Popper, Principi della democrazia

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TEORIE NOVECENTESCHE DELLA DEMOCRAZIA/S CHEDA 1
Popper, Principi della democrazia
Karl Raimund Popper (nato nel 1902 a Vienna — 1994) è tra i maggiori filosofi della scienza contemporanea. Nel 1936, per
sfuggire.al nazismo, emigrò in Nuova Zelanda, dove insegnò alla Canterbury University. Nel 1946 divenne professore alla London
School of Economics and Political Sciences dove è stato nominato professore emerito. È anche membro di prestigiose accademie
scientifiche internazionali. Tra le sue opere di epistemologia vanno almeno ricordate: Logica della scoperta scientifica (1934),
Congetture e confutazioni (1963). In questa sede c'interessa in particolare ricordare un'opera di filosofia della politica, vale a
dire: La società aperta e i suoi nemici del 1945. Infine, merita d'essere ricordata la sua Autobiografia (La ricerca non ha fine) del
1974.
La concezione di Popper — che si può denominare «razionalismo critico» — è critica sia nei confronti del neopositivismo logico
sia nei confronti della filosofia analitica sia nei confronti della scuola di Francoforte. Come ha sintetizzato D. Antiseri, al principio
di verificazione dei Viennesi (che è un principio di significanza), egli sostituì il criterio di falsificabilità (che è un criterio di
demarcazione tra scienza e non-scienza); alla teoria dell'induzione sostituì il metodo deduttivo della prova; affermò che i
protocolli non sono di natura assoluta e definitiva. Agli analisti del linguaggio rimprovera di ridurre i problemi filosofici a problemi
concernenti l'uso linguistico o il significato delle parole, mentre bisogna preoccuparsi «delle teorie criticabili e della loro validità».
Critica infine i Francofortesi per la loro affermazione di « una ragione diversa e superiore a quella della scienza », ribadendo
l'unità del metodo delle scienze naturali e sociali.
L'epistemologia popperiana è incentrata sul principio di falsificazione; come ha scritto lo stesso Popper: «da un sistema
scientifico non esigerò che sia capace di essere scelto in senso positivo, una volta per tutte; ma esigerò che la sua forma logica sia
tale che possa essere messo in evidenza per mezzo di controlli empirici, in senso negativo: un sistema empirico deve poter essere
confutato dall'esperienza».
Coerentemente con la sua logica della scoperta scientifica, Popper si è occupato anche di filosofia della politica, incentrata sulla
contrapposizione tra società chiusa e società aperta. La società chiusa è «una società totalitaria, concepita organicisticamente ed
organizzata tribalmente secondo norme non modificabili »; la filosofia che, secondo Popper, è alla base dell'ideologia della
società chiusa è lo storicismo (che Popper critica nel volume: Miseria dello storicismo). La società aperta è, invece, «una società
basata sull'esercizio critico della ragione umana, una società che non solo tollera, ma stimola, all'interno e attraverso le
istituzioni democratiche, la libertà dei singoli e dei gruppi in vista della soluzione dei problemi sociali, cioè in vista di continue
riforme. Più precisamente, Popper concepisce la democrazia come la conservazione e il continuo perfezionamento di determinate
istituzioni, in modo particolare di quelle che offrono ai governati la possibilità effettiva di criticare i propri governanti e di
sostituirli senza spargimento di sangue» (G. Reale - D. Antiseri, II pensiero occidentale dalle origini ad oggi, La Scuola, Brescia
1983, voi. IH, p. 753).
I due passi seguenti sono tratti rispettivamente: da La società aperta e i suoi nemici, a e. di R. Pavetto e D. Antiseri, Armando,
Roma 1973-74, voi. 11, pp. 210-213; e da H. Marcuse - K. Popper, Rivoluzione o riforme? Un confronto, tr. it., Armando, Roma
1977 (ma l'intervista è del 1971), pp. 40 e 46.
Democrazia e antidemocrazia
1. La democrazia non può compiutamente caratterizzarsi solo come governo della maggioranza, benché l'istituzione delle
elezioni generali sia della massima importanza. Infatti una maggioranza può governare in maniera tirannica. (La maggioranza di
coloro che hanno una statura inferiore a 6 piedi può decidere che sia la minoranza di coloro che hanno statura superiore a 6
piedi a pagare tutte le tasse). In una democrazia, i poteri dei governanti devono essere limitati ed il criterio di una democrazia è
questo: in una democrazia i governanti — cioè il governo — possono essere licenziati dai governati senza spargimenti di sangue.
Quindi se gli uomini al potere non salvaguardano quelle istituzioni che assicurano alla minoranza la possibilità di lavorare per un
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cambiamento pacifico, il loro governo è una tirannia.
2. Dobbiamo distinguere soltanto fra due forme di governo, cioè quello che possiede istituzioni di questo genere e tutti gli altri;
vale a dire fra democrazia e tirannide.
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Per intendere appieno l'impostazione politica di Popper è indispensabile tenere presente la sua concezione epistemologica, di cui vogliamo
ricordare le prime tre tesi (cfr. Scienza e filosofia. Problemi e scopi della scienza, tr. it. di M. Trincherò, Einaudi, Torino 1966, pp. 136-138):
1) Tutta la conoscenza scientifica è ipotetica o congetturale.
2) L'accrescimento della conoscenza, e specialmente della conoscenza scientifica, consiste nell'imparare dagli errori che abbiamo commesso.
3) Quello che possiamo chiamare il metodo della scienza consiste nell'imparare sistematicamente dai nostri errori: in primo luogo, osando
commetterli — cioè, proponendo arditamente teorie nuove, e in secondo luogo, andando sistematicamente alla ricerca degli errori che abbiamo
commesso: andandone alla ricerca, cioè, mediante la discussione critica e l'esame critico delle nostre teorie. Si può allora dire che il fondamento
della scienza è «quella che possiamo chiamare la cooperazione allo stesso tempo amichevole e ostile fra gli scienziati, cioè la loro prontezza a criticarsi
reciprocamente ». E si tratta di un principio che nel campo politico comporta una impostazione democratica, cioè relativa e riformista, critica e
costruttiva.
3. Una costituzione democratica consistente deve escludere soltanto un tipo di cambiamento nel sistema legale, cioè quel tipo
di cambiamento che può mettere in pericolo il suo carattere democratico.
4. In una democrazia, l'integrale protezione delle minoranze non deve estendersi a coloro che violano la legge e specialmente a
coloro che incitano gli altri al rovesciamento violento della democrazia.
5. Una linea politica volta all'instaurazione di istituzioni intese alla salvaguardia della democrazia deve sempre operare in base
al presupposto che ci possono essere tendenze anti-democratiche latenti sia fra i governanti che fra i governati.
6. Se la democrazia è distrutta, tutti i diritti sono distrutti, anche se fossero mantenuti certi vantaggi economici goduti dai
governanti, essi lo sarebbero solo sulla base della rassegnazione.
7. La democrazia offre un prezioso campo di battaglia per qualsiasi riforma ragionevole dato che essa permette l'attuazione di
riforme senza violenza. Ma se la prevenzione della democrazia non diventa la preoccupazione preminente in ogni battaglia
particolare condotta su questo campo di battaglia, le tendenze anti-democratiche latenti che sono sempre presenti [...] possono
provocare il crollo della democrazia. Se la comprensione di questi princìpi non è ancora sufficientemente sviluppata, bisogna
promuoverla. La linea politica opposta può riuscire fatale: essa può comportare la perdita della battaglia più importante, che è la
battaglia per la stessa democrazia.
Democrazia e società aperta
Quali sono per me le caratteristiche di una società aperta? Vorrei indicarne due aspetti: in primo luogo, in una società aperta è
possibile la libera discussione e questa discussione esercita un'influenza sulla politica. In secondo luogo, esistono istituzioni per
la protezione della libertà e degli svantaggiati. E consideriamo anzitutto questo secondo aspetto.
Lo Stato protegge i suoi cittadini mediante istituzioni giuridiche e sociali dall'oppressione del potere come forza bruta e può
anche proteggerli dall'abuso del potere economico. Questo intervento protettivo si verifica già oggi e può esser migliorato.
Dobbiamo altresì costruire istituzioni sociali che proteggano il cittadino economicamente debole da quello economicamente
forte, cioè istituzioni per la protezione dallo sfruttamento. Infatti il potere politico può controllare quello economico. I marxisti
sottovalutano le possibilità della politica e in particolare di quella che essi chiamano «libertà formale».
Pongo dunque l'accento sul ruolo centrale delle istituzioni politiche per la riforma sociale. Ciò che importa, per essere precisi,
non è tanto chi governa, ma in eh modo coloro che governano possono essere influenzati e controllati.
Con ciò torno al primo aspetto da me indicato, all'importanza della pubblica discussione. [...]
I...] Io credo che [la società aperta] sia al tempo stesso una realtà e un ideale. Esistono cioè, ovviamente, gradi diversi di
apertura. In una democrazia la società sarà più matura, più sviluppata e più aperta che in un'altra democrazia. In che misura essa
sia buona o cattiva, dipende da molteplici fattori: dai suoi precedenti storici, dalla sua tradizione, dalle sue istituzioni politiche,
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dai suoi metodi di educazione; e infine dagli uomini che conferiscono a queste istituzioni il loro contenuto vitale .
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Nella stessa intervista del 1971, Popper ribadì di ravvisare «il più alto valore di una democrazia nella possibilità di una libera e razionale discussione
e nella capacità di questa discussione critica di incidere sulla politica. « Ciò mi pone — affermava Popper — in acuto contrasto con coloro che credono
nella violenza», e precisamente con «i fascisti anti-intellettuali e i rivoluzionari marxisti» i quali sono «d'accordo sul principio che con l'avversario non
si può e non si deve discutere. Entrambi rifiutano una discussione critica delle loro posizioni. Ma si rifletta su ciò che tale rifiuto comporta. Esso implica
che, se si conquista il potere, ogni opposizione sarà soppressa. Esso comporta il rifiuto della società aperta, rifiuto della libertà e l'accettazione di una
filosofia della violenza»
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