Patologia generale – Lezione 16 (Parte 2)
10 novembre 2012 - Prof. Ezio Laconi
Maria Rosaria Concas
Per quanto riguarda la capacità di discriminazione tra self e non self e la determinazione di questo confine
netto abbiamo delle ipotesi molto fondate perché, come vorrei precisare non sono delle ipotesi mie, ma di
studiosi sull’argomento, di gente competente che ovviamente ha tutti i numeri per poterle proporre, non sono
ipotesi campate per aria anche se, in quanto ipotesi, avranno bisogno di ulteriori verifiche.
Ribadisco il
concetto base e cioè che ancora noi non sappiamo come è che il sistema immunitario stabilisce questo
confine che apparentemente sembra così netto, ma che in realtà non lo è, tra quello che è self e tutto il resto,
ed è proprio questo il problema fondamentale dell’immunologia che non è ancora del tutto risolto anche se
sappiamo già tanto.
Questi sono i meccanismi attraverso i quali
una cellula di un organo trapiantato che è
fatta bersaglio dal sistema immunitario che
la attacca può essere danneggiata, e sono i
meccanismi che abbiamo visto l’anno
scorso, meccanismi di citotossicità: la
cellula T viene sensibilizzata e così secerne
citochine, come l’IFNɣ
che attiva i
macrofagi, che possono addirittura operare
una fagocitosi direttamente sulla cellula
bersaglio; l’IFNɣ attiva anche le cellule NK
che sono un altro possibile effettore
soprattutto quando la cellula bersaglio è
ricoperta di anticorpi; allo stesso modo se
la cellula bersaglio è ricoperta di anticorpi
si può attivare il complemento, si possono
attivare anche le piastrine che hanno un
recettore per il frammento costante degli
anticorpi, e abbiamo una citotossicità anticorpo-dipendente (indicata con la lettera C nel grafico qui accanto).
Il tipo di rigetto può essere diverso come tempistica, e non solo vengono riconosciuti dei tempi diversi, ma
viene riconosciuta una diversità anche tra i meccanismi che caratterizzano il rigetto iperacuto, quello acuto e
quello cronico.
Il rigetto iperacuto avviene nel giro di minuti o massimo di ore, ed è dovuto alla presenza di anticorpi
preformati contro i tessuti del donatore; la presenza di questi anticorpi è evidentemente legata al fatto che
probabilmente il ricevente è già stato a contatto con gli antigeni di quello stesso donatore che hanno
stimolato
lo
sviluppo
di
anticorpi
contro
i
tessuti
di
quel
donatore.
Vi ricordate l’esempio che abbiamo fatto prima a riguardo dei primi trapianti che vennero effettuati? Si
trattava di trapianti di cute, durante i quali si scoprì che quando il donatore di un secondo trapianto era lo
stesso del primo, il trapianto veniva rigettato in maniera rapidissima. I danni derivati da questo tipo di
meccanismo sono determinati soprattutto dal fatto che questi anticorpi sviluppati contro i tessuti del donatore
vanno a legarsi a livello dell’endotelio vascolare in quel determinato tessuto, attivando tutta quella serie di
reazioni, alcune delle quali viste nello schema precedente, che sono conseguenza della formazione di un
complesso antigene-anticorpo: attivano il complemento, la cascata coagulativa, reclutano cellule
infiammatorie e si ha una coagulazione del sangue dentro i capillari del tessuto trapiantato con conseguente
morte
nel
giro
di
minuti
o
ore
del
tessuto
trapiantato
stesso.
Questo tipo di rigetto diciamo che non dovrebbe avvenire, perché ovviamente si controlla se ci sono
anticorpi
anti-donatore.
Importante considerare che questo è lo stesso meccanismo attraverso cui possono essere rigettati i globuli
rossi trapiantati e non compatibili, perché noi abbiamo già anticorpi contro i globuli rossi non nostri, e per
trasfusione di globuli rossi non compatibili andiamo incontro ad un tipico rigetto iperacuto con le stesse
caratteristiche, anche se in questo caso non arriviamo agli stessi sintomi perché se la trasfusione è in corso e
si sta sbagliando qualcosa, si ferma immediatamente ogni procedura, visto che i sintomi sono abbastanza
evidenti già da subito; il meccanismo è identico a quello del tessuto che si sta trapiantando solo che in questo
caso ho dei globuli rossi che si stanno trasfondendo.
Il rigetto acuto è quello che si teme maggiormente, e che interviene nel giro di giorni o settimane con i
meccanismi che abbiamo già descritto, e che riguardano l’attivazione delle cellule T del ricevente che
reagiscono contro le cellule dei tessuti trapiantati.
Però esiste anche un cosiddetto rigetto cronico: superata la fase di acuzie, quando si pensa che tutto sia
tranquillo in realtà può avvenire un rigetto nell’arco di mesi o anni, per ragioni che, in questo caso, non
conosciamo completamente. Una delle ipotesi che spiegherebbe questo tipo di reazione presuppone una sorta
di sofferenza cronica del tessuto trapiantato con liberazione di antigeni che vanno non tanto ad attivare le
componenti del sistema immunitario specifico quanto la risposta innata attraverso la stimolazione dei TLR,
Toll Like Receptors, oppure anche alcuni dei Nod Like Receptors e di questo recettore per l’ATP, per l’acido
urico, tutte sostanze che possono essere mediatori di una risposta innata e che sono in grado di condizionare
anche la risposta immunitaria specifica e in particolare le cellule presentanti l’antigene. Quindi secondo
questa ipotesi il rigetto cronico sarebbe il risultato di danni subiti o dagli organi trapiantati o dagli organi del
ricevente: infatti per esempio è stato visto che il rigetto cronico è più frequente in individui che hanno in
corso dei processi infiammatori cronici attivi e vengono trapiantati perché magari non c’è altra possibilità. In
questi casi è più probabile che si verifichi un rigetto cronico: il trapianto va benissimo e non viene rigettato
in maniera acuta, ma è in atto un processo infiammatorio cronico che si esplica attraverso questi meccanismi,
liberazione di queste sostanze che stimolano l’immunità innata, come HMGB-1, protein shock, fibrinogeno,
acido urico, ATP, tutti ligandi per recettori che si trovano sulla superficie cellulare e che sono in grado di
attivare diversi tipi cellulari compresi i linfociti T, comprese le cellule presentanti l’antigene e le cellule
epiteliali che a loro volta secernono citochine pro infiammatorie; quindi si creerebbe una sorta di maggiore
allerta da parte del sistema immunitario che rende più facile un eventuale rigetto, anche dopo anni, e che
infatti non è giustificato da una incompatibilità nei confronti dell’immunità specifica, ma dalla continua
stimolazione del sistema immunitario anche al di sotto della soglia; in questo caso il danno non è massivo ma
è cronico per quanto riguarda anche il tessuto che subisce il rigetto, perché questo meccanismo di eccessiva
attivazione dell’immunità innata è lento, e l’immunità specifica comunque è maggiormente allertata grazie
alla secrezione di citochine da parte dell’immunità innata. Questo è uno dei possibili meccanismi di
attivazione del rigetto cronico, del resto è quanto si ripropone nella diapositiva dove si parla di lenta risposta
cellulare al danno dell’organo che ha cause praticamente sconosciute.
In questo schema abbiamo tre esempi di
trapianto: A, B2, e C. L’A è un
autotrapianto, al secondo giorno è ancora
integro, al sesto giorno è ancora integro e
al decimo giorno si è perfettamente
integrato con il resto dei tessuti. Il
trapianto B2 è un secondo trapianto da un
donatore non identico (ragazzi nella
registrazione dice così, ma siccome poi
parla di rigetto iperacuto, credo che quel
"non" non ci debba essere) il ricevente ha
già subito un trapianto da B (trapianto B1) e questo è il secondo trapianto, trapianto B2 che viene rigettato
iperacutamente e nel giorno sei è già tutto morto (la morte è sottolineata nello schema dai confini frastagliati
e irregolari). Il trapianto C viene rigettato secondo lo schema del rigetto acuto, quindi abbiamo un tessuto
non compatibile ma contro cui il ricevente non ha anticorpi.
E questa invece è la reazione del trapianto verso
l’ospite, quando il tessuto trapiantato va ad aggredire i
tessuti del ricevente. Supponiamo di avere un animale
donatore A che dona dei tessuti, ed in questo caso il
midollo osseo, a due riceventi diversi, un ricevente C
ed un ricevente AxB. Tutti e due i riceventi subiscono
l’irradiazione, perché devono subire l’irradiazione?
(NB non si irradia per immunosopprimere ma a questo
scopo si danno dei farmaci). Che cosa succede se io
trapianto il midollo senza irradiare? Se io prendo delle cellule staminali di midollo, cellule CD34+ (può
essere anche un autotrapianto), e le trapianto in un ricevente non irradiato che cosa succede? Perché le
cellule del donatore dovrebbero rimpiazzare quelle del ricevente? Non succederà mai! Si irradia per fare
spazio, perché non c’è ragione al mondo per cui queste cellule di midollo trapiantate dovrebbero attecchire
nello spazio delle cellule del midollo del ricevente, a meno che il midollo del ricevente non abbia problemi
per conto suo: se lì c’è una leucemia che ha distrutto il midollo non ho bisogno di irradiare, perchè le cellule
devono andare in uno spazio che è già vuoto. Se io trapianto delle cellule in uno spazio che è occupato e tra
l’altro in questo caso occupato dal legittimo proprietario devo irradiare, e questo è un concetto fondamentale
della medicina rigenerativa che si basa sul trapianto di cellule e non di organi: le cellule staminali non fanno
miracoli, bisogna che si creino le condizioni perché la cellula staminale o qualunque tipo di cellula faccia
quello che noi vogliamo che faccia, altrimenti non c’è ragione per cui deve succedere quello che ci
aspettiamo. Quindi dobbiamo creare spazio e dare uno stimolo adeguato per permettere che queste cellule
possano crescere, quindi si irradia per creare spazio e per creare la necessità che un pool di cellule staminali
popoli un midollo che ormai è raso al suolo; posso ottenere lo stesso con farmaci ma sperimentalmente si
utilizza l’irradiazione. Sono dosi letali di irradiazione, nel senso che dopo una procedura di eradicazione, se
non trapiantiamo, quell’animale/individuo muore perché non ha più la capacità di rigenerare il proprio
midollo osseo talmente è alta la dose di irradiazione o di farmaco che vengono usate.
A quel punto devo necessariamente trapiantare e si trapiantano le cellule staminali.. cosa succederà? Il
trapianto attecchirà nei due riceventi? Attecchisce in entrambi i casi, è impossibile un rigetto dato che non
avendo più midollo osseo non ha più sistema immunitario, e infatti il problema viene dopo. Questi animali
muoiono tutti e due perché se il midollo del donatore è A non riconosce gli antigeni C del ricevente C, e gli
antigeni B del ricevente AxB.
Domanda:
L’irradiazione
agisce
per
apoptosi
o
per
necrosi?
Risposta: Il meccanismo maggiormente riconosciuto è l’apoptosi sia per danno genotossico sia per
l’esposizione di proteine alterate e di materiale alterato, però non possiamo nemmeno dire che la necrosi in
seguito a irradiazione non ci sia.
Domanda: Prima abbiamo visto che se trapiantiamo un tessuto A in un animale AxB l’animale sopravvive.
Perché
ora
non
vale
lo
stesso?
Risposta: In un caso è il sistema immunitario ad essere AxB e il tessuto trapiantato è A o B e quindi quel
sistema immunitario può riconosce sia A sia B; in questo caso io ho un sistema immunitario A (del donatore)
e il tessuto con cui ha a che fare (del ricevente) AxB.
Come si previene il rigetto? Attraverso l’immunosoppressione, non sappiamo fare altro allo stato attuale
delle cose, e questo non vuol dire che sia la soluzione migliore; questa ha consentito i trapianti, che infatti
hanno iniziato ad aver successo quando sono stati scoperti i farmaci immunosoppressori, quindi non stiamo
parlando di una piccola appendice della medicina dei trapianti, stiamo parlando dell’aspetto fondamentale,
perchè è vero che si è migliorato molto anche sul piano tecnico, considerando che fare un trapianto non è uno
scherzo specialmente a seconda degli organi che si devono trapiantare, però i miglioramenti tecnici non
sarebbero stati sufficienti se non affiancati da un miglioramento nelle strategie immunosoppressive che oggi
garantiscono che molti trapianti durino quindici, vent’anni, e anche di più. Pertanto l’immunosoppressione
non è una cosa da sottovalutare, ma è nostro dovere sperare di migliorare, dato che quando noi
immunosopprimiamo stiamo facendo qualcosa di molto grossolano e rudimentale, noi dovremmo avere come
obiettivo l’induzione della tolleranza, cioè dovremmo far diventare quel tessuto “come il self”, dovremmo
far comportare il nostro sistema immunitario come si comporta nei confronti degli organi che valuta come
self. Come sapete la tolleranza è regolata sia da meccanismi centrali sia da meccanismi periferici, in
particolare dall’induzione di popolazioni linfocitarie che sono T-regolatorie. Noi tolleriamo i nostri tessuti
anche perché una popolazione dei nostri linfociti, i T-regolatori sono specifici per antigeni self, e
rappresentano il cardine della tolleranza periferica. Questi linfociti T che si trovano in periferia hanno
funzione regolatoria, e quindi di sopprimono la risposta immunitaria che reagisce contro antigeni self.
L’ideale sarebbe poter indurre la stessa popolazione di linfociti T-regolatori nei confronti di tessuti che noi
trapiantiamo, ed è evidente che immunosopprimendo noi ci stiamo privando di questa eventualità, stiamo
eliminando questa eventualità perché l’immunosoppressione non sopprime solo i linfociti T effettori, quelli
citotossici, quelli helper, ma anche quelli regolatori; quindi se per ipotesi l’organismo sta cercando di
sviluppare una tolleranza nei confronti del tessuto trapiantato facendo sviluppare una popolazione di Tregolatori specifica per quel tessuto, noi glielo stiamo impedendo attraverso l’immunosoppressione. Allo
stato attuale non abbiamo alternative, perché ora non sappiamo come poter indurre sistematicamente lo
sviluppo di una popolazione di T-regolatori specifica per il tessuto trapiantato.
Domanda: In realtà, come abbiamo visto per virologia clinica, iniettando basse dosi di un determinato
antigene per lungo tempo, si può indurre una tolleranza..
Risposta: In realtà diciamo che non sappiamo ancora bene come fare..