Lo Scetticismo (IV secolo a.C. – II secolo d.C.) La tesi fondamentale dello scetticismo è che l’uomo non può accedere alla verità ultima delle cose. La polemica si indirizzava soprattutto nei confronti delle altre due grandi scuole filosofiche del tempo (stoici ed epicurei). Sképsis = ricerca. Secondo gli scettici, tutte le dottrine che vorrebbero far raggiungere la felicità e la serenità dell’animo si dimostrano incapaci di raggiungere la verità, e vanno quindi rifiutate. Solo così è possibile raggiungere la vera pace interiore. L’obiettivo degli scettici, dunque, è simile a quello delle altre due maggiori scuole filosofiche ellenistiche, ma a differenziarsi è il metodo. No alla metafisica, si tratta di chiacchiere senza senso. Ogni sistema di questo tipo va dunque distrutto dagli scettici. Importante: gli scettici non negano la verità dei fenomeni, ma solo le teorie costruite su di essi per spiegarne la natura profonda. Sottopongono ad esame critico le convinzioni comunemente accettate. Lo scetticismo combatte l’accettazione acritica e dogmatica del sapere. Porta a conseguenze estreme il motto socratico “sapere di non sapere” Il fondatore dello scetticismo fu Pirrone di Elide (circa IV sec. a.C.), che partecipò alla spedizione in Oriente di Alessandro Magno. Ciò gli consentì di conoscere usanze e costumi di vari paesi lontani, a volte contrastanti con le abitudini dei Greci. Secondo Pirrone, non esistono cose vere o false, belle o brutte, buone o cattive per natura o assolutamente, ma soltanto per convenzione e relativamente. Le sensazioni e il ragionamento su cui si basa la conoscenza umana sono incapaci di raggiungere la verità assoluta, dal momento che. Le sensazioni sono confuse, mutevoli e soggettive. Non esiste alcun criterio di verità (a differenza di stoici ed epicurei). I sensi descrivono il fenomeno, non la realtà in sé. Non si può andare oltre i fenomeni nella gnoseologia. I ragionamenti derivano le loro premesse dalle sensazioni, e risultano perciò anch’essi incapaci di fornire alcuna certezza. Non è possibile dunque alcun giudizio con certezza per l’uomo, a cui sfugge la vera natura delle cose. L’unico atteggiamento legittimo, resta la sospensione del giudizio (epoché) per raggiungere l’atarassia. Timone di Fliunte (IV-III sec a.C.), discepolo di Pirrone. Raggiungere l’afasia: rifiuto di pronunciare qualsiasi discorso riguardo ad alcunché. Anche se tu dicessi “Nessuna affermazione è vera”, sosterresti che ciò che tu stai affermando è vero, cadendo quindi in contraddizione (Attenzione, però: lo scetticismo non coincide col relativismo o con una generica affermazione che “tutto è vero” o “tutto è falso”). Lo scettico quindi non si pronuncia e non parla. Siccome è impossibile decidere sulla verità o falsità di una proposizione qualsiasi, grazie a questi due princìpi, atarassia e afasia, il saggio scettico può finalmente conseguire la felicità. Fondamento di questo insegnamento morale è il giudizio che in natura le cose sono "tutte ugualmente incerte e indiscernibili"; il saggio di conseguenza non deve presumere di esprimere opinioni su di esse, ma astenersi dal discorrere sulla loro natura (afasia), dal dare giudizi (epoché) e rimanere di fronte a esse imperturbabile (atarassia), anzi felicemente indifferente (apatia): posizione finale, questa, comune con quella dei gimnosofi (i bramini) indiani. In questi termini lo scetticismo rappresenta una lotta aperta al dogmatismo. Etica dello scetticismo Pirrone sostenne che è impossibile stabilire ciò che è bene o male per natura: Se esistessero delle leggi naturali, valide per tutti indistintamente, su di esse non vi sarebbe discordia fra gli uomini, e invece c’è. A creare i valori sono le usanze e le abitudini del luogo dove si vive, le convenzioni sociali del popolo a cui si appartiene e le inclinazioni delle singole persone. Validità della vita pratica, senza significati assoluti. Ritornando al concetto di sképsis, ricerca, si può capire la vera natura dello scetticismo: una ricerca continua, che non si deve basare su nessun sapere stabile e definitivo. Allo stesso tempo, l’etica scettica si pone l’obiettivo di formare un uomo in grado di resistere in equilibrio di fronte ad un mondo che si rivela incomprensibile. Sesto Empirico (II sec. d.C.) conclude la lunga parabola dello scetticismo, che coesisteva con stoicismo ed epicureismo. Disse che “a ogni ragione si contrappone una ragione di eguale valore”. Perciò non vale la pena di prendere partito per una qualsiasi affermazione: ciò consente di mantenere l’imperturbabilità necessaria ad una vita felice. Si impegnò per demolire quattro concetti importanti della filosofia: 1. il procedimento della deduzione. La deduzione si rivela un circolo vizioso del ragionamento: ogni sillogismo in realtà implica e presuppone nella premessa maggiore ciò che vuole dimostrare nella conclusione. 2. il procedimento dell’induzione: Se essa è fondata soltanto sull'esame di alcuni casi, non è sicura, potendo i casi non esaminati sempre smentirla; e se si pretende che sia fondata su tutti i casi particolari, il suo cómpito è impossibile perché tali casi sono infiniti. 3. il concetto di causa. “Si dice che la causa produce l'effetto; dunque essa dovrebbe precedere l'effetto e sussistere prima di esso. Ma se sussiste prima di produrre l'effetto, è causa prima di esser causa. D'altronde la causa non può evidentemente seguire l'effetto; né essere contemporanea con esso perché l'effetto non può nascere se non da qualcosa che sussiste già prima.” 4. la visione stoica di Dio: gli stoici sostenevano che Dio è corporeo come tutto il resto. Etica scettica per Sesto Empirico Nella vita pratica lo scettico deve, secondo Sesto, seguire i fenomeni. Perciò quattro sono le sue guide fondamentali: le indicazioni che la natura gli dà attraverso i sensi, i bisogni del corpo, la tradizione delle leggi e dei costumi e le regole delle arti. Lo scetticismo, probabilmente in virtù del fatto che mai venne a costituirsi come scuola in senso istituzionale, godrà di grande fortuna, ripresentandosi di epoca in epoca sotto nuovi sembianti, ma mantenendo invariato il suo carattere portante di avversione verso la metafisica e, in generale, verso ogni dogmatismo. L’intera storia della filosofia è percorsa da due grandi filoni tra loro contrapposti e guerreggianti: da un lato, il filone "metafisico" e dogmatico, che propone presunte verità incrollabili (per le quali si è spesso pronti anche a brandire la spada), e, dall’altro, il filone "scettico" e anti-metafisico, che alle presunte verità incrollabili contrappone una ricerca destinata a non potersi mai dire conclusa.