Storia della Musica per Didattica della Musica 13/12/2014 Marion

Storia della Musica per Didattica della Musica
13/12/2014
Marion Delorme – A.Ponchielli
Marion Delorme è l'ultima opera di Ponchielli, fu data al Teatro alla
Scala di Milano il 17 marzo del 1885 e composta durante gli anni di
silenzio operistico verdiano (fra Aida e Otello, ossia fra 1871 e 1887).
Ponchielli è primo compositore della casa Ricordi in quel periodo.
Nacque nel 1861 con già la presenza del Grand Opéra, mentre l'Italia
entra in un periodo rinascimentale, con Donizetti e Bellini a
rappresentazione massima della composizione operistica ed un Verdi
ancora ragazzo (21enne). Fra Verdi e Ponchielli c'è lo stacco di una
generazione anagrafica , tale gap si ritrova anche confrontando i loro
lavori. Altro aspetto che diverge fra i due compositori è la
formazione. Ponchielli, a differenza di Verdi, ha una educazione al
Conservatorio di Milano, ha quindi una formazione accademica (si
badi che all'epoca il Conservatorio non era ancora ovviamente
intitolato a Verdi, sebbene si stia proprio parlando di quella stessa
istituzione, di quello stesso posto). A Cremona e a Piacenza
Ponchielli è direttore di banda, i suoi esordi operistici avvengono
dopo l'unificazione nazionale, l'epoca del suo esordio è
completamente diversa da quella di Verdi. Mentre i teatri, fino a quel
momento, si erano alimentati di novità, ora si reggono sul repertorio
per non rischiare dei “flop” negli incassi (siamo nel secondo
Ottocento), fra il vecchio riproposto ed il nuovo i cartelloni
presentano quindi quelli che diventeranno successi intramontabili pur
tentando di accontentare un residuo di voglia di novità del pubblico,
ma con le dovute precauzioni, ossia in parte minima. Il Grand Opéra,
che già esisteva in Francia ed in Europa, approda in Italia con relativo
ritardo, con il suo avvento porta con se anche il grosso rischio dovuto
all'enorme dispendio di energie che abbisogna. Il fallimento di un
opera di quelle proporzioni comporta un brusco colpo al compositore
che si era adoperato nella stesura d'essa, egli non potrà più
permettersi in seguito di sbagliare, pena la cancellazione dalla scena
da parte degli impresari, e questo è l'incubo sotto cui non solo
Ponchielli lavora e compone. Si riscontra una tendenza ad un afflusso
più massificato e più affascinato dalla spettacolarità, questo è fattore
ed aspetto antropologico. Fattore tecnico invece è lo scadere delle
forme usate solitamente [per le musiche], ossia, rintracciando una
data limite nell'anno dell'Aida, il 1871, è possibile affermare che
venga sorpassati i riferimenti formali usuali fino ad allora e che da li
solo compositori di alto livello abbiano la possibilità di affermarsi.
Dal 1870 circa l'Italia diventa importatrice di musica, prima il
Lohengin di Richard Wagner dalla Germania, poi il Grand Opéra di
Giacomo Meyerbeer (Roberto il diavolo – 1831, Gli Ugonotti – 1836,
L'Africana – 1865) dalla Francia. Queste importazioni influenzano gli
autori italiani che iniziano a dar maggior peso all'orchestrazione ed ai
cantati dei personaggi che si fanno più strutturati.
Il tramonto e la fine del teatro d'opera è quindi sancibile verso la
fine dell'800 con Ponchielli e Puccini; si va da li verso l'inizio del
dramma musicale.
Questa epoca di cambiamenti, in unione al suo particolare carattere
insicuro, producono in Ponchielli un disorientamento dettato da un
pensiero che pende sulla sua testa: “se sbaglio ho finito”.
Questa condizione di lavoro fine ed accurato unito alla prudenza
degli impresari produce dei compositori, per quest'epoca, che si sono
distinti e che vengono ricordati per essersi distinti con esigue opere,
sovente una sola: Amilcare Ponchielli  La Gioconda; Pietro
Mascagni  La Cavalleria Rusticana. Vengono detti “one opera
composer”.
Ponchielli, nonostante i problemi di questa fase di storia, ottiene nel
'72 una affermazione con i suoi “I Promessi Sposi”, messi in opera
l'anno precedente. Nel '74 porta in scena “I Liutani”, un Grand
Opéra a tutto tondo. Del 1876 è “La Gioconda” con la favolosa
Danza delle ore, ancora oggi opera in repertorio nei teatri. Il soggetto
è tratto da un dramma di Victor Hugo, “Angelo tiranno di Padova”,
poeta, drammaturgo, scrittore, aforista, artista visivo, statista, politico
e attivista per i diritti umani francese, considerato il padre del
Romanticismo in Francia.
Nel '80 la consacrazione de “La Gioconda” al Teatro alla Scala di
Milano e della nuova opera “Il figliol prodigo”. Sono anni che lo
vedono al centro della vita musicale italiana, pieno di onori, diventa
maestro di composizione al Conservatorio di Musica di Milano dove
formerà, fra gli altri Puccini.
L'opera “Marion Delorme”, composta fra il 1882 ed il 1885, viene
rappresentata in questi anni, il 17 marzo del 1885, sempre al Tatro
alla Scala di Milano, in una stagione tutta piena di opere
conosciutissime:
“Mefistofele”, di Arrigo Boito.
“I puritani”, di Vincenzo Bellini.
“Il Profeta”, di Giacomo Meyerbeer.
“La Favorita”, di Gaetano Donizetti.
“Le Villi”, di Giacomo Puccini.
“Marione Delorme”, di Amilcare Ponchielli.
Su 6 titoli abbiamo 4 di repertorio e 2 nuove, esattamente il contrario
di ciò che avveniva 40 anni prima.
La critica esprime però riserve su Marion Delorme e questo porta
Ponchielli alla revisione dell'opera, con il librettista Enrico Golisciani
taglia alcuni pezzi e ne aggiunge di nuovi, in vista di una prossima
rappresentazione. A Brescia la casa Ricordi cura particolarmente la
stagione teatrale ed è in tale sede che avviene la seconda
rappresentazione della rivista Marion Delorme. Siamo nell'agosto del
1885 al Teatro Grande di Brescia (il 9 agosto) ed è il momento del
pieno successo di quest'opera che aa allora si avrà richieste da tutta
Italia. Ponchielli quindi prosegue spostandosi in Russia per seguire la
rappresentazione de “I Lituani”, li contrae una malattia alle vie
respiratorie dalla quale non avrà mai completa guarigione, ed il suo
aggravarsi lo vedranno spegnersi da li a poco.
Negli epistolari Ponchielli vuole un opera ad effetto, che duri poco ed
un soggetto tragico con possibilità di innesti comici. Ponchielli scrive
anche musica sacra per la basilica di Brescia, insegna al
Conservatorio di Milano e scrive opere teatrali. Le richieste
operistiche degli epistolari al librettista vanno lette ed interpretate al
fine di ottenere opere che potessero circolare, ossia sono richieste per
favorirsi il pubblico, richieste per favorire un respiro economico.
Secondo Bellini era molto più difficile la scelta del soggetto che la
composizione delle musiche per esso. Con Marion Delorme si ha
l'opera che supera i limiti di genere compenetrando l'ambivalenza
della narrativa di Victor Hugo. Il dramma di Hugo, rappresentato in
Marione Delorme di Ponchielli, dovrà aspettare 42 anni per essere
rappresentato per via di alcune censure ossia perchè, ad esempio, la
figura del cardinale soverchiava il potere del re; questo dramma
circola intanto però in Italia e viene ripreso anche da Verdi che in una
lettera scrive “le donne puttane in scena non mi piacciono”. Del '62 e
del '65 sono due versioni precedenti a quella di Ponchielli, l'opera
inizia come “La Traviata” con un preludio, un brano breve che a
confronto con quello non presenta due aspetti precisi, non c'è troppa
bella musica, si inizia con un tema leggero, poi crescendo, quindi due
temi per Didiè e Marion, successivamente il tema d'amore, poi si
passa alla tonalità di Do Maggiore (rappresentante il potere) e qui
viene fatto sentire il tema dell'antagonista che si è innamorato di
Marion, in conclusione quindi si ha la ripresa del preludio.
La difficoltà di Ponchielli è che che essendo troppo creativo deve
arginare il fiume di idee musicali che la sua mente produce. Il Lab è
la tonalità dei due innamorati.