EDUCAZIONE FISICA I principi generali dell'allenamento. L'accrescimento muscolare. Il muscolo cresce sotto lo stimolo di un allenamento. Quando noi compiamo un movimento le fibre muscolari si contraggono ed il muscolo usa delle riserve di energia (zuccheri, grassi, proteine che bruciano grazie all’ossigeno). Se la contrazione è particolarmente intensa queste riserve vengono particolarmente sollecitate muscolo ed il reagisce costruendo riserve più capienti e fibre più forti. Il muscolo quindi aumenta le proprie dimensioni. Attenzione, contrariamente a quello che si può pensare, il muscolo non cresce durante l'allenamento (a parte il temporaneo ingrossamento dato dall'afflusso di sangue) ma dopo, durante il riposo. Il muscolo non cresce a causa dell'allenamento, ma a causa della sua reazione all'allenamento. Per questo riposarsi è importante almeno quanto allenarsi. Durante uno stimolo intenso l'atteggiamento dell'organismo è catabolico, cioè si distruggono le molecole di grandi dimensioni per produrre energia. Dopo l'allenamento l'atteggiamento è anabolico, cioè l'organismo ricostruisce quello che si è consumato ed anzi lo migliora per adattamento. Ognuno reagisce in modo diverso all'allenamento, a seconda del patrimonio genetico. Potresti essere un mesomorfo e cioè una persona che "mette su" muscoli molto facilmente anche salendo le scale. Oppure un ectomorfo e cioè una persona filiforme, con poco grasso corporeo ma con tanta difficoltà a ingrossare le masse muscolari. Infine un endomorfo e cioè una persona che ingrassa molto facilmente. Ognuno di noi è una miscela di tutti e tre e con percentuali diverse a seconda del nostro patrimonio genetico. L'ectomorfo dovrà lavorare maggiormente con grossi carichi per ingrossare la muscolatura. L'endomorfo dovrà lavorare con carichi minori per più tempo in modo da bruciare più grassi ed attivare la termolisi (combustione di grassi). Il riscaldamento. Da molti anni la pratica di un'attività fisica d'intensità sufficientemente sostenuta, ma non tale da causare la fatica, prima di una prestazione agonistica o di uno sforzo muscolare, è utilizzata come un potenziale aiuto ergogenico alla prestazione stessa; tale pratica è universalmente conosciuta con il termine riscaldamento. Il riscaldamento si divide in riscaldamento attivo e passivo. Riscaldamento attivo. Riscaldamento attivo "identico" alla performance: Viene anche detto riscaldamento "formale o collegato". E' costituito da esercizi ed azioni muscolari completamente uguali per intensità cinematica e dinamica al gesto di gara. Ne sono esempio: il lanciatore di baseball che effettua nel riscaldamento molti lanci usando la stessa posizione, la stessa forza e velocità utilizzata poi durante la gara; il giocatore di pallavolo che prova il muro o la schiacciata ecc... Riscaldamento attivo "collegato direttamente" alla performance: Consiste in azioni muscolari uguali a quelle specifiche di gara che però, a differenza del riscaldamento identico, non sono compiute nella loro interezza oppure sono compiute ad intensità inferiore a quelle di gara. Si tratta cioè di preservare la cinematica del gesto e la tecnica evitando comunque di riprodurre totalmente Uno stadio di Atletica, prima di una gara lo sforzo della gara. Ne sono esempio il velocista che prova la partenza ed i primi 20 metri, il lanciatore del disco che prova solo alcune parti del movimento all'intensità di gara oppure il gesto a velocità inferiore. Riscaldamento "collegato indirettamente" alla performance: E' costituito da azioni e movimenti del tutto o in parte non specifici rispetto a quelli di gara e tali da non riprodurre l'intensità propria della gara stessa. Ne fanno parte quindi tutte le attività fisiche che hanno come obiettivo l'aumento della temperatura corporea e la facilitazione della conduzione neuro-muscolare. Ciò può avvenire quindi solo con azioni prolungate nel tempo e necessariamente non d'elevata intensità. Ben si comprende come questo tipo d'esercizio sia generalmente non specifico per nessuna condizione di gara, anche se può essere effettuato usando il gesto ed il mezzo di gara come la corsa per i fondisti, la bicicletta per i ciclisti, gli sci per gli sciatori di fondo ecc. Riscaldamento passivo. Simile al "riscaldamento indiretto", in quanto ad obiettivi, è il riscaldamento passivo, nel quale ci si propone di aumentare la temperatura corporea senza far eseguire all'atleta alcun esercizio. Ciò si ottiene "riscaldando" dall'esterno il corpo con bagni, massaggi e docce calde. Il riscaldamento, che molti atleti trascurano per mancanza di tempo e di voglia, è una parte integrante dell’allenamento e quindi va affrontato in modo serio e scrupoloso. I motivi sono molteplici: innanzi tutto il riscaldamento aiuta a prevenire infortuni muscolari, specie se si intende poi eseguire esercizi altamente qualitativi. Il riscaldamento, grazie alla diminuzione della viscosità muscolare, alla capacità di ridurre la formazione di lattato all'inizio della prestazione ed all'azione di facilitazione del pattern neuro-motorio (con possibile riduzione dell'uso incongruo di muscoli antagonisti) è ritenuto da molti come un mezzo fondamentale per ridurre gli infortuni e traumi da sport. Fra questi vanno ricordati, in special modo, gli infortuni muscolari (strappi, contratture etc.) ma certamente ve ne sono altri i quali, anche indirettamente, possono essere fatti risalire al fatto che non si sia usata la precauzione di effettuare esercizi, non tanto di riscaldamento, quanto pre-gara, al fine di attivare i propri sistemi psico-fisici e prepararli alla gara vera e propria. Inoltre il riscaldamento innalza la temperatura del corpo, così diminuiscono gli attriti a livello articolare; a livello muscolare sono favorite alcune reazioni biochimiche. L’emoglobina cede maggiori quantità di ossigeno ai muscoli, gli impulsi nervosi sono più veloci, quindi è maggiore la coordinazione muscolare. Alcuni organi come il cuore, sono abituati gradualmente allo sforzo, così non subiscono un improvviso shock con l’incremento dell’intensità. Avviene una distribuzione del flusso sanguigno a favore dei gruppi muscolari e degli organi maggiormente coinvolti nell’attività fisica. Lo stretching. Nello sport lo stretching assume un'importanza basilare in quanto è proprio grazie a questo particolare sistema di allungamento/allenamento che il praticante raggiungerà la massima (ovviamente individuale) flessibilità muscolare. Origini dello stretching: La parola "stretching" è un termine che proviene dall'inglese "to stretch" che in italiano significa allungamento. È una metodica che consiste nell'allungamento muscolare e nella mobilizzazione delle articolazioni attraverso l'esecuzione di esercizi di stiramento, semplici o complessi, allo scopo di mantenere il corpo in un buono stato di forma. Lo stretching è arrivato in Europa e in Italia, sulla scia della ginnastica aerobica e della cultura del tempo libero e della cura del corpo, giunte come sempre da oltre oceano. Le origini dello stretching sono varie; quello più conosciuto è quello codificato da Bob Anderson. Gli esercizi di stretching sollecitano, oltre alle fibre muscolari, il tessuto connettivo (tendini, fasce ecc.) presente nella struttura contrattile. Il tessuto connettivo è estensibile (può essere allungato), ma se non viene regolarmente sollecitato con l'esercizio fisico, in breve tempo perde questa caratteristica essenziale. Parlando di stretching è anche d'obbligo parlare della mobilità articolare (conosciuta anche come: articolarità, flessibilità, estensibilità, ecc.): è la capacità di compiere movimenti ampi ed al massimo della estensione fisiologica consentita dalle articolazioni. Questa capacità è condizionata: dalla struttura ossea dell'articolazione; dalle sue componenti anatomiche e funzionali (grado di estensibilità dei legamenti, tendini e muscoli); dalla temperatura dell'ambiente; dal livello di riscaldamento del corpo. È importante ricordare che le fibre muscolari si adattano rapidamente a qualsiasi situazione. L’importanza dello stretching risiede nel fatto che ogni muscolo allenato, quando è stanco, risulta molto contratto e quindi rappresenta un punto di probabile infortunio. Lo stretching permette di ristabilire la giusta distanza fra i corpi muscolari migliorando anche la funzionalità e il rendimento del muscolo e dell’intero gesto sportivo. Con gli anni poi i muscoli tendono naturalmente ad accorciarsi e da qui la ancora maggiore probabilità di infortuni. 1° fase: cercare una tensione facile per una decina di secondi senza molleggio fino ad arrivare ad una tensione media. A questo punto la sensazione di tensione dovrebbe diminuire pur mantenendo la posizione; questa è la fase che prepara la tensione di sviluppo. 2° fase: la tensione di sviluppo deve essere forzata e mantenuta per 15’’ senza molleggiare. Da questa fase si ottiene lo sviluppo della flessibilità. 3° fase: è la fase di rilascio che non deve essere brusca ma accompagnata in modo graduale per ritornare nella posizione originaria. È utile soffermarci sui benefici che lo stretching genera sia sul livello di prestazione sportiva, che sull'efficienza fisica: Benefici sul sistema muscolare e tendineo Aumenta la flessibilità e l'elasticità dei muscoli e dei tendini; Migliora la capacità di movimento; È un'ottima forma di preparazione alla contrazione muscolare; In alcuni casi diminuisce la sensazione di fatica; Può prevenire traumi muscolari ed articolari. Benefici sulle articolazioni Attenua le malattie degenerative; Stimola la "lubrificazione" articolare; Mantiene "giovani" le articolazioni, rallentando del tessuto connettivo. Benefici sul sistema cardiocircolatorio e respiratorio Diminuisce la pressione arteriosa; Favorisce la circolazione; Migliora la respirazione; Aumenta la capacità polmonare. Benefici sul sistema nervoso Sviluppa la consapevolezza di sé; Riduce lo stress fisico; Favorisce la coordinazione dei movimenti; È rilassante e calmante. la calcificazione Fase di lavoro. Rappresenta la parte centrale della seduta di allenamento, è il momento in cui si esegue il training vero proprio. L'esecuzione di ogni movimento ha due fasi. Quella concentrica (o positiva) e quella eccentrica (o negativa). Nella fase concentrica il muscolo compie un lavoro per vincere la forza di gravità e si contrae accorciandosi. Nella fase eccentrica il muscolo lavora allungandosi. Ad esempio, se ci accosciamo, scendendo verso il basso il quadricipite della gamba si allunga opponendosi alla forza di gravità. Questo movimento è eccentrico. Quando ci si risollevate il quadricipite si accorcia vincendo la forza di gravità. Questo movimento è concentrico. Nella fase di apprendimento degli esercizi bisogna porre molta attenzione alla giusta tecnica esecutiva e al ritmo respiratorio. Quando esercizio, si esegue interrompere un sempre l’esecuzione quando il movimento non è più corretto. In questo modo si evita di disperdere energia quando lo stimolo è scarsamente efficace ed anche possibili traumi all’apparato locomotore. Occorre costantemente concentrarsi sull’esercizio e Una gara di 110 ostacoli. sui muscoli impegnati. Questo permetterà un’esecuzione corretta e la possibilità di inviare gli stimoli nervosi in maniera più intensa e localizzata. E’ necessario allenarsi sistematicamente in modo da permettere la sommatoria degli stimoli neuromuscolari ricevuti. Considerando che dopo circa tre giorni dall’ultimo allenamento un muscolo comincia a perdere la forza acquisita, è facile capire come almeno tre allenamenti settimanali siano necessari per ottenere buoni risultati. A distanza di tempo, se si ha bisogno di recuperare parte della forza ottenuta con un ciclo di allenamenti precedentemente sospesi, non bisogna fare l’errore di effettuare allenamenti singoli distanziati e ad alta intensità (i cosiddetti “richiami di forza”), ma occorre riprogrammare un nuovo ciclo di almeno 8-10 allenamenti. II processo allenante induce modificazioni metaboliche e fisiologiche specifiche in risposta al tipo di sovraccarico imposto. Un programma di forza o potenza porterà, quindi, a modificazioni ben diverse da quanto ottenuto con l'allenamento aerobico di resistenza, ed i benefici dell'una o altra forma di allenamento rimangono specifici. Un programma allenante deve quindi essere mirato alle qualità ricercate. Defaticamento. E’ la fase di ritorno alla situazione di riposo muscolare. Si compone di una serie di passaggi importanti e fondamentali: - corsa lenta in scioltezza - esercizi di scarico e detenzione della colonna vertebrale - stretching - 3’-4’ di camminata lenta possibilmente a piedi nudi (se la stagione e il terreno lo permettono). Il defaticamento è una parte fondamentale dell’allenamento soprattutto per chi ha superato la soglia dei 40 anni. In questa età il cuore, così come tutti gli altri organi e i muscoli, è meno elastico, quindi diventa necessario, al fine di evitare bruschi e pericolosi passaggi dal momento di lavoro a quello di riposo e viceversa, eseguire sempre con cura il riscaldamento e il defaticamento. Nella fase di recupero, in seguito allo stress subito durante l'allenamento, l'organismo si occuperà innanzi tutto di riparare il danno subito e tornare alla condizione iniziale, per poi ricostruire più di quanto distrutto in preparazione ad un nuovo, eventuale stress di tale entità. Se il primo stimolo stressante non è seguito da altri, il sistema non ha motivo di mantenere strutture extra che comporterebbero un inutile dispendio energetico e tenderà a tornare gradualmente alla condizione di partenza. Ciò suggerisce la necessità di sottoporre l'organismo ad un certo numero di stimoli successivi nel tempo, intervallati da opportune fasi di recupero, al fine di mantenere ed incrementare quanto acquisito in conseguenza al primo stress subito. Come il riscaldamento prepara i tuoi muscoli per l'allenamento, il defaticamento li prepara al riposo. Dopo l'allenamento, occorre rallentare ed alleggere i tuoi movimenti per almeno 5 minuti. E’ opportuno non fermare l'allenamento improvvisamente. Il defaticamento in modo corretto preverrà la formazione di acido lattico e ridurrà l'indolenzimento o l'irritazione dei muscoli.