
quindi l'optimum e' η = . Ma η=1 e' gia'
2<T>(1)
l'optimum, perche' Φ e' lo stato fondamentale esatto; questo
prova il teorema del viriale. Si tratta di uno dei pochi
risultati esatti che si conoscono per sistemi di molte
particelle interagenti. Il vero stato fondamentale di Hartreefock soddisfa il teorema del viriale, ed un calcolo
autoconsistente approssimato puo' essere migliorato
"riscalandolo". La soluzione esatta, rispetto a quella di
=174=
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Hartree-Fock, ha energia piu' bassa: in effetti, <T> e' piu'
alta, ma questo e' piu' che compensato dall'abbassamento di
<V>, perche' gli elettroni, eseguendo moti piu' complicati,
trovano il modo di respingersi di meno.
L'argomento precedente richiede che noi disponiamo
di una Φ({x αi }) che dipende dalle coordinate degli elettroni e
dei nuclei: lo stesso η si applica alle funzioni d'onda degli
elettroni ed alle distanze internucleari. In pratica, noi
dovremo usare approssimazioni che trattano i nuclei in
modo diverso. Nello spirito dell'approssimazione di BornOppenheimer, i nuclei sono di massa infinita e di energia
cinetica nulla, ma sono trattati come parte integrante del
sistema in interazione coulombiana.
Esercizio. Calcolare <T> per lo stato fondamentale di H2+ nel modello
LCAO.
Soluzione
L' orbitale molecolare pari, che corrisponde allo stato fondamentale,
e' espresso in termini di quelli atomici φ a,b e del loro overlap da
1
φ+ =
(φ a + φ b) ;
2+2S
<φ a|T|φ a> + <φ a|T|φ b>
<T> =
;
1+S
ma <φ a|T|φ a> = |E(1s)| = 1/2 a.u., per il teorema del viriale (per 1
particella); inoltre, moltiplicando scalarmente per φ b l'equazione
1
Tφ a φ = E(1s) φ a
ra a
1
si ha che <φ b|T|φ a> = E(1s)S + K, dove K = <b| |a>; quindi
ra
1 1-S + 2K
<T> =
.
2
1+S
R2
Usando K = (1 + R )e-R , S=e-R [1+R+ ], dove R e' la distanza
3
internucleare, si ottiene infine
1 1+ e -R ( 1 + R - R 2/3)
.
2 1+ e -R ( 1 + R + R 2/3)
Con la distanza di equilibrio Req =1.32 Å = 2.495 a.u. che si ottiene
minimizzando l'energia nel modello LCAO si ottiene <T> = 0.3827 a.u.
<T> =
Esercizio. Calcolare, indipendentemente, anche <V>, inclusa la
repulsione fra i nuclei.
Soluzione
1
1
<φ a + φ b|
+
|φ a + φ b>
r
r
1
a
b
<V> = =
R
2+2S
1
= R
<φ a |
1
1
+
|φ + φ b>
ra
rb a
1 1 + J + 2K
= ,
1 + S
R
1+S
=175=
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1
1 - ( 1 + R ) e -R
|φ a> =
.
rb
R
Sostituendo si trova
dove J = <φ a|
<V> =
1
R
1 + 2(1+R)e -R
1
1
+ - ( +1)e -2R
R
R
1+ e -R ( 1 + R + R 2/3)
= - 0.94758 a.u.
Dagli esercizi precedenti risulta che nel modello LCAO
E = <T> + <V> = - 0. 56844 a.u.
il che corrisponde ad una energia di legame EB = 0. 06844
<V>
a.u. = 1.76 eV. Inoltre,
= -1.238, e il modello non e'
2<T>
ottimale. Dunque, seguendo Finkelstein e Horowitz che
discussero la questione nel 1928, riscaliamolo con η =
1.238, e ne otterremo uno migliore. Allora Req si contrae, e
diventa 1.32/1.238 = 1.066 Å, <T> viene moltiplicato per
1.2382 , e <V> per 1.238. Abbiamo ottenuto un grande
miglioramento con pochi calcoli.
Req
Eb
Non scalato
1.32 Å
1.76 eV
Scalato
1.066 Å
2.354 eV
Esatto
1.06 Å
2.791 eV
Nell'approssimazione di Born-Oppenheimer, si pone
anche il problema di determinare lo stato fondamentale di
una molecola biatomica in funzione della distanza
internucleare R, presa come parametro. Anche in questo
caso, la famiglia di funzioni di prova prevede un
riscalamento generale; la differenza e' che nelle equazioni
(3,4,5) si mediava anche su R, mentre ora R e' un parametro
fisso, quindi la funzione di prova
φη = η3N/2φ({ηri },ηR)
e' normalizzata tenendo conto del numero N degli elettroni;
inoltre, i valori medi dipendono fuzionalmente da ηR. Di
conseguenza, indicando in parentesi quadra il valore della
distanza internucleare,
<T[R]>(η) = η2<T[ηR]>,
(7)
(η)
<V[R]> =η<V[ηR]>,
(8)
e l'energia dello stato fondamentale con la funzione d'onda
elettronica riscalata e'
E[R](η) =η2<T[ηR]>+η<V[ηR]>.
(9)
Minimizzando rispetto al parametro variazionale η troviamo
=176=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
d
d
d
E[R](η) =2η<T[ηR]>+η2R
<T[ηR]>+<V[ηR]>+ηR
<V[η
dη
d(ηR)
d(ηR)
R]>=0.
Per la soluzione esatta, η=1, quindi
d
d
0=2<T[R]>+R <T[R]>+<V[R]>+R <V[R]>=
dR
dR
d
=<2T+V>+R E[R].
(10)
dR
Per la distanza di equilibrio, questo si riduce a <2T+V>=0.
Teorema di Hellmann-Feynman.
E' un altro dei rari risultati esatti che valgono anche per sistemi a
molti corpi in interazione. Sia H=H(λ) un hamiltoniano
dipendente da un parametro, e sia HΨ = E Ψ. Il teorema dice che
dE
dH
= <Ψ|
|Ψ>.
(11)
dλ
dλ
Questo consegue da E(λ)= <Ψ|H|Ψ> e dal fatto che una variazione
infinitesima dλ del parametro provoca (teoria delle
perturbazioni alla mano) un dΨ che e' ortogonale a Ψ. Per
esempio, con questo teorema si possono calcolare forze agenti
sugli atomi a partire dalla conoscenza della Ψ fondamentale.
Capitolo 8- Multipletti
atomici. Effetto Auger
Studieremo la teoria elementare dei multipletti atomici, cioe' dei
termini e dei livelli cui puo' dare luogo una data
configurazione
elettronica. In prima approssimazione, bisogna trattare esplicitamente i
soli elettroni dei gusci aperti; gli altri non partecipano alla dinamica, ma
producono un campo centrale, che puo' essere determinato con un metodo
autoconsistente, come per esempio quello di Hartree-Fock. Alcune tecniche
sperimentali, come la spettroscopia Auger, permettono di osservare i
multipletti e di valutare l'accuratezza di questa descrizione.
8-1
Struttura dell'atomo nell'approssimazione del
campo centrale
Discutiamo l'atomo con Z elettroni a partire
dall'hamiltoniano modello
Z pi 2 Ze2
Z e2
H= ∑ [
]+
+H' rel
(1)
∑
2m ri
rij
i
i<j
dove pi sono i momenti dei singoli elettroni, ri le loro distanze
dal nucleo, rij le distanze reciproche e
=177=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
H' rel =
Z
∑
ξ(r i )Li ⋅Si
(2)
i
contiene la principale correzione relativistica, l'interazione spinorbita.
Le simmetrie esatte dell'atomo sono espresse da
[H,J]- =0, [H,Π]- =0,
(3)
dove J e' il momento angolare e Π e' la parita'.
Schema L-S
Per gli atomi leggeri, e' utile prendere come approssimazione 0
quella in cui H'rel viene trascurata. In presenza delle interazioni
coulombiane, H non commuta con i momenti angolari orbitali Li
dei singoli elettroni; bisogna considerare i momenti angolari
dell'atomo nel suo complesso
Z
Z
Z
L=∑ Li , S=∑ Si , J=∑ Ji =L+S.
i
i
i
2
H commuta con L ,S2,J2,Lz,Sz,Jz. Pero', perche' si possano
etichettare gli stati con buoni numeri quantici, occorre che siano
numeri quantici simultanei, e cioe' che i rispettivi operatori
commutino, oltreche' con H, anche fra di loro. E' noto che le
componenti dei momenti angolari soddisfano alle regole di
commutazione
[Li ,Lj ]- = ih
/ εijk Lk .
(4)
La
complicazione
nasce
dal
fatto
che
2
2
2
J =L +S +2(LxSx+Ly Sy +LzSz) non commuta con le componenti di
L e di S. Pero' commuta con L2 e S2, perche' il quadrato di un
momento angolare commuta con le sue componenti.
In effetti, da [L x ,L y]- =ih
/L z si ottiene [L x 2,L y]- = L x [L x ,L y]- +[L x ,L y]- L x =
ih
/ [L x L z+L zL x ], e da [L z,L y]- =-ih
/ L x si ottiene [L z2,L y]- =-ih
/ [L x L z+L zL x ],
2
cosicche' [L ,L y]- =0.
Possiamo decidere di etichettare gli stati diagonalizzando
simultaneamente gli operatori compatibili in due modi diversi:
1) H, L2,S2,Lz,Sz,Jz ; i numeri quantici sono E,L,ML ,S,MS,M J .
2) H,L2,S2,J2,Jz;
i numeri quantici sono E,L,S,J,MJ .
Gli autostati simultanei di ciascun insieme di operatori
compatibili sono una base per descrivere gli stati atomici, e le
due basi sono connesse da una trasformazione unitaria. Ora l'uno
ora l'altro schema viene indicato in leteratura come schema L-S o
di Russell-Saunders. I livelli energetici di questa approssimazione
zero, o "termini" atomici, sono definiti da L e S e vengono
denotati con simboli del tipo 2S+1L : ad esempio, 2P ha L=1, S=1/2;
essi sono degeneri (2L+1)(2S+1) volte. Gli effetti relativistici
scindono i termini degeneri in livelli etichettati da J, e la
degenerazione dei livelli di struttura fine e' 2J+1. Per i livelli, si
usa la notazione 2S+1LJ : ad esempio, 2P da' luogo a 2P1/2 e 2P3/2.La
=178=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
minore degenerazione dipende dal fatto che non c'e' piu'
invarianza per rotazioni indipendenti di L e di S.
Per assegnare una configurazione ben definita ad un atomo
con Z elettroni, occorre immaginare che ogni elettrone abbia un
orbitale unLM M , e questo richiede che il potenziale V(r)
L
S
dell'atomo abbia simmetria sferica (approssimazione del campo
centrale). Possiamo giustificarlo, ponendo in V il grosso
dell'interazione coulombiana, che e' dovuto soprattutto agli
elettroni dei gusci chiusi. Il resto, cioe' l'interazione residua H'C ,
potra' essere trattato perturbativamente. Si ha quindi una
redistribuzione dei contributi all'hamiltoniano, con
Z pi 2
H= ∑ [
+V(r i ) ] + H'C,
(5)
2m
i
e quindi
Z
Z e2
Ze2
H' C =∑ [ -V(ri )] +
(6)
∑ rij +H' rel
ri
i
i<j
Molti fatti qualitativi importanti si possono capire senza bisogno
di specificare ulteriormente V(r).
Vediamo come una data configurazione si risolve in
termini L-S. Il problema e' banale nel caso di gusci chiusi, quando
gli stati con lo stesso numero quantico principale n sono tutti
occupati o tutti vuoti. Allora,
ML =∑ M L =0, M S=∑ M S =0,
(7)
i
i
i
i
1
e l'unico termine e' S. Se si ha un solo elettrone 'ottico" fuori dai
gusci chiusi, l'intero atomo avra' i numeri quantici L,ML e MS
dell'elettrone. Se manca un solo elettrone per fare gusci chiusi,
cioe' se c'e' una sola lacuna, questa conta come un elettrone con
valori opposti di ML e MS. Se ci sono 2 elettroni non equivalenti
(n diversi) si dovranno comporre i loro L e S. Ad esempio,
np,n'p → 1S, 3S, 1P, 3P,1D, 3D.
Con 2 o piu' elettroni equivalenti, i termini possibili vengono
limitati dal principio di Pauli.
Esempio: atomo di C (configurazione 1s22s22p2).
Senza il principio di Pauli avremmo 1S, 3S, 1P, 3P,1D, 3D, ma non
possiamo occupare due volte lo stesso stato.
Gli stati disponibili sono (m,σ) con m=1,0,-1 e σ= ±1/2, e sono 6;
 6
dobbiamo sceglierne 2, e possiamo farlo in  2 =15 modi. Il
massimo M L e' 2, e corrisponde a (1,+) ,(1,−); ma allora MS=0, e
lo stato e' 1D.
1D comporta 5 stati, con ML = 2,1,0,-1,-2.
=179=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Con ML =1 si hanno i 4 stati (1,±),(0,±); tolto quello che abbiamo
usato, ne restano 3. Il massimo MS e' 1. Quindi abbiamo 3P.
3P comporta 3x3=9 stati.
Abbiamo usato 5+9=14 dei 15 stati disponibili. C'e' spazio solo
per un 1S. Quindi, p2 → 1S, 3P,1D.
Esempio: atomo di N (configurazione 1s22s22p3).
 6
Gli stati a 3 elettroni sono  3 =20. Ragioniamo come sopra.
Stati con ML massimo (1,+),(1,-),(0,±): ML =2, MS=±1/2. C'e' un
2D, con 2x5=10 stati.
Stati con ML =1: (1,+),(1,-),(-1,±), (1,±),(0,+),(0,-) Ce ne sono 4.
Lo spin massimo e' 1/2. Poiche' 2 stati sono usati da 2D, rimane
un 2P (2x3=6 stati).
Poi c'e' ML =0. Abbiamo trovato 16 stati su 20, e quelli rimanenti
fanno un 4S.
Quindi, p3→ 4S, 2P,2D.
Esempio: atomo di Ti (configurazione 1s22s22p63d2).
 10
Ci sono 10 stati a 1 elettrone, e d 2 ha  2  =45 stati.
ML massimo =4 (2+,2-) MS=0 → 1G 9 stati.
ML =3 (2±,1±) 4 stati, di cui uno gia' usato → 3F
21 stati.
1
ML =2 ha 5 stati: (2±,0±), (1+,1-), di cui 4 gia' usati → D 5 stati.
ML =1 ha 8 stati: (2±,-1±), (1±,0±), di cui 5 gia' usati → 3P 9 stati.
Abbiamo in tutto 44 stati, e resta solo un 1S.
Quindi, d2→ 1S, 3P,1D, 3F,1G.
La parita' dello stato e' il prodotto di quelle (-)L i dei singoli
orbitali. Ad esempio, lo stato fondamentale dell'atomo di C
(configurazione 1s22s22p2) e' pari. Da essa deriva un 3P. Dalla
configurazione eccitata 2s2p3 si ottiene un termine 3Po, dove o
sta per odd (dispari).
Dalla configurazione fondamentale si puo' stabilire subito il
termine fondamentale grazie ad una regola stabilita da Hund, su
base empirica, ed oggi verificata dai calcoli caso per caso.
Prima regola di Hund: il termine piu' bassoe' quello che ha il
valore massimo di S, ed il valore massimo di L compatibile con
tale S.
Benche' non si tratti di un teorema, la regola si puo' capire ,
perche' un alto spin comporta una funzione d'onda orbitale
altamente antisimmetrica, e una bassa repulsione. Esempi:
Z=6 C configurazione 2p2 → termine fondamentale 3P.
Z=74 W configurazione 5p65d46s2. Il guscio incompleto e' 5d4.
Con
ML =-2,-1,0,1,2, ci sono abbatanza stati per sistemare gli elettroni
con spin paralleli, S=2. Allora, il valore masimo di ML
e'
2+1+0+(-1)=2. Il termine fondamentale e' 5D.
=180=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Trovati i termini L-S, ci dobbiamo preoccupare delle
correzioni dovute a H' rel . Si ricordera' che nel caso idrogenoide
L e' un buon numero quantico anche in presenza dell'interazione
spin-orbita, e gli stati possono essere etichettati con |LSJMJ >;
inoltre, esprimendo L⋅S in termini di J2=(L+S) 2, si arriva alla
regola degli intervalli di Lande'
E(J)-E(J-1) ∝ J.
Nel caso di piu' elettroni, con H'rel =
Z
∑
ξ(r i )Li ⋅Si , si ha ancora
i
che [J,H' rel ]=0, come vogliono i principi generali; d'altra parte,
Z
J=∑ ( Li +Si ), e gli operatori di elettroni diversi commutano; per
i
quelli di un dato elettrone, il commutatore con Li ⋅Si si annulla
come nel caso idrogenoide. La novita' e' che L2 ed S2 non
commutano piu' con H'rel ; possiamo dire che L e S non solo
precedono, ma fluttuano anche in modulo. Infatti,
Z
Z
Z
L2 =( ∑ Li ) 2= ∑ Li 2+∑ Li ⋅Lj ,
i
i
ij
e le singole componenti di Li non commutano con H'rel . Pertanto,
H' rel mescola i termini di uno stesso J con L e S diversi. Solo se
H' rel e' piccola rispetto alla separazione in energia dei termini
potremo trascurare i suoi elementi di matrice fra termini diversi.
In tale approssimazione, rimane solo
l'effetto di H'rel fra gli
stati degeneri dell'approssimazione zero, che hanno L e S
definito. Si avra' la correzione
∆EJ = <LSJM|
Z
∑
ξ(r i )Li ⋅Si |LSJM>.
(8)
i
Per ragioni di simmetria (teorema di Wigner-Eckart) l'elemento di
matrice e' proporzionale a quello dell'operatore L⋅S , e questo
consente di scrivere
∆EJ = K [J(J+1) - L(L+1) - S(S+1)]
(9)
e di ritrovare le regola degli intervalli. Per conoscere l'ordine dei
livelli ocorre sapere il segno della costante di proporzionalita' K.
Ma non occorre fare calcoli perche' vale in propoito un'altra
regola empirica.
Seconda regola di Hund.
Il livello di J piu' basso ha l'energia piu' bassa (K>0) se il guscio e'
meno che mezzo pieno.Il livello di J piu' alto ha l'energia piu'
bassa (K<0) se il guscio e' piu' che mezzo pieno. Se il guscio e'
mezzo pieno, K=0.
Esempio: l'ordine dei livelli per l'atomo di Carbonio
=181=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
S0
2
2p
1
3
D2
P2
3
P1
3
P
0
Schema J-J
Invece di sommare i momenti angolari secondo il metodo di
Z
Z
Russell-Saunders, L=∑ Li , S=∑ Si , J=L+S, possiamo formare
i
i
prima il momento angolare totale di ogni elettrone, Ji =Li +Si , e
poi avremo J=∑ Ji . Questo procedimento e' esatto come l'altro,
i
ma si presta ad una approssimazione (schema J-J ) in cui
l'hamiltoniano imperturbato e'
Z pi 2
H0 = ∑ [
+V(r i ) + ξ(r i )Li ⋅Si ] ,
2m
i
mentre la perturbazione e' l'interazione coulombiana residua
H C. Faremo agire HC fra determinanti di Slater costruiti con spinorbitali u i che sono autostati di Ji . Un tale approccio e' il piu'
naturale se H'rel >>H C. Benche' questo non sia mai vero per gli
stati fondamentali degli atomi, lo schema J-J e' preferibile a
quello L-S per Z grandi. Inoltre, anche per Z piccoli o intermedi,
H' rel >>H C in molti stati eccitati. Ad esempio, per un atomo di Si
nella configurazione 3s23p6s l'interazione coulombiana e'
piccola perche' lo stato 6s e' molto diffuso, e siamo nello
schema J-J. Cominciamo con il limite HC→0. L'elettrone s
appartiene a J=1/2, mentre quello p ha a disposizione gli stati
J=1/2,3/2. Quindi, gli stati a due elettroni dell'approssimazione
zero sono (1/2,1/2) e (1/2,3/2). Ora, in termini del J totale,
che e' conservato, (1/2,1/2) si risolve in due livelli degeneri J=1
e J=0, mentre (1/2,3/2) da' J=1 e J=2. Quando introduciamo HC,
che e' diagonale in questa base ma risolve i livelli degeneri,
troviamo ovviamente gli stessi stati che risultano dallo schema LS:
=182=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
P
J=1
1
sp
(3/2,1/2)
sp
J=2
Schema LS
Schema jj
J=1
3
P
J=0
(1/2,1/2)
La transizione dallo schema LS a quello jj si puo' osservare
anche negli spettri ottici di C, Si, Ge, Sn, Pb .Si noti come il
 4
principio di Pauli limiti le componenti (3/2,3/2) a  2 =6, invece
delle 42 che avremmo per elettroni non equivalenti. Infatti, lo
stato di J piu' alto si ottiene combinando MJ =3/2 con MJ =1/2; si
ha quindi J=2, che implica 5 stati. L'ultimo stato non puo' essere
che J=0. Lo schema del diagramma obbedisce alla regola del non
incrocio1.
1
p
S
1
S0
J =0
(3/2,3/2)
2
Schema LS
1
D
3
P
1
D2
J =2
(3/2,1/2)
p
2
Schema jj
J =2
(1/2,1/2)
J =1
J =0
I due casi limite sono utili, ma la descrizione completa
(intermediate coupling) e' quella che tratta esattamente sia H C
che H'rel ; e' questo lo schema che useremo per calcoli realistici.
8-2 Calcolo dei Coefficienti di Clebsh-Gordan
Basta un personal computer per generare uno qualsiasi di
questi coefficienti in modo istantaneo, e molto trucchi che si
insegnavano quando l'autore era studente sono ormai inutili.
Pero', bisogna sapere come calcolarli 'a mano', anche perche' se
no non potremmo generalizzare il concetto nei capitoli dedicati
1nei diagrammi di correlazione come questo, non possono esistere incroci
fra due curve che hanno gli stessi numeri quantici, e rappresentano stati
della stessa simmetria. Se esistessero, vorrebbe dire che per qualche valore
del parametro Z i due stati sono degeneri. Non resterebbe alcun numero
quantico a distinguerli, in contrasto col primo postulato della meccanica
quantistica (paragrafo 3.1)
=183=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
alla simmetria. Il calcolo di <J1m1J 2m2|J 1J 2Jm > e' una questione
molto semplice concettualmente, anche se molto ripetitiva. Un
primo coefficiente di CG e' noto (a parte la fase arbitraria) ed e'
quello con J massimo ed m massimo; tale stato si puo' ottenere
in un solo modo, prendendo m1 e m2 massimi, e quindi il
coefficiente di CG puo' essere fissato uguale a 1. Prendiamo per
esempio due spin 1/2.
|J 1=1/2 J 2=1/2 J=1 m=1> = |J 1=1/2 m1=1/2 J 2=1/2 m2=1/2> .
(1)
Introduciamo gli operatori di shift J + e J - ;
J ± |J,m j > =
J(J+1)-mj (m j ±1) h
/ |J,m j ±1>. Applicato al primo
membro della (1) fornisce
J - |J 1=1/2 J 2=1/2 J=1 m=1>= 2 /
h|J 1=1/2 J 2=1/2 J=1 m=0>.
Se a secondo membro applichiamo J 1- + J2- =J- , otteniamo lo
stesso stato espanso nell'altra base, J(J+1)-mj (m j -1)=1,
h
/ { |J1=1/2 m1=-1/2 J 2=1/2 m2=1/2> +
+ |J 1=1/2 m1=1/2 J 2=1/2 m2=-1/2> }
da cui, per confronto, otteniamo due coefficienti di CLEBSH
GORDAN
<J 1=1/2
1
m=0>=
2
m1=1/2
(2)
<J 1=1/2 m1=-1/2
1
m=0>= .
2
Infine, il fatto che
J 2=1/2
J 2=1/2
m2=-1/2|J 1=1/2
J2=1/2
J=1
m2=1/2|J 1=1/2
J2=1/2
J=1
<J 1 m1=-1/2 J 2 m2=-1/2|J 1J 2 J=1 m=-1> =1
si puo' controllare applicando di nuovo S- . Rimangono da
calcolare i coefficienti del singoletto, J=0; ma poiche' m=0, |J1J 2
J=0 m=0> deve essere combinazione di |J1 m 1=1/2 J2 m 2=-1/2>
e di
=184=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
|J 1 m1=-1/2 J2 m2=1/2>; ma la somma da' il tripletto; il
singoletto, che deve essere ortogonale in quanto autostato di S2
con diverso autovalore, e' dato dalla differenza; pertanto,
<J 1=1/2 m1=1/2 J 2=1/2 m2=-1/2|J 1=1/2 J 2=1/2 J=0 m=0>=
1
2
(3)
1
<J 1=1/2 m1=-1/2 J2=1/2 m2=1/2|J 1=1/2 J2=1/2 J=0 m=0>= -
.
2
Come esercizio un po' meno banale, possiamo considerare due
elettroni d, e calcolare i coefficienti CG con J 1=J 2=2.
Schematicamente:
Massimo J =4
Massimo m =4 ⇒ |J=4 m=4>=|m 1=2 m2=2>.
Ricordando ancora che <J m±1|J ± |Jm> = h
/ J(J+1)-m(m±1) ed
applicando J a primo membro, troviamo
J - |J=4 m=4>= 8 h
/ |J=4 m=3>;
applicando J1- + J 2- a secondo membro, troviamo
(J1- + J 2- )|m 1=2 m2=2> = 4 h
/ {|m1=1 m2=2> +|m1=2 m2=1>}.
Pertanto,
1
|J=4 m=3> =
{|m1=1 m2=2> +|m1=2 m2=1>}.
2
Insistendo con questo metodo, si trovano gli stati con J=4 e con
m=2,1,0,-1,-2,-3,-4. Dopo gli stati G (J=4) vengono quelli F
(J=3); al massimo, m=3, che puo' ottenersi con m1=1 m2=2 o
viceversa; poiche' la combinazione col + e' lo stato G con m=3,
prenderemo quella col -,
|J=3 m=3> =
1
{|m1=1 m2=2> - |m 1=2 m2=1>}.
2
operando su questo stato con J- , otteniamo tutti gli stati F.
Continuando l'argomento si trovano poi in successione gli stati
D,P e S. Per quanto laboriosa, tutta questa procedura e'
elementare. L'alternativa e' una elegante teoria matematica, che
conduce a formule chiuse per i coefficienti, ma e' essa stessa
laboriosa. Le formule, poi, sono cosi' complicate da non offrire
alcun vantaggio, a meno che non vogliamo scrivere un nuovo
software.
8-3 Simboli 3j, 6j e 9j
=185=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
I simboli 3j sono solo un altro modo di scrivere i
coefficienti di Clebsh-Gordan. La definizione di Wigner e' la
seguente:
(1)
 j1 j2 j3 
j1-j 2-m 3(2j -1)-1/2 <j m j m |j j j -m > .


3
1 12 2 123
3
 m1 m2 m3  = (-)
Il vantaggio di questa notazione e' che i nuovi simboli hanno
molte speciali
proprieta' di simmetria; per esempio, una
permutazione pari delle colonne lascia in simbolo immutato,
mentre una dispari lo moltiplica per (-) j1+j2+j3. Simili proprieta'
di simmetria erano essenziali per svolgere efficientemente i
calcoli quando questi si dovevano fare con carta e penna; noi qui
risparmieremo molto spazio e molto lavoro considerando questi
e gli altri simboli come sottoprogrammi di libreria, facilmente
disponibili anche sui personal computers.
Sapendo comporre due momenti angolari (con i simboli 3j)
siamo in grado di fare altrettanto con qualsiasi numero di essi.
Per esempio, il momento angolare totale F di un atomo si ottiene
componendo tre momenti angolari, e cioe' S,L e in momento
angolare nucleare I. Esiste anzi piu' di un modo di comporli. Tre
momenti angolari j1, j2 e j3 si possono accoppiare in due modi
diversi: si possono comporre j1 e j2 in un momento risultante j12
e questo con j3 per ottenere quello totale J; oppure si puo'
comporre j1 con il risultante j23 degli altri due. I risultati sono
fisicamente equivalenti e sono connessi da una trasformazione
unitaria. Potremo scrivere, essendo i coefficienti reali:
|(j 1j2)j 12j3JM > = ∑ |j1(j 2j3)j 23JM><(j1j2)j 12j3JM|j 1(j 2j3)j 23JM>
j23
(2)
.
Ma i coefficienti di questa espansione sono indipendenti da
M, perche' tutti gli stati con M definito devono trasformarsi allo
stesso modo sotto rotazione.
Omettendo quindi la dipendenza spuria da M, definiamo il
simbolo 6j come segue1:
1Il simbolo 6j non tiene conto, ovviamente, delle proprieta' di simmetria
connesse con la statistica delle particelle. La funzione d'onda deve poi
essere simmetrizzata o antisimmetrizzata a seconda dei casi.
=186=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
 j1

 j3
j2 j12 

J j23  =
(-) j 1+j2+j3+J [(2j 12 +1)(2j23 +1)] -1/2 <(j 1j2)j 12j3J|j 1(j 2j3)j 23J> . (3)
Calcolando esplicitamente gli stati e prendendo il prodotto
scalare, il simbolo 6j puo' ovviamente essere espresso in termini
di simboli 3j, ovvero di coefficienti di CLEBSH GORDAN.
L'espressione e', verosimilmente, complicata, e noi la
tralasciamo 1.
Nei problemi a 2 elettroni vi sono 4 momenti angolari da
sommare. Un altro caso importante e' quello di un atomo con
due gusci parzialmente occupati, ciascuno dei quali e'
caratterizzato da L e S. La somma puo' essere fatta in vari modi
equivalenti. In notazione analoga a quella usata sopra, si ha
|(j 1j2)j 12(j 3j4)j 34JM > =
∑
j12j34
|(j 1j3)j 13(j 2j4)j 24JM >
• <(j 1j3)j 13(j 2j4)j 24JM |(j1j2)j 12(j 3j4)j 34JM >
(4)
Di nuovo, i coefficienti di questa espansione possono esser presi
reali e sono indipendenti da M. Per esaltarne le proprieta' di
simmetria, in pratica si scrivono in termini dei simboli 9j di
Wigner definiti da
<(j 1j3)j 13(j 2j4)j 24JM |(j1j2)j 12(j 3j4)j 34JM > ≡
 j1 j 2 j 12


j34 . (5)
=[(2j 13 +1)(2j24 +1)(2j12 +1)(2j34 +1)] +1/2 j3 j4
 j13 j24 J 
Anche per i simboli 9j esistono complicate espansioni in simboli
3j, ed anche per essi sono disponibili tabulazioni e
sottoprogrammi di libreria.
Per sommare 5,6 o 7 momenti angolari, sono stati introdotti i
simboli 12j,15j e 18j, dei quali pero' non avremo bisogno.
1Vedere ad es. B.L.Silver,'Irreducible Tensor Methods',Academic Press New
York (1976)
=187=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
in armoniche sferiche
r12
La funzione di Green dell'equazione di Poisson, \f(1,r12) =
8-4 Espansione di
1
puo' essere espansa in multipoli intorno ad un centro
|r1-r2|
arbitrario. Passando a coordinate polari, ri →(r i ,θi ,φi ), si dimostra
facilmente la formula
∞
1
=
r12
∑
K
∑
K=0 m=-K
4π
(r <) K
Y* KM (θ1,φ1)YKM (θ2,φ2),
(2K+1) (r >) K+1
(1)
dove r> = r1θ(r 1- r 2)+ r 2θ(r 2-r 1),r < = r1θ(r 2- r 1)+ r 2θ(r 1-r 2).
8-5 Integrali Coulombiani atomici
Il calcolo di <Φ |HC|Ψ> fra Φ e Ψ determinantali si riduce a
quello di integrali coulombiani fra spin-orbitali, del tipo
1
r12
|c(1)d(2))=
(u aub|
|uc ud)
≡
δ(m sa,m sc )
δ(m sb ,m sd)(a(1)b(2)|
1
=δ(m sa,m sc ) δ(m sb ,m sd) ∫a(1)* b(2)*
c(1)d(2)d31d32 .
r
12
1
r12
(1)
Affinche' il risultato non sia identicamente nullo, occorre che sia
msa = msc , msb =msd . Fra autostati del campo centrale, della
forma a(r) = Ran L YLM (θ,φ), etc., l'integrale si puo' sviluppare
usando i risultati del paragrafo precedente, nella forma
∞
∑
K
∑
∞
∞
∫dr1 ∫dr2RanL(a) (r 1)Rc nL(c) (r 1)RbnL(b) (r 2)RdnL(d)(r 2)
0
K=0 m=-K 0
•
4π
(r <) K
• r12r22
•
K+1
(r >)
(2K+1)
• ∫dΩ1Y* L(a)M(a) (Ω1) YKM (Ω1))Y L(c)M(c) (Ω1) •
(2)
• ∫dΩ2Y* L(b)M(b) (Ω2) Y* KM (Ω2))Y L(d)M(d)(Ω2) ,
dove dΩ=sin(θ)dθdφ. Gli integrali radiali Rk , gli unici il cui
calcolo richiede un modello dettagliato del potenziale, sono
definiti da
Rk (ab,cd) ≡
(3)
=188=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
\i(0, ∞ ,dr1)\i(0,∞ ,dr2)RanL(a) (r 1)Rc nL(c) (r 1)RbnL(b) (r 2)RdnL(d) (r
(r <) K
2) r12r22 (r ) K+1
>
Per calcolare gli integrali angolari , e' desiderabile ridurre a due
il numero delle armoniche sferiche nell'integrando, per poter
usare la relazione di ortogonalita'
(4)
∫dΩ Y* L'M'YLM = δ(L,L')δ(M,M') .
Cio' e' possibile, perche' quelli di Legendre sono polinomi
ortogonali, ed il prodotto di due polinomi di Legendre e' un altro
polinomio (in cos(θ)) che a sua volta ammette una unica
espansione in polinomi di Legendre. Si dimostra la seguente
proprieta' delle armoniche sferiche:
YL1,M1(θ,φ)YL2,M2(θ,φ)=
L1+L2
∑
L=|L1-L2|
L
∑
M=-L
(2L1+1)(2L2+1)
•
4π(2L+1)
•<L1L200|L0><L1L2M1M2|LM>YLM (θ,φ).
(5)
Notando che Y * LM = (-)MYL-M , mettiamo il risultato nella forma
simmetrica
∫dΩYL1M1(Ω)YL2M2(Ω)YL3M3(Ω) =
(6)
(2L1+1)(2L2+1)
<L1L200|L30><L1L2M1M2|L3-M 3>.
4π(2L+1)
Gli integrali angolari si possono quindi calcolare con i
coefficienti di CLEBSH GORDAN; ad ogni buon conto, essi stessi
sono tabulati. Piu' precisamente, si tabulano i coefficienti reali
c k definiti da
(−) Μ3
∫dΩY* L(a)M(a)(Ω) YKM (Ω))Y L(c)M(c) (Ω) =
(7)
=
2k+1 k
c (L(a)M(a),L(c)M(c)) δ(M,M(a)-M(c)) .
4π
La presenza della δ risulta banalmente dall'integrazione in dφ e
comporta che affinche' il risultato non sia identicamente nullo
deve aversi M(a)+M(b) = M(c)+M(d). Riscriviamo cosi' lo
sviluppo con la notazione piu' conveniente
=189=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
(ab|
1
|cd) = δ(M(a)+M(b),M(c)+M(d))
r12
•
•
∞
∑ c k (L(a)M(a),L(c)M(c))ck (L(d)M(d),L(b)M(b))Rk (ab,cd).
k=0
(8)
Uno qualsiasi degli L, ad esempio L(c) , puo' pensarsi come
'somma' degli altri due; anche k puo' pensarsi come la 'somma'
degli L, e quindi devono valere le regole triangolari
|L(d)-L(b)| ≤ k ≤ L(d)+L(b),
|L(a)-L(c)| ≤ k ≤ L(a)+L(c) .
Inoltre, k+L(a)+L(c) deve essere pari, altrimenti
(9)
∫dΩY* L(a)M(a)(Ω) YKM (Ω) YL(c)M(c) (Ω) =0
perche' e' l'overlap di funzioni di parita' opposta. In pratica,
nonostante l'apparenza terribile, la (2) ha solo pochi termini.
Per gli elementi diagonali, quando il set (c,d) coincide con
(a,b), e' in uso una notazione speciale; indicando con na ,nb i
numeri quantici principali, si usano i cosiddetti integrali di Slater
Fk (naLa,nbLb) ≡ Rk (ab,ab)
(10)
per il termine diretto e
Gk (naLa ,nbLb) ≡ Rk (ab,ba)
(11)
per quello di scambio 1. Cosi',
(ab|
∞
1
|ab) = ∑ak (LaMa,LbMb) Fk (naLa,nbLb) ,
r12
k
(12),
dove a k e' un'altra abbreviazione convenzionale universalmente
usata,
ak (LaMa,LbMb))
k
c (L(a)M(a),L(a)M(a))ck (L(b)M(b),L(b)M(b));
1 Per elettroni equivalenti (stessi n,L) R a≡R b , e quindi F k ≡Gk .
=190=
≡
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d'altra parte, il termine di scambio (ab|
nel calcolo solo per spin paralleli vale
(ab|
1
|ba), che interviene
r12
∞
1
|ba) = ∑bk (LaMa,LbMb) G k (naLa,nbLb) ,
r12
k
dove
bk ≡|c k |2.
(13),
(14)
Tabelle dei ck e degli ak sono facilmente reperibili1, ed
oggigiorno essi sono ottenibili anche piu' rapidamente da
routines di libreria.
8-6 Multipletti nella pittura LS: metodo della traccia
Consideriamo un atomo con un solo guscio aperto, quello
di valenza. Supponiamo che gli elettrono dei gusci "di core"
concorrano, insieme al nucleo, a formare un campo centrale in
cui gli elettroni di valenza si muovono, ma non partecipino
esplicitamente alle transizioni che stiamo studiando; cio'
avverra' ad esempio nei processi di energia cosi' bassa che gli
stati profondi non possono subire eccitazioni reali. Una data
configurazione di valenza puo' dare luogo a molti termini
spettrali, perche' l'interazione coulombiana H C commuta con L e
con S, e non gli Li dei singoli elettroni. Anche se l'intera HC
dell'atomo e' troppo grande per essere trattata come una
perturbazione, possiamo sperare di trattare al primo ordine
quella parte di HC che descrive le interazioni fra elettroni di
valenza. In effetti, la separazione fra i vari termini di un
multipletto puo' arrivare a 20 o 30 eV, ma e' piccola rispetto
all'energia totale dell'atomo.
Se e' noto il campo centrale, possiamo calcolare
esplicitamente gli orbitali degli elettroni di valenza e
gli
elementi di matrice di HC. Ma la grande utilita' del metodo sta
nel fatto che complicate strutture di multipletto si comprendono
in termini di pochi integrali radiali. Se gli stati sono determinanti
di Slater, sappiamo come esprimere gli elementi di matrice in
termini di integrali Coulombiani.
In assenza di correzioni relativistiche, che saranno
introdotte in un secondo tempo, conviene usare una base che
1Vedi ad es. Condon e Shortley, pagg. 178-80; J.C.Slater,"Quantum Theory of
Matter",pagg.233-34.
=191=
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abbia i buoni numeri quantici L e S, perche' su tale base HC e'
diagonale, e gli elementi diagonali sono gli spostamenti in
energia dei vari termini del multipletto. In effetti, per alcuni
stati basta un solo determinante, ma per gli altri occorrera'
qualche artificio. Comunque, diagonalizzando HC, si ottengono
gli stati del multipletto LS che origina dalla configurazione
considerata. E' una approssimazione relativamente semplice,
rispetto al metodo di Hartree-Fock, ma ha il vantaggio di essere
utile anche per stati eccitati.
Esempio: configurazione 1s2s
I termini possibili sono 1S e 3S. Per il 3S , lo stato con Ms=1
ha il fattore di spin αα e' un determinante singolo, |φ1sαφ2sα| ;
quindi
1
1
|1s2s) - (1s2s|
|2s1s).
r12
r12
Ci sono un integrale diretto ed uno di scambio. Per calcolare il
termine diretto, che e' del tipo diagonale, occorrono gli ak ,
<H C>=(1s2s|
Tabella degli ak (LaMaLbMb)
L aL b Ma Mb
s s 0 0
s p 0
0
s p 0 ±1
k=0
1
1
1
k=1
0
0
0
⋅⋅⋅⋅
k=2
0
0
0
k=3
0
0
0
k=4
0
0
0
e dalla tabella troviamo che ak =1 per k=0, ak =0 altrimenti.
Quindi
(1s2s|
1
|1s2s) = F0(1s,2s).
r12
Per il termine di scambio ci vuole bk = |c k |2,
Tabella dei ck (LaMaLbMb)
L aL b Ma Mb
s s 0 0
k=0
1
s p
0
0
0
s p
0
±1
0
k=1
0
1
3
1
3
=192=
k=2
0
k=3
0
k=4
0
0
0
0
0
0
0
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⋅⋅⋅⋅
1
|2s1s) = G0(1s,2s), e l' elemento diagonale di
r12
H C e' F0(1s,2s)-G0(1s,2s). Questa e' la correzione all'energia
degli stati con M s= ±1, ma noi ben sappiamo che lo stato 3S con
Ms=0 e' degenere con essi.
Ma come fare per il 1S? Qui possiamo usare un metodo
generale, dovuto a Slater, che si chiama il metodo della traccia.
Con Ms=0 c'e' 1S ed una componente di 3S. I determinanti
coinvolti sono |φ1sαφ2sβ| e
|φ1sβφ2sα|. Per ciascuno di essi,
mancando il termine di scambio, <HC> = F 0, e quindi la matrice
di H C con Ms=0 in questo sottospazio ha traccia 2F0. Ma la
traccia e' invariante per cambiamenti di base1, quindi la somma
delle correzioni per 3S e per 1S deve essere 2F0. Poiche' per 3S la
correzione e' F0-G0, per il 1S deve essere F0+G0. Poiche' G0>0,
questo e' in accordo con la regola di Hund.
quindi (1s2s|
Esempio: configurazione 1s2
equivalenti, 1S e' un singolo
αβ-βα
determinante
φ1s(1)φ1s(2)
.
2
Poiche' gli spin sono opposti, non c'e' termine di scambio. La
correzione all'energia e' quindi F0, e differisce dal valore F0+G0
trovato prima per 1s2s 1S.
Con
due
elettroni
Esempio: configurazione 1s2p
I termini sono 1P e 3P. Determiniamo prima la correzione
per 3P, e poi ricaveremo l'altra col metodo della traccia.
Lo stato con M s=1 (spin massimo) che ha il fattore di spin αα ed
appartiene al tripletto e' un determinante singolo, con
1
1
|1s2p) - (1s2p|
|2p1s).
r12
r12
Per calcolare il termine diretto, che e' del tipo diagonale,
occorrono gli ak , e dalla tabella troviamo che ak =1 per k=0,
ak =0 altrimenti. Quindi
<H C>=(1s2p|
1Tr{ABC}=A B C
-1
-1
ij jk ki = Cki A ij B jk = Tr{CAB} ⇒Tr{S AS}=Tr{SS A}=Tr{A}.
=193=
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(1s2p|
1
|1s2p) = F0(1s2p).
r12
1
Per il termine di scambio ci vuole bk = |ck |2, che vale
per k=1,
3
ed e' 0 altrimenti. Quindi,
(1s2p|
1
1
|2p1s) = G1(1s2p).
r12
3
Pertanto,
<3P|HC|3P> = F0(1s2p) -
1 1
G (1s2p).
3
Per determinare <1P|HC|1P> scegliamo ML =1, che e' il valore
massimo ammesso. Vi sono due determinanti con ML =1, Ms=0, e
cioe' |1sα,2p+β| e |1sβ,2p+α| , dalla cui combinazione devono
venire il singoletto ed una componente del tripletto. Qui, p+ e' la
componente p con m=1. Su questa base, la traccia e' 2F0, dal
momento che si tratta di termini del tipo diagonale con spin
opposti e non c'e' termine di scambio. Quindi,
<3P|HC|3P> + <1P|HC|1P> = 2F0=F0 -
1 1
G + <1P|HC|1P>;
3
1 1
G (1s2p).
3
Essendo G1>0, di nuovo la regola di Hund e' soddisfatta. Con il
metodo della traccia di Slater, possiamo trovare le correzioni
agli autovalori dell'energia senza bisogno di trovare le
autofunzioni per un gran numero di configurazioni semplici.
⇒<1P|HC|1P> = F0(1s2p) +
Esempio: configurazione d2
Gli stati ammessi dal principio di Pauli sono 1G,3F,1D, 3P,1S.
Notazione per i determinanti: Con due elettroni d equivalenti
possiamo coprire lo spazio di Hilbert con determinanti di Slater
(m 1ms1,m 2ms2); i determinanti corrispondono univocamente a
vettori di base dello spazio solo se e' prefissato l'ordine degli
spin-orbitali a particella singola. Quindi, conveniamo che sia
m1≥m2 e, se m1=m2, allora ms1>ms2. Conviene una notazione
abbreviata del tipo
(2+2-)≡(m 1=2, m s1=1/2,m2=2,ms2=-1/2).
=194=
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La tabella degli ak per gli stati dd e'
L a L b Ma Mb
k=0
d d ±2 ±2
1
d d ±2 ±1
1
d d ±2
0
1
d d ±1 ±1
1
d d ±1
0
1
d d
0
1
0
k=2
4
49
-2
49
-4
49
1
49
2
49
4
49
k=4
1
441
-4
441
-6
441
16
441
-24
441
35
441
Per 1G con M L =4 c'e' il solo determinante
αβ-βα
φ22(1)φ22(2)
.
2
Da (ab|
1
|ab) =
r12
∑ak Fk
si ottiene
k
4 2
1 4
<1G| HC|1G> = F0+
F +
F .
49
441
E' di uso comune definire
F0=F0 ,
F2=
F2
,
49
F4=
F4
,
441
etc., (15)
e cioe' di riassorbire i denominatori negli F e nei G, abbassando
gli indici. Cosi' scriviamo
E(1G) = <1G| HC|1G> = F0+ 4 F2 + F4.
Con ML =3 si hanno i 4 stati determinantali (2±,1±), dalle cui
combinazioni devono venire 1G e 3F. Per spin paralleli, occorre
includere lo scambio. Ecco la tabella dei ck :
L aL b Ma Mb
d d ±2 ±2
k=0
1
k=2
k=4
-
4
49
=195=
1
441
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d d ±2 ±1
0
d d ±2
0
0
d d ±1 ±1
1
d d ±1
0
1
d d
0
1
0
6
49
4
49
1
49
1
49
4
49
d d ±2
+- 2
0
0
d d ±2
+- 1
0
0
d d ±1
+- 1
0
-
6
49
5
441
15
441
16
441
30
441
36
441
30
441
35
441
40
441
Calcoliamo le correzioni all'energia dei determinanti. Usando le
tabelle, si ha:
E(2+,1+)=
E(2-,1-)=
F0 - 2F2 -4F4 -6G2 - 5G4
F0 - 2F2 -4F4 -6G2 - 5G4
E(2-,1+)=
E(2+,1-)=
F0 - 2F2 -4F4
F0 - 2F2 -4F4
I primi due determinanti appartengono a 3F, perche' gli
spin sono paralleli. Poiche' consideriamo una configurazione d2,
e quindi elettroni equivalenti, G≡F ed otteniamo
E(3F) = <3F|HC|3F> = F0-8 F2-9F4.
I due determinanti rimanenti devono dare la terza componente
di 3F e la componente ML =3 di 1G, ed in effetti possiamo
verificare che la traccia calcolata nelle due basi e' la stessa.
Scendendo a ML =2, si devono considerare i 5 determinanti
(2+,0+),(2+,0-),(2-,0+),(2-,0-),(1+,1-). Questi devono dare un
1G, i tre stati di 3F, ed un 1D. Per calcolare E(1D), consideriamo i
soli determinanti di spin nullo, per i quali si trova, con l'ausilio
delle tabelle
E(2+,0-)=
E(2-,0+)=
E(1+,1-)=
F0 - 4F2 +6F4
F0 - 4F2 +6F4
F0 + F2 +16F4
=196=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
La traccia su questa base e' 3F0-7F2 +28F4. Togliendo E(1G)+E(3F)
otteniamo
E(1D) = F0-3F2+36F4.
Con un ragionamento simile si determinano anche
E(3P) = F0+7F2-84F4
E(1S) = F0+14F2+126F4.
Molte configurazioni si trovano tabulate sui trattati di Fisica
Atomica.
8-7 Stati con L e S definiti: Calcoli espliciti per la
configurazione d2
Useremo la configurazione d2 per illustrare i multipletti
atomici in un caso molto interessante ma non particolarmente
complicato. Con piu' di due elettroni ottici o piu' di un guscio
aperto i calcoli diventano molto piu' gravosi; tuttavia il metodo
qui illustrato puo' sempre essere realizzato, se non altro con il
calcolatore. Metodi piu' formali sono ben descritti in
letteratura1, e richiederebbero troppo spazio.
Anche se abbiamo potuto fare a meno delle funzioni
d'onda per trovare le energie dei termini2, vogliamo ora
determinarle per altri usi. Conoscendo gli stati a particella
singola, con essi formeremo stati a due elettroni del tipo
|m1ms1m2ms2>; in tale base, possiamo espandere gli stati con L e
S definiti |LSML MS> usando i coefficienti di CLEBSH GORDAN.
|LSML MS>=
~
∑
m1m2
|m1ms1m2ms2>•<2m12m2|LML ><1/2ms11/2ms2|SM S> (1)
~
∑
ms1ms2
~
in cui ∑
sta a ricordare le convenzioni sull'ordine degli stati ed
anche il fatto che, essendo gli elettroni equivalenti, si dovra' alla
fine ricalcolare la normalizzazione dello stato. I coefficienti di
CLEBSH GORDAN di per se' non tengono conto del principio di
Pauli. Per illustrare il metodo, calcoliamo la funzione d'onda di
αβ+βα
|d2 3P ML =0 MS=0>. Il tripletto con MS=0 e'
, quindi
2
δ(m s1,-m s2)
<1/2ms11/2ms2|S=1M S=0> =
.
(2)
2
1Ad esempio, vedi il libro di B.L.Silver,"Irreducible tensor
Methods",Academic Press 1976 .
2Si intende che si tratta delle correzioni al modello del campo centrale,
dovute ad HC.
=197=
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Dalle tabelle dei coefficienti di CG <2m12m2|L=1,ML =0> si
ottengono i seguenti valori:
m2=2
-
m2=-2
2
5
2
5
m2=1
m2=-1
-
1
10
1
10
m2=0
0
.
Quindi non capita mai qui il caso m1=m2. Pertanto, con m1>m2,
~
ha solo due termini,
∑
m1m2
|d2 3P ML =0 MS=0>=
1
δ(ms1,-m s2)•
∑
2 ms1ms2
2
1
+(1m s1- 1ms2)()} =
5
10
2
{(2ms1- 2-m s1)
+(1m s1- 1-m s1)(5
•{(2ms1- 2ms2)
=
1
∑
2 ms1
(3)
1
)} .
10
Dato che questa somma e' libera, si ha
|d2 3P ML =0 MS=0>=
1+)}.
1
20
{2(2+,-2 - ) +2(2- ,-2 +) - (1+,-1 - )- (1- ,-
(4)
Come preavvertito, la normalizzazione deve essere modificata,
con
1
1
→
.
20
10
(5)
Possiamo procedere in questo modo per tutti gli stati
|LSML MS>, e trovare l'espansione in determinanti degli altri stati
di d2, cioe' 1S, 1D, 3F e 1G, nello schema LSML Ms.
Esercizio: Dallo stato |d2 3P M L =0 MS=0>, ottenere gli altri appartenenti a
|d2 3P M L MS> per mezzo degli operatori di shift.
Soluzione Per stati a due elettroni, L±=L1±+L 2±. Per 3P, L=1, e si ha da
<J m±1|J±|Jm> = /h J(J+1)-m(m±1) che L+|0>= 2 |1> , L- |0>= 2 |-1>.
In particolare, la componente con ML =1 viene
1 + 23
|d2 3P M L =1 MS=0>=
L |d P M L =0 MS=0> =
2
=198=
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=
1
2
[L 1+ +L2+ ]
1
10
{2(2+,-2 - ) +2(2- ,-2 +) - (1 +,-1 - )- (1- ,-1 +)} .
Portando gli operatori ad agire sui rispettivi stati a particella singola, si
ha, (dal momento che L+|2> =0 ),
1
{2(2+,L 2+[-2 - ]) +2(2- ,L 2+[-2 +]) - (L 1+[1+],-1 - )- (L 1+[1- ],-1 +)
20
-(1+,L 2+[-1 - ])-(1- ,L 2+[-1 +])}.
Per stati d, denotati da |M L >,
L +|2> =0
L+|1> = 2 |2> L+ |0> = 6 |1>
+
L |-1> = 6 |0> L+|-2> = 2 |-1>
L - |2> =2 |1>
L- |1> = 6 |0> L- |0> = 6 |-1>
L - |-1> = 2 |-2>
L- |-2> = 0.
Sostituendo, si trova
|d2 3P M L =1 MS=0>=
1
=
{2(2+,-1 - )+2(2- ,-1 +) - 6 (1+,0- ) - 6 (1- ,0+) },
20
con la normalizzazione corretta. Analogamente, si trova anche
|d2 3P M L =-1 MS=0>=
1
=
{2(1+,-2 - )+2(1- ,-2 +) 20
6 (0+,-1 - ) -
6 (0- ,-1 +) }.
Anche gli stati con MS diverso si trovano con gli operatori di shift.
Ad esempio, da
1 ± 23
|d2,3P,M L ,MS=±1> =
S |d , P,M L ,MS=0>,
2
si trova
1
|d2,3P,M L =0,MS=1> =
{2(2+,-2 +) - (1 +,-1 +)}.
5
Esercizio: Verificare che questo stato |d2,3P,M L =0,MS=1> e' effettivamente
un 3P con ML =0 e Ms =1, normalizzato.
Soluzione La normalizzazione e' evidente. E' un tripletto perche' la parte di
spin e' αα; ha ML =0 perche' ML1 +ML2 =0. Per vedere che e' uno stato P
occorre l'operatore
L 2=L12 +L22 +2L1zL 2z +L1+L 2- +L 1- L 2+.
Ora, trattandosi di stati d, L12=L22=2*3;
2L 1zL 2z {2(2+,-2 +) - (1+,-1 +)}=2⋅2⋅2⋅(-2) (2+,-2 +)-2⋅1⋅(-1) (1+,-1 +).
Applicando L1+L 2- si ottiene -2⋅2 (2+,-2 - ); applicando L1- L 2+ si ha 2⋅2⋅2 (1+,
-1 - ). Sommando tutto, lo stato e' autostato con autovalore 2, quindi L=1,
c.v.d.
=199=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Esercizio: Ripetendo i calcoli per Ms =-1 e poi per gli altri ML , ottenere i 9
stati di 3P nello schema LSM L MS.
Soluzione
1
|d2 3P M L =1 MS=1> =
{2(2+,-1 +) - 6 (1+,0+) }
10
|d2 3P M L =1 MS=0>=
1
=
{2(2+,-1 - )+2(2- ,-1 +) - 6 (1+,0- ) - 6 (1- ,0+) }
20
1
|d2 3P M L =1 MS=-1> =
{2(2- ,-1 - ) - 6 (1- ,0- ) }
10
|d2,3P,M L =0,MS=1> =
1
|d2,3P,M L =0,MS=0> =
|d2,3P,M L =0,MS=-1> =
|d2 3P M L =-1 MS=1> =
5
1
{2(2+,-2 +) - (1 +,-1 +)}.
10
1
5
{2(2+,-2 - ) +2(2- ,-2 +) - (1 +,-1 - )-(1 - ,-1 +)}.
{2(2- ,-2 - ) - (1 - ,-1 - )}.
1
10
{2(1+,-2 +) -
6 (0+,-1 +) }
|d2 3P M L =-1 MS=0>=
1
=
{2(1+,-2 - )+2(1- ,-2 +) - 6 (0+,-1 - ) - 6 (0- ,-1 +) }
20
1
|d2 3P M L =-1 MS=-1> =
{2(1- ,-2 - ) - 6 (0- ,-1 - ) }.
10
Lo schema LSJM, che ha il vantaggio di far comparire come
buon numero quantico J, e' fisicamente equivalente a LSML MS: i
due schemi sono connessi dalla trasformazione unitaria
|LSJM> = ∑ |LML SM s><LSML MS|LSJM>.
(6)
ML Ms
Gli stati |LML SM s> sono gia' etichettati in modo da tenere conto
del principio di antisimmetria, senza bisogno di speciali
ordinamenti, e questa volta le somme sono libere; |LSJM> ha
automaticamente la normalizzazione corretta. Calcoliamo per
esempio il 3P0. La tavola1 dei coefficienti di CG riporta:
J
m 2=1
m2=0
J 1+1
\r(\f((J1+m)(J1+m+1),(2J1+1)(2J1+2)))
(J 1-m)(J 1-m+1)
m+1)(J1+m+1),(2J1+1)(J1+1)))
(2J1+1)(2J1+2)
1che si trova ad es. a pag. 76 del Condon-Shortley
=200=
m2=-1
\r(\f((J1-
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J1
\r(\f((J1+m)(J1-m+1),2J1(J 1+1)))
(J 1-m)(J 1+m+1)
2J 1(2J1+1)
m
J 1(J 1+1)
J 1-1
\r(\f((J1-m)(J 1-m+1),2J1(2J1+1)))
(J 1+m+1)(J1+m)
m)(J 1+m),J1(2J1+1)))
2J 1(2J1+1)
-\r(\f((J1-
Identificando m2 con M s, dobbiamo combinare il momento
angolare orbitale L ≡ J 1=1 con quello di spin S≡J 2 anch'esso =1
per fare J=0, M=0. Quindi, scegliamo l'ultima riga (J=J1-1) con
(-) 1+m2
J 1=1, m=0, ed otteniamo i coefficienti
. Pertanto,
3
tenendo conto che ML +Ms =0, si trova
|d2,3P 0> =
(7)
1
3
{ | 3P,M L =1,Ms =-1> - |3P,M L =0,Ms =0> + |3P,M L =1,Ms =-1>} ;
esso puo' essere espresso in termini di determinanti usando le
espansioni ricavate sopra, ottenendo
|d2, 3P0> =
1
30
{2(1+,-2 +)
-
+(1 +,-1 +) +
+(1 - ,-1 +) +2(2- ,-1 - ) (8)
6 (0+,-1 +) - 2(2+,-2 - ) - 2(2- ,-2 +)
6 (1 - ,0- ) },
che evidentemente non e' autostato di ML ,MS ma lo e' di J,M.
Cosi' il calcolo di tutti i termini nello schema |LSJM> e'
chiaramente fattibile, anche se richiede un po' di pazienza.
L'interazione Coulombiana HC, che e' diagonale sulla base
|LML SM s> , lo e' anche nella nuova base |LSJM>, perche'
commuta anche con J2 e Jz. Con ambedue le basi, siamo nello
schema LS di Russell-Saunders. La nuova base ha il vantaggio che
J,M rimangono buoni numeri quantici anche in presenza
dell'interazione spin-orbita H SO, che pero' non e' diagonale in L e
S.
=201=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
8-8
Matrice
dell'interazione
spin-orbita
configurazione d2 e accoppiamento intermedio
Calcoliamo ora la struttura fine a
nell'interazione
spin-orbita,
all'interno
configurazione. Per calcolare la matrice di
per
la
tutti gli ordini
di
una
data
H' rel =H SO=ζ{L1⋅s1+L2⋅s2}
(1)
conviene usare l'espansione
L1⋅s1+L2⋅s2 =
(2)
= L1z⋅s1z+L2z⋅s2z +
1
[(L +⋅s - +L1- ⋅s1+)+(L2+⋅s2- +L2- ⋅s2+)]
2 1 1
che sappiamo come fare agire direttamente sui determinanti
(m 1σ,m 2σ'), usando la tabella degli operatori di shift; ad
esempio,
[L1⋅s1+L2⋅s2](1 +, -2 +)=
1
1
1
={1⋅ +(-2)⋅ }(1+, - 2+) + {2(2- ,-2 +)+2(1+,-1 - )},
(3)
2
2
2
e, analogamente,
-1
1
(0 +,-1 +)+ [(1 - ,-1 +) 6 + 6(0 +,0- ),
2
2
+
+
[L1⋅s1+L2⋅s2](2 , - 2 )=2(2 ,-2 ),
[L1⋅s1+L2⋅s2](2 - , - 2+)=2(2- ,-2 +)+(1+,-2 +)+(2- ,-1 - ),
[L1⋅s1+L2⋅s2](1 +, - 1- )=(1+,-1 - )+(2- ,-1 - )+(1+,-2 +),
[L1⋅s1+L2⋅s2](0 +, -1 +)=
[L1⋅s1+L2⋅s2](1 - , - 1+)=-(1- ,-1 +)+
6 + +
6
(0 ,-1 )+ (1 - ,0- ),
2
2
1
[L1⋅s1+L2⋅s2](2 - , - 1- )=- (2 - ,-1 - )+(1+,-1 - )+(2- ,-2 +),
2
-1
1
[L1⋅s1+L2⋅s2](1 - ,0 - )=
(1 - ,0- )+ [(0 +,0- ) 6 + 6(1 - ,-1 +).
2
2
E' possibile ora calcolare l'effetto di HSO sugli stati della base
|LSJM>. Usando lo sviluppo precedentemente ottenuto, si ha ad
esempio:
H SO|d2, 3P0> =
-ζ
{-2(1 +,-2 +)+8(2- ,-2 +)+ 6(0 +,-1 +)-7(1- ,-1 +)30
-6(0+,0 - ) -4(2+,-2 - )-2(2- ,-1 - )+5(1+,-1 - )+ 6(1 - ,0- )}.
(4)
=202=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
In particolare, possiamo dedurne che
<d2, 3P0|H SO|d2, 3P0> = -ζ.
(5)
Inoltre, poiche'
|d2, 1S0> =
-1
5
{(2+,-2 - )-(2 - ,-2 +)-(1 +,-1 - )+(1- ,-1 +)+(0+,0- )},
(6)
si ottiene
<d2, 1S0|H SO|d2, 3P0> = -ζ 6.
(7)
In questo modo si puo' costruire l'intera matrice di HSO.
Questa matrice e' a blocchi, perche' HSO commuta con J e non
c'e' accoppiamento fra J diversi. Posto ζ=2α, si trovano le
sottomatrici
1G4
3F4
1G4
0
2α
3F4
2α
3α
3F3
3F3
3F
2
3F
2
1D2
-4α
-4
3P2
3P0
1D2
-4
3
α
5
0
3
α
5
-α
3P2
0
0
42
α
5
42
α
5
α
1S0
3P1
=203=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
3P0
-2α
1S0
-2 6 α
-2 6 α
3P1
-α
0
La matrice Coulombiana H C e' diagonale nella base LSJM, e
la conosciamo. La matrice completa HC+H SO e' quasi diagonale se
α e' piccolo rispetto agli integrali di Slater. In generale,
diagonalizzando la matrice completa, si ottengono gli stati dell'
accoppiamento intermedio e le loro energie. La rimozione della
degenerazione corrisponde al semplice schema
1S
→ 1S0,
3P → 3P0, 3P1, 3P2,
1D → 1D2,
3F → 3F2, 3F3, 3F4,
1G → 1G4,
Beninteso, i simboli LS hanno significato rigoroso solo se ζ →0;
essi sono usati anche in accoppiamento intermedio per indicare i
termini LS che danno il contributo prevalente all'autovettore.
8-9 Effetto Auger1
Nel 1925, P.Auger scopri' l'effetto che porta il suo nome
mentre studiava la fotoemissione, cioe' (per dirlo in termini
moderni) il processo di emissione di un elettrone da parte di un
atomo che assorbe un fotone. Bombardando con raggi X di
frequenza ν definita gli atomi di gas nobile presenti in una
camera di Wilson, si osservano le tracce lasciate dagli elettroni;
la lunghezza di ogni traccia e' proporzionale all'energia cinetica
dell'elettrone fotoemesso. Se l'energia di legame dell'elettrone
nell'atomo e' Eb, l'energia cinetica e' Ek =hν−Eb. Ogni elemento e'
caratterizzato da diversi valori possibili di Eb.
Ma la scoperta inattesa e' che da uno stesso centro talvolta
si vedevano irradiare piu' tracce, e mentre una di queste
obbediva alla relazione Ek =Eb-hν, le altre avevano energie EA
caratteristiche della specie atomica, ma indipendenti da ν. Questi
sono gli elettroni Auger. La legge empirica trovata da P. Auger per
descrivere i fenomeni osservati e'
EA (ijk) = E B (i)-EB (j)-E B (k)
(1)
1Le nozioni generali sulla natura dell'effetto Auger sono esposte in un mio
articolo scritto per il Dizionario delle Scienze Fisiche della Treccani. Per gli
spettri atomici e la loro interpretazione, il libro di Chattarji, "Theory of
Auger Transitions", (1976) e' un riferimento essenziale.
=204=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dove EB (α) e' una qualsiasi delle energie di legame permesse per
la specie atomica in esame; dunque, EA (ijk) e' legata a 3 livelli
elettronici, ed ogni atomo e' capace di emettere un suo spettro
Auger, perche' ogni specie atomica ha solo certe EB (α)
caratteristiche. La legge empirica suggerisce un'interpretazione : i
raggi X producono una lacuna primaria nello stato di energia di
legame EB (i), ed un normale fotoelettrone; successivamente, la
lacuna primaria viene riempita dall'elettrone j, in un livello
soprastante, e l'energia guadagnata nel processo viene ceduta in
qualche modo ad un elettrone in uno stato k, che si trasforma
cosi' in elettrone Auger. Perche' una transizione possa avvenire,
occorre che la lacuna primaria sia abbastanza profonda; la sua
energia di legame deve superare la somma di quelle delle buche
finali.
Beninteso, la conservazione dell'energia e' compatibile con
ambedue i processi a) e b) della figura, che sono indistinguibili.
Di piu' non si poteva fare in un'epoca in cui la meccanica
quantistica era agli albori.
k
j
k
j
i
i
a)
b)
Anche oggi, le transizioni Auger vengono denotate con i simboli
spettroscopici dei gusci (o, piu' precisamente, dei sotto-gusci)
coinvolti: cosi' una transizione KL1M2 e'dovuta ad una buca
primaria nel guscio K che decade lasciando nello stato finale due
buche L1 ed M2 piu' un elettrone Auger1. Si parla di transizioni di
core-core-core, di core-valenza-valenza, etc., a seconda dei livelli
profondi o periferici che sono coinvolti.
1Le transizioni Auger in cui le buche i,j e k appartengono ad uno stesso
guscio atomico si chiamano di Coster-Kronig; quelle in cui appartengono ad
uno stesso sotto-guscio si chiamano di super-Coster-Kronig. Transizioni di
questo genere si osservano spesso nel decadimento di lacune appartenenti a
gusci periferici di atomi complessi, e possono dar luogo ad elettroni Auger
di energia molto bassa, anche solo di qualche eV; in altri casi, le transizioni
risultano energeticamente proibite.
=205=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Gia' nel 1927 Wentzel produsse una prima teoria
quantistica per spiegare il decadimento della buca primaria.
Supponiamo di aver risolto le equazioni di Hartree-Fock
dell'atomo nello stato fondamentale Φ0 e di aver ricavato gli Z
spinorbitali occupati uα (x), ottenendo cosi' la funzione d'onda
determinantale
Z
Φ0= ∏c α † |vac>,
(2)
α=1
dove |vac> e' il vuoto degli elettroni. Trattiamo gli elettroni legati
come indipendenti nel campo autoconsistente dell'atomo neutro.
Lo spinorbitale dello stato libero h si puo' considerare ortogonale
a quelli legati; potra' essere una combinazione opportuna degli
orbitali virtuali o si potra' approssimare con un'onda piana
opportunamente ortogonalizzata agli stati legati. Lo stato con la
buca primaria i e' Φi =c i Φ0, ed ha Z-1 elettroni; lo stato finale con
due lacune j e k e con un elettrone Auger nello stato h e'
Φf =c h † c j c k Φ0.
Ora, Φi
e Φf hanno la stessa energia e sono accoppiati
dall'interazione Coulombiana, che e' una interazione a due corpi.
Poiche' Φi e Φf differiscono di due spinorbitali (gli stati j e k,
occupati in Φi vengono rimpiazzati da i e h nello stato finale),
sappiamo dal Cap.2 che
<Φi | H c |Φf > = <uj uk |r
1
|ui uh >- <uj uk |r
12
1
|uh ui >;
12
(3)
questi elementi di matrice comportano i prodotti scalari fra gli
spin, e il termine di scambio e' diverso da zero solo per lacune
finali che hanno spin paralleli. La probabilita' di transizione e',
per la regola d'oro di Fermi,
2π
Pif =
|<Φi | H c |Φf >|2.
/
h
(4)
Dunque, l'effetto Auger e' dovuto all'interazione coulombiana fra
gli elettroni, che rende instabile qualsiasi stato con una lacuna
profonda. Anche le lacune finali potranno decadere allo stesso
modo, finche' non si giunge ad uno stato in cui tutte le lacune
sono nei livelli piu' esterni. L'elemento di matrice Auger e'
particolarmente grande se gli stati i,j e k sono vicini in energia,
perche' l'interazione coulombiana e' piu' grande quando gli u
hanno dimensioni simili. Le transizioni di Coster-Kronig, purche'
energeticamente permesse, sono di regola le piu' intense. Questo
e' in contrasto con il comportamento della probabilita' di
transizione radiativa, che cresce con la separazione energetica
dei livelli. Per questa ragione, l'effetto Auger e' il meccanismo
=206=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dominante di decadimento delle lacune interne degli atomi
leggeri, mentre in quelli pesanti domina il decadimento X.
Viene in mente un meccanismo alternativo per arrivare da
Φi a Φf . Uno degli elettroni j,k potrebbe riempire la lacuna i con
un normale processo radiativo, emettendo cioe' un fotone X;
questo fotone potrebbe poi causare la fotoemissione del secondo
elettrone. Ebbene, anche questo processo esiste, ed ha il nome di
fotoemissione interna; a differenza dell'effetto Auger, esso e'
soggetto alle regole di selezione ottiche, e per esempio non puo'
causare la transizione KL1L1 che invece viene osservata. La
probabilita' di transizione della fotoemissione interna e' stata
calcolata con la teoria delle perturbazioni, ed il risultato e' che la
fotoemissione interna puo' essere tranquillamente trascurata
rispetto all'effetto Auger.
Uno spettro Auger e' un grafico della corrente in funzione
dell'energia cinetica degli elettroni. Per misurare gli spettri di
molecole e solidi si usano apparecchi in cui il campione, la
sorgente eccitatrice e l'apparato rivelatore-analizzatore degli
elettroni si trovano in una camera a vuoto. La sorgente eccitatrice
puo' essere un cannone elettronico o una sorgente di raggi X,
come negli apparecchi ESCA1. L'analizzatore consiste in un
cilindro in cui viene prodotto un campo elettrico radiale; a
seconda dell'energia cinetica, gli elettroni vi percorrono
traiettorie diverse, e cio' consente di selezionarli in energia ed
inviarli ad un rivelatore. Tipicamente, si puo' avere una
risoluzione energetica dell'ordine di ∆E/E≈10-2 ; si puo' avere un
risultato migliore usando invece un analizzatore emisferico. Le
transizioni prese in considerazione per scopo analitico hanno
energie comprese fra varie decine e poche migliaia di eV, quindi
l'energia di una transizione puo' essere misurata, in casi
favorevoli, entro una frazione di eV. Il campione e' di solito una
superficie solida, e per limitare il problema della contaminazione
da gas residui e' necessario arrivare al vuoto ultra-alto2. Il
cammino libero medio degli elettroni in un solido dipende dalla
loro energia, ma per le transizioni che si osservano comunemente
e' solo di alcuni Å; la tecnica e' quindi sensibile alla superficie.
Poiche' dall'energia dei picchi dello spettro si puo' risalire alla
specie atomica, la tecnica Auger si presta ad analisi chimiche
delle superfici. Con tecniche a scansione, si possono ottenere
immagini ingrandite della superficie in cui viene visualizzata la
distribuzione di un dato elemento. In effetti, gli atomi che
1acronimo per Electron Spectroscopy for Chemical Analysis.
2se il campione e' un fascio di molecole, e' sufficiente un vuoto basso, che
consenta agli elettroni un cammino libero superiore alle dimensioni della
camera di misura.
=207=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
appartengono a molecole e a solidi hanno energie di transizione
core-core-core un po' diverse dagli atomi liberi, ed una analisi
dettagliata
degli
spostamenti
chimici
fornisce
ulteriore
informazione. Ancora di piu' si puo' imparare dallo studio delle
forme di riga Auger di core-valenza-valenza, dal momento che i
gusci piu' esterni sono i piu' sensibili ai legami chimici;
l'interpretazione delle forme di riga e' attualmente un
interessante argomento di ricerca1.
La formula originale di Auger fornisce le energie delle
transizioni con un errore che puo' essere piccolo in senso
relativo, ma e' tipicamente dell'ordine di qualche decina di eV.
Un tale errore e' enorme rispetto alla precisione con cui le
misure possono essere fatte di routine nei moderni apparati. Il
problema principale e' che nello stato finale ci sono due lacune,
ed occorre tenere conto della loro repulsione, che sposta i picchi
dello spettro e li suddivide in multipletti. Inoltre, ogni transizione
diagrammatica (cioe', prevista dalla precedente discussione) ha
in realta' vari satelliti, che corrispondono a stati eccitati dello
ione finale. Anche la formula di Wentzel si basa su un certo
numero di ipotesi che la rendono inadeguata per scopi
quantitativi, ed in particolare trascura sia gli effetti di
correlazione che quelli relativistici. Si comprende cosi' che una
teoria dettagliata degli spettri e' necessariamente complessa,
anche nel caso di un campione di atomi liberi.
8-10 Regole di selezione Auger
Fra lo stato iniziale |i> e quello finale |f> del sistema totale
(incluso l'elettrone Auger) si conservano J2,J z e la parita'. Nella
approssimazione LS si conservano anche L2,Lz,S2 e Sz. Nel limite jj
puro, gli stati sono etichettati dai j delle due lacune. In prima
approssimazione possiamo ignorare le complicazioni che
derivano dalla presenza eventuale di gusci di valenza aperti. E'
notevole come i diversi schemi diano descrizioni diverse, anche
per quanto riguarda il numero di righe: la descrizione piu'
generale si ha ovviamente nello schema dell'accoppiamento
intermedio. Vediamo il caso piu' semplice.
Esempio: transizioni KLL
Nello schema jj puro, sono predette le 6 transizioni
KL1L1,KL1L2,KL1L3,KL2L2,KL2L3,KL3L3. Parte della degenerazione e'
poi risolta dalla interazione Coulombiana.
1per un articolo di rassegna, vedere ad esempio M.Cini, J.Phys.C, Condensed
Matter 1 (1989).
=208=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Nello schema LS si hanno le
Tabella.
transizioni elencate nella
Configuraz.
elettronica
L
S
Termine
finale
......................................................................................................
........................
2s02p6
0
0
1S
......................................................................................................
.......................
1
0
1P
1
1
3P
2s12p5
......................................................................................................
.......................
2s22p4
0
0
1S
1
1
3P
proibita
1D
2
0
......................................................................................................
.......................
Si noti che dei due termini 3P uno e' permesso e l'altro e'
proibito. Infatti, uno stato finale con L=1 dello ione e' accessibile
solo se l'elettrone Auger e' in uno stato p, che e' dispari. Ora,
2s12p5 e' anch'esso dispari e la parita' si conserva, mentre
2s22p4 e' pari e la transizione violerebbe la parita'. Pertanto,
nello schema LS puro ci si aspetterebbe di vedere 5 transizioni
KLL. Una debole interazione spin-orbita, come quella che si ha in
atomi leggeri, basta per scindere la transizione 3P permessa ed in
tutto le transizioni attese divengono 7.
Al crescere dell'interazione spin-orbita, pero', la
transizione proibita 2s22p4 3P si scinde in 3P2, 3P1 e 3P0. In
accoppiamento intermedio, 3P2 si mescola con 1D2 e 3P0 con 1S0;
queste due transizioni divengono percio' sempre piu' permesse
=209=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
al crescere di Z. Invece, 3P1 rimane puramente P e proibito1. Il
numero delle transizioni KLL nel caso generale (intermediate
coupling) sale cosi' a 9. Sia per il calcolo delle energie delle
transizioni che per quello delle intensita' la teoria non
relativistica utilizza l'integrale
1
(ab|
|cd) .
r12
Le funzioni radiali si ottengono da calcoli autoconsistenti per gli
orbitali discreti, ma sono spesso approssimati da onde
Coulombiane per gli orbitali nel continuo. Una tale
approssimazione si e' dimostrata utile in pratica in un gran
numero di casi, ma non e' affatto ovvio come a rigore si debba
scegliere il potenziale per descrivere l'elettrone Auger. In realta'
non si tratta di un problema stazionario "a un corpo" in cui un
unico elettrone si muova in un potenziale esterno locale e ben
definito. Entro i limiti di questa approssimazione, le tecniche
che abbiamo appreso per il calcolo dei multipletti atomici sono
adeguate allo scopo. Ne' puo' sorprendere il fatto che in alcuni
casi per avere un buon accordo quantitativo con l'esperimento
occorre includere anche l'interazione fra diverse configurazioni.
Per esempio, nelle transizioni KLL, il termine 1S0 che viene da
2s02p6 interagisce sensibilmente con termine 1S0 che viene da
2s22p4; cio' ha effetto sia sulle energie che sulle funzioni d'onda,
e quindi sulle intensita'.
Il calcolo delle intensita' e' piu' semplice se e' possibile
approssimare |i> ed |f> come stati a due buche; una delle buche
in |i> rappresenta l'elettrone Auger nello stato finale. Non di
rado questa e' una utile approssimazione (ad esempio, nei gas
nobili, ed in alcuni metalli di transizione). Allora si usa spesso,
come ulteriore semplificazione, il 'mixed coupling scheme' , che
consiste nel trattare |i> nello schema jj ma |f> in quello LS. Il
'mixed coupling scheme' e' utile in un largo intervallo di Z,
quando lo spin-orbita e' piccolo per le buche di valenza mentre
e' gia' importante per quelle di core. Ma anche nel caso
generale, in cui compaiono vari gusci aperti, i calcoli possono
essere fatti con i metodi gia' esposti, anche se potranno risultare
assai laboriosi 2.
1Beninteso, purche' si trascuri il debole mescolamento con altre
configurazioni.
2E' possibile condensare il procedimento di calcolo delle intensita' in
formule chiuse, adatte al calcolo numerico. Le formule risultanti sono di
una complessita' inusitata, e l'algebra di Racah che permette di ricavarle e'
una teoria matematica bella, ma laboriosa. I metodi di Racah sono di grande
aiuto per sistematizzare il procedimento ed eseguire calcoli complessi. Deve
essere chiaro pero' che i semplici metodi diretti qui esposti sono
fisicamente equivalenti.
=210=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Il vero problema fisico e' quello dell'applicabilita' di questa
formulazione, che tratta gli effetti relativistici come correzioni
ed e' condizionata dal modello a due stadi. Ne riparleremo nei
Capitoli 13 e 15.
Capitolo 9- Rappresentazioni
dei Gruppi
Invece di sviluppare la teoria dei Gruppi astratti per poi applicarla alla
meccanica quantistica, useremo la meccanica quantistica come introduzione
alla teoria della simmetria.
9-1 Simmetrie delle molecole
E' molto probabile che il lettore abbia gia' incontrato i Gruppi
astratti; e' opportuno pero' richiamare la definizione ed i risultati
necessari man mano che sviluppiamo la teoria delle
rappresentazioni. Un Gruppo G e' un insieme dotato di una regola di
composizione o "moltiplicazione" fra i suoi elementi. Per
definizione, il Gruppo e' 'chiuso' rispetto alla moltiplicazione, cioe'
a∈G, b∈G ⇒ ab∈G; inoltre vale la proprieta' associativa a(bc)=(ab)c;
esiste un elemento e, l'identita', tale che ea=ae=a ∀a∈G; esiste
l'inverso di ogni elemento, cioe' a∈G ⇒ ∃ a-1 , aa-1 =a-1 a =e.
Non e' necessario, invece, che la moltiplicazione sia commutativa;
quando lo e', si dice che il Gruppo e' abeliano. In genere, le matrici e
gli operatori quantistici sono oggetti non commutanti, e noi
lavoreremo soprattutto con Gruppi non abeliani.
Il numero g di elementi si chiama ordine del Gruppo G.
H si dice Sottogruppo di G se H e' un sottoinsieme di G che e'
ancora un Gruppo.
Il Laterale destro di H in G e' un sottoinsieme Hg= {hg,h∈H, g ∈G}.
Se g ∉Η, hg ∉H [perche' da hg=h' avrei g=h-1 h'∈Η]. Hg ha h
elementi.
Prendiamo g2 che non sia ne' in H ne' in Hg : Hg 2 ha h elementi ne'
in H ne' in Hg. Proseguendo fino all'esaurimento degli elementi, si
trova una partizione di G: H,Hg,Hg 2,....Hgs. Ne segue il
Teorema di Lagrange: L'ordine di un sottogruppo H di G e' un
divisore dell'ordine di G.
Si definisce il Prodotto Diretto AxB di due Gruppi A e B con gli
elementi di A tutti diversi ( a parte l'identita' e) da quelli di B e
=211=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
commutanti con quelli di B: e' il Gruppo che ha per elementi i
prodotti ab. Ovvio vedere che e' un Gruppo.
Ci occuperemo di Gruppi di simmetria, i cui elementi sono le
rotazioni o riflessioni che portano una molecola in uno stato
indistinguibile da quello iniziale; tali Gruppi si chiamano puntuali, e
le operazioni di simmetria dipendono dalla geometria della
molecola. Dapprima tratteremo funzioni d'onda scalari, poi
introdurremo lo spin. Le applicazioni dei Gruppi alla meccanica
quantistica ben si prestano come introduzione alla teoria generale
della simmetria.
I nomi dei Gruppi sono puri purissimi accidenti e i vari Autori
seguono simbologie diverse 1; cio' che caratterizza un Gruppo sono
le operazioni di simmetria. Avremo a che fare solo con rotazioni
2π
discrete R n di un angolo
intorno ad un asse di ordine n
n
(denotato con C n ) o riflessioni σ rispetto a un piano. Il piano di
simmetria si dice "verticale" se contiene l'asse di simmetria di
ordine massimo 2; altrimenti, il piano deve essere ortogonale all'asse
e si chiama "orizzontale". Le riflessioni si denotano con σv o σh a
seconda del tipo di piano a cui si riferiscono. Sono tutte operazioni
semplici ed intuitive; l'unico caso che richiede un minimo di
attenzione e' quello delle rotazioni improprie, che si denotano con
Sn .
Una rotazione impropria e' del tipo Sn =Rn σ, dove il piano di
riflessione e' ortogonale all'asse di rotazione. Ora e' ovvio che se
c'e' un asse C n ed un piano di simetria ortogonale ad esso, il Gruppo
avra' come elementi R n , σ e Sn . Talvolta pero' S n esiste, anche se C n
e σ separatamente non esistono. Per esempio, consideriamo l' Etano,
CH3 - CH 3. L'asse verticale e' C 3, cioe' tale che la molecola assume
2π
una configurazione equivalente con una rotazione di
; con una
3
2π
rotazione di
otterremmo una configurazione distinta, quindi R6
6
non esiste.
1noi useremo la notazione di Scho
"nflies, la piu' usata in fisica molecolare.
2se ce n'e' piu' di uno, la scelta e' arbitraria.
=212=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
3
3
2
R
1
6
σ
2
6
6
4
4
5
6
5
3
4
1
2
5
Pero' con una riflessione σ rispetto a un piano ortogonale si porta la
molecola in una configurazione indistinguibile da quella originale,
quindi S6 esiste. Si puo' notare che S6 = σR6 = R6σ, e l'ordine non ha
importanza.
Ogni molecola puo' essere attribuita ad uno dei Gruppi
puntuali possibili; in tutto, ce ne sono 32. Se uno tralascia qualche
operazione di simmetria, ottiene un Gruppo che e' un sottogruppo
di quello ottimale, ma non ne consegue alcun errore. L'
individuazione precisa del Gruppo piu' grande possibile e' pero'
necessaria per un uso ottimale della simmetria.
L'attribuzione e' particolarmente semplice se la simmetria e'
bassa:
C1 ha solo l'identita' E
Esempio: C F Cl Br I
Cs ha solo E, e la riflessione σh rispetto al piano "orizzontale" della
molecola
Esempio: ONCl
L'attribuzione e' particolarmente semplice anche quando la
simmetria e' molto alta:
Td se la molecola e' un tetraedro
Esempio: CH4
O h se e' un ottaedro
Esempio: SF6
Negli altri casi, si sceglie l'asse di simmetria di ordine n piu'
alto (in caso di parita', si sceglie arbitrariamente; tutti i Gruppi
tranne C1 e Cs ne hanno.)
Se la rotazione di ordine n e' impropria, la classificazione e'
gia' fatta: il Gruppo e' S n . Ad esempio, il Tetrafenilmetano
appartiene ad S4.
Altrimenti, se vi sono assi C2 ortogonali all'asse molecolare, il
Gruppo e' Dn , se non ve ne sono e' C n .
Una molecola del Gruppo D n puo' avere piani di simmetria. Se
ne ha di "orizzontali", potremo allargare il Gruppo e chiamarlo
Dn h .
=213=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Esempio: il Benzene appartiene a D6h
Analogamente, se i piani sono verticali, attribuiremo la molecola a
Dnd
Esempio: l'Allene CH2=C=CH2 appartiene a D2d.
Ci si regola analogamente nel caso Cn . Se ci sono piani di simmetria
orizzontali il Gruppo e' Cn h
Esempio: CHCl = CHCl appartiene a C2h; l'asse e' ⊥ al
piano
della molecola.
Se ci sono piani di simmetria verticali abbiamo Cnv :
Esempi: H2O e' C 2v, NH3 e' C3v
Una molecola di C n puo' anche non avere piani di simmetria. Tali
molecole, come H2O 2, rimangono semplicemente in Cn .
Vanno classificate a parte le molecole lineari. Esse appartengono a
C∞ v se non hanno un piano di simmetria "orizzontale" (ad esempio:
HCl) ed a D ∞ h se ce l'hanno (ad esempio: CO2).
9-2 Operatori di simmetria
Indicando con x'y'z' il sistema ruotato di α attorno all'asse z,
l'operatore che compie la rotazione in senso attivo e' definito, come
sappiamo, da
Rα ψ(x,y,z) = ψ(x',y',z')=ψ(xcosα+ysinα,-xsinα+ycosα,z).
(1)
Sappiamo anche che la rotazione attorno ad un asse arbitrario si
ottiene, definendo un vettore, con l'operatore unitario1
R =exp[-i ⋅L/h
/ ].
(2)
Supponiamo che per qualche si abbia [H,R ]=0; allora R e'
un operatore di simmetria. .Inoltre potremo avere [H,σ]=0, dove σ e'
una opportuna riflessione, [H,i]=0 dove i e' l'inversione. L'altro tipo
di operazione che ci capitera' di considerare e' la rotazione
impropria, usualmente denotata da S. Quando una molecola ha
come operazioni di simmetria un R ed una riflessione σ in un piano
ortogonale ad il prodotto S = R σ e' anch'essa una operazione di
simmetria. Come si e' visto, si danno anche casi in cui S esiste
come simmetria mentre σ e R non esistono.
Sia ora S un generico operatore di simmetria. Scelta una base,
potremo rappresentarlo su di essa con una matrice
Dµν (S) = (ψµ |S| ψν ),
(3)
e quindi potremo scrivere
S |ψν ) = ∑ |ψµ ) D µν (S).
(4)
µ
Se abbiamo due operatori di simmetria R e S, anche [RS,H]=0.
Notiamo che
1Ogni operatore R di simmetria deve essere unitario (R†=R-1 ) perche'
conserva la normalizzazione.
=214=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
RS |ψν )= R ∑ |ψµ ) D µν (S) = ∑ ∑ |ψρ ) D ρµ(R) Dµν (S) =
µ
ρ µ
∑ |ψρ ) D ρν(RS)
ρ
(5)
con
Dρν(RS) = ∑ Dρµ(R) Dµν (S).
(6)
µ
Quindi le matrici si moltiplicano come gli operatori, nel medesimo
ordine. Esse sono una rappresentazione del Gruppo.
Il problema piu' importante della meccanica quantistica e'
quello di diagonalizzare l'Hamiltoniano H, cioe' la sua matrice di
elementi (Ψ µ |H| ψν ). Nei casi piu' semplici, gli operatori di
simmetria commutano tutti fra loro, e possiamo diagonalizzarli
simultaneamente ad H. In questo caso, sceglieremo la base in modo
che essi siano gia' diagonali. Allora, potremo limitarci a
diagonalizzare H in ciascun sottospazio dello spazio di Hilbert che si
ottiene etichettando gli stati con le costanti del moto. Potremo cosi'
trarre dalla simmetria il massimo della semplificazione senza alcun
bisogno della teoria dei Gruppi. I nomi dei Gruppi servono allora
solo come acronimi per indicare il tipo di simmetria, e non occorre
sapere altro.
Esempio:il Gruppo C2v (il Gruppo di H2O, CH 2O, etc.)
Supponiamo di voler calcolare gli stati elettronici della
molecola d'acqua. Ponendo l'asse molecolare parallelo all'asse z, e
gli H sul piano yz, abbiamo le seguenti operazioni di simmetria, ed i
seguenti effetti:
z
O
y
H
H
x
C2
rotazione di 180 0 attorno all'asse: xyz→-x-yz
σv (xz) riflessione sul piano xz: xyz→x-yz
σ' v (yz) riflessione sul piano yz xyz→−xyz.
=215=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Si vede subito che tutte le operazioni commutano, e che
tuttehanno come quadrato la trasformazione identica E. Ne
consegue che hanno autovalori ±1 e che gli autostati di H
potranno essere classificati come pari o dispari. Se la base
prescelta {ψν } non fosse gia' adatta alla simmetria [cioe' se le
funzioni di base non fossero gia' pari o dispari rispetto a C2 ed ai
σ] potremmo costruire una base adatta con le funzioni
1
1
1
[ψν ±C2ψν ],
[ψν ±σv ψν ],
[ψν ±σ' v ψν ].
2
2
2
Ma in generale, quando gli operatori di simmetria non
commutano tutti fra loro, non e' possibile diagonalizzarli
simultaneamente. E' in questi casi che, per sfruttare appieno la
simmetria, occorre la teoria dei Gruppi1.
Esempio: il Gruppo C3v ( il Gruppo di NH3)
N si trova "sopra" il centro di un triangolo equilatero con ai vertici i
tre H. L'asse di simmetria passa per il centro e per N. Gli elementi di
simmetria sono la rotazione C3 intorno all'asse di 2π/3 ed il suo
quadrato C32. Poi abbiamo tre piani "verticali', ciascuno contenente
il centro ed uno dei tre H. Siano a,b,c le etichette dei tre H e σa,σb e
σc le riflessioni in questi piani.
A questo punto si deve convenire un senso di rotazione: si
puo' prendere arbitrariamente, con l'Azoto sopra la pagina,
C3(abc)=(cab);
Per le riflessioni, si intende che σa(abc)=(acb); si conviene anche
che gli elementi di simmetria (in particolare, i piani) non si spostino
durante le operazioni di simmetria. Cosi' ad esempio
σaC3(abc)=σa(cab)=(cba). Si nota cosi' che σaC3 = σb. Inoltre, C3σa =
σc ≠ σaC3. E' solo con assi binari che gli operatori commutano tutti.
Denotando con I la trasformazione identica, la tabella di
moltiplicazione del Gruppo C3v e' data dalla seguente Tabella.
Ogni riga ed ogni colonna contengono tutti gli elementi del
Gruppo, sia pure in ordine diverso. Questo risultato deve valere per
un Gruppo arbitrario, di g elementi, ed e' noto come rearrangement
theorem. In effetti, ogni riga [colonna] ha g elementi, e questi sono
tutti distinti perche', ad esempio, C3X = C3Y ⇒X=Y.
I
I
C3
C32
σa
σb
σc
I
C3
C32
σa
σb
σc
1Studieremo in maggiore dettaglio il caso di H O nel seguito.
2
=216=
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C3
C32
σa
σb
σc
C3
C32
σa
σb
σc
C32
I
σb
σc
σa
I
C3
σc
σa
σb
σc
σb
Ι
C32
C3
σa
σc
C3
I
C32
σb
σa
C32
C3
I
I vari elementi del Gruppo non fanno altro, in definitiva, che
permutare fra loro i vertici del triangolo nei vari modi possibili.
Questo e' il teorema di Cayley che dice che ogni Gruppo finito di
ordine N e' isomorfo con un sottogruppo di SN, che e' il Gruppo
delle permutazioni di N oggetti.
Il metodo elementare che nel caso del Gruppo C2v era
adeguato ottiene scarso successo con il C3v. Potremmo
diagonalizzare simultaneamente con H solo C 3 (e C32, ma cio' non
aggiungerebbe nulla) oppure una delle σ. In tutti i casi, il metodo
elementare trascura la maggior parte dell'informazione sulla
simmetria, e l'uso dei metodi gruppali si impone.
Riprenderemo dopo il problema dell'Ammoniaca. Ora ci
occorre un altro esempio per illustrare il fatto che i metodi della
teoria dei Gruppi sono necessari per ottenere non tanto gli orbitali
molecolari ma le costanti del moto.
.9-3 Modello di Huckel del Benzene: metodo elementare
Nel metodo di Huckel, si cercano 6 orbitali molecolari
(denotati dall'indice i) come combinazione di 6 orbitali φ dove
pz
l'asse z e' ortogonale al piano della molecola. Dobbiamo risolvere
x c µi +
i=1,...6
(1)
∑ c νi =0,
ν=µ±1
dove x e' l'energia resa adimensionale, e l'equazione secolare e'
det
x1 1x 01 00 00 10 
0 1 x 1 0 0 
0 0 1 x 1 0  =0.
0 0 0 1 x 1 
1 0 0 0 1 x 
(2)
Benche' non sia difficile espandere, e' piu' opportuno rifarsi alla
simmetria D 6h della molecola. Ma, con un minimo di accortezza, la
teoria dei Gruppi non e' affatto necessaria.
=217=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
2
6
5
3
4
L'operazione di simmetria che coinvolge nel modo piu' semplice piu'
coefficienti c e' una rotazione di π; chiamiamola R.
1
4
2
6
3
5
R
5
3
6
2
4
1
Poiche' R2=1, le soluzioni sono pari o dispari ed e' evidente che ci
sono due casi:
a)
c 1=c 4 c 2=c 5 c 3 =c 6
xc 1+c 2+c 3=0
xc 2+c 1+c 3=0
xc 3+c 2+c 1=0
≡
xc 3+c 2+c 4=0
e poi la sequenza si ripete, oppure
b)
c 1=-c 4 c 2=-c 5 c 3 =-c 6
xc 1+c 2-c 3=0
xc 2+c 1+c 3=0
xc 3+c 2-c 1=0
≡
xc 3+c 2+c 4=0
e poi la sequenza si ripete.
Cosi' abbiamo due sistemi 3x3. Ma volendo, possiamo spezzare
ancora, con la simmetria σv di riflessione rispetto al piano
perpendicolare a quello della molecola che passa per 5 e 2.
=218=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
2
6
5
3
4
Si controlla agevolmente che [R,σ]=0; infatti applicando prima R e
poi σ si ha
(1 2 3 4 5 6) → (4 5 6 1 2 3) → (6 5 4 3 2 1)
mentre applicando prima σ e poi R si trova
(1 2 3 4 5 6) → (3 2 1 6 5 4) → (6 5 4 3 2 1)
che e' lo stesso. Ciascun caso si spezza allora nei sottocasi
1) c1=c 3 2) c 1=-c 3.
Si trovano facilmente gli stati, ed i livelli; questi corrispondono al
seguente schema, dove b2g ,e 2u,etc. sono simboli gruppali che
saranno spiegati nel seguito:
x=2
O
b2g
}
antileganti
x=1
O
O
e2u
x=-1
O
O
e1g
}
leganti
x=-2
O
a2u
lo stato fondamentale ha la configurazione (a2u) 2(e g ) 4, l'energia e'
E= 6α+8β e l'energia di stabilizzazione e' 2β.
Le ψ sono cosi' ottenute. Perche' dedicarsi ad uno studio piu'
approfondito della simmetria? C'e' una serie di ragioni.
1) Esistono molti problemi altamente simmetrici, ma ben piu'
complicati di questo, dove i metodi gruppali offrono
importantissimi vantaggi computazionali. La separazione fra
=219=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
semplificazioni computazionali e concettuali non e' cosi' netta come
puo' sembrare a prima vista.
2) E' molto importante risolvere e codificare a parte gli aspetti legati
alla simmetria, separandoli da quelli legati alla dinamica. Gli aspetti
legati alla simmetria sono sempre gli stessi e non e' il caso di
inventarli di nuovo in tutti i problemi simili.
3)La teoria dei gruppi offre uno schema teorico ed anche una
notazione che si ritrova poi in tutti i campi della fisica. Questo ha
importanti aspetti semantici e di unificazione culturale di contesti
disparati. In particolare, non si leggono molti lavori di fisica
molecolare se non si acquisisce l'essenziale di questo linguaggio.
4)Quando l'informazione dinamica e' incompleta, l'uso della
simmetria e' essenziale per impostare e parametrizzare i problemi.
Questo e' vero in molecole complicate come in Fisica delle particelle
elementari.
5)Anche in un problema semplice come quello degli orbitali di
Huckel del Benzene, e' rimasto in realta', a dispetto delle apparenze,
molto da desiderare. Noi abbiamo classificato le ψ con gli autovalori
±1 di R e di σ. Abbiamo ottenuta la corrispondenza seguente fra
autovalori e livelli:
R
σ
-
+
x
simbolo gruppale
2
-
1
+
-
-
-1
+
+
b2g
+
+
-2
e2u
e1g
a2u
+
Lo schema dei livelli non corrisponde alle etichette R e σ. Questi
sono buoni numeri quantici, ma lo schema dipende evidentemente
da altri numeri quantici che la precedente analisi non rivela. In
effetti, la teoria dei Gruppi non dice nulla sugli aspetti quantitativi
del problema, come le energie; ma mostra che tutti gli aspetti
=220=
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qualitativi dello schema dei livelli sono dettati dalla simmetria. Ogni
simbolo gruppale corrisponde ad un diverso insieme di buoni
numeri quantici. Ora, a seconda dell'uso che vogliamo fare delle
funzioni d'onda, puo' essere molto importante conoscere tutte le
costanti del moto che contraddistinguono gli stati. Per esempio,
potremmo voler dire qualcosa sugli elementi di matrice di un
operatore di cui si conoscano solo le proprieta' di simmetria.
Per fare una analogia, possiamo pensare al moto di una
particella in un campo centrale: allora uno constata che [Li ,H]=0, ma
[Li ,Lj ] = i εijk Lk . Quello che noi abbiamo fatto finora corrisponde alla
scelta di diagonalizzare insieme H e Lz. Per capire lo spettro
dell'atomo di Idrogeno e' allora molto utile scoprire che c'e' una
funzione degli Li , e cioe' L2, che commuta con L z e con H e fornisce
un altro buon numero quantico.
9-4 Caratteri di Dirac e rappresentazioni irriducibili
Dobbiamo quindi trovare funzioni degli operatori T del
Gruppo G che commutino (oltreche' con H, fatto questo scontato
perche' [T,H]=0) con tutti gli altri elementi S∈G. Potremmo
considerare potenze T k o prodotti TT' arbitrari, ma poiche' il
prodotto di due elementi di G e' ancora un elemento di G, la piu'
generale funzione e' una combinazione lineare.
g
Una buona idea e' prendere Ω = ∑ T , che intuitivamente
T∈G
deve essere un oggetto totalsimmetrico. In effetti, si e' gia' osservato
nel paragrafo precedente che tutti gli operatori del Gruppo si
trovano, in ordine diverso, su tutte le righe e su tutte le colonne
(rearrangement theorem). Questo ci dice che
∑TS= ∑T
.
(1)
T∈G
T∈G
Lo stesso discorso si puo' fare a proposito dei prodotti ST, e
porta alla conclusione che
S
∑T
T∈G
=
∑T
T∈G
;
(2)
∑ T commuta con ogni operatore del Gruppo. Poiche'
T∈G
[Ω,H]=0, Ω e' una costante del moto simultanea con qualsivoglia
T∈G, e ci da' un nuovo numero quantico.
quindi Ω =
=221=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Ma in effetti possiamo fare ancora di meglio, introducendo il
concetto di classe . Due operatori A e B sono coniugati, cioe'
appartengono alla stessa classe, se esiste un qualche X∈G tale che
A = X-1 BX.
(3)
Fisicamente questo significa, in termini intuitivi, che eseguire A
equivale a trasferirsi in un sistema di riferimento accessibile con
una operazione di simmetria X, eseguire B e poi "tornare indietro"
con X -1 . Cosi' ad esempio C3v ha 3 classi di operazioni, di cui una
contiene I, un'altra C3 e C32 e la terza le riflessioni. Con la tabella di
moltiplicazione del Gruppo si puo' agevolmente verificare che se B
e' una rotazione anche A lo e', e se B e' una riflessione anche A lo e'.
Cio' corrisponde alla nozione intuitiva che operazioni "di tipo
diverso" stanno in classi diverse per ogni Gruppo1.
Definiamo per ogni classe C, contenente n c elementi, il
carattere di Dirac
nC
Ωc = ∑ T .
(4)
T∈C
Ora, ∀X,∈G, X-1 Ωc X =
nC
∑
X -1 TX , ma X-1 TX appartiene alla classe C;
T∈C
la somma contiene nC termini; questi termini sono tutti distinti
perche' X -1 TX=X-1 T'X ⇒ T=T'; ne consegue che X -1 Ωc X = Ωc . In altri
termini, Ωc commuta con tutti gli X∈G e per ogni classe abbiamo una
costante del moto. Per il Gruppo C3v si hanno i seguenti caratteri:
ΩI = I
ΩR = C3 + C32
Ωσ = σa +σb +σc .
Questi operatori sono tutti diagonalizzabili simultaneamente, e ci
interessa innanzitutto di trovare gli autovalori, con i quali potremo
poi etichettare gli stati. Il metodo migliore e' quello di determinare
relazioni fra gli operatori; queste infatti devono essere obbedite
identicamente dai loro autovalori, e permettono di determinarli. Il
fatto che gli Ωc si possano diagonalizzare insieme tuttavia non
significa che gli autovalori associati ad ogni operatore sono
indipendenti gli uni dagli altri. Come vedremo subito, sono ammesse
solo certe combinazioni di ωc , ed a ogni combinazione corrisponde
un tipo di simmetria diverso. Per chiarire la situazione, utilizziamo
l'esempio del Gruppo C3v. ΩI ha autovalore ωI =1. Si ha poi,dalla
tabella di moltiplicazione,
ΩR 2= (C3+C32)(C 3+C32)= C32+C33+C33+C34=
1per i Gruppi commutativi ovviamente ogni elemento fa' classe a se'.
=222=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
=C32 +I+I+C3 = 2ΩI +ΩR .
Ωσ2 = (σa +σb +σc )(σa +σb +σc )=
=σa2+σaσb+σaσc +σbσa+σb2+σbσc +σc σa+σc σb+σc 2=
=I + C3 +C32 + C32 +I + C3 + C3 + C32 +I = 3ΩI + 3ΩR .
Ne consegue che gli autovalori sono dati da
ωR 2= 2 + ωR
ωσ2 = 3+3ωR .
La prima ha radici ωR = 2, ωR = -1. Per ωR =2, la seconda da' ωσ2=9
⇒ωσ=±3, mentre per ωR =-1 ωσ =0. Le combinazioni ammesse sono
le seguenti:
ωI =1
ωI =1
ωI =1
ωR =2
ωR =2
ωR =-1
ωσ =3
ωσ =-3
ωσ =0.
oppure
oppure
(5)
(6)
(7)
Ad ogni combinazione corrisponde un tipo diverso di
simmetria. Tutte le funzioni appartenenti a un dato tipo di
simmetria sono caratterizzate dagli stessi ωc . Tutti gli autostati di H
devono appartenere a una di loro Autostati di tipo diverso non
vengono mescolati dalle operazioni del Gruppo perche' ∀X∈G,
Ωc |Ψ>=ωc |Ψ>→Ωc X|Ψ>=ωc X|Ψ>. La scelta (5) corrisponde a caratteri
uguali al numero di elementi della classe, cioe' ωc =nc . Essa e' adatta
alle funzioni d'onda totalsimmetriche, che sono autostati di tutti gli
X∈G con autovalori 1. Su queste autofunzioni, si ottiene la
rappresentazione banale del Gruppo sostituendo ogni operatore con
la moltiplicazione per 1: con cio' , la tabella di moltiplicazione del
Gruppo e' banalmente soddisfatta. Tutti i Gruppi hanno la
rappresentazione banale, ed anche altre che, come la (6),
corrispondono a caratteri uguali, a parte il segno, al numero di
elementi della classe, cioe' ωc =±nc . In questi casi ogni operatore e'
rappresentato da ±1, e le combinazioni possibili dei segni sono
quelle che rispettano la la tabella di moltiplicazione del Gruppo. Il
tipo di simmetria corrisponde evidentemente alla scelta di
autofunzioni simmetriche o antisimmetriche rispetto agli X∈G. Ma
nei Gruppi non commutativi non e' in genere possibile
rappresentare gli operatori con numeri, ed un esempio e' fornito
dalla (7). Ricorreremo allora a matrici mxm, e la rappresentazione
di m piu' basso che soddisfa la tabella di moltiplicazione e
corrisponde ad una data scelta degli ωc si chiama rappresentazione
=223=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
irriducibile ( o irrep) del Gruppo1. La (7) si ottiene con m=2,
prendendo
 -1/2 - 3/2
 -1/2 3/2 
1 0 


 , σ = -1 0  ,
2


I= 0 1  , C3=
, C3 =

a 0 1 
 3/2 -1/2 
 - 3/2 -1/2 
 1/2 . 3/2 
 1 / 2 - 3/2


.
2
σb= σaC3=
, σc=σaC3 =

 3/2 -1/2 
 - 3/2 -1/2 
E' immediato controllare che la tabella di moltiplicazione del
Gruppo e' obbedita. Queste matrici eseguono rotazioni e riflessioni
nel piano, e la base di questa irrep consta di una coppia di funzioni
(Ψ x,Ψ y ), che si trasforma come la coppia (x,y). Quanto
all'Hamiltoniano, gia' sappiamo che deve essere diagonale in questa
base, e quindi deve aversi HΨ x=εxΨ x, HΨ y =εy Ψ y . E' facile vedere
εx=εy . Infatti, ogni S∈G trasforma Ψ x in una combinazione lineare
SΨ x=αΨ x+βΨ y , e poiche' [S,H]- =0, SΨ x deve corrispondere allo
stesso ε. Ne consegue che l'autovalore corrispondente ad una irrep
degenere (m>1) deve essere degenere.
Con una trasformazione unitaria, possiamo cambiare base e
matrici in modo da continuare a rispettare le tabelle di
moltiplicazione e mantenere gli stessi ωc . Prendendo combinazioni
lineari delle basi di due o piu' rappesentazioni irriducibili, si ottiene
una base di una nuova rappresentazione del Gruppo; viceversa, una
generica rappresentazione puo' essere 'ridotta' con una
trasformazione unitaria, separando la base in parti che non vengono
mescolate da alcuna operazione di simmetria. In tal modo, e'
possibile porre tutti i rappresentativi in una forma "a blocchi",
ciascuno dei quali appartiene ad una irrep. Ma in una irrep, la base
non puo' essere separata in parti che non vengono mescolate da
alcuna operazione di simmetria. Essa infatti e' per definizione la piu'
'piccola' rappresentazione che ha i numeri quantici ωc prescelti 2.
Come si e' visto, i rappresentativi di H e dei caratteri di Dirac
devono essere diagonali, ed avere elementi diagonali tutti uguali. La
proprieta' degli Ωc e di H di avere rappresentativi multipli
dell'unita' e' di solito dimostrata come una conseguenza del fatto
che essi devono commutare con tutti i Dµν (R). Vale infatti il
lemma di Schur: una matrice che commuta con tutte le
matrici di una IRREP deve essere un multiplo dell'unita'.In sostanza,
il lemma dice che nella IRREP, una matrice che commuta con tutte
rappresenta l'elemento identita', che e' l'unico che commuta con
1Nel caso di un Gruppo abeliano, cioe' commutativo, i rappresentativi si
riducono a semplici numeri e m=1. La discussione seguente e' necessaria se
m>1.
2Si intende che d'ora in poi considereremo identiche le rappresentazioni
che differiscono solo per una trasformazione unitaria, ed hanno quindi gli
stessi caratteri.
=224=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
tutti gli elementi del Gruppo. Noi siamo arrivati alla stessa
conclusione per altra via.
Data la grande importanza del lemma, noi ne daremo anche la
dimostrazione standard1 , che fa' vedere che si tratta di una semplice questione
di algebra.
Dimostrazione del lemma di Schur
Cominciamo dal caso di una matrice diagonale e poi generalizziamo.
Sia dunque D una matrice diagonale di elementi dµν =dµδµν ed imponiamo
che commuti con una generica matrice A di elementi aµν :
[A,D]µν = aµν(dµ-dν )=0 = aνµ(dµ-dν ), ∀µ,ν.
Se D e' costante, cioe' multipla dell'unita', la condizione e' soddisfatta senza
che cio' ponga limiti alla struttura di A.
Supponiamo che invece d1-dν ≠0, ν=2,...m. Allora deve essere a1ν =aν1=0,
ν=2,...m, e questo implica che A deve avere una struttura a blocchi, con
l'elemento 11 isolato dagli altri. Se vi fossero piu' differenze (dµ-dν ) non
nulle, a maggior ragione A dovrebbe essere a blocchi, o addirittura
diagonale. Per una sola A, cio' puo' accadere. Ma se A e' una delle g matrici
A (i) di una irrep, D non puo' commutare con tutte, senza essere costante,
perche' altrimenti tutte le matrici avrebbero la stessa struttura a blocchi, e
la rappresentazione sarebbe di fatto ridotta. Nel caso 2X2,

[ A,D ] = 
0
 a21 (d1 − d2 )
a12 (d2 − d1 )
 ; quindi se d1≠ d2 , A deve essere diagonale,
0

e cio' non puo' essere vero per tutte le A.
Nel caso 3X3,

0
[ A,D ] =  a21 (d1 − d2 )
 a31 (d1 − d3 )
Se d1≠d2 e d1≠ d3
 a11
A =  0
0
0
a22
a32
a12 ( d2 − d1 )
0
a32 ( d2 − d3 )
a13 ( d3 − d1 )
a23 ( d3 − d2 ) .

0

0
a23 
a33 
e se cio' vale per tutte la irrep e' blocchizzata.
Resta da vedere che ci possiamo sempre ridurre al caso diagonale. Se
facessimo l'ipotesi piu' debole che la matrice e' hermitiana, sapremmo che
esiste almeno una base che la rende diagonale; concluderemmo che la
matrice e' costante e che rimane tale per trasformazioni unitarie.
Possiamo fare a meno anche di supporre a priori l'hermiticita'. Se M
e' una matrice che commuta con tutte le A(i) , anche M† commuta; infatti,
prendendo il coniugato hermitiano di
A (i) M=MA(i) ,
si trova M† A (i) † =A(i) † M† ; moltiplicando a sinistra e a destra per A(i) ed
usando il fatto che queste ultime sono unitarie, si trova appunto che
A (i) M† =M† A (i) ; quindi devono commutare anche le matrici hermitiane
1 in sostanza quella che si trova sul libro di M. Tinkham, "Group Theory and
Quantum Mechanics", Mc.Graw-Hill (1964).
=225=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
H1=M+M† e H2=-i(M-M † ). Ma allora H1 e H2 saranno costanti, e lo sara' anche
M=(H1-iH 2)/2. Con cio', il lemma e' dimostrato.
Poiche' le matrici di H e degli Ωc sono multiple dell'unita', le
loro tracce sono
Tr(H) = ε m , Tr(ΩI ) = m, Tr(Ωc ) = m ωc .
(8)
Tutti i rappresentativi degli elementi di una classe C hanno la stessa
traccia. Infatti, la traccia di una matrice e' invariante per
trasformazioni unitarie, e gli operatori A,B∈C sono coniugati, cioe'
legati da trasformazioni unitarie del tipo A = X-1 BX. Il numero
∑
µ
D µµ (A) =
∑
µ
D µµ (B) = χ(C)
(9)
si chiama carattere, ed e' distinto dal carattere di Dirac.
Peraltro con esso e' strettamente legato. Infatti, indicando con nc il
numero di elementi in C
Ωc =
nc
∑T
⇒ Tr(Ωc ) = m ω c = nc χ(c) ⇒ χ(c) =
mω c
.
nc
(10)
T∈C
Ogni gruppo ha un piccolo numero di RAPPRESENTAZIONI
IRRIDUCIBILI1 (si puo' dimostrare che il loro numero e' uguale a
quello delle classi). Per ogni Gruppo e per ogni IRREP i caratteri χ(c)
sono tabulati.
Esercizio: scrivere la tabella dei caratteri per C 3v.
Ora, il problema di diagonalizzare H si spezza finalmente in
tanti sottoproblemi, in ciascuno dei quali gli autostati vanno
ricercati fra le funzioni di base di una data irrep. Potremo inoltre
diagonalizzare un set di elementi S∈G mutuamente compatibili2.
9-5 Simmetria e degenerazione
Supponiamo che H abbia un livello d volte degenere con
autovalore ε ed autostati ψ 1 ⋅⋅⋅ψ d. Le considerazioni precedenti sono
immediatamente utili se conosciamo una delle soluzioni, ad
esempio ψ 1, corrispondente a un ε ed a uno delle possibili scelte di
ωc . Tutte le g funzioni XΨ con X∈G hanno lo stesso ε e gli stessi ωc , e
possiamo combinarle per formare una base della irrep a cui
appartiene ψ 1. In generale, queste funzioni non sono tutte
linearmente indipendenti: con un procedimento di
ortogonalizzazione, si potra' costruire una base ψ 1 ⋅⋅⋅ψ m di autostati
1 Che ne esiste solo un piccolo numero lo vedremo prossimamente.
2Nei Gruppi piu' complessi il set comprende piu' operatori, e la sua scelta e'
in parte arbitraria. Ovviamente in tutti i casi almeno un elemento di G puo'
essere inserito fra le costanti del moto.
=226=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
appartenenti tutti all'autovalore ε. Di combinazioni indipendenti ne
troveremo esattamente m, perche' m e' la degenerazione della
irrep.
La degenerazione effettiva d del livello non puo' essere
inferiore a m. Se d>m, parte della degenerazione rimane inspiegata,
e si parla di degenerazione
accidentale. Come puo'
accadere che autostati differenti di H sono esattamente
degeneri? Che due energie risultino esattamente uguali senza che ci
sia un motivo di simmetria e' un evento di probabilita' zero:
bisogna che l'hamiltoniano dipenda da un parametro e questo sia
fissato ad hoc con infinita precisione. In questo senso, si puo' dire
che la degenerazione e' dettata unicamente dalla simmetria.
Quando si verifica una degenerazione accidentale, e' segno che
stiamo usando un sottogruppo del Gruppo ottimale: alcuni elementi
di simmetria non sono stati considerati, o non sono stati ancora
scoperti. Ad esempio, nello studio dell'atomo di H non relativistico,
si trova che gli autovalori sono indipendenti da L, mentre la
simmetria spaziale giustifica solo l'indipendenza da ML . La
degenerazione accidentale e' spiegata da una simmetria dinamica,
specifica del potenziale 1/r. Nel problema classico di Keplero, con
p2 κ
Hamiltoniana H=
- , il vettore di Runge-Lenz
2m r
p∧L
r
M=
-κ
(1)
m
r
e' diretto dal "sole" al perielio dell'orbita ed e' una costante del
moto. Quantisticamente, si ha la costante del moto
p∧L-L∧p
r
M=
-κ
(2)
2m
r
che giustifica la degenerazione extra 1.
Nel caso relativistico, l'operatore di Dirac-Coulomb
-Ze 2
H = c ⋅p + βmc 2 +
,
|r|
commuta con l'operatore di Biedenharn-Johnson-Lippman (BJL)
i
-Ze 2 Σ⋅r
2
B=
K
γ
(H-βmc
)
+
,
5
mc 2
c |r|
dove
0 1 
γ5 =  1 0  ,
K = β (Σ⋅L +1).
Questo e' il motivo per cui le energie sono indipendenti dal segno di
K.
Quindi affermiamo che sono degeneri solo gli autostati che si
mescolano fra loro per simmetria. Allora la simmetria deve
1La questione e' discussa in dettaglio da Leonard I. Schiff, Quantum
Mechanics, McGraw-Hill Book Company, New York Cap.7.
=227=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
mescolarli tutti, e non e' possibile ridurre il problema a
sottoproblemi piu' semplici. Il set di autofunzioni degeneri ψ ν ,
ν=1,⋅⋅⋅m appartenenti ad un autovalore ε e' caratterizzato da una
certa combinazione di ωc ed e' base di una irrep del Gruppo. Come
sappiamo, rappresentativi di H e dei caratteri di Dirac sono multipli
dell'identita' mXm. Gli autostati sono individuati solo a meno di una
trasformazione unitaria: abbiamo ancora in generale una certa
arbitrarieta' nella scelta dell'operatore (o degli operatori) del
Gruppo che possiamo simultaneamente diagonalizzare. Fatta la
scelta come piu' ci aggrada, la base ψ ν , ν=1,⋅⋅⋅m e' determinata, e
tutti gli operatori hanno una matrice univoca. I rappresentativi
Dµν (R) sono matrici quadrate, alcune delle quali possono essere
diagonali. Alcuni rappresentativi devono comunque avere elementi
fuori diagonale, perche' le funzioni di base devono tutte essere
mischiate da operazioni di simmetria. Se fosse possibile trovare una
trasformazione unitaria tale da porre tutti i rappresentativi in una
forma "a blocchi", separando la base in parti che non vengono
mescolate da alcuna operazione di simmetria, questo vorrebbe dire
che la nostra rappresentazione era in realta' riducibile.
Sappiamo ora costruire la base e le matrici dei rappresentativi,
ma per cominciare abbiamo bisogno di conoscere una delle Ψ. La
tecnica per ottenerla richiede la dimostrazione di alcuni teoremi.
9-6 Grande Teorema di ortogonalita(GOT)
Va sotto il nome di GOT il risultato centrale della teoria delle
rappresentazioni dei Gruppi. Si tratta di un teorema di ortogonalita'
fra i rappresentativi delle operazioni di simmetria nelle varie
rappresentazioni irriducibili, ed e' estremamente potente, perche' i
rappresentativi risultano essere ortogonali in tutti i loro indici.
Facciamo qualche osservazione preliminare.
Osservazione 1. Supponiamo di avere diagonalizzato H, e di aver
trovato un livello m volte degenere, con autostati φµ. Allora {φµ} e'
una base di una irrep, diciamo la i-esima. Quindi scriveremo mi , φµi ,
ed i rappresentativi saranno denotati da Di µν (R). Siano allora ψνj le
funzioni di base di una irrep (la stessa o un'altra); per esempio,
supponiamo di aver perturbato H con una perturbazione della sua
stessa simmetria, di aver diagonalizzato di nuovo, e di avere scelto
un autovalore, a cui corrisponderanno mj , ψν j e D j µν (R). Dato un
operatore invariante (cioe' totalsimmetrico) I, deve aversi <φµi | I |
ψν j > = 0 se i≠j, perche' allora I | ψν j > e |φµi > hanno buoni numeri
quantici diversi. Se i=j, poiche' [I,R]=[I,Ωc ]=0 ∀R,Ωc , la matrice <φµi |
I | φν i > deve commutare con tutti i Di µν (R) , e per il lemma di Schur
deve essere
<φµi | I | φν i > = I(i) δµν . In definitiva,
=228=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
<φµi | I | ψν j > = I(i) δij δµν .
(1)
Gli elementi diagonali possono dipendere da i , ma non da µ.
Consideriamo ad esempio le coordinate (x,y,z) , ovvero le corrispondenti
3 componenti di un orbitale p scritto in forma cartesiana. La tabella dei
caratteri del Gruppo cubico Oh mostra che (x,y,z) si trasformano come una base
della irrep T1u. Applichiamo il risultato appena dimostrato al problema di due
set di autostati imperturbati che hanno la simmetria degli orbitali p,
φ 1(r ) = xf(r) φ 2(r ) = yf(r) φ 3(r ) = zf(r)
ψ1(r ) = xg(r) ψ2(r ) = yg(r) ψ3(r ) = zg(r) ,
soggetti ad una perturbazione sfericosimmetrica V(r). Il fattore δij comporta
che V non ha elementi di matrice fra questi stati e stati s,d,f, etc. Il fattore δµν
implica che ∫ dr xf(r)V(r)yg(r) =0, e simili. L'indipendenza dagli indici µ e ν
vuol dire che i 3 elementi di matrice non nulli sono uguali.
Osservazione 2.Consideriamo ora un operatore X qualsiasi. Possiamo
prenderlo dissimmetrico, strano e irregolare quanto ci pare: con
esso, possiamo costruire comunque un operatore invariante, cioe'
I=
∑
R
R -1 X R.
(2)
L'invarianza di I e' di immediata verifica: ∀Τ∈G,
IT = ∑ R -1 X R T = TT-1 ∑ R -1 X R T =
R
R
=T
∑
( T -1 R-1 )X R T = T
∑ (RT) -1X R T = TI.
(3)
R
R
Osservazione 3. Riprendiamo la IRREP bidimensionale (m=2) di C3v.
 -1/2 - 3/2


1 0 
 ; C 2= -1/2 3/2  ; σ = -1 0  ,
I= 0 1  , C3=
3 
a 0 1 
 3/2 -1/2 
 - 3/2 -1/2 
 1/2 . 3/2 


 , σ = 1 / 2 - 3/2 .
σb=
 3/2 -1/2  c=  - 3/2 -1/2 
L'operazione C32 e' l'inversa di C3 e la sua matrice e' la trasposta. E'
generale. Infatti, R-1 =R† e
Dj µ'ν'(R)*= <ψµ'j|R|ψν'j>*= <ψν'j|R† |ψµ'j>=<ψν'j|R-1 |ψµ'j>=Dj ν'µ'(R-1 );
cioe', prendere il complesso coniugato e' come prendere
l'operatore inverso e scambiare gli indici.
Osservazione 4. (esempio di GOT) Formiamo vettori a g=6
componenti con gli elementi nel modo seguente:
=229=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
el. 11 (1,-1/2,-1/2,-1,1/2,1/2);
el. 12 (0,- 3/2, 3/2,0, 3/2,- 3/2,);
el. 21 (0, 3/2,- 3/2,0, 3/2,- 3/2,);
el. 22 (1,-1/2,-1/2,1,-1/2,-1/2);
notiamo che sono tutti normalizzati a 3=g/m e ortogonali fra loro;
inoltre sono ortogonali ai vettori analoghi ottenibili da A1 e A2
A1 (1,1,1,1,1,1); A2 (1,1,1,-1,-1,-1).
Veniamo ora al GOT:
∑
R
D i µν (R) * Dj µ'ν'(R) =
g
δ δ δ
.
mi ij µµ' νν'
(4)
Per dimostrarlo, facciamo intervenire i D nella (1), ricordando che
Rψν j =
∑
µ
ψµj Dj µν (R)
e prendiamo I nella forma (2), con X qualsiasi. Un calcolo diretto
da'
<φν i | I | ψν'j > =
∑
< φν i | R† X R | ψν'j >,
R
dove si e' tenuto conto che R-1 = R† . Poiche'
R|ψν'j > =
∑
ρ
| ψρj > Dj ρν'(R)⇒<φν i | R† =
∑
σ
< φσi | Di σν (R) *
si ha
<φν i | I | ψν'j > =
Dobbiamo eliminare
< φσi | X
∑ ∑
ρσ
R
∑
ρσ
| ψρj >Dj ρν'(R)Di σν (R) * .
e l'elemento di matrice. Ma X e' qualsiasi,
e non occorre nemmeno che sia Hermitiano. Possiamo anche
scegliere arbitrariamente µ e µ' e prendere l'operatore di proiezione
generalizzato
X ≡Xµµ ' = | φµi ><ψµ' j |
(5)
con la conseguenza che <φσi | X | ψρ j > = δµσδµ'ρ. Cosi' possiamo
concludere che
=230=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
∑
D j µ'ν'(R)Di µν (R) * =Q µµ '(i) δij δνν' ,
(6)
R
con Q indipendente da ν e ν'. Cosi', per ora, abbiamo dimostrata
l'ortogonalita' sui secondi indici. Pero', essa implica anche quella su
µ e µ'. Infatti, R-1 =R† e prendere il complesso coniugato e' come
prendere l'operatore inverso e scambiare gli indici:
ma
[
∑
∑
=
R
D j µ'ν'(R)Di µν (R) * ]* =
∑
R-1
∑
R
D j ν'µ'(R-1 )D i νµ (R-1 ) * ,
, ed adesso i secondi indici sono µ e µ'.
R
Riassumendo quanto sopra, possiamo scrivere che
∑
D i µν (R) * Dj µ'ν'(R) = Q i δij δµµ'δνν' ,
R
con Q i da determinare. Per calcolare Qi , scegliamo i=j, µ=µ' e ν=ν'
∑ D i µν(R) * Di µν(R) = Qi ,
R
ed osserviamo di nuovo che D i µν (R) * = Di νµ (R-1 ) . Sommando su µ,
mi
∑ 1 = mi Q i
R
µ=1
dove mi e' la degenerazione della r.i. Quindi,
∑ ∑
µ
∑
D i νµ (R-1 ) D i µν (R) = Q i
D i νν'(R-1 R) = mi Q i δνν'
R
e poiche' Di νν'(E) = δνν', g=mi Q i , dove g e' l'ordine del Gruppo.
Abbiamo cosi' dimostrato il GOT.
Il teorema e' una relazione di ortogonalita' fra vettori a g
componenti. Per ogni irrep ci sono mi 2 tali vettori, uno per ogni
componente di D i µν (R). Perche' possano essere tutti ortogonali,
occorre che sia
∑
m i 2 ≤ g.
∑
m i 2 = g.
i
Questa e' una restrizione molto importante sul numero e sulle
dimensioni delle rappresentazioni irriducibili. Vedremo piu' avanti
che vale sempre il segno =, cioe' (Teorema di Burnside)
i
=231=
(7)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Un altro teorema, che non dimostreremo1, perche' per noi non e' essenziale,
assicura che il numero delle rappresentazioni irriducibili e' uguale al numero
delle classi.
9-7 Piccolo Teorema di ortogonalita (LOT)
Il GOT e' cosi' potente che spesso bastano anche certi suoi casi
particolari. Scriviamo il Grande Teorema per µ=ν e µ'=ν ',
∑
R
D i µµ (R) * Dj µ'µ'(R) =
g
δ δ
mi ij µµ' ,
sommiamo su µ, ricordando che
∑
R
χ i (R) * Dj µ'µ'(R) =
∑
µ
(1)
D i µµ (R) = χ i (R),
g
δ
mi ij ,
(2)
ed infine sommiamo anche su µ'. Il risultato e' il Piccolo Teorema
∑
R
χ i (R) * χ j (R) = g δij ,
(3)
detto anche Teorema di ortogonalita' dei caratteri. In particolare,
per una irrep deve aversi
∑
R
| χ i (R) |2 = g ,
(4)
e questo e' un modo di verificare se una rappresentazione data e'
appunto irriducibile.
Se ad esempio ne mescoliamo due (diverse o identiche) con coefficienti [interi]
a e b,
χ(R)=a χ (i) (R)+bχ (j)(R)
viene
∑ |χ(R) |2 =g[a2+b2+2abδij ]
R
e ce ne accorgiamo.
Supponiamo di avere una rappresentazione riducibile: per trovare il
numero di volte ni che essa contiene la irrep i-esima, calcoliamo i
1Cfr ad esempio il libro di M. Tinkham.
=232=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
caratteri χ(R). Sappiamo che χ(R) =
χ i (R) *
∑
j
n j χ j (R). Moltiplicando per
e sommando su R si trova
∑
R
χ i (R) * χ(R) =
⇒ ni =
1
g
∑
R
∑
n j∑
j
R
χ i (R) * χ j (R) =
∑
χ i (R) * χ(R) .
j
n j g δij =g ni .
(5)
Poiche' il carattere e' funzione della classe, la somma puo' essere fatta
direttamente sulle classi, scrivendo
ni =
1
g
∑ g(c) χ i (C)*χ(C)
,
C
dove g(c) e' il numero di operatori della classe C.
9-8-Operatori di proiezione
Un operatore di proiezione Pi µν =|ψi µ ><ψi ν| ha la proprieta' che
agendo sulla componente λ dellairrep j-esima, cioe' su ψj λ , da' 0 se
la irrep o la componente sono diverse da i e ν; se invece ambedue
sono "giuste", il risultato e' la componente µ-esima ψi µ. In altri
termini,
Pi µν ψj λ = δij δνλ ψi µ .
(1)
E' facile verificare che
Pi µν =
mi
g
∑
R
D i µν (R) * R ,
(2)
dove mi e' la degenerazione della irrep. Infatti,
R ψj λ =
Pi µν ψj λ =
∑
ρ
ψj ρ Dj ρλ(R) ,
mi
g
∑
R
D i µν (R) *
(3)
∑
ρ
D j ρλ(R)ψj ρ ,
=233=
(4)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
ed usando il GOT si ottiene immediatamente il risultato. Cosi' Pi µν
a) genera tutte le ψi λ di una irrep i se ne e' nota una;
b) se ψ appartiene ad una rappresentazione riducibile- cosa che
accade in generale se il problema di diagonalizzare H non e' ancora
risolto- si avra'
ψ=
∑
jν
e quindi
α jν ψj ν
Pi µµ ψ = α iµ ψi µ.
(5)
Cosi', purche' ψ abbia una componente α non nulla, otteniamo una
base per la irrep i-esima. Il problema di trasformare una base con
elementi ψ qualsiasi in una adattata alla simmetria si riduce a quello,
puramente geometrico, di determinare l'effetto di ogni R sugli
elementi della base; i D sono una proprieta' del Gruppo astratto.
Tutto cio' e' facile, ma spesso un po' macchinoso,
specialmente il passo di ricavare i D. Questo pero' puo' essere
evitato. Infatti, sommando su µ, si trova
∑
µ
P i µµ ψ =
∑
µ
α iµ ψi µ .
(6)
A secondo membro si ha una combinazione lineare di ψ tutte
della irrep i-esima. A primo membro compare
Pi =
∑
µ
P i µµ =
mi
g
∑
χ i (R) * R.
R
Basta quindi conoscere i caratteri dati dalle tavole per ottenere P i ψ =
funzione della irrep i. Ripetendo l'operazione con abbastanza ψ
diverse ed ortonormalizzando, si ha una base della irrep. D'altra
parte, questa e' la naturale estensione del procedimento elementare
per ottenere, ad esempio, funzioni pari e dispari come combinazioni
di funzioni qualsiasi.
9-9-Rappresentazione regolare
Dato un Gruppo di ordine g, di elementi R1,....Rg , associamo ad
1
0
0
1
ogni elemento un vettore colonna: R 1→.. , R2→.. , etc. La
.. 
.. 
tabella di moltiplicazione mostra che moltiplicando a sinistra per
=234=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Ri si ottiene una permutazione degli elementi del Gruppo. Si puo'
rappresentare Ri con una matrice gxg che opera questa
permutazione. Riprendiamo la tabella del Gruppo C3v. Ordinati gli
operatori nel modo ovvio, si ha ad esempio che l'effetto di C3 e'
1→2 2→3 3→1 4→6 5→ 4 6→5
e si puo' rappresentare con una matrice che ha un 1 in ogni riga
e colonna, e il resto e' 0:
 0 0 1 0 0 0
 1 0 0 0 0 0
 0 1 0 0 0 0
D(C 3)= 
'
0 0 0 0 1 0


 0 0 0 0 0 1
 0 0 0 1 0 0
D(I) =Diag(1,1,1,1,1,1). Nessun altro elemento puo' avere 1 sulla
diagonale, perche' RX=X⇒R=I. Quindi per questa
rappresentazione "regolare" che c'e' per ogni Gruppo, χ(I)=g,
mentre per tutte le altre classi χ=0. Quante volte e' contenuta la
irrep i-esima in quella regolare?
1
1 i *
ni = ∑ χ i (R) * χ(R) =
χ (I) χ(I) = χ i (I)* =mi
g
g
R
cioe' un numero di volte uguale alla degenerazione. Riducendo la
rappresentazione "regolare" avremo sulla diagonale mi volte un
blocchetto di dimensione m i . Ma la diagonale e' lunga g, quindi
∑
m i 2 =g
i
Questo e' il Teorema di Burnside.
Capitolo 10-Applicazioni della
teoria della simmetria agli stati
elettronici ed alle vibrazioni
Vedremo che i risultati del Capitolo 9 sono di grande utilita' in Fisica
Molecolare.
10-1 Orbitali di H2O,NH3,CH4 e Benzene
=235=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Illustriamo la teoria del Capitolo 9 con alcuni esempi.
Determineremo gli orbitali molecolari secondo lo schema LCAO,
trascurando gli integrali di sovrapposizione.
Orbitali molecolari di H 2O
Poniamo la molecola sul piano xz, con l'asse z come asse di
simmetria. Essa appartiene al Gruppo C2v. Tenuto conto che
C2 : x y z → -x -y z
σv : x y z → x -y z
σ' v : x y z → -x y z,
gli orbitali atomici si trasformano come segue1:
orbitali E
C2
σv (xz)
σ' v (yz)
____________________________________
2s
2s
2s
2s
2s
2px
2px -2px
2px
-2px
2py
2py -2py -2py
2py
2pz
2pz 2pz
2pz
2pz
s1
s1
s2
s1
s2
s2
s2
s1
s2
s1
___________________________________
χ(Γ)
6
0
4
2
Nell'ultima riga sono riportati i caratteri della rappresentazione Γ di
dimensione 6 che ha per base l'insieme degli orbitali di valenza. I
caratteri sono determinati come segue. Supponiamo ad esempio di
avere due funzioni f1 ed f2 e che una operazione R del Gruppo le
trasformi in due nuove funzioni f'1 e f' 2 tali che f' 1= af1+bf2 , f' 2=
cf 1+df2. Scrivendo questo in forma matriciale,
 a b   f1  f' 1

   
 c d   f2 =  f' 2 ,
a b 
si ha che il rappresentativo di R su questa base e'  c d  , ed il
carattere e' a+d. Chiaramente, a e' l'ammontare di f1 che resta in f' 1
dopo la trasformazione, mentre d e' l'ammontare di f2 che resta in
f' 2. In casi semplici come questo, ogni funzione o resta immutata, o
cambia segno, o viene cambiata in un'altra funzione ortogonale (o
assunta tale). Una funzione immutata contribuisce +1 al carattere,
una che cambia segno contribuisce -1, ed una che si trasforma in
altra ortogonale contribuisce 0. Cosi' si ottengono i caratteri della
1Notare che le colonne della tabella corrispondono a diverse operazioni, ma
anche a diverse classi: in un Gruppo abeliano, ogni elemento fa' classe a se'.
=236=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
rappresentazione Γ. Per decomporla in r. i, usiamo la tabella dei
caratteri del Gruppo.
C2v
E
C2 σv (xz)
σ' v (yz)
_________________________________________
A1
1
1
1
1
z
A2
1
1
-1
-1
B1
1
-1
1
-1
x
B2
1
-1
-1
1
y
__________________________________________
E' evidente che 2s e' totalsimmetrico e si trasforma come A1 ; ad A1
appartiene anche z, ed e' consuetudine che le tabelle dei caratteri
riportino le componenti di x, o le loro combinazioni semplici, che
si trasformano secondo una data R.I. Ovviamente, 2p z si trasforma
come z, 2px appartiene a B1 e 2py a B2. Invece, s 1 ed s2 si
trasformano fra loro. Per esercizio, effettuiamo la decomposizione
della rappresentazione Γ di dimensione 6, usando la formula
ni =
1
g
∑
R
χ i (R) * χ(R) .
Si trova
1
(6+0+4+2) =3,
4
1
e analogamente nA = 0, nB =2, nB =1. Quindi, la
1
2
2
rappresentazione degli orbitali di valenza e' Γ = 3A1+2B1+B2. Gia'
abbiamo trovato due funzioni A1, una B1 ed una B2; bisogna
combinare s 1 ed s2 per specificare un'altra funzione A 1 ed un'altra
B1. Benche' questo sia banale, usiamo per esercizio gli operatori di
proiezione. Partendo ad esempio da s1, formiamo
nA =
mi
Pi s1=
g
∑
R
χ i (R) * R s1.
Per A1, tutti i χ sono =1 e
∑
χ i (R) * R s1 = s1 +s2 +s1 +s2.
R
s 1 +s2
Normalizzando otteniamo
. Per B1, i caratteri sono 1,-1,1,-1
2
s 1 - s2
e si ha
. Quindi, gli orbitali di simmetria di H2O sono
2
A1
2s,2pz,
s 1 +s2
2
=237=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
A2
B1
2px,
B2
2py
_____
s 1 - s2
2
Poiche' gli elementi di matrice di H (e gli overlaps) fra stati che
appartengono a R.I. diverse sono nulli, il determinante 6x6 del
metodo LCAO risulta fattorizzato in uno di ordine 3 (A 1), uno di
ordine 2 (B 1) ed uno di ordine 1(B 2), cioe'
A1
B1
B2
2s
2pz
s1+s2
2px s1-s 2
2py
___________________________________________
E2s-E
0
β1
0
0
0
0
E2p-E
β2
0
0
0
β1
β2
EH-E
0
0
0
___________________________________________ =0,
0
0
0
E2p-E β 3
0
0
0
0
β 3 EH-E
0
___________________________________________
0
0
0
0
0
E2p-E
dove i β rappresentano gli elementi di matrice di interazione fra
atomi diversi che possono essere non nulli. Fra 2s e 2pz prendiamo 0
come ragionevole approssimazione, dal momento che appartengono
al medesimo atomo.
Si perviene cosi' ad uno schema dei livelli in cui e' possibile
indicare il carattere approssimativo degli orbitali molecolari
corrispondenti. I due livelli piu' alti risultano vuoti (σ antileganti)
mentre tutti gli altri sono doppiamente occupati. I livelli 2a1 e 1b1
sono i σ leganti cui si deve il maggior contributo all'energia di
legame. Invece, b2 e' "non legante" ed i suoi due elettroni vengono
chiamati "lone pair". Anche 1a1 ha prevalente carattere O 2s e puo'
essere considerato quasi un "lone pair".
=238=
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2b1
3a1
b2
O 2p
O 2s
b2
a1
a1
2a1
b1
1b1
2H
b1
1a1
a1
L'ordine dei livelli sulla scala delle energie dipende dai
parametri, e non e' con modelli cosi' semplici che si puo' sperare di
determinarlo; tuttavia, la classificazione degli stati ed il
riconoscimento del loro carattere qualitativo sono risultati
importanti che abbiamo ottenuto senza sforzo.
Calcoli autoconsistenti permettono di ottenere le energie degli
orbitali in funzione dell'angolo HOH. Un grafico di tali dipendenze
si chiama diagramma di Walsh. Per H2O esso mostra che b2 e' quasi
indipendente dall'angolo, e 1a1 ha anch'esso una dipendenza molto
debole; tutto cio' e' comprensibile da quanto sopra. Invece, 2a1 ha
carattere 2p z e diventerebbe non legante in una geometria lineare:
difatti, la sua energia cresce aumentando l'angolo da 90 a 1800,
quindi si puo' dire che esso favorisce il piegamento. Al contrario,
1b1 deriva dal 2px e favorisce l'angolo di 180 0 che massimizza la sua
sovrapposizione con gli orbitali di H. Vedremo che queste
considerazioni sono utili, ad esempio, per interpretare lo spettro di
fotoemissione della molecola.
Orbitali molecolari di NH3
La distanza N - H e' 1,015 Å , e l'angolo HNH e' di 106,60 . I tre
H si trovano ai vertici di un triangolo equilatero, che possiamo
porre sul piano xy; facciamo passare l'asse z per N, e l'asse x per
l'Idrogeno numero 1. L'operatore di riflessione rispetto al piano
verticale che contiene l'Idrogeno k-esimo sara' σv (k). Il Gruppo e'
C3v, ed ha la seguente tabella di caratteri:
C3v
E
2C3
3σv
A1
A2
1
1
1
1
1
-1
=239=
z
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E
2
-1
0
(x,y)
Il set di valenza comprende i 7 orbitali:
2s 2px , 2py , 2pz dell'Azoto, s1, s 2, s 3 per gli Idrogeni.
Mentre 2s e 2p z sono totalsimmetrici ed appartengono ad A 1, gli
orbitali 2px e 2py si trasformano come (x,y) e costituiscono una
base per E, come indica la tabella. E' facile verificarlo come segue.
L'effetto di una rotazione di un angolo α attorno all'asse z e'
 x  cosα - s i n α   x
Rα  y =  sinα c o s α   y ,


 -1/2 - 3/2 
2π
.
e per α =
, Rα = 
3
 3 / 2 - 1 / 2 
Su questa stessa base, troviamo la matrice di σv (1). L'operazione
1 0 
manda x →x , y→ -y, e la matrice e'  0 - 1  . Poiche' i caratteri
sono funzioni di classe, questo basta per dire che la
rappresentazione che ha per base x e y ha caratteri di E.
Gli sk si trasformano come segue:
E
C3
C32
σv (1)
σv (2)
σv (3)
s1
s2
s3
s1
s2
s3
s2
s3
s1
s3
s1
s2
s1
s3
s2
s3
s2
s1
s2
s1
s3
χ123
3
0
0
1
1
1
I caratteri χ sono quelli della rappresentazione che li ha come base,
1
e che si decompone in A 1 + E usando ni = ∑ χ i (R) * χ(R) .
g
R
s1+s2+s3
La combinazione lineare di tipo A1 e' ovvia : Ψ 1 =
. Per
3
trovare la base di E useremo gli operatori di proiezione. Se
partiamo da s1 ed applichiamo ∑ χ E(R) * R troviamo 2*s1 + (R
1)*(s2+s3 ) + 0 ;
2s1 - s 2 - s 3
normalizzando, abbiamo Ψ 2=
. Se partiamo da s 2
6
2s2 - s 3 - s 1
troviamo ovviamente Ψ' 3=
, che pero' non e'
6
ortogonale a Ψ 2. Poiche' <Ψ 2|Ψ' 3> =-1/2, troviamo
s2-s 3
Ψ 3 =N{Ψ' 3 - <Ψ 2|Ψ' 3>Ψ 2 } =
.
2
=240=
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Abbiamo cosi' gli orbitali di simmetria:
C3v
E
2C3
3σv
A1
A2
E
1
1
2
1
1
-1
1
-1
0
2s, 2pz, Ψ 1
____
(2p x,2py ), (Ψ 2,Ψ 3)
ed il determinante 7x7 del metodo LCAO e' spezzato in uno 3X3 ed
uno 4X4. Ma si puo' fare di meglio ricordando che possono
interagire fra loro (vale a dire, avere elementi di matrice di H non
nulli) solo stati che abbiano tutti i buoni numeri quantici uguali.
Consideriamo per esempio σv (1), che scambia le etichette 2 e 3: Ψ 3
e' dispari come p y , mentre Ψ 2 e' pari come p x.
In generale, si
hanno blocchi distinti per le diverse componenti di una R.I. Inoltre,
gli elementi di matrice di H e di ogni altro operatore
totalsimmetrico non dipendono dalla componente. In definitiva,
A1
E
E
2s
2pz
Ψ1
2px
Ψ2
2py Ψ 3
___________________________________________
Es-E
0
β1
0
0
0
0
0
Ep-E
β2
0
0
0
0
β1
β2
EH-E
0
0
0
0
___________________________________________ =0,
0
0
0
Ep-E β 3
0
0
0
0
0
β 3 EH-E
0
0
___________________________________________
0
0
0
0
0
Ep-E β 3
0
0
0
0
0
β 3 EH-E
Il diagramma di correlazione che mostra i livelli molecolari e la loro
composizione in orbitali atomici (il "carattere", come si dice) e':
=241=
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3a1
N
H
2e
2p
a1
e
2s
a1
2a1
Ψ1+Ψ2+Ψ3
e
1e
1a1
a1
I cerchietti rappresentano coppie di stati e quelli pieni sono
occupati. Il 2a 1 e' quasi non legante. Risulta infatti da calcoli
autoconsistenti che ha un carattere 2p z pari a 0.94.
Simmetrie ed orbitali molecolari del CH4
La molecola e' tetraedrica ed appartiene al Gruppo Td, che ha
g=24 e le operazioni di simmetria E, 8C3, 3C2, 6σd,6S 4. Le operazioni
sono le seguenti.
Se mettiamo il C nell'origine ed uno degli H lungo l'asse z,
allora questo asse e' sede delle due operazioni C 3 e C32 che ruotano
fra loro gli altri H. Ci sono 4 di tali assi, e in tutto 8 operazioni di
questa classe.
Se invece orientiamo l'asse z in modo che unisca i punti di
mezzo di spigoli opposti del tetraedro, esso e' sede di una
operazione C2. Ci sono 3 di tali assi, e quindi 3C2.
z
1
2
y
4
3
Sempre in questa posizione, l'asse z e' anche sede di S4 (una
rotazione di 90 0 seguita da una riflessione nel piano xy). Poiche' ci
sono 2 operazioni di questa classe per ogni asse (2 sensi di
rotazione), esse sono 6 in tutto.
I piani che contengono due legami C-H (e quindi uno spigolo
del tetraedro) sono sede di σd, e ce ne sono 6.
=242=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Come base, prendiamo quella di valenza, che include 2s, 2px,
2py e 2pz del C ed i quattro 1s di H. Il 2s appartiene banalmente ad
A1, e la tabella del Gruppo mostra che gli orbitali 2p appartengono a
T2.
Td
E
A1
A2
1
1
E
2
8C3
1
1
-1
3C2
6σd
6S4
1
1
1
-1
1
-1
2
0
0
x 2-y 2

2z2-(x 2+y2)
T1
3
0
-1
-1
1
T2
3
0
-1
1
-1
Γ(H 4) 4
1
0
2
x2+y2+z2
Rx ,R y,R z
{xxyyxzz yz
0
I caratteri per i 4 H, che formano la rappresentazione Γ(H 4) ,
si trovano contando per ogni operazione quanti H restano fermi.
Cosi'
E
tutti fermi
χ=4
C3
1 fermo,3 mossi
1.
C2
tutti mossi
0
S4
tutti mossi
0
σd
2 fermi,2 mossi
2
Tenendo conto che g=24, si trova Γ(H 4) = A 1+T2.
La combinazione che si trasforma secondo A1 e' banalmente
s1+s2+s3+s4
Ψ 1=
.
2
dobbiamo ora trovare 3 combinazioni ortogonali a questa che si
trasformino come le coordinate. Potremmo farlo con gli operatori
di proiezione, ma c'e' un modo piu' spiccio.
Dobbiamo considerare l'azione dei singoli operatori. Notiamo che z
e' invariante per la riflessione che scambia 1 con 2, ed anche per
quella che scambia 4 con 3, ma cambia segno per una rotazione di
1800 attorno all'asse y (1 →
← 3e2→
← 4); tanto basta per dire che la
componente z e'
s1+s2-s 3-s 4
Ψz =
.
2
Analogamente,
s1-s 2+s3-s 4
s1-s 2-s 3+s4
Ψy =
, Ψx =
.
2
2
=243=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Poiche' si mescolano solo orbitali della stessa simmetria, il
determinante 8X8 del CH4 si fattorizza in 4 determinanti 2X2, dei
quali per giunta 3 risultano identici perche gli elementi di matrice
sono indipendenti dalle componenti:
 E - E β
1
 s
β 1 E H-E

= 0, con base (2s, Ψ 1);

(2p z, Ψ z)


= 0, con basi (2p x, Ψ x) .

(2p , Ψ )
y
y
Poiche' ogni determinante da' una coppia di stati, si hanno 4 stati
leganti (un livello a1 ed uno 3 volte degenere t2 ) e le loro
controparti antileganti. La teoria dei Gruppi non puo' specificare
l'ordine, ma nello spettro di fotoemissione c'e' un picco con energia
di legame EB ≈15eV, largo alcuni eV, che e' stato indentificato con
1t2, ed un altro a EB ≈22eV che corrisponde ad 1a 1.
E - E β
2
 p
β 2 E H-E
Benzene
E' ovvio che questo metodo consente di ritrovare i noti
risultati per i livelli del Benzene nel modello di Huckel, ma questo e'
lasciato per esercizio.
La tabella dei caratteri e' la seguente:
D6h E 2C6 2C3 C2 3C'2 3C"2 i 2S3 2S6 σh 3σd 3σv
A1g 1
1
1
1
1
1
1 1
1
1
1
1
A2g 1
1
1
1 -1 -1
1 1
1
1 -1 -1
Rz
B1g 1 -1
1 -1
1
-1
1 -1
1 -1
1 -1
B2g 1 -1
1 -1 -1
1
1 -1
1 -1 -1 1
E1g 2
1
-1 -2
0
0
2
1
-1 -2
0
0
(Rx, R y)
(xz,yz)
E2g 2
y 2,xy)
A1u
A2u
B1u
B2u
E1u
E2u
-1
-1
1
1
1
1
1
1
-1
-1
1
1
1
1
2
2
1
-1
-1
-1
2
0
0
1
1
-1
-1
1
-1
1
-1
1
-1
-1
1
-2
2
0
0
0
0
2
-1
-1
2
-1 -1 -1 -1
-1 -1 -1 -1
-1 1 -1
1
-1 1 -1
1
-2 -1
1
2
-2 1
1 -2
0
0
-1 -1
1 1
-1 1
1 -1
0
0
0
0
Gli assi di C' sono diagonali dell'esagono e quelli di C" sono
ortogonali a lati opposti; i piani di σd e σv sono verticali e
contengono questi assi.
=244=
(x 2-
z
(x,y)
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Il Gruppo Oh
Consideriamo un cubo con un sistema di assi cartesiani che
puntano dal centro del cubo al centro delle facce. I centri delle
facce sono i vertici di un ottaedro.
z
z
y
y
x
Le operazioni di simmetria del cubo lo sono anche per l'ottaedro,
e viceversa. Etichettiamo i vertici dell'ottaedro come segue :
z
A
E
F
B
x
C
y
D
Gli assi di simmetria del Cubo sono: 3 assi C4 (rotazioni di 2π/4)
attorno agli assi x,y e z.
Rotazioni C4 intorno all'asse z:
A→A
inversa
A→A
Rotazioni C4 intorno all'asse x:
A→C
inversa
A→F
Rotazioni C4 intorno all'asse y:
A→B
inversa
A→E
Queste operazioni formano la classe 6C4.
Questi assi sono anche binari, le rotazioni essendo i quadrati
delle precedenti. In letteratura si indica la classe corrispondente
come 3C 2, o anche 3C42.
asse z
A→A
asse x
A→D
asse y
A→D
=245=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Assi C3 (rotazioni di 2π/3 intorno alle diagonali del cubo. ci sono
4 diagonali, due sensi di rotazione, e la classe e' 8C 3).
z
y
Questi assi sono ⊥alle facce dell'ottaedro nei loro centri.
Indichiamo qui ogni asse con la faccia "superiore" a cui e' ⊥. Gli
effetti sono:
Asse ABC
A→B
A→C
Asse ACE
A→C
A→E
Asse AEF
A→E
A→F
Asse AFB
A→F
A→B
Assi C'2 che uniscono i centri di due spigoli opposti. Ci sono 12
spigoli, quindi 6 assi binari, e la classe e' 6C2 (talora indicata con
6C'2)
z
y
Effetto: anche l'ottaedro ha 12 spigoli, e gli stessi assi binari
uniscono i centri di spigoli opposti. possiamo indicare un asse
dando uno degli spigoli.
Asse EC
A→D
Asse CB
A→D
Asse AB
A→B
=246=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Asse AC
Asse AE
Asse EF
A→C
A→E
A→F
Inversione
A→D
Riflessioni σh :
z
y
cambiano di segno una delle coordinate cartesiane. ciascun
piano contiene 4 vertici dell'ottaedro. Ce ne sono 3, con
A→A,A→A,A→D.
Riflessioni σd:
z
A
z
E
F
B
x
C
x
y
y
D
bisecano facce opposte (3 possibili scelte) in due modi (/ e \).
Nell'ottaedro, ogni piano σd contiene due vertici opposti e biseca
gli spigoli che non li contengono. Due piani contengono A e D e
mandano
A→A
A→A;
due piani contengono i vertici opposti B ed E . Quello che biseca
AC ha l'effetto
A→C;
quello che biseca AF ha l'effetto
A→F.
=247=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Altri due piani contengono i vertici opposti C ed F . Quello che
biseca AE ha l'effetto
A→E;
quello che biseca AB ha l'effetto
A→B.
Rotazioni improprie S 4: sono rotazioni C4 seguite da una
riflessione in un piano σh ⊥ all'asse.
Cosi' l'effetto e', tenuto conto dei due sensi di rotazione:
→
→
→
→
asse z: A C A S D oppure A C A S D
4
4
4
4
→
→
→ →
asse x: A C C S C oppure A C F S F
4
4
4
4
→
→
→ →
asse y: A C B S B oppure A C E S E
4
4
4
4
La classe e' 6S 4.
Rotazioni improprie S 6: gli assi sono gli stessi delle rotazioni C 3,
che corrispondono alle diagonali del Cubo ed uniscono i centri di
facce opposte dell'Ottaedro.
Se guardiamo lungo uno dei 4 assi, vediamo le due facce opposte
come due triangoli concentrici, e la figura e' invariante per
rotazioni di C3 (cioe' di 2π/3).
=248=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
A
F
B
E
C
D
Con una rotazione di 2π/6 otterremmo invece
B
A
F
C
D
E
che, con una riflessione nel piano di simmetria ⊥ all'asse di
rotazione, ripristina la figura originaria (con uno scambio di
etichette). Con 4 assi e 2 sensi di rotazione, la classe e' 8S6.
Denotando di nuovo gli assi con le facce "superiori" a cui sono
perpendicolari, si trovano i seguenti effetti:
asse ABC A→F in senso orario
A→E in senso antiorario;
asse ACE
A→B in senso orario
A→F in senso antiorario;
asse AEF
A→C in senso orario
A→B in senso antiorario;
asse AFB
A→E in senso orario
A→C in senso antiorario.
=249=
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Questo esaurisce le 48 operazioni di simmetria del Gruppo Oh . Le
classi dunque sono:
I,6C4,3C2,6C'2,8C3,i,6S 4,3σh ,6σd,8S 6.
Consideriamo la rappresentazione Γ che ha per base i 6 orbitali
A,..F. Sulla diagonale del rappresentativo c'e' 1 per ogni orbitale
che resta fermo e 0 per ogni orbitale che si muove (cioe', RΨ
puo' essere Ψ o 0). I caratteri sono:
I
tutti fermi
χ(I)=6
6C4 fermi i due sull'asse
χ(6C4)=2
3C2 fermi i due sull'asse
χ(3C2)=2
6C'2 tutti mossi
χ(6C' 2)=0
8C3 tutti mossi
χ(8C3)=0
i
tutti mossi
χ(i)=0
6S4 tutti mossi
χ(6S 4)=0
3σh fermi i 4 sul piano
χ(3σh )=4
6σd fermi i 2 sul piano
χ(6σd)=2
8S6 tutti mossi
χ(8S 6)=0.
Riassumendo:
I
6C4 3C2 6C'2 8C3 i
6S4 3σh 6σd 8S6
Γ
6
2
2
0
0
0
0
4
2
0
1
Per decomporre Γ, usiamo ni = ∑ χ i (R) * χ Γ(R), ed una tabella dei
g
R
caratteri delle R.I. Questi sono tutti 1 per A1g, e si trova
n(A1g)=1.
Oh
A 1g
A 1u
A 2g
A 2u
Eg
Eu
T1g
T1u
T2g
T2u
I
6C4
1
1
x 2 +y 2 +z2
1
1
1
-1
1
-1
2
0
(x 2 - y 2 ,2z 2 x 2 +y 2 )
2
0
3
1
(Rx,Ry,Rz)
3
1
(x,y,z)
3
-1
(xy,xz,yz)
3
-1
3C2
1
TABELLA DEI CARATTERI
6C'2
8C3
i
6S4
1
1
1
1
3σh
1
6σd
1
8S6
1
1
1
1
2
1
-1
-1
0
1
1
1
-1
-1
1
-1
2
-1
-1
1
0
-1
1
-1
2
-1
-1
1
0
-1
1
-1
-1
2
-1
0
-1
-1
0
-2
3
0
1
-2
-1
0
-1
1
0
-1
-1
0
-3
-1
1
1
0
-1
1
0
3
-1
-1
1
0
-1
1
0
-3
1
1
-1
0
Quindi A1g c'e' una volta: togliendo 1 a tutti i caratteri , rimane
una rappresentazione di ordine 5, in cui non c'e' A1g.
I
6C4 3C2 6C'2 8C3 i
6S4 3σh 6σd 8S6
=250=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Γ(5)
5
1
1
-1
-1
-1
-1
3
1
-1
Risulta che n(Eg )=1. Sottraendo i caratteri di E g si trova
Γ(3)
I
3
6C4
1
3C2
-1
6C'2 8C3
-1
0
i
-3
6S4
-1
3σh
1
6σd
1
8S6
0
Ma questi sono i caratteri di T 1u. Pertanto,
Γ = A1g+Eg +T1u .
Ligand Group Orbitals
Quali combinazioni di A,B,... si trasformano come basi delle varie
IRREP? Useremo gli operatori di proizione nella forma
semplificata
P(i) =∑ χ (i) (R) * R . Per ogni classe C, dobbiamo calcolare ∑ RA
R
R∈C
dove A e' il primo degli orbitali (ovviamente, uno qualsiasi va
bene); poi dobbiamo moltiplicare per il carattere e sommare
sulle classi. Abbiamo gia' visto gli effetti di tutti gli R su A.
Volendo ad esempio un Ligand Group Orbital appartenente a T1u,
avremo:
Classe
∑
RA
χ (T1u)
contributo
R∈C
I
A
3
3A
6C4
2A+B+C+E+F
1
2A+B+C+E+F
3C2
A+2D
-1
-(A+2D)
6C'2
2D+B+C+E+F
-1
-(2D+B+C+E+F)
8C3
2(B+C+E+F)
0
0
i
D
-3
-3D
6S4
2D+B+C+E+F
-1
-(2D+B+C+E+F)
3σh
2A+D
1
2A+D
6σd
2A+B+C+E+F
1
2A+B+C+E+F
8S6
2(B+C+E+F)
0
0
___________________________________________________
_
Totale P(T1u) A = 8A-8D
Normalizzando, Ψ (1)( T1u) =
A-D
. Operando allo stesso modo su D
2
otterremmo di nuovo Ψ (1)( T1u). Operando sugli altri, si ottengono
=251=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Ψ (2)( T1u) =
B-E
e Ψ (3)( T1u) =
C-F
. Con questo metodo si ottengono
2
2
basi per tutte le R.I., e si puo' costruire un modello LCAO di una
molecola ottaedrica. Il gruppo Oh si incontra sovente come
gruppo di simmetria puntuale (cioe', escludente le traslazioni)
nei solidi. Ad esempio, CuSO4⋅5 H 2O, e FeCl3 sono"complessi" che
hanno uno ione di transizione legato ottaedricamente1 a 6
molecole o anioni.
La teoria delle loro proprieta' basata su un modello LCAO si
chiama ligand field theory .
Crystal field
Sono di particolare interesse le proprieta' magnetiche dei
complessi. Il Fe bivalente, che ha configurazione 3d6, forma i
complessi
[Fe(H2O) 6]2+ , verde, paramagnetico (4 elettroni spaiati)
[Fe(CN)6]4- , giallo, diamagnetico (0 elettroni spaiati).
Dunque, lo ione isolato e' paramagnetico, ma i composti in cui
entra possono esserlo o no. Questi fatti si possono gia' capire con
la teoria del campo cristallino, in cui i leganti si comportano
come cariche puntiformi, o comunque generano un campo a
simmetria ottaedrica che risolve la degenerazione dei termini
atomici (per la prima serie di transizione lo spin-orbita e' una
piccola perturbazione da introdurre successivamente). Una
trattazione piu' quantitativa si ottiene poi dalla ligand field
theory . Il numero di elettroni d e'
M2+
M3+
Ti V Cr Mn Fe Co Ni Cu
2 3 4 5
6
7 8 9
1 2 3 4
5
6 7 8
e i termini fondamentali che conseguono alle regole di Hund
sono:
d1 d2 d3 d4 d 5
2D 3F 4F 5D
6S
elettroni spaiati 1
2 3 4
5
d6 d7 d8 d9
5D 4F
3F
2D
4 3
2
1
In assenza del campo cristallino, si avrebbe sempre
paramagnetismo.
1Sovente la simmetria ottaedrica e' approssimata. Nel CuSO ⋅5 H O il Cu++ e'
4
2
legato a 4 molecole di H 2O complanari e a 2 ioni SO4- - .
=252=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Consideriamo uno stato D: esso e' 5 volte degenere, e la
degenerazione si deve risolvere in un campo ottaedrico, dove la
degenerazione piu' alta e' 3. Uno stato D si trasforma per
rotazioni come uno stato d, cioe' come le armoniche sferiche con
L=2. Queste sono la base per una rappresentazione riducibile di
O h . Ovviamente, χ(I)=5 e
χ(i)=5 (perche' gli stati sono pari). Per trovare i caratteri delle
rotazioni, scegliamo l'asse z coincidente con quello di rotazione,
cosicche' le funzioni di base sono
(e 2iφ , e iφ ,1, e -iφ , e -2iφ ).
Se ruotiamo di α, le funzioni diventano
(e 2i(φ+α) , e i(φ+α) ,1, e -i(φ+α) , e -2i(φ+α) ).
Il rappresentativo di Rα e' una matrice diagonale con elementi
(e 2iα , e iα ,1, e -iα , e -2iα )
che ha traccia χ=e2iα +eiα +1+e-iα +e-2iα . Per un L generico, il
carattere e'
2L
ei(2L+1)α -1
χ= eiLα + ei(L-1)α +...+e-iLα = e-iLα ∑ e irα = e-iLα
eiα - 1
r=0
=
= \f(e i(L+1)α -e-iLα ,e iα -1 ) = \f(ei(L+1/2)α -e-i(L+1/2)α ,e iα -1 )
ei(L+1/2)α -e-i(L+1/2)α
eiα/2 =
=
eiα/2 -e -iα/2
sin[(L+1/2)α]
=
.
sin(α/2)
Poiche' i caratteri dipendono solo dalle classi, possiamo gia'
sin(5π/4)
scriverne parecchi; ad esempio, per C 4, α=π/2, χ=
= -1;
sin(π/4)
cosi' si arriva a
I
6C4 3C2 6C'2 8C3 i
6S4 3σh 6σd 8S6
χ
5
-1
1
1
-1
5
?
?
?
?
Questa e' giusto la somma dei caratteri di Eg e di T2g, e cio'
basta. A dire il vero, bastava gia' la tabella dei caratteri, che
riporta (d xy ,dyz,dxz) come base di T 2g e (d x2-y 2,dz2) come base di
Eg .
Scriviamo le armoniche sferiche per stati d in forma reale:
15 x2-y2
xy
|2>+|-2> |2>-|-2>
|m|=2
15
cioe'
,
2
4 r
r
2
2
xz
yz
|m|=1
15
15
cioe' |1>,|-1>
r
r
52z 2-x 2+y2
m=0
≡ |0>.
2
r2
=253=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
Possiamo ignorare i fattori 2 ; e' chiaro che xy, xz e yz hanno lo
r
stesso tipo di simmetria, e dovendo andare insieme fanno una
base di T2g, mentre gli altri due stati sono base di Eg . Come
riprova, prendiamo il comportamento sotto σh , che cambia di
segno una delle coordinate. Una siffatta operazione cambia di
segno due delle funzioni (xy,xz,yz), ed il carattere e' -1 (T2g);
invece le altre due funzioni sono invariate, ed il carattere e' 2
(Eg ).
Le basi sono pertanto
|2>+|-2>
 2
Eg
|0>.
T2g
|2>-|-2>
 2

|1>
|-1>.
Sia ∆ =E(Eg ) - E(T2g). Nei complessi dei metalli di
transizione, ∆>0. L'ordine di rimpimento dei livelli al crescere del
numero di elettroni e' diverso se ∆ e' grande o piccolo rispetto
alla interazione coulombiana fra gli elettroni. Sia U l'ordine di
grandezza di quest'ultima.
Per ∆<<U, vale la regola di Hund atomica, e si ha il
paramagnetismo.
Per ∆>>U, la regola di Hund vale entro i livelli degeneri T2g ed Eg ,
ma si puo' cominciare a popolare Eg solo quando T2g e' gia'
pieno. Allora, si ha
d1 d2 d3 d4 d 5 d6 d7 d8 d9
elettroni spaiati 1
2 3
2 1
0
1 2
1
Nel caso generale, la teoria deve trattare simultaneamente
gli effetti coulombiani e quelli del potenziale cristallino V, che ha
simmetria ottaedrica. Nel seguito daremo il principio del calcolo.
Non ci proponiamo di determinare le posizioni assolute dei
livelli, ma solo le loro separazioni; sulla base degli orbitali di
simmetria, che descrivono gli stati di un elettrone, la matrice di V
3∆
-2∆
e' diagonale, con elementi E(Eg )=
e E(T2g)=
, in modo che
5
5
Tr(V)=0 e non c'e' spostamento rigido dello spettro a particella
singola.
Nel caso di piu' elettroni, dovremo includere il termine
coulombiano Hc , che e' diagonale sulla base |LML SM S>; sappiamo
sviluppare tale base in termini di determinanti con mL definiti;
=254=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dunque, se vogliamo la matrice di V sulla base |LML SM S>,
dobbiamo prima trovarla sugli stati a particella singola |m>.
Gli stati |±1> e |0> sono orbitali di simmetria, e quindi non
sono mescolati da V ne' fra loro ne' con altri; gli elementi
diagonali corrispondenti sono E(T2g) ed E(Eg ). D'altra parte,
<2|V|2>=<-2|V|-2> perche' si tratta di armoniche sferiche
∆
complesse coniugate, ed imponendo TrV=0 si trova <2|V|2>=
.I
10
soli elementi non nulli fuori diagonale sono <2|V|-2> e il suo
complesso coniugato. Ma <2|V|-2>* =<2|V|-2> , e ambedue sono
reali. Imponendo
3∆
<2|+<-2|
|2>+|-2>
{
}V{
} = E(Eg )=
5
2
2
∆
si ricava che <2|V|-2> = . In definitiva, la matrice a particella
2
singola e'
∆
 10

0

V=  0

0
∆
2
0
0
0
-2∆
5
0
0
3∆
5
0
0
0
0
-2∆
5
0
0
0


0

0 

0
∆ 
10 
∆
2
|2>
|1>
|0> .
|-1>
|-2>
Usando questo risultato, potremmo ottenere la matrice di V su
una base determinantale di stati con m definiti, e sapremmo
come impostare il calcolo per una configurazione dn in un campo
ottaedrico.
10-5 Modi normali di vibrazione
Nell'approssimazione di Born-Oppenheimer, il potenziale che
governa il moto degli elettroni dipende parametricamente dalle
posizioni dei nuclei. L'energia totale della molecola U e' calcolata in
funzione delle coordinate nucleari e la configurazione di equilibrio
corrisponde ad un minimo in funzione di esse. Si possono allora
studiare le vibrazioni, considerando U come una energia potenziale
dei nuclei.
=255=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
La configurazione della molecola e' data da un vettore v che
specifica le coordinate di tutti gli N nuclei,
v=(δx1,δy1δ,z 1,⋅⋅⋅,δxN,δyN,δz N) = (v 1,⋅⋅⋅v3N),
(1)
dove i δ rappresentano gli spostamenti dall'equilibrio e si e'
introdotta una notazione vi per la generica componente cartesiana.
Tutti i moti possibili dei nuclei sono descritti classicamente dalle
equazioni di Newton
∂U
"
mi vi = ,
(2)
∂vi
dove mi e' la massa associata a v i nel modo ovvio x1,y1,z 1 →m1 etc.
Nell'approssimazione armonica, espandendo intorno ad una
1
configurazione di equlibrio, U = ∑ U ij vi vj , e la trasformata di
2
ij
Fourier delle equazioni del moto e' ω2vi =
∑
j
U ij
v . Conviene
mi j
introdurre Qi = mi vi e la matrice simmetrizzata Wij =
equazioni del moto si scrivono allora
ω2Q i =
∑
W ij Q j .
U ij
mi mj
; le
(4)
j
Le soluzioni , cioe' gli autovettori Qα della matrice W, sono i modi
normali, e le loro frequenze ωα si ottengono dalla equazione
secolare
(5)
|Wij - ω2δij |= 0.
Tre modi, di frequenza nulla, corrispondono a traslazioni rigide
della molecola, ed altre 3 (o 2, per le molecole lineari) a rotazioni
rigide. Anche queste ultime hanno ω=0, perche' l'energia della
molecola non dipende dalla sua orientazione rispetto agli assi. Le
rimanenti 3N-6 (o 3N-5) frequenze sono vibrazionali.
La teoria dei gruppi puo' semplificare la soluzione
dell'equazione secolare. Ogni operazione R del Gruppo di simmetria
della molecola manda ciascun nucleo in se stesso o in un altro
nucleo identico che si trova in una posizione equivalente; inoltre,
ruota o riflette in vario modo il sistema di assi cartesiani che
possiamo immaginare attaccato a ciascun nucleo. In generale,
l'effetto sara' quello di trasformare ogni componente di Q in una
combinazione lineare delle componenti. In tal modo, associamo ad
ogni R una matrice D(R), ed otteniamo una rappresentazione del
Gruppo nello spazio dei i vettori Q. Ogni D(R) commuta con W,
perche' se Qα e' soluzione dell'equazione secolare, anche D(R)Qα
deve esserlo, e con lo stesso ω. Quindi, possiamo diagonalizzare W
simultaneamente con il massimo numero di matrici D(R)
=256=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
commutanti fra loro. La teoria dei Gruppi aggiunge a questo insieme
di matrici commutanti anche i caratteri di Dirac; questo significa
che passando ad una nuova base i cui elementi sono vibrazioni
appartenenti a rappresentazioni irriducibili del Gruppo, si converte
W in una matrice diagonale a blocchi. I modi normali possono
essere classificati assegnandoli alle varie IRREP del Gruppo; la
riduzione della rappresentazione che ha per base i Q, o
equivalentemente i v, consente di ricavare in modo semplice la
simmetria e la degenerazione dei modi normali, senza dover
risolvere l'equazione secolare.
Prendiamo come esempio la molecola H2O, che appartiene
al ben noto Gruppo C2v, e che richiede un vettore v con 3N=9
coordinate. Poniamo la molecola sul piano xz.
4
5
8
7
2
6
1
H
9
O
H
3
z
y
riferimento:
x
Le componenti cartesiane dello spostamento dalla posizione di
equilibrio di un atomo vengono trasformate dalle operazioni di
simmetria come i corrispondenti orbitali p. Le frecce 2,5,8 sono
parallele all'asse molecolare z, mentre 1,4,7 sono parallele
all'asse y e ortogonali al piano della molecola. Le operazioni
sono E, C2, σv (xz), σ' v (yz); e' ovvio che il rappresentativo di E e'
l'identita' 9X9. L'operazione C2 ha il rappresentativo
0 0 0 0 0 0-1 0 0
0 0 0 0 0 0 0 1 0
0 0 0 0 0 0 0 0-1
0 0 0-1 0 0 0 0 0
0
0 0 0 1 0 0 0 0
D(C 2)=
,
0 0 0 0 0-1 0 0 0
-1 0 0 0 0 0 0 0 0
0 1 0 0 0 0 0 0 0
0 0-1 0 0 0 0 0 0
(6)
















=257=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
perche' gli effetti di C2 sulle varie frecce sono 1↔-7, 2↔8,3↔-9 ,
etc.; D(C2) e' una matrice a blocchi, che possiamo riscrivere
0 0 b 


D(C 2)=  0 b 0  ,
 b 0 0 
(7)
- 1 0 0 


dove ora 0 sta per un blocco 3X3 nullo, e b= 0 1 0 
 0 0-1 
rappresenta l'azione di C2 su una terna all'origine. Per costruire la
matrice a blocchi basta sapere quali atomi vengono scambiati fra
loro dall'operazione, mentre b e' questione di geometria
elementare. Cosi', D(σ' v (yz)) ha la stessa matrice a blocchi, ma
1 0 0 


con b=  0 1 0  , mentre la riflessione σv (xz) sul piano della
 0 0-1 
- 1 0 0 


molecola ha una matrice a blocchi diagonale, con b= 0 1 0  .
 0 0 1 
Dalle matrici ricaviamo i caratteri χ(E)=9, χ(C2)=-1, χ(σ' v (yz))=1,
χ(σv (xz))=3. Potevamo arrivare a questo risultato senza scrivere i
rappresentativi 9X9, tenendo conto che:
1) gli atomi che cambiano posizione sotto una certa operazione
di simmetria contribuiscono 0 al carattere;
2)ogni freccetta (spostamento cartesiano) che resta invariata
contribuisce +1, ed ogni freccetta che cambia segno -1. Piu' in
generale, gli spostamenti cartesiani di un atomo che non cambia
posizione si comportano come x,y,z.
La rappresentazione Γ dei vettori v che ha i caratteri
E
C2
σv
σ' v
Γ
9
-1
3
1
(8)
e' chiaramente riducibile, e puo' essere analizzata in R.I. con i
metodi che abbiamo studiato. Essa include tutti i possibili
spostamenti degli atomi, quindi non solo le vibrazioni, ma anche
le rotazioni e traslazioni della molecola come un tutto. Per
classificare le vibrazioni, occorre innanzitutto separarle dai moti
rigidi.
Le traslazioni rigide si trasformano fra loro per effetto delle
operazioni del Gruppo, ed i Q che le descrivono sono base di una
rappresentazione, quella dei vettori polari. Sommando i caratteri
di x, y e z, si hanno per l'insieme delle 3 traslazioni i caratteri:
E
C2
σv
σ' v
Γtrasl
3
-1
1
1
(9)
=258=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Abbiamo separato 3 coordinate del baricentro e ne restano
N-3. Il moto che esse descrivono puo' essere scomposto in una
rotazione rigida piu' una vibrazione. Cosi', possiamo separare
altri 3 gradi di liberta' (2 per le molecole lineari) per descrivere
la rotazione rigida. Una rotazione rigida infinitesima trasforma le
ccodinate ri dell'atomo i-esimo secondo la legge dri = d ∧ri e
puo' essere risolta in rotazioni Rx, Ry e Rz attorno agli assi.
Queste si trasformano solo fra loro sotto operazioni di
simmetria, e sono base di una rappresentazione Γrot . Poiche' i dri
sono vettori assiali, Γrot e' la rappresentazione dei vettori assiali,
in genere riducibile. La rotazione rispetto all'asse x si trasforma
come il generatore R x, cioe' come yz, etc.; le tabelle dei caratteri
riportano la classificazione delle rotazioni. Nei Gruppi
commutativi, ci sono solo irrep unidimensionali con caratteri ±1;
la rotazione e' pari o dispari sotto R a seconda che il senso di
rotazione rimanga immutato o cambi.Per la molecola d'acqua si
ha:
C2v
E
C2 σv (xz)
σ' v (yz)
_________________________________________
A1
1
1
1
1
z
A2
1
1
-1
-1
Rz
B1
1
-1
1
-1
x,Ry
B2
1
-1
-1
1
y,R x
__________________________________________
e si puo' concludere che la rappresentazione Γrot delle rotazioni
ha i caratteri 3,-1,-1,-1. Possiamo procedere a separare le
vibrazioni come segue:
E
C2
σv
σ' v
Γ
9
-1
3
1
Γtrasl 3
-1
1
1
Γrot 3
-1
-1
-1
__________________________
Γvibr 3
1
3
1
;
la riduzione della rappresentazione Γvibr fornisce finalmente
Γvibr =2A1+B1.
La molecola di acqua ha due vibrazioni totalsimmetriche ed una
di simmetria B1.
Esercizio: vibrazioni di NH3.
Ecco la tabella completa dei caratteri del Gruppo.
C3v
E
2C3
3σv
A1
A2
1
1
1
1
1
-1
=259=
z,z 2,x 2+y2
Rz
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
E
2
-1
0
(x,y) (Rx,Ry ),(xz,yz),(x2y2,xy).
Gli spostamenti cartesiani di N si trasformano come le
coordinate. Troviamo i caratteri di Γ.
χ(E)=12 (tutte le frecce ferme)
χ(C3)=0 (tutti gli H sono mossi: carattere 0
lo spostamento z di N appartiene ad A1: carattere +1;
gli spostamenti x e y appartengono a E : carattere -1)
χ(σv )=2 (due H riflessi uno nell'altro: carattere 0;
per l'altro H, due frecce nel piano di riflessione ed
una
ortogonale:
carattere 1;
per N la somma dei caratteri di A1 ed E da' 1)
Quindi:
E
2C3 3σv
Γ
12
0
2
Γtrasl
3
0
1
Γrot 3
0
-1
__________________________
Γvibr 6
0
2
;
Γvibr =2A1+2E.
Esercizio: vibrazioni del benzene (C6H 6).
Ci sono 12 atomi e 36 coordinate, quindi χ(E)=36. Le rotazioni
C2,C3 e C6 attorno all'asse verticale spostano tutti gli atomi ed
hanno carattere 0. La rotazione C'2 intorno ad una diagonale
dell'esagono lascia al loro posto 4 atomi, per ciascuno dei quali
una freccetta e' invariante e le altre due cambiano segno. Quindi,
χ(C' 2)=-4.
La rotazione C''2 attorno ad un asse ortogonale a lati opposti
sposta tutti gli atomi ed ha carattere 0, cosi' come l'inversione e
le rotazioni improprie S 3 ed S6.
La riflessione σh lascia invarianti due freccette per ogni atomo e
cambia segno alla terza, quindi χ(σh )=12. La riflessione σv per un
piano contenente l'asse di C'' 2 ha carattere 0.
La riflessione σ' v , (detta anche σd) per un piano contenente l'asse
di C'2 lascia fermi 4 atomi, con due freccette cambiate di segno
ed una invariante per ogni atomo; quindi χ(σ' v )=4. I caratteri di
Γtrasl si ottengono sommando quelli di A2u e di E1u; quelli di Γrot
sommando A2g ed E1g.
D6h
A1g
A2g
B1g
E 2C6 2C3
1
1
1
1
1
1
1 -1
1
C2 3C'2 3C"2 i
1
1
1
1
1 -1 -1
1
-1
1
-1
1
=260=
2S3
1
1
-1
2S6 σh 3σd 3σv
1
1
1
1
1
1 -1 -1
Rz
1 -1
1 -1
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
B2g
E1g
(R x, R y)
E2g
y 2,xy)
A1u
A2u
B1u
B2u
E1u
E2u
-1
1
-1
-1
1
1
-1
1
-1
-1
2
1
(xz,yz)
2
-1
1
-1
-2
0
0
2
1
-1
-2
0
-1
2
0
-1
-1
2
1
1
1
1
1
1
-1
-1
1
1
1
1
1
1
-1
-1
1
-1
1
-1
2
2
1
-1
-1
-1
-2
2
0
0
0
1
-1
-1
1
0
0
2
-1 -1 -1 -1
-1 -1 -1 -1
-1 1 -1
1
-1 1 -1
1
-2 -1
1
2
-2 1
1 -2
0
1
0
0
(x 2-
-1 -1
1 1
z
-1 1
1 -1
0
0
0
0
(x,y)
___________________________________________________________________
Γ
36
0
0
0
-4
0
0 0 0
12 4
0
Γtrasl 3
2
0
-1 -1 -1 -3 -2 0
1 1
1
Γrot
3
2
0
-1 -1 -1
3 2 0
-1 -1 -1
______________________________________________________
____
Γvibr 30 -4 0
2
-2
2
0
0 0 12 4
0
il Gruppo ha 24 elementi, e si trova che
Γvibr =2A1g +A2g +A2u +2B1u+2B2g+2B2u+E1g+3E1u+4E2g+2E2u.
Capitolo 11-Tensori irriducibili:
teorema di Wigner-Eckart
Ulteriori importanti sviluppi della teoria della simmetria sono necessari
per lo studio di sistemi composti da piu' parti. Le parti sono gradi di liberta'
diversi, come due elettroni, lo spin e l'orbita di un dato elettrone, un elettrone ed
una vibrazione, etc. La base puo' sempre essere scelta come se le parti fossero
indipendenti.
11-1 Operatori non invarianti
In questo capitolo seguiamo la convenzione comune nei testi di
teoria dei Gruppi, per cui la rotazione di una funzione scalare e'
descritta da1
f(x) →f'(x) = Rf(x) = f(R-1 x) .
(1)
Il senso positivo di rotazione per le funzioni e' quello orario.
Dobbiamo ora occuparci delle trasformazioni degli operatori.
Supponiamo di avere una relazione del tipo
Φ=TΨ
(2)
1 B.L.Silver,"Irreducible tensor Methods",Academic Press 1976 definisce
Ψ '(r ')=Rα Ψ (r '); M.Tinkam, "Group theory and quantum Mechanics",
McGraw-Hill New york(1964).
=261=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dove T e' l'operatore. Una rotazione mandera' Φ in RΦ e Ψ in RΨ. Per
vedere che cosa accade a T, applichiamo R alla relazione:
RΦ = RTΨ = (RTR-1 )RΨ.
(3)
Quindi, la regola e'
T → T' = RTR-1 .
(4)
Finora abbiamo considerato solo operatori T invarianti, tali che
[T,R]- =0 , ovvero RTR-1 =T ∀ R∈G.
(5)
Se un operatore T non e' invariante, allora ∃ R∈ G tale che
RTR-1 ≠ T.
(6)
Questo accade ad esempio con gli operatori vettoriali. La terza
componente s z dello spin sotto rotazioni da' in genere
sz
R
→
sz' = RszR-1 = a sx +b sy + c s z,
(7)
con a,b,c tutti non nulli, e quindi non e' invariante. Pero' e' membro
di un set di operatori (s x,s y ,s z) che vengono trasformati linearmente
fra loro dalle operazioni del Gruppo. L'insieme di tutte le
combinazioni lineari di sx,s y ,s z e' uno spazio vettoriale. Inoltre, la
legge si → R si R-1 soddisfa le regole di composizione del gruppo.
Scriviamolo per un generico set T i :
R2
R1
-1
-1 -1
-1
(8)
→ R2Ti R2
→ R1R2Ti R2 R1 = R3Ti R3 , R3 = R1R2.
Sullo spazio vettoriale delle combinazioni lineari delle "componenti"
Ti possiamo rappresentare ogni R con una matrice D(R) nel modo
seguente:
Ti
Ti
R2
→
∑
j
T j Dji (R2) ,
Tj
R1
→
∑
k
T k Dkj (R1) ⇒
R1R2
∑ T k ∑ D kj (R1) D ji (R2) = ∑ T k Dki (R1R2) . (9)
→
k
j
k
In altri termini, le D si moltiplicano come le R e sono proprio le
rappresentazioni del Gruppo, le stesse che avevamo introdotto per
trasformare gli stati. In un Gruppo di rotazioni proprie, ad esempio,
le componenti di s si trasformano come (x,y,z) e danno luogo alla
rappresentazione tridimensionale dei vettori (che in certi Gruppi e'
riducibile e in altri no). Questa puo' essere presa come una
definizione di operatore vettoriale.
Ti
11-2 ITO (Irreducible tensor operators)
Cosi' in generale un operatore non invariante e' membro
di un set di operatori (tensore) che, presi insieme, costituiscono una
base per una rappresentazione del Gruppo secondo la regola
=262=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
R
-1
→ RTi R =
Ti
∑
T j Dji (R) ;
(1)
j
se la rappresentazione e' riducibile, lo spazio vettoriale si puo'
separare in sottospazi che non vengono mescolati fra loro da alcuna
operazione del Gruppo; cio' si puo' fare prendendo opportune
combinazioni lineari delle componenti del tensore. Se invece T e' base
di una IRREP α, potremo etichettarlo con α e dire che Ti (α) e' un
tensore irriducibile. Ruotare un vettore e' un problema elementare,
ma avremo bisogno di considerare tensori piu' generali, le cui
componenti sono prodotti delle componenti cartesiane x,y,z che si
riferiscono a gradi di liberta' diversi. Vale la pena, allora, di passare
dalla descrizione cartesiana a quella polare, che e' equivalente, ma si
esprime direttamente in termini di autofunzioni del momento
angolare. Le componenti polari del tensore sono combinazioni lineari
di quelle cartesiane. Per un vettore queste si scrivono x m, m=0,±1,
x+1= -
x+iy
x-iy
, x 0=z, x-1=,
2
2
(2)
e si trasformano secondo la legge
RxmR-1 = ∑ xm' Dm'm(1) (R),
m'
(3)
dove D(1) m'm(R) sono i rappresentativi di R sulla base delle
armoniche sferiche con l=1. E' naturale scrivere in forma polare
anche i vettori di base. Avremo
e1+ie2
e1-ie2
, e0=e3, e- 1=,
2
2
ed in luogo di
e+1= -
V = V1e1+V2e2+V3e3
avremo, com'e' immediato vedere,
V =
1
∑(-1)m V-m em.
(4)
(5)
(6)
m=-1
Il prodotto scalare di due vettori reali V e W e' dato da
=263=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
V⋅W =
∑(-1)m V-m Wm.
(7)
m=-1
Il vantaggio della rappresentazione polare e' che e' facile adesso
generalizzare ad un ITO di rango arbitrario. Si pone come definizione
di un tensore di rango γ
RTp(γ ) R-1 =∑ T q(γ ) Dqp (γ ) (R) ,
q
(8)
Per esempio, se γ denota la rappresentazione con j=0, q e' 0 e T e'
uno scalare; se γ denota la rappresentazione con j=1, q corrisponde a
0, ±1, e Tq e' un vettore nella rappresentazione polare, che si
trasforma come
x+iy
x-iy
T11= ,
T01=z,
T-11=
.
(9)
2
2
In generale, Tq( l) si trasforma come Yl m.
11-3 Prodotto diretto di rappresentazioni
Finora abbiamo studiato come analizzare con la teoria dei
Gruppi lo stato di un elettrone o di una vibrazione in una molecola
appartenente ad un Gruppo di simmetria G. Ma queste sono solo
idealizzazioni: esiste solo la molecola, il cui stato quantico potra'
dipendere in modo complicato dalle cordinate degli elettroni e dei
nuclei, ma si trasforma in modo semplice sotto le operazioni del
Gruppo G. Il nostro problema e': che relazione c'e' fra la simmetria
della molecola come un tutto e quella degli stati dei singoli elettroni,
o dei singoli modi vibrazionali, che possiamo usare per descrivere lo
stato della molecola? Consideriamo un sistema composto da due
parti 1 e 2. Per esempio, potrebbero essere due elettroni, un elettrone
ed una vibrazione, etc. Un generico stato del sistema e' una
combinazione lineare di prodotti del tipo f(1)g(2); possiamo
scegliere la base in modo che le funzioni f e g appartengano a IRREP
di G, poniamo f a Γα e g a Γβ. Le funzioni di base di Γα e Γβ si
trasformano secondo le note regole, e ∀R∈G
R fi (α) (1) =
m
∑
k
f k (α) (1) Dki (α) (R)
=264=
(1)
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n
∑
R gj(β) (2) =
g p(β) (2) Dpj(β) (R).
(2)
p
Naturalmente, R agisce sulle coordinate 1 nel primo caso, su quelle 2
nel secondo, ed agira' su tutte e due quando si trattera' di ruotare la
molecola. Lo stato si espande nelle funzioni di base
|αiβj> ≡ fi (α) (1)gj(β) (2)
(3)
che si trasformano nel modo seguente:
m
n
k
p
∑ ∑
R |αiβj> =
m
n
k
p
∑ ∑
≡
| αkβp> Dki (α) (R) Dpj(β) (R) ≡
| αkβp> Dkp,ij(αβ) (R) .
(4)
Si dice che D kp,ij(αβ) (R) = Dki (α) Dpj (β) e' il rappresentativo di R nella
rappresentazione del prodotto diretto. Si noti che esso esprime
l'effetto della rotazione del sistema come un tutto in termini delle
rotazioni delle sue parti. Cosi', Dki (α) Dpj (β) e' il prodotto diretto dei
rappresentativi delle IRREP α e β, e genera una rappresentazione di
dimensione mn.
Il carattere e' la somma degli elementi diagonali dei
rappresentativi. Si ha
χ (αβ) (R) =
∑
kp
D kp;kp (αβ) (R) =
∑
kp
D kk (α) Dpp(β) =
χ (α) (R) χ (β) (R) ;
(5)
in altri termini, il carattere della rappresentazione prodotto diretto
e' semplicemente il prodotto dei caratteri delle rappresentazioni
componenti. Di solito, la rappresentazione prodotto diretto e'
riducibile; la decomposizione si ottiene con la regola usuale
ni =
1
g
∑
χ i (R)χ (αβ)(R).
R
Prendiamo come esempio il Gruppo C3v.
C3v
A1
I
1
2C3
1
A2
1
1
3σv
1
-1
=265=
(6)
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E
A1A1
2
1
-1
1
0
1
= A1
A2A2
1
1
1
=A1
A2E
2
-1
0
=E
EE
4
1
0
= E + A1 + A2
Si puo' costruire cosi' una tabella di moltiplicazione dei prodotti
diretti del Gruppo
C3v
A1
A2
E
A1
A2
E
A1
A2
E
A2
A1
E
E
E
E+A1 +A2
e si vede che la rappresentazione totalsimmetrica compare solo lungo
la diagonale. E' facile sincerarsi che deve essere sempre cosi', perche'
nA1 =
1
g
∑
R
1 ⋅χ (αβ)(R) =
1
g
∑
R
χ (α) (R)χ (β)(R) =δαβ.
(7)
Questo risultato e' della massima importanza perche' permette di
stabilire regole di selezione. Il punto e' che un integrale
I = ∫ F ( r) d3r
(8)
e' un numero e quindi deve trasformarsi secondo la rappresentazione
totalsimmetrica. Di conseguenza, I=0 se F non contiene una parte
totalsimmetrica. Se ora φa e φb sono funzioni d'onda, si trova che
∫
φa φb d3r =0
(9)
se φa e φb appartengono a R.I. Γ(φa) e Γ(φb) diverse. Piu' in generale,
se A e' un operatore, si ha
∫
φa A φb d3r =0
(10)
se la rappresentazione prodotto diretto Γ(φa A φb) = Γ(φa)Γ( A )Γ(φb)
non contiene A1. Per questo e' necessario che Γ(φa)Γ(φb) contenga
qualcuna delle IRREP presenti in Γ( A ). Per esempio, se in una
molecola con simmetria C3v introduciamo una perturbazione A che si
=266=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
trasforma come A2, gli elementi di matrice non identicamente nulli
sono quelli del tipo (φA1|A|φA2) e (φE|A|φE) .
Le transizioni elettroniche che si osservano negli spettri di
assorbimento ottico delle molecole sono indotte dall'operatore
dipolo, che si trasforma come r. L'elemento di matrice ∫ φa r φb d3r
e' nullo se Γ(φa)⊗Γ(φb) non contiene Γ(r).
Consideriamo le transizioni dallo stato fondamentale φg ad uno stato
eccitato φex . Nell'approssimazione di Hartree-Fock, gli stati φ si
esprimono come determinanti, che sono combinazioni lineari di
prodotti di orbitali ψ a particella singola. Ad ogni stato corrisponde
una configurazione, come ad esempio ψ12ψ22ψ3ψ4, che ha due orbitali
doppiamente riempiti e due elettroni in due altri orbitali. E' evidente
che Γ(ψ1ψ2) = Γ(ψ1)⊗Γ(ψ2), e, nel caso in cui ψ1 appartenga ad una
IRREP non degenere, i cui caratteri sono ±1, il prodotto diretto ha i
caratteri tutti uguali a 1, e Γ(ψ12) =A 1. Una molecola che ha solo
orbitali non degeneri doppiamente occupati si trasforma quindi
secondo A 1, ed e' totalsimmetrica. Consideriamo allora una molecola
con orbitali degeneri, come il CH4, che ha la configurazione di stato
fondamentale a12t26. I 3 orbitali t2 che si trasformano come x,y e z e
sono doppiamente occupati costituiscono una base di t2. Una
operazione del Gruppo Td ha per effetto una trasformazione unitaria
della base. Ma una trasformazione unitaria non cambia il
determinante di Slater, e quindi la molecola e' totalsimmmetrica.
Cosi', lo stato fondamentale φg di tutte le molecole 'a gusci chiusi',
cioe' della maggior parte delle molecole, si trasforma secondo A1, e,
per gli stati eccitati, si possono ignorare i gusci chiusi, studiando le
sole proprieta' di simmetria dei gusci aperti. Analogamente, in una
transizione ψ12ψ22ψ32
→ψ12ψ22ψ3ψ4, la regola di selezione richiede che Γ(r) sia contenuta in
Γ(ψ3ψ4). Prendiamo di nuovo come esempio la molecola di H2O,
con lo schema di livelli LCAO, qui illustrati con i loro "caratteri"
O(3s)
Livelli σ antileganti



Lone pair O(2p)
Livelli σ leganti
Lone pair O(2s)



↓↑
↓↑
↓↑
↓↑
a1
b1
a1
b2
b1
a1
a1
e la tabella dei caratteri del Gruppo di simmetria
C2v
E
C2 σv (xz)
σ' v (yz)
_________________________________________
=267=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
A1
1
1
1
1
z
A2
1
1
-1
-1
B1
1
-1
1
-1
x
B2
1
-1
-1
1
y
__________________________________________
Una transizione dal "lone pair" b2 al b1 soprastante risulta proibita,
perche' B 1⊗B2 = A2, e nessuna componente di r si trasforma in tal
modo. Invece, una transizione al livello a1 e' permessa dalla
componente y del dipolo, ed infatti corrisponde ad un forte
assorbimento ultravioletto.
Una simile analisi si puo' fare per le transizioni infrarosse fra
stati vibrazionali che appartengono a un dato livello elettronico.
Vedemmo a suo tempo che gli spostamenti dei nuclei si ottengono
dall'equazione
∑
W ij Q j = ω2Q i .
j
La soluzione fornisce i modi normali , cioe' i i vettori Qα , e le loro
frequenze proprie ωα . Le dipendenze temporali sono armoniche,
Qα (t) =Qα eiω α t, e la soluzione generale delle equazioni del moto e',
espressa in componenti,
s
Q i (t) = ∑qα (t)Q α i ,
(11)
α=1
dove s=3N-6 (oppure 3N-5 per molecole lineari), escludendo
rotazioni e traslazioni; qα (t) = qα eiω t sono le coordinate normali. Se
in una operazione di simmetria le Qi (t) cambiano segno, questo
equivale ad un cambiamento di segno delle ampiezze qα ; in generale,
le qα si trasformano secondo la IRREP del Gruppo che corrisponde alla
frequenza α.
In termini di coordinate normali, le equazioni del moto sono
"
semplicemente q α =-ωα 2qα . Dopo la trasformazione canonica,
l'Hamiltoniana vibrazionale e' della forma
s 1 pα 2
H= ∑ [
+ mα ωα 2qα2] ,
(12)
α 2 mα
dove mα sono opportune costanti; le vibrazioni sono cioe' una
collezione di oscillatori armonici indipendenti. Quantisticamente, lo
s
stato fondamentale ha l'energia E=∑ (nα +1/2)h
/ ωα ; la funzione d'onda
α
vibrazionale e' il prodotto degli stati fondamentali
Ψ g ∝ exp[
∑
α
-
qα2
].
2
(13)
=268=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Per ogni frequenza propria, la combinazione che appare all'esponente
e' la stessa che figura in H, ed evidentemente Ψ g ha la stessa
simmetria di H, cioe' appartiene ad A 1. Se portiamo la molecola sul
primo stato eccitato del generico modo α, Ψ sara' proporzionale a qα
e si trasformera' secondo la IRREP corrispondente. Perche' questo
possa avvenire in una transizione infrarossa, occorre quindi che
almeno una delle componenti del dipolo appartenga alla stessa IRREP
D'altra parte, le vibrazioni molecolari possono essere studiate
anche con altre spettroscopie, che hanno regole di selezione diverse.
Come vedremo, l'effetto Raman e' un processo in cui il sistema
transisce da uno stato iniziale |i> ad uno finale |f> assorbendo un
fotone ed emettendone un altro di frequenza diversa. Emissione ed
assorbimento sono coerenti, cioe' fanno parte di un unico processo
quantico. Studieremo piu' avanti la dinamica di questo processo; dal
punto di vista della teoria della simmetria, tutto cio' che ci occorre
sapere e' che si tratta appunto di un processo a due fotoni. Nel caso
di una transizione ad un fotone solo, l'operatore che la causa e' il
prodotto scalare ⋅d del vettore di polarizzazione del fotone con il
dipolo d, le cui componenti si trasformano come le componenti xi di
r; nel caso Raman, dovremo considerare un operatore del tipo
∑ Rpq ( ε2) p( ε1) q , dove le componenti del tensore Raman Rpq si
pq
trasformano come xpxq. Questo determina le regole di selezione, che
possono essere molto diverse dalle precedenti se il sistema e'
altamente simmetrico.
In particolare, se la molecola e' dotata della simmetria di
inversione, i modi normali devono essere pari o dispari (gerade o
ungerade); solo quelli dispari sono attivi in infrarosso, e solo quelli
pari sono "Raman-attivi". Cosi', gli spettri Raman e infrarossi non
hanno frequenze fondamentali in comune in tali casi. Ad esempio, nel
Benzene le componenti del dipolo sono assegnate dalle tabella dei
caratteri del Gruppo D6h come segue:
A1u z
E1u (x,y)
mentre quelle del tensore Raman sono assegnate da
A1g z 2, x 2+y2
E1g xz, yz
E2g x2-y2, xy.
L'analisi delle vibrazioni da' una frequenza A2u e tre E1u, e ci
aspettiamo 4 frequenze IR; nel Raman ci si aspettano 7 frequenze
( due del tipo A1g, una E1g, quattro E2g). L'esperimento conferma
queste predizioni, e quindi la struttura planare del Benzene.
11-4 Effetto Jahn-Teller
Che cos'e' che conferisce alle molecole simmetriche la loro
simmetria? Perche' ad esempio il Metano e' tetraedrico?
Evidentemente, il fatto che un moto dei nuclei tendente a distorcere
=269=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
la simmetria causa un aumento dell'energia potenziale, e cosi' nasce
una forza che vi si oppone. Poiche' questa forza e' dovuta agli
elettroni, si potrebbe sospettare che essi, per qualche motivo,
'prediligano' la massima simmetria compatibile con la formula di
struttura di una data molecola. Ma e' vero se mai il contrario: la
funzione d'onda di un elettrone in uno stato degenere puo' essere
meno simmetrica del potenziale in cui l'elettrone si muove. Di
conseguenza, se la geometria dei nuclei e' altamente simmetrica, e vi
sono livelli elettronici degeneri, la nuvola elettronica rompe la
simmetria, e la molecola guadagna energia da una distorsione.
Vedremo che, eccezion fatta per le molecole lineari, una tale
deformazione energeticamente favorita esiste sempre: ad esempio, lo
ione CH4+ ottenuto togliendo un elettrone t 2 ha la simmetria ridotta
di un tetraedro distorto. Insomma, CH 4 e' cosi' simmetrico perche' il
suo stato fondamentale elettronico e' non degenere, e gli elettroni
non hanno gradi di liberta' che possano abbassare la simmetria.
Discuteremo il problema nell'approssimazione di BornOppenheimer (BO). Vale a dire, 1) il moto degli elettroni e' governato
da un potenziale che dipende dalle posizioni ri dei nuclei solo
parametricamente1; la configurazione di equilibrio corrisponde al
minimo dell'energia totale U({ri }) = <Ψ g {ri }|H{ri }|Ψ g {ri }> e si ottiene
∂U
imponendo
=0, i=1,...3N. 2) gli stati elettronici si intendono
∂δri
calcolati per quella configurazione dei nuclei, che corrisponde
esattamente al minimo di U.
Vogliamo esaminare una data configurazione {r0i } dei nuclei e
discutere se puo' essere di equilibrio. Facciamo una espansione in
serie negli spostamenti δri . Invece degli spostamenti dei singoli nuclei,
conviene considerare i modi normali Qα calcolati rispetto alla
configurazione di riferimento {r0i }. Questi sono etichettati dall'indice
α della frequenza; la degenerazione e' quella mα della irrep a cui
appartiene la frequenza; per irrep degeneri l'indice i =1,..mα
percorre le componenti della IRREP. L'ampiezza del moto secondo il
modo normale e' descritta dalla coordinata normale qα , e le
coordinate normali compaiono nell'energia di vibrazione (che pero'
non e' inclusa nel calcolo di U nella approssimazione di BO). Ci serve
una espansione di U in serie di potenze degli spostamenti qα i delle
coordinate normali. Pero' non disponiamo di una espressione
analitica di U da espandere in serie. Quindi, espanderemo H e poi
useremo le formule della teoria delle perturbazioni per trovare la
correzione ad U. Scriviamo l'Hamiltoniano della molecola
nell'approssimazione quadratica,
1cioe', gli r non sono considerati operatori, e non hanno momenti
i
coniugati.
=270=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
V αi qα i + ∑ ∑ W αi,βk qα i qβk ,
(1)
αβ
αi
ik
dove H0 si riferisce alla configurazione data. I termini correttivi
possono essere interpretati come termini di accoppiamento
"vibronico", con i quali si possono cioe' studiare gli effetti
dell'accoppiamento fra elettroni e vibrazioni. Nell'approssimazione
di BO, V αi ha il senso di un potenziale con cui la componente i della
vibrazione α agisce sugli elettroni; infatti, l'approssimazione di BO
consiste nel considerare H come funzione dei parametri {r0i } e qα i ,
ma come operatore solo sui gradi di liberta' elettronici; la vera H
dipende quadraticamente dai momenti pα i coniugati alle qα . Se
tenessimo conto di questo andremmo oltre l'approssimazione di BO
(effetto Jahn-Teller dinamico).
Bisogna che Vαi e qα i si trasformino allo stesso modo, perche H
deve essere uno scalare e nella tabella dei prodotti diretti A1 compare
solo sulla diagonale. Non ci interessano qui i V∈A1 : essi non
distorcono la simmetria (possono semmai accrescerla: con una
vibrazione ∈A1 si potrebbe "raddrizzare" la molecola d'acqua che
cosi' apparterrebbe a D∞h ). La condizione di equilibrio e' che non vi
siano correzioni all'energia U di primo ordine nei q α i ; quindi
H=H 0 +
<H'>=
∑
∑
< V αi >qα i =0.
αi
Certo, i V αi sono diversi da zero, perche' non si puo' pretendere che
uno spostamento dei nuclei non crei un cambiamento del potenziale.
Pero', la condizione di equilibrio e' <Ψ g |Vαi |Ψ g >=0. Se Ψ g e' uno stato
elettronico non degenere, Γ(Ψ g Ψ g )=A 1 comporta <Ψ g |Vαi |Ψ g >=0 per
tutti i modi tranne quelli di A1: i nuclei si muoveranno rispettando la
simmetria finche' <Ψ g |VA1|Ψ g >=0.
Nel caso degenere H 0Ψ 0 =E0Ψ 0 e' risolta da un certo numero di
Ψ 0ν . La condizione di equilibrio e' ancora che la correzione di primo
ordine agli autovalori sia nulla. Per trovarla, applicheremo la teoria
delle perturbazioni di un livello degenere, diagonalizzando la matrice
H' ρσ = <Ψ 0ρ|H'|Ψ 0σ>. L'unica matrice che ha autovalori tutti nulli e'
quella nulla. Cosi', <Ψ ρ|
∑
V αi qα i |Ψ σ>=0.
αi
Ma, essendo i q α i indipendenti, questo richiede che
∫
Ψ 0ρVαi Ψ 0σ dq =0 ,
∀ α,i,ρ,σ
(2)
dove dq comporta l'integrazione su tutte le coordinate elettroniche.
Questa e' una condizione molto forte. Se gli elementi di matrice del
primo ordine non si annullassero tutti identicamente, cio' porterebbe
=271=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
ad una scissione del livello lineare nei qαi , e quindi ad un
abbassamento della simmetria ed a una distorsione della molecola.
Ora dobbiamo esaminare ciascuno dei modi normali α consentiti dalla
geometria ipotizzata per vedere se puo' generare elementi di matrice
non nulli che distruggerebbero la simmetria.
L'effetto Jahn-Teller si manifesta quando la IRREP Γα del modo
normale e' ≠A1 e la IRREP Γel che ha per base le Ψ ν e' degenere;
infatti, se Γel ⊗ Γel contiene Γα , non c'e' motivo perche' gli elementi
di matrice si annullino identicamente, e la configurazione molecolare
e' instabile. Consideriamo per esempio una molecola tetraedrica. Le
IRREP degeneri del Gruppo Td sono E, T1 e T2, e si trova:
E⊗E =A1 ⊕ E, T1⊗T1 =A1 ⊕ E ⊕ Τ2 , T2⊗T2 =A1 ⊕ E ⊕ Τ2.
Le IRREP delle vibrazioni sono A1, E, T2 , quindi ce ne e' almeno una
'Jahn-Teller attiva', cioe' capace di distorcere la molecola. La
considerevole larghezza del livello t 2 del CH4 visto in fotoemissione e'
dovuta proprio al fatto che la ionizzazione eccita le vibrazioni della
molecola obbligando i nuclei a cercare una nuova posizione di
equilibrio.
Nel 1937, Jahn e Teller hanno dimostrato che data una molecola
non lineare con Γel degenere esiste sempre una vibrazione tale che
Γα ≠A1 e' contenuta in Γel ⊗ Γel ; questo implica che i termini
elettronici fondamentali delle molecole non lineari sono non
degeneri. La dimostrazione non e' particolarmente elegante, e si
ottiene ripetendo per tutti i Gruppi possibili l'analisi che abbiamo
svolta nel caso di Td.
Si noti pero' che questa analisi non detemina univocamente il
tipo di distorsione. La base di una IRREP di un Gruppo G e' base di una
rappresentazione di ogni sottogruppo di G, ma di solito tale
rappresentazione puo' essere risolta, applicando il LOT. Ad esempio,
la IRREP E di Td si risolve in A1g ⊕ B1g in D4h ed in A1 ⊕ B1 in D2d;
ambedue le distorsioni conducono ad IRREP non degeneri e possono
dar luogo ad una geometria di equilibrio.
Per le molecole lineari il teorema non vale. Nelle molecole con
|Λ|≥1, gli stati con Λ e -Λ sono degeneri. Per risolvere la degenerazione
bisognerebbe piegare la molecola. Uno spostamento di un nucleo
fuori dell'asse e' un vettore (cosφ,sinφ); gli elementi di matrice sono
soggetti alla regola di selezione ∆Λ = ±1. Quindi tutti gli elementi di
matrice si annullano e la degenerazione rimane.
11-5 Riduzione della base e dei rappresentativi di un
prodotto diretto
Abbiamo visto come si riduce una rappresentazione del
prodotto diretto; ma rimane da vedere come si decompone la base. E'
chiaro che si deve poter passare, con una trasformazione unitaria,
=272=
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dalla base {|αiβj>} del prodotto diretto di Γα e Γβ ad una base {|γ,r>} di
funzioni che si trasformino secondo una IRREP Γγ del Gruppo della
molecola. Se mγ e' la degenerazione di Γγ ,
|αiβj> =
∑γ
mγ
∑
| γr><γr|αiβj>.
(1)
r
I coefficienti <γr|αiβj> sono i coefficienti di Clebsh-Gordan del
Gruppo; nel caso del Gruppo continuo O +(3) delle rotazioni di un
angolo qualsiasi sono da identificare con i ben noti <LM|L1M1L2M2>. Il
Gruppo O(n) e' definito in generale come quello delle trasformazioni
lineari R di uno spazio vettoriale a n dimensioni tali che i coefficienti
della trasformazione sono reali, R-1 = RT e |Det(R)| =1; in 3
dimensioni cio' corrisponde alle rotazioni, proprie e improprie, nello
spazio reale di un angolo qualsiasi. Se ci limitiamo alle rotazioni
proprie con Det(R)=+1, si ha il sottogruppo O+(3). Il set delle
armoniche sferiche YL M ,∀L, e' base di una IRREP di O+(3).
Per un gruppo puntuale, i coefficienti di C.G. sono in realta' piu'
facili da trovare che per O +(3). Una volta scelti i set di base di Γα e Γβ
si costruisce una tabella degli effetti di ogni R su ogni funzione.
Allora sara' possibile determinare gli effetti degli R sulla base del
prodotto diretto, e quindi mettere in atto la tecnica degli operatori di
proiezione.
Esercizio. Due elettroni si trovano in stati di simmetria E in una molecola
appartenente al Gruppo C3v. Determinare la parte spaziale della funzione di
simmetria A1 del singoletto, ed i coefficienti di Clebsh-Gordan.
Risoluzione: la base a un elettrone e' (x,y), e si tratta di trovare la funzione di
simmetria A1 che si ottiene dal prodotto diretto E⊗E, la cui base e' {x1x2, x1y 2,
y 1x2, y 1y 2}. Useremo l'operatore di proiezione
PA 1=∑ R ,
R
dove R sono gli operatori del Gruppo. Studiando gli effetti degli operatori sulle
funzioni di base, si trova che
R
Rx
R y
_______________________________
E
x
y
x+ 3y
-y+ 3x
C3
-(
)
(
)
2
2
-x+ 3y
y+ 3x
C23
(
)
-(
)
2
2
σv(1)
x
-y
-x+ 3y
y+ 3x
(
)
(
)
2
2
x+ 3y
y- 3x
σv(3)
-(
)
(
)
2
2
________________________________
σv(2)
=273=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
x1+ 3y1 x2+ 3y2
Cosi' PA1 x1x2 = x1x2 + (
)(
) + ...=3(x1x2+y1y 2). Questa e' la
2
2
funzione d'onda spaziale cercata, da normalizzare. I suoi prodotti scalari con le
componenti {x1x2, x1y 2, y 1x2, y 1y 2} della base del prodotto diretto sono i
coefficienti di Clebsh-Gordan.
Sappiamo come trovare i coefficienti di C.G.; inoltre essi sono
tabulati in letteratura per i gruppi di intereresse chimico. Tuttavia noi
non avremo bisogno dei loro valori numerici. Per decomporre i
rappresentativi, bastera' operare formalmente con una R:
mγ
R |αiβj> = ∑
∑ R | γr><γr|αiβj>=
γ
r
=
∑γ
mγ
mγ
∑
∑
| γs>D sr (γ ) <γr|αiβj>,
(2)
r
s
ed esprimere il risultato nella base del prodotto diretto introducendo
un set completo:
R |αiβj>
=
m
n
k
p γ
∑ ∑ ∑
mγ
mγ
r
s
∑
∑
| αkβp><αkβp|γs>D sr (γ ) <γr|αiβj>. (3)
Confrontando con l'espressione (3.4)
m n
R |αiβj> = ∑ ∑ | αkβp> Dkp,ij(αβ) (R) ,
k
p
troviamo
Dkp,ij(αβ) (R) =Dki (α) Dpj (β) =
∑ ∑
< αkβp|γs>D sr (γ ) <γr|αiβj>.
(4)
γr s
Gli elementi di matrice della trasformazione unitaria che riduce la
rappresentazione del prodotto diretto sono i coefficienti di C.G., fatto
questo che ci e' familiare dalla teoria del momento angolare.
Lo stesso problema che abbiamo risolto per gli stati si presenta
anche per gli operatori. Un operatore che descrive l'interazione fra
gradi di liberta' diversi, come un elettrone ed una vibrazione, puo'
essere analizzato in tensori irriducibili che hanno proprieta' di
trasformazione ben definite per trasformazioni globali della
molecola. Abbiamo visto che un tensore irriducibile Tq( l) e' un
operatore che si trasforma come Yl m. Questa osservazione ha
conseguenze molto importanti. Per le armoniche sferiche vale il
teorema di somma dei momenti angolari
=274=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
|L1L2LM > =
∑
|L 1M1L2M2 ><L1M1L2M2 |L1L2LM > ,
M1M2
(5)
che dice come dal prodotto diretto di due armoniche sferiche
possiamo costruire un autostato di L e M. Consideriamo allora due
k
k
ITO, Tn 1(1) e T n 2(2) , che supponiamo operare su variabili 1 e 2
1
2
fra loro diverse e commutanti. Niente vieta di considerare l'operatore
k
k
prodotto diretto T n 1(1) T n 2(2) , che avra' (2k1+1)(2k2+1)
1
2
componenti, e di estrarne tensori composti di rango definito con
k
k
k
{ T 1(1) ⊗T 2(2)} q =
=
∑
n1n2
k
k
<k 1n1k 2n2|k 1k 2kq> Tn 1(1) T n 2(2) .
1
2
(6)
Ad esempio, partendo dai due vettori L e S, si ottiene per k=0 lo
scalare L⋅S , per k=1 un tensore di primo rango proporzionale al
prodotto vettore di L e S, e per k=2 un tensore piu' complesso; e'
ovvio che lo scalare, essendo del tipo di una interazione spin-orbita,
e' di interesse fisico particolarmente immediato.
11-6 Gruppi doppi
Finora abbiamo considerato solo il Gruppo di trasformazioni
degli orbitali spaziali. Ma la funzione d'onda ha anche la parte di spin.
La giustificazione e' che, se possiamo trascurare l'interazione spinorbita, tutte le considerazioni svolte rimangono valide, e ciascun
livello acquista una degenerazione 2 dovuta allo spin. In tal caso,
tutte le direzioni dello spin sono equivalenti. L'interazione spinorbita, pero', condiziona lo studio della simmetria perche' rende il
problema meno simmetrico: per esempio, un livello idrogenoide di
momento angolare l≠0, degenere 2(2l +1) volte, si separa in due livelli
j± =l± 1/2, degeneri 2j± +1 volte. Dunque, l'interazione spin-orbita
abbassa la simmetria, e noi dobbiamo studiarne le implicazioni dal
punto di vista della teoria dei Gruppi.
Lo spin, da solo, o in un orbitale A1, da' luogo ad una sua
rappresentazione degli operatori. Abbiamo visto nel Capitolo 4 che
l'operatore che ruota uno spin intorno all'asse z di un angolo ω e'
 e-iω /2 0
Rω = I cos (ω/2) -i σz sin(ω/2) =  0 e iω /2  ;
(1)
=275=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
allora sorvolammo sul fatto evidente, e sorprendente, che, se ω = 2π,
Rω =-1. Ruotando intorno ad un asse di versore n, poiche' (σ⋅n) 2=1, si
trova
R =I cos (ω/2) -i (σ⋅n) sin(ω/2)
e per ω=2π si ha sempre R=-I. Dunque, una rotazione completa di 2π
non lascia le cose come stavano, ma cambia di segno uno spinore.
_
Seguendo Teller (1929) indichiamo con E la rotazione di 2π
intorno ad un asse arbitrario. Essa vale E su una funzione senza spin e
_
-E per uno spinore: in ambedue i casi, E commuta con tutte le R∈G. Il
Gruppo di simmetria adatto a descrivere sia spinori che funzioni
senza spin consta delle operazioni di simmetria usuali, con l'aggiunta
_
_
di E e di tutte le operazioni che si ottengono moltiplicando E per
ciascuna delle precedenti. Il Gruppo piu' grande G' cosi' ottenuto si
chiama Gruppo doppio, perche' ha il doppio degli elementi del
Gruppo originario G. Commutando con tutti gli elementi del Gruppo
_
_
doppio, E costituisce classe a se'. Dal momento che E 2=E, gli
_
_
autovalori possibili di E sono ±1. Il rappresentativo di E in ogni IRREP
_
e' ±I (lemma di Schur) ed i caratteri di E sono ±χ(E). Vi sono dunque
_
IRREP del Gruppo doppio che, avendo χ(E ) = χ(E), non dicono nulla di
nuovo rispetto a quelle usuali, e attribuiscono lo stesso carattere a R
_
e a RE ; le altre, a causa del segno -, gli attribuiscono caratteri opposti.
Una delle IRREP di G' la conosciamo: e' la rappresentazione
_
spinoriale che ha carattere -2 per E . Rappresentativi delle rotazioni
-iω
sono le matrici R = exp(
(σ⋅n)). I caratteri sono invarianti per
2
trasformazioni unitarie, e per calcolarli conviene prendere n lungo
 exp(-iω/2) 0 
l'asse z: cosi' R = 0 exp(iω/2)  ed il carattere e' 2cos(ω/2).


L'inversione i lascia invarianti i momenti angolari, come r∧p, e anche
 1 0
lo spin. Pertanto, il suo rappresentativo e'  0 1  ed ha carattere 2. Le
riflessioni e tutte le rotazioni improprie possono essere scritte come
prodotti (i ⋅Rω ).
Esempio: riflessione sul piano xy: x y z → x y -z.
Una R di π intorno a z : x y z → -x -y z seguita da i da' lo stesso risultato.
In tal modo, possiamo completare i caratteri della rappresentazione
spinoriale. Questa descrive un elettrone con un orbitale A 1.
=276=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
In un problema fisico, potremo cominciare con l'analisi
gruppale delle proprieta' di simmetria degli orbitali spaziali, come
abbiamo fatto nei paragrafi precedenti; le r.i. senza spin
_
corrispondono in G' a r.i. con χ(E ) = χ(E); poi potremo moltiplicare i
nostri orbitali per le funzioni di spin, ottenendo cosi'
rappresentazioni del prodotto diretto fra quelle spaziali e quella di
spin.
In generale, le rappresentazioni prodotto diretto saranno
riducibili nel Gruppo doppio applicando le regole generali. Potremo
cosi' stabilire come l'interazione spin-orbita riduce la degenerazione
degli stati nel problema in questione.
Esempio
Il Gruppo puntuale D4 ha le 8 operazioni E, C4, C43, C2, 2C'2 , 2C"2.
C'
C"
Si ricava facilmente la tabella dei caratteri: ci sono 8 operazioni, 5
classi e 5 irrep; la somma dei quadrati delle dimensioni fa' 8.
D4
E
C4,C43
C2
2C'2
2C"2
A1
1
1
1
1
1
A2
1
1
1
-1
-1
B1
1
-1
1
1
-1
B2
1
-1
1
-1
1
E
2
0
-2
0
0
Per trovare come lo spin risolve la degenerazione in questa
simmetria, dobbiamo considerare il Gruppo doppio D' 4 che ha 16
operazioni e la seguente tabella di caratteri:
D'4
E
A'1
A'2
B' 1
B' 2
E'1
E'2
E'3
1
1
1
1
2
2
2
_
E
1
1
1
1
2
-2
-2
C4
_
C43E
1
1
-1
-1
0
2
- 2
C43
_
C4E
1
1
-1
-1
0
- 2
2
=277=
C2
2C'2
2C"2
1
1
1
1
-2
0
0
1
-1
1
-1
0
0
0
1
-1
-1
1
0
0
0
_
C2E
_
2C2'E
_
2C2"E
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Qui ci sono 7 classi, 7 irrep, e la somma dei quadrati fa' 16, quante
sono le operazioni, quindi la tabella e' completa. Sapremmo dedurre
la tabella dei caratteri! Ogni operazione fa' classe con la sua inversa in
_
D' 4;infatti, E =C44=C22 mentre E=C48=C24. Esiste sempre qualche
operazione che coniuga X con X-1 . Da A 1ad E'1 troviamo le irrep
senza spin. Quelle nuove sono E'2 ed E'3. La rappresentazione
spinoriale coincide con E'2 ed e' irriducibile: il carattere di una
_
π
π
rotazione di e' ±2cos( ) =± 2. Un orbitale non cambia sotto E ; se
2
4
appartenente ad una R.I. di D4, appartiene anche a quella
corrispondente di D' 4. Consideriamo un orbitale di B'2. Introducendo
lo spin, si ha B' 2⊗E'2 = E'3. Questa e' una IRREP e la classificazione e'
finita. Se l'orbitale appartiene invece ad E, va classificato in E'1. Il
prodotto diretto con lo E'2 da'
D'4
E
_
E
C4
_
C43E
C43
C2
_
C4E
_
C2E
2C'2
_
2C2'E
2C"2
_
2C2"E
E'1
2
2
0
0
-2
0
0
E'2
2
-2
0
0
0
2
- 2
E'1⊗E'2 4
-4
0
0
0
0
0
E'1⊗E'2 = E'2+E'3,
e la degenerazione 4 si risolve in due doppietti.
Consideriamo uno ione Cu++, con una configurazione 3d 9 .
L'interazione spin-orbita da' luogo a due livelli che corrispondono a J
= 3/2 , 5/2. Le corrispondenti IRREP Γ3/2 e Γ5/2 del Gruppo delle
rotazioni hanno dimensione 4 e 6 rispettivamente. Nel CuO e nei
superconduttori ceramici ad alta temperatura, lo ione si trova
circondato da 4 anioni O - - in una struttura planare, il cui Gruppo
puntuale D4 ha le 8 operazioni E, C4, C43, C2, 2C'2 , 2C"2.
I caratteri delle rappresentazioni riducibili si ottengono dalla nota
_
sin[(J+1/2)α]
formula χ(α) =
, tenendo conto che χ(E )=-χ(E) per J
sin(α/2)
semi-intero. Si trova che Γ3/2 = E'2 + E'3, Γ5/2 = E'2 + 2E'3.
11-7 Fractional Parentage
I calcoli delle funzioni d'onda degli atomi con n elettroni in
gusci aperti sono onerosi, per n≥2. Per n=2, abbiamo visto in dettaglio
come costruire i termini dello schema LS con un procedimento che
comporta (i) l'uso dei coefficienti di CG per combinare i momenti
angolari orbitali e di spin, tenendo conto del principio di Pauli per
=278=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
elettroni equivalenti (ii) sempre per elettroni equivalenti, il ricalcolo
della normalizzazione. Abbiamo notato che tale procedimento
assicura il successo in tutti i casi. Tuttavia, dobbiamo fare delle
osservazioni sul caso generale n>2, che sono rilevanti allo studio della
simmetria degli stati di multipletto ed utili in pratica.
1) Il procedimento studiato si basa sulla somma dei momenti
angolari di due elettroni, sulla somma dei momenti L,S risultanti con
quello di un terzo elettrone, e cosi' via. L'ordine con cui i singoli
elettroni entrano nel calcolo e' arbitrario, ed e' ovvio che si devono
ottenere gli stessi termini atomici comunque si proceda.
2) Supponiamo di avere una configurazione p2, con i suoi
termini 1S, 3P,1D, e di procedere ad aggiungere un terzo elettrone p
equivalente. Partendo da p2 1D, possiamo formare p3 2P, o p3 2D. Non
esiste p 3 2F, perche' il principio di Pauli proibisce piu' di due elettroni
con M L =1. Ma i termini permessi, p 3 2P e p3 2D, sono ottenibili anche
partendo da p2 3P. Si dice allora che ciascuno di questi termini p3 ha
due genitori (parents) , e precisamente p2 3P e p2 1D. Nel caso dei
termini atomici, i genitori possono essere uno, due o anche tre o piu'.
3) Con due soli elettroni, ogni termine che figura in una
configurazione vi appare solo una volta: abbiamo visto in particolare
che d2 si risolve nei termini 1S, 3P,1D, 3 F,1G. Ma se si analizza la
configurazione d3, si trovano i termini 2P,4P,2D (due volte) 2F, 4F,2G e
2H. Il fatto nuovo e' che un dato termine LS compare piu' di una volta.
Rifacendoci al primo postulato della meccanica quantistica (il set dei
buoni numeri quantici individua lo stato) dobbiamo aspettarci che
qualche numero quantico diverso da L e da S distingua fra loro i due
2D. Nel caso di una configurazione dn , e' possibile distinguere tutti i
termini fra loro con un solo1 numero quantico v ( seniority
number), definito dal piu' basso valore di n per cui appare il
termine in questione. Per n=0, si ha solo 1S; per d2 1S, si ha quindi
v=0. Tutti gli altri termini di d2 hanno v=2; dei due stati p3 2D, l'uno
ha v=1 (perche' per n=1 si ha uno stato d con gli stessi L,S), mentre
l'altro ha v=3. I valori di v che etichettano lo stato trovano posto nel
simbolo in basso a sinistra, cosicche' il simbolo completo e' (2S+1)v L.
Parleremo cosi' di p3 21D e p3 23D.
4) Uno stato di due elettroni con L e S definiti e' il prodotto di
una funzione di spin (simmetrica per il tripletto, antisimmetrica per il
singoletto) per una funzione orbitale rispettivamente antisimmetrica
o simmetrica. Con n>2 questa comoda fattorizzazione e'
generalmente impossibile, e la funzione d'onda Ψ non si trasforma
piu' in modo cosi' semplice per scambi di sole coordinate spaziali o di
soli spin. Per esempio, con 3 spin elettronici, esistono due diversi
doppietti di spin (S=1/2):
1in generale ne occorre un certo numero.
=279=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
e
[ααβ-βαα]

2
[αββ-ββα]


2
[αβα-βαα]

2
[αββ-βαβ]


2
M S=1/2
(1)
M S=-1/2
M S=1/2
;
(2)
M S=-1/2
inoltre, nessuno di loro e' totalmente simmetrico o antisimmetrico
nello scambio di due degli spin. In generale, una funzione d'onda
totalmente antisimmetrica e' una combinazione lineare di prodotti di
funzioni di spin con funzioni orbitali che hanno proprieta' di
permutazione complementari ad esse. Una caratterizzazione
completa della simmetria degli stati LS deve tener conto anche delle
proprieta' di simmetria di permutazione dei fattori spaziali e di spin,
e comporta lo studio di gruppi piu' generali di O+(3). Una siffatta
analisi1 consente di distinguere i due stati 2D e di pervenire in modo
formale al numero quantico v che qui e' stato introdotto in modo
fenomenologico.
Veniamo ai calcoli delle funzioni d'onda e degli elementi di
matrice, che sono molto pesanti quando gli elettroni sono piu' di 2;
conviene tabulare tutte quelle grandezze che, essendo legate alla
simmetria e non alla dinamica, si presentano tal quali in parecchi
sistemi. In questo modo i calcoli diventano piu' spediti, a patto che
qualcuno in precedenza abbia pubblicata la tabulazione. Beninteso,
per svolgere tale compito la prima volta occorre fare tutti i passaggi
standard senza scorciatoie.
Supponiamo di avere un sistema di n-1 elettroni in uno stato
Φ(1,2,..n-1) e di voler formare uno stato ad n elettroni
"aggiungendone un altro" in uno stato φ. Qui non ci preoccupiamo
del fatto che Φ o il nuovo stato ad n elettroni siano autostati di
qualche Hamiltoniano: ci poniamo il problema puramente
matematico di come si possa utilizzare l'informazione contenuta in Φ
ed in φ per costruire possibili stati per n elettroni. Ora e' evidente che
una funzione d'onda della forma
Ψ(1,2,...n)=Φ(1,2,..n-1)φ(n)
(3)
1Vedere ad esempio Mitchel Weissbluth, "Atoms and Molecules", Academic
Press, San Diego (1978) paragrafo 20.4.
=280=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
avrebbe il significato fisico di un'ampiezza di probabilita' di avere n-1
elettroni in Φ ed uno in φ, ma sarebbe inaccettabile come stato di n
elettroni perche' tratterebbe l'ultimo come distinguibile.
Supponendo Φ totalmente antisimmetrica, resta del lavoro da fare
per antisimmetrizzare totalmente Ψ. Uno puo' espandere Φ in
determinanti di Slater, aggiungere lo stato φ a ciascuno di essi, usando
un operatore di creazione, e risommare. In generale, anzi, non c'e' di
meglio da fare. Ma supponiamo che Φ rappresenti uno stato della
configurazione a n-1 , che φ appartenga allo stesso guscio atomico a, e
che quindi si voglia formare uno stato della configurazione an . In
generale, non e' univocamente assegnato lo stato φ , ma il set di stati
|lml ms> del guscio cui appartiene; lo stato Ψ deve essere etichettato
con i numeri quantici appropriati agli stati atomici. Mettiamoci nello
schema LS ed assegnamo LSML MS. Lo sviluppo completo di
Ψ(LSML MS;1,2,..n) totalmente antisimmetrizzata sara' una
combinazione lineare, con opportuni coefficienti, delle φ(lm l ms;n) a
un elettrone moltiplicate per funzioni a n-1 elettroni della forma
Φ(L'S'M L 'M S';1,2,..n-1). Qui entra in gioco la simmetria, perche' i
prodotti
φ(n,lm l ms)Φ(1,2,..n-1, L'S'ML 'M S')
(4)
devono combinarsi fra loro in modo da formare autofunzioni di
LSML MS con gli autovalori assegnati. Comunceremo allora col definire
funzioni d'onda parziali, della forma
|an-1 (L'S') ⋅ a(l,1/2) LSM L MS > ≡
∑ ⋅
∑
ML 'M S' ml ms
<S'M s'S''MS"|S'S''SMS> <L'ML 'L''M L "|L'L''LML >
⋅ |an-1 L'S'ML 'M S'>|a L''=l S''=1/2 ML "=ml MS"=ms > .
(5)
Queste funzioni d'onda non antisimmetriche, che pero' tengono
conto della somma dei momenti angolari, si chiamano 'dot product
wave functions'. Avendo preso cura della simmetria centrale del
problema, potremo scrivere la funzione d'onda Ψ totalmente
antisimmetrica come combinazione lineare di queste, sommando
sugli indici L' S' rimasti liberi:
Ψ(LSML MS,1,2,..n) ≡ |an LSML MS> =
= ∑ <an-1 (L'S'),a|} an LS> • |an-1 (L'S') ⋅ a(l,1/2) LSM L MS > . (6)
L'S'
=281=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
I "coefficienti di fractional parentage" <a n-1 (L'S'),a|} an LS> possono
essere calcolati una volta per tutte. Infatti, essi sono stati tabulati1.
Disponendo di tali tabulazioni, la costruzione degli stati an da quelli
an-1 diventa agevole. Per esempio, prendiamo dal libro di Weissbluth
alcuni dati:
d3
N
10S
.............
1
21D
4
60
1
23D
0
140
.................
32P
d2
12D
32F
12G
-3
- 5
- 21
-3
-7
45
21
-5
Volendo costruire l'autofunzione 2D di d3 con seniority number v=3,
dovremo usare il secondo rigo, dopo aver ottenuto i genitori d2 (tutti
i termini tranne 1S). N e' un coefficiente di normalizzazione, e
1
|d3 23D> =
{ -7|d2 3P ⋅ d>+ 45 |d2 12D ⋅ d> + 21|d2 32F ⋅ d>
140
-5 |d2 12G⋅ d> };
(7)
le funzioni dot product necessarie si ottengono combinando i vari
termini del multipletto d2 con d (m s=1/2) usando i coefficienti di
Clebsh-Gordan. E' ovvio che 21D e' diverso, ed ha anche un genitore
in piu'. Con questo metodo possiamo ottenere tutti i dn .
Nel caso atomico, il problema e' invariante per tutte le rotazioni
(Gruppo R3≡O(3)) e gli autostati del momento angolare appartenenti
a un dato l sono la base di una IRREP del Gruppo. L'argomento puo'
essere esteso immediatamente alle IRREP dei Gruppi puntuali. Infatti,
se a denota gli orbitali appartenenti ad una IRREP h, l'indice h che
corre su tutte le IRREP occupa il ruolo prima svolto da l; le
componenti saranno individuate, in luogo di ml , da qualche indice θ;
le funzioni dot product saranno definite da
|an-1 (h'S') ⋅ a(h''S'') hSθMS > ≡
∑ ⋅
∑
θ'M S' θ''m s
<S'M s'S''ms|S'S''SMS> <h'θ'h''θ''|h'h''hθ>
⋅ |an-1 h'S'θ'M S' > |ah''S'' θ'' m s > ,
(8)
1C.W. Nielson and G.F.Coster, "Spectroscopic coefficients for p+n,dn
configurations", MIT press, Cambridge, Massachussets (1963)
=282=
and fn
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dove <h'θ'h''θ''|h'h''hθ> sono i coefficienti di Clebsh-Gordan del
Gruppo. Infine,
Ψ(hSθMS,1,2,..n) ≡ |an hSθMS> =
= ∑ <an-1 (h'S'),a|} an hS> • |an-1 (L'S') ⋅ a hSθMS > .
h'S'
(9)
Anche per alcuni Gruppi puntuali i coefficienti di fractional parentage
sono stati tabulati. Ma spesso si puo' fare a meno anche di |an SθMS> .
Si possono calcolare direttamente gli elementi di matrice fra stati a n
particelle in termini di quelli a particella singola. Consideriamo un
n
operatore a un corpo, f=∑ f(i), dove la somma e' sugli elettroni.
i
L'elemento di matrice fra due stati totalmente antisimmetrici di n
elettroni e'
<Ψ|f|Ψ'> = n<Ψ|f(i)|Ψ'> ,
(10)
comunque si scelga i. Prendendo i=n e le funzioni d'onda espanse in
termini di dot product functions, con l'orbitale φ(n) in evidenza, ci si
riduce al calcolo di <n|f(n)|n> ed a quello degli overlap fra gli stati ad
n-1 elettroni, i "parents" ortonormali. Per calcolare gli elementi di
matrice di operatori a due corpi, si puo' procedere analogamente
introducendo funzioni dot product, del tipo
|an-2 (L'S') ⋅ a2(L''S'') LSML MS >
(11)
e "fractional parentage coefficients" a 2 elettroni. In letteratura1,
sono disponibili tavole di tali coefficienti per il Gruppo O(3).
11-8 Teorema di Wigner-Eckart
Siano |αi> e |βj> le componenti delle basi delle IRREP Γα e Γβ
(eventualmente coincidenti) e sia T p(γ ) la componente p di un tensore
irriducibile, tale che
RTp(γ ) R-1 =∑ T q(γ ) Dqp (γ ) (R).
(1)
q
Consideriamo allora l'elemento di matrice <αi|Tp(γ ) |βk>. Al variare
delle componenti i,p e k vi puo' essere un buon numero di siffatti
1V.L.Donlan, J.Chem.Phys.52, 3431 (1970)
=283=
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elementi di matrice, tutti mescolati fra loro dalla simmetria. Invece di
ottenerli da calcoli separati, si potranno ottenere tutti da un calcolo
comune. Infatti, ∀R∈G, R† =R-1 e quindi
<αi|Tp(γ ) |βk> = <αi|R† RTp(γ ) R† R|βk> =
<αi|R† ∑ T q(γ ) Dqp (γ ) (R)R|βk> =
q
=∑
q
∑ ∑
j
r
< αj|Tq(γ ) |βr>Dji (α) * (R)Dqp (γ ) (R)Drk (β) (R).
(2)
Ora, per poter usare il GOT, esprimiamo il prodotto di due D in
termini di una sola D. In effetti, D qp (γ ) (R)Drk (β) (R) e' il prodotto
diretto di due IRREP,
Dqp (γ ) Drk (β) =∑ ∑ < γqβr|δs>D st(δ) <δt|γpβk>.
δ st
Sostituendo,
<αi|Tp(γ ) |βk> =
=∑
q
(3)
∑ ∑
< αj|Tq(γ ) |βr>D ji (α) * (R) ∑ ∑ < γqβr|δs>D st(δ) <δt|γpβk>.
δ st
r
j
Qui R e' arbitrario. Sommando su R, a primo membro abbiamo un
fattore g (=ordine del Gruppo); a secondo membro il GOT da'
∑
R
D ji (α) * (R)Dst(δ) (R) =
g
δ δ δ ,
mα αδ js it
ed alfine otteniamo
g<αi|Tp(γ ) |βk> =
g
=∑ ∑ ∑ < αj|Tq(γ ) |βr>∑ ∑ < γqβr|δs><δt|γpβk>
δ δ δ ,
mα αδ js it
δ st
q j r
ovvero,
<αi|Tp(γ ) |βk> =
=284=
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
∑ ∑ ∑
q j r
=

< αj|Tq(γ ) |βr><γqβr|αj>
mα



<αi|γpβk> .

(4)
Apparentemente non abbiamo fatto un grande progresso; ma in
realta' questo risultato e' molto importante, perche' la parentesi
tonda e' del tutto indipendente dagli indici i,p,k delle componenti.
Possiamo pertanto scrivere
<αi|Tp(γ ) |βk > = < α||T(γ ) ||β> < αi|γpβk > .
(5)
Questo e' il teorema di Wigner-Eckart: l'elemento di matrice consta di
un fattore <α||T(γ ) ||β> , che prende il nome di elemento di matrice
ridotto e dipende solo dalle IRREP, e di un fattore puramente
geometrico, il coefficiente di C.G. <αi|γpβk> , che contiene tutta la
dipendenza "geometrica" dalle componenti. Per sistemi sfericosimmetrici possiamo scriverlo equivalentemente in termini dei
simboli 3j di Wigner:
j -m  jα
<jα mα |Tmγ ( jγ ) |jβmβ> = (-) α α  -m
jγ jβ 
 <jα ||T(j γ ) ||jβ>.
α mγ mβ 
(6)
Il problema dinamico si riduce al calcolo di <α||T(γ ) ||β>, che si puo'
ottenere da una sola componente particolarmente agevole da
calcolare. Tutte le altre componenti si calcolano poi con l'ausilio di
una tavola di coefficienti di C.G.
Ad esempio, l'elemento di matrice ridotto <L'||L||L> che corrisponde al
tensore irriducibile L si puo' ottenere calcolando <L'M'|Lz|LM> = MδMM'δLL' .
Occorre riconoscere che L z = L0 e' la componente con q=0 del tensore
L+
Lirriducibile L scritto in forma polare, L = (L0, L +1= ,L- 1=
), dove
2
2
L +=Lx +iL y ,L-=Lx -iL y , il quale appartiene alla IRREP γ individuata da J=1,
cosicche' il teorema di W-E si scrive
L'-M'
L' 1 L
<L'M'|L q(1)|LM> = (-)
<L'||L (1)||L>,
-M' q M
(
)
e il fattore δLL' ottenuto sopra appartiene a <L'||L(1)||L>. Calcolando l'elemento
con M=L con il teorema di W-E si ottiene
<LL|L 0|LL>= (-)
( -LL
0
1 L
0 L
) <L||L||L> = L.
Poiche' le tavole dei coefficienti 3j danno
=285=
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( -LL
1 L
0 L
) = L [(2L+1)(L+1)L]
-1/2 ,
si trova
<L'||L||L> = δLL' [(2L+1)(L+1)L]1/2.
In particolare, per uno spin 1/2, si ha <1/2||S||1/2> =
3
.
2
Ma il teorema non avrebbe la fondamentale importanza che ha
se consentisse solamente di ridurre il calcolo di in tensore a quello di
una sua componente. C'e' molto di piu'. Il teorema implica che,
prefissate le IRREP del bra e del ket, tutti gli operatori che si
trasformano nello stesso modo hanno gli stessi elementi di matrice, a
meno di una costante moltiplicativa. Possiamo scegliere l'operatore
con cui fare i calcoli come ci pare comodo (purche' non abbia
l'elemento di matrice ridotto nullo). Per esempio, sappiamo che se
jγ =1, T(1) q e' una delle tre componenti polari (q=0, ±1) di un vettore
T. Quindi, i suoi elementi di matrice sono proporzionali a quelli del
vettore J, che sono facilmente calcolabili in questa base:
<jm|T|j'm'> = C <jm|J|j'm'>.
(7)
Per determinare la costante C, basta calcolare esplicitamente un
elemento diagonale <jm|T|jm>. Spesso pero' e' piu' semplice trovare
gli elementi di matrice dello scalare T⋅J. Anche questo basta, perche'
<jm|T⋅J|jm>= ∑ <jm|T|jm'><jm'|J|jm>=C ∑ <jm|J|jm'><jm'|J|jm>=
m'
m'
=CJ(J+1).
(8)
11-9 Alcune applicazioni fisiche del Teorema di WignerEckart
Vedremo a suo tempo che l'elemento di matrice Raman e' M =
∑
pq
Rpq ( ε2) p( ε1) q , ed e' determinato dal tensore
Rpq =
∑[
n
<f|dp|n><n|dq|i>
<f|dq|n><n|dp|i>
+
[ω ni - ω 1]
[ω n f +ω 1]
].
(1)
Qui ω1 e' la frequenza del fotone assorbito. Ciascuno dei due termini
di cui consta Rpq e' l'elemento di matrice fra |i> ed |f> di un operatore
che si trasforma come un prodotto di coordinate cartesiane; gli stati
finali accessibili per simmetria sono gli stessi, e quindi le regole di
selezione dell'effetto Raman si possono ottenere semplicemente
considerando quelle di xi xk , con i e k compresi fra 1 e 3. Uno sguardo
alla tabella dei caratteri del Gruppo della molecola e' sufficiente.
Abbiamo incontrato altri esempi significativi parlando delle
interazioni iperfini. L'hamiltoniano (6.2.4) descrive l'interazione H'
=286=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dell'elettrone col momento magnetico del nucleo; per gli stati con
L≠0, il calcolo dei valori di aspettazione sugli stati imperturbati
|LSJFMF> in funzione di F puo' essere gravoso. Tuttavia, H' e' della
forma V⋅m, dove V e' un opportuno vettore che dipende dai gradi di
liberta' elettronici, e m il momento magnetico del nucleo,
proporzionale allo spin I. I valori medi possono essere tutti calcolati,
a meno di una costante moltiplicativa, usando J⋅I=(F2-I2-J2)/2 in
luogo di V⋅m. Abbiamo studiato anche l'interazione con il momento
di quadrupolo elettrico del nucleo. Esso e' definito dal tensore
Q ik = ∑ {3 xpi xpk -δik rp2} ,
p
(2)
dove xpi e' una componente cartesiana del raggio vettore rp del
generico protone del nucleo. In effetti si tratta di un tensore
simmetrico a traccia nulla e , come abbiamo anticipato, possiamo
sostituirlo nei calcoli con il tensore
3Q
2
{Ii Ik + Ik Ii - δik I2},
(3)
2I(2I-1)
3
costruito con le componenti dello spin nucleare.
In modo analogo, possiamo studiare il momento di quadrupolo
degli atomi considerando il tensore
Q ik =
Q ik =
3Q
2
{Ji J k + J k J i - δik J 2},
2J(2J-1)
3
(4)
di cui e' agevole calcolare la matrice in una base con J,Jz assegnati
(per esempio, sul termine fondamentale dell'atomo). Nello stato con
J z=J si trova subito Qzz=Q; questo parametro si chiama
semplicemente momento di quadrupolo dell'atomo. E' ovvio che le
componenti Q ik sono tutte nulle in uno stato con J=0; su stati con
J=1/2 possiamo sostituire Ji con (1/2) i , e tenendo conto del fatto
2
che [σi ,σk ]+=2δik , e 2=3, si ha J i J k + J k J i - δik J 2 =0. Solo gli stati con
3
J≥1 possono avere momento di quadrupolo 1.
Fra le altre applicazioni del Teorema di Wigner-Eckart
ricordiamo la regola di Lande' per atomi plurielettronici. Nella teoria
elementare dei Multipletti atomici, l'interazione spin-orbita H'SO viene
introdotta come perturbazione del primo ordine degli stati LS. Per
studiare come si scinde il termine fondamentale di un atomo, si
possono ignorare i gusci chiusi concentrando l'attenzione sugli N v
1Il valore di aspettazione del momento di dipolo e' nullo su ogni stato
perche' l'operatore e' dispari.
=287=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
elettroni di valenza. Gli stati |LML ,SM S> si trasformano per rotazioni
spaziali come componenti (etichettate da ML ) della IRREP etichettata
con L; per rotazioni di spin la IRREP e' quella etichettata da S. Si ha
H' SO =
Nv
∑
ζ l(i)⋅s(i),
(5)
i
dove l(i) e' l'operatore del momento angolare orbitale dell'elettrone
e
dV
i-esimo, s(i) e' il suo spin, ζ= <
> mediato sulle funzioni
2m2c 2r dr
radiali identiche per tutti gli Nv elettroni equivalenti. Si intende che
stiamo adottando una approssimazione del Campo Centrale (in cui il
potenziale V sara' non Coulombiano ma schermato per tenere conto
dei gusci pieni).
Poiche' l(i) e' un vettore dello spazio ordinario come L , e s(i)
e' un vettore dello spazio degli spin come S, il teorema di WignerEckart permette di scrivere 1
<LML SM S|H' SO |LML SM S> = A <LML SM S|L⋅S|LML SM S> , (6)
J2-L2-S2
, la
2
matrice di H' SO si diagonalizza immediatamente in questo sottospazio
passando alla base |LSJMJ >.
Nella teoria dell'effetto Zeeman "anomalo", si deve calcolare il
µB B
valore di aspettazione ∆E della perturbazione H'=
(Lz+geSz)
/
h
µ B
≈ B (J z+Sz), su stati |LSJM>. In tale sottospazio, S =c J, dove c e' una
/
h
costante. Per determinare c, usiamo l'uguaglianza S⋅J =c J2. Poiche'
J2 - S2-L2 J2 + S2-L2
S⋅J =S2+ S⋅L= S2+
=
, e' facile ottenere c e <Sz>.
2
2
Quindi, si trova ∆E =g µB BM, dove g e' il fattore di Lande'
J(J+1)+S(S+1)-L(L+1)
g=1+
. Anche se questi risultati sono noti da altri
2J(J+1)
metodi, e' utile rendersi conto che sono conseguenze immediate del
teorema di Wigner-Eckart, e cioe' della simmetria. Fra le altre
applicazioni notevoli, occorre menzionare la derivazione delle regole
di selezione per le transizioni elettromagnetiche e l'effetto Stark
negli atomi plurielettronici. Questi risultati sono noti dal Corso di
dove A e' una costante indeterminata. Poiche' L⋅S =
1In molti libri
si tenta di arrivare al risultato senza usare il teorema di
Wigner-Eckart. Ma allora il problema e' difficile e le spiegazioni semplici
non fanno capire molto.
=288=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Struttura della Materia, dove erano stati presentati in modo
fenomenologico: ora lo Studente puo' ricavarseli per esercizio.
Capitolo 12-Risonanze
Anche quegli stati eccitati di un sistema, che in approssimazione zero
possono essere descritti come discreti, si rivelano sempre come parte di un
continuo quando si tiene conto di tutti i gradi di liberta'. Una descrizione
appropriata richiede tecniche nuove.
12-1 Risonanze: qualche esempio
Nel 1952, Fermi scopri’ un picco nella sezione d’urto elastica πp (energia cinetica c.m. fra 1.2 e 1.4 GeV larghezza a mezza altezza
100 MeV, τ=10-23 s. Si tratta della risonanza ∆++ . Nel 1957, Silverman
e Lassettre, in un famoso esperimento, bombardarono atomi di He
con elettroni di energia Ein = 504 eV e misurarono lo spettro di
perdita di energia; in altri termini, misurarono la corrente degli
elettroni diffusi in avanti dopo avere perduto energia E nella
collisione.
504 eV
He
Rivelatore
IP=24.6 eV
Oggi tali esperimenti sono ben noti col nome di EELS (Electron Energy
Loss Spectroscopy). Un atomo di He ha una energia di ionizzazione
I≈24.6 eV, quindi l'energia cinetica Ein dei proiettili e' molto piu'
grande, e molti fenomeni possono accadere nell'urto. L'esperimento
citato rivelo' un picco di forma asimmetrica fra ≈59 e ≈60.5 eV, con
un massimo a E≈ 60.2 eV, sovrapposto ad un fondo continuo.
=289=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
2s2p P
J(E)
59
60
Energy
loss
E
Il fondo non desta sorpresa, perche' gli elettroni incidenti possono
perdere energia con continuita', ma il picco quasi discreto, largo ≈
1eV, fa' pensare alla esistenza di uno stato doppiamente eccitato
dell'atomo che si trova nel continuo. In effetti, sono stati poi scoperti
fra 57 e 64 eV parecchi altri stati del genere. Li possiamo etichettare
nello schema L-S come 1S e 3S, 1P e 3P , appartenenti a varie
configurazioni due volte eccitate1, come 2s2, 2sns, 2snp, e quello
scoperto da Silverman e Lassettre e' classificato come 2s2p1P.
Se non che, tali stati cadono ampiamente nel continuo di
ionizzazione, e non possono essere veramente legati; per questo
prendono il nome di risonanze. La larghezza della riga osservata e' in
parte dovuta alla risoluzione sperimentale; il valore oggi accreditato
(4.4 10-2 eV) puo' essere interpretato in termini del tempo di vita
finito della risonanza, che deve decadere , radiativamente o in modo
autoinizzante, in un elettrone ed uno ione He+. Quest'ultimo canale di
decadimento e' analogo all'effetto Auger ed e' nettamente prevalente
per atomi leggeri.
La riga 2s2p1P dell'He ha inoltre una forma asimmetrica. Una
forma non lorentziana e' una delle caratteristiche comuni delle
risonanze.
Negli spettri di assorbimento ottico, gli stessi stati
autoionizzanti si rivelano come picchi nel continuo, con la stessa
posizione energetica, simile larghezza e simile caratteristica forma
asimmetrica. Le risonanze sono in realta' un fenomeno generale, che
si manifesta ogni qual volta un livello discreto e' degenere con un
continuo e si allarga interagendo con esso. Per esempio, se ne
osservano anche in esperimenti di diffusione elastica su He di
elettroni incidenti di energia cinetica Ein <I; anche in questo caso lo
spettro e' continuo, cioe' il sistema atomo+elettrone non e' legato e
puo' avere qualsiasi energia; pero' la sezione d'urto presenta massimi
1Altri dati sperimentali sono riportati sul libro di B.H.Bransden e
C.J.Joachain, "Physics of Atoms and Molecules", Longman, London and New
York (1986) Capitolo 12.
=290=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
stretti ed asimmetrici in corrispondenza di energie caratteristiche. Le
risonanze in questo caso sono ioni He- temporanei, che dopo un
certo tempo si dissociano in vari stati eccitati di He neutro + un
elettrone.
Le caratteristiche essenziali delle risonanze dipendono dal
sistema in esame, piuttosto che dalla spettroscopia usata per
studiarlo. In generale, uno spettro puo' essere descritto in termini di
una probabilita' di transizione, che a sua volta, per la regola d'oro di
Fermi, e' proporzionale al modulo quadrato dell'elemento di matrice
<i|T|f> di un qualche operatore, dove i e f denotano gli stati iniziale e
finale; e T e' diverso nelle diverse spettroscopie. Cosi', T ∝A⋅p
nell'assorbimento ottico; in EELS, considerando l'elettrone proiettile
in r come distinguibile dagli altri, l'elemento di matrice e' , nel caso
di un atomo di He,
2
1
<i|T|f>=<Ψ i exp(iki r)| ∑
|Ψ exp(ikf r)> =
|rj -r| f
j=1
=
∫
d 3r1d3r2d3r Ψ i * (r1,r2)|
2
1
|Ψ (r ,r )exp[iqr] , (1)
|rj -r| f 1 2
∑
j=1
introducendo q = kf -ki , che e' il 'momento trasferito' dall'elettrone
al sistema. Poiche'
∫d3r
4πe2
exp[iqr]
=
exp[iqrj ],
|rj -r|
q2
4πe2
e-iqr j .
Poiche'
q2 ∑
j
esistono alcuni tratti essenziali del problema che dipendono poco
dalla forma esplicita di T, noi li studieremo in un modello idealizzato,
considerando un operatore T generico.
l'operatore che descrive lo scattering e' T=
12-2 Risonanze di Fano1
Consideriamo l'interazione fra uno stato localizzato |0σ> di
energia ε0 ed un continuo non degenere di stati delocalizzati |kσ> di
energia εkσ. Tipicamente, |0σ> e' uno stato atomico da cui l'elettrone
puo' saltare nel continuo degli stati di particella libera o in quello
degli stati di Bloch di una banda di un solido. Il processo di salto e'
descritto dagli "integrali di hopping" Vk0. L'hamiltoniano e'
1U.Fano, Phys. Rev. 124 (1961) 1066; P.W. Anderson, Phys. Rev. 124 (1961) 41
=291=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
H=
∑
kσ
εkσnkσ + ∑ ε0 n0σ +
σ
∑ {V k0akσ‡a0σ + h.c.}
kσ
(1)
dove h.c. sta per il coniugato hermitiano di quanto precede.
Diagonalizzare questo Hamiltoniano vuol dire metterlo nella forma
~
H=
∑
λ
ελnλ ,
(2)
dove λ denota gli autostati esatti perturbati, ed ελ gli autovalori esatti;
il cambiamento di base
aλ = <λ|0>a0 +
∑
k
< λ|k>ak ,
(3)
ha l' inverso
ak =

a0 =

∑
λ
< k|λ>aλ
(4)
<0|λ>aλ
∑
λ
Troviamo gli stati |λ> col metodo delle equazioni del moto. Notiamo
che
[aλ ,nλ']- = δ(λ,λ') a λ ,
dove la δ(λ,λ') e' di Kroneker se pensiamo gli stati quantizzati in una
grande scatola, o di Dirac se li normalizziamo sul continuo (si pensi
alle onde piane, per le quali ambedue i metodi sono ben noti): le due
descrizioni sono fisicamente equivalenti.
~
Pertanto, deve essere [aλ ,H ]- =ελ aλ . Tale equazione del moto deve
essere vera anche se espressa nella base originaria:
[(<λ|0>a0 +
∑
k
< λ|k>ak ),H] - = - ελ (<λ|0>a0 +
∑
k
< λ|k>ak ).
(5)
I commutatori occorrenti si ottengono immediatamente con le regole
note,e sono
[a0,H] - = ε0a0 +
∑
V k0ak
(6)
k
[ak ,H] - = εk ak + V0k a0 .
(7)
Inoltre, l'uguaglianza deve valere separatamente per i coefficienti di
a0 e di ak , che sono linearmente indipendenti, e questo da' due
condizioni che determinano i |λ>,
=292=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
( ελ-ε0)<λ| 0 >

( ε -ε )<λ|k>
λ
k
- ∑ <λ|k>V0k = 0
.
k
- < λ|0>Vk0 = 0
(8)
1)Soluzione nel discreto.
Se si pensa il sistema chiuso in una grande scatola, in modo che
lo spettro continuo εk sia in effetti discretizzato, allora si puo'
sempre supporre ελ ≠ εk , ed ottenere dalla seconda
Vk0
(9)
εk - ελ <λ|0>;
sostituendo nella prima si trova un'equazione algebrica per gli
autovalori discreti, dove compaiono solo quantita' reali:
<λ|k> = -
ε0 - ελ -
∑
|Vk0|2
εk - ελ =0.
(10)
k
Nella figura viene mostrata una soluzione grafica, con ε in ascisse e
|Vk0|2
y=∑
ε - ε in ordinate ; gli εk hanno valori positivi equidistanti, ed
k k
i |Vk0|2 sono tutti uguali. La somma varia fra -∞ e + ∞ fra un εk e il
successivo. Le radici ελ sono date dai punti di incrocio con la retta
y=ε0 - ε.
10
5
-2
-1
1
2
-5
-10
Si vede cosi' che c'e' sempre una radice reale ελ fra due autovalori εk
imperturbati, ed inoltre c'e' una radice isolata sotto il "continuo"
discretizzato. Trovate le radici, e' banale normalizzare le funzioni
d'onda, e il problema e' interamete risolto.
Questa soluzione pero' e' poco utile. Infittendo i k, il grado
dell'equazione algebrica cresce; un errore sempre piu' piccolo
distingue uno 0 da un ∞ della somma, e diventa necessario un
numero maggiore di cifre significative per approssimare le radici. Piu'
che il sistema in esame, tutta questa informazione descrive la sua
interazione con la scatola fittizia in cui l'abbiamo messo; non e'
=293=
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questa la via per passare al limite del continuo. Un approccio diretto
"brute force" e' quindi destinato a fallire, dopo averci portato ad
affrontare complicazioni del tutto irrilevanti al problema fisico.
2)Soluzione nel continuo
A questo stadio, i due metodi di quantizzazione (sul continuo o
sul discreto) si differenziano, e quello discreto si dimostra poco
adatto. Affrontiamo allora direttamente il caso del continuo, quando
le somme su k e su λ vanno interpretate come integrali ; allora pero'
coincidenze ελ = εk fra autovalori perturbati e imperturbati devono
necessariamente aver luogo. Avremo bisogno di altri strumenti
matematici e di alcune definizioni.
1) La densita' di stati del sistema,
ρ(ω) =
∑
λ
δ(ω- ελ) .
(11)
E2
Dalla definizione consegue che ∫dωρ(ω) e' il numero di autostati fra
E1
E1 ed E2 ; beninteso, esso puo' divergere nel limite del continuo,
quando il numero totale degli stati e' N→∞ . Ma allora possiamo
convertire la somma in integrale, con una "misura" idonea, come ad
esempio
∑
→
Ω
∫ d 3k, dove Ω e' il volume del sistema.
(2π) 3
k
Se definiamo la densita' di stati imperturbata (V0k =0)
∑
δ(ω- εk )
(12)
k
abbiamo l'uguaglianza ρ=ρ (0) a meno di quantita' O(1/N)→0, perche'
dopo tutto abbiamo aggiunto appena uno stato ad un continuo dove
gia' ce ne erano N>>1.
2) La densita' di stati locale del sito 0, che misura il grado di
mescolamento degli autostati ad energia ω con l'orbitale 0,
ρ (0)(ω) =
ρ 0(ω) =
∑
λ
δ(ω- ελ)|<0|λ>|2.
(13)
La quantita' imperturbata e' ρ 0(0) (ω)=δ(ω- ε0). Per la completezza
dei λ, risulta che
∞
∫
-∞
d ω ρ 0(ω)=1.
3) L'operatore risolvente, o operatore di Green
G(ω) = (ω-H+iδ) -1 ,
(14)
dove δ sta per un infinitesimo positivo, δ=+0 . L'elemento di matrice
locale e'
=294=
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|<0|λ>|2
G00(ω)=<0|G(ω)|0>= ∑
,
(15)
λ ω-ελ +iδ
1
e quindi ρ 0(ω) = - π Im G00(ω).
Possiamo ricavare ρ 0 e tutti gli elementi di matrice di G
dall'identita' (ω-H+iδ) G=1. Includendo iδ nella definizione di ω, e
tenendo conto che Hkk' =0, si trova
<0|(ω-H)|0>G00 + ∑ <0|(ω-H)|k>Gk0 = 1
k
<k|(ω-H)|k>Gk0 + <k|(ω-H)|0>G00 = 0
cioe'
(16)
(17)
<0|(ω-H)|0>G0k + ∑ <0|(ω-H)|k'>Gk'k = 0
k'
<k|(ω-H)|0>G0k' + <k|(ω-H)|k>Gkk' = δ(k,k'),
(ω- ε0)G00 - ∑ V0k Gk0 = 1
k
(ω- εk )Gk0 - V k0G00 = 0
(18)
(19)
(20)
(21)
(ω- ε0)G0k - ∑ V0k' Gk'k = 0
(22)
k'
-Vk0G0k' +(ω- εk )Gkk' = δ(k,k').
(23)
Ora, grazie all'immaginario infinitesimo δ, non ci sono divergenze,
Vk0
Gk0 =
G ;
(24)
(ω- εk ) 00
e sostituendo nella prima, si ottiene la funzione di Green locale
1
G00 =
,
(25)
ω- ε0 - Σ(ω)
dove
|Vk0|2
Σ(ω) = ∑
(26)
ω - εk + i δ
k
e' la "self-energy". A differenza della quantita' che compare nella
equazione (10) agli autovalori discreti, cui somiglia, questa e' una
funzione liscia di ω, con
∑
k
che rappresenta un integrale; inoltre,
essa e' complessa, con
|Vk0|2
ReΣ(ω) ≡ Σ1(ω) = P ∑
ω - ε0
k
dove P e' la parte principale, e
=295=
(27)
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ImΣ(ω) ≡ Σ2(ω) = −π ∑ |Vk0|2δ(ω - εk ) .
(28)
k
I poli di G sul piano complesso z sono soluzioni di
z- ε0 - Σ(z)=0;
(29)
se esistono soluzioni reali, esse corrispondono a Σ2 =0, ed a un
autovalore ελ discreto. In generale, Σ2 ≠0, z e' complesso e il polo
indica uno stato risonante, con un tempo di vita finito. Se Σ1 e Σ2
fossero indipendenti da ω, G00 darebbe una ρ 0 lorentziana. Questo di
solito e' lontano dal vero, ma serve per capire che, qualitativamente,
Σ1 e' uno spostamento del livello, mentre Σ2 ha a che fare con la sua
semilarghezza e col tempo di vita dello stato risonante.
A questo punto, noi conosciamo la funzione di Green locale,
che gia' ci consentirebbe di discutere qualitativamente una vasta
fenomenologia, come vedremo. Inoltre, risolvendo il sistema che lega
fra loro le componenti di G, potremmo facilmente calcolarle tutte. Ma
una soluzione completa del problema richiede il calcolo delle
funzioni d'onda, ed a tal fine e' conveniente l'ipotesi semplificativa
che il continuo non sia degenere; in tal caso, esiste una
corrispondenza biunivoca fra εk e k, e fra ελ e λ; si puo' sommare
indifferentemente sugli autostati o sugli autovalori,
∑
λ
↔
∫
d ελ ρ(ελ ) .
(30)
Questa ipotesi puo' successivamente essere rimossa senza che cambi
niente di fondamentale1. Il vantaggio della (30) e' che consente di
esprimere <0|λ> in termini della funzione di Green, con un
cambiamento di variabili. Infatti,
|<0|λ>|2
G00(ω) = ∑
=
λ ω-ελ +iδ
|<0|λ>|2
∫dελρ(ε λ) ω-ελ+iδ ,
(31)
e cosi'
Im G00(ω) = -π
∫dελρ(ε λ) |<0|λ>|2δ(ω-ελ)
= -π ρ (ω ) |<0|λ ω >|2 ,
(32)
dove |λ ω > e' l'autostato di energia ω. Quindi,
ρ 0(ω)
-1
|<λ ω |0>|2 =
ImG00(ω) =
,
(33)
πρ(ω)
ρ(ω)
e l'ipotesi semplificativa ci ha consentito di esprimere la funzione
d'onda sul sito 0 (a meno di un fattore di fase arbitrario)
direttamente in termini della funzione di Green. Se l'autovalore ελ e'
nel continuo, la (33) comporta che <λ ω |0> e' infinitesima quasi
1L.C.Davis e L.A.Feldkamp, Phys. Rev. B15, 2961 (1977)
=296=
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dappertutto. Infatti, mentre ρ 0 e' normalizzata a 1, ρ lo e' al numero
N→∞ di stati. Ma se l'autovalore ελ discreto (polo di G00 ), ρ 0=-1
π Im
ρ 0(ω) ∞
G00(ω) = <0|λ ω >|2δ(ω-ελ ) , e
≈ risulta indeterminato. In effetti,
ρ(ω) ∞
<0|λ ω >|2 va calcolato come residuo di G00(ω). Il continuo si puo'
pensare come una successione di infiniti poli dal residuo infinitesimo.
Analogamente, possiamo esprimere Σ in termini degli "integrali
di hopping" Vk0, che con la (30) divengono una funzione univoca di
ω. Usando una notazione di Fano, potremo scriverli V ω ≡V(ω).
Σ2(ω) = Im Σ= -π ∫dεk ρ 0(εk )|V k0|2δ(ω-εk )
= -πρ 0(ω)V ω 2.
(34)
Per conoscere tutta la funzione d'onda, occorre determinare
anche le ampiezze <λ ω |k>, e possiamo farlo risolvendo
( ελ - εk )<λ|k> - <λ|0>Vk0 =0.
(35)
Abbiamo gia' notato il punto difficile: il fattore (ελ - εk ) e' reale, e si
annulla per un certo k; non possiamo quindi dividere
spensieratamente.
La soluzione valida nel continuo va cercata nel senso delle
distribuzioni. E' noto dalla teoria di tali "funzioni" speciali che la
1
soluzione dell'equazione xf(x) =1 nel campo reale e' f(x) = P + Aδ(x),
x
dove P denota la parte principale, mentre A e' una costante arbitraria.
Infatti, xδ(x)=0 ed abbiamo cosi' una intera famiglia di soluzioni.
Cosi'
Vk0<λ ω |0>
<λ|k> = P
+Z(ελ )<λ ω |0>Vk0δ(εk -ελ ), (36)
( ελ - εk )
dove Z e' una nuova incognita (il fattore <λ|0>Vk0 e' ovviamente
inessenziale, ma tornera' comodo nei calcoli). Per determinare Z,
sostituiamo la (36) nella equazione (ελ - ε0)<λ|0> - ∑ <λ|k>V0k =0, e
k
otteniamo
ω-ε0-Σ1(ω)
Z(ω) = - π
.
(37)
Σ2(ω)
Cosi', gli autostati sono finalmente determinati: riassumendo,
| < λ ω |0>| =
-1
ImG 00(ω)
πρ(ω)
(38)
P
< λ|k> = V k0<λ ω |0>{
+Z(ελ )δ(εk -ελ )} .
( ελ - εk )
=297=
(39)
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3)fase di G 00
Ora che il problema e' risolto, vogliamo studiare il
comportamento della funzione d'onda in prossimita' di una
risonanza. Introduciamo la fase ∆(ω) della funzione di Green
[ω-ε0-Σ1(ω)]+iΣ2(ω)
G00(ω) =
[ω-ε0-Σ1(ω)] 2+Σ2(ω) 2
ei∆
=
(40)
[ω-ε0-Σ1(ω)] 2+Σ2(ω) 2
dove
Σ2
tan(∆) =
.
(41)
ω-ε0-Σ1
In corrispondenza con la risonanza, tan(∆) diverge. Per grandi |ω|,
Σ→0, G00 ≈ ω-1 e la funzione di Green, passando da -0 a +0 subisce un
cambiamento di segno. Cosi', mentre ω percorre l'asse reale,
attraversando la regione della risonanza, ∆ cambia di π.
E' utile esprimere i risultati precedenti in termini di ∆, con ω≡ελ .
Si ha
Z(ω) = -πcotg(∆(ω));
(42)
|Σ2|
inoltre, poiche' |sin(∆)| =
, si ha
[ω-ε0-Σ1(ω)] 2+Σ2(ω) 2
|<λ ω |0>| =
-1
ImG 00(ω) =
πρ(ω)
Σ2
|sin(∆)|
-1
⋅
=
.
(43)
πρ(ω) [ω-ε0-Σ1(ω)] 2+Σ2(ω) 2
-πρΣ 2
Il denominatore e' -πρΣ 2 = +π 2ρρ 0Vω 2 , ma ρ≈ρ 0, e quindi
|sin(∆)|
-πρΣ 2 = πρVω ≡ πρV(ελ ), e |<λ ω |0>| =
.
πρV(ελ )
Inoltre, sostituendo nella espressione di <λ ω |k> si trova
sin(∆) Vk0
<λ|k> =
[
- πcotg(∆)V k0δ(εk -ελ )],
-πρΣ 2 ( ελ - εk )
e possiamo sostituire
V(εk )
Vk0
→
.
(44)
πρV(ελ )
-πρΣ 2(ω)
Nel secondo termine, la δ impone εk =ελ , e resta
-cos(∆)
δ(εk -ελ ).
ρ
Il risultato finale e'1, sempre con ω≡ελ ,
=
1Queste formule sono equivalenti a quelle di Fano, anche se ne differiscono
per la presenza dei fattori 1/ρ, Nel suo lavoro, infatti, le funzioni d'onda
sono normalizzate sulla δ dell'energia, mentre le nostre hanno integrali di
sovrapposizione adimensionali. La derivazione di Anderson e' semplice
come quella proposta qui, ma contiene approssimazioni e non porta al
risultato esatto.
=298=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
<0|λ >
 ω

<k|λω >

sin(∆)
πρVω
1 V(εk )sin(∆(ε ))
= ρ{
-cos(∆)δ(ελ -εk )}.
πV(ελ )(ελ -εk )
=
(45)
4)Forme di riga
La situazione fisica descritta da questo modello, in cui un livello
discreto si allarga interagendo con un continuo, conduce in molte
spettroscopie a caratteristiche forme di riga 'alla Fano'. Puo' trattarsi
ad esempio di esperimenti EELS o di assorbimento ottico, come nel
caso della risonanza 2s2p 1P dell'He, o di esperimenti di
fotoemissione. Restiamo generali. Se T e' l'operatore che produce la
transizione, il suo elemento di matrice fra lo stato iniziale |i> e
l'autostato esatto |λ ω > e' dato da
<i|T|λ ω > = <i|T|0><0|λ ω > + ∑ <i|T|k><k|λ ω >.
(46)
k
1
Il fattore del termine in -cos(∆) e' ρ ∑ <i|T|k>δ(ω- ελ)=<i|T|kω >, e cosi'
k
sin(∆(ω))
~>,
<i|T|λ ω > = - cos(∆(ω))<i|T|kω > +
<i|T|0
(47)
πρVω
dove si e' usato ρ 0 = ρ e si e' posto
~> = |0> +P
|0
∑
V(εk )
|k> ,
ω-εk
(48)
k
che puo' essere pensato come uno stato discreto con un "alone" di
stati del continuo.
Quando ω passa per la risonanza, ∆ va da 0 a π, quindi tan(∆)
diverge, sin(∆) e' pari, e cos(∆) e' dispari. Ne segue che i contributi
~> interferiscono con fasi opposte ai due lati della
<i|T|k > e <i|T|0
ω
risonanza, e le forme di riga risultanti sono asimmetriche.
Per discutere le forme di riga in modo semplice, senza perdere
le caratteristiche essenziali, ρ , Vω e gli elementi di matrice di T
possono essere considerate costanti nell'intervallo di ω intorno alla
risonanza; Fano propose di considerare
~>
<i|T|0
q=
(49)
πρVω <i|T|kω >
come una costante (nell'intervallo di energia che interessa) da
ottenere per confronto con l'esperimento. Gli aspetti qualitativi della
risonanza sono fissati da q, e la forma di riga viene calcolata in
ω- ε0-Σ1
funzione della "energia ridotta" E = -cotg(∆)= 0 2 , proporzionale,
πρ Vω
=299=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
come si ricordera', alla vecchia incognita Z. La "forma di riga"
ridotta viene definita come
|<i|T|λ ω >|2
f=
;
(50)
|<i|T|kω >|2
il denominatore, a grandi distanze dalla risonanza, coincide con lo
spettro osservato e puo' essere ottenuto per ogni ω interpolando il
fondo. Allora
~>
sin(∆(ω))<i|T|0
f = |-cos(∆(ω)) +
|2 =
πρVω <i|T|kω >
|-cotg(∆)+q| 2
2
2
= sin (∆) |-cotg(∆)+q| =
.
(51)
[1+cotg 2(∆)]
In termini di E = -cotg(∆), si ottiene la forma di riga di Fano
(q+E)2
(52)
1+E2
che per q=0 mostra un'"antirisonanza", per q=1 una forma a gradino,
e per q=3 una risonanza caratterizzata dalla tipica asimmetria. Per
E=-q, la transizione risulta proibita. Per grandi q, la riga presso la
risonanza diventa simmetrica.
f(E) =
Forme di riga di Fano
12
10
Q=3
Q=0
Q=1
8
6
4
2
0
-5
0
E
5
10
12-3 Impatto di elettroni su molecole ;
Negli esperimenti di EELS da molecole, si assiste ad una
fenomenologia piu' ricca e piu' complicata da analizzare che nel caso
degli atomi, sia per la ridotta simmetria che per la presenza dei gradi
=300=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
di liberta' vibrazionali. Una prima schematizzazione si puo' fare in
base all'energia Ein del proettile.
1)"Alte energie". Se Ein > 1 KeV, la lunghezza d'onda del proiettile e'
minore di ≈0.3 Å, e consente di studiare in un certo dettaglio la
geometria dei nuclei. Certo, tale informazione risulta mediata sulle
orientazioni casuali delle molecole, a meno che non ci sia una
superficie ad orientarle. Possiamo schematizzare l'urto considerando
i nuclei fermi e gli elettroni di valenza come pacchetti di onde piane
quasi libere, poiche' l'energia di legame e' piccola rispetto ad E in . Un
tale schema prende il nome di Impulse Approximation. L'elettrone
incidente e' in pratica distinguibile dagli altri e si comporta quasi
come un fotone, ma i momenti trasferiti q non sono piccoli, e agli
elementi di matrice <Ψ iniziale |exp(iqx)|Ψ finale > contribuiscono tutti i
multipoli.
2)"Basse energie". Se E<10 eV, gli elettroni della molecola "hanno il
tempo" di rilassare adiabaticamente, e la molecola si polarizza nella
direzione dell'elettrone che arriva. Ne risultano complicati effetti di
correlazione, che sono a tutt'oggi compresi solo in parte. Per
esempio, l'elettrone incidente puo' essere catturato per un breve
tempo τ, e poi riemesso. Si forma allora uno ione negativo
temporaneo, che si trova in uno stato quasi discreto; cio' puo'
avvenire solo per opportuni valori di Ein , ed in corrispondenza di tali
valori la sezione d'urto ha un comportamento risonante (risonanze di
Feshbach). In tal caso, occorre vedere se τ e' grande o piccolo rispetto
a ω0-1 , dove ω0 e' la frequenza caratteristica delle vibrazioni. Se
ωoτ>>1, l'approssimazione di Born-Oppenheimer e' improponibile, i
nuclei "hanno tempo" di muoversi e le coordinate vibrazionali
entrano in gioco. Ma la storia puo' anche essere molto diversa:
l'elettrone puo' restare legato mentre la molecola si dissocia.
3)"Energie intermedie". Questo e' il caso piu' complesso, perche' non
valgono ne' l'approssimazione adiabatica ne' la Impulse
Approximation. Si possono avere risonanze di Feshbach in cui lo ione
negativo temporaneo si trova in uno stato elettronicamente eccitato
quasi discreto. Nella figura, viene schematizzato un caso frequente ed
interessante in una visione a particelle indipendenti. Nello stato
iniziale A la molecola e' nello stato fondamentale con certi livelli
a,b,c,.. occupati ed altri d,e,.. vuoti, mentre sta arrivando un elettrone
libero. La formazione dello ione negativo temporaneo B e'
accompagnata da una eccitazione che coinvolge un livello piu' o
meno profondo.
=301=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
A
B
e
d
c
b
a
C
Se questo decade per effetto Auger, la molecola viene lasciata in
genere in uno stato eccitato (caso C) ; si osservera' un elettrone che
ha subito una perdita di energia caratteristica. La sezione d'urto si
esalta quando Ein e' in risonanza, cioe' e' l'energia necessaria per
formare lo stato B.
Un esperimento di Rohr e Linder1 mise in luce i fenomeni che si
osservano in EELS nella regione delle basse energie. Un fascio di
elettroni con Ein =3eV fu usato su molecole di HF, HCl e HBr in fase
gassosa. Gli spettri mostrano chiaramente le eccitazioni vibrazionali
delle molecole fino a numeri quantici vibrazionali v=2 per HF e v=3
per HCl e HBr. L'energia di un quanto e' ω0 ≈ 0.5 eV nel primo caso e
≈0.4 eV negli altri. Come sappiamo, in EELS si tiene costante Ein e si
misura la corrente degli elettroni diffusi in funzione della perdita di
energia E.
Rohr e Linder riportarono anche esperimenti in cui si variava
in
E , tenendo E costante . Un grafico della corrente di elettroni diffusi
in funzione di Ein con E=nω0 , dove n e' un intero, si chiama funzione
di eccitazione. Esso e' chiaramente legato alla probabilita' P(Ein ) che
un elettrone ecciti n quanti vibrazionali durante l'impatto. Ad
esempio, per HF, fissando n=1, si osserva una funzione di eccitazione
nulla fino alla soglia Ein = ω0≈ 0.5eV, seguita da uno stretto picco
risonante in corrispondenza della soglia. La larghezza del picco e' ≈
30 meV. Al crescere di Ein , la funzione non torna a 0, ma ha un
andamento continuo con un gradino per Ein ≈ 2ω0.
1Rohr e Linder, J. Phys. B9, 2521 (1976)
=302=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
excitation
function
∆E=costante
collision energy
Il valore sperimentale delle sezioni d'urto σ e' di circa 10-16 cm 2 in
corrispondenza della struttura larga, mentre σ≈ 10-15 cm 2 al massimo
del picco risonante. Osservazioni simili si hanno per altri n e per le
altre molecole.
Questi semplici fatti qualitativi si spiegano solo con la
formazione di uno ione negativo temporaneo. Infatti, la larghezza
<<ω0 del picco di soglia indica un tempo di interazione lungo,
rispetto ai periodi delle vibrazioni. Inoltre, le sezioni d'urto sono piu'
grandi di uno o due ordini di grandezza di quelle che si possono
calcolare per urti elastici con un ragionevole potenziale dipolare.
Ulteriore evidenza emerge dall'analisi delle distribuzioni angolari.
Queste sono isotrope per E in basse (fino a 4 eV per HCl, fino a 2 eV
per HF). Gli elettroni perdono memoria della loro direzione
originaria. Al crescere di Ein comincia a prevalere la diffusione in
avanti, il che indica che il meccanismo risonante coesiste con altri
non risonanti.
Dunque, l'elettrone dimora per un tempo relativamente lungo
con la molecola, e gli oscillatori armonici che corrispondono ai gradi
di liberta' vibrazionali si eccitano: con l'elettrone in piu', la distanza
di legame deve allungarsi. Ma, dal momento che l'approssimazione di
Born-Oppenheimer e' inapplicabile, lo studio di questi ioni negativi e'
difficile.
Un campo dipolare, al di la' di un certo dipolo critico (pari,
come si potrebbe dimostrare, a d=0,64 e aBohr ) ha infiniti stati legati.
Cosi', gli ioni negativi vengono talvolta descritti come "risonanze di
potenziale", cioe' come stati quasi-legati dovuti al dipolo molecolare.
Si suppone che uno di questi stati legati del dipolo idealizzato sia
perturbato e si sposti in energia fino ad immergersi nel continuo.
Questa descrizione e' rozza, perche' l'approssimazione di un campo
dipolare e' adatta solo a grandi distanze, e poi si deve tener presente
che il dipolo molecolare e' rotante e vibrante. Inoltre, anche molecole
non dipolari come SF6 mostrano simili risonanze alla soglia. Non
=303=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
possediamo ancora una descrizione veramente adeguata di questi
stati.
E' possibile pero' capire le funzioni di eccitazione in modo
semiquantitativo con una estensione del modello di Fano-Anderson.
Poniamo
H = H F +H v +H ev ,
(1)
dove H0 e' l'Hamiltoniano di Fano senza spin
H F= εr nr +∑ εk nk
k
Hh =
+ H h,
(2)
∑ {V kr ck ‡cr + h.c.},
(3)
k
i k rappresentano gli stati di elettrone libero, r e' lo stato elettronico
risonante nello ione negativo, e lo spin viene omesso perche'
inessenziale; i termini nuovi, che servono per includere i gradi di
liberta' vibrazionali, sono
Hv =
∑
ωqdq† dq ,
H ev =
∑
g q(dq + dq† )nr .
q
q
Qui, l'indice q etichetta le vibrazioni, ωq sono le loro frequenze e dq†
l'operatore di creazione dei quanti corrispondenti; gq e' l'energia di
interazione fra il modo q e l'orbitale risonante. Poiche' dq† dq e' il
numero di modi q eccitati, H1 rappresenta l'energia vibrazionale.
L'energia di punto 0 darebbe luogo ad una costante inessenziale, ed e'
stata rimossa. Invece, Hev , proporzionale al numero di occupazione
nr dello stato risonante, rappresenta la sua energia di interazione con
i modi; essa e' lineare nello spostamento xq ∝ (dq + dq† ) di ciascun
oscillatore armonico. Tuttavia, per una molecola biatomica non ci
sono molte frequenze bosoniche ωq, ma un solo ω0. Scriveremo
quindi
H v = ω0d† d , H ev = g(d + d† )nr .
(4)
Supponiamo ora provvisoriamente che lo ione negativo duri
esattamente dal tempo 0 al tempo τ. Per esempio, ammettiamo che
l'elettrone nell'istante t=0 salti da uno stato ki nell'orbitale r, e trovi
la molecola nello stato fondamentale vibrazionale |v=0>; allora potra'
cominciare a saltare dallo stato r a qualche k e viceversa. Quando si
trova in |r> perturba la vibrazione. Vogliamo calcolare l'ampiezza di
probabilita' che allo scadere del tempo τ dell'ultimo salto il sistema
sia in uno stato finale con la molecola in uno stato vibrazionale
eccitato v. Si noti che dopo il tempo τ lo stato vibrazionale non puo'
piu' cambiare, e che durante il tempo τ l'elettrone puo' liberarsi
virtualmente ed essere ricatturato un numero qualsiasi di volte. Fuori
dell'intervallo (o,τ) , l'elettrone non fa' salti, e Hev non agisce.
Suddividiamo diversamente l'Hamiltoniano, scrivendo H=H0+H h , dove
=304=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Hh =
∑ {V kr ck ‡cr + h.c.}
k
agisce solo fra 0 e τ. Lo stato iniziale |i>=|v=0,ki > ha numero quantico
vibrazionale v=0 e l'elettrone in ki ; |i> e' autostato di H0. Ponendo
uguale a 0 l'energia dello stato fondamentale della molecola,
l'autovalore e' Ei =εki .
Lo stato finale |f>=|v,kf > e' anch'esso autostato di H0 con autovalore
Ef =vω0+εkf .
Al tempo τ ,
|i(τ)>= e -iHτ |i>=e-iHτ |v=0,ki >,
e l'ampiezza di transizione e' l'overlap con l'evoluto dello stato
imperturbato
|f(τ)>=e -iE f τ |v,kf >
cioe'
Aif (Ef ,τ) = <f(τ)|i(τ)>= e iE f τ <v,kf |e-iHτ |v=0,ki >.
(5)
Pero', l' esperimento assegna solo l'energia Ei , e non la durata τ
dello ione negativo. L'ampiezza Aif (Ef ) di andare dallo stato iniziale a
quello finale e' la somma di tutte le Aif (Ef ,τ). Introduciamo l'inverso δ
del tempo di vita dello ione negativo. L'ampiezza totale di transire da
i a f nel tempo 1/δ si ottiene integrando in d(δτ). Poiche'
∞
∫d(δτ) e-iατ−δτ
0
si trova
Aif (Ef ) =
∞
∫
0
=
-iδ
α+iδ
,
δ = 0+,
d ( δτ) <v,kf |e-i(H-E f )τ−δτ |v=0,ki >
δ
|v=0,ki >,
(6)
Ef - H+iδ
cioe' un elemento di matrice del risolvente. Calcoliamo ora Aif (E) ,
dove la variabile E e' a priori distinta da Ef . Valgono le identita'
operatoriali
1
1
1
1
=
+
Hh
(7)
E - H+iδ E - H 0+iδ E - H 0+iδ
E - H+iδ
1
1
1
1
=
+
Hh
(8)
E- H+iδ E - H 0+iδ E - H+iδ
E - H 0+iδ
da cui segue
1
1
1
1
=
+
Hh
+
E - H+iδ E - H 0+iδ E - H 0+iδ
E - H 0+iδ
1
1
1
+
Hh
Hh
.
(9)
E - H 0+iδ
E - H+iδ
E - H 0+iδ
Prendendo gli elementi di matrice fra |i> ed |f> viene
=-i<v,kf |
=305=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1
|v=0,ki >
E - H+iδ
1
1
1
= <v,kf |
Hh
Hh
|v=0,ki >
E - H 0+iδ
E - H+iδ
E - H 0+iδ
1
1
1
= <v,kf |
Hh
Hh
|v=0,ki >.
E - E f +iδ
E - H+iδ
E - E i +iδ
Pertanto,
δ
1
1
iAif (E) =
<v,kf | H h
H h |v=0,ki >
E - εkf -vω0+iδ
E - H+iδ
E - εki +iδ
Vr kf δ
1
Vr ki
<v| cr
c r † |0>
.
(10)
E - εkf -vω0+iδ
E - H+iδ
E - εki +iδ
<v,kf |
Nella probabilita' |Aif (E)|2 compaiono i fattori |
Vr kf
|2 e
E - εkf -vω0+iδ
Vr ki
|2 che vincolano l'energia finale E ad essere (per δ→0)
E - εki +iδ
uguale a quella iniziale ed agli autovalori Ei ed Ef di H0. Infatti,
δ
1 2 π
|
| =δ
.
2
x+iδ
π[x +δ2]
La probabilita' di transizione e' proporzionale al prodotto dei moduli
quadrati degli integrali di salto coinvolti. Per il resto, il processo e'
governato dall'ampiezza
1
Av (E)= <v| cr
c † |0>
(11)
E - H+iδ r
di creare v vibrazioni durante l'interazione elettrone molecola.
L'elettrone viene creato sullo stato risonante, dove puo' fare salti
virtuali nel continuo ed interagire con la vibrazione.
Il metodo1 delle ampiezze di eccitazione (vedi Capitolo 17)
consente di calcolare esattamente le (11). Usando questo metodo, e'
stata calcolata2 la probabilita' di transizione |Av (E)| 2, che risulta in
buon accordo con le funzioni di eccitazione sperimentali. Non e' cosi'
necessario supporre, come avevano fatto Rohr e Linder nel lavoro
citato, che le strutture osservate appartengano a diversi stati
elettronici, e si ha una buona comprensione dell'esperimento in
termini di un solo parametro g0, anche senza poter calcolare le
funzioni d'onda dello ione negativo temporaneo.
Le risonanze di Feshbach di molecole come N2, NO, CO sono
state studiate accuratamente e mostrano ricche strutture vibrazionali.
|
1M. Cini, Phys. Rev. B17, 2486 (1978)
2Domke, Cederbaum e Kaspar, J. Phys. B 12 (1979) L359 . Questo lavoro
presenta un calcolo rigoroso della probabilita' totale, inclusi i fattori che
qui si sono omessi per semplicita'.
=306=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
12-4 Chemisorbimento:modello di Newns1
A partire dagli anni intorno al 1970, il legame chimico fra un
atomo e una superficie (chemisorbimento) e' stato studiato con
modelli derivati da quello di Fano-Anderson. Essi hanno un carattere
semiempirico e per quanto riguarda le proprieta' di stato
fondamentale, come la densita' di carica, la lunghezza di equilibrio e
l'energia dei legami, sono oggi superati in accuratezza dai metodi ab
initio basati sul metodo del funzionale densita'. Tuttavia, essi
mantengono una notevole importanza come strumenti concettuali ed
anche nello studio degli stati eccitati. Nel 1969, D.M. Newns dette un
contributo molto importante al metodo in uno studio del
chemisorbimento di H su metalli di transizione, come Cu e Ni. Nella
sua schematizzazione, il legame coinvolge uno stato atomico |a>, che
e' lo stato 1s di H con energia ε0a, e il continuo degli stati della banda
d del metallo. Questi ultimi sono denotati con |k>, hanno energia εk e
le loro funzioni d'onda <x|k > hanno un andamento oscillatorio dentro
il metallo, ma decadono esponenzialmente fuori.
Descrivendo il legame covalente con integrali di hopping Vak abbiamo
un modello di Fano. Nel suo fondamentale lavoro, che trattava di
impurezze magnetiche in metalli di transizione2, Anderson trovo' che
gli bastava approssimare la self-energy
Σa(ω) = Λ-i∆
con una costante complessa3. In questa approssimazione, ρ a e' una
lorentziana, e l'effetto dell'ibridizzazione e' quello di produrre uno
spostamento del livello di Λ ed un allargamento di ∆. Cosi', ∆-1 e'
proporzionale al tempo di vita della risonanza. Tuttavia, negli studi
sul chemisorbimento e' molto importante tener conto della
dipendenza di Σ dall'energia; questo fatto e' stato messo in risalto da
Newns. In particolare, con Λ=Λ(ω ), ∆=∆(ω), vi possono essere poli di G
sull'asse reale, e quindi stati localizzati che corrispondono ad
autovalori interagenti; la condizione e' che sia ω - ε a - Λ(ω) =0 con
∆=0. Quest'ultima condizione stabilisce che il polo rappresenta uno
stato discreto se e' fuori della banda d.
Se H e’ il modello di Fano, l’unica novita’ rispetto alla trattazione
precedente e’ la presenza del livello di Fermi. In luogo dell’elemento
di matrice locale del risolvente, abbiamo funzioni di Green. Gli stati
occupati sono descritti da una funzione di Green "a una buca"
Gaa(ω) = <g|c a†(ω-H) -1 c a|g>,
(1)
dove |g> e' lo stato fondamentale, che supponiamo essere un
determinante di Slater tale che H|g>=E0|g>. Espandiamo in autostati a
1D.M.Newns, Phys. Rev. 179, 1123 (1969)
2
P.W.Anderson, Phys. Rev. 124 (1961) 41
la notazione e' quella usata tradizionalmente nei problemi di
chemisorbimento.
3
=307=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
particella singola |µ> di H, di autovalori ηµ. Da ca† =∑ <a|λ>c λ †
λ
consegue
Gaa(ω) =
<a|λ><µ|a><g|cλ † (ω-H=iδ) -1 c µ|g>.
∑
λ
Poiche' cµ|g> e' autostato di H di autovalore εµ=E0-ηµ, viene
Gaa(ω) =
∑
λ
fλ
|<a|λ>|2
ω-ελ +iδ
(2)
dove fλ =1 per stati occupati e 0 per stati vuoti. Il livello atomico, cui
e' associata la funzione di Green locale Gaa, si allarga in un 'livello
virtuale' caratterizzato da una densita' locale degli stati occupati
-1
ρ a(ω) = π ImGaa(ω);
(3)
la densita' di stati del livello virtuale puo' essere espressa in termini
della self-energy Σa(ω) ≡Λ(ω) -i∆(ω).
Infatti, poiche'
1
Gaa(ω) =
,
(4)
ω-εa - Λ(ω) + i ∆(ω)
si ottiene
∆(ω)
1
ρ a(ω) = π
.
(5)
[ω - εa - Λ(ω)] 2 + ∆(ω) 2
E' possibile calcolare dalla soluzione di Fano varie quantita'
interessanti. Supponiamo che ci sia un polo reale per ε=εµ, sotto il
livello di Fermi. Possiamo ricavare per ciascuno spin il residuo
<naσ>µ≡|<a|µ>|2 = Res Gaa(ω)
|ω=εµ
(6)
che ci informa sul carattere atomico dell'autostato µ; se e’ finita vuol
dire che lo stato e’ localizzato. Anch'essa si ottiene direttamente da Λ.
In effetti, espandendo G intorno al polo, e ricordando che ∆(εµ) ≡ 0,
εµ-εa - Λ(εµ) =0, si ha:
Gaa( ω ) ≈
=
( ω-εa - Λ)|
1
∂
+ ( ω - εµ)∂ω(ω-εa - Λ)|
εµ
εµ
1
( ω - εµ)(1 - Λ')|
εµ
da cui segue che <naσ>µ =
Si noti che1
1
1 - Λ'(εµ)
.
(7)
1Qui non occorre prendere la parte principale, perche' ω e' fuori della
banda.
=308=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
∆(ω')
-1 ∞
Λ'(ω) = π ∫dω'
<0,
(ω-ω') 2
-∞
quindi <naσ>µ e' compreso fra 0 e 1, come deve. In generale, <naσ>µ
non e' nullo. Ma perche' la funzione d'onda abbia ampiezza finita
sull'atomo, occorre che lo stato discreto sia localizzato spazialmente.
Quindi i poli discreti corrispondono agli orbitali molecolari di una
"molecola superficiale".
La forma del livello virtuale e l'esistenza o meno di stati
localizzati dipendono da ∆(ω), che e' stata chiamata 'funzione di
chemisorbimento' proprio per sottolineare il fatto che contiene tutta
l'informazione non banale sul problema. Per esempio, la carica
elettronica sul livello atomico e' data da
EF
<na> = 2 ∫dωρa(ω),
(8)
-∞
dove il fattore 2 e' dovuto allo spin. Quindi il modello di Fano e’ utile
per descrivere l’interazione atomo-superficie. Vi sono pero' delle
complicazioni.
Innanzitutto, |a> e |k> non costituiscono un set ortonormale.
Per ottenere un tale set, dovremmo prima trovare gli autostati ad un
elettrone del metallo semiinfinito e poi ortogonalizzarli tutti fra loro
e con lo stato |a>. In pratica, questo procedimento sara' laborioso; ma
questo comporta solo una difficolta' tecnica, e noi potremo sempre
supporre di avere gia' determinato gli stati |k> in questo modo. Ma
cosi' essi non sono piu' proprieta' intrinseche della superficie, ma
contengono anche informazione sullo stato |a> al quale sono stati
ortogonalizzati.
C'e' poi il problema di come determinare in pratica gli integrali
di hopping. In una teoria a particelle indipendenti, il potenziale in cui
si muovono gli elettroni e' noto a priori, e si ha semplicemente che
Vak = <a|H|k>. Ma se vogliamo usare un potenziale autoconsistente a
livello Hartree-Fock, i Vak dipendono dalla soluzione e noi
dovremmo usare uno schema alla Roothaan per una molecola
infinitamente grande. Un calcolo da principi primi di questi
coefficienti e' difficile almeno come il problema di chemisorbimento
che vogliamo risolvere. Ed inoltre, dovremmo avere anche elementi
<k|H|k'> fra stati diversi del continuo, che invece vogliamo
trascurare. Noi considereremo i Vak come quantita' semimpiriche,
che si possono stimare dagli overlap come nel metodo di Huckel
esteso. Vedremo dopo un esempio.
L'interazione fra gli elettroni entra nella formulazione del
modello anche nell'approssimazione piu' semplice, perche' un atomo
e' caratterizzato da un potenziale di ionizzazione I e da una affinita'
elettronica A. Queste due quantita' sono molto diverse, e per un
=309=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
atomo di H, I=13.6 eV mentre A=0.7 eV. Lo schema imperturbato dei
livelli e' il seguente:
Livello di vuoto
-A
φ
livello di
Banda d
Fermi
-I
Qui, φ e' il lavoro di estrazione (4.5 eV per il Ni e 4.46 eV per il Cu) e
il livello di vuoto e' l'energia di un elettrone fermo a distanza infinita
dal metallo. Non si puo' evidentemente lavorare con un solo
parametro ε0a. La differenza fra I ed A nasce essenzialmente dalla
1
repulsione U fra due elettroni sul medesimo atomo, U ≈ <aa| |aa>.
r12
Certo, per un calcolo quantitativo, ci dovremmo preoccupare del
fatto che gli orbitali di H sono diversi da quelli di H- , e che anche I ed
A sono modificati dal potenziale immagine quando l'atomo e' a
distanze ≈1 Å dalla superficie. Ma atteniamoci allo schema piu'
semplice, nel quale εa e U possono essere scelti in modo da dare i
valori di I ed A appropriati per un atomo chemisorbito. Sia U che εa
sono modificati dal potenziale immagine del metallo. L'Hamiltoniano
che ne risulta,
H=
+
∑
kσ
εkσnkσ + ∑ ε0a naσ +
σ
∑ {V kσckσ‡caσ + h.c.} +U n a+na-
(9)
kσ
e' un modello di Anderson con interazione. Esso parte, come si e'
visto, da schematizzazioni ed approssimazioni molto opportune, che
lo rendono estremamente istruttivo. Benche' l'interazione compaia
ormai solo attraverso U, la soluzione e' tutt'altro che banale1. Ci
occorre una approssimazione semplice, per orientarci.
Approssimazione di Hartree-Fock.
Un elettrone di spin σ sente il campo diretto di tutti gli altri
elettroni, e quello di scambio degli elettroni del suo stesso spin.
1Soluzioni esatte sono state ottenute a partire dal 1980 col metodo del Bethe
Ansatz; ma esse sono complicate ed inoltre si e' ancora lontani da una
soluzione completa, che consenta ad esempio il calcolo esatto delle funzioni
di Green.
=310=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Prendiamo σ=+. Con l'interazione semplificata Una+na- , non esiste
termine di scambio, e quello diretto e' U<na- >. Pertanto,
l'Hamiltoniano a una particella che descrive il moto degli elettroni di
spin σ, detto anche Hamiltoniano di Fock, e', nello schema
'unrestricted',
H σ= εaσ naσ + ∑ εk nkσ +∑ {V kσc kσ‡ c aσ + h.c.}
kσ
k
dove
εaσ= ε0a +U<na,-σ>.
(10)
σ
Possiamo risolvere il problema con H tenendo <na,-σ> come
parametro. Per i due spin abbiamo cosi' equazioni accoppiate. Poiche'
non c'e' nessuna direzione privilegiata, non c'e' ragione per
popolazioni diverse per i due spin e la simmetria del problema
suggerisce di porre <na,σ> = <na,-σ>, cioe' di usare il metodo
"Restricted Hartree-Fock". E' molto notevole il fatto che qui un tale
ragionamento basato sulla simmetria puo' indurre in errore, perche'
la simmetria puo' "rompersi spontaneamente". Quello che conta
infatti e' minimizzare <H>. Ora, se U e' abbastanza grande, il minimo
di <H> non corrisponde alla soluzione 'non magnetica' <n a,σ> = <na,σ>; c'e molto da guadagnare prendendo <na,σ> >> <na,-σ>, o la
soluzione coi ruoli di σ e di -σ scambiati. Tali soluzioni "magnetiche"
vengono evidentemente a coppie, quando l'energia potenziale dovuta
ad U domina. La simmetria complessiva del problema esiste ancora,
ma non e' rispettata dai singoli stati di piu' bassa energia che il
sistema ammette. L'atomo chemisorbito ha allora un momento
magnetico complessivo.
E
E
U
grandi
U piccoli
<n -n >
a+
a-
<n -n >
a+
a-
Limitiamoci qui, tuttavia, a considerare le soluzioni non
magnetiche, che, a conti fatti, risultano quelle di piu' bassa energia
nel caso di H chemisorbito su Cu e Ni. Poniamo allora
1
<na,σ> = <na,-σ> = <na> ,
(11)
2
dove <na> e' la popolazione totale del livello atomico. Allora
=311=
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1
εa =ε0a + U<na>
(12)
2
e' indipendente da σ e dipende linearmente da <na>; sara' εa=-I per
<na>→0 e εa=-A per <na>→2. D'altra parte, possiamo applicare
all'operatore di Fock il formalismo di Fano-Anderson che vale per gli
hamiltoniani non interagenti. Poiche' , come si e' visto,
EF
<na> = 2 ∫dωρa(ω), si ha una dipendenza funzionale
-∞
<na> = na(εa);
(13)
evidentemente, per εa→∞ , na→0, mentre per εa→- ∞, na→2 . Facendo
sistema fra le due equazioni che legano na con εa, si ottiene
l'autoconsistenza.
εa
2
<n >
-A
a
-I
Newns ottenne <na> >1 per H sui metalli di transizione (ad esempio,
<na>=1.06 per il Cu, =1.16 per il Ni). Il fatto che l'Idrogeno abbia una
piccola carica negativa comporta la creazione di un momento di
dipolo alla superficie, tale da provocare un aumento del lavoro di
estrazione. Questo dipolo infatti rafforza quello gia' presente sulla
superficie intrinseca per il fatto che gli elettroni si estendono verso il
vuoto un po' oltre le cariche positive. La predizione e' in accordo con
l'esperimento.
E' istruttivo vedere come ∆ possa essere stimata in modo
semplice usando un modello LCAO. Espandendo gli stati del continuo
sulla base localizzata degli orbitali |i> dei singoli atomi,
|k> = ∑ |i><i|k>,
(14)
i
si possono espandere anche gli integrali di hopping sulla base degli
orbitali atomici:
Vak = ∑ Vai <i|k> .
(15)
i
I piu' importanti V ai sono quelli con gli atomi primi vicini. Sono state
studiate varie geometrie di chemisorbimento. La piu' semplice e'
quella di un sito A (cioe' Atop), in cui l'atomo di Idrogeno sta
direttamente "sopra" un atomo del metallo; in un sito B (cioe' Bridge)
l'atomo sta sopra il centro di un legame fra due atomi della
=312=
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superficie; in un sito C (cioe' Center) sta sopra il centro di un
triangolo equilatero che ha per vertici atomi del metallo.
A
C
B
I risultati dipendono in modo qualitativo dal numero dei primi vicini.
Qui considereremo solo il sito A, per il quale, denotando con 0
l'atomo a cui l'Idrogeno e' legato direttamente, si trova
Vak ≈ Va0 <0|k> ,
(16)
e quindi
Σa(ω) ≈ |Va0|2Gs(ω) .
(17)
Qui, Gs(ω) e' la funzione di Green locale dell'atomo della superficie.
Evidentemente, Gs(ω) e' una proprieta' del solido imperturbato1, e V a0
puo' essere stimato come nel metodo Extended Huckel o un altro
metodo semiempirico. Il modello puo' poi essere raffinato includendo
per esempio i secondi vicini.
Per fissare le idee, possiamo usare un calcolo semplificato in cui
la banda d del metallo e' rappresentata da una catena 'tight binding'
di N+1 atomi. Gli stati della catena sono ottenuti, come nel metodo di
Huckel, supponendo
<i|j> =δij ,
H ii = 0
H ij = β se i e j sono primi vicini.
Qui, i siti della catena sono i= 0,1,2,...N ed il chemisorbimento
avviene "sopra" il sito 0; β e' l'integrale di risonanza. In questo caso,
Gs(ω) ≡G00(ω). Poniamo z=ω±iδ; abbiamo come sopra Σ00(z)=β 2G00(z).
Quindi,
1
G00(z)=
.
2
z - β G00(z)
z± z 2-4β 2
Troviamo le due soluzioni G00(z)=
. Prendiamo il branch cut
2β 2
di z lungo l'asse reale positivo (arg(z)∈(0,2π)); per z 2-4β 2 si ha un
cut fra -2β e 2β lungo l'asse reale, che corrisponde alla banda. Subito
sopra il taglio, z 2-4β 2 =i |ω2-4β 2|, e subito sotto z 2-4β 2 =-i |ω2-4β 2|
. Per soddisfare la proprieta' di Herglotz, cioe' che la densita' di stati
sia positiva, dobbiamo scegliere
1a meno dei problemi gia' ricordati a proposito dell'ortogonalizzazione.
=313=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
z- z 2-4β 2
G00(z)=
.
2β 2
Cosi' si ottiene la densita' di stati semiellittica
(18)
4β 2-ω2
θ(4β 2-ω2) .
(19)
2β 2
Re[G00] e' la trasformata di Hilbert di n(ω) ed e' dispari; essa vale
ω- ω2-4β 2
per ω>2β, ed e' lineare nella banda.
2β 2
Il chemisorbimento e' caratterizzato dal solo parametro |Va0| ; se |V a0|
e' grande rispetto all'integrale di risonanza β, il chemisorbimento e'
forte, se |Va0| <<|β| e' debole.
Gli stati risonanti si trovano risolvendo ω−εa -Λ(ω) =0. Nel caso
di un chemisorbimento debole, ∆ e Λ sono piccoli rispetto alla
larghezza della banda, ed in prima approssimazione ω ≈ εa + Λ(εa). Se
εa e' ben fuori della banda, anche ω e' fuori, ∆ e' nullo e si trova uno
stato discreto; se εa e' ben dentro, si trova una risonanza di larghezza
≈∆(εa). Se εa e' nel continuo, puo' accadere che lo stato sia
localizzato solo se εa e' molto vicino a un bordo di banda.
Nel caso di un chemisorbimento forte, si ha una situazione del
tutto diversa. Tipicamente, si trovano due radici reali a cavallo della
banda. Infatti, in tale limite si puo' pensare che la banda e' stretta e le
possibili radici ω sono ben al di fuori del continuo. Allora,
n(ω) =
∞
∆(ω')
1 ∞
1
0=ω - εa - π ∫dω'
≈ ω - εa ∫dω'∆(ω') , (20)
(ω- ω' )
π(ω- ω c ) - ∞
-∞
dove ωc e' il centro della banda. Sostituendo l'espressione di ∆(ω), si
ottiene
(ω-ωc )(ω-εa) -
∑
| V ak |2 =0.
(21)
k
Le soluzioni ω± corrispondono allora ai livelli legante ed antilegante
di una "molecola superficiale", con orbitali molecolari localizzati su
|a> e sugli atomi del substrato primi vicini. Questa e' la situazione che
prevale per il chemisorbimento di H sui metalli di transizione; il
livello legante e' occupato, mentre quello antilegante e' vuoto.
Riscontri sperimentali si ottengono dagli spettri di fotoemissione e dal
lavoro di estrazione.
Capitolo 13- Spettroscopie elettroniche ed
effetti a molti corpi
=314=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Lo studio delle spettroscopie ci pone di fronte ad una ricca fenomenologia
ed all'arduo problema di descrivere gli stati eccitati di sistemi interagenti: non e'
possibile osservare un sistema lasciandolo nello stato fondamentale.
Cominceremo con le spettroscopie elettroniche. Gli spettri si esprimono in
termini di funzioni di Green, e di valori di aspettazione piu' generali, con il
formalismo della risposta quadratica.
13-1 ESCA
Si indica con ESCA (Electron Spectroscopy for Chemical
Analysis) l'insieme delle spettroscopie di Fotoemissione ed Auger, che
stanno dando un contributo di primaria importanza allo studio di
molecole e solidi. ESCA consente, anche con quantita' piccolissime di
campione, di ottenere non solo una analisi chimica elementale, cioe'
il riconoscimento degli atomi, ma anche una serie di dettagliate
informazioni di struttura elettronica.
In un apparato ESCA, il campione viene eccitato con radiazione
elettromagnetica monocromatica (nel caso di raggi X si parla di XPS
=X-Ray Photoemission spectroscopy, nel caso di ultravioletti di
UPS=Ultraviolet Photoemission Spectroscopy) e gli elettroni
fotoemessi vengono analizzati in energia con un analizzatore sferico
o cilindrico 1.
Uno spettro di fotoemissione e' un grafico della corrente fotoemessa
in funzione dell'energia dei fotoelettroni, ottenuto tenendo costante
__
l'energia h ωq dei fotoni. In un famoso libro di Siegbahn e
collaboratori2 sono riportati e discussi gli spettri degli atomi di gas
nobile e di molte molecole biatomiche e poliatomiche. In questi
spettri sono evidenti i livelli di core, con la separazione spin-orbita
ben risolta, ed i livelli di valenza molecolari. Sono inoltre visibili altre
strutture da cui molta informazione puo' essere estratta.Per esempio,
il livello 1s dell'O della molecola paramagnetica O 2 mostra la
separazione dovuta all'interazione di scambio fra gli stati finali di
spin 1/2 e 3/2. Molti altri livelli, anche di core, mostrano una
struttura complessa dovuta ad effetti di shake-up e shake-off, cioe' ad
eccitazioni nel discreto e nel continuo. Nel seguito, daremo una breve
esposizione degli effetti fisici piu' importanti.
L'interazione del campione con la radiazione e' descritta da
N
H' = ∑ H 'j
(1)
j
1La spettroscopia Auger si puo' eseguire anche con un diverso apparato,
usando come sorgente un fascio di elettroni, come sappiamo.
2 Questa breve esposizione e' in parte basata sul libro di K.Siegbahn et al.
"ESCA APPLIED TO FREE MOLECULES", North-Holland Publishing Company,
Amsterdam-London (1969).
=315=
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dove N e' il numero di elettroni e1
H' j =
-e
[A(xj ).pj + pj A(xj )] .
2mc
(2)
Viene spesso usata anche la seguente formulazione alternativa:
∫
-1 3
d x A(x)⋅J op(x) ,
c
che deriva direttamente dalla teoria relativistica. Qui, J op e' l'operatore corrente,
quello cioe' che ha valore di aspettazione su una Ψ a particella singola
H' =
__
e h
<Ψ |J op|Ψ > = J(x) =
[ Ψ *gradΨ −Ψgrad Ψ *].
2mi
Per la densita', l'operatore e' ρop(x) = eδ(x- x'), dove x e' il punto dove la densita'
viene calcolata ed x' e' la variabile di integrazione, tale che
∫
ρ(x) = <ρop> = Ψ *(x')ρopΨ (x') dx' = |Ψ (x)| 2.
Per la corrente, l'operatore adatto e'
e
J op=
[p δ(x- x') + δ(x- x')px , ] .
2m x'
Infatti,
e
<J op> =
d3x' Ψ *(x')[px' δ(x- x') + δ(x- x')px' ] Ψ (x') ,
2m
ma per l'hermiticita' di p il primo termine dell'integrando puo' essere riscritto
∫
(px' Ψ (x')) *δ(x- x')Ψ (x') = i
__
h ∇ x 'Ψ *(x')δ(x- x')Ψ (x'),
con il risultato che il valore di aspettazione e' proprio la corrente. L'interazione
radiazione-elettrone viene allora
-1 3
H' =
d x A(x) J op(x) =
c
-e
=
d3x [A(x)px' δ(x- x') + A(x)δ(x- x')px' ] ,
2mc
dove A(x) e px' sono operatori commutanti. Prendiamo l'elemento di matrice
H'mn. Il primo termine da' il contributo
-e
d3x' Ψ m*(x') d3x p x' A(x)δ(x- x') Ψ n(x').
2mc
∫
∫
∫
∫
∫
La regola e' d3r'δ(r - r ') φ(r')=φ(r ), dove φ puo' anche contenere operatori, ma la
δ deve trovarsi all'estrema sinistra. Integrare su x' non si puo' (direttamente),
mentre integrando su x si ha
-e
d3x' Ψ m*(x')px' A(x') Ψ n(x'),
2mc
.Nel secondo contributo,
-e
d3x' Ψ m*(x') d3x A (x)δ(x- x')px' Ψ n(x')
2mc
possiamo integrare come vogliamo, ottenendo
∫
∫
∫
1 Com'e'
ben noto, poi, per onde trasverse (divA=0) possiamo far commutare
-e
p ed A ottenendo
H' j=
A(xj).pj .
mc
=316=
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∫
-e
d3x Ψ m*(x)A(x)px Ψ n(x).
2mc
A conti fatti, abbiamo trovato l'elemento di matrice di H' =
Pertanto le due formulazioni sono equivalenti.
-e
(p.A + A.p).
2mc
Per mettere H' in seconda quantizzazione, si deve scegliere un
set completo e ortonormale di stati a particella singola con cui
calcolare gli elementi di matrice
Mmn = <m|H'|n>.
(3)
Benche' il set sia arbitrario, e' evidente che la convergenza e' migliore
se prendiamo un set adatto alla molecola, come ad esempio gli
orbitali di Hartree-Fock. Sulla base prescelta potremo scrivere
H' =
∑a+man Mmn.
(4)
mn
La sezione d'urto di assorbimento fornita dalla regola d'oro di Fermi
e' (a parte un fattore che ignoriamo perche' dipende dal fotone ma
non dal sistema)
σ ∝ ∑ |<f|H'|i>| 2δ(Ei -Ef + ωq),
(5)
f
dove |i> e' lo stato iniziale (a N elettroni) della molecola, di energia E i,
|f> rappresenta gli stati finali di energia Ef in cui il fotone e' stato
__
assorbito e h ωq e' l'energia del fotone.
Se il fotoelettrone e' veloce, possiamo scrivere Ef =εk + Ef ', cioe'
la sua energia εk si aggiunge a quella finale della molecola ionizzata.
Inoltre, possiamo approssimarlo con un'onda piana di vettore d'onda
k, e scrivere |f>≈a+k |f'> dove |f'> e' lo stato finale (a N-1 elettroni)
della molecola. Allora la sezione d'urto e'
σ ∝ρ(εk ) ∑ | ∑Mkm <f'|a m|i>|2δ(Ei -Ef' - εk + ωq) ;
(6)
f' m
qui ρ(εk ) e' la densita' degli stati finali (proporzionale a εk ) che
deriva dalla somma sui k accettati dal rivelatore.
Conviene ora introdurre l'Hamiltoniano H della molecola ionizzata:
H|f'> = E(f')|f'>.
(7)
Sviluppando l'espressione precedente, si trova
σ∝
ρ(εk ) ∑ ∑ ∑Mkm Mkn * <i|a+n |f'><f'|am|i> δ(Ei -Ef' - εk +ωq)
(8)
f' n m
e, ponendo per brevita' ω=Ei +ωq- εk ,
σ= ρ(εk )
∑ ∑ ∑Mkm Mkn * <i|a+n δ(ω-H)|f'><f'|am|i>
f'
n m
=317=
=
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=ρ(εk )
∑ ∑Mkm Mkn * <i|a+n δ(ω-H)am|i>
.
(9)
n m
Introduciamo la funzione di Green a una buca,
1
a |i>,
(10)
ω-H+i0 m
e prendiamo stati a particella singola reali; anche la funzione d'onda
iniziale puo' sempre essere presa reale; cosi' otteniamo
Gnm (ω ) = <i|a +n
σ = ρ(εk )
∑
mn
-1
Mkm Mkn * [ π Im{G nm (ω)}] .
(11)
La quantita' in parentesi quadra e' la matrice densita' di stati della
molecola. In un modello a particella indipendente la funzione di
Green ha poli semplici in corrispondenza ai livelli molecolari, con
residui che si ottengono dagli orbitali molecolari.
13-2 Chemical shifts
Le posizioni dei livelli di core dipendono dall'intorno chimico, e
possono essere correlate con la carica sull'atomo. Per esempio, i
livelli di core di F e Xe si spostano di alcuni eV lungo la serie dei
fluoruri di Xenon XeF2, XeF4 e XeF6 (solidi incolori, che fondono
rispettivamente a 140, 114 e 46 0C). Rispetto alla sua posizione in F2,
il picco 1s del F e' meno legato in XeF2 di ben 5.48 eV; questa
differenza si riduce a 4.6 eV in XeF4 e a 3.38 eV, in XeF6, mentre la
carica negativa sul Fluoro si riduce. I livelli dello Xe si spostano in
senso opposto, in modo ancora piu' evidente. Esiste inoltre una chiara
correlazione lineare fra le energie di legame dei livelli e le cariche
totali degli atomi, determinate da calcoli autoconsistenti. Un altro
esempio analogo1 e' quello dei livelli 1s del C in CH4 e nei
bromometani. L'energia di legame cresce con la carica positiva
sull'atomo. In molecole organiche che contengono atomi di C non
equivalenti si possono risolvere i loro picchi di core. Gli spostamenti
chimici sono dovuti al concorso di effetti di stato iniziale ed
effetti di stato finale. Abbiamo gia' parlato dei primi, che sono
dovuti al potenziale elettrostatico medio che regna sull'atomo; a
seconda dell'intorno chimico, un livello di core puo' essere piu' o
meno legato che nell'atomo libero. Gli effetti di stato finale sono
dovuti alla polarizzazione del sistema attorno al buco di core e sono
in genere dello stesso ordine di grandezza. Essi pero' tendono sempre
a ridurre l'energia di legame.
1vedi la Figura a pag. 109 del libro citato di K. Siegbahn et al.
=318=
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Dall'esame degli spostamenti chimici e' possibile dedurre la valenza
di un dato atomo in un dato composto.
13-3 Sdoppiamento dei livelli di core nelle molecole
paramegnetiche
La configurazione elettronica di NO, che ha un numero dispari
di elettroni, e' O1s2N1s21σ22σ2 1π 4 3σ22π 1; quindi, la molecola e' un
doppietto di spin, e NO+ puo' essere un singoletto o un tripletto. Pur
avendo un numero pari di elettroni, la molecola di O2 ha uno stato
fondamentale 3Σg , con la configurazione
1s2σg (2s)2σu(2s)2σg (2p)2π u(2p)4[π g (2p)1]2, che presenta due orbitali
π g parzialmente occupati 1. In ambedue i casi, questo provoca uno
sdoppiamento dei picchi di core in fotoemissione.
N2
σu2p
π g 2p
σg 2p
π u2p
___O___
__OO___
__↑↓___
_↑↓_↑↓_
σu2s
__↑↓___
σg 2s
__↑↓___
N1s
__↑↓___
NO
O2
4σ ___O___
σu2p
2π __O↑___
π g 2p
3σ __↑↓___
π u2p
1π _↑↓_↑↓_
2σ __↑↓___
σg 2p
1σ __↑↓___
N1s __↑↓___
O1s __↑↓___
σu2s
σg 2s
O1s
___O___
_↑___↑_
_↑↓_↑↓_
__↑↓___
__↑↓___
__↑↓___
__↑↓___
1Un orbitale π ha Λ=|L | =1 ed e' degenere con componenti L =±1.
z
z
=319=
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O 1s
N 1s
NO
N
1.2
O
2
0.9
2
NO
0.9
0.9
B.E.
545
540
B.E.
410
405
Come si vede in questo schizzo approssimativo, il livello 1s dell'Azoto
nella molecola diamagnetica di N2 ha una energia di legame di circa
410 eV ed una larghezza a mezza altezza di ≈0.9 eV; lo stesso livello
atomico nella molecola paramagnetica NO appare sdoppiato. Il
massimo ha una energia di legame piu' bassa che in N2 solo di una
frazione di eV ed ha la stessa larghezza, ma vi e' una seconda
componente, piu' legata di ≈1.5 eV; il rapporto di intensita' e' 3:1. Il
livello 1s dell'O non si vede risolto, ma allargato di ≈0.3 eV rispetto
allo stesso livello nell'O2; con una maggiore risoluzione anch'esso
risulterebbe sdoppiato. Per semplificare la notazione indichiamo lo
stato fondamentale con
Ψ(NO) = |πα sα sβ|, ovvero |πβ sα sβ|,
(1)
dove si sono omessi i gusci che restano tutti vuoti o tutti pieni sia
nello stato iniziale che in quello finale. Lo stato s rappresenta
l'elettrone 1s dell'Ossigeno o dell'Azoto, a seconda del processo che
si vuol descrivere. Per NO+ dobbiamo allora considerare i 4 stati
|πα sα| |πα sβ| |πβ sα| |πβ sβ|.
(2)
Questi stati hanno tutti Λ≡|Lz| =1, dove z e' l'asse internucleare, ma
non sono tutti autostati dello spin. Per il singoletto si ha
1
ψ( 1Π) =
[ |πα sβ| - |πβ sα| ]
(3)
2
e per il tripletto si ha
ψ1( 3Π) = |πα sα|
sz = 1
1
ψ0( 3Π) =
[ |πα sβ| + |πβ sα| ] sz = 0
2
ψ−1 ( 3Π) = |πβ sβ|
sz = -1.
=320=
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Scriviamo l'energia totale dei due stati con s z=0; poiche'
1
H = ∑ hi +
(4)
rij
i
i<j
∑
e' indipendente dagli spin e <αβ|H|αβ> = <βα|H|βα>, si trova
E(1Π) = <|πα sβ| |H| |πα sβ|> - <|πα sβ| |H| |πβ sα|>
E(3Π) = <|πα sβ| |H| |πα sβ|> + <|πα sβ| |H| |πβ sα|> .
Nel calcolo di <|πα sβ| |H| |πβ sα|> , poiche' i due determinanti
differiscono di due spin-orbitali, non c'e' contributo dai termini a un
corpo h i ; rimane <|πα sβ| |H| |πβ sα|> =-J, dove
1
J= (π(1)s(2)|
|π(2)s(1))
(5)
r12
e' l'integrale di scambio. Il termine piu' basso e' il tripletto e la
separazione e' ∆E = 2J. Orbitali molecolari di NO ottenuti con calcoli
autoconsistenti, inseriti in questo integrale, hanno dato ∆EN=0.88eV e
∆EO= 0.68 eV. L'ordine di grandezza e' giusto e correttamente ∆EN
>∆EO. Per migliorare l'accordo con l'esperimento occorrerebbe usare
funzioni d'onda appropriate a NO+. Il rapporto 3:1 delle intensita' e'
spiegato.
Analogamente, lo spettro O1s della molecola di O2 (ad una
energia di legame di ≈547eV) mostra due componenti separate di
1.1eV, con un rapporto di intensita' 2:1. Con uno stato fondamentale
3Σg , le due componenti dello spettro 1s corrispondono1 ai due stati
finali 4Σ e 2Σ , e cio' spiega il rapporto delle intensita'. Indichiamo gli
orbitali con Lz=± 1 con π ± e lo stato iniziale con
ψ( 3Σ) = |π + α π - α|
1
ψ( 3Σ) =
[ |π + α π - β| + |π + β π - α| ]
2
ψ( 3Σ) = |π + β π - β|
sz = 1
sz = 0
s z = -1.
Per descrivere lo stato finale, aggiungiamo uno spinorbitale 1s spaiato
(che nello stato iniziale era stato sottaciuto con gli altri stati dei gusci
chiusi). Si ottengono cosi' 6 stati. Uno e' la componente di 4Σ con
sz=3/2, cioe'
Ψ(3/2,sz=3/2) = |π + α π - α sα| ;
1 La buca 1s non va pensata su un orbitale pari o dispari σ o σ , ma
g
u
piuttosto in uno stato localizzato su uno dei due atomi, con una bassa
frequenza di salto sull'altro atomo; quindi la simmetria di inversione e' in
sostanza violata nello stato finale, a causa degli effetti di correlazione.
=321=
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la componente di 4Σ con s=3/2 s z=1/2 si ottiene da questa applicando
l'operatore di shift S - =S- (1) +S- (2) +S- (3) e risulta
1
{ |π + α π - α sβ| +|π + α π - β sα|+|π + β π - α sα|} ;
3
oltre a questa, vi e' un'altra combinazione dei 6 stati disponibili con
sz=1/2, e cioe'
1
Ψ(1/2,sz=1/2) =
{ 2|π + α π - α sβ| -|π + α π - β sα|-|π + β π - α sα|}
6
Ψ(3/2,sz=1/2) =
scelta in modo da essere ortogonale alla precedente. Cosi', come nel
caso di NO, si puo' calcolare ∆E, dovuto anche in questo caso ad una
interazione di scambio.
13-4 Shake-up, shake-off, rilassamento
Nello stato finale della fotoemissione da un livello di core,
esiste una lacuna localizzata, che provoca un campo ed una
polarizzazione del sistema. I fenomeni di polarizzazione non sono
previsti in una teoria a particelle indipendenti. Tuttavia, essi si
osservano comunemente: provocano spostamenti dei livelli verso
energie di legame piu' basse. Gli "effetti di stato finale " si
manifestano nello spettro anche con la presenza di picchi satelliti. Per
vederlo, consideriamo il contributo importante che danno gli
elettroni allo "shift di rilassamento". La sua presenza significa che gli
elettroni "spettatori" sono in realta' coinvolti in qualche misura nel
processo di fotoemissione; esiste allora una probabilita' finita che lo
ione sia lasciato, nello stato finale, eccitato. In tal caso, poiche'
l'energia totale si conserva, il fotoelettrone avra' energia cinetica
minore che nella transizione fra stati fondamentali, e cio' apparira'
nello spettro come un picco satellite a piu' alta energia di legame. Si
noti che questo accade senza che il fotoelettrone interagisca col
sistema dopo essere stato emesso. Una tale interazione 'postcollisionale' non gioca nessun ruolo importante nel caso di
fotoelettroni veloci, ma il fotoelettrone "sa" l'energia dello stato
finale dello ione che si lascia dietro, solo in virtu' della conservazione
dell'energia totale.
Possiamo adattare la teoria a particelle indipendenti in modo da
includere alcuni effetti di correlazione, se siamo disposti a usare
orbitali diversi per lo stato iniziale e per quello finale. Supponiamo di
avere ionizzato un livello profondo c, ad esempio un livello 1s
(guscio K). Trascurando la dipendenza dall'energia di ρ(εk ) e degli
elementi di matrice, la forma dello spettro sara' data da
-1
σ(ω) = π Im{Gc (ω)} = <i|a+c δ(ω-H) ac |i >=<i;c|δ(ω-H)|i;c>, (1)
=322=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dove |i;c> = a c |i> e' lo stato a N-1 elettroni che si ottiene dallo stato
iniziale |i> creando il buco di core ma tenendo gli orbitali
"congelati". Calcoliamo |i> nella approssimazione di Hartree-Fock per
la molecola neutra; sotto le note condizioni |i;c> puo' essere un unico
determinante di Slater. Introducendo gli autostati |ν > e gli autovalori
εν di H con N-1 elettroni, si ha
σ(ω) =
|<i;c|ν>|2δ(ω
∑
ν
- εν ).
(2)
I |ν > vanno pero' calcolati in presenza del buco di core, cioe' come
determinanti formati con spin-orbitali "rilassati". Possiamo ottenerli
anch'essi nell'approssimazione di Hartree-Fock: il generico stato
finale |ν > della molecola sara' rappresentato da un determinante di
Slater, corrispondente ad una configurazione eccitata, in cui manca
un elettrone profondo 1. Poiche' l'overlap dei determinanti e' uguale al
determinante degli overlap a particella singola, e gli orbitali rilassati
non sono in generale ne' identici ne' ortogonali a quelli iniziali, tutti
gli stati eccitati |ν> a molti elettroni contribuiscono alla somma.
Ciascuno dara' un contributo col suo εν . Mentre quelli discreti danno
satelliti di shake-up stretti, gli stati del continuo producono strutture
larghe di shake-off.
E' facile verificare che per l'intensita' totale dello spettro vale la
regola di somma
∞
∫
d ω∑ |<i:c|ν>|2δ(ω - εν )=1,
(3)
ν
-∞
mentre il primo momento rimane quello non rilassato, cioe'
∞
∫
d ωω∑ |<i:c|ν>|2δ(ω - εν )= <i:c|H|i:c> .
ν
-∞
(4)
La eccitazione dei satelliti compensa esattamente lo shift di
rilassamento.
Lo spettro 1s del Ne e' mostrato a pag.25 del libro di Siegbahn, ed e'
ricco di satelliti. Si osservano gli stati finali delle configurazioni
eccitate 2p5np1 con n=3,4,5. Questi sono tutti stati 2S, come |i:c>, e
quindi hanno overlap non nullo con esso e contribuiscono alla
somma. Si osserva invero anche un debole picco attribuibile su base
energetica ad uno stato finale 3P dello ione; quest'ultimo e' attribuito
ad una interazione "post-collisionale" col fotoelettrone.
1Abbiamo gia' discusso il difetto principale di questo schema: lo stato
eccitato a N elettroni non e' rigorosamente ortogonale allo stato
fondamentale. Ma l'overlap e' piccolo, e qui siamo interessati
principalmente agli overlap fra stati a N-1 elettroni.
=323=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Oltre alle eccitazioni a particella singola, sono importanti in
questo contesto anche tutte le eccitazioni del sistema che possono
essere schematizzate come oscillatori armonici e descritte come
bosoni. Vi e' una vasta classe di tali eccitazioni, che contribuiscono
sia all'energia di rilassamento che allo spettro di shake-up 1. Nella
fisica molecolare sono particolarmente evidenti le strutture
vibrazionali dei picchi di fotoemissione; in fisica dei solidi occorre
considerare anche i satelliti di plasma.
Il tempo caratteristico delle vibrazioni molecolari e' ≈10-13 s.
Quanto dura il processo di fotoemissione? Il fotone e' assorbito in un
certo punto del cronotopo, e l'informazione relativa all'evento viaggia
alla velocita' della luce. Se la molecola non e' enorme, la transizione
e' breve rispetto alla durata delle vibrazioni ed in pratica "i nuclei
non si muovono durante la ionizzazione" (principio di FranckCondon). Ma la geometria di equilibrio dello ione e' diversa da quella
della molecola neutra, e quindi lo ione rimane, in generale, in uno
stato vibrazionale eccitato. Questo si visualizza facilmente nel caso di
una molecola biatomica disegnando le curve di energia potenziale
della molecola neutra e degli stati elettronici possibili dello ione in
funzione della distanza internucleare.
Quando le distanze di equilibrio differiscono di poco, rispetto alla
larghezza delle loro funzioni d'onda gaussiane, vi e' una probabilita'
elevata di transire allo stato fondamentale del livello elettronico
eccitato; l'energia della transizione fra i due stati fondamentali
vibrazionali si chiama energia di ionizzazione adiabatica. Nello
spettro di fotoemissione vi corrisponde il picco piu' intenso, che e'
accompagnato da satelliti di intensita' rapidamente decrescente. I
satelliti si trovano dalla parte delle energie cinetiche decrescenti e
sono distanziati dell'energia /
hω1 del modo vibrazionale dello ione2.
|
|
|
|
Se il cambiamento della distanza di equilibrio e' grande, la
probabilita' della transizione adiabatica e' piccola. Lo spettro ha
molte righe, ed e' quasi continuo, ma il massimo delle intensita'
corrisponde alla "energia di ionizzazione verticale".
1Anche le eccitazioni a particella singola vengono spesso utilmente trattate
come bosoni. Infatti, coinvolgendo in realta' un elettrone ed una buca, si
comportano come quasiparticelle di spin intero purche' la loro densita' non
sia cosi' alta da rendere importanti le restrizioni dovute al principio di
Pauli. Le eccitazioni elettrone-buca approssimativamente bosonizzate si
chiamano tomonagoni dal loro inventore Tomonaga.
2Questa in genere differisce dalla corrispondente energia vibrazionale
__
h ω 0 dello stato elettronico fondamentale.
=324=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
...
|
|
|
|
|
| ||
|| | |||
| |
...
Di regola, i livelli profondi e quelli non leganti hanno poca struttura
vibrazionale, mentre quelli leganti possono averla molto ricca. Questa
osservazione spesso basta ad "assegnare" i picchi dello spettro agli
orbitali molecolari.
Consideriamo per semplicita' un solo modo bosonico di
frequenza ω0, trascurando anche la possibilita' che la vibrazione nello
stato finale ionizzato abbia ω1 significativamente diverso.
Immediatamente dopo l'evento di fotoemissione, il potenziale
armonico della vibrazione ha un minimo spostato rispetto alla
posizione di equilibrio della molecola neutra. Ma per un potenziale
armonico, la trasformazione x→x+∆x equivale ad aggiungere al
potenziale un nuovo termine lineare in x ed una costante. La costante
puo' essere conglobata nella definizione delle energie dei livelli
elettronici, e quindi la ignoriamo nel seguito. Descriviamo il modello
in seconda quantizzazione. Lo stato iniziale vibrazionale |i> della
molecola e' lo stato fondamentale di
H 0 = ω0d† d,
(5)
dove d e d+ sono gli operatori di distruzione e creazione del modo,
che obbediscono alle regole di commutazione [d,d† ]- =1.
In altri termini, |i> e' il vuoto dei d. Improvvisamente, il processo di
fotoemissione accende un nuovo termine di interazione H1
nell'Hamiltoniano, e poiche' in seconda quantizzazione x e'
proporzionale a d+d† ,
H 1= g(d+d† ).
(6)
Successivamente, il sistema si evolve secondo l'Hamiltoniano totale
H= ω0d+d+g(d+d+). Questo puo' essere immediatamente
diagonalizzato con la trasformazione
d = b +γ
d† =b† +γ* .
(7)
(8)
Questa trasformazione e' canonica perche' anche i nuovi operatori
obbediscono alle regole di commutazione [b,b† ]- =1. Sostituendo,
H 0 → H 0' = ω0[b† b + γb† + γ* b + |γ|2],
(9)
†
*
H 1 → H 1' = g[b + γ + b + γ ].
(10)
=325=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Si puo' imporre che nell'Hamiltoniano trasformato H'=H0'+H 1' i
coefficienti di b e b† siano nulli, scegliendo γ in modo che ω0γ +g =0.
In tal modo, H' assume la forma diagonale
H' = ω0b† b + ∆E,
(11)
-g2
con ∆E= ω0 . L'energia dello stato fondamentale si abbassa1, per
effetto dell'interazione, della "energia di rilassamento" ∆E. Si puo'
notare che trattando H' come perturbazione al secondo ordine,
avremmo ottenuto in questo caso il risultato esatto per ∆E. Si osservi
anche che lo stato fondamentale |0> di H' e' il vuoto dei b, ma non dei
d (cioe', l'operatore d non da' 0 agendo su di esso2). Il vuoto dei d e'
lo stato iniziale |i>. Gli stati eccitati di H' si ottengono creando bosoni
di stato finale sul vuoto: essi sono
1
(b +) N|0>,
(12)
N!
con N intero positivo qualsiasi; si controlla facilmente con le regole di
1
commutazione che il fattore
e' necessario perche' lo stato sia
N!
correttamente normalizzato.
|N> =
Lo spettro di fotoemissione di un livello di core, in termini degli
autostati ed autovalori di H', e' proporzionale a <i|δ(ω-H')|i> =
∞
|<i|Ν>|2δ(ω
∑
Ν
- E N). I fattori |<i|N>| 2 si chiamano fattori di Franck-
Condon. Per calcolarli, poniamo provvisoriamente <i|0>=C. Allora,
g
g
<i|1>=<i|b† |0>=<i|(d† +ω0 )|0>= ω0C, poiche' |i> e' il vuoto dei d, e il
g
termine in d† e' nullo. In generale, <i|N> N!=<i|b† n |0>= ω0 NC, quindi
1  g N
  C.
<i|N>=
(13)
N!  ω0
Poiche' pero' deve essere
∑|<i|N>|2 =1, si ottiene C=e-a/2 , dove
N
1E' ben vero che noi abbiamo deciso di non occuparci degli spostamenti
costanti, ma vedremo presto che ∆E puo' essere dedotto dalla forma dello
spettro.
2La creazione dell'universo viene descritta dalla teoria inflazionaria come
una transizione fra due "vuoti" diversi. Vera o falsa che sia questa
congettura, la fisica e' piena di queste connesioni sorprendenti fra
problemi apparentemente diversissimi.
=326=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
|∆E|
g2
= ω0
2
ω0
e' un numero puro. Pertanto, lo spettro viene proporzionale alla
funzione
∞
an
L(ω)= e -a
δ(ω+∆E-nω0) .
(14)
(n!)
n=0
a=
∑
an -a
La probabilita' di avere n bosoni eccitati e' Pn =
e , e segue la
(n!)
statistica di Poisson; questo fatto riflette l'indipendenza statistica dei
bosoni. Il numero medio di bosoni eccitati e' ∑nPn =a. Ovviamente,
n
L(ω ) e' normalizzata a 1 ed il suo primo momento obbedisce alla
regola di somma
∑
∞
∞
an
(nω0-aω0) =
∫dωωL(ω) = e-a
(n!)
-∞
n=0
∑
∞
e-a {ω0a
1
∑
∞
an-1
- aω0
[(n-1)!]
0
an
} =0.
[n!]
(15)
Cosi' il baricentro della riga rimane dove lo troveremmo in assenza
dei bosoni. Rispetto al baricentro, la soglia si trova ω=-∆E =-aω0.
La trasformata di Fourier di L(ω) e'
L(t) = <i| e iHt |i> =
∞ n
a inω t-i∆Et
=e-a
e
= exp{-a-iaω0t+aeiω 0t}.
0
n!
n=0
∑
(16)
Nel caso a>>1, lo spettro mostrera' moltissime righe e se ω0 e' piu'
piccolo del nostro potere risolutivo si osservera' uno spettro
continuo. Per trovarlo, eseguiamo in L(t) il limite ω0→0, con g 2=aω02
finito; ∆E=aω0→∞ , perche' la distanza fra la soglia e il massimo cresce
senza limite. L'esponente potra' approssimarsi con
-a-iaω0t+a(1+iω0t-ω02t2/2) = -aω02t2/2=-g2t2/2.
Allora,
L(ω)=
∞
∫dt exp{iωt-g2t2/2}=
-∞
2π
ω2
exp{- 2}.
g
g
=327=
(17)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Di conseguenza la riga di fotoemissione non subisce uno
spostamento, ma un allargamento Gaussiano.
N.B. Abbiamo appena dimostrato il teorema
lim
a>>1; aω 02 finito
{e-a
∑
∞
n=0
an
δ(ζ-nω0) }=
(n!)
2π
(ζ-aω0) 2
exp{}
aω02
2aω02
e questo risultato sara' utile nel seguito.
=
(18)
13-5 Formalismo della risposta quadratica. Effetti di
coerenza fra fotoemissione ed effetto Auger
La ben nota descrizione elementare del processo di
fotoemissione, basata sulla teoria della risposta lineare, e' poco
elegante dal punto di vista matematico. Lo studente ricordera' che la
teoria delle perturbazioni al primo ordine ci da' una probabilita' di
sin2(ωmn -ω)t
transizione m→n nel tempo t proporzionale a
, che solo
( ωmn -ω) 2
dopo una opportuna reinterpretazione consente di arrivare al fattore
δ(ωmn -ω) che esprime la conservazione dell'energia, nel limite t →∞ .
La descrizione elementare del processo Auger, che abbiamo
incontrato nei capitoli precedenti, e' addirittura poco soddisfacente
dal punto di vista logico; abbiamo dovuto supporre il buco di core
metastabile per poi calcolarne il decadimento in un modello a due
stadi; ma l'interazione coulombiana HC che trattiamo come una
perturbazione responsabile del decadimento e' presente anche nel
calcolo degli stati iniziale e finale. Come sempre, la difficolta' logica
segnala che stiamo trascurando in realta' effetti fisici. Daro' nel
seguito una esposizione semplificata del metodo che ci permette di
liberarci di tutti questi problemi.
Consideriamo un sistema di Hamiltoniano HS soggetto ad una
perturbazione periodica V. Scriveremo V(t)=fV exp(-iωt +ηt) con η
=+0, dando alla perturbazione una crescita esponenziale infinitesima
e garantendo cosi' che per t=-∞ il sistema e' imperturbato. Qui f e' un
parametro che misura l'intensita' della perturbazione, e V e' un
operatore indipendente dal tempo. Si cerca lo stato Ψ(t) che si riduce
allo stato fondamentale e -iEt |g> di HS per t=- ∞ . Passando alla pittura
di interazione con Φ(t) = exp(iHSt)Ψ(t) si trova, com'e' noto, che Φ
obbedisce all'equazione
∂
i Φ = VI (t) Φ(t),
(1)
∂t
=328=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dove VI (t) = exp(iHSt)V(t)exp(-iHSt) e' la perturbazione (nella
pittura di interazione, appunto). Per t → - ∞ , deve essere Φ=|g>. Se la
perturbazione e' piccola, otteniamo una prima approssimazione
sostituendo tale risultato a secondo membro dell'equazione; poiche'
H S|g>=E|g>, si ha
∂
i Φ = f exp{i[HS-E-ω-iη]t}V|g>.
(2)
∂t
Indichiamo con z la quantita' complessa E+ω+iη. La soluzione che
obbedisce alle condizioni iniziali date e'
1
Φ(t) = |g> + f exp{i[HS-z]t}
V|g>;
z-H S
(3)
1
che vi figura e' il risolvente. Tornando alla
z-H S
rappresentazione di Schro"dinger si ha
l'operatore inverso
Ψ(t) = e-iEt |g> + f exp{-izt}
Fotoemissione
1
V|g>.
z-H S
Identifichiamo ora con V l'operatore
(4)
∑A(xi ).pi che causa la
i
fotoemissione. Supponiamo che non ci sia in HS alcuna interazione
con i fotoelettroni; ci sara' solo la loro energia cinetica Tpe =∑ εpnp. La
p
corrente di fotoelettroni di momento p e' data da
d
J p= <Ψ(t)|np|Ψ(t)>.
(5)
dt
Calcoliamo |Ψ(t)> in approssimazione lineare, e Jp risultera' una
funzione quadratica della perturbazione V. Poiche' np|g> =0, viene
1
1
<np> = f2 e2ηt<g|V *
np
V|g>.
z -H S
z-H S
Pertanto,
1
1
J p= 2η f2 e2ηt<g|V *
np
V|g>.
z -H S
z-H S
(6)
(7)
Prendiamo ora il limite η→ 0 tenendo conto che [n p,H S]=0. Scriviamo
V in seconda quantizzazione
V= ∑τ(p',c)a+p'ac +h.c.
p';c
=329=
(8)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dove τ e' l'elemento di matrice, e c sono gli stati in cui vengono create
le buche; e' ovvio che sopravvivono solo i termini delle somme dove
vengono creati e distrutti i fotoelettroni p. In presenza di un tale
fotoelettrone, Tpe aggiunge una costante εp all'autovalore del resto di
H S, che indicheremo ancora con HS.
Jp= 2η f2 e2ηt
∑
cc'
∑
→ 2f2
1
1
τ* (p,c')τ(p,c)<g|a+c' *
a |g>
z -εp-H S z-εp-H S c
τ* (p,c')τ(p,c)<g|a+c'
cc'
η
a |g>
|z-εp-H S|2 c
(9)
ed utilizzando una nota rappresentazione della δ,
→ 2πf2 ∑τ* (p,c')τ(p,c)<g|a+c' δ(E+ω-εp-H S)a c |g>.
(10)
cc'
Il risultato e' espresso in funzione della densita' di stati a una
buca del sistema, che in generale e' una matrice con c'≠c; l'operatore
δ(z - H) e' proporzionale alla parte immaginaria del risolvente.
L'elemento di matrice
1
Gcc' (z) = <g|a+c'
a |g>
(11)
(z-H S) c
e' una funzione di Green ritardata del sistema.
Questo formalismo generalizza la teoria elementare della
fotoemissione. Se HS e' un hamiltoniano non interagente, si
ritrovano i noti risultati della teoria a particelle indipendenti; pero' la
formulazione in termini di funzioni di Green resta valida anche
quando la dinamica e' complicata. Nell'approssimazione di Hartree
Fock i livelli energetici sono dati dagli autovalori di Koopmans; in
presenza degli effetti di correlazione, essi sono dati dai poli di G, e
questo comporta non solo uno spostamento in energia ma anche una
redistribuzione dell'intensita' spettrale su un intervallo di larghezza
finita.
Formalismo della risposta quadratica per la corrente Auger1
In fotoemissione, lo spettro riflette la dinamica della buca
finale, ed e' descritto dalla funzione di Green a una buca; per
analogia, possiamo attenderci che lo spettro Auger dipenda dalla
densita' di stati delle due lacune finali, e si ottenga da una opportuna
funzione di Green a due buche. Questa idea e' molto proficua, e si
realizza nel modello a due stadi: il sistema con la buca profonda
1Gunnarsson e Schonhammer, Phys. Rev. B22, 3710 (1980).
=330=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
rilassa verso uno "stato fondamentale" |g'> metastabile; il
decadimento Auger avviene successivamente, in uno stato cosi'
preparato. In questo schema, lo spettro Auger e' proporzionale a
1
<g'|W
W|g'> ,
(z-H S)
dove
W=
∑
W mnv v a†ma†n av av + h.c.
1 2
2
1
(12)
e' l'operatore a due corpi che causa il decadimento. L'insieme (m,n)
contiene uno stato di core ed uno di elettrone libero, mentre v1 e v2
sono gli stati di buca finale (di valenza o di core) del processo. Lo
stato iniziale con la lacuna primaria e' |g'>=a c |g"> , dove ac distrugge
l'elettrone profondo e |g"> rappresenta lo stato fondamentale per
l'hamiltoniano degli elettroni dei gusci soprastanti, calcolato in
presenza del potenziale del buco di core1. In ultima analisi, abbiamo
ragione di aspettarci che lo spettro dipenda da una funzione di Green
a due buche
Gv1v2v'1v'2 (z) = <g"|a+v'1a+v'2
1
a a |g">, z=E+iη.
(z-H S) v1 v2
(13)
Finora, questa approssimazione e' stata un punto di partenza
obbligato delle analisi della forma di riga Auger di atomi, molecole e
solidi, e ha dimostrato di essere adeguata; ma vale solo quando vale il
modello a due stadi. Come si generalizza?
Indichiamo ora con k gli stati finali degli elettroni Auger. Per la
corrente, avremo, come prima,
d
<Ψ(t)|nk |Ψ(t)> =
dt
1
1
=2η f2 e2ηt<g|V *
nk
V|g>.
z -H S
z-H S
Jk =
(14)
Esplicitiamo ora in HS quella parte W che provoca i decadimenti
Auger (in particolare, di una data buca di core |c>) scrivendo
H S=H+W+T,
(15)
dove T=Tpe +TA e' l'operatore dell'energia cinetica degli elettroni
liberi. La separazione di W dal resto di HS e' netta se la buca di core e'
1in un approccio a particelle indipendenti, a † |g' > si identificherebbe con
c
lo stato fondamentale |g> del sistema imperturbato. Ma in generale non e'
vero, perche' il sistema si polarizza intorno al buco.
=331=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
profonda, e l'elettrone Auger energetico; in tal caso, gli elementi di
matrice Wmnv v , pur essendo quelli dell'interazione coulombiana,
1 2
sono distinti nettamente dagli altri che entrano nella descrizione degli
stati legati. Quindi, H denota l'Hamiltoniano del solo sistema degli
elettroni legati, privato di ogni operatore che si riferisca ad elettroni
non legati. Supporremo che gli elettroni Auger siano in stati di
energia εk ben distinta dall'energia εp dei fotoelettroni e che i due tipi
di elettroni liberi siano dinamicamente disaccoppiati dal sistema. Per
semplicita' ci occuperemo nel seguito della creazione e del
decadimento di un particolare stato di lacuna profonda |c>; pertanto
conserveremo in V ed in W solo i termini che contengono a c ed ac +,
ignorando gli altri stati possibili di buca primaria.
Si verificano immediatamente le identita' operatoriali
1
1
1
1
=
+
W
z-H-W-T z-H-T z-H-T z-H-W-T
(16)
1
1
1
1
=
+
W
.
z-H-W-T z-H-T z-H-W-T z-H-T
(17)
Poiche' ovviamente
1
nk
V|g> =0,
z-H-T
(18)
si ha
Jk =
1
1
1
1
=2ηf2e2ηt<g|V *
W *
nk
W
V|g>.
z -H-W-T z -H-T
z-H-T z-H-W-T
(19)
Ma nk =nk 2 commuta con H e con T, quindi
1
1
1
1
η *
nk
=nk *
η
→
z -H-T
z-H-T
z -H-T z-H-T
→ πnk δ(E+ω-H-T)nk per η→ 0 .
Il secondo fattore nk e' inessenziale, ma rende piu' simmetrica la
formula. Cosi' la corrente viene
1
1
J k =2πf2<g|V *
Wnk δ(E+ω-H-T)nk W
V|g>.
z -H-W-T
z-H-W-T
(20)
Questa e' l'espressione generale della corrente nel modello "one-step"
che tratta fotoemissione ed effetto Auger come un evento quantico
=332=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
coerente. Ciascun operatore W si puo' pensare applicato a un set
completo ∑ |φ'><φ'| di stati con una buca di core; selezionando lo
stato fondamentale |φ'> = |g'> sia a sinistra che a destra si ha
l'approssimazione che corrisponde al modello a due stadi.
Esplicitando V, si ottiene per l'elemento diagonale in c e c'
1
J k =2πf2 ∑|τ(p;c)| 2<g|a+c *
Wnk •
z -εp-H-W-T A
c;p
1
•δ(E+ω-H-εp-TA )nk W
a |g>,
z-H-εp-W-TA c
(21)
dove si e' sostituito ad ogni Tpe l'autovalore εp sullo stato ad un
fotoelettrone. I W nei denominatori descrivono transizioni Auger
virtuali che comportano un accoppiamento fra canali Auger diversi.
Se il tempo di vita della buca di core e' lungo, basta fermarsi al
secondo ordine in W trascurando questi effetti. Limitiamoci allora a
quei termini di W che creano elettroni in dati c e k, mentre sono in
generale ancora possibili molti stati finali per le buche. Introduciamo
l'identita'
∞
1
= +- i ∫dt exp{ +-i[α-H +-iη]t},
+
α-H - iη
0
(22)
che permette di scrivere
∞ ∞
Jk =2πf2∑|τ(pc)| 2 ∫ ∫ dtdt'<g|a +c exp{-i[ω-H-εp+iη]t'}Wnk •
0 0
p
• δ(ω-H-εp-εk )W exp{i[ω-H-εp+iη]t}ac |g>.
(23)
Eseguiamo prima approssimativamente la somma su p, introducendo
la densita' di stati ρ(p) dei fotoelettroni, con
∑|τ(p;c)|2 exp{iεp(t'-t
p
)}δ(ω-H-εp-εk ) →
→∫dεpρ(εp)|τc (εp)| 2exp{iεp(t'-t )}δ(ω-H-εp-εk ) ≈
<ρ>|τ|2 exp{i(ω-H-εk )(t'-t)};
=333=
(24)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
abbiamo evidentemente introdotto l' ipotesi semplificativa che la
densita' di stati e gli elementi di matrice sono relativamente
indipendenti dall'energia. La corrente Auger si riduce a
∞ ∞
Jk =2πf2<ρ>|τ|2 ∫ ∫ dtdt'f(t,t')
(25)
0 0
dove
f(t,t') = <g|a+c exp{iHt'}Wnk exp{i(H+εk )(t-t')}W exp{-iHt}ac |g>.
Cosi' otteniamo alla fine del calcolo una formula di cui possiamo
"leggere" il significato fisico. Inizialmente il sistema si trova nello
stato ac|g>; lo stato |t> in cui il decadimento Auger avviene dopo un
tempo t esattamente definito si ottiene applicandovi l'operatore del
decadimento, cioe' W(t), nella pittura di interazione. Il fattore e-iHt a
destra contiene l'evoluzione del sistema con la lacuna profonda. Il
fattore eiHt a sinistra deve essere scritto in realta' ei(H + ε k )t perche'
l'energia degli elettroni liberi non e' contenuta in H. Con il fattore nk
prendiamo in considerazione solo elettroni liberi con un dato k.
Evidentemente, f(t,t') = <t'|n k |t>. L'esperimento non assegna i tempi t
e t', e le transizioni che avvengono a tempi diversi interferiscono,
donde le integrazioni. Certo, l'elemento di matrice e' piu'
complicato che una funzione di Green a due corpi. La (13) si ritrova
solo se exp{-iHt}ac |g> ∝ ac |g">, e questo richiede t sia cosi' lungo che
tutti gli stati eccitati presenti in exp{-iHt}ac |g> siano decaduti allo
stato fondamentale calcolato in presenza del potenziale della lacuna
di core.
Benche' soggetto a certe ipotesi e limitato al secondo ordine
negli elementi di matrice Auger, questo risultato e' libero dal quel
tanto di ambiguo e contraddittorio che e' insito nel modello a due
stadi. Nella teoria "one step" e' possibile calcolare certe transizioni
"non diagrammatiche" che vengono osservate nei solidi e che possono
essere intese come effetti di rilassamento incompleto; con tale
espressione si intende che il sistema "non ha fatto in tempo" ad
evolvere verso lo stato fondamentale in presenza della buca di core
prima che questa decadesse per effetto Auger. Inoltre si ha una
redistribuzione di intensita' anche fra le transizioni diagrammatiche
ed un allargamento di tutti i picchi dello spettro.
Capitolo 14- Spettroscopie
ottiche: effetti anelastici ed a
piu' fotoni
=334=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Per campi elettromagnetici intensi, come quelli che possono essere
generati dai laser, l'approssimazione della risposta lineare cessa di valere.
Diventano importanti i processi anelastici, in cui la luce cambia di colore; questi
fenomeni sono di grande interesse sia fondamentale che applicativo. Studieremo
l'effetto Raman, la generazione di Seconda Armonica, la diffusione di luce
coerente e l'effetto Stark dinamico.
14-1 Diffusione della radiazione in approssimazione di
dipolo
Si chiamano diffusione (o scattering) della radiazione i processi
a 2 fotoni in cui uno entra e l'altro esce. La diffusione elastica (o di
Rayleigh) conserva la frequenza del fotone, ed e' la piu' intensa;
quella inelastica (o di Raman) e' la piu' interessante per lo studio
delle molecole e della materia condensata. Il formalismo della
risposta quadratica, che abbiamo appena discusso, e' adatto a
descrivere in modo trasparente i processi a due fotoni, e non solo
quelli di diffusione, ma anche, ad esempio, il decadimento del livello
2s dell'atomo di H.
Classicamente, la diffusione elastica e' causata dalle correnti
indotte. Quella inelastica avviene col seguente meccanismo. Un
dipolo oscillante di pulsazione ω 0 irraggia una potenza
2 ω 04
I=
<d2>.
(1)
3 c3
Consideriamo un'onda elettromagnetica di pulsazione ω , che induce
nella molecola un dipolo della sua stessa frequenza
↔
d=
E cos( ω t);
(2)
↔
qui,
e' un tensore del 20 ordine (il tensore polarizzabilita'). Se la
molecola vibra con una pulsazione caratteristica ω m, si avra'
↔
=
↔
0
+
↔
1
cos(ω mt + β)
(3)
dove β e' una fase arbitraria, ed evidentemente sara' irraggiata luce
alle pulsazioni ω , ω +ω m , ω - ω m. Quella di frequenza ω e' la diffusione
elastica di Rayleigh, ed il fattore ω 4 spiega il colore azzurro del cielo1.
La radiazione a ω - ω m, detta di di Stokes, e quella a ω +ω m , di AntiStokes, dovrebbero allora essere ugualmente intense. In realta' la
radiazione di Stokes e' piu' intensa, ma per capirlo occorre la teoria
1L'atmosfera diffonde in modo preferenziale le corte lunghezze d'onda.
=335=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
quantistica. Per prima cosa, normalizziamo il potenziale vettore A e
scegliamo la gauge.
Normalizzazione di un fotone:
nella gauge trasversa, il potenziale φ e' nullo, e
A = N eikr-iω t
(4)
si normalizza imponendo che in un volume V unitario, ci sia l'energia
di un fotone, cioe'
1
4π
∫
[ E E* + B B* ] d3r = h
/ ω.
∂A
2N2 2
, B = rot A viene EE* = N2ω 2 = BB* e quindi
ω
∂t
4π
Con /h=1, E = = ω ; pertanto,
A=
2π
ω
(5)
eikr-iω t.
(6)
Interazione radiazione-materia in approssimazione di dipolo.
Per k→0,
H' =
A≈
2π
ω
e-iω t, e il termine di interazione e'
-e
-e dr -e d(A⋅r) dA
A⋅p =
A⋅
=
[
⋅r] ;
mc
c
dt
c
dt
dt
ma una derivata totale nell'Hamiltoniana
∑
pi
dqi
-L
dt
, come in L,
dA ∂A
=
, perche' A non ha derivate spaziali e
dt
∂t
1 ∂A
non c'e' forza di Lorentz. Con = E, er = d, resta
c ∂t
H'(t) = -Ed.
(7)
puo' essere ignorata;
Nella teoria semiclassica, d e' un operatore che non dipende
esplicitamente da t, mentre E(t) e' trattato come un campo classico
esterno. In particolare, -i 2π ω d e-iω t e' la parte che descrive
l'assorbimento, come risulta dalla teoria elementare al primo ordine.
Poiche' H' e' hermitiano, prendendo
reale, scriviamo
H' = V A e-iω t + VE eiω t ,
(8)
=336=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
con V A = -i
2π ω
d, VE = i
2π ω
d = VA † .
Processi di secondo ordine
Siano |i> ed |f> due stati stazionari della molecola imperturbata.
Un fotone incidente di frequenza ω1 puo' indurre la transizione i→f
convertendosi in un fotone di frequenza ω2 con il vettore d'onda
contenuto nell'angolo solido dΩ2 , che corrisponde al rivelatore. Noi
calcoleremo la sezione d'urto differenziale dσif di questo processo a
due fotoni. Conviene pero' procedere per gradi. Dapprima possiamo
chiederci l'ampiezza Aif (t) che la molecola transisca sotto l'azione di
due fotoni appartenenti ambedue a modi ben determinati,
supponendo che il fotone ω 1 sia assorbito al tempo t1 ed il fotone ω 2
sia emesso al tempo t2.
|f>
∞
ω2
t2
t1
ω1
|i>
−∞
Facciamo evolvere il sistema: otteniamo (con h
/ =1)
|t> = [-i V E( ω 2,t 2)] I exp(i ω 2t2) [-i V A ( ω 1,t 1)] I exp(-iω 1t1)|i>, (9)
dove si sono messe in evidenza le dipendenze temporali esplicite di
VA,E e quelle che provengono da []I . La (9) sarebbe corretta se t1 e t2
fossero assegnati dall'esperimento; poiche' non lo sono, e i diversi
valori di t1 e t2 interferiscono, dobbiamo integrare sui tempi
intermedi. Una parte ∆Aif dell'ampiezza A if di arrivare allo stato |f>
deriva da eventi in cui t2>t1;
=337=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
|t> = -
t
t2
dt
∫ 2 ∫dt1 [VE( ω2,t2]I [VA( ω1,t1)] I exp(i ω2t2-iω1t1)|i>. (10)
-∞
-∞
Il contributo all'ampiezza del processo e' <f|t>, cioe'
∆Aif (t) =
t
t2
= - ∫dt2 ∫dt1<f| [VE( ω 2,t 2)] I [VA ( ω 1,t 1)] I |i> exp(i ω 2t2-i ω 1t1); (11)
-∞
-∞
il fattore 1/2 che compare nella formula del 20 ordine qui non figura,
perche' gli estremi di integrazione sono diversi.
Sviluppando i calcoli, si ha
t
t2
∆Aif (t)= - ∫dt2 ∫dt1<f| e iHt 2VE( ω 2)e -i(H-ω 2)t 2 •
-∞
-∞
•eiHt 1VA ( ω 1) -i(H+ω 1)t 1 |i> =
t
t2
= - ∫dt2 ∫dt1<f| VE( ω 2)e -i(H-E f - ω 2)t 2 •
-∞
-∞
•ei(H-E i - ω 1)t 1 VA ( ω 1)|i> .
(12)
Eseguiamo l'integrale in t1, dando una crescita infinitesima
all'integrando:
t2
exp[ixt2 ]
.
∫dt1 exp[ ixt1] =
ix
-∞
(13)
Cosi'
∆Aif (t)= -
t
∫dt2 <f| VE( ω2)e -i(H-E f - ω 2)t2 •
-∞
-i
•ei(H-E i - ω 1)t 2
V ( ω )|i>
[H-Ei - ω 1-i0] A 1
=-
t
∫dt2 e-i(- Ef - ω 2)t2 +i(- E i - ω 1)t2
-∞
•<f| VE( ω 2)
-i
V ( ω )|i> =
[H-Ei - ω 1-i0] A 1
=338=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
= - e i(Ef +ω 2-E i - ω 1)t
-i
[Ef -Ei +ω 2- ω 1-i0]
-i
•<f| VE( ω 2)
V ( ω )|i> .
[H-Ei - ω 1-i0] A 1
(14)
Ma nello stato intermedio fra |i> ed |f> il sistema non ha energia
definita. Cosi', per quanto sia contrario alla intuizione classica,
dobbiamo considerare anche il seguente processo, che conduce allo
stesso stato finale:
|f>
∞
t1
ω1
ω2
t2
|i>
−∞
il contributo e', analogamente,
t
t1
- ∫dt1 ∫dt2<f| e iHt 1VA ( ω 1)e -i(H-ω 1)t 1 eiHt 2VE( ω 2) -i(H-ω 2)t 2 |i> =
-∞
-∞
t
-i
- ∫dt1 ei(Ef - ω 1)t 1 +i(-Ei +ω 2)t 1<f| VA ( ω 1)
VE( ω 2)|i> =
[H-E
+
ω
-i0]
i
2
-∞
=- e i(Ef +ω 2-E i - ω 1)t
-i
[Ef -Ei +ω 2- ω 1-i0]
•<f| VA ( ω 1)
-i
V ( ω )|i> .
[H-Ei +ω 2-i0] E 2
(15)
Si noti che il fattore di fase ed il denominatore della frazione fuori
dell'elemento di matrice sono tornate come prima. Cosi' le due
ampiezze parziali si sommano, dando l'ampiezza totale
=339=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
-i
Aif (t) = - ei(Ef +ω 2-E i - ω 1)t
•
[Ef -Ei +ω 2- ω 1-i0]
-i
{ <f| VE( ω 2)
V ( ω )|i> +
[H-Ei - ω 1-i0] A 1
-i
+<f| VA ( ω 1)
V ( ω )|i>} .
[H-Ei +ω 2-i0] E 2
(16)
Lo stesso risultato si ottiene dalla espansione formale del Capitolo 2. Nella
rappresentazione di interazione, l'operatore di evoluzione temporale e'
t
-i
U(t,t0) = P exp[
dt1 H'I (t 1)] ,
/
h
t0
∫
con H' I (t 1)= eiHt 1 H'(t1)e -iHt 1. La correzione di secondo ordine alla funzione
d'onda ψ del sistema materiale e'
ψ(2)(t) =
1 -i 2
(
)
2! h
/
t
dt1
∫
t0
t
dt2 P[H' I (t 1) H'I (t 2)] ψ(t 0),
∫
t0
dove P ordina i tempi precedenti a destra, t0 → - ∞ e ψ(t 0) = |i>.
Usando queste formule avremmo potuto ottenere i risultati in modo piu'
automatico, ma abbiamo preferito rendere piu' intuitivo il significato fisico delle
integrazioni e degli ordinamenti temporali.
Il fotone ω 1 e' acceso adiabaticamente, e quindi Aif ha una
crescita esponenziale infinitesima nel tempo. Sia x = Ef - Ei +ω 2 - ω 1 ;
eηt
e2ηt
Aif ∝
⇒ Pif = |Aif |2 ∝ 2
, η→ +0.
(17)
x - iη
x + η2
Pif e' la frazione del numero totale di sistemi che ha transito al tempo
t. La probabilita' di transizione per unita' di tempo e' quindi
2η e 2ηt
dPif
∝ 2
dt
x + η2
→ 2πδ(x) , per η→ +0.
(18)
Ovviamente, δ( Ef - Ei +ω 2 - ω 1) esprime la conservazione dell'energia;
nel formalismo della risposta quadratica tale fattore emerge in modo
naturale ed elegante, e non deve esservi messo quasi a forza come nel
formalismo elementare.
Densita' di stati finali per il fotone ω 2.
L'esperimento misura l'energia ω 2 del fotone emesso ed inoltre
determina la sua direzione entro un dato dΩ2 ( l' apertura dell'ottica
dello strumento). Invece, Pif si riferisce ad un fotone con (k, ω )
=340=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dPif
su tutti i fotoni con ω 2 = Ei
dt
+ ω 1 - Ef , e con k entro dΩ2. La somma e' la densita' di stati
determinato. Si deve percio' sommare
VdΩ2
δ( ω 2-|k 2|) =
k 2dk2δ( ω 2-k 2) =
(2π) 3∫ 2
k i n d Ω2
∑
dρ( ω 2) ≡
VdΩ2
ω 2.
(19)
(2π) 3 2
Il campo ω 1 e' normalizzato a 1 fotone nel volume V, che noi poi
prenderemo come volume unitario. La probabilita' per unita' di
tempo di osservare il fotone ω 2 in dΩ2 e' la sezione d'urto
differenziale
=
dσif= 2π|<f| VE ( ω2) [H-E --iω -i0] V A ( ω1)|i> +
i
1
+ <f| VA ( ω1)
-i
V ( ω )|i>|2dρ(ω2).
[H-Ei +ω2-i0] E 2
Ricordando che VA = -i
scrivere
ω1ω23 d Ω2
dσif =|M| 2
h2c 4
/
2π ω 1
1d,
VE = i
2π ω 2
,
(20)
2d,
possiamo
(21)
avendo rimesso a posto i fattori h
/ e c; l'elemento di matrice
-i
M = <f| ( 2d) [H-E - ω -i0] (
i
1
1d) |i> +
-i
+ <f|( 1d)
( d) |i>
[H-Ei +ω2-i0] 2
,
(22)
riflette l'evoluzione del sistema nello stato intermedio virtuale. Nel
secondo denominatore possiamo eliminare ω 2 in favore di ω 1 giacche'
ω2 - Ei = ω1 -Ef . Allora, introducendo un set completo di autostati
esatti |n> della molecola, otteniamo
M=
∑[
n
( 2df n ) ( 1dni )
[ωni - ω1]
+
( 1df n ) ( 2dni )
[ωnf+ω1]
]
a condizione che ω1 sia diverso da tutte le frequenze proprie ωni della
molecola imperturbata. Il caso risonante merita una trattazione a
parte (Capitolo 17). Esplicitiamo le componenti cartesiane e
scriviamo
=341=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
M≡
∑
pq
R pq ( ε2) p( ε1) q ,
(23)
dove compaiono le componenti del tensore Raman,
Rp q =
∑[
n
<f|dp|n><n|dq|i>
<f|dq|n><n|dp|i>
+
[ω ni - ω 1]
[ω n f +ω 1]
]
. (24)
Questi risultati sono dovuti a Kramers e Heisenberg.
Nel caso f≡i, il tensore descrive lo scattering di Rayleigh, mentre il
nome di Raman e' tradizionalmente associato alla diffusione
anelastica. Quando ω 1 > ω 2, allora Ef >Ei e la transizione Raman si
dice di Stokes, nel caso contrario il sistema ha ceduto energia e la
transizione e' di Anti-Stokes. Perche' R non si annulli identicamente
in sistemi di parita' definita occorre che |i> ed |f> siano della stessa
parita'. Vediamo brevemente altre conseguenze fisiche della (24):
SPETTROSCOPIA VIBRAZIONALE- Come sappiamo, nelle molecole
centrosimmetriche i modi Raman-attivi sono inattivi in infrarosso, e
viceversa.
↔
SCATTERING A BASSE FREQUENZE- Per ω 1→0, R ha un limite finito.
Pertanto, la sezione d'urto va con ω 1ω 23 e lo scattering elastico va
con la quarta potenza di ω . Abbiamo gia' accennato nel Capitolo 6
alla importanza astronomica delle onde radio, che ci permettono di
osservare regioni otticamente invisibili.
SCATTERING AD ALTE FREQUENZE ( o di Thomson)- Supponiamo ω 1
↔
grande rispetto a tutte le frequenze importanti per R . Allora,
inserendo nella (26) l'espansione
1
1 ω ni
1
1 ω nf
≈-ω + ⋅⋅ , cioe'
≈+ω + ⋅⋅,
2
ωni - ω1
1 ω1
ωnf+ω1
1 ω 12
si trova
∑ [-<f|d p|n><n|dq|i> + <f|d q|n><n|dp|i>]
n
Rpq ≈
ω
1
-
∑ ω ni <f|dp|n><n|dq| i > + ω n f <f|dq|n><n|dp|i>]
n
ω12
+ ...
(25)
Ma nel primo termine eseguiamo la somma su n e troviamo 0. Nel
secondo, consideriamo che
d
ωni <n|dq|i> = <n| [H,dq]- |i> = -i <n| dt dq|i>,
=342=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
d
ωn f <f|dq|n> = - ωf n <f|dq|n> = i <f| dt dq|n>,
e concludiamo con
Rpq =
=
i
i
d
d
∑ [<f | dp|n><n| dt dq|i> - <f| dt dq|n><n|dp|i>] =
ω12
n
ω12[<f
d
d
| dp
dq - (
d )d |i>] .
dt
dt q p
Ora, per un singolo elettrone, [d p,
elettroni , d =
(26)
d
e2i
dq ]- =
δ . Qui abbiamo N
dt
m pq
N
∑eri ; poiche' le coordinate di ciascun elettrone
1
commutano con quelle di tutti gli altri, si ottiene N volte lo stesso
risultato; quindi
d
Nie2
[dp,
dq ]- =
δ .
(27)
dt
m pq
In definitiva, viene
-Ne2
Rpq =
<f|i> δpq ,
mω 12
ω1→∞ .
(28)
Non c'e' scattering Raman. Per quello elastico, si ottiene
dσ = |
ω 4dΩ2
Ne2
2 1
δ
(
ε
)
(
ε
)
|
=
pq
2
p
1
q
mω 12
c4
e2 2
= N2 [
] | 2⋅ 1|2dΩ2.
mc 2
(29)
e2
Usando il raggio classico dell'elettrone, re = [
] , scriviamo
mc 2
dσ = N2 re2 | 2⋅ 1|2dΩ2. Sia ora θ l'angolo fra le direzioni di k2 e di 1.
Il fotone 2 puo' essere preso polarizzato con 2 nel piano individuato
da 1 e k2 o polarizzato con 2 normale a questo piano. Ma in
quest'ultimo caso, 2⋅ 1=0 . Cosi', sommando sulle polarizzazioni del
fotone finale, rimane il contributo di 2 nel piano.
=343=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Piano
ε1
α
ε1k
2
ε2
θ
k1
k2
Allora, θ = α + π/2, dove α e' l'angolo fra i due vettori di
polarizzazione; | 2⋅ 1|2 = cos2α = sin2θ. Si ottiene cosi' in questo limite
la classica formula di Thomson dσ = N2 re2 sin2θ dΩ2.
14-2 Generazione di seconda armonica
Abbiamo gia' accennato all'ottica non lineare parlando dei
metodi per misurare il Lamb shift, ed altri piccoli effetti di QED;
adesso vogliamo entrare nel merito dei meccanismi che producono gli
effetti non lineari. Se i campi della radiazione sono deboli rispetto a
quelli che si trovano nello stato fondamentale di un sistema,
l'emissione di radiazione di frequenza diversa da quella incidente e'
molto debole, e puo' essere descritta perturbativamente. Con lo
stesso metodo che abbiamo usato per l'effetto Raman, possiamo
calcolare l'ampiezza di probabilita' di assorbire due fotoni di
frequenza ω 1 e ω 2 ed emettere un fotone di frequenza ω 3. All'ordine
piu' basso contribuiscono 3! ordinamenti temporali e quindi 6
diagrammi. Ecco il primo:
=344=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
t
|f>
ω
3
t3
t2
ω
2
ω
1
t1
-∞
|i>
Sviluppando i calcoli, si trova l'ampiezza
B =X(ω1,ω2) + X(ω2,ω1) ,
(1)
dove, in notazione ovvia, con f(n) distribuzione di Fermi , autovalori
a particella singola εn , e ωrs =ε(r)-ε(s),
X(ω1,ω2) =
[VE(ω3)] sn [VA (ω2)] n r [VA (ω1)] rs
+
∑ f(s) ∑ [1-f(n)]∑ [1-f(r)]{
(ωrs -ω1-i0)(ωns -ω1-ω2-i0)
s
n
r
[VA (ω2)] sn [VE(ω3)] n r [VA (ω1)] rs [VA (ω2)] sn [VA (ω1)] n r [VE(ω3)] rs
+
}(ωrs -ω1-i0)(ω3-ω1+ωns -i0)
(ω3+ωrs -i0)(ω3-ω1+ωns -i0)
[VE(ω3)] mn [VA (ω2)] sm[VA (ω1)] ns
+
∑ f(s) ∑ [1-f(n)] ∑ f(m){
(ωns -ω1-i0)(ωnm -ω1-ω2-i0)
s
n
m
[VA (ω2)] mn [VE(ω3)] sm[VA (ω1)] ns
[VA (ω2)] mn [VA (ω1)] sm[VE(ω3)] ns
+
}.
(ωns -ω1-i0)(ω3-ω1-ωmn -i0)
(ω3+ωns -i0)(ω3-ω1-ωmn -i0)
(2)
La probabilita' di transizione e' proporzionale a
σ = δ(ω3-ω1-ω2)|B{V E;VA }|2.
=345=
(3)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Questa espressione per l'ampiezza B e' il punto di partenza di recenti
calcoli di spettri di seconda armonica da interfacce di
semiconduttori 1. In tali sistemi, la risposta in seconda armonica puo'
facilmente essere piu' piccola del flusso di energia incidente di 15
ordini di grandezza o piu'; questo non ne impedisce tuttavia
l'osservazione.
Nei problemi atomici e molecolari, dove i fotoni non vengono
schermati da alcun mezzo, la formulazione descritta e' equivalente ad
una piu' tradizionale2 basata sul calcolo della suscettivita' di
second'ordine χ (2). In effetti, per i problemi che riguardano la
materia condensata, ci si deve preoccupare anche di descrivere la
propagazione dei fotoni entranti ed uscenti, il che e' stato fatto ma
esula da questo lavoro. Con un formalismo analogo a quello di questo
paragrafo e' possibile studiare altri effetti non lineari, come il
decadimento a due fotoni dello stato 2s dell'atomo di H.
Nel seguito, ci occuperemo degli effetti a molti fotoni che hanno
luogo quando i campi incidenti sono cosi' intensi da non poter essere
inclusi considerando diagrammi di ordine basso.
14-3 Modo efficace
Quando la luce incidente sul campione e' monocromatica, come
nel caso di un fascio laser, possiamo schematizzare il problema come
se fosse composta di fotoni tutti identici. Consideriamo infatti un
sistema elettronico che interagisce con un campo di radiazione. In
generale, possiamo considerare parecchi elettroni interagenti fra loro
e descritti da un hamiltoniano He; sia N→∞ la dimensionalita' dello
spazio di Hilbert, e |i> un set di base, i=1,..N. Supponiamo di avere M
modi di frequenza ω e polarizzazione nel fascio laser. Per ogni
modo, c'e' nell'hamiltoniano un termine di accoppiamento con la
materia ,
H' k =
∑ ∑
σ
M (k) mn a† mσan σ(b k +b† k ),
m≠n
dove nell'approssimazione di dipolo
(1)
1M. Cini, Phys. Rev. B43, 4792 (1991); M.Cini , R. Del Sole , Jang Guo Ping
and L. Reining, "CALCULATION OF THE LINEAR AND NONLINEAR OPTICAL
PROPERTIES OF Si(111)1x1-As", Proceedings of the Epioptic meeting, Berlin ,
June 1991.
2Y.R.Shen,"The principles of Nonlinear Optics", John Wiley & Sons, New
York (1984)
=346=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
e
e (k)
M(k) mn =
<m|A(k) P|n>=
A <m| P|n>;
(2)
mc
mc
quindi, H'k si fattorizza nella forma
H' k =A(k) L(bk +b† k ),
(3)
dove L opera sugli elettroni ma non sui fotoni. La parte di
hamiltoniana che descrive il campo e la sua interazione e'
M
H= ∑ { ω bk † bk + A(k) L(bk +b† k )}.
(4)
k
Con una rotazione reale α mk nello spazio vettoriale dei modi, tale
che α mk α nk =δmn, possiamo passare a nuovi operatori d:
∑
k
∑
A (k) ∑ α mk dm;
k
m
A (k) bk =
il vettore ruotato
∑
k
(5)
A (k) α mk ha la stessa "lunghezza" di quello
∑ A(k)2.
k
Prendiamolo lungo il primo asse coordinato; allora
originale, ||A||=
∑
A (k) α mk = ||A|| δm1,
(6)
k
e H diventa
H= h
/ ω ∑ dm† dm + ||A|| L(d1+d1† ).
(7)
m
Possiamo sempre sostituire M modi con accoppiamenti A(k) con un
modo efficace con accoppiamento ||A||.
Per un singolo modo nel volume di normalizzazione (arbitrario) V ,
2πh
/
A= c
eikr-iω t,
(8)
Vω
quindi
2πh
/
A(k) =c
,
Vω
2πh
/c2
2πh
/c2 V
=
∆(3) k,
∑
Vω
Vω (2π) 3
k
||A||2 =
dove ∆(3) k e' la larghezza del fascio laser nello spazio k. Di fatto,
=347=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
∆(3) k
e' l'inverso del volume su cui il fascio laser e' coerente. In altri
(2π) 3
termini, possiamo lavorare con un unico modo efficace purche'
prendiamo V uguale al volume di coerenza.
14-4 Diffusione di luce coerente
Nei processi di diffusione possiamo supporre che il campo
libero ha 2 modi, di pulsazioni ω0 e ω0', ed e' descritto
dall'hamiltoniana
H ph =ω0b† b+ω0'b' † b' ;
(1)
qui b distrugge fotoni ω0 del laser mentre b' distrugge fotoni diffusi. I
termini di interazione sono
H I =M(b+b † )
H I '= M'(b'+b'† ),
(2)
(3)
dove M e M' sono operatori sui gradi di liberta' elettronici. Cosi'
H=H e+H ph +H I +H I ',
(4)
I fotoni del laser appartengono a un solo modo e sono in uno stato
coerente tale che
b|c>=β|c>
(5)
cioe' d|c>=0 con d=b-β. Abbiamo incontrato uno stato simile nel
Capitolo 13.4, dove volevamo descrivere le vibrazioni molecolari
nello stato finale della fotoemissione. Nel caso della luce laser, il
valore di β e' estremamente variabile: puo' essere ≈104 per laser in
continua, ma anche ≈108 o molto di piu' per laser pulsati (con impulsi
dell'ordine di qualche decina di nanosecondi). Nella rappresentazione
d,
~
~
~
~
H = H e+ H ph +H I + H' I ,
(6)
dove, prendendo per semplicita' β reale,
~
H e = H e + ω0β 2 +2βM
~
~
H I = [ω0β + M](d+d † )=M (d+d† ).
(7)
(8)
Inizialmente il sistema e' nello stato |1;0>=|1>|0>, dove |1> denota lo
stato iniziale elettronico (di solito lo stato fondamentale).e |0> e' il
vuoto per i fotoni d e b'.
=348=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Lo spettro della luce diffusa S(ω0') e' proporzionale alla rate di
emissione dei fotoni b'. Invece di derivare una espressione formale
della rate1, vedremo un caso speciale e lo discuteremo con un
approccio semplice, ma ben motivato fisicamente.
14-5 Fenomeni a molti fotoni: Effetto Stark dinamico
Se un campo coerente e' in risonanza con un sistema a due
livelli, la radiazione diffusa si scinde in tre componenti, donde il
nome "Effetto Stark dinamico". Sperimentalmente, l'effetto fu messo
in chiara evidenza da Shuda et al.2, usando un dye laser e un fascio di
atomi di Na. Gli stati iperfini che derivano dal livello fondamentale
32S1/2 sono separati da 1772 MHz, e quelli che derivano dal livello
eccitato 2P3/2 da 60MHz. Le transizioni che partono dal livello
iperfine F=2 del livello fondamentale definiscono un sistema modello
a 2 livelli ed uno a 3 livelli.
F=3
F=2
2
3 P
3/2
F=2
2
3 S
1/2
F=1
sistema a 2 livelli
sistema a 3 livelli
Il laser fu accordato alla transizione a 5890 Å dalla componente
iperfine F=2 del livello fondamentale 32S1/2 alla componente F=3 del
32P3/2 ; il laser era cosi' monocromatico che non c'era
contaminazione dalla componente F=2 del 32P3/2 , e per le regole di
selezione non ci poteva essere mescolamento con altri stati.
Per un siffatto sistema a 2 livelli,
H e=ε1n1 +ε2n2 ,
(1)
H I =(a 1† a2+ a2† a1)g(b+b † )
(2)
H I '= (a 1† a2+ a2† a1)g'(b'+b'† );
(3)
1M. Cini , A. D'Andrea and C. Verdozzi, International Journal of Modern
Physics 9 No.10 p.1185 (1995)
2F. Shuda, C.R. Stroud and M. Hercher, J. Phys. B: Atom. Molec, Phys. 7, L198
(1974)
=349=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
qui εm sono i livelli a elettroni indipendenti e nm gli operatori
numero, e g e' l'elemento di matrice dell'interazione fotone-elettrone;
in pratica g'=g. Passando alla rappresentazione dei d con b→d+β,
H e=ε1n1 +ε2n2 →H e,
(4)
H I =(a 1† a2+ a2† a1)g(b+b † )
→ (a 1† a2+ a2† a1)g(d+d † )+ 2gβ(a 1† a2+ a2† a1)
(5)
H ph = ω0b† b → ω0d† d + βω0(d+d† ) + ω0β 2.
(6)
~ ~
~
Conviene riarrangiare un po' i termini e scrivere H =H e +H I + ω0d† d,
con
~
H e = ε1n1 +ε2n2 + ω0β 2 +2gβ(a 1† a2+ a2† a1)
(7)
~
~
H I = [ω0β + g(a1† a2+ a2† a1)](d+d † )=M (d+d† ). (8)
Inizialmente il sistema e' nello stato a 1† |0>, dove |0> e' il vuoto per
ambedue i modi d e b'.
Se non ci fosse il termine in g nella (8), non ci sarebbe l'effetto
Stark dinamico: i livelli 1 e 2 sarebbero interagirebbero solo per
mezzo del termine in βg nella (7), ma tale interazione verrebbe solo
al secondo ordine, e sarebbe proporzionale a (βg) 2. Ora, βg e'
un'energia tanto piccola che potremmo in pratica trascurare la
correzione: l'ordine di grandezza della separazione dei livelli
nell'effetto Stark dinamico e' proprio βg. Infatti, possiamo stimare
l'ordine di grandezza dell'elemento di matrice g fra i livelli atomici
supponendo V≈ 1 cm 3 , n≈108. L'interazione e'
2πh
/ω
d
(9)
V
dove d e' il momento di dipolo. Pertanto, in un sistema atomico,
E⋅d =
2πh
/ω
e a0.
(10)
V
Se caratterizziamo il laser con la densita' di energia
nh
/ω
ρ=
,
V
e ricordiamo che β= n, viene
βg= 2πρ ea0
(11)
independentemente da V. Inoltre,
βg
/ ω e2a02
h
e2 1 a03
=
2πn
=
2πn(
)
.
h
/ω
V (h
/ ω) 2
a0 h
/ω
V
βg
e2
A frequenze ottiche,
≈h
/ ω e si trova
≈10 -8 . Anzi, possiamo
a0
h
/ω
dare un limite superiore all'ordine di grandezza di g per i sistemi
g≈
=350=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
"atomici" (inclusi atomi di Rydberg ed eccitoni 1) prendendo V= λ 3,
2πc
λ= ω . Si trova
gmax
=
/ω
h
2πe2
a =
/ ωλ3 0
h
2πe2 a0
( )=
/ ωλ λ
h
2πe2ω a0
a0
( λ )= α λ ,
/ ω2πc
h
1
e2
e' la costante di struttura fine. Poiche' h
/ ω≈
,
137
2a0
/
α
a0 a0ωh
=
≈
, e in generale
λ
2πch
/ 2π
gmax α 3/2
<
≈ 5 10-5 .
(12)
/ω
h
4π
~
In H I vi e' un termine in g ed uno in ω0β. Poiche' β >>1, g<< h
/ ω0β e si
puo' sviluppare un modello basato sul caso limite g→0, β→ ∞ , con
gβ→costante. Il limite β→ ∞ corrisponde a campi classici.
Trattiamo dunque il termine in g nella (8) come una
~
perturbazione. Per g=0, diagonalizziamo H e ottenendo nuovi
~
~
autovalori ε 1+ ω0β 2 e ε 2 +ω0β 2 ; l'hamiltoniano imperturbato (g=0) e'
~ ~ ~
~ ~
H 0 = ε 1 n 1 + ε 2 n 2 +ω0β 2+ ω0β(d+d† ) + ω0d† d ;
(13)
~
~
poiche' n 1 e n 2 sono costanti del moto, alcuni autostati si ottengono
~
~
~
~
ponendo n1 =1, n 2 =0 e gli altri con n 1 =0, n 2 =1; nei due casi,
tornando agli operatori b=d+β, si ottiene l'hamiltoniano imperturbato
~ ~
h0i= ε i n i + ω0b† b. Facendo la trasformazione dai b ai d e di nuovo ai
b, non abbiamo semplicemente preso il limite g →0 nell'Hamiltoniano
di partenza, perche' abbiamo conservato gli effetti di ordine gβ che
comportano una rinormalizzazione dei livelli.
~
~
Gli autostati sono | i , n> ed hanno autovalori ε i +nω0. Nel caso
~
~
risonante, |1 , n+1> e' quasi degenere con |2 , n>.
dove α≈
~
|1 ,
~
|1 ,
~
|1 ,
~
|1 ,
3> ---------2> ---------1> ----------
~
----------- |2 , 2>
~
----------- |2 , 1>
~
----------- |2 , 0>
0> ----------
1stati eccitati dei semiconduttori in cui un elettrone e' legato ad uno ione da
-e 2
, dove ε e' la costante
εr
dielettrica. Il loro spettro e' di tipo idrogenoide.
una interazione coulombiana schermata
=351=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
La perturbazione e' il termine che avevamo trascurato,
g(a1† a2+ a2† a1)(d+d † )=g(a 1† a2+ a2† a1)(b+b† -2β).
L'elemento di matrice che collega gli stati quasi degeneri e'
~
~
<1 , n+1|g(a 1† a2+ a2† a1)(b+b† -2β)|2 , n>=
= g<n+1|b† |n>= g n+1 .
(14)
2
Si noti che i valori di n piu' importanti sono ≈β , ed in questo senso
un alto grado di coerenza comporta un aumento dell'accoppiamento
efficace fra radiazione e materia. Lo spettro perturbato al primo
~
ordine consiste dello stato fondamentale |1 , 0> e di infiniti doppietti;
~
~
quello che origina da |1 , n+1> e da |2 , n> ha una separazione 2g n+1
~
~
|1 n+1>±|2 n >
e consta degli stati
.
2
Calcoliamo lo spettro di emissione spontanea fra gli autostati
perturbati. La probabilita' dell'emissione spontanea e' data dal
coefficiente A di Einstein,
4ω3mn
Am→n =
(d) mn 2 ,
(15)
3h
/c3
~
dove d e' il momento di dipolo. E' chiaro che d connette gli stati |2 ,
~
n> con |1 , n> , con lo stesso numero di fotoni b, e quindi ci sono solo
emissioni fra doppietti consecutivi, con ω ≈ω0; precisamente, le
frequenze sono:
( n+1+ n ) g



 ( n+1- n ) g
ω0 + 
 ( - n+1+ n ) g


 (- n+1- n ) g
~
~
~
~
|1 n+1>+|2 n>
|1 n+1>-|2 n>
[
→
]
2
2
~
~
~
~
|1 n+1>+|2 n>
|1 n+1>-|2 n>
[
→
]
2
2
~
~
~
~
|1 n+1>−|2 n>
|1 n+1>+|2 n>
[
→
]
2
2
~
~
~
~
|1 n+1>-|2 n>
|1 n+1>+|2 n>
[
→
]
2
2





.




(16)
Gli elementi di matrice hanno tutti lo stesso modulo, e le 4 transizioni
hanno la stessa intensita', dato che sono cosi' vicine da rendere
trascurabile la variazione del fattore ω3. Il sistema viene preparato in
uno stato che per g→0 e' |1,c(β)>, dove c(β) e' lo stato coerente dei
=352=
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fotoni b; ciascuno dei due sottolivelli che corrispondono a |1,n> e'
1
an
occupato con probabilita' e-a (
), dove a=β 2. I contributi
2
n!
importanti vengono da n≈ β e lo spettro avra' quindi un massimo
attorno a ω0, dovuto alle due transizioni centrali non risolte, ed altri
due a ω≈ω0±2gβ. Il picco centrale puo' essere approssimato con una
lorentziana normalizzata a 1/2 dell'intensita' totale, la cui
semilarghezza ∆ potra' dipendere dal tempo di vita dello stato
eccitato e dal potere risolutivo degli strumenti. La forma dei picchi
ω-ω0
laterali si puo' ottenere ponendo x=
, e calcolando
2g
e-a ∞ an
|x| -a ∞ an
{δ(x- n)+δ(x+ n)} ≈
e ∑
δ(x 2-n);
∑
4
n!
2
n!
n=0
n=0
per g piccolo, usando il teorema del Capitolo 13.4
lim
a>>1; aω 02 finito
{
e-a
∑
∞
n=0
an
δ(ζ-nω0) }=
(n!)
(17)
2π
(ζ-aω0) 2
exp{}
aω02
2aω02
possiamo approssimare la forma dello spettro con
∆
2π
2π
|x|
-(x 2-a)2
S(x) ≈
exp{
}+ 2
.
(18)
2
a
2a
∆ +(2gβx) 2
Aumentando a, i massimi laterali diventano sempre piu' stretti e i loro
massimi si avvicinano a x= ±β. Per comodita' grafica prenderemo
a=30, ∆ =g/2 : si ottiene il grafico seguente dell'intensita' in funzione
di x/β:
=353=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Nell'esperimento di Shuda et al. , la separazione fra il picco centrale
e quelli laterali e' ≈2gβ ≈ 100 Mhz e la transizione ha λ=5890Å, che
gβ
corrisponde a ≈ 5 1014 Hz, e si ha ω0 ≈10-8 . Cio' corrisponde a β=
104 e g=10-12ω0.
Capitolo 15- Correzioni
relativistiche per sistemi a molti
elettroni
Per comprendere in una descrizione coerente gli effetti a molti corpi e
quelli relativistici, dovremo sviluppare metodi piu' potenti. La Relativita' ci
spinge a riconsiderare la stessa interazione coulombiana.
15-1 Propagatori1
Definiamo i propagatori delle particelle, che useremo nelle
espansioni perturbative nelle teorie sia relativistiche che non.
1-Elettroni di Pauli
Supponiamo di avere un sistema di elettroni non interagenti di
Hamiltoniano H 0. Usiamo la seconda quantizzazione, con ca† che
crea un elettrone in uno stato a particella singola a, e la
rappresentazione di Heisenberg,
c a(t) = exp(iH0t)c aexp(-iH0t).
(1)
Come sappiamo s
T[ca(t)c b† (0)] = [ca(t)c b† (0)]θ(t)-[c b† (0)c a(t)]θ(-t).
Il propagatore e' definito da
G0(a,b,t)= -i<T[ca(t)c b† (0)]>,
(2)
dove la media e' presa rispetto allo stato fondamentale. Per un
sistema vuoto, rimane solo la parte in θ(t), e il propagatore si riduce
alla funzione di Green ritardata, che abbiamo gia' incontrato. Piu' in
generale, gli stati saranno occupati fino al livello di Fermi, e si
potranno propagare sia elettroni che lacune. Per t>0, un elettrone e'
aggiunto al sistema nello stato b al tempo 0 e annichilato nello stato a
al tempo t; per t<0 una buca e' introdotta nel sistema e poi
annichilata al tempo 0; in ambedue i casi, G0 descrive l'ampiezza di
propagarsi dallo stato b allo stato a nel tempo t.
Supponiamo di aver diagonalizzato H0 , ottenendo autostati a
particella singola |k> ed autovalori εk . Lo stato fondamentale e' un
1Vedere anche il Sakurai,"Advanced Quantum Mechanics", Cap.4;
Berestetskii et al. "Relativistic Quantum Mechanics" Vol.4 Cap.8
=354=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
determinante singolo costruito con questi spin-orbitali, H0=∑ εi ni e
i
d
dall'equazione del moto i A = [A,H], si ha ck (t)=c k e-iε k t. Dalla
dt
0
definizione segue che G e' diagonale sulla base degli autostati, e
G0(k,k',t) =
=δ(k,k'){-i[1-nk ] exp(-iεk t)θ(t)+i n k exp(-iεk t)θ(-t)}, (3)
dove nk =1 per stati occupati, n k =0 per stati vuoti. Cosi' iG0 si evolve
con il fattore di fase exp(-iεk t) come gli autostati, ma ha una
discontinuita' unitaria per t=0; pertanto, soddisfa
∂
i G0(k,k',t) = εk G0(k,k',t) + δkk' δ(t)
(4)
∂t
ed e' la funzione di Green dell'equazione di Schro"dinger. Questo
risultato utile e' dovuto alla definizione di T .
La componente di Fourier a frequenza ω e' data da
G0(k,k',ω)
=
∞
∫dtG0(k,k',t)eiω t=
-∞
δkk'
≡ δ kk' G0(k,ω) ,
(5)
ω-εk + i ηk
con ηk =+0 per stati vuoti, ηk =-0 per stati pieni. Infatti, con δ=+0,
=
∞
=-
i
∫dtei(ω−ε k )t-δt = ω-εk +iδ
iG0(k,ω)=
0
0
∫dtei(ω−ε k )t+δt =
-∞
i
ω-εk -iδ
, nk =0
, nk =1.
(6)
Cosi' per ηa>0 si ha un elettrone, e per ηa<0 si ha una buca.
2-Il Fotone
Consideriamo ora un campo bosonico φk (t) che obbedisce
all'equazione d'onda
∂2
φ (t) =-εk 2φk (t) .
(7)
∂t2 k
Ad esempio, se εk =ck questa e' proprio l'equazione delle onde
∂2
∂2
2
2
[ 2 +c k ] φk (t) = [ 2 -c 2∇ 2] φk (t)=0.
∂t
∂t
In seconda quantizzazione si ha l'operatore di campo
1
φk (t) =
{ak exp[-iεk t] + ak † exp[iεk t]}.
(8)
2εk
I coefficienti di normalizzazione sono scelti in modo tale che
l'Hamiltoniano del campo assuma la forma
=355=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
H= ∑ h
/ωk (a k † ak +1/2);
(9)
k
il procedimento necessario e' un po' laborioso, ma standard, e noi lo
abbiamo gia' usato per quantizzare il campo dei mesoni carichi (cfr.
Cap. 3). Per un bosone il propagatore e' definito da
Dk (t)=<P[ φk (t) φk (0)]>
dove P e' l'operatore di ordinamento temporale e la media e' sul
vuoto. Una definizione leggermente piu' generale e'
Dk (t-t')=<P[ φk (t) φk (t')]>.
(10)
Dalla definizione si ha:
θ(t)
θ(-t)
Dk (t)=
<ak exp[-iεk t] ak † > +
<ak ak † exp[iεk t] >=
2εk
2εk
1
=
{θ(t)exp[-iεk t] +θ(-t)exp[iεk t]}.
2εk
Questo e' continuo nello 0; pero':
∂Dk (t) 1
=
{-iεk θ(t)exp[-iεk t] +iεk θ(-t)exp[iεk t]}
∂t
2εk
e' discontinuo, e
∂2Dk (t)
=-εk 2 Dk (t) -i δ(t).
(11)
∂t2
Quindi, di nuovo, il propagatore e' la funzione di Green
dell'equazione d'onda a cui obbedisce il campo φ. La trasformata di
Fourier e'
[-ω2 + εk 2] D k (ω) = -i,
e
-i
Dk (ω) = 2
,
(12)
-ω + εk 2-iδ
dove l'infinitesimo e' necessario affinche' questa sia la trasformata di
Dk (t); potremmo verificarlo col metodo dei residui.
Per una particella scalare con la legge di dispersione εk =ck quindi
avremo
-i
Dk (ω) = 2
.
-ω + c 2k 2-iδ
Introducendo una notazione quadridimensionale con p=(ck,iω),
-i
D(p) = 2 .
p -iδ
Il fotone e' descritto dal quadrivettore Aµ(x), ed il propagatore e'
definito da
Dµν (x,x')=<0|P[Aµ(x)Aν (x')]|0> .
(12)
Si ottiene
Dµν (x,x') = -iδµν ∫
d4p e ip(x-x')
.
(2π) 4 (p 2-i0)
=356=
(13)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dov p2≡ pµpµ , p(x-x')≡pµ(x µ-x µ')≡ k.(x-x')-p 0(x 0-x' 0).
Cosi' abbiamo trovato il D appropriato al caso in cui il potenziale
obbedisce all'equazione delle onde: ma a quale equazione obbedisce
A dipende dalla gauge. Che accade se noi, dopo aver quantizzato il
campo, decidiamo di fare una trasformazione di gauge Aµ→Aµ+∂µχ,
dove χ(x) e' una funzione c-number?
Dµν (x-x')=<0|P[Aµ(x)Aν (x')]|0> → <0|P[Aµ(x)Aν (x')]|0>
+ ∂µ<0|P[χ(x)Aν (x')]|0> +∂µ<0|P[Aµ(x)χ(x')]|0> +
+ ∂µ∂ν <0|P[χ(x)χ(x')]|0> =
=Dµν (x-x') + ∂µ∂ν P[χ(x)χ(x')],
dove si e' tenuto conto che mediando un solo operatore di creazione
o annichilazione si trova 0. Il risultato e' che una trasformazione di
gauge cambia il propagatore, e che la sua forma piu' generale e'
d4p e ip(x-x')
Dµν (x,x') = -iδµν ∫
+ ∂µ∂ν f(x-x'),
(14)
(2π) 4 (p 2-i0)
dove f e' una funzione arbitraria. In termini di trasformate,
δµν
Dµν (p) = -i 2
+ pµpν f(p).
(p -i0)
i
Ad esempio, scegliendo f(p)= 4 si trova
p
1
pµpν
Dµν (p) = -i 2
[ δµν ].
(15)
(p -i0)
p2
Questo tensore e' il propagatore nella gauge di Landau e gode della
proprieta' che
1
pµpν
pµDµν (p) =-i 2
[ pν -pµ 2 ]=0.
(p -i0)
p
Cio' e' appropriato se A µ e' nella gauge di Lorentz pµAµ=0.
3- Funzione di Green per l'equazione di Dirac
Possiamo convertire l'equazione di Dirac per una particella
in un campo elettromagnetico
( γµ∂µ +m)Ψ(x) =ieγµAµ(x)Ψ(x)
in una equazione integrale con la nota tecnica delle funzioni di
Green. Data la soluzione G(x,x') del problema
( γµ∂µ +m)G(x,x') =-iδ(4) (x-x')
possiamo scrivere
Ψ(x)= Ψ 0(x) - ∫ G(x,x')e γµAµ(x')Ψ(x')d(4) x',
(16)
dove Ψ 0(x) e' una soluzione dell'equazione di Dirac senza campi,
e contiene l'informazione sulle condizioni al contorno, e G e' una
matrice 4X4. L'equazione integrale e' una soluzione solo formale,
ma ha il duplice vantaggio di contenere le condizioni al contorno
e di prestarsi ad una soluzione iterativa (serie di Von Neumann).
Per trovare G, introduciamo le trasformate di Fourier
quadridimensionali:
=357=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
G(x,x')=
∫
G(p) e ip(x-x')
d4p
,
(2π) 4
e cioe'
Gαβ(x,x')=
∫
G αβ(p) eip(x-x')
d4p
;
(2π) 4
si trova che G(p) deve soddisfare
(i γ.p +m) G(p) =-i.
Pertanto, in termini di una inversione di matrice 4x4,
G(p) =
-i
.
( i γ. p + m )
Questa si puo' "razionalizzare": infatti (γ.p)(γ.p)= γµpµγν pν =
1
= [γµ, γν ]+pµpν = p2 ,
2
e cosi'
-iγ.p +m
-i γ.p +m
= -i
.
(17)
(-iγ.p +m)(i γ. p + m )
m 2+p2
Al denominatore c'e' p 2+m2 = p2 +m2-p02. Quindi, l'integrale per
G(x,x') ha poli per p0=±E, dove E= p2+m2 ed il risultato per
G(x,x') e' ambiguo finche' non specifichiamo il percorso di
integrazione nel piano complesso. Il fatto che la funzione di
Green non sia unica non e' una novita'. Quando in fisica classica
o nei problemi di scattering in meccanica quantistica non
relativistica si considera la funzione di Green G(r) dell'equazione
delle onde, che soddisfa ∇ 2G + k2 G = δ(r), la si deve scegliere in
base alle condizioni al contorno. Nei problemi di diffusione di
una particella da un centro, si prende
1 eikr
G= , che rappresenta onde uscenti. Il complesso
4π r
coniugato sarebbe anch'esso una funzione di Green, ma
rappresenterebbe onde entranti.
L'interazione col campo elettromagnetico e' data da
G(p)= -i
_
Hint = -ie Ψ γµ ΨΑ µ ,
e nell'espansione perturbativa compare il
propagatore di Feynman G(x,x') definito dal bispinore
_
Gαβ(x,x')= <0|T[Ψ α (x)Ψ β (x')]|0>=
_
_
=<0|Ψ α (x)Ψ β (x')|0>Θ(t-t') - <0|Ψ β (x')Ψ α (x)|0>Θ(t'-t )
(18)
dove |0> e' il vuoto.
=358=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Per vedere che G e' una funzione di Green, espandiamo Ψ
sulla base delle autosoluzioni dell'equazione di Dirac,
4
Ψ(r,t) = ∑ ∑ c s(k)u s(k)exp[-iωs(k)t] e ik ⋅r .
k s=1
E' utile notare che l'anticommutatore a tempi uguali e'
[Ψ † (r,t),Ψ(r',t)]+=
=
∑ ∑
[ c s'† (k'),c s(k)] +us'† (k')u s(k)e ik ⋅r -ik'r' exp[-i(ωs(k)-
ks k's'
ωs'(k'))t] =
∑ ∑
ks k's'
=
∑
δss'δkk' us'† (k')u s(k)e ik ⋅r -ik'r' exp[-i(ωs(k)-ωs'(k'))t] =
u s† (k)u s(k)e ik ⋅r -ikr' =
∑
e ik ⋅r -ikr' =δ(3) (r-r');
ks
k
inoltre,
[Ψ s† (r,t),Ψ s'(r',t)]+= δss' δ(3)(r-r').
Verifichiamo dunque che G e' una funzione di Green.
∂
∑ [( γµ) αβ ∂x + m δαβ] Gβγ (x,x') =
µ
β
∂
= ∑ [( ) αβ ⋅∇ +( γ4) αβ
+ m δαβ] Gβγ (x,x') =
∂x4
β
∂
_
1
= ∑ [( ) αβ ⋅∇ + ( γ4) αβ
+ m δαβ] [<0|Ψ β(x)Ψ γ (x')|0>Θ(t-t') ic
∂t
β
_
-<0|Ψ γ (x')Ψ β(x)|0>Θ(t'-t )].
Si ha un contributo nullo dai singoli pezzi analitici (Ψ soddisfa
l'equazione di Dirac); derivando le θ si ha (c=1)
_
_
=-i ∑ ( γ4) αβ δ(t-t') {<0|Ψ β(r,t)Ψ γ (r',t)|0>+<0|Ψ γ
β
(r',t)Ψ β(r,t)|0>}.
_
Ora, Ψ γ =Ψ † γ ( γ4) γ γ , , mentre ∑ ( γ4) αβ Ψ β = ( γ4) αα Ψ α ; cosi' rimane
β
-i ( γ4) αα ( γ4) γ γ δ(t-t')
{<0|Ψ α (r,t)Ψ γ † (r',t)|0>+<0|Ψ γ † (r',t)Ψ β(r,t)|0>}=
=-i (γ4) αα ( γ4) γ γ δ(t-t') δα γ δ(3) (r-r')= -iδα γ δ(4) (x-x').
Vediamo a quali condizioni al contorno obbedisce
_
Gαβ(x,x')= <0|T[Ψ α (x)Ψ β (x')]|0>=
_
_
=<0|Ψ α (x)Ψ β (x')|0>Θ(t-t') - <0|Ψ β (x')Ψ α (x)|0>Θ(t'-t ).
=359=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
_
Il primo termine descrive uno stato a un elettrone Ψ β (x')|0>
creato nel vuoto: e' quindi un elettrone di energia positiva, che si
propaga da t' al tempo successivo t. Il secondo rappresenta un
elettrone di energia negativa (altrimenti Ψ α (x)|0>=0) che pero' si
_
propaga indietro nel tempo, essendo creato da Ψ β (x') dopo la
sua annichilazione. Il propagatore di Feynman corrisponde alla
scelta seguente:
-iγ.p +m
G(p)=
, ε→+0.
(19)
i[m 2+p2-iε]
Consideriamo un elettrone di energia ω =E positiva: il suo fattore di
fase temporale e' e-iEt . Se vogliamo descrivere la sua propagazione da t=0 a
t=∞ dobbiamo scriverlo e- i E t - δt =e- i ( E - i δ) t , dove δ=+0 e' un fattore di
convergenza per tempi grandi positivi. Il polo deve essere in realta' per p 0=
E-iδ, e trovarsi sotto l'asse reale. Per un elettrone di energia negativa -E, il
fattore di fase e' eiEt . Volendolo propagare fino a tempi grandi e negativi,
dobbiamo interpretarlo
eiEt+δt = ei(E-iδ)t; questo corrisponde a un polo a p0 = -E+i δ , cioe' sopra l'asse
reale. Allora
(p0-E+iδ) (p 0+E-iδ)≈p02-E 2 +2iδE = p02- p2-m 2 +2iδE =-(p2+m2-iε ),
e si vede che il propagatore di Feynman fa' proprio questo.
15-2 Il "Mo
/ller scattering" e l'interazione di Breit fra gli
elettroni
Due elettroni non relativistici, nella teoria di Schro"dinger-Pauli,
interagiscono Coulombianamente con l'Hamiltoniano
e2
VC=
.
(1)
r12
Noi non possiamo osservare direttamente V C, ma possiamo
determinarlo con esperimenti di diffusione, preparando gli elettroni
in stati di impulso ben definito. Se lo stato iniziale |i> dei due
elettroni al tempo t ⇒ - ∞ e' un determinante di Slater di onde piane
di impulsi PA e PB , al tempo t ⇒ +∞ il loro stato |f> sara' un
determinante di Slater di onde piane di impulsi PC e PD. La funzione
d'onda |i(t)> che per t ⇒ - ∞ coincide con |i> contiene |f> con
l'ampiezza c(f,t) =<f|i(t)>. La ben nota teoria delle perturbazioni
dipendenti dal tempo fornisce una espansione di c(f,t) in potenze di
H C. L'ampiezza di diffusione e' il limite per t ⇒ +∞ di c(f,t). Essa si
ottiene al primo ordine nella "Schro"dinger picture" risolvendo
__dc(f,t)
i h
= <f| VC|i> exp(iωif t).
dt
Poiche' la perturbazione in realta' non dipende dal tempo, l'ampiezza
di diffusione risulta proporzionale a δ(ωif ). La dipendenza dagli
impulsi e' data, con notazione ovvia, dal fattore
=360=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
e2
e2
|CD> - <AB|
|DC>.
(2)
r12
r12
La distribuzione angolare degli elettroni diffusi e' in accordo
con la legge di Coulomb (1) solo per energie cosi' basse da rendere
trascurabili tutti gli effetti relativistici, compresi quelli magnetici: a
rigore, l'elettrostatica descrive adeguatamente solo l'interazione fra
cariche ferme. In una descrizione quantistica e relativistica, gli
elettroni non interagiscono attraverso un potenziale istantaneo, ma si
scambiano fotoni virtuali. Di conseguenza, nella teoria piu' completa,
non vi e' interazione al primo ordine: lo scambio di un solo fotone,
che corrisponde all'ordine piu' basso, appartiene al secondo. Ancora
una volta, saremo costretti a rivedere l'impianto concettuale della
teoria. E' opportuno anticipare come si esce da questo problema. Una
volta calcolata l'ampiezza di diffusione con una teoria relativistica,
risultera' possibile interpretarla approssimativamente come se fosse
dovuta ad un potenziale efficace fra gli elettroni. L'approssimazione
consiste in una descrizione semi-classica del campo; il potenziale
efficace ritardato che ne risulta generalizza l'interazione
Coulombiana.
Nella teoria relativistica consideriamo uno stato iniziale |i> con
due elettroni di Dirac ma senza fotoni ed uno stato finale |f> che puo'
differire da |i> per i quadrimomenti degli elettroni. Calcoliamo
l'ampiezza di diffusione come elemento <f|S|i> della matrice S
definita da
<f| VC|i> = <AB|
S = U(-∞ , ∞ ).
(3)
Qui U(t,t0) e' l'operatore di evoluzione temporale fra t0 e t
-i t
U(t,t o)= P exp[ __ ∫dt'VI (t') ]
h t
(4)
0
con P = operatore cronologico che ordina tempi precedenti a destra e
VI (t)= exp(iH0t)V(t) exp(-iH0t)
(5)
e' la perturbazione scritta nella interaction picture. In questo
problema V e' l'accoppiamento elettrone-campo, che scriveremo
nella forma
V(t) = - ∫J µ(x)Aµ(x) d 3r
(6)
_
_
dove al solito x ≡(r, ict) ; la corrente e' Jµ = c Ψ γµ Ψ, dove Ψ =Ψ +γ4.
Gli spinori Ψ sono da interpretare, in realta' come operatori di
=361=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
campo; per evitare di confonderli con gli stati a particella singola li
scriveremo Ψ op. Espandendoli in autostati Ψ k a particella singola
dell'equazione di Dirac con
Ψ op(x) =
∑ak Ψk (x),
Ψ op+ (x) =
(7)
k
∑ak +Ψk +(x),
(8)
k
esprimeremo le correnti come funzioni bilineari degli operatori a e
a† . Questa e' la "Schro"dinger picture". Passando alla "interaction
picture", si ha ak → ak (t) = eiHt ak e-iHt =ak e-iε k t, come e' facile vedere1.
Gli operatori dei fermioni anticommutano, ma le componenti delle
densita' di corrente Jµ(x) e Jν (y) commutano: esse sono bilineari
nelle componenti degli spinori di Dirac, e le combinazioni bilineari di
operatori anticommutanti commutano, come e' facile verificare2.
Al secondo ordine avremo
-1
S=
2
-1
=
2
∞
∞
⌠
 dt

1 ∫ d t 2 P[V I (t 1)V I (t 2)] =

-∞

⌡
-∞
∞
⌠
 d 4x ∞ d 4y P[J (x)A (x)J (y)A (y)] .

∫
µ
µ
ν
ν

∞

⌡
-∞
(9)
Conviene per brevita' scrivere θ(x-y) per indicare θ(t 1-t 2), dove
ict 1 e ict 2 sono le quarte componenti di x e y. Si noti che
P[Jµ(x)Aµ(x)J ν (y)A ν (y)] = P[Jµ(x)J ν (y)] P[Aµ(x)Aν (y)] , in quanto i
termini in croce nel prodotto sono nulli (prodotti del tipo
θ(xy)θ(y-x)). Poiche' sia |i> che |f> sono il vuoto dei fotoni, dobbiamo
calcolare
Dµν (x,x')=<0|P[Aµ(x)Aν (x')]|0> = δµν D(x-x'),
1La dimostrazione e' lasciata come esercizio.
2L' anticommutatore fra a e a† non e' nullo se gli operatori
distruggono e creano il medesimo stato, ma noi omettiamo i
termini extra che ne deriverebbero perche' non contribuiscono
al processo di diffusione fra due elettroni che stiamo
considerando. Consideriamo solo processi di diffusione, in cui i 4
stati A,B,C,D sono tutti diversi.
=362=
(10)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
che, come abbiamo visto, e' il propagatore. Pertanto, a meno di una
costante di proporzionalita', il risultato della media sul vuoto dei
fotoni e'
∫{θ(x-y)Jµ(x)Jν ( y )
+ θ(y-x)Jν (y)Jµ(x)}δµν D(x-y)d4xd4y.
(11)
Le θ sembrano difficili da trattare, ma per fortuna le componenti
delle densita' di corrente J µ(x) e Jν (y) commutano. Tenuto conto del
fattore δµν , risulta
S∝
∑
∫Jµ(x)D(x-y)Jµ(y)d4xd4y.
µ
(12)
Dobbiamo calcolare <f|S|i>, con
|i>= a+Aa+B|v>,
|f>= a+Ca+D|v>,
(13)
dove |v> e' il vuoto.Nel calcolo di <f|S|i>, sopravvivono solo i termini
di S in cui gli operatori di distruzione distruggono A e B e quelli di
creazione creano C e D. Pero' aA puo' venire da Ψ(x) e aB da Ψ(y) o
viceversa; a +C puo' venire da Ψ +(x) e a+D da Ψ +(y) o vicecersa. Quindi
nello sviluppo di S occorre considerare i 4 termini
_
_
Ψ C(x) γµΨ A(x)] [_
Ψ D(y) γµΨ B(y)] +
a+C aAa+DaB [_
+ a+DaBa+CaA [Ψ
_C(y) γµΨA(y)] [ Ψ
_ D(x)γµΨB(x)] +
+ a+CaBa+DaA [Ψ
_C(x)γµΨB(x)] [Ψ_D(y) γµΨA(y)] +
+ a+DaAa+CaB [Ψ C(y) γµΨ B(y)] [ Ψ D(x) γµΨ A(x)] .
(14)
I primi due termini rappresentano il processo A⇒C B⇒D,
rappresentato nel primo diagramma, perche' A e C hanno la stessa
coordinata; gli altri rappresentano il termine di scambio, ed in virtu'
delle regole di anticommutazione hanno un fattore -1.
D
C
C
D
A
B
A
=363=
B
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Pertanto Si ⇒f = SAB ⇒CD - S AB ⇒DC , dove
_
∫Ψ (y) γµΨ (y)D(y-x)Ψ (x)γµΨ (x)d4xd4y ,
_
_
Ψ
Ψ
= ∫ (y) γµΨ (y)D(y-x) (x) γµΨ (x)d4xd4y .
SAB ⇒CD =
SAB ⇒DC
_
D
C
B
B
C
(15)
A
D
(16)
A
Esplicitamente,
-i ⌠
d4p exp{ip(r1-r2)-iω(t 1-t 2)}

D(x-y) =
,
(17)
(2π) 4
(p2-ω2- i0)
⌡
con p4=iω. Consideriamo prima gli integrali in dt1 (implicito in d4x) e
dt2 (implicito in d4y) indicando con ωi l'energia dello stato iesimo in
unita' atomiche.
Poiche' Ψ Α (x) =Ψ Α (r) exp[-iωA t1], etc., abbiamo ad esempio in SAB
⇒CD
∫exp[i( ωD
- ω B + ω )t2]dt2 = 2πδ( ω D - ω B + ω ),
dove ω =ω B - ω D = -(ω C - ω A ) e' la frequenza del fotone virtuale
scambiato. Il successivo integrale in dp 0, cioe' in dω, comporta quindi
un fattore δ( ω D - ω B + ω C - ω A ), che impone la conservazione
dell'energia. Scriviamo allora
SAB ⇒CD = δ( ω D - ω B + ω C - ω A )U AB ⇒CD .
(18)
Per esplicitare UAB ⇒CD , occorre integrare in d3p; passiamo a
coordinate sferiche e troviamo un integrale tabulato
⌠
4π
 exp{ip(r1-r2)} 3

d
p
=

(p2-ω2)
|r1-r2|
⌡
=
∞
⌠
 sin[p |r1-r2|]

pdp=

p2-ω2
⌡
0
4π π
iω |r1-r2|
exp(
).
|r1-r2| 2
c
(19)
Quindi, con r12= |r1-r2|, si ha
U AB ⇒CD =
iω ACr12
exp(
) _
_
c
Ψ
Ψ
=∫
[ D(r2) γµ(2)Ψ B(r2)][ C(r1) γµ(1)Ψ A(r1)]d 3r1d3r2.
r12
(20)
=364=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Le matrici γµ che agiscono sui gradi di liberta' _
interni dell'elettrone i
sono state indicate con γµ(i). Ricordando che Ψ =Ψ +γ4 , che Ψ e Ψ +
sono c-numbers e che α k = i γ4γk possiamo riscrivere il risultato nella
forma
U AB ⇒CD =
∫
Ψ +D(r2)Ψ +C(r1)WB (1,2)Ψ B(r2)Ψ A(r1)d3r1d3r2
(21)
dove
WB (1,2) = e 2 [1- (1) (2)]
exp[ikr 12]
r12
k =
ωAC
c
(22)
e' il potenziale di Breit, e k e' il vettore d'onda del fotone virtuale.
15-3 Significato fisico dell'interazione di Breit
WB e' un potenziale efficace che agisce fra gli spinori e i loro
coniugati Hermitiani, in analogia con la teoria non relativistica1; si
tratta di una generalizzazione dell'interazione coulombiana.
Nel limite non relativistico, contano solo le componenti grandi,
0 
ed i termini in = 0 possono essere trascurati in quanto


coinvolgono quelle piccole; inoltre k→0 e si ottiene l'interazione
Coulombiana non ritardata, mentre il secondo diagramma conduce al
termine di scambio. D'altra parte la stessa interazione di Breit non e'
che il primo termine di uno sviluppo. Cio' non e' sorprendente, visto
che anche in fisica classica2 la lagrangiana di un sistema di cariche di
velocita' ≈v puo' essere ottenuta solo come serie di potenze in v/c, e
per particelle lente ci si ferma di solito all'ordine (v/c)2.
Calcoliamo l'ampiezza di diffusione nel caso semplice dell'urto
fra elettroni liberi ("Mo/ller scattering") , sostituendo nell'espressione
di U le dipendenze spaziali degli spinori di Dirac,
Ψ A(r1) = exp[-ipA r1] υA (pA ),
etc., dove υA (pA ) non dipende dalle coordinate. Conviene sostituire
r1+r2
l'integrazione in d3r1d3r2 con una in d3R d3 , dove R=
e =r12
r2 ; poiche' r1=R+ /2, r2=R- /2, l'integrale in d3R puo' essere
eseguito immediatamente, e fornisce un fattore
1tranne il fatto che Ψ ha 4 componenti, ovviamente.
2Cfr. il II 0 Volume "Teoria dei Campi" del Corso di .Landau e Lifshitz
=365=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
(2π) 3δ(PC+PD-PA -PB ),
che esprime la conservazione dell'impulso. Quindi,
U AB ⇒CD = (2π) 3δ(PC+PD-PA -PB )V AB ⇒CD ,
e rimane da calcolare
VAB ⇒CD = υ† D(2)υ† C(1)[1- (1)⋅ (2)] υB(2)υA (1)
∫
d3
(2)
(1)
e-iq⋅ +ikρ
,
ρ
ω
. Ma a parita' di
c
energia, un elettrone ha un momento molto maggiore di quello di un
fotone, e possiamo ritenere kρ<<q⋅ . Il calcolo e' completato,
4π
perche' la trasformata di 1/ρ e' 2 .
q
†
†
VAB ⇒CD ha il fattore υ D(2)υ C(1)[1- (1)⋅ (2)] υB(2)υA (1) , che
dipende dai gradi di liberta' di spin. Ricordiamo che gli autospinori
(colonna) di Dirac con p = h
/ definito sono, esplicitando le
componenti,
c ⋅p
υ = (u,
u) ,
E+mc2
dove u e' uno spinore di Pauli, e, per basse energie (E≈mc 2), υ ≈ (u,
⋅p
u) . Nel limite non relativistico, quando il termine in (1)⋅ (2) e'
2mc
trascurabile, V AB dipende dagli spin attraverso il fattore
(u D† (2)uB (2))(u C† (1)uA (1)) come l'elemento di matrice di una
interazione indipendente dallo spin; si ha semplicemente la
conservazione dello spin nelle interazioni Coulombiane. Calcoliamo
approssimativamente il prodotto scalare dei due tri-vettori (υc † (1)|
(1)|υA (1)) e (υD† ((2)| (2)|υB (2)), per esprimerlo in termini degli u e
darne una interpretazione fisica. Si trova
0 
⋅pC
⋅pA
<υC| (1)|υA > = <(u C,
uC)|  0  |(u A ,
u )> =
2mc
2mc A


⋅pC
⋅pA
⋅pA
⋅pC
=<(u C,
uC)|(
uA , uA )> = u C†
uA + [
u ]† uA =
2mc
2mc
2mc
2mc C
1
=
u † [ ( pA )+( pC) ]uA ,
(3)
2mc c
dove si e' usata l'hermicita' di pC. Sviluppando ad esempio la
componente x del vettore ( pA )+( pC) si ottiene
σx(σxpAx +σy pAy +σzpAz )+ (σxpCx+σy pCy+σzpCz )σx
e tenendo conto che σx2=I, σxσy =iσz, etc., si arriva ben presto alla
conclusione che
1
(υC| (1)|υA ) =
u † [pA +pC +i ∧(pC-pA )]u A .
(4)
2mc c
Il termine in pA +pC prende il nome di "corrente", e quello in i ∧(pCpA ) di "dipolo". Cosi' l'elemento di matrice di (1)⋅ (2) e'
dove q=PD-PB = PA -PC e' il momento trasferito e k =
=366=
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1
{u † [pA +pC +i (1) ∧(pC-pA )]u A }⋅
(2mc)2 c
⋅{(uD† [pB +pD +i (2) ∧(pD-pB )]u B }.
(5)
e rappresenta interazioni corrente-corrente, corrente-dipolo e
dipolo-dipolo. Le correzioni possono infatti essere interpretate
fisicamente in termini di interazioni magnetiche spin-spin, orbitaorbita e spin-altra orbita. Usando pD-pB = q, pC-pA =-q, il termine
dipolo-dipolo diventa
4πe2 ( (1) ∧q)⋅( (2) ∧q)
.
(6)
(2mc)2
q2
L'ampiezza di diffusione dipende da q , la cui variabile coniugata e'
la coordinata relativa ; la sua trasformata di Fourier e' il potenziale
efficace che agisce sugli elettroni. Trasformando, q→ -i , e si trova il
potenziale
e2
1
( (1) ∧ )⋅[ (2) ∧ ] ρ .
2
(2mc)
L'operatore e' della forma
( (1) ∧ ) k [ ]k = εkij σ(1) i ∂j [ ]k.
Poiche' pero' εkij =εijk , possiamo riscriverlo nella forma
σ(1)i εijk ∂j [ ]k = (1) ⋅ ∧[ ].
In altri termini, il potenziale dipolo-dipolo e'
e2
1
(1) ⋅ ∧[ (2) ∧ ]
ρ .
2
(2mc)
-
(7)
(8)
L'interpretazione fisica e' finalmente trasparente. Infatti, al momento
e (2)
(2)
magnetico
=
del secondo elettrone e' associato un
2m
potenziale vettore
1
A(2) = [ (2) ∧ ] ρ ,
che abbiamo gia' incontrato nel capitolo sulle interazioni iperfini.
1
Quindi ∧[ (2) ∧ ] ρ = B(2) non e' altro che il campo magnetico
dell'elettrone 2, e il potenziale dipolo-dipolo e'
H dd=- (1) ⋅B(2) .
(9)
Il termine di interazione fra il dipolo 1 e la corrente 2 e'
4πe2
i
†
(1)
†
{u
∧(pC-pA )u A }⋅{(uD [pB +pD ]uB }
.=
(2mc)2 c
q2
4πe2
-i
†
(1)
†
=
{u
∧quA }⋅{(uD [2pB +q ]uB } 2 .
(10)
(2mc)2 c
q
Dal momento che q∧q=0, questo e' l'elemento di matrice di
=367=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
4πe2
4πe2
-2i
(1) ⋅q∧pB
=
;
(11)
q2
(2mc)2
q2
4π
1 i
trasformando di nuovo con q→ -i , q 2 → -i ρ =ρ 3 , si vede che e'
q
della forma di un'interazione spin-altra orbita.
Per ottenere una formula dell'interazione efficace Ueff corretta
fino ad includere tutti i termini del secondo ordine in v/c,
occorrerebbe partire dall'espressione dello spinore |υ> di pari
accuratezza e fare una espansione sistematica piuttosto lunga. Oltre
ai termini che abbiamo trovato, si avrebbe l'interazione spin-orbita di
Thomas per ciascun elettrone ed ulteriori correzioni all'interazione
fra gli elettroni che non dipendono dagli spin. Diamo solo il risultato,
rimandando alla letteratura1 per la derivazione completa:
⋅( ⋅pA )pB
e2
eh
/
e2
U eff = -π(
)δ( ) (pA ⋅pB +
)
2
2
r
mc
2m c ρ
ρ2
e2h
/
+
[ -( 1 +2 2)⋅L1 +( 2 +2 1)⋅L2 ] + H dd,
(12)
2
4m c 2ρ 3
dove L = ∧p. A questo ordine, Ueff puo' essere usato nell'equazione
p4
di Schro"dinger, insieme con la correzione .
8m3c 2
G.Breit ricavo' le varie correzioni magnetiche a partire da
considerazioni semiclassiche e le applico' all'atomo di He, ancora
prima del lavoro di Mo
/ller e dello sviluppo della elettrodinamica
quantistica. Queste correzioni sono importanti per una descrizione
quantitativa degli stati atomici e delle probabilita' di transizione, con
particolare riguardo ai livelli piu' interni di atomi pesanti. Per
esempio, il calcolo degli elementi di matrice Auger per atomi mediopesanti richiede l'interazione di Breit, ed anzi per gli elementi piu'
pesanti questa prima approssimazione non e' piu' del tutto
soddisfacente.
-2i
(2mc)2
(1) ∧q⋅pB
15-4 L'atomo relativistico e il metodo di Dirac-Fock
Per descrivere correttamente un sistema di N elettroni bisogna
tener conto degli effetti relativistici sia sugli elettroni che sulla loro
interazione. E' naturale pensare a una teoria basata sull'Hamiltoniano
N
1
H = ∑ h D(i) + ∑ W B (i,j)
(1)
2 ≠
i=1
i j
dove hD(i) e' l' Hamiltoniano di Dirac dell'elettrone i-esimo, e W e'
l'interazione di Breit. Va da se' che un tale schema e' molto piu'
complicato di quello non relativistico, ed il problema dei molti corpi
1 V.B. Berestetskii, E.M. Lifshitz, L.P. Pitaevskii, "Relativistic Quantum
Theory", Cap.9
=368=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
deve essere affrontato ex novo in condizioni piu' difficili che nel
caso di Schro"dinger.
E' naturale partire da una prima approssimazione (metodo di
Dirac-Fock ovvero Hartree-Fock relativistico1) che si basa sull'idea di
attribuire ad ogni elettrone uno spin-orbitale di Dirac a 4
componenti, da determinarsi insieme al potenziale autoconsistente
(SCF) diretto e di scambio dovuto agli altri elettroni. Come nel caso
non relativistico, la condizione di stazionarieta' dell'energia porta alle
equazioni SCF. Sono disponibili programmi numerici. Il GRASP
(General-purpose Relativistic Atomic Structure Program 2) realizza
questo calcolo e molto di piu'. Determinate le funzioni radiali nel
campo SCF, vengono prese combinazioni lineari normalizzate di
determinanti di Slater per formare autovettori di J2, jz,Π e seniority
number; di tali stati vengono prese combinazioni lineari, i cui
coefficienti vengono ottimizzati variazionalmente. Si ottiene cosi' una
parziale interazione di configurazioni. Inoltre, si tiene conto
approssimativamente delle dimensioni del nucleo e degli effetti
principali di QED3.
Calcoli di Dirac-Fock sono stati fatti su tutti gli atomi e su molti
ioni. Per atomi non troppo pesanti spesso si usa l'interazione
Coulombiana, introducendo poi le correzioni di Breit
perturbativamente al primo ordine; anche questo maquillage e' piu'
difficile del solito, essendoci un discreto e due continui in questo
formalismo. Rispetto ai calcoli Hartree-Fock, gli orbitali s si
contraggono sempre verso il nucleo, a volte quelli di valenza piu'
ancora di quelli di core. Gli orbitali f si espandono. Gli orbitali p e d si
comportano in modo intermedio (a volte si contraggono e a volte si
espandono.) L'importanza degli effetti relativistici cresce con Z, ma
per orbitali profondi essi sono di importanza confrontabile con quelli
di correlazione gia' per il Ne (Z=10). Gli elettroni di valenza non sono
mai relativistici, e si potrebbe supporre che le proprieta' chimiche
degli atomi fossero ottenibili da calcoli HF per qualsiasi Z. Questo
pero' e' falso, perche' gli orbitali di valenza HF sono ortogonali a
quelli di core, e se c'e' un errore questo si propaga in modo sensibile.
A maggior ragione, vi sono effetti relativistici imporanti sui livelli di
core poco profondi. Per Hg (Z=80) il metodo di Dirac-Fock predice
correttamente che il 5s e' piu' legato del 4f (sperimentalmente le
energie di legame sono EB (4f 5/2)=111.1 eV, EB (4f 7/2)=107.1 eV,
1I.P. Grant, Proc.Roy.Soc. (London) A262, 555 (1961);
Proc.Roy.Soc. (London) 86, 523 (1965)
2K.G. Dyall et al., Computer Physics Communications 55 (1989) 425.
3Poiche' queste correzioni sono generalmente piccole, considerati gli
errori che si commettono su altre quantita', anche una stima grossolana e'
accettabile. Non possediamo, tuttavia, un metodo veramente soddisfacente
per introdurre questi effetti in modo rigoroso.
=369=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
EB (5s)=134 eV) mentre i calcoli non relativistici predicono l'ordine
sbagliato.
Pero', la generalizzazione del metodo di HF non e' affatto ovvia,
nemmeno in linea di principio. Cercando i determinanti di Slater
ottimali nel senso usuale si va incontro al collasso variazionale.
Questo termine indica il fenomeno per cui la ricerca del minimo
dell'energia, compiuta senza altri accorgimenti, ci spinge solo a
precipitare senza fine nel continuo di energia negativa. L'equazione di
Dirac non ammette il semplice principio variazionale che vale nel
caso non relativistico, a meno che non si proiettino fuori dalla
funzione d'onda gli stati di energia negativa. Il minimo di cui sopra e'
solo relativo. Nel caso plurielettronico si osserva anche un altro
fenomeno, ugualmente disastroso, che e' noto come continuum
dissolution. Questo consiste nel fatto che una data configurazione
degli elettroni, in cui tutti si trovano in stati di energia positiva, e'
degenere con infinite altre in cui alcuni elettroni hanno energia
positiva ed altri energia negativa. Poiche' ovviamente questi stati
rappresentano un continuo, ne consegue che non si hanno piu'
autovalori discreti (vale a dire, gli autovalori possono assumere
qualsiasi valore). Quindi i codici Dirac-Fock (che di solito
funzionano bene) sono esposti ad insidie non banali e talora non
convergono al risultato desiderato.
Sono stati introdotti vari metodi per ovviare a tali problemi. La loro
discussione e' troppo tecnica per essere svolta qui1 . Uno utilizza l'idea gia'
menzionata degli operatori di proiezione; una difficolta' ovvia e' che l'operatore
che proietta su stati di energia positiva e' noto solo quando e' noto il potenziale, e
quindi deve essere determinato anch'esso dal calcolo autoconsistente. Un altro
approccio e' noto come metodo minimax, e consiste nel cercare il massimo
dell'energia rispetto alle componenti piccole e poi il minimo rispetto alle grandi.
Altri metodi usano set di base "bilanciati" in cui le componenti piccole
soddisfano opportune condizioni che le legano alle grandi. Queste condizioni
sono quelle soddisfatte in problemi risolubili prossimi a quello considerato.
2
15-5 Teoria relativistica dell'interazione di Van Der Waals
Consideriamo l'interazione fra due atomi a distanze r>>aB .
Per semplicita', li supporremo identici, con uno stato
fondamentale di tipo S. In linea di principio, l'interazione si puo'
misurare con un esperimento di diffusione a basse energie e
grande parametro d'urto; pertanto, quella che calcoleremo e'
una ampiezza di diffusione.
Il primo problema e' quello di stabilire che relazione c'e'
fra l'ampiezza di diffusione ed il potenziale. Gli atomi hanno
1per una discussione recente vedere ad esempio G.W.Drake e S.P.Goldman,
Advances in Atomic and Molecular Physics 25 (1988) pag.393
2V.B.Berestetskii, E.M. Lifshitz, L.P. Pitaevskii, Relativistic Quantum Theory,
(Pergamon) §85.
=370=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
gradi di liberta' elettronici e nucleari (moto del baricentro). Per
fortuna, gli atomi possono essere trattati come oggetti
infinitamente pesanti, nel senso che gli effetti sul potenziale
dovuti alla massa finita sono trascurabili; questo ci permette di
ignorare i gradi di liberta' nucleari. Nasce tuttavia una
complicazione formale, perche' fa' venire una matrice S = UI (∞ ,∞ ) formalmente singolare. Infatti, atomi infinitmente pesanti
non si muovono mai e l'ampiezza di diffusione viene
proporzionale alla durata T→∞ della collisione.
Nella teoria non relativistica, l'interazione fra due atomi
identici nello stato fondamentale S a distanze r>>aB e' descritta
dal potenziale di Van der Waals W(r) che va come r-6 .
Cominciamo con il calcolo dell'ampiezza di diffusione nella teoria
non relativistica, includendo W(r) come perturbazione
nell'Hamiltoniano del sistema. L'Hamiltoniano imperturbato H 0 si
riduce all'energia cinetica, perche' la collisione e' di cosi' bassa
energia che non si produce alcuna eccitazione. L' interazione
puo' essere trattata nel limite in cui la massa degli atomi e'
infinita, l'energia cinetica e' nulla e quindi H0→0. L'operatore di
evoluzione temporale nella pittura di interazione e'
t
t
U I (t,τ) = T exp[-i ∫dt'WI (t') ]=-i ∫dt'WI (t') +... (1)
τ
τ
-T
T
dove τ=
, t= , ed alla fine T→∞ ; se lo calcoliamo con H0→0,
2
2
all'ordine piu' basso, troviamo
S = -i T W(r).
(2)
La cosa sta in piedi solo se interpretiamo T come la durata della
collisione. Questa divergenza formale e' il prezzo da pagare se
vogliamo prendere il limite H0→0 all'inizio, e non alla fine del
calcolo; la (2) e' la relazione cercata fra l'ampiezza di diffusione e il
potenziale.
Nella teoria relativistica, si procede in analogia col potenziale di
Breit: si calcola l'ampiezza di diffusione dovuta allo scambio di fotoni
virtuali, e poi la si interpreta semiclassicamente come dovuta ad un
potenziale efficace. Il punto e' che, in una teoria microscopica, non
c'e' nessun W(r) da includere nell' Hamiltoniano del sistema, dove
trovano posto solo le interazioni fondamentali. La vera interazione e'
quella fra i dipoli e il campo
V= -E(r1)⋅d1-E(r2)⋅d2 ,
(3)
ed al quart'ordine, da' un risultato non nullo ed interpretabile come
una interazione fra gli atomi. Esso verra' della forma S = -i T W(r), e
W sara' il nostro risultato, cioe' l'interazione effettiva cercata.
=371=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
∂A
, ovvero
∂t
E(ω)=iωA(ω). Poiche' <d>=0, l'interazione nella teoria relativistica
richiede lo scambio di due fotoni virtuali e l'ampiezza di diffusione va
calcolata al quarto ordine
Mettiamoci nella gauge Φ=0, cosicche' E(t)=-
(-i) 4 4
dt T[V(t1)V(t2)V(t3)V(t4)]
(4)
4! ∏∫ i
i
mediata sul vuoto dei fotoni con i due atomi nello stato
T T
fondamentale; gli integrali si estendono fra - e .
2 2
E' cruciale il modo in cui prendiamo la media sugli stati atomici.
In linea di principio, dovremmo mediare sia sullo stato di ciascun
elettrone atomico [che e' quello fondamentale sia alla fine che
all'inizio della collisione] che sugli impulsi, che fanno entrare in gioco
i gradi di liberta' dei nuclei. Per i nostri scopi, e' sufficiente
considerare l'interazione a nuclei fermi: come ho gia' detto, questo
corrisponde al limite di masse atomiche infinite, ed energie cinetiche
nulle. La media sugli stati atomici <g|...|g> si riduce alla media sullo
stato fondamentale di ciascun atomo.
Ora, T[V(t 1)V(t2)V(t3)V(t4)] puo' essere espanso come somma
di prodotti di fattori del tipo E.d, dove E sta per una componente
cartesiana di E(r1) o di E(r2) mentre d sta per la stessa componente
di d1 o di d2. La media di ciascun prodotto e' del tipo
<T[E(t1).d(t1)E(t2).d(t2)E(t3).d(t3)E(t4).d(t4)]> =
= <0|T[E(t1).E(t 2).E(t 3).E(t 4)]|0> <g|T[d(t 1)d(t2)d(t3)d(t4)]|g> ,
dove |0> e' il vuoto dei fotoni, |g> il prodotto degli stati fondamentali
dei due atomi; la fattorizzazione e' possibile perche' tutti gli
operatori commutano ed i termini dei due fattori che si riferiscono
ad ordinamenti temporali diversi si cancellano automaticamente.
S(4) =
Un teorema dovuto a Wick consente di calcolare il valore di
aspettazione sul vuoto di un prodotto T-ordinato di operatori
bosonici. Si definisce contrazione di due operatori la media sul vuoto
del loro prodotto. Si spezza il prodotto da calcolare in contrazioni in
tutti i modi possibili e si sommano i risultati. Questo teorema e'
discusso nel Capitolo 19 per il caso dei fermioni. Applicando il
teorema di Wick, possiamo contrarre gli operatori nei seguenti modi:
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
tuttavia, dato che tutti gli operatori commutano e le integrazioni
sono simmetriche, i tre contributi all'espressione finale sono identici.
Possiamo scrivere
<T[E(t1).d(t1)E(t2).d(t2)E(t3).d(t3)E(t4).d(t4)]> =
=372=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
=3 <0|T[E(t1)E(t2)]|0><0|T[E(t3)E(t4)]|0>
<g|T[d(t1)d(t2)d(t3)d(t4)]|g> .
Dei quattro d, due devono essere componenti di d1 e due di d2,
affinche' si possa trattare di una interazione; i termini lineari nelle
componenti di uno dei dipoli sono nulli perche' <d>=0. Ci sono
termini in cui ogni campo elettrico si propaga da un dipolo a se'
stesso, come in
3 <0|T[E(r1t1)E(r1t2)]|0><0|T[E(r2t3)E(r2t4)]|0>
<g|T[d1(t 1)d1(t 2)d2(t 3)d2(t 4)]|g> =
3 <0|T[E(r1t1)E(r1t2)]|0><0|T[E(r2t3)E(r2t4)]|0>
<g|T[d1(t 1)d1(t 2)|g> <g|T[d2(t 3)d2(t 4)]|g>.
Questi si fattorizzano nel prodotto di funzioni di r1 e r2; noi li
tralasciamo perche' cerchiamo una interazione funzione della
distanza. Restano i termini in cui ogni campo elettrico si propaga da
un dipolo all'altro, secondo il diagramma.
1
2
Esistono 4 termini equivalenti di questo tipo, e possiamo scriverne
uno solo moltiplicando per 4. Cosi'
<T[E(t1).d(t1)E(t2).d(t2)E(t3).d(t3)E(t4).d(t4)]> =
12 <0|T[E(r1t1)E(r2t2)]|0><0|T[E(r2t3)E(r1t4)]|0>
<g|T[d1(t 1)d2(t 2)d2(t 3)d1(t 4)]|g>=
= 12 <0|T[E(r1t1)E(r2t2)]|0><0|T[E(r2t3)E(r1t4)]|0>
<g|T[d1(t 1)d1(t 4)|g> <g|d2(t 2)d2(t 3)]|g>.
Ricordando che ogni campo elettrico e' moltiplicato scalarmente per
il dipolo corrispondente, introduciamo le componenti cartesiane, con
la somma sugli indici ripetuti. Cosi'
<T[V(t1)V(t2)V(t3)V(t4)]>
=12<0|T[Ei (r1t1)Ej (r2t2)]|0><0|T[Em(r2t3)En (r1t4)]|0>
<g|T[d1i (t 1)d1n (t 4)|g> <g|T[d2j (t 2)d2m(t 3)]|g>.
L'ampiezza di diffusione e' quindi, semplificando la notazione,
<S(r)>=
(5)
1 4
dt <T[Ei (r1t1)Ej (r2t2)]><T[Em(r2t3)En (r1t4)]>α in (t 1,t 4)α jm (t 2,t 3),
2 ∏∫ i
i
dove compaiono i propagatori dei dipoli 1 e 2, della forma
=373=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
α ij (t) = i<T[d i (t)dj (0)>= θ(t) ∑ ( d i ) 0n(dj ) no exp[-iωn0t]
n
+θ(-t) ∑ ( d j ) 0n (di ) no exp[iωn0t];
n
la loro trasformata di Fourier e'
α ij (ω) =
∑
n
[
(di ) 0n (dj ) no (dj ) 0n(di ) no
+
].
ωn0 -ω+i0
ωn0+ω+i0
(6)
Per uno stato S (e per ogni stato mediando sulle orientazioni)
α ij (ω)=α ij (-ω)=δij α(ω).
(7)
Il propagatore del campo e' connesso a quello del fotone da
∂2
E
D (x 1-x 2) = <T[Ei (x 1)Ek (x 2)]>=
<T[Ai (x 1)A k (x 2)]>=
ij
∂t1∂t2
∂2
=
D (x -x ).
∂t1∂t2 ik 1 2
Poiche' Dik (x 1-x 2) dipende dalla differenza dei tempi,
∂
∂
Dik (x 1-x 2)=- Dik (x 1-x 2)
∂t2
∂t1
e possiamo scrivere
D
∂2
E
(x 1-x 2) = - 2 Dik (x 1-x 2)=
ik
∂t1
⌠
 d4p 2

4 ω Dik (p)exp[ip(x1-x 2)].

⌡(2π)
Ci siamo messi nella gauge Φ=0 ed useremo l'espressione con le
componenti D 44=Di4=0,
(-i)
pi pj
Dij (p) =(4π) 2 [δij - 2 ],
(8)
p
ω
dove il fattore 4π viene dalla normalizzazione del fotone nella gauge
trasversa. Sostituendo nell'ampiezza di diffusione
⌠
 d4p 2
<T[Ei (r1t1)Ej (r2t2)]>= - 
4 ω Dik (p)exp[ip(r1-r2)- iω(t 1-t 2)].

⌡(2π)
⌠
 d4p 2
<T[Em(r2t3)En (r1t4)]> =- 
4 ω Dmn (p)exp[ip(r2-r1)- iω(t 3-t 4)].

⌡(2π)
∞
∫dΩ α(Ω)exp[-iΩ(t 1-t 4)]
-∞
abbiamo il seguente integrale temporale:
α in (t 1,t 4) = δin
=374=
(9)
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4
∏∫dti exp[- iω1(t 1-t 2)- iω2(t 3-t 4)-iΩ1(t 1-t 4)-iΩ2(t 2-t 3)]=
i
4
∏∫dti exp[- i{(ω1+Ω1)t 1-(ω1-Ω2)t 2+(ω2-Ω2)t 3-(ω2+Ω1)t 4] .
i
Integrando su t1, t 2 e t3 otteniamo
(2π) 3δ(ω1+Ω1)δ(ω1-Ω2)δ(ω2-Ω2) ∫dt4exp[i(ω2+Ω1)t 4]=
=(2π) 3δ(ω1+Ω1)δ(ω1-Ω2)δ(ω2-ω1) ∫dt4exp[i0t4] =
=(2π) 3δ(ω1+Ω1)δ(ω1-Ω2)δ(ω2-ω1) T
dove il tempo T formalmente divergente ha il senso fisico della durata
della collisione. Resta
dΩ1 dΩ2 d4p1 d4p2
1
(2π) 3T ∫
exp[i(p1-p2)(r1-r2)]
2
2π 2π (2π) 4 (2π) 4
ω12Dik (p 1)ω22Dik (p 2)α 1(Ω1)α 2(Ω2)δ(ω1+Ω1)δ(ω1-Ω2)δ(ω2-ω1)=
= -i T W(r).
Cosi'
<S(r)>=
1 i
d 4p1d4p2 exp[i(p1-p2)(r1-r2)]
2 (2π) 7 ∫
ω12Dik (p 1)ω22Dik (p 2)α 1(−ω1)α 2(ω1)δ(ω2-ω1).
Usiamo α(ω)=α(-ω), ponendo r1-r2 =r;
W(r)=
1 i
d 3p1d3p2 dω1dω2 ei(p1- p2)⋅r
2 (2π) 7 ∫
ω12Dik (p1,ω1)ω22Dik (p2,ω2)α 1(ω1)α 2(ω1)δ(ω2-ω1) =
W(r)=
i
d 3p1d3p2 dω ei(p1- p2)⋅r ω4Dik (p1,ω)D ik (p2,ω)α 1(ω)α 2(ω).
2(2π) 7 ∫
16π 2i
i
Ora,
=
,e
7
2(2π)
16π 5
p1ip1k
p2ip2k
3
ω4 ∑ [δik ] [δik ]=
2
ω
ω2
ik=1
p1ip1k
p2ip2k
p1ip1kp2ip2k
3
=ω4 ∑ [δik - δik
δ
+
]=
ik
ω2
ω2
ω4
ik=1
=
∑ p1ip2i∑ p1kp2k
2
2
p
p
i
k
3
1i
2i
= ω4 { ∑ [1- 2 - 2 ] +
}=
ω
ω
ω4
i=1
=375=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
(p1⋅p2) 2
p1i2 p2i2
=ω4 { 3- ∑ [ 2 + 2 ] +
}= 3 ω4 - ω2(p12+p12) +
ω
ω
ω4
i
(p1⋅p2) 2.
Alfine, per atomi uguali poniamo α 1=α 2=α , e
W(r)=
i
16π 5
∫
d 3p1d3p2 dω
3 ω4 - ω2(p12+p12) + ( p1⋅p2) 2
. (10)
[ω2-p12+i0][ω2-p22+i0]
Questa e' la formula che da' l'energia di interazione fra due atomi a
distanze r grandi rispetto al raggio di Bohr. L'integrale su ω ha poli
per i valori che annullano i denominatori ed alle frequenze
caratteristiche degli atomi, la piu' bassa delle quali e' quella
fondamentale ω0.
La formula non relativistica consegue se r<<λ 0, dove λ 0 e' la
lunghezza d'onda associata alla transizione fondamentale degli atomi.
Per r>>λ 0, invece, conta l'andamento asintotico dell'integrale. Dopo
calcoli faticosi si trova1
23e2 α(0) 2
U(r) ≈ , r→∞ .
(11)
4π
r7
d2
Come ordine di grandezza, α(0)≈ ω0 , e poiche' d≈ea0, dove a0 e' i
e2
a06
raggio atomico, ω0≈ , α(0) ≈ a03 , U(r) ≈ e2 7 .
a0
r
α(ω) 2ei(p1- p2)⋅r
L'andamento si puo' capire semplicemente tenendo conto che a
grandi distanze contano i |p|<<ω0 e quindi e' importante solo la
polarizzabilita' statica; pertanto,
i
α(0) 2∫ d 3p1d3p2 dω
16π 5
3 ω4 - ω2(p12+p12) + ( p1⋅p2) 2
ei(p1- p2)⋅r .
[ω2-p12+i0][ω2-p22+i0]
W(r)=
(12)
Ora, ogni componente di p e' l'inverso di una lunghezza; anche ω lo
ω
e', perche' nella notazione usata essa e' in realta'
; conviene
c
misurare queste lunghezze inverse in unita' \f(1,r) ponendo
π 1i
π 1j ω σ
p1i=
,p1j=
, = .
r
r
c r
Si trova
1V.B.Berestetskii, E.M. Lifshitz, L.P. Pitaevskii, Relativistic Quantum Theory,
(Pergamon) §85.
=376=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
W(r)=N
α(0) 2
,
r7
(13)
con
3 σ4 - σ2( 12+ 12) + ( 1⋅ 2) 2
r
ei( 1- 2)⋅ r .
2
2
2
2
[σ - 1 +i0][σ - 2 +i0]
Cosi' l'integrale e' adimensionale e indipendente da r, e l'andamento
asintotico e' stabilito.
i
N=16π
5∫
d 3 1d3 2 dσ
Vediamo come la formula non relativistica consegue se r<<λ 0.
ω0
In tal caso, i valori di p dominanti sono molto maggiori di
, mentre
c
gli ω importanti sono quelli ≈ω0 , perche' a frequenze superiori α
diventa molto piccolo. Trascurando gli ω rispetto ai p possiamo
approssimare W come segue:
∞
( p1⋅p2) 2
i
2∫ d 3p1d3p2
W(r) ≈
d
ωα(ω)
ei(p1- p2)⋅r .
∫
16π 5 - ∞
p12p2
L'integrale in dω e' immaginario puro, essendo reali i residui di α(ω) 2,
e non dipende da r.
∞
d4
e4a04
2 5
d ωα(ω) 2 ≈ ω0 ≈
2 = e a0 .
e
-∞
a0
L'andamento in r-6 ora si trova ponendo in forma adimensionale
il secondo integrale, analogamente al caso r→∞ .
∫
Capitolo 16 Metodo ricorsivo di
Haydock1
Qualunque problema stazionario di meccanica quantistica, con qualsiasi
numero di gradi di liberta', puo' essere rappresentato con una catena lineare
esattamente risolubile.
16-1 Catena lineare e sua funzione di Green locale
Consideriamo una catena lineare "tight binding" semiinfinita di
"atomi"; siano u n gli orbitali atomici (n=0,1,2,...) con livelli energetici
an . L' Hamiltoniano e' definito dalla sua azione sugli stati
Hun =an un +bn+1un+1 + bn un-1
(1)
1C.Lanczos, J.Res.Natl.Bur.Stand.45, 255 (1950); R. Haydock, V.Heine and
M.J.Kelly, J.Phys.C 5 (1972) 2845; R. Haydock, Solid State Phys. Vol.35 ed.
Ehrenreich, F.Seitz and D. Turnbull (London, Academic Press, 1980) ; R.
Haydock and C.M.M. Nex, J.Phys.C 18 (1985) 2235.
=377=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dove i b sono integrali di salto. Sulla base degli un , H e' una matrice
tri-diagonale
 a0
b1
H = 0
 .
b1
0
0
... 
a1
b2
0
...
(2)
b2
a2
b 3 ...

.
.
.
... 
Per questo modello vogliamo calcolare la funzione di Green locale
1
G0(E) = <u0|
|u >,
(3)
z-H 0
1
dove z=E +iδ, δ→0, e' una energia complessa. Poiche' i
e' la
z-H
trasformata di Fourier di e-iHt θ(t) , G0(z) e' causale; inoltre gode di
comode proprieta' analitiche, fra cui :
1
1) G0 ≈ per z →∞ in ogni direzione;
(4)
z
2) G0(z) * = G0(z*)
(5)
3) la proprieta' di Herglotz: per z =E+iε,
-1
(6)
π Im(G0(z)) = ∑ |<u|λ>|2δ(E-ελ ) = n(E)
λ
e' una densita' di stati non negativa.
Si puo' cominciare ad apprezzare che il nostro scopo non e' poi
cosi' speciale come sembra, considerando che il calcolo di funzioni di
1
Green fuori diagonale Gmn (E) = <um|
|u > si riduce al caso
E-H n
diagonale. Basta prendere le combinazioni lineari indipendenti
u= um+un , v= um-un , w= um+iun , z= u m-iun
(7)
per esprimere Gmn (E) nella forma
1
Gmn (E) = {Guu-Gvv -i[Gww -Gzz]};
(8)
4
una tecnica che consente di trovare gli elementi diagonali si applica
poi a tutti.
Dobbiamo trovare l'elemento 00 della matrice




E-a0
-b1
0
-b 1
E-a1
-b2
0
- b 2 E-a2
.
.
.
.
e troviamo subito
D1(E)
G0(E)=
,
D0(E)
0
. . .  -1
0
... 
;
-b3 ...


.
..
(9)
(10)
dove
=378=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare


D0 = det 

E-a0
-b 1
0
.
-b1
0
E-a1
-b2
- b 2 E-a2
.
.
.
mentre


D1 = det

E-a1
-b 2
0
.
-b2
0
E-a2
-b3
- b 3 E-a3
.
.
.
0
... 
0
... 
,
-b3 ...


.
..
0
... 
0
... 
-b4 ...

.
..
(11)
(12)
si ottiene dalla precedente eliminando la prima riga e la prima
colonna. Analogamente definiremo D n eliminando le prime n righe e
colonne. Espandendo D0, si trova
 -b1
 0
D0 = (E-a0)D 1 -(-b 1) det  0

.
-b2
0
E-a2
-b3
- b 3 E-a3
.
.
.
0
... 
0
... 
;
-b4 ...


.
..
sviluppando lungo la prima riga, il -b2 non contribuisce, e si ottiene
semplicemente
D0(E)=(E-a0)D 1(E) - b 12D2(E) ;
(13)
pertanto
D1(E)
1
G0(E) =
=
.
2
(E-a 0)D 1(E) - b 1 D2(E)
D2(E)
2
(E-a 0) - b 1
D1(E)
Ma ora possiamo definire
D2(E)
G1(E)=
D1(E)
e iterare l'argomento, producendo la frazione continua infinita
1
G0(E)=
.
(14)
b12
E-a0b22
E-a1b32
E-a2E-a3-...
Ad esempio, per una catena semiinfinita uniforme, con an ≡ a=0, bn ≡b,
si ha evidentemente
1
G0(E)=
.
(15)
2
E - b G0(E)
Abbiamo gia' incontrato G0(E) nel paragrafo sul modello di Newns:
indicando con E=z l'energia complessa, si ottiene la densita' di stati
semiellittica
=379=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
n(E) =
4b2-E2
θ(4b 2-E2) .
2b2
(16)
16-2 Funzione di Green di un sistema qualsiasi
Tutto cio' sarebbe una mera curiosita' matematica se non fosse
che ogni problema descritto da una equazione di Schro"dinger
indipendente dal tempo puo' essere riformulato in termini della
catena lineare. Per vederlo, consideriamo l'azione di un Hamiltoniano
H arbitrario su un qualsiasi stato normalizzato u0.
Hu0=a0u0 + b1u1, con (u0,u1)=0.
(1)
Questa affermazione dice solo che Hu0 avra' una parte proporzionale
ed una parte ortogonale a u0 . Ovviamente, a0=<u0|H|u0> , mentre
b1u1 = (H-a0)u 0 . Normalizzando u1 a 1, abbiamo che |b 1|2 = <(Ha0)u 0|(H-a0)u 0>, e nulla vieta di prendere
b1 =
<(H-a0)u 0|(H-a0)u 0> .
(2)
Questo risultato lo sappiamo calcolare dai dati del problema, H0 e u0;
ovviamente e' anche vero che b1=<u1|H|u0>.
(H-a0)u 0
A questo punto pero' conosciamo anche u1 =
, e possiamo
b1
proseguire studiando l'azione di H su u1. Avremo
Hu1=a1u1 + b1u0 +b2u2 , con (u0,u2)=0, (u1,u2)=0.
(3)
Qui b1 e' lo stesso di prima perche' H e' hermitiana. Si trova che
a1=<u1|H|u1>, mentre b 2u2 = (H-a1)u 1 - b 1u0. Normalizzando u2 , si
ottiene
b2 = <(H-a1)u 1 - b 1u0|(H-a1)u 1 - b 1u0.> ,
(4)
che di nuovo possiamo calcolare. Infine,
(H-a1)u 1 - b 1u0.
u2 =
.
(5)
b2
Qui viene il punto. Quando calcoliamo Hu2, non otteniamo affatto un
termine del tipo c u0. Infatti, dovrebbe essere c= <u0|H|u2>, ma
Hu0=a0u0 + b1u1 ha overlap nullo con u2; pertanto si ha una relazione
di ricorrenza con tre soli termini,
Hu2 = a2u2 + b2u1+b3u3 .
(6)
Per giunta, u3 e' ortogonale a tutti i precedenti, compreso u0, che,
come si e' appena visto, non e' contenuto in Hu2.
In generale si ha la catena lineare
Hun = an un + bn un-1 +bn+1un+1,
con gli un ortonormali, determinati da
=380=
(7)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
an = <un |H|un >,
(8)
bn+1 = <(H-an )u n - b n un-1 .|(H-an )u n - b n un-1 .> ), (9)
(H-an )u n - b n un-1 .
(10)
bn+1.
Abbiamo quindi un algoritmo generale per trovare la funzione di
Green locale di qualsiasi stato u0 , trattandolo come il sito 0 di una
catena semiinfinita di cui possiamo generare passo passo gli altri siti,
coi loro livelli ed i loro integrali di salto.
Dal punto di vista matematico astratto, il metodo di ridurre
una matrice simmetrica in forma tridiagonale per poi diagonalizzarla
e' noto fin dal 1950 ed e' dovuto a Lanczos. Se il nostro problema e'
quello di trovare la funzione di Green per un sistema che ha un
numero finito di stati, lo schema di Lanczos e' adeguato, e fornisce
un algoritmo molto conveniente. Un numero finito di stati si ha, per
esempio, nello studio degli orbitali molecolari nello schema LCAO;
allora, ciascuno degli un corrisponde ad una determinata
combinazione lineare di orbitali atomici, che dipende dal particolare
orbitale che avremo scelto come u0. Invece, un solido nello schema
LCAO ha un numero infinito di stati, ed e' necassario usare il metodo
generalizzato di Haydock. Beninteso, tutti i sistemi non banali hanno
infiniti stati possibili, incluse le molecole finite, ed il metodo di
Haydock si applica in generale; tuttavia, il semplice schema LCAO e'
adatto per fissare le idee.
In generale, saremo in grado di calcolare esattamente un
numero finito di coefficienti a e b; ad esempio, se tentiamo di
calcolare la densita' locale degli stati di un atomo in un solido, il
numero N dei siti che si possono determinare e' tipicamente
dell'ordine delle decine. Avremo una approssimazione del tipo
un+1 =
G(N)0(E)=
E-a0-
1
b12
b22
E-a1b32
E-a2E-a3-..
....
(11)
. -b N-1 2
E-aN-1 -..
Se tronchiamo la catena e la frazione continua a questo punto, che
accade? Stiamo sostituendo il solido con una grossa molecola . La
densita' di stati di una molecola e' una sequela di δ, e non converge
ad una n(E) continua in un modo ovvio. Rimediare puo' essere piu' o
meno facile, a seconda del tipo di informazione che vogliamo.
Se vogliamo ottenere l'aspetto complessivo di n(E), ad esempio
per discutere esperimenti di fotoemissione, puo' essere sufficiente
=381=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
allargare le δ in lorentziane, spostando i poli un po' sotto l'asse
reale, cioe' dando a E una parte immaginaria δ. Con N≈qualche decina,
si ottiene per n(E) una approssimazione complessivamente buona. Per
esempio, il livello rettangolare
Θ(ω2-W2)
n(ω) =
2W
si ottiene dalla funzione di Green
1
z+W
ln[
],
2W
z-W
che ammette anch'essa la rappresentazione (11); vedremo piu' avanti
come si possono trovare gli a e i b. Prendiamo W=0.5, in modo che il
continuo coincida con l'intervallo E∈(-0.5,0.5). Se calcoliamo i
coefficienti della frazione continua fino a N=10 e poniamo δ=0.05
otteniamo la seguente approssimazione, dove la curva regolare e' il
risultato esatto calcolato con lo stesso δ:
G(z)=
Tuttavia, questo modo di rendere continua la n(E) e' rozzo e
artificioso, e rende divergenti i momenti
µn =<u0|H n |u0> =∫ dEEn n(E)
della densita' degli stati. Se fossimo interessati all'evoluzione
temporale del sistema ed al calcolo di <u 0|e-iHt |u0>θ(t), dovremmo
cercare qualcosa di meglio. C'e' una alternativa migliore. La densita'
locale integrata
E
N(E)= ∫ dEn(E),
(12)
-∞
calcolata con N≈qualche decina, ha una forma ad istogramma, ma
prossima a quella esatta, alla quale converge nel senso usuale. Si puo'
calcolare N(E), "smussarla", cioe' interpolarla con qualche funzione
analitica, e poi differenziarla per trovare una approssimazione a n(E).
Le cose vanno molto bene quasi dappertutto, ma ci sono valori di E
speciali, dove l'approssimazione analitica fallisce. Infatti, la vera n(E)
=382=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
e' una funzione "cattiva". Vi sono singolarita' ai bordi di banda;
dn
dE
ha delle discontinuita' per certi valori di E nel continuo. A seconda
degli scopi che ci si prefiggono, queste mancanze possono essere lievi
o gravi. L'andamento attorno alle singolarita' determina, ad esempio,
il comportamento asintotico di <u0|e-iHt |u0>θ(t) per t grandi. Per
ottenere l'andamento corretto, occorre il metodo del prossimo
paragrafo.
inoltre, i solidi regolari hanno "singolarita' di Van Hove" , cioe'
16-3 Terminatore
Per fare meglio di cosi', si dovrebbe conoscere il
comportamento asintotico per grandi n dei coefficienti. Dal
momento che sono questi che determinano i dettagli mancanti, si
potrebbero prendere gli an e bn per n>N-1 da modelli risolubili che
abbiano gli andamenti giusti; cio' sara' molto meglio che prendere i
bn nulli, anche perche' lo spettro sara' continuo (nelle bande, dove
deve esserlo 1) e potra' convergere a quello esatto nel modo usuale.
Supponiamo allora di poter formulare un modello risolubile con il
comportamento asintotico corretto. Non e' importante che sia
realistico, ma solo che abbia le singolarita' giuste al posto giusto. Tale
modello si chiama terminatore, ed ha una funzione di Green locale
per cui tutti i coefficienti sono noti, e per cui riserviano lettere
greche:
Γ0(E)=
E-α 0-
1
β 12
β 22
E-α 1β 32
E-α 2E-α 3-..
....
Riscriviamolo nella forma
=
(1)
. - β N-1 2
. - β N2
E-α N-1 ..
E-α N-..
1stiamo continuando ad usare il modello LCAO per una molecola infinita (in
altri termini, il modello tight-binding di un solido) perche' e' adatto per
dimostrare semplicemente l'applicabilita' del metodo a sistemi che hanno
infiniti stati. Ma occorre ribadire che il terminatore e' necessario anche
allo studio dei sistemi finiti, quando non si pongano limiti alle dimensioni
della base.
=383=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Γ0(E)=
E-α 0-
1
β 12
β 22
E-α 1β 32
E-α 2E-α 3-..
....
,
. - β N-1 2
E-α N-1 -β N2t(E)
dove compare t(E), la "coda" della frazione continua, che in linea di
principio e' anch'essa nota. L'idea e' allora quella di "staccare la
coda" da Γ per "attaccarla" a G. Questo e' facile per la banda
semiellittica, che ha tutti gli a e i b uguali, ma in generale farlo con un
procedimento brute force non e' una buona idea.
E' molto meglio approfondire la matematica del problema e
sviluppare una approssimazione di Pade' alla frazione continua,
che presto definiremo. E' evidente a priori che la frazione troncata
ad un certo livello N equivale al rapporto di due polinomi; per
determinarli, consideriamo gli autostati
|α> =
∞
∑f(α)n un
(2)
n=0
della catena lineare, che soddisfano l'equazione di Schro"dinger
∞
∞
∑f(α)n [an un +bn+1un+1+bn un-1] = E (α) ∑f(α)n un ,
n=0
n=0
dove si intende che u-1 ≡0. Riarrangiando la somma, si ha
∞
∑[(a n -E)f(α)n +bn+1f(α)n+1+bn f(α)n-1]
(3)
u n =0.
n=0
Poiche' il set degli u e' ortonormale, il coefficiente di un deve
annullarsi. Ne conseguono le r.r. (relazioni di ricorrenza)
(a n -E)f(α) n +bn+1f(α) n+1+bn f(α) n-1 =0.
(4)
Poiche' le relazioni sono omogenee, e f-1 ≡0, e' naturale porre
f(α) n = f(α) 0Pn (E) ≡ <0|α>Pn (E)
(5)
dove i Pn sono funzioni di E che hanno le stesse r.r.
(a n -E)P(E)+bn+1P(E)n+1+bn P(E)n-1 =0.
=384=
(6)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
con P-1 =0, P0=1. Tutti gli altri Pn sono determinati da tali equazioni, e
dipendono solo dagli a e b dei 'siti' precedenti della catena. E'
evidente che Pn (E) e' un polinomio in E.
Supponiamo di normalizzare gli stati su N siti, per poi prendere il
limite N→∞ . Per le f(α) n = <un |α> valgono le relazioni di
ortonormalita'
N
(7)
∑ f (α)n * f(β)n =δαβ,
n=0
N
∑
α
f (α) m* f(α) n =δmn ;
(8)
quest'ultima sommatoria puo' essere convertita in integrale su E
δmn = ∑
α
f (α) m* f(α) n
∞
=
∞
= ∑ ∫dE δ(E-Eα )f (α) m* f(α) n =
α -∞
<0|α><α|0>δ(E-Eα ) P(E)m* P(E)n ;
∫dE ∑
α
-∞
questo dimostra che i Pn sono polinomi ortogonali, nel senso che
soddisfano le relazioni
∞
∫dE Pn (E) ) Pm(E) n(E) = δmn ,
(9)
-∞
dove n(E) e' la densita' locale degli stati.
Consideriamo ora una catena finita di N siti; il suo
determinante secolare ∆N(E) sara' costituito dalle prime N righe e
colonne di D 0, cioe'
0
... 
 E-a0 - b 1 0
 -b1 E - a 1 - b 2 0 . . . 
∆N(E) = det  0
;
- b 2 E-a2
-b3 ...


 NxN
.
.
.
.
.
..
consideriamo allora la successione dei determinanti ∆n (E) ed
espandiamo ∆n+1(E) negli elementi dell'ultima riga:
∆n+1(E) =

 ...
det . . .
 . . .
 .

= (E-an )∆n (E) +bn det  . . .
 . . .
.
.
.
.
.
..

- b n - 2 E-an-2
- b n-1
0 
=
0
- b n-1
E - a n-1
- b n

0
0
-bn
E-an 
.
.
.
- b n - 2 E-an-2
0
- b n-1
=385=
.
. . 
0  ;
- b n 
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
il contributo in bn-1 e' nullo e resta
∆n+1(E) = (E-an )∆n (E) - b n 2 ∆n-1 (E).
(10)
Queste ulteriori relazioni ricorrenti suggeriscono una parentela con i
polinomi, ed infatti ∆n (E) = b1b2...bn Pn , come e' immediato vedere
moltiplicando la relazione di ricorrenza fra i Pn per b1b2...bn .
Tornando alla catena di N siti, abbiamo trovato che D0 = ∆N =
b1b2...bNPN(E). Per trovare una nuova espressione di G0 manca solo
D1; ma D 1 e' l'analogo di D 0 in una catena privata del sito 0. I
polinomi associati a tale catena soddisfano a relazioni di ricorrenza
identiche a quelle dei Pn , tranne che si annullano sul sito 0. Potremo
definirli come segue:
Q 0=0 , Q 1(E)=1, (a n -E)Qn +bn+1Q n+1+bn Q n-1 =0.
(11)
I Pn ed i Qn sono le soluzioni indipendenti per la catena lineare di N
siti che corrispondono a "condizioni iniziali" diverse. Di conseguenza,
D1(E)=b2b3...bNQ N(E),
ed infine otteniamo per la catena finita
Q N(E)
G(N)0(E) =
.
(12)
b1PN(E)
Una rappresentazione di una funzione G0 come rapporto fra
polinomi si chiama approssimante di Pade'. Il terminatore, troncato a
N siti, sara', prendendo Θ come "controfigura" di Q,
ΘN(Ε)
Γ(Ν) 0(E) = β 1ΠN(Ε) ,
(13)
dove i polinomi Πn e Θn soddisfano alle r.r.
(α n -E)Πn +β n+1Πn+1+β n Πn-1 =0 ,
(α n -E)Θn +β n+1Θn+1+β n Θn-1 =0 ;
il terminatore completo si ottiene con α N-1 → α N-1 + β N2t(E), dove t e'
la funzione terminatrice. Ricavando Θn+1 e Πn+1 dalle r.r. , ponendo
n+1=N,
1
ΘN=β N[(E-α N-1 )ΘN-1-β N-1 ΘN-2 ], etc.,
e sostituendo, facciamo comparire α N-1 . Si ha
(Ε−α N-1 )ΘN-1 (Ε)−β N-1 ΘN-2 (Ε)
Γ(Ν) 0(E) =
.
(14)
β 1[(Ε−α N-1 )ΠN-1 (Ε)−β N-1 ΠN-2 (Ε)]
Operiamo la sostituzione α N-1 → α N-1 + β N2t(E),
(Ε−α N-1 )ΘN-1 (Ε)−β N-1 ΘN-2 (Ε)-β N2t(E)ΘN-1 (Ε)
Γ0(E) =
,
β 1[(E-α N-1 )ΠN-1 (E)-β N-1 ΠN-2 (E)-β N2t(E)ΠN-1 (E)]
e semplifichiamo di nuovo con le r.r.;
=386=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
ΘN-β Nt(E)ΘN-1 (Ε)
.
β 1[ΠN-β Nt(E)ΠN-1 (E)]
Da qui si ricava esplicitamente la funzione terminatrice
ΠNβ 1Γ0-ΘN
t(E)=
.
(15)
β N[β 1ΠN-1 Γ0-ΘN-1 ]
Ora, tornando all'ultima espressione di Γ0(E) e passando dalle lettere
greche a quelle latine, otteniamo G0 cui e' stata "attaccata la coda"
t(E) con a N-1 → aN-1 + bN2t(E). Si ha
.Γ0(E) =
G0(E) ≈
1 Q N-b Nt(E)Q N-1
.
b1 PN-b Nt(E)PN-1
(16)
E' ovvio che giova fare N piu' grande che si puo'; tuttavia il
terminatore puo' dare risultati eccellenti con N relativamente piccoli
se ha le corrette singolarita' di Van Hove ed ai bordi della banda. La
proprieta' piu' importante di un buon terminatore e' quella di avere i
bordi banda alle energie corrette.
Per una banda estesa da -2b a 2b e singolarita' a radice quadrata ai
z- z 2-4b 2
bordi banda, come sappiamo, Γ0(z)=
. Allora se si hanno
2b2
parecchi continui dello stesso tipo, con il k-esimo fra xk e yk ,
8γk
xk +yk
Γ0(z)= ∑
[z - (z-x k )(z-yk ) ].
2
(yk -x k )
2
k
L'approssimante di Pade' Γ(N)0(z) si ottiene combinando linearmente
quelli dei singoli contributi con pesi γk , e cosi' possiamo trovare t(E) e
"terminare" correttamente un calcolo realistico.
16-4 Momenti 1
L'approccio puo' essere considerato una versione ottimizzata
del metodo dei momenti, che merita di per se' di essere discusso. Sia
|0> uno stato arbitrario di un sistema, e si debba calcolare una
densita' degli stati "locale"
n(ω) =<0|δ(ω-H)|0> .
(1)
Anche se l' hamiltoniano H e' molto complicato, noi possiamo
ottenere risultati utili calcolando i momenti
µn =<0|H n |0> =
∞
∫dω ωn n(ω) ;
(2)
-∞
1F. Cyrot-Lackmann J.Phys.C:Solid State Phys.5,300 (1972); F. Cyrot-
Lackmann, M.C.Desjonqueres and J.P. Gaspard, J.Phys.C:Solid State
Phys.7,925 (1974)
=387=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
anzi, se potessimo calcolarli tutti, e sommare la serie
dell'esponenzale, otterremmo la (1) a meno di una trasformata di
Fourier. Ora, µ0=1, µ1 e' il baricentro del livello virtuale, µ2 ci da' una
informazione globale sulla sua larghezza, µ3 fornisce una misura del
suo grado di asimmetria, ed al crescere di n si ottengono
informazioni via via piu' dettagliate. Espandendo la funzione di Green
per ω→∞ , si ha
∞ µk
1
G0(ω) = <u 0|
|u0> = ∑ k+1 .
(3)
z-H
z
k=0
I primi momenti sono connessi col comportamento di n(t) per tempi
brevi, mentre quelli con n grande determinano il comportamento
asintotico per tempi lunghi. Se in pratica siamo in grado di calcolare
i primi N momenti, nasce il problema di ricostruire da essi la migliore
approssimazione possibile a n(ω). Una possibilita' ovvia e' quella di
scegliere una forma funzionale dipendente da N parametri ed imporre
N condizioni della forma (2). Per esempio, se sono noti gli estremi del
continuo, uno puo' scegliere come forma funzionale un polinomio, o
un'espansione in polinomi di Tchebychev; tuttavia, la presenza delle
singolarita' di Van Hove implica una convergenza non uniforme del
procedimento.
Esiste pero' un metodo piu' potente, che utilizza l'espansione
(2.16) della funzione di Green in frazione continua. Per semplicita',
consideriamo il caso di un livello virtuale di forma simmetrica, per il
quale tutti gli an sono nulli:
1
G0(E)=
b12
Eb22
Eb32
EE-⋅⋅
Espandendo in potenze inverse di E, si ottiene
(4)
G0(E)≈
1 b12 b12(b 12+b22) b12[b14+2b12b22+b24+b22b32]
+
+
+
+ Ο(E-9 ).
E E3
E5
E7
Identificando questa serie asintotica con la (3), e' chiaramente
possibile esprimere i coefficienti bi 2 in termini dei momenti. Nel caso
del livello simmetrico che stiamo considerando, tutti i momenti
dispari sono nulli. E' facile vedere che
µ4- µ22
µ2µ6- µ42
b12=µ2 , b22= µ
, b32=
2
µ2µ4- µ23 , ...
=388=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Esiste anche una formula generale. Nella teoria degli approssimanti di
Pade' si dimostra1 che
∆i ∆i-2
bi 2=
,
(5)
∆i-1 2
dove ∆n e' il determinante
 µ0 µ1⋅⋅⋅µn 
 µ1 µ2⋅⋅⋅µn+1 
∆n = Det 
.
⋅⋅⋅⋅⋅⋅


µn µn+1⋅⋅⋅µ2n
(6)
Questo risultato risolve anche l'inverso del problema di Haydock:
data una densita' di stati n(ω), determinare i b i 2, cioe' l'hamiltoniano
di una catena lineare "tight binding" semiinfinita di cui n(ω) e' la
LDOS. Da n(ω) potremo calcolare un gran numero di momenti, ed una
G(N)0(E), che potremo eventualmente continuare con un terminatore.
Per esempio, il livello rettangolare
Θ(ω2-W2)
n(ω) =
2W
consente un agevole calcolo dei momenti, da cui si deduce che
n2
bn 2= W2 2 ;
(7)
4n -1
e' in questo modo che e' stato eseguito il confronto fra la catena
troncata e quella infinita nel paragrafo 2. Per la banda ellittica si ha
W2
semplicemente bn 2=
.
(8)
4
La rappresentazione a frazione continua e' vantaggiosa se vogliamo
ricostruire la funzione di Green a partire da una approssimazione per
la densita' degli stati: non c'e' bisogno di calcolare la trasformata di
Hilbert di n(ω) , ed i branch cuts vengono automaticamente corretti.
Quello di Haydock e' un metodo generale per risolvere problemi
quantistici, ed ha le caratteristiche tipiche dei metodi generali: e'
esatto in linea di principio, ma spesso occorre molta ingegnosita' per
ottenere una approssimazione soddisfacente ad un problema
complicato. Il metodo e' stato fin qui applicato con grande successo
ai problemi ad un elettrone, come quello di trovare la LDOS di
modelli tight-binding. Dal punto di vista computazionale, dimostra
proprieta' di stabilita' e convergenza che lo rendono molto
conveniente. Non c'e' dubbio che dovra' rivelarsi molto utile anche in
presenza di interazioni, anche se attualmente la sua applicazione ai
problemi a molti corpi e' solo agli inizi.
1G.A.Baker Jr and P. Graves-Morris, "Pade' Approximants", Encyclopaedia of
Mathematics and its Applications 14, Reading, MA, Addison-Wesley 1981
=389=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Capitolo 17- Metodo delle
ampiezze di eccitazione
1
Questa tecnica si applica a sistemi di fermioni e bosoni in interazione e produce
relazioni di ricorrenza che determinano le funzioni di Green. Per molti sistemi modello si
ottengono soluzioni analitiche in forma chiusa.
17-1 Formulazione
Consideriamo un sistema di elettroni e bosoni. I gradi di liberta'
elettronici sono descritti da un hamiltoniano H F con cui supponiamo
di saper calcolare esattamente le funzioni di Green. I bosoni liberi
(fotoni, plasmoni, fononi, etc.) sono descritti da
H B =∑ ωi bi † bi ,
(1)
i
dove l'indice i distingue le varie branche. L'interazione fermionebosone e' di solito presa lineare2, cioe'
HI =
∑
γi Li (b i † +bi ),
(2)
i
dove i γ sono costanti di accoppiamento e gli L i sono operatori che
agiscono solo sui gradi di liberta' elettronici. Potremo sempre
espanderli nella forma
(3)
∑ P αβ λ(i,α,β),
αβ
dove α e β sono stati elettronici e P αβ = |α><β|. L'hamiltoniano totale e'
H=H F+H B +H I . Vogliamo calcolare gli elementi di matrice della
funzione di Green interagente3
Gµν = <Pµ(ω-H) -1 Pν >,
(4)
dove Pµ≡Pµµ , in termini delle "note" controparti non interagenti G0µν .
Ovviamente, ω ha una piccola parte immaginaria positiva. A tal fine,
definiamo le ampiezze di eccitazione
Li =
Ψ µν ({mi },{nj },ω) = <Pµ∏ b i mi(ω-H) -1 ∏ ( b j † ) njPν >,
i
j
(5)
1M.Cini, Phys.Rev.B17,2486 (1978)
2in realta' questa restrizione non e' essenziale, ma qui ci limitiamo al caso
piu' semplice, che e' adeguato per la maggior parte delle applicazioni.
3Il metodo consente di calcolare funzioni di Green piu' generali, medie
termiche o su stati coerenti, etc., ma qui e' meglio fissare le idee sul caso
piu' semplice.
=390=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dove la media e' sul vuoto dei bosoni. Sono ampiezze di probabilita'
(non normalizzate) di andare da una configurazione di bosoni coi
numeri di occupazione {nj } ed elettroni nello stato ν ad un'altra. Per
calcolarle, usiamo l'identita' operatoriale
(ω-H) -1 = (ω-H 0) -1 + (ω-H 0) -1 H I (ω-H) -1 ,
(6)
dove H0=H-HI . Dal momento che
bj mH 0n = (H0+mωj ) n bj m ,
(7)
possiamo far comparire l'operatore risolvente imperturbato
"spostato"
R({mj }) = (ω-H 0- ∑ m j ωj ) -1 ;
j
l'identita' operatoriale diventa
(8)
Pµ∏ b i mi(ω-H) -1 ∏ ( b j † ) njPν = Pµ∏ R(m i )b i mi(b j † ) njPν +
i
j
ij
λ(k,α,β)γk Pµ∏ R(m i )b i mi(b k +bk † )Pαβ(ω-H) -1 ∏ ( b j † ) njPν .
αβk
i
j
(9)
Prendendo il valore di aspettazione sul vuoto si trovano le seguenti
equazioni ricorrenti per le ampiezze di eccitazione:
+
∑
Ψ µν ({mi },{ni },ω) = G 0µν (ω-
∑
j
m j ωj ) ∏ δ(m j ,nj )m j ! +
j
+ ∑ λ(k,α,β)γk G0µα (ω- ∑ m j ωj )ζβνk ({mi },{ni },ω),
αβk
j
(10)
dove
ζβνk ({mi },{ni },ω)=
= Ψ βν(m 1,m 2,..mk+1,..,{n j },ω) +kΨ βν(m 1,m 2,..mk-1 ,..,{n j },ω).
(11)
Le ampiezze sono nulle per m e n negativi e vanno a 0 al
crescere dei numeri di occupazione, e questo sistema infinito puo'
essere risolto con un processo al limite. Le funzioni di Green cercate
sono particolari Ψ, o possono, piu' in generale, essere espresse per
mezzo di esse. Il metodo e' stato applicato per ottenere soluzioni
esatte in forma chiusa di hamiltoniani modello, soprattutto nel campo
=391=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
delle spettroscopie ottiche ed elettroniche. Mi limito qui ad alcuni
esempi illustrativi1.
17-2 Polarone Locale
Questo modello descrive un elettrone che si muove in una
banda (discreta o continua) ed interagisce con un campo di bosoni
quando si trova su un particolare "sito", il sito 0. Esso e' stato
impiegato, ad esempio, nella teoria degli spettri di fotoemissione da
stati di valenza. Ad esempio, i bosoni potrebbero essere le vibrazioni
localizzate intorno ad una impurezza in un solido, o quelle di un
atomo legato chimicamente ad una superficie. In notazione usuale,
l'hamiltoniano e'
H=H 0+H I ,
(1)
dove H0 descrive l'elettrone ed i bosoni liberi,
H 0=ε0c 0† c 0+∑ εk c k † c k +∑ V 0k[c 0† c k + h.c.] + ∑ ωqb† qbq,
k
k
q
(2)
mentre il termine di interazione e'
H I = n0∑ γq(b q† + bq)
(3)
q
dove n0 = c 0† c 0. La banda e' caratterizzata da una densita' di stati
locale ρ 0(ω), la cui trasformata di Fourier e' la funzione di
correlazione ρ 0(t)=<n0.e -iH 0tn0>.
Il metodo genera equazioni ricorrenti per le ampiezze di eccitazione
Si ha
Φ(q 1,q 2,....qk , ...,t) = <n0bq bq ... bq ...e-iHt n0>.
1 2
k
ρ(t) =
ρ 0(t)
t
-i ∫dt' ρ 0(t-t') ∑ γqΦ(q,t'),
0
q
(4)
t
Φ(q 1,q 2,....qk ,t) = -i ∫dt' exp[-i(ωq +...+ωq )t]ρ 0(t-t')
1
k
0
1 altri modelli sono risolti in un recente articolo di rassegna: M.Cini and
A.D'Andrea, J. Phys.C: Solid State Phys.21, 193 (1988).
=392=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
{γ q Φ(q 2,....qk , t) +... + γ q Φ(q 2,....qk-1 ,t)
1
k
+∑ γq'Φ(q 1,q 2,....qk ,q k+1,t)}.
q'
(5)
Nel limite di un livello "di core", ρ 0(t) e' un fattore di fase che
con opportuna scelta dell'origine delle energie puo' essere preso
uguale a 1. In tale limite, le equazioni ricorrenti sono risolte
dall'Ansatz
Φ(q 1,q 2,....qk , ...,t) = f(q1,t)f(q2,t) ... f(qk ,t) ...ρ(t)
(6)
dove ρ(t)=<n0.e -iHt n0> e' la funzione di correlazione interagente, e
γq
f(q,t) = ωq (e -iω qt-1).
(7)
Sostituendo l'ansatz nelle equazioni ricorrenti si trova la soluzione
esatta
γq 2
ρ(t)=exp(∑
[e-iω qt +iωqt-1]).
(8)
ωq2
q
Le equazioni ricorrenti valgono per qualsiasi forma di ρ 0(ω), ma il
problema non e' stato risolto nel caso generale. Con una ρ 0(ω)
arbitraria, la soluzione si ottiene in forma chiusa se non c'e'
dispersione dei bosoni in energia, cioe' se ωq ≡ ω0. Allora tutto
dipende dal parametro β=
∑
q
γq2. Ponendo
. . . ∑ γq γq ... γq ...Φ(q 1,q2,....qk ,ω)
(9)
1 2
k
q1
qk
le relazioni di ricorrenza si riducono a
Φ0(ω) = G 0(ω)[1+Φ1(ω)],
(10)
0
Φk (ω) = G (ω-kω0)[Φk+1(ω) +kΦk-1 (ω) ],
(11)
0
dove G e' la funzione di Green locale non interagente,
G0(t)=-iρ 0(t)Θ(t). Quella interagente e' allora G= Φ0, e risulta
Φk (ω) =
G(ω)=
∑
G0(ω)
βG0(ω)G 0(ω−ω0)
1βG0(ω−ω0)G 0(ω−2ω0)
1-2
βG0(ω−2ω0)G 0(ω−3ω0)
1-3
1-...
=393=
.
(12)
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La soluzione esatta assume la forma di una frazione continua.
Occorre notare pero' che, a parte una analogia superficiale, questo
metodo ricorsivo e' del tutto diverso da quello di Haydock. Qui figura
direttamente G0, che gia' contiene tutta l'informazione sui gradi di
liberta' elettronici. Quando e' applicabile, questo metodo e molto piu'
potente. Per esempio, possiamo scegliere G0 in modo che la densita'
locale degli stati abbia una forma triangolare. Prendendo il continuo
fra ω=-1 e ω=1, e assumendo un allargamento lorentziano δ=0.05,
ρ (0) (ω) ha la forma di un triangolo isoscele un po' arrotondato.
0.8
0.6
0.4
0.2
-2
-1.5
-1
-0.5
0.5
1
1.5
La densita' degli stati che si ottiene da G e' la seguente:
3
2.5
2
1.5
1
0.5
-2
-1
1
2
3
Lo "shift di rilassamento" e l'esistenza dei satelliti ci erano gia' noti
dal Capitolo 13; la soluzione esatta mostra anche una deformazione
caratteristica della forma del livello virtuale.
17-3 Effetto Raman risonante
Come sappiamo (Capitolo 14), l'effetto Raman puo' essere
pensato come una successione di due transizioni virtuali, che
formano un unico evento quantico coerente; nessuna delle due, da
sola, conserva l'energia. Quando pero' la frequenza ω1 del fotone
incidente coincide con una delle transizioni elettroniche reali della
molecola, si ha l'effetto Raman risonante, e la formula del tensore
Raman
Rpq =
∑[
n
<f|dp|n><n|dq|i>
<f|dq|n><n|dp|i>
+
[ω ni - ω 1]
[ω n f +ω 1]
=394=
].
(1)
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diverge (ω ni - ω 1=0). Si puo' prevenire questa singolarita' sostituendo
il denominatore con ω ni - ω 1-iΓ, dove Γ tiene conto
fenomenologicamente della larghezza finita dei livelli1. Non c'e'
quindi una vera divergenza; piuttosto, un unico stato eccitato domina
la risposta di tutti gli altri, e l'intensita' dello spettro puo' venire
esaltata di alcuni ordini di grandezza. In effetti, la descrizione si
semplifica, perche' basta considerare un solo stato elettronico
eccitato, e il contributo dominante e' dato dal primo dei diagrammi
del Capitolo 14.
Un semplice modello di molecola vibrante puo' illustrare gli
aspetti fisici essenziali. Consideriamo la molecola nello stato
fondamentale, descritta da
H 1 = ε1c 1† c 1 + Ωb† b,
(2)
†
dove c1 crea l'elettrone ottico nello stato fondamentale di energia ε1
e b† crea una vibrazione di frequenza Ω. Nello stato eccitato,
H 2= ε2c 2† c 2 + Ωb† b +g(b† + b)n2,
(3)
ed esiste un accoppiamento g fra l'elettrone e la vibrazione. Il suo
significato fisico e' che lo stato elettronico eccitato ha lunghezze di
legame di equilibrio modificate, e cio' corrisponde ad uno
spostamento dell'oscillatore armonico. Dobbiamo poi includere il
campo della radiazione, con
H 3 =∑ ωα dα † dα ,
(4)
α
dove α sta per l'insieme dei numeri quantici dei fotoni, che sono
creati dagli operatori dα † . Infine, l'accoppiamento radiazione-materia
e' descritto da
HI =
∑
α
[ M α * c 2† c 1 + h.c.](dα +dα † ),
(5)
dove Mα e' l'elemento di matrice di dipolo della transizione
elettronica. Spesso questo tipo di problemi viene trattato nella
"Rotating Wave Approximation" (RWA), che consiste nell'omissione
dei termini come c2† c 1dα † , che descrivono processi che non
conservano l'energia (un elettrone viene promosso ed un fotone
emesso): allora si ha
H I (RWA) =
∑
α
[ M α * c 2† c 1dα + h.c.].
(6)
Questa semplificazione del modello e' ragionevole in condizioni di
risonanza; comunque, con il nostro metodo possiamo risolvere il
problema esattamente sia con che senza la RWA 2.
1Piu' rigorosamente, Γ dovrebbe essere sostituita dalla self-energy dovuta
all'interazione radiazione-materia, che descrive gli effetti di decadimento
radiativo ed il tempo di vita finito degli stati eccitati.
2A.D’Andrea, Phys.Rev. A39, 5143 (1989)
=395=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Dopo l'assorbimento del fotone ω1, il sistema si trova nello stato
elettronico eccitato e si evolve con H2. A causa dell'accoppiamento
vibronico, puo' aver luogo la creazione di un numero n qualsiasi di
quanti di vibrazione. Quando il sistema decade, l'eccitazione
vibrazionale rimane, e di hanno le righe Raman con ω2 = ω1 -n Ω.
L'ampiezza di probabilita' del processo con n quanti e' proporzionale
alla ampiezza di eccitazione
φ(n) (ω1) = <g|c 1† c 2bn (ω1 - H 2) -1 c 2† c 1|g> .
(7)
Nella RWA, φ(n) e' stata ottenuta esattamente per la prima volta
da Hong1, e la soluzione mostra che lo spettro Raman risonante puo'
dar luogo ad una serie di picchi vibronici; la distribuzione dell'
intensita' e' governata dal rapporto g/Ω. Per g maggiore di Ω, siamo
nel regime polaronico, e le righe con n≈ g/Ω hanno la massima
intensita'.
Il metodo delle ampiezze di eccitazione, essendo piu' potente di
quello di Hong, consente di risolvere esattamente modelli ben piu'
realistici e complicati. E' stato cosi' possibile considerare l'effetto
Frank-Condon (un valore modificato di Ω nello stato eccitato), la
presenza di piu' modi vibrazionali, deviazioni delle vibrazioni dalla
armonicita', ed anche parecchi livelli elettronici. E' stato proposto
anche un modello esattamente risolubile per lo spettro Raman
risonante di molecole adsorbite2.
17-4 Complessi accettore-donore
Talvolta due molecole si uniscono per formarne una sola, senza
stabilire fra loro ne' legami covalenti ne' legami ionici. Un piccolo
scambio di carica di solito avviene, e si parla di "complessi accettoredonore"; fra gli esempi piu' noti c'e' l'unione di una molecola di
idrochinone ed una di chinone per formare il chinidrone, e il caso di
BF3 e NH3 che formano BF3←NH3. Si tratta di legami chimici piuttosto
deboli, ma perfettamente stabili, che sono anomali solo nel senso che
non si lasciano inquadrare negli schemi piu' comuni. I chimici
organici hanno grande familiarita' con i complessi. Noi cercheremo di
capirne la natura, ma a questo scopo sceglieremo un esempio
semplice.
Lo Xe e' un gas inerte, ma sulla superficie dei metalli di
transizione come il Pt da' luogo a un chemisorbimento, anche se di
tipo anomalo.
L' energia di legame ≈0.3 eV e' troppo elevata perche' si possa
parlare di fisisorbimento3, e le misure di lavoro di estrazione
1H.K. Hong, J. Chem.Phys. 67, 801 (1977)
2A.D'Andrea, Solid State Commun. 57, 763 (1986)
3cioe' dell'effetto delle sole forze di Van der Waals.
=396=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dimostrano che c'e' un trasferimento di carica elettronica dallo Xe al
metallo. Il metallo e' caratterizzato da una stretta banda d quasi
totalmente occupata. La densita' degli stati al livello di Fermi e'
essenzialmente di tipo d, mentre la banda s e' la principale
responsabile della polarizzabilita' del metallo. Grazie agli stati d
vuoti, il metallo puo' fungere da accettore; ma in questo caso non
puo' esserci un legame ionico, perche' il livello di valenza εa dello Xe
e' molto piu' legato del livello di Fermi EF. D'altra parte, un legame
covalente e' escluso, poiche' lo Xe e' un gas nobile.
banda s
E
F
Xe
banda d
εa
Si tratta di un "complesso" superficiale, di un tipo che e' stato
spiegato molto tempo fa da Mulliken 1 in termini semiclassici col suo
modello Charge Trasfer - No Bond (CTNB). Chiamiamo |CT> lo stato
ionico Xe+Me - , dove Me sta per il metallo, e |NB> lo stato neutro
XeMe. In assenza degli effetti di polarizzazione, εCT>εNB, quindi ci
aspettiamo che non si formi nessun legame: |NB> e' lo stato
fondamentale. Ma c'e' il potenziale immagine, che mescola gli stati: la
ε -e 2
 CT 4d 
matrice hamiltoniana e'
-e 2 , dove d e' la distanza dello Xe
 εNB
 4d

dalla superficie; e adesso lo stato fondamentale non e' piu' |NB>, ma
un autovettore che contiene una componente ionica ed ha energia
piu' bassa.
Qualitativamente, il modello di Mulliken e' soddisfacente. Pero',
il potenziale immagine classico e' una approssimazione molto cruda
alla realta': per descrivere gli effetti di polarizzazione da un punto di
vista microscopico occorre introdurre le eccitazioni elementari del
solido, ed in primo luogo i plasmoni di superficie. Cominceremo
quindi con un modello semplice dei plasmoni.
Quelli di volume sono modi normali (esatti, a dire il vero, solo
per vettori d'onda q→0) di un liquido di Fermi omogeneo.
Consideriamo una barra metallica e supponiamo di spostare
1R.S. Mulliken, J. Amer. Chem. Soc. 74, 811 (1952)
=397=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
rigidamente di una piccola distanza η il liquido di Fermi rispetto al
fondo delle cariche positive.
η
Ne risulteranno densita' di carica ±ηne sulle due facce opposte, che
produrranno un campo elettrico E=4πηne, dove n e' la densita' del
d2η
liquido di Fermi. L'equazione del moto e' mn 2 =-neE=-4πn2e2η, e la
dt
coordinata collettiva η esegue un moto armonico di pulsazione ωp=
4πne2
.
m
Quindi, i plasmoni sono bosoni, e per piccoli vettori d'onda q hanno
ω≈ωp.
Se introduciamo una carica "esterna" nel punto r, questa "sente" il
potenziale φ(q,r) associato a ogni plasmone; l'energia di rilassamento
|φ(q,r) | 2
(vedi Capitolo 13.4) e' un contributo importante
ωp
∆E=∑
q
all'energia di polarizzazione del metallo. Ma il campo e' nullo fuori
dalla barra: i plasmoni di volume non si accoppiano con cariche poste
fuori del metallo, e non spiegano il potenziale immagine.
Un metallo semi-infinito ha anche plasmoni di superficie, che
sono oscillazioni collettive del liquido di Fermi, la cui densita' di
carica e' apprezzabile solo nelle immediate vicinanze della superficie.
Ad uno spostamento η ora corrisponde una densita' di carica ηne su
una sola faccia; la forza di richiamo sull'oscillatore e' ridotta alla
ωp
meta', e la pulsazione e' ωs= . I plasmoni di superficie sono
2
anch'essi bosoni, ma hanno un q bidimensionale, ed un potenziale
φ(q,r) ∝ exp[iq ], dove =(x,y). Poiche' fuori dalla superficie (z>0)
non ci sono cariche, l'andamento lungo z e' presto determinato:
dev'essere
∂2
[ 2 -q 2] φ(q,r)=0 , z>0
(1)
∂z
e quindi φ(q,r) = Nq exp[-|q|z +iq⋅ ]. Il fattore di normalizzazione Nq
puo' essere fissato imponendo che l'energia di rilassamento per una
carica a distanza z dalla superficie sia uguale al potenziale immagine
=398=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
A
classico. Sia A l'area della superficie: ∑ →
d 2q. Si constata che
(2π) 2∫
q
πωse2
.
qA
Per quanto semplificata, questa descrizione (nota come "modello
idrodinamico") e' superiore a quella classica, e tiene conto del fatto
che le cariche di polarizzazione non possono rispondere
istantaneamente alle sollecitazioni.
il potenziale immagine corrisponde alla scelta Nq=i
Vogliamo costruire una controparte quantistica1 del CTNB, e
cominciamo col separare gli effetti di polarizzazione dal resto,
scrivendo
H=H 0+H 1 .
(2)
Qui, H 0 schematizza i livelli elettronici nella figura,
H 0=εac a† c a + εk c k † c k +V0[c a† c k +c k † c a ] +ωsb† b,
(3)
con un livello k che rappesenta gli stati occupabili della banda d,
mentre ωsb† b rappresenta il campo libero dei plasmoni di superficie.
Il termine in V0 rappresenta un legame covalente, di cui abbiamo
escluso l'esistenza nel sistema in studio; la sua inclusione nella (3)
pero' e' necessaria, e sara' giustificata fra breve. Gli effetti di
polarizzazione sono contenuti in
H 1=[P0c a† c a +γ0(c a† c k +c k † c a)](b+b† ),
(4)
†
che e' lineare nella coordinata (b+b ) del plasmone, e consta di due
termini. Infatti, il potenziale elettrostatico φ dei plasmoni ha un
elemento di matrice diagonale P0=<a|φ|a>, per il quale i plasmoni si
polarizzano se c'e' un elettrone nell'orbitale dello Xe, ed un elemento
di matrice fuori diagonale γ0=<a|φ|k>.
Questo modello non e' ancora quello che vogliamo: fisicamente,
ci aspettiamo che i plasmoni si polarizzino intorno ad uno Xe+, cioe'
nello stato "charge transfer". Ma cio' si ottiene facilmente con una
trasformazione canonica a variabili di buche a† =c ed a nuovi
operatori bosonici d† tali che
P0
d† = b† - ωs .
(5)
Il nuovo hamiltoniano e'
H'=∆E+ Eaaa† aa + Ek ak † ak +V[aa† ak +ak † aa ] +ωsd† d+
+[Paa† aa +γ(a a† ak +ak † aa)](d+d † ),
(6)
dove ∆E sposta tutti i livelli allo stesso modo, e semplicemente
ridefinisce lo zero delle energie, ma
2γ0P0
2P02
Ea= ωs - εa, Ek =- εk , V= ωs -V 0, P=-P0, γ=-γ0.
(7)
1M.Cini, Surface Sci. 79, 589 (1979)
=399=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Cosi', vediamo che il prodotto γ0P0 produce qualcosa di analogo ad un
legame covalente, se ambedue i meccanismi sono presenti. Nel
problema in esame, V=0, quindi nella (3) dovevamo includere un
V0≠0.
Il problema definito da H' e' fra quelli che possono essere risolti
esattamente con il metodo delle ampiezze di eccitazione. Definiamo
le loro trasformate di Laplace
1
Φµν (m,s) = <aµdm
a † >,
(8)
s+iH ν
dove gli indici greci assumono i valori a e k; useremo la notazione
Dµν (s)=Φµν (m=0,s)
(9)
0
per la trasformata della funzione di Green e D µν (s) per il suo limite
non interagente. Le equazioni ricorrenti sono:
Φµν (m,s) = δm0D0µν (s)-iγD0µa(s+miωp)[m Φkν (m-1,s) + Φkν (m+1,s)] +
-i[PD0µa(s+miωp)+γD0µk (s+miωp)][m Φaν (m-1,s) + Φaν (m+1,s)] . (10)
Risolvendo questo sistema si ottiene la D µν (s) con i suoi infiniti poli.
Nello studio del legame dei complessi ci interessano essenzialmente i
due poli di energia piu' bassa, mentre gli altri si possono considerare
satelliti di plasma. Per V=0, si ha un abbassamento dello stato
fondamentale, e cioe' la formazione di un legame, purche' sia Pγ≠0.
Si puo' dimostrare che il modello CTNB di Mulliken corrisponde
al limite ωp→∞ della teoria quantistica. I parametri P0 e γ0 possono
essere stimati, per esempio, a partire dal modello idrodinamico dei
plasmoni, ed i risultati sono compatibili con i dati sperimentali.
Capitolo 18- Diagrammi di
Feynman con applicazioni
Il metodo perturbativo e' molto utile per capire gli effetti di correlazione,
e lo illustreremo studiando l'espansione diagrammatica delle funzioni di Green a
un corpo. Cominceremo con un approccio intuitivo; i fondamenti della teoria
rigorosa saranno esposti nel capitolo seguente.
18-1 Regole diagrammatiche ed equazione di Dyson
Supponiamo di avere un sistema di elettroni non interagenti di
Hamiltoniano H 0. Usiamo la seconda quantizzazione, con ca† che
crea un elettrone in uno stato a particella singola a, e la
rappresentazione di Heisenberg,
=400=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
c a(t) = exp(iH0t)c aexp(-iH0t).
(1)
Il propagatore (Capitolo 15) e' definito da
G0(a,b,t)= -i<0|T[ca(t)c b† (0)]|0>,
(2)
dove la media e' presa rispetto allo stato fondamentale. Sappiamo che
G0 e' diagonale sulla base degli autostati |k>, ed e' la funzione di
Green dell'equazione di Schro"dinger; inoltre,
δkk'
G0(k,k',ω) =
≡ δ kk' G0(k,ω) ,
ω-εk + i ηk
con ηk =+0 per stati vuoti, ηk =-0 per stati pieni.
Con H=H0+V ,dove V e' l'interazione coulombiana, definiamo
G(a,b,t)= -i<T[ca(t)c b† (0)]>,
(3)
dove la media e' presa rispetto allo stato fondamentale interagente e
l'evoluzione avviene con H. Espandiamo G(a,b,ω) in potenze di V.
All'ordine n si ha l'ampiezza di evolversi dallo stato b allo stato a
dopo esattamente n interazioni. Il contributo di ordine n e' la somma
di ampiezze parziali rappresentabili con diagrammi. Le "regole
diagrammatiche" sono le seguenti.
1) Tracciare due punti "esterni" ed n linee di interazione che
terminano in "vertici di interazione"
•--------•
2)Unire i punti esterni e tutti i vertici con linee "elettroniche" in
modo che una linea termini in ciascuno dei punti esterni ed una linea
passi per ciascun vertice. Tralasciare i diagrammi che sono formati da
parti disconnesse. Alla fine, avremo una linea elettronica che unisce i
punti esterni passando per alcuni vertici ed eventualmente un certo
numero di percorsi chiusi, attaccati al resto del diagramma da linee di
interazione. Orientare con frecce sia la linea che i percorsi chiusi.
3) Tutto cio' puo' essere fatto, in generale, in molti modi diversi per
un dato n. Ma due diagrammi sono equivalenti (e vanno considerati
come lo stesso diagramma) se sono topologicamente equivalenti,
cioe' se possono essere deformati con continuita' l'uno nell'altro.
Consideriamo il seguente diagramma, ed immaginiamo che le sue
linee continue e tratteggiate rappresentino fili di caucciu'.
a
b
Tirando per gli estremi a e b e ruotando il circuito chiuso,
possiamo trasformarlo in un diagramma topologicamente
equivalente:
=401=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
a
b
L'orientazione delle frecce non ha a che fare con la propagazione per
tempi positivi o negativi ed ogni singolo propagatore puo' riferirsi sia
ad elettroni che a buche. quindi il fatto che una freccia 'torna
indietro' nel primo diagramma e non nel secondo non e' rilevante.
4) Etichettare ciascuna linea orientata col simbolo di uno spinorbitale; la linea entrante (dall'esterno) in uno dei due punti esterni si
chiamera' b, e quella uscente dall'altro punto esterno a.
5)Etichettare sia le linee orientate che quelle di interazione con
frequenze tali che alle linee esterne compete la frequenza ω ed a ogni
vertice si conserva la frequenza (la somma di quelle delle linee
entranti e' uguale alla somma di quelle uscenti).
L'espressione corrispondente a ciascun diagramma si ottiene
come segue.
a) Per ogni linea elettronica scrivere un fattore iG0(k,ω).
b)Per ogni linea di interazione, con le etichette disposte come segue
k
p
α
m
n
includere un fattore1
-iVkpmn = -i
∫dr ∫dr'
φk † (r)φp† (r')φm(r)φn (r')
= -iVpknm . (4)
|r-r'|
1Bisogna adattarsi all'uso prevalente nella letteratura; nel Cap.5, quando
parlavamo delle equazioni di Roothaan, lo stesso ideogramma aveva un
nome diverso, e gli indici disposti in altro modo.
=402=
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Nel diagramma qui sopra, gli indici si leggono nello stesso ordine che
nell'espressione corrispondente -iVkpmn . Attenzione pero' che cio'
che conta e' l'identita' delle linee uscenti ed entranti, e la stessa
espressione matematica si trova anche per il diagramma
k
m
α
p
n
c)Includere un fattore (-1) per ogni percorso chiuso, come ad
esempio
.
d) Sommare su tutti gli spin-orbitali intermedi.
e)Integrare su tutte le frequenze intermedie α,β,... con
∞
⌠
dα


⌡2π
∞
⌠
dβ
 ....

⌡2π
(5)
-∞
-∞
C'e' un caso in cui questa ultima prescrizione e' ambigua, e va meglio
specificata. E' il caso in cui compaiono linee elettroniche non
k,ω
propaganti, come in
vertice) e'
. Il contributo (escluso il
∞
∑
k
⌠
dω 0

iG (k,ω) = i ∑ G 0(k,t=0).

2π
⌡
k
(6)
-∞
Ma, per t=0, G 0 e' discontinuo, donde nasce l'ambiguita'. La
prescrizione precisa e' quella di prendere t=0- . Cio' equivale a
∞dω -iω t 0
G0(k,t)= ∫
e
G (k,ω)exp(iω0+). Poiche' iG0(k,t=0- ) = -n 0k , dove
2π
-∞
n0k =1 per stati pieni e 0 per stati vuoti, il risultato e' - ∑ n 0k.
k
Poi si deve cambiar segno per il percorso chiuso, e in definitiva
=
∑
k
n 0k .... ,
(7)
=403=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
somma nella quale bisognera' poi considerare la dipendenza da k del
vertice di interazione. Vediamo il diagramma del primo ordine
ω,a
k,α
ω,b
;
il contributo analitico e'
iG0(a,ω)iG0(b,ω)[(-i) ∑ V akbk n0k ] .
(8)
k
Al primo ordine c'e' un termine "di scambio" che si ottiene da questo
scambiando le linee uscenti dalla interazione.
a
k
b
k
a
b
k
k
⇒
Ma le due linee k vanno unite, perche' sono l'inizio e la fine della
stessa linea; il diagramma di scambio e'
a
k
a
b
b
k
ovvero
k
.
Finendo di etichettarlo, ci si accorge che anche qui c'e' una linea non
propagante:
a,ω
=
b,ω
k,α
=404=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
∞
= iG0(a,ω)iG0(b,ω) ∑
k
⌠
dα 0

iG (k,α)exp(iα0+)(-i)Vkabk =

⌡2π
-∞
=iG0(a,ω)iG0(b,ω)[-(-i) ∑ V kabk n0k ] .
k
(9)
Consideriamo ora l'intera serie per G. Indicando la funzione di Green
interagente con una linea spessa, si ottiene una somma di diagrammi
il cui numero e la cui complessita' crescono con l'ordine n in modo
disastroso. E' evidente che questo metodo non consente di calcolare G
esattamente; consente pero' di arrivare ad affermazioni esatte sul
conto di G, basate su considerazioni topologiche.
=
+
+
+
+
+
+
+
+
+...
Tutti i termini eccetto il primo hanno un fattore iG0(a,ω)iG0(b,ω),
cioe' una linea entrante ed una uscente, fra cui e' inserita una selfenergy part. Una self-energy part e' lo stesso diagramma privato
delle due linee esterne (anche se viene di solito disegnata con due
=405=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
monconi delle stesse, per mostrare dove vanno inserite). Una selfenergy part e' definita propria, o irriducibile, se e' tale da non potersi
tagliare in due diagrammi separati tagliando un propagatore. Cosi' il
diagramma a sinistra e' riducibile, e quello a destra no:
La Irreducible Self-Energy Σ e' la somma di tutte le "self-energy
parts" irriducibili:
Σ
=
+
+
+...
+......
L'espressione matematica corrispondente si ottiene da quella
dell'intero diagramma togliendo i fattori iG0 associati alle linee
entranti ed uscenti. Per il primo ordine abbiamo ad esempio
(-i) ∑ V akbk n0k -(-i) ∑ V kabk n0k .
(10)
k
k
Come ogni singola linea elettronica corrisponde a iG0, cosi' a Σ
corrisponde l'espressione analitica -iΣ(ω), dove Σ si chiama anche lei
'self-energy'. Consideriamo allora l'equazione di Dyson
=
+
Σ
cioe'
iG = iG0 + iG0 (-iΣ) iG;
(11)
risolvendola per iterazione, e sostituendovi lo sviluppo di Σ , si
ottengono tutti i diagrammi, e ciascuno una volta sola. Ogni
=406=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
approssimazione a
Σ equivale ad una somma parziale della serie
fino ad ordine infinito. La prima approssimazione Σ=
∑
V akbk n0k
k
permette di includere in G, fino ad ordine infinito, gli scattering
ripetuti del tipo piu' semplice.
In generale, Gab e Σab sono matrici e quella di Dyson e' una
equazione matriciale. Dopo aver trovato una approssimazione a Σ, ci
sara' da invertire una matrice, e nel caso di uno spettro continuo si
dovra' risolvere una equazione integrale.
Si ha un caso particolarmente semplice quando G e' diagonale sulla stessa
base che diagonalizza G0. Tanta semplicita' puo' esistere solo per effetto di una
elevata simmetria. Il Jellium e' un sistema infinito e uniforme di elettroni che si
muovono su un fondo di carica positiva, anch'esso uniforme, che rende neutro il
tutto. E' stato molto studiato come modello idealizzato degli elettroni di
conduzione di un metallo. Allora, G0 e' diagonale su una base di onde piane, ma lo
e' anche G , a dispetto di tutte le interazioni; le onde piane sono autofunzioni
dell'operatore TR di traslazione con autovalore ei kR , e [H,TR]=0 ∀R per la
simmetria traslazionale del problema. L'equazione di Dyson, scritta nella
rappresentazione delle coordinate, comporta solo convoluzioni; trasformando di
Fourier la mettiamo in forma scalare,
G(k,ω ) =G0(k,ω ) + G0(k,ω )Σ(k,ω )G(k,ω )
e si ha
1
G(k,ω ) =
;
0
ω - ε ( k ) - Σ(k,ω)
cosi', Σ si puo' interpretare come una correzione complessa all'autovalore
imperturbato ε 0(k).
18-2 Fermioni non interagenti in un potenziale esterno
Le regole diagrammatiche sono del tutto analoghe, ma il
problema e' molto piu' semplice. I soli diagrammi sono:
=
+
x
+
x
x
+...
dove la barra spessa rappresenta iG(a,b,ω), quella sottile iG 0(a,b,ω)
i
=
δ , mentre x sta per -iV ab .
ω - εa+iηa ab
Prendiamo come esempio il modello di Fano-Anderson non
interagente (Cfr. Cap.2 e Cap. 12). Allora V ha solo gli elementi di
matrice V 0k , dove 0 denota lo stato atomico localizzato e k percorre
il continuo; oviamente c'e anche V k0 = V0k* . Per calcolare G00(ω) =
G(0,0,ω) possiamo usare due metodi equivalenti.
=407=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
1) Possiamo cercare una equazione di Dyson per G00. La self-energy
propria e'
Σ = x______x
|V0k|2
-iΣ(ω) = ∑ (-iV 0k)iG0k (-iV k0) = (-i) ∑
ω-εk +iηk .
k
k
Quindi, ritroviamo la self-energy del capitolo 12, ma con Im(Σ) che
cambia segno al livello di Fermi, e
G0
1
G=
=
.
(1)
0
1-ΣG
ω - ε0-Σ(ω)
2) Possiamo cercare una equazione di Dyson matriciale per G in
termini di una self-energy matriciale . Allora non chiediamo piu' che
dalla self-energy propria escano due linee etichettate G000, ma
semplicemente che escano due linee.
Σ =x
cioe' -i
= -iV, e dobbiamo risolvere
G = G0 + G0 G .
(2)
Piuttosto che invertire matrici, conviene scrivere le componenti
G00 = G000 + G000 ∑ V0k Gk0(ω),
(3)
k
Vk0
Gk0 = G0kk Vk0G00 =
G (ω)
(4)
ω-εk +iηk 00
............
da cui per sostituzione si ritrova subito il risultato.
Si noti che, con ambedue i metodi, l'effetto del potenziale esterno e'
incluso esattamente calcolando la self-energy di ordine piu' basso
(vale a dire, non esistono contributi di ordine superiore a Σ).
18-3 Elettroni interagenti:Self-Energy del primo ordine
Supponiamo di aver determinato il set di spin-orbitali {a,b,⋅⋅⋅}
che diagonalizzano l'hamiltoniano H0 in assenza di interazioni fra gli
elettroni, e di voler correggere la funzione di Green con il termine
diretto di primo ordine
Σab (ω) =
∑
V akbk n0k ,
(1)
k
che e' l'elemento ab della self-energy matriciale
Σab (ω) =
∑
k
V akbk n0k =
occ
∑ ∫d3r ∫d3r'
k
=408=
. Viene
a* (r)k * (r')b(r)k(r')
|r-r'|
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= W0ab ,
(2)
cioe' l'elemento di matrice del potenziale efficace
occ
∑ | k ( r')|2
k
W0(r) = ∫ d 3r'
(3)
|r-r'|
che coincide col potenziale elettrostatico generato dalla densita' di
carica
. Avremmo ottenuto lo stesso Σab se avessimo
considerato elettroni non interagenti in un potenziale esterno efficace
W0(r). La self-energy del primo ordine include esattamente gli effetti
di W0(r); e' come se avessimo rideterminato gli orbitali con W0
incluso nel potenziale e poi avessimo espresso G di nuovo nella
vecchia base {a,b,⋅⋅⋅}. Tutto cio' corrisponde al primo passo di un
procedimento autoconsistente. I nuovi orbitali, ottenuti in presenza
di W0, non coincidono piu' con quelli con i quali W0 era stato
calcolato. Il secondo passo del procedimento autoconsistente richiede
che la densita' di carica sia ottenuta con la funzione di Green del
primo passo. Allora, la self-energy e'
+
+
+ ..
e possiamo interpretarla come se gli elettroni non interagissero, ma si
muovessero in un nuovo potenziale efficace W 1(r); beninteso, gli
elementi di matrice di G sono poi sempre presi sulla vecchia base.
Iterando l'argomento, si giunge all'autoconsistenza:
Σ=
dove la linea spessa rappresenta la funzione di Green "vestita". Questa
e' l'approssimazione di Hartree; introducendo anche il termine di
scambio si trova l'approssimazione di Hartree-Fock
Σ=
+
.
=409=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Noi siamo partiti con un hamiltoniano imperturbato H0 non
interagente, e con la base imperturbata {a,b,⋅⋅⋅} ; cosi', abbiamo
trovato il potenziale di Hartree-Fock come una correzione di selfenergy di primo ordine. Equivalentemente, possiamo includere tutto
il potenziale di Hartree-Fock nella parte a un corpo
dell'Hamiltoniano, e in tal caso le correzioni di primo ordine vanno
omesse. Quindi, se invece di partire da spin-orbitali non interagenti
partiamo direttamente dalle soluzioni di Hartree-Fock, la serie per Σ
comincia col 20 ordine.
18-4 Elettroni interagenti:Self-Energy del secondo
ordine
Dobbiamo considerare un termine diretto ed uno di scambio.
Quello diretto e'
-iΣ(ω) = Σ ≈
ω
α
m
k
n
β
β+α
ω−α
ω
= (-)
∑
kmn
⌠
dα


⌡2π
α
⌠
dβ 0

iG (k,ω-α)iG0(m,β)iG0(n,β+α)(-iVknbm )(-iVamkn )

⌡2π
(1)
dove il primo fattore (-1) e' dovuto al percorso chiuso. Cominciamo
col calcolo dell'integrale su β
∞
⌠
dβ 0

G (m,β)G0(n,β+α) =

⌡2π
-∞
∞
⌠
1
1
dβ

. (2)

⌡2π β-εm+iηm β+α-εn +iηn
-∞
=410=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
con il metodo dei residui. Se i poli dell'integrando sono ambedue
dalla stessa parte dell'asse reale (ηm e ηn dello stesso segno) si chiude
il cammino di integrazione dall'altra parte e si trova immediatamente
0. Restano due casi:
a) n occupato ed m vuoto, cioe' ηn <0 e ηm>0.
Chiudiamo il cammino nel semipiano superiore, e troviamo,
indicando l'integrando con @,
⌠
1
dβ

@
=
2πi∑ Res[@] =

2π
⌡2π
lim
-i
= i β→−α+ε -iη [ β−(−α+εn -iηn ) @] =
.
α-εn +εm-i0
n
n
(3)
b) m occupato ed n vuoto, cioe' ηm<0 e ηn >0
Chiudiamo il cammino di nuovo nel semipiano superiore.
⌠
1
dβ

@=
2πi∑ Res[@] =

2π
⌡2π
lim
1
= i β→ε +i0[ {β−(ε m+i0)}
]=
(β-εm-i0)(εm+α-εn +i0)
m
i
=
.
α+εm-εn +i0
(4)
Esaminiamo separatamente i due contributi a Σ.
Caso a). Rimane da calcolare (con ni numeri di occupazione)
-i
⌠
1
-i
dα
n n [1-nm] Vknbm Vamkn 
. (5)

2π ω-α-εk +iηk α-εn +εm-i0
⌡
kmn
∑
Di nuovo, perche' non venga 0 i poli, per α=ω-εk +iηk e per α = εn -εm
+i0, devono essere da parti opposte rispetto all'asse reale, e cio'
richiede ηk =-0, cioe' k occupato. L'integrale in dα si ottiene
calcolando il residuo al polo nel semipiano superiore, che viene dal
secondo fattore, e viene
i
;
ω-εn +εm-εk -i0
quindi il contributo e'
-i
∑
kmn
n k nn [1-nm]
Vknbm Vamkn
.
ω-εn +εm-εk -iηm
=411=
(6)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Caso b). Cambia solo che ora m e' occupato, k e n vuoti (ed ηm<0).
Sommando i contributi, si ottiene1
vuoto o c c
o c c vuoti Vknbm Vamkn
Σab (ω) = [ ∑
(7)
∑ + ∑
∑ ] ω-εn +εm-εk -iηm .
m
k;n
m
k;n
Veniamo al termine di scambio. Per ottenerlo, nel diagramma
del secondo ordine tagliamo le linee che escono dai vertici in basso
ed entrano in quelli in alto,
ω
α
m
k
n
β
β+α
ω−α
ω
α
e congiungiamo i vertici nell'altro modo possibile. Mettiamo le
etichette k e n in modo che lo scambio risulti nella interazione in
alto, V amkn →Vamnk .
ω
α
n
m
β+α
β
k
ω−α
ω
α
Il valore del diagramma si ottiene da quello diretto operando questo
scambio di etichette e cambiando segno (non c'e' piu' il percorso
1Invece di -iη
m si potrebbe scrivere equivalentemente +iηk , perche' m e'
vuoto se k e' pieno e viceversa.
=412=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
chiuso). Cosi' possiamo scrivere la self-energy totale del secondo
ordine, comprensiva dei termini diretto e di scambio:
Σab (ω) =
=[
vuoto o c c
∑
m
∑
k;n
+
occ
∑
m
vuoti Vknbm [Vamkn -Vamnk ]
∑ ]
ω-εn +εm-εk -iηm
k;n
. (8)
A differenza di quella del primo ordine, questa correzione e' estranea
all'approssimazione di Hartree-Fock, ed e' complessa e dipendente da
ω. Risolvendo l'equazione di Dyson, possiamo trovare G; se
conoscessimo gli elementi di matrice potremmo calcolare lo spettro
di fotoemissione. Anche senza arrivare a tanto, possiamo calcolare i
poli, che corrispondono ai potenziali di ionizzazione ed alle affinita'
elettroniche. Cosi' si hanno accurate correzioni ai calcoli Hatree-Fock
utilizzando gli autovalori di Koopmans e gli spin-orbitali, senza dover
ricorrere a molto piu' onerosi calcoli di interazione delle
configurazioni. Ad esempio, un recente calcolo1 di potenziali di
ionizzazione della Formaldeide CH2O ha mostrato che i valori di
Hartree-Fock sono troppo alti, e che i valori corretti sono in buon
accordo con l'esperimento. Le correzioni sono importanti (dell'ordine
dell'eV). Questo approccio consente anche una stima dei tempi di vita
degli stati profondi.
18-5
Regole di Feynman per la QED
L'elemento di matrice di S=U(- ∞ , ∞ ) fra lo stato finale e
quello iniziale che corrisponde ad un dato diagramma con il
tempo che cresce verso l'alto si calcola come segue. Per ogni
fermione esterno (entrante o uscente) di massa m ed energia E
m
1
poniamo n=
, e per ogni bosone esterno di energia E, n =
.
E
2E
Allora,
ext n
S fi=δfi +(2π) 4δ(4)(P(tot) f -P(tot) i ) ∏ [ Vj ] (-iMfi ).
(1)
j
Per calcolare -iM fi orientare tutte le linee fermioniche in modo
che nelle linee entranti o uscenti gli elettroni abbiano la freccia in
alto e i positroni in basso. Etichettare tutte le linee in modo che
ad ogni vertice si conservi il quadrimomento. Assegnare una
polarizzazione α ad ogni fotone. Scrivendo da sinistra a destra,
includere, seguendo ogni linea elettronica in senso inverso, i
fattori:
1eseguito da G.Hohleichner, F. Ecker e L. Cederbaum
=413=
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Vertice
q
≡ |e|γµ
(α)
Fotone assorbito
εµ
Fotone emesso
εµ
(α)
D (q)
Propagazione di un Fotone
q
dove Dµν (q) =
-eγµ
δµν
i(q 2-iε)
µν
Propagazione di un Fermione
- i γ.q +m
, G(q) =
.
i(q 2+m2-iε)
(s)
p,s
Elettrone
assorbito
u (p)
_ (s)
p,s
Positrone
assorbito
v (p)
p,s
p,s
Elettrone
emesso
_ (s)
Positrone
emesso
v (p)
Esempio: nel diagramma della annichilazione a 2 fotoni,
=414=
G(q)
u (p)
(s)
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tempo
p
il positrone p e' assorbito, anche se esce dal vertice, perche'
quella che conta e' la freccia del tempo.
Altra regola:
X
Potenziale esterno
-eA (q=p -p )
µ
in
out
Esempio: Mott Scattering
p'
q
X
p
_
-iM fi = -e u (s')(p')γµu(s) (p)A µ(q)
d4q
. Per
(2π) 4
ogni circuito chiuso di linee elettroniche, includere un fattore -1
e la traccia sugli indici di Dirac.
Due diagrammi che differiscono per uno scambio di linee
fermioniche hanno segno opposto.
Per ogni quadrimomento q non fissato in tal modo, ∫
Alcuni processi del secondo ordine
Innanzitutto, ritroviamo i risultati noti per il Mo
/ller scattering
(collisione fra due elettroni)
=415=
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p'
2
p'1
p
1
p' -p
1 1
p'
2
p'1
p
2
p' -p
1 2
p
1 exchange
direct
p
2
_
_
[u (s'1) (p '1) γµu(s1) (p 1)][u (s'2) (p' 2) γµu(s2) (p 2)]
-iM fi= (-e) 2
i[(p 1-p' 1) 2-i ε]
_
_
[u (s'1) (p '1) γµu(s2) (p 2)][u (s'2) (p' 2) γµu(s1) (p 1)]
-(-e) 2
.
i[(p 2-p' 1) 2-i ε]
L'urto elettrone-positrone (Bhabha scattering) e' analogo:
p'
p'
p'
p'+
+
p
+
p' -p
+ +
direct
p
-
p
+
p +p
+ p
-
annihilation
_
_
[v (s+) (p +) γµv(s'+) (p' +)][u (s'-) (p' - ) γµu(s-) (p - )]
-iM fi= (-e) 2(-)
+
i[(p +-p' +) 2-i ε]
_
_
[v (s+) (p +) γµu(s-) (p - )][u (s'-) (p' - ) γµv(s'+) (p' +)]
+(-e)2
.
i[(p ++p- ) 2-i ε]
Elettrone e positrone possono annichilarsi in 2 fotoni:
=416=
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k2
k2
α2
k1
α2
α1
α1
p
p
+
-
s-
p
p
s-
s+
+
-
s+
k1
m
m
1
1
)(
)(
)(
) (-iMfi ).
E- V E+V 2ω1V 2ω2V
_
-i γ.(p - -k 2)+m
-iM fi = (-e2)v (s+) (p +)[ γ. ε(α1)
γ.ε(α2)+
i[(p - -k 2) 2+m2-iε]
-iγ.(p - -k 1)+m
+ γ. ε(α2)
γ.ε(α1)]u(s-) (p- ).
i[(p - -k 1) 2+m2-iε]
Consideriamo infine la diffusione di Compton:
Sfi = (2π) 4δ(4) (k 1+k 2-p- -p+)
(
k 'α'
k 'α'
p' s'
p-k'
ps
p' s'
p+k
kα
ps
kα
_
-i γ.(p-k')+m
-iM fi = (-e2)u (s')(p')[γ. ε(α)
γ.ε(α') +
i[(p-k')2+m2-iε]
-iγ.(p+k)+m
+ γ. ε(α')
γ.ε(α) ]u(s)(p).
i[(p+k)2+m2-iε]
Tutte queste formule possono essere calcolate analiticamente con
metodi simili a quelli studiati per il Mo
/ller scattering. Ci sono artifici
utili per abbreviare i calcoli (vedere ad esempio il Sakurai).
18-6 Divergenze e rinormalizzazione. Polarizzazione del vuoto
Nell'espansione della matrice S ci sono diagrammi che
ridefiniscono i propagatori dell'elettrone e del fotone. Tali
processi sono fondamentalmente diversi dagli altri, perche' tutto
quello che si puo' fare sperimentalmente e' modificare le
=417=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
condizioni in cui avvengono. Non potendo essere spenti in alcun
modo, sono impliciti nella definizione di elettrone e fotone. Ecco
il diagramma della Electron self-energy.
k
p'
p
p-k
S fi = -i (2π) 4δ(4)(p-p')
[
m m _(s')
][
]u
(p')Σ(p)u (s) (p),
EV E'V
(1)
dove
-Σ(p) = (-e)2∫
-iγ.(p-k)+m
d4k
1
γ
γ .
µ
(2π) 4 i(k2-iε) i[(p-k)2+m2-iε] µ
(2)
La self-energy Σ(p) e' una matrice 4x4, che non e' ne' uno scalare
ne' un tensore. Nell'integrando figurano solo γ.p e γ.k , dato che
(γ.p) 2=p2=m2 , (p-k) 2 = (γ.p-γ.k) 2. Poiche' k e' muto, Σ(p) e' una
funzione di γ.p [o, se vogliamo, di γ.p e p2]. E' usuale
rappresentarla, come matrice nello spazio spinoriale, nella forma
Σ(p) = A + (iγ.p+m)B + (iγ.p+m) 2 Σf (p),
(3)
dove le sole matrici γ sono quelle esplicite. Ora, in
_
u (s')(p')Σ(p)u (s) (p) soravvive solo il termine A, perche' gli spinori
soddisfano all'equazione di Dirac. Una self-energy scalare puo'
essere interpretata come una correzione alla massa dell'elettrone
dovuta al fatto che e' carico; ma la massa "nuda" non e' fisica.
I coefficienti A e B divergono, ma cio' non invalida la teoria
perche' non sono osservabili. Pero' se poniamo l'elettrone in un
campo esterno e calcoliamo le variazioni di Σ indotte dal campo,
troviamo un accuratissimo accordo con l'esperimento. Un
esempio e' il Lamb Shift. Difficolta' simili si hanno con la Photon
self-energy
=418=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
q
p
µ
q
ν
p-q
Questo diagramma modifica il propagatore del fotone D(q)δµν ,
che e' un tensore negli indici cronotopici µ,ν dei potenziali, nel
propagatore interagente al second'ordine D (2) (q) dato da
D(2) (q)δµν = D(q)δµν + D(q)δµλ [-iΠλσ (q)] D(q)δσν ,
(4)
dove entra il tensore di polarizzazione
-iΠµν (q)=-(-e0) 2∫
-iγ.(-q+p)+m
-iγ.p+m
d4p
Tr{
γ
γ },
µ
4
2
2
(2π)
i[(-q+p) +m -iε] i[p2+m2-iε] ν
(5)
dove ho scritto e0 invece di e per ricordare che si tratta della
carica "nuda". Questa espressione e' quadraticamente divergente
ad alti p (catastrofe ultravioletta) come mostra un semplice
conto delle potenze. D'altra parte, essa descrive le proprieta' di
un fotone fisico in termini di quelle di un inesistente "fotone
nudo" che non fa' coppie virtuali. Con il quadrivettore q, si puo'
costruire il tensore qµqν ; quindi possiamo scrivere
Πµν (q) = [D +q2Π(1) (q)]δµν + qµqν Π(2) (q)
dove D e' una costante che da' il limite per q=0, mentre Π(1) e
Π(2) dipendono da q2. Se ci fosse solo D, troveremmo
δµν
D(2) (q)δµν =
i(q 2+D)
e questa e' la funzione di Green dell'equazione di Klein-Gordon
per una particella di massa D. La massa del fotone e' nulla,
mentre D diverge. Questa e' una teoria che descrive l'interazione
fra cariche "nude" e0 inosservabili attraverso lo scambio di fotoni
"nudi" inesistenti di massa infinita.
A questo punto, le divergenze possono sembrare una "cattiveria"
immeritata. Dopo tutto, noi stiamo sviluppando una teoria
1
perturbativa in potenze di α. Ora, α≈
e' veramente piccolo, e
137
noi potremmo ritenere di avere ragione a considerare
perturbativo il problema ed a trattare questi fotoni "nudi"
inesistenti con le regole adatte ai fotoni fisici; come accade che
alla fine fotoni "nudi" di quadrimomento enorme intervengono
=419=
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nel problema e procurano le divergenze? Non c'e' dubbio che ad
alte energie e piccole distanze la teoria debba essere modificata.
Inoltre, un'espansione in potenze di α presuppone che tutte le
grandezze siano analitiche per α=0, cioe' per e02=0. Ma una
teoria con e02<0, per quanto piccolo in modulo, descriverebbe un
mondo in cui cariche uguali si attirano, e cariche opposte si
respingono. In un mondo cosi', il vuoto sarebbe instabile. Si
ritiene pertanto che la serie della QED non sia convergente, ma
semi-convergente: dopo un certo numero di termini, invece di
convergere la serie perde significato.
E' possibile pero' eliminare dalla teoria ogni riferimento alle
entita' inesistenti e ridurla ad una teoria della interazione tra
particelle fisiche: questo processo e' noto come
rinormalizzazione. Poiche' non possiamo manipolare quantita'
divergenti, facciamo prima di tutto un modello in cui il massimo
q e' finito, e chiamiamolo Λ; i risultati fisici saranno poi
indipendenti da Λ, purche' sia grande rispetto a tutte le energie in
gioco.
Consideriamo l'interazione di un elettrone con un nucleo di
carica nuda Ze0.
p'
p
A(q)
p'
X
D(q)
+
A(q)
X
p
_
-iM fi = -e 0 u (s')(p')γµu(s) (p)A µ(q)+
_
δµν
- e 0 u (s')(p')γµu(s) (p)
[-iΠνρ(q)]Aρ(q)=
i(q 2-iε)
_
=-e 0 u (s')(p')γµu(s) (p)A µ(q)+
_
1
-e 0 u (s')(p')γµu(s) (p) 2 [-iΠµν (q)]Aν (q).
iq
(6)
1
Si vede che, nel termine correttivo,
(-i)Πµν Aν (q) gioca il
i(q 2-iε)
ruolo di Aµ(q) nel primo, ed e' una correzione al potenziale
1
esterno; poiche'
e' la funzione di Green dell'equazione
i(q 2-iε)
delle onde, J polµ =(-i)Πµν Aν (q) deve essere la trasformata della
quadricorrente correttiva. Quest'ultima e' la quadricorrente
dovuta alla polarizzazione del vuoto, indotta dal quadripotenziale
nudo Aν (q). Si vede che Πµν merita il nome di tensore di
=420=
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polarizzazione. Deve valere allora l'equazione di continuita'
qµJ polµ =0, e questo per qualsiasi campo. Quindi,
qµΠµν =0.
(7)
Se ne deduce che
qµΠµν (q) = qµ[D +q2Π(1) (q)]δµν + qµqµqν Π(2) (q)=0,
cioe'
qν [D +q2Π(1) (q)]+qν q2Π(2) (q)=0,
da cui si ricava
D +q2Π(1) (q)=-q2Π(2) (q).
Sostituendo in Πµν (q) = [D +q2Π(1) (q)]δµν + qµqν Π(2) (q), si ha:
Πµν (q) = -q2Π(2) (q)δµν + qµqν Π(2) (q)
Πµν (q) = [q2δµν - q µqν ]Π(q)
(8)
(2)
dove Π(q)≡-Π (q).
Questo e' un bel risultato, perche' ci consente di avere a che fare
con uno scalare Π(q). Il termine diagonale e' (senza somma su
µ)
Πµµ (q) = [q2- q µqµ]Π(q)
Sommando su µ troviamo
4
4
∑
µ=1
∑
Πµµ (q) = [4q2- q 2]Π(q) ⇒ Π(q) =
µ=1
Πµµ ( q )
3q2
.
(9)
Torniamo al problema dell'interpretazione fisica.
Sperimentalmente, noi possiamo allontanare il nucleo
dall'elettrone; in questo modo, q→0. Se chiediamo alla teoria
come cambia l'ampiezza di diffusione elettrone-nucleo con la
distanza, questa e' una domanda sensata, per la quale ci
possiamo aspettare una risposta sensata [tranne che per il fatto
che le nostre cariche sono tuttora nude, ma a questo
provvederemo dopo]. Questo suggerisce di sostituire dappertutto
Πµν (q) con Πµν (q) - Πµν (0) , e di calcolare, invece della (9),
4
∑
Π(q) =
µ=1
[ Πµµ (q)-Πµµ (0)]
.
(10)
3q2
Si trova allora dopo molti calcoli che
Π(q) = C + q 2 Πf (q),
(11)
dove C e' una costante ancora divergente, ma solo
logaritmicamente,
2α
Λ
C=
ln[ ],
3π
m
f
mentre Π (q) e' finito e per q piccoli vale
=421=
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α
1
1 q2
[
+ ⋅⋅⋅].
πm2 15 40 m2
Ze0δµ4
Per un nucleo fermo, Aµ(q) =
; inoltre, essendo il problema
q2
statico, q4=0 e q2=q2. Pertanto, l'elemento di matrice
_
_
1
-iM fi =-e 0 (u 'γµu)Aµ(q)-e0(u ' γµu) 2 [-iΠµν ]Aν (q)
iq
diventa
Ze0
Ze0
_
_
1
-iM fi =-e 0 (u 'γ4u) 2 -e 0 (u ' γµu) 2 [-iΠµ4] 2 =
q
iq
q
2
2
Ze0 _
Ze
_
1
'γ4u) - 0 (u ' γµu)
=(u
(-i)(C + q2 Πf (q))[q2δµ4 - q µq4] .
2
2
q
q
iq2
Poiche' q4=0,
Ze02 _
Ze 2 _
1
'γ4u) - 0 (u ' γµu)
-iM fi =(u
(-)(C + q2 Πf (q))q2δµ4 =
2
2
q
q
q2
Ze02 _
Ze02 _
'
=(u γ4u) - 2 (u ' γ4u) (-)(C + q2 Πf (q))=
q2
q
Ze02 _
_
=(u 'γ4u)(1-C) +Ze02(u ' γ4u) Πf (q) .
2
q
Πf (q) = -
La carica e0 che compare in questa espressione e' quella "nuda" e
inosservabile. Il primo termine rappresenta una interazione
coulombiana con una costante rinormalizzata
e2 = e02(1-C).
(12)
La carica osservata e dell'elettrone e' ridotta di un fattore 1-C
rispetto a e 0; si tratta in effetti di una carica schermata. Sia C che
Πf sono di ordine α; cosi' nel secondo termine la differenza fra
cariche nude e rinormalizzate e' del secondo ordine, e noi
possiamo scrivere il risultato
_
Ze2 _
-iM fi =- 2 (u 'γ4u)+Ze2(u ' γ4u) Πf (q)
(13)
q
in cui compaiono solo grandezze osservabili. La teoria aveva un
parametro e 0 e una costante C divergente: rinormalizzando, ce
ne siamo liberati ottenendo un risultato finito. Si dira' che questa
e' fanta-matematica, perche' abbiamo trattato C come se fosse
piccolo mentre invece addirittura diverge. Questo aspetto della
teoria non ha mai entusiasmato nessuno. Ci si puo' chiedere,
Λ
3π
pero', qual'e' il valore di Λ per cui C=1. La risposta e'
= exp[ ]
m
2α
645,59
280
=e
= 2,4 10
. La massa dell'Universo osservato e'
80
dell'ordine di 10 m, e, come cutoff, dovrebbe bastare. Allora, C
e' davvero O(α) e piccolo rispetto a 1. Pragmaticamente,
=422=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
accettiamo il risultato con riserva e vediamo se ci sono
conseguenze osservabili.
Per q<<m,
α _
Ze2 _
1
-iM fi =- 2 (u 'γ4u)-Ze 2
(u ' γ4u) [
+ ⋅⋅⋅].
(14)
2
q
πm
15
La trasformata di Fourier da' il potenziale coulombiano corretto
per gli effetti della polarizzazione del vuoto al primo ordine in α
Ze2α
Ze2
V(r) =δ(3) (r) .
(15)
4πr 15πm2
Per effetto della polarizzazione del vuoto, gli stati ns diventano
piu' legati (Uehling, 1935). Questo e' uno dei contributi al Lamb
Shift; nel caso dell'Idrogeno, il contributo e' di -27 MHz, mentre
il Lamb Shift totale e' di 1058 MHz. L'esistenza della
polarizzazione del vuoto e' stata confermata dall'esperimento
con grande accuratezza. L'intero Lamb Shift puo' essere
calcolato, ed i risultati sono in accordo con l'esperimento. La
QED e' in grado di descrivere una grande varieta' di fenomeni e
di predire i risultati sperimentali con una precisione veramente
spettacolare.
Capitolo 19: Interazione
dinamica atomo-solido.
Formalismo di Kadanoff-Baym e
di Keldysh
Questo capitolo e' dedicato ai fenomeni, come il desorbimento e lo
sputtering, in cui un atomo si muove mentre interagisce con una superficie 1.
Un metodo perturbativo molto potente e generale consente di trattare
hamiltoniani che dipendono dal tempo e processi lontani dall'equilibrio.
L'espansione diagrammatica del Capitolo 18, valida per lo stato fondamentale, e'
un caso particolare. Ci si puo' aspettare facilmente che lo studio degli stati
eccitati e dei sistemi lontani dall'equilibrio termico comporti speciali difficolta':
la sorpresa e', se mai, che ne risulti un quadro teorico cosi' generale da essere
1Si parla di desorbimento quando un atomo o una molecola si liberano da
una superficie solida cui erano legati chimicamente; il desorbimento puo'
essere causato da un aumento della temperatura, o da radiazione ionizzante.
Spesso le specie desorbite sono ioni. Nel processo di sputtering, la superficie
viene bombardata con dosi massicce di ioni accelerati ad energie dell'ordine
dei KeV, e puo' disintegrarsi al ritmo di alcuni strati atomici al secondo. Il
processo di sputtering e' importante nelle applicazioni industriali, ed e' un
metodo usato per generare sotto vuoto una superficie incontaminata.
=423=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
straordinariamente utile anche per ottenere la risposta nonlineare di un sistema
in equilibrio termico ad una forte perturbazione.
19-1 Osservazioni sui problemi dinamici e sui sistemi
lontani dall'equilibrio termodinamico
;
Abbiamo studiato nel Capitolo 12 come si risolve un problema
come quello di Fano-Anderson, con un Hamiltoniano che mescola
stati legati e stati delocalizzati. Ma cosa accade se i parametri ε e V
del modello dipendono dal tempo? Un tale problema si pone
naturalmente nello studio delle transizioni elettroniche nei processi
di urto molecola-superficie, chemisorbimento, o desorbimento, in
cui l'Hamiltoniano degli elettroni dipende dalla posizione dei nuclei,
e, attraverso questa, dal tempo.
Beninteso, in una teoria veramente completa, l'Hamiltoniano
sarebbe indipendente dal tempo e non vi sarebbero campi "esterni",
pero' si dovrebbero trattare simultaneamente tutti i gradi di liberta'.
Gia' nel caso statico questo risulta difficile e si cerca di applicare,
quando e' possibile, l'approssimazione di Born-Oppenheimer. La
generalizzazione piu' ovvia di tale approssimazione al caso dinamico
consiste nel trattare i nuclei come particelle classiche, dotate di una
traiettoria ben definita: gli elettroni allora sono soggetti ad un
potenziale che dipende dal tempo.
A tale proposito svilupperemo il formalismo introdotto molti
anni fa da L.P.Kadanoff e G.Baym1, soprattutto nella versione
elaborata poco dopo da L.V.Keldysh2. Si tratta di una tecnica
-generale ed in linea di principio esatta- per calcolare la risposta di un
sistema quantistico ad una perturbazione esterna senza bisogno di
supporre piccola la perturbazione o la deviazione dall'equilibrio, e
senza fare alcuna ipotesi che il sistema si evolva in modo reversibile.
E' un formalismo particolarmente adatto per lo studio dei fenomeni di
risposta non lineare. In letteratura, pero', l'applicazione di questo
metodo non e' molto frequente; direi che e' stata fin qui molto
scarsa in rapporto alla sua grande importanza; certo, la relativa
penuria di esempi costituisce un ostacolo alla sua diffusione non
meno di una certa innegabile complessita'.
La tecnica generalizza lo sviluppo diagrammatico delle funzioni
di Green a sistemi dipendenti dal tempo e lontani dall'equilibrio
termodinamico. Di funzioni di Green diverse anzi occorre introdurne
un certo numero, ciascuna con un suo posto nella teoria; poiche' poi
1L.P.Kadanoff and G.Baym, Quantum Statistical Mechanics, W.A.Benjamin,
Inc., New York (1962)
2L.V. Keldysh, J.Exptl. Theoret. Phys. (U.S.S.R.) 47, 1515 (1964) [English
translation Soviet Phys. JETP 20, 1018 (1965)]
=424=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
esistono vari modi di scegliere quali funzioni definire e tutti i modi
sono stati esperiti, il lettore degli articoli originali se ne trova davanti
un vero giardino zoologico. Anch'io intendo presentare tutte le specie
piu' diffuse, ma avendo cura di specificare in che relazione stanno fra
loro; e' mia ferma intenzione evitare le incongruenze ed i pasticci
notazionali che frequentemente trasformano quelle bestie esotiche in
veri mostri.
Nella elaborazione di questo capitolo ho fatto largo uso dei
lavori di C.Caroli et al.1 e di Feuchtwang2 e soprattutto di D.C.
Langreth3 e di A.Blandin, A.Nourtier and D.W.Hone4; ciascuno di
questi lavori mette in risalto versioni diverse del formalismo e aspetti
diversi del problema. Un approccio alternativo e' quello del LandauLifshitz5. Anch'io in passato ho trovato utile il metodo in varie
occasioni, ad esempio in problemi di trasporto6 e di interazione
dinamica atomo-superficie7, anche se negli articoli ho presentato
derivazioni basate su tecniche alternative. Non vi e' alcuna pretesa di
completezza in questa introduzione, ma c'e il tentativo di chiarire
alcuni punti oscuri, unificare i punti di vista proposti da vari autori e
presentare le cose in forma piu' accessibile.
19-2 Evoluzione sul contorno : elettroni
;
Ogni esperimento misura una probabilita' di transizione.
Ci proponiamo di trovare un quadro teorico che ci consenta di
calcolare tali probabilita' senza supporre che il sistema in esame sia
nello stato fondamentale, o in equilibrio termico. Consideriamo un
sistema dipendente dal tempo e separiamo l'hamiltoniano (come nel
Capitolo 2-5) H(t) = H0 + V(t). Supponiamo che V(t) rappresenti
una 'perturbazione' di un sistema H0 statico e facile da trattare; non
e' necessario che V(t) sia piccolo e nemmeno che dipenda
effettivamente dal tempo. Abbiamo visto che la rappresentazione di
interazione e' adatta ad una espansione in potenze di VI, e gli
1C.Caroli,R.Combescot, P.Nozieres e D.Saint-James, J.Phys.C 5, 21 (1972);
C.Caroli, D.Lederer and D.Saint-James, Surface Sci. 33, 228 (1972) e
riferimenti in esso contenuti.
2T.E.Feuchtwang, Phys. Rev. B12, 3979 (1975)
3D.C. Langreth and J.W.Wilkins, Phys.Rev.B6, 3189 (1972); D.C. Langreth,
1975 N.A.T.O. Advanced Study Institute, Antwerp, Belgium, on "Linear and
Nonlinear Electron Transport in Solids"; Jhy-Jiun Chang and D.C. Langreth,
Phys. Rev. B8, 4638 (1973)
4A.Blandin, A.Nourtier and D.W.Hone, Le Journal de Physique 37, 369
(1976)
5L.D.Landau e E.M.Lifshitz, "Fisica Cinetica", Editori Riuniti, Roma (1984)
6M.Cini, Phys. Rev. B22, 5887 (1980)
7M.Cini, Phys. Rev. B32, 1945 (1985; Il Nuovo Cimento 8D, 333 (1986) ; Il Nuovo
Cimento 9D, 1515 (1987)
=425=
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operatori si evolvono come in assenza di V(t); il problema e' che il
sistema si evolve con H completa, e gli operatori di creazione e
distruzione che figurano nelle funzioni di Green sono nella
rappresentazione di Heisenberg.
L'espansione di AH(t) secondo l'equazione
AH(t) = U†I (t,t0)A I (t)U I (t,t0).
si presenta molto complicata, a causa della presenza dei fattori
t
U I (t,t0) = T exp[-i ∫dt'VI (t') ]
(1)
t0
e
t0
†
U I (t,t0) = T exp[-i ∫dt'VI (t') ] =
UI (t 0,t)
(2)
t
da espandere in serie. Nel calcolo di funzioni di Green, come
g<(t,t') =
<Ψ H†(t')Ψ H(t)>=<U†I (t',t0)Ψ I (t')U I (t',t0)U †I (t,t0)Ψ I (t)U I (t,t0)>,
le serie sono quattro. Per prima cosa, possiamo ridurle a tre perche'
U I (t',t0)U †I (t,t0) = UI (t',t0)U I (t 0,t) (per l'unitarieta' di U, appena
notata) e UI (t',t0)U I (t 0,t)=UI (t',t) (questa e' detta talvolta "proprieta'
gruppale") . Quindi, scriveremo
g<(t,t') = <UI (t 0,t')Ψ † I (t')U I (t',t)Ψ I (t)U I (t,t0)> . (3)
Ma sarebbe ancora complicato espandere indipendentemente i tre UI
rimasti. Invece, ci si puo' ridurre al calcolo di una serie unica col
seguente artificio.
Per ogni operatore A, le due serie si unificano se pensiamo che i
fattori UI descrivano l'evoluzione sul piano complesso dei tempi:
l'idea e' che un percorso arbitrario puo' essere orientato e noi
possiamo generalizzare l'operatore T. Infatti,
AH(t) = U†I (t,t0)A I (t)U I (t,t0) =
t0
t
=[T exp(-i ∫dt'VI (t') )]AI (t)[T exp(-i ∫dt'VI (t') )] =
t
t0
= TC exp[-i ∫dt'VI (t') AI (t) ],
(4)
C
dove C e' un qualsiasi contorno orientato (sul piano t complesso) che
passi per t0→− ∞ e per t, e Tc e' l'operatore di ordinamento temporale
su tale contorno. Il fattore AI (t) e' sotto l'azione di TC e viene
automaticamente collocato al posto giusto.
=426=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Im(tempo)
t
t → −∞
0
Re(tempo)
C
Fig.2
Analogamente, g<(t,t')=<UI (t 0,t')Ψ † I (t')U I (t',t)Ψ I (t)U I (t,t0)> si puo'
leggere da sinistra a destra come un'unica "storia": il sistema da t 0→∞ evolve fino a t, subisce l'azione di Ψ, poi evolve fino a subire Ψ † al
tempo t' (che puo' essere successivo o precedente); infine evolve
all'indietro nel tempo fino a t0. Il fatto che g <(t,t') = <Ψ H†(t')Ψ H(t)>
con Ψ H†(t') a sinistra di Ψ H(t) comporta che anche Ψ I †(t') figura a
sinistra di Ψ I (t), e si incontra "dopo" in questa "storia". Cio' si
ottiene se ci inventiamo un unico contorno C =C1UC2 (nel piano
complesso dei tempi ) lungo il quale t viene prima di t' cioe' t<Ct', a
prescindere dall'ordine di t e t' sull'asse reale (Fig.3).
Im(tempo)
t0
C2
tempo (reale)
t
t'
C1
Fig.3
Cosi', la funzione di Green ammette l'espansione semplice
g<(t,t') =
= <[TC exp{-i ∫dτ V I (τ)}Ψ I †(t')][TC exp{-i ∫dτ'VI (τ')}Ψ I (t)]> =
1
2
C1
C2
=427=
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=<TC exp{-i ∫dτVI (τ)}Ψ I †(t')Ψ I (t)>,
t<Ct'
(5)
C
Per la proprieta' gruppale, non importa assolutamente se il contorno
nel tratto fra t e t' ripassa o meno per t0 o fa' altri giri. L'operatore
TC provvede automaticamente ad ordinare i fattori nei termini
ottenuti dallo sviluppo in serie degli operatori in modo che i tempi
"precedenti" sul contorno C stiano a destra. Mentre nella
rappresentazione di Heisenberg g< e g> sono distinti dall'ordine di Ψ H
e Ψ H† nell'elemento di matrice, adesso a distinguerli e' la posizione di
t e t' sul contorno; anzi, fissato questo, noi siamo liberi di cambiare l'
ordine di Ψ I †(t') e Ψ I (t), perche' TC provvede a mettere le cose a
posto. Come si e' constatato nel Capitolo 18, e' opportuno, nel caso
dei fermioni, includere nella definizione di TC un cambiamento di
segno associato ad ogni scambio di operatori di campo; in altri
termini , si pone
g<(t,t') =<TC exp{-i ∫dτVI (τ)}Ψ I †(t')Ψ I (t)> =
C
= - <TC exp{-i ∫dτVI (τ)}Ψ I (t)Ψ I †(t')> ,
C
Analogamente,
g>(t,t') =
C tale che
t<Ct'.
(6)
<TC exp{-i ∫dτVI (τ)}Ψ I (t)Ψ I †(t')> =
C
= - <TC exp{-i ∫dτVI (τ)}Ψ I †(t')Ψ I (t)> , C tale che
t>Ct'.
(7)
C
A meno di un segno, la stessa espressione formale fornisce g< o
g> a seconda di come disponiamo t e t' sul contorno. Come vedremo,
possiamo anche usare lo stesso C nei due casi, variando solo la
disposizione di t e t'. E' opportuno formulare insieme i due problemi
definendo la funzione di Green 'time ordered' il cui valore dipende
da come si pensano ordinati i tempi t e t' sul contorno:
iG(t,t') = <TCΨ H(t)Ψ H†(t')> = g>(t,t') θC(t-t') - g<(t,t') θC(t'-t),
(8)
con θC(t-t') uguale a 1, per t>Ct', e nulla altrimenti. Il contorno C
parte da t0, passa per t' e t (primo contributo) o per t e t', e infine
torna a t0. Se fa' dei giri in piu', questi si cancellano per la proprieta'
gruppale di U, come si e' visto.
Sia g<che g> sono funzioni analitiche che comprendono
ambedue gli ordinamenti relativi di t e t' sull'asse reale. A seconda
degli ordinamenti si hanno pero' situazioni fisiche diverse. Abbiamo
visto nel Capitolo 2 che la conoscenza di g < e g> equivale a quella
delle funzioni avanzate e ritardate, che non sono analitiche, ma
separano i contributi a seconda degli ordinamenti sull'asse reale:
=428=
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igr (t,t') = (g<(t,t')+g>(t,t'))θ(t-t')
=<[Ψ † (t'),Ψ(t)] +>θ(t-t')
-iga(t,t') = (g<(t,t')+g>(t,t'))θ(t'-t).
(9)
(10)
19-3 Tecnica per calcolare combinazioni di funzioni di
Green che evolvono sul Contorno
Date due funzioni di Green A e B "time ordered",
A(t,t') = -ia>θC(t-t')+ia<θC(t'-t),
(1)
>
<
B(t,t') = -ib θC(t-t')+ib θC(t'-t),
(2)
dobbiamo innanzitutto definire ed imparare a calcolare le loro
combinazioni 'in serie' e 'in parallelo' che sono necessarie per il
calcolo dei diagrammi e per lo sviluppo dell'equazione di Dyson in
questa teoria. La combinazione 'in serie' D=AB e' definita da
D(t,t') =
∫dτA(t,τ)B(τ,t') ,
(3)
C
e va espressa in termini di integrali sull'asse reale. La notazione usata
AB per un integrale lungo il contorno ci sara' utile nel seguito. Anche
per D adotteremo una decomposizione basata sulla posizione dei
tempi sul contorno, definendo d> e d< con
iD(t,t') = d>(t,t') θC(t-t') - d<(t,t') θC(t'-t) .
Per il calcolo di d<(t,t') = - i D(t,t') per t<Ct' usiamo un contorno C
tale che appunto t<Ct' ; un tale contorno e' C =C 1UC2, (Fig.3) dove C1
parte da t0, arriva fino a t e torna a t0, e C2 riparte da t0, arriva a t' e
torna a t0. Lungo C1 la variabile di integrazione τ<C t' e quindi B=ib<,
mentre lungo C2 τ>Ct, e A=ia<; quindi possiamo scrivere
d<(t,t') = -iD=-i{
∫dτA(t,τ)
ib <(τ,t') +
∫dτ ia<(t,τ)B(τ,t')} .
(4)
C1
C2
Possiamo spezzare il primo integrale nella sua parte ascendente ed in
quella discendente, su ognuna delle quali l'ordinamento sul contorno
e' prefissato e quindi possiamo sostituire A con i suoi pezzi analitici:
t
-∞
<
∫ = ∫dτθC(t-τ)A(t,τ)b (τ,t') + ∫dτθC(τ-t)A(t,τ)b <(τ,t')
t
C1 - ∞
=
t
∫dτ[-ia>(t,τ)]b <(τ,t') -
-∞
t
∫dτ[ia<(t,τ)]b <(τ,t') .
-∞
=429=
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Formalmente possiamo scrivere gli integrali come fatti su tutto l'asse
reale, introducendo una θ, cioe'
∞
∫ = ∫dτ{-i[a>(t,τ) + a <(t,τ)]θ(t-τ)}b<(τ,t') ;
C1 - ∞
ma questo significa semplicemente
∞
∫ = ∫dτ a r (t,τ)b <(τ,t') = ar b<,
C1 - ∞
dove si e' introdotta una conveniente notazione abbreviata (prodotto
di lettere minuscole) per integrali sull'asse reale. Analogamente, si
ottiene
∞
∫ = ∫dτ a <(t,τ)b a(τ,t') = a<ba ,
C2 - ∞
ed il risultato finale e'
d< = ar b< + a<ba.
(5)
Similmente,
d> = ar b> + a>ba.
(6)
Conoscendo d<e d> possiamo facilmente ottenere dr e da . Ad
esempio,
.
dr = -i[d>+d<]θ(t-t') = -i[ar b< + a<ba + ar b> + a>ba ]θ(t-t')
Raccogliendo i termini ed esplicitando la notazione,
dr (t,t') =-iθ(t-t')
∞
∫dτ {a r (t,τ)[b >(τ,t')+b<(τ,t')]+[a>(t,τ)+a <(t,τ)]b a(τ,t')}
-∞
Questa espressione puo' scriversi
dr =ar br .
(7)
Infatti,nel secondo termine, bisogna prendere t'>τ per la presenza di ba; la θ
davanti a tutto impone t>t', pertanto deve essere t>τ ed il secondo termine
equivale a
∞
- θ(t-t')
∫
dτ a r (t,τ)b a(τ,t') ;
-∞
=430=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
ma con lo stesso ordinamento t>t'>τ il primo termine da' un contributo opposto.
Rimane il contributo del primo termine per t>τ>t' , che vale
∞
dr (t,t') =-θ(t-t')
∫
dτ { a r (t,τ)b r (τ,t')} = ar b r .
-∞
Analogamente,
da = aaba .
(8)
La combinazione in serie E=ABC si ottiene immediatamente:
e>= (AB)r c >+(AB)>c a = ar br c > + (a r b>+a>ba)c a
(9)
<
<
<
<
<
<
e = (AB)r c +(AB) c a = ar br c + (a r b +a ba)c a,
(10)
etc.
Occorre anche la combinazione "in parallelo" del tipo
F(t,t') = A(t,t') B(t',t),
(11)
dove non si sottintende alcuna integrazione. Per calcolarla, basta
ricordare che
A(t,t') = -i a>(t,t') θC(t-t') + i a<(t,t') θC(t'-t),
B(t,t') = -i b>(t,t') θC(t-t') +i b<(t,t') θC(t'-t),
ed esprimendo nel medesimo modo anche F si ha
-if >(t,t') = a>(t,t')b<(t',t)
if<(t,t') = a<(t,t')b>(t',t) ;
(12)
(13)
anche qui, ovviamente, non e' sottointesa alcuna integrazione.
Conoscendo f > ed f<, si puo' costruire
fr = -i(f>+f<)θ(t-t') = [a>b<-a <b>]θ(t-t') .
In presenza della θ, a>=iar -a <, e sostituendo si ha l'espressione
equivalente
fr =i[ar b<- a <br ]θ(t-t').
Se invece eliminiamo b< = ibr -b > , otteniamo
f r = i[a>b r - a r b >]θ(t-t').
In modo analogo si costruisce fa.
19-4 Equazione di Dyson
Vogliamo mostrare che la funzione di Green "time ordered"
iG(t,t') = <TCΨ H(t)Ψ H†(t')> =
=431=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
= <TC [exp{-i ∫dτVI (τ)}Ψ I (t)Ψ I †(t')]>
C
(1)
ammette una espansione diagrammatica che generalizza quella del
Capitolo 18. Nella teoria generale, le integrazioni intermedie vanno
fatte su C anziche' da - ∞ a ∞ . Lo sviluppo perturbativo si ottiene da1
∞ (-i)n
exp{-i ∫dτV(τ)} = ∑
dτ ⋅⋅ dτ V(τ1)⋅⋅V(τn ).
(2)
n! C∫ 1 C∫ 1
C
n=0
Per ciascun ordine n, occorre calcolare un valore di aspettazione su
|Ψ H> di prodotti 'time ordered' di operatori Ψ e Ψ † presi ai tempi
τ1,⋅⋅τn , t e t'.
Conviene esemplificare il procedimento in un caso semplice. Nei
problemi a particelle indipendenti, V(t) e' un potenziale a un corpo.
Scriviamo
V(t) = v(t)ψ†ψ,
(3)
dove si sottintende una moltiplicazione matriciale negli indici di
stato, del tipo ∑v(t)kk' ψ†k ψk' . L'espansione al primo ordine da'
k'
δG = (-i)2 ∫dτv(τ)<TC[ψ†(τ)ψ(τ)ψ(t)ψ†(t')]>.
C
Consideriamo dunque il valore di aspettazione
<TC[ψk †(τ)ψk (τ)ψk (t)ψk †(t')]>,
1
2
3
4
che e' il propagatore di una particella e una buca non interagenti.
Dobbiamo imparare a esprimere tali propagatori in termini di G0.
Questo e' fattibile perche' le dipendenze temporali nella
rappresentazione di interazione sono date da semplici fattori di fase.
Infatti,
d
i
{exp(iH 0t)ψk exp(-iH0t)} = exp(iH0t)[ψk ,H 0]- exp(-iH0t)
dt
1
1
e per un semplice Hamiltoniano a un corpo H 0=∑ εk ψk †ψk , si ottiene,
k
calcolando il commutatore,
i
d
ψ (t) = εk ψk (t)
dt k 1
1
1
cioe'
ψk (t) =ψk (0)exp(-iεk t) .
1
1
1
1D'ora in poi, tutti gli operatori che compaiono nello sviluppo sono nella
rappresentazione di interazione, e noi possiamo omettere l'indice I.
=432=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Per ogni ordinamento dei tempi, occorre quindi calcolare il valore di
aspettazione di prodotti di operatori di creazione e distruzione su
uno stato determinantale. Ad esempio, se t >Cτ>Ct',
<TC[ψk †(τ)ψk (τ)ψk (t)ψk †(t')]>=<ψk (t)ψk †(τ)ψk (τ)ψk †(t')> .
1
2
3
4
3
1
2
4
L'elemento di matrice e'
<ψk ψk †ψk ψk †>exp[i(εk −εk )τ+iεk t'-iεk t].
3 1
2 4
1
2
4
3
Questo e' nullo se i k creati non corrispondono a quelli distrutti. I k
possono essere tutti uguali, o essere uguali a coppie. Se sono tutti
uguali, diciamo, a k 1, si trova (1-nk ) per il fattore di fase temporale;
1
se sono uguali a coppie, vi e' un contributo per k = k , k = k ed
1
2 3
4
un altro per k = k , k = k , e quindi si ha
1
3
2
4
<ψk ψk †ψk ψk †>= δ12δ34nk (1-n k )+δ13δ24(1-n k )(1-nk ).
3 1
2 4
1
3
1
2
Questo genere di calcolo non presenta difficolta' concettuali, ma
diventa rapidamente gravoso al crescere di n. C'e' pero' un metodo
efficiente di farlo, scoperto da Wick nel 1950.
Nel nostro esempio, esplicitando pazientemente i calcoli per gli
ordinamenti possibili ed includendo i fattori di fase, si puo'
controllare che
<TCψ†(τ)ψ(τ)ψ(t)ψ†(t')>= { <T Cψ†(τ)ψ(τ)><TCψ(t)ψ†(t')>
+<TCψ(t)ψ†(τ)><TCψ(τ)ψ†(t')>} ,
(4)
purche' si convenga che per tempi uguali
<TCψ†(τ)ψ(τ)>=<ψ†(τ+)ψ(τ- )>,
(5)
dove τ+ e' successivo a τ- , ma ambedue coincidono con τ a meno di
infinitesimi. Con questa nuova regola, l'uguaglianza si verifica anche
per gli altri ordinamenti temporali. Questo e' un esempio del
teorema di Wick.
In generale, il teorema prescrive il metodo per calcolare il
valore di aspettazione. Si considerano tutte le coppie che si possono
formare con un operatore di creazione ed uno di distruzione e con
esse si calcolano le "contrazioni" della forma <TCψ(t)ψ†(t')>. Queste
sono funzioni di Green imperturbate moltiplicate per i. Spezzando il
valore di aspettazione in un prodotto di contrazioni, si ha una
permutazione P degli operatori. Il valore di aspettazione e' la somma
di tali prodotti presi con il segno (-)P .
Quindi, la correzione del primo ordine e'
δG = (-i)2 ∫dτv(τ){-iG0(τ,τ)iG0(t,t')+iG0(t,τ)iG0(τ,t')} =
C
=433=
(6)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Fig.4
Il primo contributo in Fig.4 e' un diagramma disconnesso, formato da
due parti separate. La sua espressione matematica contiene un fattore
del tipo ∫dτξ(τ), dove ξ(τ) e' indipendente da t e t'. Poiche' il
C
contorno C e' arbitrario, possiamo pensare di integrare da -∞ a ∞
sull'asse reale, e poi da ∞ a - ∞ . Comunque siano disposti t e t' su tale
contorno, l'integrale e' nullo. Considerazioni simili si applicano a tutti
i diagrammi disconnessi di ordine arbitrario. Ne consegue che
possiamo limitarci a considerare i soli diagrammi connessi. Questa
osservazione utilissima per semplificare l'analisi si chiama "linked
cluster theorem".
Procedendo in questo modo, si ottiene la nota espansione
diagrammatica; la differenza rispetto al capitolo precedente e' che gli
integrali temporali sono su C invece che sull'asse reale. Tuttavia, gli
sviluppi della teoria usuale si estendono in modo naturale compresa
l'equazione di Dyson,
G=G0+G0ΣG
(7)
sempre con gli integrali temporali su C. La self-energy Σ, come la
funzione di Green, dipende da due "tempi" definiti sul contorno C;
possiamo scrivere
iΣ(t,t') = σ>(t,t')θC (t-t') - σ<(t,t')θC (t'-t)
(8)
e definire anche σa,r al solito modo,
iσr (t,t') = [σ>(t,t')+σ<(t,t')]θ(t-t') ,
-i σa(t,t') = [σ>(t,t')+σ<(t,t')]θ(t'-t).
L'equazione di Dyson ha G0, Σ e G in una combinazione in serie, che
possiamo ridurre ad integrali sull'asse reale con la tecnica vista sopra;
quindi,
gr = g0r + g0r σr gr
ga = g0a + g0aσaga
g>=g0> + g0r σr g>+ g0r σ>ga+ g0> σaga
g<=g0< + g0r σr g<+ g0r σ<ga+ g0< σaga
=434=
(9)
(10)
(11)
(12)
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Queste 4 equazioni sono un po' ridondanti: tutta l'informazione e'
contenuta nelle due funzioni g< e g>. In effetti, le equazioni per g r e ga
sono equivalenti. Dopo che si sono trovati gr e ga, si conosce la
somma g<+ g>. Per sapere tutto basta determinare la differenza. E'
naturale allora definire
f=g>-g<
(13)
>
<
Ω=σ - σ .
(14)
Infatti basta prendere la differenza delle equazioni per g> e g< per
ottenere
f=f 0 +g0r σr f+g0r Ωga+f0σaga.
(15)
Possiamo anche dare una soluzione chiusa per f in termini della selfenergy. L'equazione precedente puo' essere pensata come una
equazione matriciale negli indici t,t' con la soluzione formale
f=[1-g 0r σr ]-1 {f0[1 +σaga ] +g0r Ωga}.
L'inversione di matrice e' presto fatta:
[1-g0r σr ]-1 =1+g0r σr +g0r σr g0r σr +...= 1+(g0r +g0r σr g0r +..)σr =1+gr σr ;
inoltre,
[1-g0r σr ]-1 g0r = g0r +g0r σr g0r +.. =gr .
Cosi',
f = [1+gr σr ]f0[1+σaga] + gr Ωga.
(16)
Nei problemi a particelle indipendenti, tutta la self-energy viene dal
diagramma connesso del primo ordine che abbiamo visto,
δG = ∫dτv(τ)G0(t,τ)G 0(τ,t')
C
e questo dice che
Σ(τ,τ') = Σ(τ−τ') = v(τ)δC(τ-τ').
(17)
Poiche' non ci sono contributi ne' per τ<Cτ' ne' per τ>Cτ' si conclude
che σ>=σ<=0, e quindi σa=σr =0; ma tutto cio' vale solo se t≠t'. L'effetto
dell'interazione, che deve pur esistere, deve essere proporzionale a
δ(t-t'). Possiamo trovarlo confrontando lo sviluppo al primo ordine
con l'equazione di Dyson espansa anch'essa al primo ordine,
G ≈ G0+G0ΣG0.
Nei due casi prendiamo le parti <, >, a, r . Da δG≈G0vG0, che rappresenta
lo sviluppo al primo ordine in notazione ovvia, si ha
δg = g 0 vg0
r
r
 r
<
0
0<
δg
=g
vg
+
g 0<vg0a

r
=435=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
dove g0r vg0r = ∫ d τg0r (t,τ)v(τ)g 0r (τ,t'), mentre l'equazione di Dyson
da'
δg = g 0 σ g0
r r r
 r
.
<
0
δg
=
g

r σr g0<+ g 0r σ<g0a+ g 0< σag0a
Questo conferma che σ>=σ<=0, da cui segue che nei problemi a
particelle indipendenti, Ω=0; inoltre dice che
σr (t,t') =σa(t,t') = δ(t-t')v(t)
(18)
Le equazioni ritardata e avanzata sono semplici equazioni "ad un
corpo", indipendenti dalla occupazione degli stati, mentre tutte le
complicazioni a molti corpi sono contenute in g<e g>, ovvero in f.
Riassumendo, una volta calcolata Σ, la funzione di Green G si
ricava come segue. Le componenti avanzate e ritardate obbediscono
ad equazioni di Dyson a particella singola, che coinvolgono solo σa e
σr , rispettivamente. Questi risultati, insieme ad Ω, vengono inseriti
nell'equazione di Dyson per f, che contiene una dipendenza esplicita
dal livello di Fermi. Infine da ga,r e da f si ottengono immediatamente
anche g< e g>. Nel caso speciale di problemi a particelle indipendenti,
ancorche' dipendenti dal tempo, questo metodo conduce
direttamente a soluzioni esatte. In tal caso Σ e' data e per giunta
l'equazione di Dyson per F e' priva del termine in Ω. Nel caso generale
la difficolta' principale risiede nel calcolo di Σ, ed e' chiaro che anche
σa e σr dipendono implicitamente dagli effetti a molti corpi. Uno
dispone pero' di una espansione diagrammatica adatta anche per
trattare sistematicamente processi dinamici e lontani dall'equilibrio.
19-5 Contorno di Keldysh1
Come ho piu' volte sottolineato, la scelta del contorno chiuso C
che passa per t e t' ha molto di arbitrario; per calcolare le
combinazioni in serie di funzioni di Green ne abbiamo introdotto uno
ad hoc. Ma le combinazioni del paragrafo 4, che sono sufficienti per
scrivere l'equazione di Dyson, sono solo le piu' semplici: nel calcolo
di diagrammi complicati se ne incontrano sempre di nuove. Sarebbe
scomodo, pero', doversi inventare un contorno ogni volta che si trova
una combinazione di tipo nuovo da calcolare; per lavorare in modo
sistematico occorre ad un certo punto standardizzare il calcolo. Per
problemi dipendenti dal tempo il contorno piu' usato e' quello di
Keldysh, che parte da t0 =- ∞ , arriva a tempi infiniti e poi torna a t0.
1Questo paragrafo ed il successivo possono essere omessi dal lettore
interessato solo ai modelli di fermioni non interagenti che sudieremo in
dettaglio nel seguito.
=436=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
-∞
t
t'
x
x
∞
-∞
Fig.5
Vi sono quindi due branche, una ascendente o "positiva" ed una
discendente o "negativa" ed tempi t e t' che sono argomenti di G(t,t')
=-i<TCΨ H(t)Ψ H†(t')> si possono trovare sull'una o sull'altra. Per
eliminare ogni ambiguita' indicheremo con t+ i tempi presi sulla
branca positiva e con t _ quelli presi sulla branca negativa. Vi sono 4
possibilita' che danno luogo a 4 diverse funzioni di Green definite
sull'asse reale (e che come al solito noi denoteremo con lettere
minuscole). Se i tempi sono ambedue sulla branca positiva si ottiene
gc (t,t')= -i<TCΨ H(t +)Ψ H†(t' +)>;
(1)
questa non e' altro che la funzione di Green "time ordered" della
teoria usuale, cioe'
gc (t,t')= -i<TΨ H(t)Ψ H†(t')> ,
(2)
dove i tempi ora sono sull'asse reale e sono ordinati dal solito T.
L'espansione diagrammatica che si studia tradizionalmente, valida per V
costante, si ottiene da quella generale come caso limite. La sequenza temporale di
fig. 5 da', nella pittura di interazione, il contributo
-i<U(-∞ ,∞ )U( ∞ ,t')Ψ I†(t')U(t',t)Ψ Ι(t)U(t,- ∞ )>; considerando anche l'altro ordine di
t e t', si ha g c(t,t')= -i<U(-∞ ,∞ )T[Ψ I(t)Ψ I†(t')U(∞ ,- ∞ )] > .
Sia S= U(∞ ,- ∞ ). Indichiamo con |- ∞ > lo stato su cui e' preso il valore di
aspettazione. Se V e' statico, si puo' pensarlo adiabaticamente acceso a - ∞ e
spento a +∞ ; allora si dimostra che <-∞| U(- ∞ ,∞ ) = ei α <-∞| , con α reale (teorema
adiabatico). Quindi,
<-∞ |T[Ψ I(t)Ψ I†(t')S] |- ∞ >
g c(t,t')= -i
.
<-∞ |S |- ∞ >
Questa formula e' il punto di partenza dell'espansione diagrammatica usuale. Se
V =V(t), il teorema adiabatico non si applica, ed il formalismo generale e'
indispensabile; ma anche se V e' costante, non c'e' piu' alcun bisogno del
teorema adiabatico nel nuovo formalismo. Insomma, lo schema piu' generale e'
anche il piu' semplice dal punto di vista concettuale.
Se prendiamo ambedue i tempi sulla branca negativa otteniamo
~c (t,t')= -i<TCΨH(t - )ΨH†(t'- )> = -i<T~ΨH(t)ΨH†(t')>, (3)
g
~ in modo che ordini i tempi da +∞ a -∞ , cioe' al
purche' si definisca T
contrario di quello che fa' T. In altri termini, accanto a
gc (t,t')= -i{<Ψ H(t)Ψ H†(t')>θ(t-t')-<Ψ H†(t')Ψ H(t)>θ(t'-t)}=
-i{g>(t,t')θ(t-t')-g<(t,t')θ(t'-t)},
(4)
avremo anche
~c (t,t')=-i{<ΨH(t)ΨH†(t')>θ(t'-t)-<ΨH†(t')ΨH(t)>θ(t-t')}=
g
-i{g>(t,t')θ(t'-t)-g<(t,t')θ(t-t')}.
(5)
=437=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Poi,
g+(t,t') = -i<TCΨ H(t +)Ψ H†(t' _)>.
(6)
In questo caso e' certo che t' e' "successivo" a t, pertanto
g+(t,t') = +i<Ψ H†(t')Ψ H(t)> = ig<(t,t').
Analogamente,
g- (t,t') = -i<TCΨ H(t - )Ψ H†(t' +)> = -i<Ψ H(t)Ψ H†(t')> = -ig>(t,t'). (7)
Le 4 funzioni di Green non sono indipendenti. Si noti che
g +(t,t')+g- (t,t')=i[ <Ψ H †(t')Ψ H (t)>-<Ψ H (t)Ψ H †(t')>]
~ c(t,t');
=gc(t,t')+g
(8)
inoltre,
g c(t,t')-g +(t,t')=-i{g>(t,t')θ(t-t')-g <(t,t')θ(t'-t)}-ig <(t,t'){θ(t-t')+θ(t'-t)}=
=-i{g>(t,t')+g<(t,t')}θ(t-t')=gr (t,t')
(9)
e, analogamente1 ,
gc(t,t')-g - (t,t')=ga(t,t').
(10)
L'integrazione su C comporta l'integrazione sull'asse reale e la somma
sugli indici + e -; cio' suggerisce che si possa sostituire l'integrazione
su C con una sull'asse reale pur di adottare una notazione matriciale,
con gli argomenti temporali disposti secondo lo schema
+ +

 -+
+-

- - ;
pertanto introduciamo la matrice 2
 gc g +
G(t,t') =  - ~c  .
g g 
(11)
C'e' pero' la complicazione che le integrazioni su t- vanno
eseguite da +∞ a - ∞ , e volendole eseguire da - ∞ a +∞ dobbiamo
introdurre un segno -. La regola per fare questo correttamente e'
1Queste sono le equazioni corrette, anche se in letteratura g e g sono
a
r
spesso confuse.
2Spesso in letteratura la si trova trasposta. A parte questo, alcuni autori
 g ++ g +- 
.
usano una notazione del tipo G(t,t') =  -+
g
g -- 
=438=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
∞
(12)
∫dτG(t,τ)G(τ,t') → ∫dτG(t,τ) zG(τ,t') ,
C
-∞
1 0 
dove ovviamente z= 0 -1  .
Ad esempio, il diagramma 'linked' di primo ordine che consegue da
una perturbazione 'a un corpo' v(t) e' dato, come si e' visto, da
δG = ∫dτv(τ)G0(t,τ)G0(τ,t') .
(13)
C
Con la regola (12) appena introdotta calcoliamo
G0(t,τ) zG0(τ,t')
 gc (t,τ) - g +(t,τ)   gc (τ, t ' ) g +(τ,t') 

 .=
=  

~
c
~
c
 g (t,τ) - g (t,τ)   g (τ, t ' ) g (τ,t') 
 gc (t,τ)g c (τ,t')-g+(t,τ)g - (τ, t ' ) g c (t,τ)g +(τ,t')-g+(t,τ)g
~c (τ,t') 

= 
~c (t,τ)g- (τ, t ' ) g - (t,τ)g+(τ,t')-g~c (t,τ)g~c (τ,t').
 g- (t,τ)g c (τ,t')-g
(14)
Cosi' ad esempio l'elemento in basso a sinistra, che e' [G0 zG0]- =
-i[G0 zG0]>risulta essere dato da
~c (t,τ)g- (τ,t') = -i[g>(t,τ)gc (τ,t')-g~c (t,τ)g>(τ,t')].
g- (t,τ)g c (τ,t')-g
Poiche'
~c =g++g- -gc =g- -gr = -ig>-gr ,
gc =g- +ga = -ig>+ga, g
si ottiene -i[g >ga + gr g>] , in accordo con quanto sappiamo gia'
(equazione (4.6)). Potremmo controllare l'accordo anche per gli altri
elementi, e convincerci cosi' dell'utilita' del formalismo. Abbiamo
visto che l'equazione di Dyson si scrive G=G 0+G0ΣG nella notazione
semplificata in cui AB rappresenta un integrale sul contorno C; nel
formalismo di Keldysh essa diventa
G(t,t') =
G0(t,t')
con
 σc
(t,t') = σ
+
∞
∞
-∞
-∞
∫dτ1 ∫dτ2G0(t,τ1)
σ+
.
~
σ c 
z
( τ1, τ2) zG( τ2,t') ,
(15)
(16)
Possiamo ora esprimerla in termini di quantita' avanzate e ritardate
introducendo la trasformazione unitaria
 1 -1 


1-i y  2 2 
U =
= 1
(17)
1 ,
2
con l'inversa

2

2
=439=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
U -1
 1

1+i y  2
=
=  -1
2
 2


2
1 .

2
1
(18)
~c =g++g- ,gc -g+=gr , gc -g- =ga, etc., si verifica
Usando gc +g
immediatamente che
 (g c -g- -g++g
~c ) / 2 ( g c -g- + g +-g~c )/2   0 g a 

-1

 =
UGU = 
  gr f ' 
c
+
~
c
c
+
~
c
(g
+g
-g
-g
)
/
2
(
g
+g
+g
+g
)/2

e, analogamente,
 0 σa 
,
U U -1 =  σ
 r Ω' 
dove f'=g++g- =-if e Ω'=σ++σ- =-iΩ.
Per trasformare l'equazione di Dyson abbiamo bisogno anche di
 0 1
U zU -1 = 1 0 ;


la self-energy compare sempre nella combinazione
 0 1  0 σa   0 1  Ω' σr 
 
 =
,
U z zU -1 =  1 0  σ
(19)

  r Ω'   1 0  σa 0 
ed in letteratura viene spesso definita con quest'ultima matrice,
omettendo allora il problema che porta all'introduzione dei fattori z.
Tornando alla notazione semplificata per cui un prodotto di lettere
minuscole comporta una integrazione sull'asse reale, l'equazione di
Dyson diviene (poiche' i fattori -i di f' e Ω' a conti fatti si elidono)
 0 g a  0
g 0a  0
g 0a  Ω σr   0
g a

=
+
(20)
 gr f   g0r f 0   g0r f 0   σa 0   gr f  ,
e questa, sviluppata componente per componente, coincide1 col
risultato trovato in precedenza nel paragrafo 5.
2
19-6 Evoluzione sul contorno: Bosoni
;
Fin qui ci siamo concentrati sui fermioni. Nel caso dei bosoni,
l'operatore T C non comporta alcun cambiamento di segno quando si
devono scambiare di posto due operatori di creazione o distruzione.
Le funzioni di Green sono espresse in termini di operatori di campo φ.
1 In letteratura si trova pero' una fastidiosa mistura di g e g , U e U-1 ,
r
a
matrici greeniane e loro trasposte, con frequenti inconsistenze di
notazione in uno stesso lavoro.
2vedi ad esempio C.Caroli,R.Combescot, P.Nozieres e D.Saint-James, J.Phys.C
5, 21 (1972)
=440=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Per esempio, per una collezione di fononi con operatori di creazione
d†i ed operatori di campo φi = di + d†i , si definiscono le funzioni di
Green
Dij (t,t') = -i <TCφi (t)φj (t')>
(1)
con D ij >(t,t')= <φi (t)φj (t')>, etc., di modo che
iDij (t,t') = Dij >(t,t')θC(t-t')+Dij <(t,t')θC(t'-t).
(2)
Inoltre sul contorno di Keldysh D+=-iD <, D - =-iD >, senza cioe' il
cambiamento di segno che si ha nel caso dei fermioni; cosi'
D+ij (t,t') = -i <φj (t')φi (t)> = D- ji (t',t)
(3)
Altre differenze di segno si hanno nelle definizioni delle funzioni
ritardate e avanzate:
Dij r (t,t') = -i θ(t-t')<[φi (t),φj (t') ]- > ,
Dij a(t,t') = -i θ(t'-t)<[φi (t),φj (t') ]- > ,
(4)
(5)
dove compaiono commmutatori e non anticommutatori come
nel caso fermionico. Con queste modifiche, il formalismo matriciale
di Keldysh si estende in modo ovvio.
19-7 Modello di Anderson non interagente per l'interazione
dinamica atomo-superficie ;
Come esempio della capacita' del metodo di produrre soluzioni
esatte in problemi non interagenti, consideriamo un atomo con un
livello energetico di valenza εd in interazione con un solido le cui
energie di Bloch sono εk . Trascuriamo la degenerazione del guscio di
valenza dello ione. Sopprimiamo gli indici di spin, che non servono in
questo problema. Se l'atomo si muove, come in un processo di
collisione con una superficie, desorbimento o 'sputtering', gli
integrali di hopping Vdk dipendono dal tempo. Per un atomo che viene
emesso dalla superficie, supponiamo che Vdk(t) →0 per t→∞ ;
immaginiamo di voler calcolare la probabilita' che venga rivelato
come neutro o ione, e cioe', in sostanza, il limite per tempi lunghi del
numero di occupazione n d(t) = <cd†(t)c d(t)>. Il ben noto
Hamiltoniano del modello si divide in una parte "imperturbata" ed in
una "perturbazione",
H=H 0 + H 1(t) ;
(1)
=441=
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non e' essenziale che H1(t) sia "piccolo" rispetto ad H0. Prenderemo
H 0=∑εk c k †c k +εdc d†c d ≡ ∑ελ c λ †c λ ;
(2)
λ
k
denoteremo d'ora in poi con indici greci λ,µ,... il generico stato (vale
a dire, λ puo' essere d o uno dei k). Il problema imperturbato e'
definito anche dalle condizioni iniziali, che specificano se si tratti di
urto ione-superficie, di desorbimento o di altro. In ogni caso,
ammettiamo che fino a un tempo
t
il sistema era in un autostato di
H 0, specificato dai numeri d'occupazione n0λ ; poiche' t e' il tempo
piu' remoto nel problema, potremo identificarlo col tempo t0 in cui si
definisce la rappresentazione di Heisenberg e spesso potremo
mandarlo a -∞. Non e' necessario che gli n 0λ corrispondano allo stato
fondamentale di H0, anzi, in generale non e' cosi'.
Le funzioni di Green imperturbate sono facili da calcolare.
Poiche' si media su un autostato di H0, si ottiene immediatamente
g0<λµ (t,t') = <c†λ (t')c µ(t)> = δλµ n0λ exp[-i ελ (t-t')],
(3)
0>
†
0
g λµ (t,t') = <cµ(t)c λ (t')> =δλµ (1-n λ )exp[-iελ (t-t')].
(4)
Pertanto, applicando le definizioni,
g0r,λµ (t,t') = -iδλµ exp[-i ελ (t-t')] θ(t-t'),
g0a,λµ t,t') = iδλµ exp[-i ελ (t-t')] θ(t'-t),
(5)
(6)
risultano indipendenti dai numeri di occupazione.
La perturbazione e'
H 1(t) = ∑Vdk(t)c d†c k + h.c.
k
(7)
Vogliamo trovare
nd(t) = <cd†(t)c d(t)> = g<dd(t,t) = -i gc dd(t,t+0),
t→∞
(8)
dove t+0 e' infinitesimamente maggiore di t.
Per quanto riguarda la self-energy, abbiamo gia' notato che
σr (t,t') =σa(t,t') = δ(t-t')V(t),
(9)
(10)
Ω=0.
Ovviamente σ e V vanno considerate come matrici negli indici di
stato, e l'equazione di Dyson per la funzione ritardata puo' essere
scritta, tenuto conto del carattere istantaneo della self-energy,
gr,λµ (t,t')=g0r,λµ (t,t')+ ∑ ∞
∫dτ gr,λν (t,τ)V νρ(τ)g 0r,ρµ(τ,t') .
νρ - ∞
=442=
(11)
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Poiche' poi g0r e' diagonale, possiamo semplificarla nella forma1
gr,λµ (t,t')=δλµ g0r,λµ (t,t')+ ∑ ∞
∫dτ gr,λν (t,τ)V νµ (τ)g 0r,µµ (τ,t') . (12)
ν -∞
La componente "locale" gdd ha una sua equazione di Dyson chiusa.
Infatti, combinando (in notazione matriciale)
gr , dd = g0r,dd +g0r,dd ∑ Vdkgr,kd
(13)
k
con
gr,kd = g0r,kk Vkdgr,dd
(14)
si ottiene 2
(d)
gr , dd = g0r,dd +g0r,dd Σ r gr,dd ,
(15)
con la "self-energy dinamica" (da non confondersi con le svariate
altre)
(d)
(t,t') = ∑ Vdk(t)g0r,kk (t,t')Vkd(t').
(16)
k
Queste equazioni risovono il problema di un elettrone in un
sistema vuoto (o quello coniugato di una buca in un sistema pieno).
Σ
r
Funzione ritardata, struttura elettronica e
traiettoria.
Il calcolo della funzione di Green ritardata e' in ogni caso, il
primo passo della soluzione; qualche volta il problema e'
effettivamente a un corpo e non c'e' bisogno di fare altro: infatti,
gr,dd(t,t') e' l'ampiezza su d della funzione d'onda al tempo t, con la
condizione iniziale che l'elettrone sia in d al tempo t'. Un esempio si
ha nello studio del desorbimento di un atomo da un cristallo ionico,
per esempio un F da un fluoruro alcalino. Normalmente, il Fluoro e'
presente come F- , ma al tempo t=0, viene prodotto un F neutro per
1Analogamente, quella per la funzione avanzata puo' essere scritta
g a,λµ(t,t')=g0a,λµ(t,t')+
∑ ∞
∫dτ g 0a,λν (t,τ)V νµ(τ)g a,µµ(τ,t') .
ν -∞
2In notazione usuale l'equazione per g
r,dd si scrive
g r ,dd(t,t') = g0r,dd (t,t') +
(d)
∞dτ ∞dτ g 0
∫ 1 ∫ 2 r,dd (t,τ 1 ) Σ r (τ 1 ,τ 2 ) g r,dd (τ 2 ,t') .
-∞ -∞
=443=
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fotoionizzazione o per urto. Se stesse fermo, il Fluoro sarebbe prima
o poi destinato a riprendersi l'elettrone. Poiche' pero' viene meno la
forza di Madelung, l'atomo e' libero di desorbire, e potra' essere
rivelato come atomo neutro per t→∞ . Converra' allora passare alla
rappresentazione delle buche e prendere n0d=1, n0k =0; il problema si
riduce al calcolo della funzione di Green ritardata della buca.
Per amore di semplicita' si introduce di solito l'ipotesi che
Vdk(t) si possa fattorizzare in modo che tutti gli elementi abbiano una
dipendenza temporale comune
Vdk(t) = u(t)Vdk
(17)
dove u(t) e' una qualche funzione del tempo. Una tale ipotesi,
benche' un po' arbitraria, semplifica l'analisi senza introdurre
inconsistenze e conduce a
(d)
Σ r (t,t') = -iθ(t-t')u* (t)u(t')∑ |Vdk|2 exp[-i εk (t-t')] .
k
Come si ricordera', il livello virtuale in condizioni statiche (H
indipendente dal tempo) e' caratterizzato da una self-energy Σ(ω),
che qui, per evitare confusioni, denoteremo Σs. La sua espressione e'
Σs(ω) =
∑
|Vdk|2
,
ω-εk +iδ
k
con δ =+0. La sua trasformata di Fourier e'
Σs(t) = -iθ(t) ∑ | V dk|2 exp(-iεk t),
k
e permette di scrivere
(d)
(18)
Σ r (t,t') = u* (t)u(t')Σs(t-t'),
fattorizzando cosi' la dinamica propria del livello virtuale da quella
indotta dalla variabilita' dell'Hamiltoniano. L'equazione di Dyson per
gr,dd, tenuto conto dell'espressione esplicita di g0r,dd,
si puo' scrivere
gr,dd (t,t') = -i e-iεt{eiεt'θ(t-t) +
τ1
t
+ ∫dτ1 ∫dτ2eiετ 1 u(τ1)u(τ2)Σs(τ1-τ2)g r,dd(τ2,t') };
- ∞ t'
nei limiti di integrazione si e' posto in evidenza l'effetto delle varie θ
in gioco. Ora si constata per derivazione che1
1L' equazione integro-differenziale resta valida anche se ε dipende dal
tempo (M.Cini, Il Nuovo Cimento 8D, 333 (1986)); in questo lavoro viene data
la soluzione esatta per la funzione di Green a due corpi in bande vuote o
totalmente occupate, in presenza di interazioni e con V(t) arbitrario.
=444=
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i
t
∂
gr,dd (t,t') = εgr,dd (t,t') +u* (t) ∫dτ u(τ)Σs(t-τ)g r,dd(τ,t').
∂t
t'
(19)
Per studiare il significato fisico di questa equazione,
consideriamo il desorbimento di un atomo da un cristallo ionico; gr,dd
(t,t') e' l'ampiezza di probabilita' che la lacuna, creata al tempo t', sia
ancora sull'atomo al tempo t. Calcoliamo
P= |gr,dd ( ∞ ,0)|2
in un semplice modello
u(t) = e- λt ;
(20)
questo andamento e' ragionevole se gli integrali di salto decrescono
in modo esponenziale con la distanza dalla superficie e l'atomo si
muove con velocita' costante. Se v e' la componente normale della
velocita' e d e' la distanza di legame, la frequenza associata alla
v
rottura del legame e' λ ≈ . Per un atomo che desorbe con energia
d
cinetica di qualche eV, e d ≈ 1Å, si trova che h
/ λ <<1 eV e' molto
minore della larghezza tipica delle bande di valenza.
E' interessante il caso limite di un livello virtuale lorentziano,
quando Σs(ω) puo' essere considerata una costante complessa,
Σs(ω)≈Λ-2i∆. La parte reale Λ da' solo uno spostamento del livello, che
possiamo riassorbire nella definizione di εd. Allora, possiamo
prendere1
Σs(t) = -2i∆θ(t)δ(t),
(21)
dove ∆ e' la larghezza del livello, legata al suo tempo di vita. Grazie
alla δ la (8,19) diventa un'equazione differenziale,
∂
i gr,dd= [ε-2i∆e-2λt]gr,dd,
∂t
e la soluzione e' immediata:
∆
gr,dd(t,0)=-iθ(t) exp{-iεt - λ (1-e-2λt)}.
Quindi, la probabilita' P che un rivelatore a distanza infinita veda un F
neutro e'
-2∆
P= exp[ λ ].
(22)
Questo modello predice una dipendenza dalla velocita' del tipo
-v0
P(v)∝exp[
], dove v0 e' una costante; per v<<v0 , P e' praticamente
v
0. Ma P(v) non e' analitica per v→0 e, sebbene λ possa essere piccolo
1Il prodotto θ(t)δ(t) e' ambiguo; qui va interpretato con θ(0)=1, in modo che
la trasformata di Fourier sia -2i∆.
=445=
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rispetto a ∆, ogni sviluppo perturbativo in potenze di λ e' destinato a
fallire.
Ci sono pero' buoni motivi per ritenere che l'ipotesi lorentziana
Σ = costante non sia giustificata in generale; infatti, P deve dipendere
dalla posizione del livello atomico rispetto al continuo della banda.
Consideriamo ad esempio un livello virtuale di forma rettangolare e di
semilarghezza a. Se aggiungiamo all'Hamiltoniano modello un termine
εnd, che produce un disallineamento ε fra il livello atomico e il centro
del continuo, la densita' di stati del livello virtuale ne risultera'
distorta. L'equazione integro-differenziale puo' essere risolta
analiticamente1 e permette di calcolare P in funzione di λ e di ε,
espresse ambedue in unita' di a.
1
P
0.8
ε =0.9a
0.6
0.4
ε =0
0.2
0
λ
-0.2
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
1.6
Fig.6
La probabilita' P che lo ione desorba senza essere rineutralizzato
risulta sempre una funzione monotona crescente del parametro λ; per
energie cinetiche dello ione dell'ordine di alcuni eV, P<<1. Tuttavia, P
per piccole velocita' puo' essere esaltato di ordini di grandezza, se il
livello e' vicino al bordo del continuo. Questo effetto non e' presente
nel modello lorentziano, perche' in tal caso i bordi di banda
semplicemente non esistono.
Inclusione di un livello di Fermi.
1M.Cini, Il Nuovo Cimento 9D, 1515 (1987))
=446=
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Il formalismo generale e' necessario quando la banda e' parzialmente
occupata. La quantita' che dipende dai numeri di occupazione e' f;
l'equazione di Dyson per Ω=0, come si e' visto, e' risolta da
f=[1+gr σr ]f0[1+σaga]
(23)
dove
f0µν (t,t') = g0>µν (t,t')-g0<µν (t,t') =
= δµν (1-2n 0µ)exp[-iεµ(t-t')]
(24)
L'equazione per f va intesa come una relazione fra matrici sia negli
'indici' temporali (t,t' e tempi intermedi) che in quelli di stato (d, k e
stati intermedi). Esplicitando tale dipendenza con la notazione
[.] λρ(t,t') si puo' scrivere
∞
∞
fλρ(t,t') = ∑ ∫dτ1 [1+gr σr ]λµ (t,τ1) ∫dτ2f0µν (τ1,τ2)[1+σaga]νρ(τ2,t') .
µν - ∞
-∞
Troveremo molto utile il seguente artificio.
Sia
t
→- ∞ . Allora,
f0λµ (t,t') =
δλµ (1-2n 0λ )(-i)exp[-iελ (t- t)]θ(t- t)(+i)exp[-iελ ( t-t')] θ(t'- t)
= δλµ (1-2n 0λ )g 0r,λλ (t, t) g 0a,λλ ( t,t') ,
(25)
e sostituendo otteniamo
∞
fλρ(t,t') = ∑ (1-2n 0λ ) ∫dτ1 [1+gr σr ]λν (t,τ1)g 0r,νν (τ1, t)
ν
-∞
∞
x
∫dτ2g0a,νν ( t,τ2)[1+σaga]νρ(τ2,t') .
-∞
Usando l' equazione di Dyson [1+gr σr ]g0r =gr , e l'analoga per ga,
fλρ(t,t') = ∑ (1-2n 0ν ) g r,λν (t, t)g a,νρ( t,t') , t→- ∞ .
(26)
ν
Questo risultato compatto completa la soluzione generale del
problema di molti elettroni non interagenti con integrali di hopping
dipendenti dal tempo. Il calcolo delle funzioni avanzate e ritardate e'
un problema a particella singola, mentre l'equazione per f tiene conto
degli effetti a molti corpi.
La conoscenza di gr ,ga e f ci consente ora di trovare nd(t) =
<
g dd(t): infatti,
2g<= g<+ g>+g<- g>= i(gr -ga) -f.
=447=
(27)
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Possiamo mettere g< in una forma particolarmente simmetrica come
segue. Applichiamo la (27) ad uno stato vuoto, che ha g<≡0: avremo
i(gr -ga) = f |
= ∑ gr,λν (t, t)g a,νρ( t,t').
ν
n0λ =0
Lo stesso risultato si trova considerando un sistema totalmente
occupato: in tal caso, scriveremo 2g> = g<+ g>-g<+ g>= i(gr -ga) +f, e
poiche' ora g >≡0,
i(gr -ga) = -f|
= ∑ gr,λν (t, t)g a,νρ( t,t').
ν
n0λ =1
Il punto e' che per un sistema non interagente gr e ga sono
indipendenti dai numeri di occupazione , e l'espressione trovata deve
valere dovunque si trovi il livello di Fermi. In conclusione, sostituendo
i(gr,λρ(t,t') -ga,λρ(t,t')) = ∑ gr,λν (t, t)g a,νρ( t,t') .
ν
1
nella (27) si trova
2g<λρ = ∑ gr,λν (t, t)g a,νρ( t,t') - fλρ
ν
cioe'
(28)
,
g<λρ(t,t') = ∑ n0ν gr,λν (t, t)g a,νρ( t,t') .
ν
Per il nostro problema porremo λ=ρ=d;
(29)
nd(t) = ∑ n0ν gr,dν (t, t)g a,νd( t,t') = ∑ n0ν |gr,dν (t, t)| 2.
(30)
ν
ν
Questa e' la formula simmetrica che volevamo trovare. La somma su
ν coinvolge d e tutti gli stati delocalizzati.
Gli n0ν dipendono dal problema fisico concreto; per bande
piene o vuote il problema e' ad un solo corpo e ritroviamo i risultati
noti. Se un atomo con il livello d occupato urta una superficie e gli
stati k con cui interagisce in modo importante sono tutti vuoti,
prenderemo n0d=1, n0k =0. Allora nd(t) = |gr,dd(t, t)| 2, come gia'
sappiamo. Un altro esempio simile e' quello gia' citato del
desorbimento di un atomo da un cristallo ionico, per esempio un F da
un fluoruro alcalino. Nella rappresentazione delle buche, n0d=1 e n0k
=0; il problema si riduce al calcolo della funzione di Green ritardata
della buca. Se essa e' creata al tempo t=0, e' questo il tempo a cui si
riferiscono le condizioni iniziali, cioe'
t=0.
1Analogamente uno puo' ricavare anche
g >λρ(t,t') =
∑ (1-n0ν)g r,λν (t, t)g a,νρ ( t,t') ,
ν
e formare g c in accordo con la letteratura (a meno delle ormai consuete
confusioni notazionali). Il problema e' completamente risolto.
=448=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
Le complicazioni a molti corpi compaiono ad esempio nel
calcolo della probabilita' di neutralizzazione di uno ione positivo che
urta una superficie metallica. In questo caso, n0d=0, e
(31)
∑ n0k |gr,dk (t, t)| 2.
k
mentre n0k e' l'occupazione degli stati del metallo secondo la
distribuzione di Fermi. La componente appropriata dell'equazione di
Dyson,
gr,dk (t, t)= ∞
∫dτ gr,dd(t,τ)V dk(τ)g 0r,kk (τ, t) =
-∞
= .-i exp(iεk t) ∞
∫dτ gr,dd(t,τ)V dk(τ)exp(-iεk τ) ,
nd(t) =
t
permette di esprimere nd in termini della sola componente "locale"
gr,dd, che ha, come si e' visto, una equazione 'chiusa' in termini della
(d)
self-energy Σ r .
Blandin e colleghi hanno sviluppato i calcoli per un atomo
inizialmente in equilibrio con una superficie metallica che viene
emesso in un processo di sputtering, assumendo un livello virtuale
lorentziano. Il risultato adiabatico, cioe' quello che corrisponde a v
→0, e' ovviamente nd( ∞ )=1 se ε<EF e nd( ∞ )=0 se ε>Ef, dove EF e'
l'energia di Fermi. Per piccole velocita', la deviazione rispetto al
-v0
limite adiabatico e' ancora della forma exp[
], come nel problema
v
di un elettrone in una banda vuota. Sarebbe interessante studiare
l'andamento di nd(t) in presenza del livello di Fermi tenendo conto
anche della forma corretta del livello virtuale; questo non e' stato
ancora fatto. Inoltre, il formalismo permetterebbe di includere
approssimativamente l'interazione degli elettroni, con particolare
riguardo a quella fra stati localizzati.
Bibliografia essenziale
Oltre ai vari articoli citati nel testo, ho usato i seguenti libri:
J.J. Sakurai, "Advanced Quantum Mechanics", Addison-Wesley (1967)
A.C.Carrington, F.R.S and A.D. McLachlan, "Introduction to Magnetic
Resonance", Chapman and Hall, John Wiley & Sons, Inc. New York
(1978).
=449=
Prof. M. Cini -Corso di Fisica Atomica e Molecolare
D. Chattarji, "Theory of Auger Transitions", Academic Press (1976).
K.Siegbahn , C. Nordling, G. Johansson, J. Hedman, P.F. Heden, K.
Hamrin, U. Gelius, T. Bergmark, L.O. Werme, R. Manne and Y. Baer,
"ESCA APPLIED TO FREE MOLECULES", North-Holland Publishing
Company, Amsterdam-London (1969).
P.W.Atkins, "Molecular Quantum Mechanics", Oxford University Press,
Oxford (1983)
J.N.Murrel,S.F.A.Kettle and J.M.Tedder, "Valence Theory", John Wiley
& Sons LTD London (1969)
W. Greiner, "Relativistic Quantum Mechanics", Springer Verlag Berlin
(1990)
R.Becker,"Electromagnetic Fields and Interactions", Vol.II,
Blackie,London and Glasgow (1964)
E. G. Harris, "Introduction to Modern Theoretical Physics", John Wiley
& Sons, New York (1975)
F.Albert Cotton, "La Teoria dei Gruppi in Chimica", Tamburini Editore
S.P.A. Milano (1975)
M. Cini, "Lezioni di Fisica Molecolare", Dipartimento di Fisica,
Universita' del'Aquila, (Ottobre 1983)
Bernd Thaller, "The Dirac Equation", Springer Verlag (1992)
=450=