Come gli alimenti condizionano la secrezione ormonale e come gli

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21-11-2013
DI ANNA GHIRARDELLO
BIOLOGA NUTRIZIONISTA
asta a pranzo e proteine a cena. Una tazza di latte caldo
per conciliare il sonno. Miti
popolari da sfatare o affermazioni scientificamente valide? Negli ultimi anni
sempre più studi hanno messo in luce
come oltre ai principi basilari di una corretta alimentazione, ossia la quantità e
qualità degli alimenti ingeriti, sia importante valutare gli orari dell’assunzione
degli stessi. Infatti, quando l’assunzione
dei nutrienti rispetta le variazioni ormonali circadiane a cui è soggetto l’organismo, ovvero i ritmi biologici che hanno
una durata di ventiquattro ore, si ha il
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Come gli alimenti
condizionano
la secrezione
ormonale
e come gli stessi
ormoni determinano
l’utilizzo dei nutrienti
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Questione di
massimo beneficio in termini di salute
psico-fisica dal regime alimentare.
I RITMI CIRCADIANI
I ritmi circadiani sono endogeni e all’interno di ogni cellula è geneticamente attivata o inibita la trascrizione dei geni
che determinano il ritmo di espressione
proteica intracellulare con una cadenza
di circa ventiquattro ore. Mediante il
controllo di diversi enzimi, sistemi di trasporto, recettori nucleari, tale orologio
genetico regola il metabolismo e l’omeostasi dell’organismo: i valori di glicemia,
lipidemia, insulinemia e quelli dell’adi-
ponectina, della leptina e di pressione
arteriosa seguono una variazione circadiana. Ulteriore prova della natura endogena di questi ritmi deriva dall’esistenza a livello dell’ipotalamo, nell’uomo
e nei diversi mammiferi, di un gruppo di
cellule, definite nel loro insieme nucleo
soprachiasmatico, la cui lesione comporta l’irregolarità e la scomparsa degli
stessi. L’attività ritmica di questo nucleo
ipotalamico è autonoma perché indipendente dalle connessioni sinaptiche
e sono le connessioni nervose tra cellule retiniche, ipotalamo ed epifisi, la
ghiandola produttrice di melatonina, la
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motilità del colon, massima di giorno e
minima la notte, il ricambio delle cellule
intestinali, l’immunoprotezione e la concentrazione dei diversi enzimi digestivi.
L’alternanza della luce e del buio è la variabile ambientale più nota che influenza i ritmi circadiani, ma l’alimentazione,
agendo sulla secrezione ormonale, è attualmente oggetto di numerosi studi atti
a verificarne l’impatto sulle funzioni biologiche dell’organismo.
ritmo
spiegazione dell’influenza luce-buio sui
ritmi endogeni. Accanto al nucleo soprachiasmatico, numerose evidenze
hanno dimostrato l’esistenza di un secondo centro di regolazione, detto Feo
(Food entrainable oscillators) e posto
probabilmente nello stomaco, che regola in modo circadiano la produzione di
grelina, un ormone anoressizzante.
Quando il nucleo soprachiasmatico viene distrutto la circadianità della produzione di grelina è mantenuta, suggerendo sia l’autonomia dello stomaco sia la
sua importanza nel regolare le funzioni
base del tratto gastroenterico, come la
L’INFLUENZA SUGLI ORMONI
L’esempio più noto di influenza nutrizionale sull’attività ormonale è quello dello
iodio, importante regolatore delle funzioni della tiroide, ma non il solo. L’ormone della crescita (somatotropina o
Gh) è secreto in maniera pulsatile, secondo un modello determinato dalla liberazione intermittente di Ghrh (Growth
hormone releasing hormone) nel sangue portale. La somatostatina, ormone
ad attività inibitoria secreto sempre dall’ipotalamo, non abolisce la pulsatilità
della secrezione di Gh, ma diminuisce
la capacita delle cellule somatotrope
ipofisarie di rispondere alle scariche di
Ghrh e riduce la frequenza delle scariche. Oltre a questi due ormoni, la secrezione di Gh è sottoposta all’influenza di
diversi nutrienti: una riduzione significativa dei livelli plasmatici di glucosio o di
acidi grassi, entrambi substrati per la
produzione di energia, determina un
aumento del livello plasmatico di Gh.
Un pasto ricco di carboidrati dimezza
rapidamente la concentrazione plasmatica di Gh, mentre un pasto ad alto contenuto proteico o l’infusione di una miscela di aminoacidi, soprattutto l’arginina, inducono un aumento dei livelli plasmatici di Gh. Interessante l’evidenza
che anche uno stato ipocalorico prolungato o il digiuno totale stimolano la secrezione di Gh, mentre in condizione di
obesità si assiste a una riduzione delle
risposte del Gh a tutti gli stimoli, compreso il Ghrh stesso.
GLUCOSIO E INSULINA
Nell’uomo il glucosio rappresenta il più
importante fattore che stimola il rilascio
di insulina, ma non l’unico: il polipeptide inibitorio gastrico e il peptide similglucagone, due ormoni gastrointestinali
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rilasciati in seguito a un pasto, potenziano l’effetto stimolante del glucosio. Al
contrario, la somatostatina secreta dal
pancreas o dalle cellule intestinali può
ridurre la risposta insulinica all'ingestione del cibo. Un aumento della secrezione di questo ormone è dato anche dalle
proteine introdotte con la dieta e, in particolare, dal rilascio di aminoacidi basici
(arginina e lisina) in seguito ai processi
digestivi. Quindi glucosio e aminoacidi
mostrano un effetto sinergico, mentre
trigliceridi e acidi grassi esercitano un’azione scarsa, o perfino nulla, sulla secrezione di insulina nell’uomo. Inoltre,
anche se l’insulina non presenta una
variazione circadiana la tolleranza al
glucosio varia durante il giorno: maggiore al mattino, bassa la sera.
SAZIO O AFFAMATO?
Il livello di insulina è il principale regolatore endocrinologico della secrezione di
leptina, ormone prodotto dal tessuto
adiposo con un ruolo importante nella
regolazione dell’appetito e del metabolismo. A digiuno, quando cioè i livelli di
insulina sono bassi, si ha scarsa secrezione plasmatica di leptina e quindi si
avverte appetito, mentre dopo un pasto,
nel momento quindi di massima produzione insulinica, ci si sente sazi proprio
grazie alle elevate concentrazioni di
questo ormone. Nei soggetti obesi si
hanno elevati livelli plasmatici di leptina,
ma si assiste a un meccanismo di resistenza all’ormone che ha come conseguenza la costante ricerca del cibo. La
secrezione di leptina è regolata anche
da alcuni specifici nutrienti: gli amminoacidi ramificati (leucina, isoleucina e
valina) e il glucosio inducono il rilascio
di leptina, mentre l’assunzione di acidi
grassi ne inibisce la secrezione. Altro ormone coinvolto nella regolazione della
fame è la grelina, sintetizzata principalmente ma non esclusivamente dallo
stomaco. Prima di mangiare i livelli di
questo ormone sono elevati e tornano a
livello basali al termine del pasto. Interessante sapere che non tutti i pasti
hanno lo stesso effetto sulla rapidità con
cui si abbassano i livelli di grelina: i carboidrati sono i più potenti soppressori,
mentre i grassi e le proteine riducono i
livelli di grelina in misura minore.
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LA COLAZIONE
Tutta la giornata è scandita da secrezioni ormonali e di ciò è importante tenere conto quando ci si siede a tavola.
Quando suona la sveglia al mattino nel
nostro organismo si ha un picco di secrezione di Acth, ormone adrenocorticotropo, e quindi di cortisolo, ormone
che attiva la gluconeogenesi, processo
che ricava glucosio da proteine. L’ipoglicemia al risveglio causa una riduzione del peso corporeo a discapito soprattutto della massa magra poiché sono le proteine muscolari il substrato di
elezione della gluconeogenesi. Non fare colazione porta quindi a una condizione di stress e carenza di nutrienti
che induce un aumento della secrezione di cortisolo e una diminuzione dei livelli di leptina. Il tutto si traduce in una
variazione del normale ritmo dei sistemi neuroendocrini, con una ridotta secrezione degli ormoni tiroidei e, quindi,
una diminuzione del metabolismo. Ottimi carboidrati complessi e fibre, con
una piccola quota di grassi, meno consigliate le proteine.
POCO E SPESSO
Ma quanto l’alimentazione può incidere? E come? In primo luogo mangiare
più spesso durante il giorno riduce le
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fluttuazioni delle concentrazioni di glucosio plasmatico e di conseguenza di
alcuni gli ormoni, soprattutto dell’insulina. Inoltre si stabilizzano i livelli plasmatici degli ormoni intestinali che regolano proprio il senso di sazietà. Consumare pasti regolari, soprattutto suddividendoli in 5 pasti giornalieri, di cui 3
principali (colazione, pranzo e cena) e
2 spuntini, a metà mattinata e metà pomeriggio, contribuisce a innalzare l’effetto termogenico postprandiale del cibo. L’importanza del mantenimento dei
fisiologici ritmi circadiani riguardanti
l’assunzione di cibo è stata confermata
da alcuni importanti studi. Saltare un
pasto per quattro settimane senza variare l’apporto calorico giornaliero totale
aumenta la massa grassa, mentre una
diminuzione dell’intervallo tra i pasti
comporta una secrezione maggiore di
leptina, ovvero maggior senso di sazietà, e una maggiore ossidazione dei
grassi durante la notte. Un ulteriore
studio ha dimostrato come a parità di
introito calorico soggetti che consumano un solo pasto quotidiano, nel pomeriggio, presentano peso e massa grassa
maggiori rispetto a chi mangia tre volte
al giorno. Ciò è da mettere in relazione
da un lato al diverso quadro ormonale
disponibile a una determinata ora, e
dall’altro alla differente responsività ormonale che l’organismo presenta a un
nutriente rispetto a un altro.
CARBOIDRATI, GRASSI E PROTEINE
Diversi studi hanno messo in evidenza
che la tolleranza glucidica, espressa come
capacità dell’organismo di rispondere a
un carico glicemico, sia maggiore durante
la mattinata rispetto alle ore serali. Dato
che livelli elevati di glicemia possono o
meno evolvere in diabete e obesità, ma
comportano comunque a lungo termine
un aumentato rischio cardiovascolare, è
chiaro che consumare carboidrati nelle
ore di maggior responsività ormonale può
rappresentare un fattore protettivo nei
confronti dei dismetabolismi glucidici. Oltre quindi a privilegiare i carboidrati a colazione e a pranzo è buona norma consumare con moderazione carboidrati semplici che producono una secrezione rapida, ma transitoria, di insulina, con la conseguenza di lasciarci ben presto di nuovo
affamati. E la sera? Via libera, nei limiti delle corrette ripartizioni di nutrienti giornaliere, a grassi e proteine. L’ossidazione degli
acidi grassi risulta più efficiente nelle ore
serali, mentre l’apporto di proteine determina un aumento plasmatico dei livelli di
cortisolo e di Gh, entrambi caratterizzati
da picchi massimi di secrezione notturni.
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