Liceo "Newton" di Chivasso Schede di Letteratura greca

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Liceo "Newton" di Chivasso
Schede di Letteratura greca
Quarto
anno
Eschilo
(Eleusi, 525 - Gela, 456 a.C.)
Busto di Eschilo conservato ai Musei Capitolini di Roma:
sembra l'unico che riproduca con una certa verosimiglianza
le fattezze del tragediografo, compresa la testa pelata
che è all'origine della bizzarra leggenda sulla sua morte.
Eschilo nacque ad Eleusi nel 525 a.c in seno ad una famiglia aristocratica. La sua città di
origine, che dista circa venti chilometri da Atene, era nota soprattutto per i suoi riti misterici
in onore di Demetra, dea che presiede alla fertilità della Natura. Sembra che lui stesso sia stato
iniziato ai misteri eleusini: questi riti, di sicura origine matriarcale, si rifanno al mito di
Persefone, sottratta dalla madre Demetra al regno degli inferi ed al matrimonio con Ade per
sei mesi all'anno (corrispondenti alla primavera e all'estate); la notizia di una loro conoscenza
da parte di Eschilo ci viene fornita da Aristofane nelle Rane1. Tuttavia il suo rapporto con
questo tipo di religiosità non è chiaro: secondo alcune fonti2 egli sarebbe stato persino
processato per empietà per averne divulgato i segreti, e proprio questa sarebbe la causa del
suo esilio a Gela, in Sicilia, dopo il 458 a.C. Un'analoga accusa, come vedremo, penderà sul
capo di Euripide, accusato di avere divulgato i misteri dionisiaci, il che getta una luce alquanto
sinistra sulla sua fine, che sembrerebbe obbedire alle regole del contrappasso, come è tipico
delle esecuzioni all'interno delle sette esoteriche.
Eschilo esordì molto giovane come attore e poi come autore di drammi, vincendo per la prima
volta alle Grandi Dionisie del 484, quando aveva già 41 anni. Le ragioni di questa scarsa
precocità vanno ricercate probabilmente nel fatto che in precedenza il grande tragediografo si
era dedicato soprattutto alla difesa della patria come combattente. La Grecia in questo
1 Rane 330 segg.
2 Aristotele ed Eraclide Pontico.
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periodo è sconvolta dalle guerre contro i Persiani, ed Eschilo partecipa alla battaglia di
Maratona e molto probabilmente anche a quelle di Salamina e Platea, la prima al fianco dei
suoi due fratelli. Sembra che il loro comportamento in battaglia sia stato così valoroso (il
fratello Cinegiro morì con la mano mozzata da una scure mentre tratteneva a riva una nave
persiana) da indurre il governo cittadino a commissionare un dipinto che ne esaltasse le
gesta; Eschilo stesso fornisce un emozionante e commosso resoconto della battaglia di
Salamina ne I Persiani. È interessante notare come la tradizione leghi la vicenda biografica dei
tre tragici alla battaglia di Salamina collocando la nascita di Euripide nello stesso giorno della
battaglia (23 settembre del 480), sulla stessa isola, mentre Eschilo combatteva e Sofocle
sedicenne intonava il peana per la vittoria.
Vi sono tuttavia anche altre motivazioni che possono avere inciso sul successo, non certo
scarso ma inferiore a quello del suo rivale e successore Sofocle, che Eschilo ottenne in vita
(vinse in totale 13 volte3, contro le 24 di Sofocle): fra queste la netta scelta di campo in favore
della democrazia radicale, che gli attirò certamente l'ostilità dei "cimoniani" (i democratici
moderati), e l'estrema difficoltà del suo stile, soprattutto nei primi drammi: uno stile così alto
ed impervio da avere creato la diceria (riportata da Plutarco4) che egli componesse in stato di
ubriachezza. Risultava inoltre sconcertante la sua tendenza a ricorrere ad effetti scenici
raccapriccianti, in una tendenza all'èkstasis che poté apparire eccessiva a molti critici (si veda
la parodia aristofanea nelle Rane): si narra, ad esempio, che l'ingresso dell'orribile coro delle
Erinni ne Le Eumenidi colpì a tal punto gli spettatori che si ebbero casi di bambini che
svennero e di donne che abortirono (l'episodio è narrato nella Vita di Eschilo, di autore
ignoto5).
Il periodo in cui visse Eschilo, come si accennava, vide il nascere e lo svilupparsi della
democrazia nella città di Atene: nel 510 Ippia, l'ultimo tiranno della famiglia dei Pisistradi,
viene cacciato in esilio; nel 508 Clistene è autore di una riforma politica pienamente
democratica; gli anni successivi vedono il sorgere dell'astro di Temistocle, il vero e proprio
fondatore della democrazia radicale, imperniata su un progetto imperialistico ed egemonico
che vede in Sparta la principale rivale da sottomettere. Eschilo fa proprio questo
orientamento politico: difende l'operato di Temistocle ne I Persiani, ribadisce con forza il
ruolo del "governo del popolo" ne Le supplici, partecipa attivamente al dibattito sulle
competenze dell'Aeropago, che vede contrapposti per un decennio Cimone ed Efialte, nelle
Eumenidi, terza ed ultima parte della trilogia dell'Orestea, schierandosi a favore di Efialte in
favore della restrizione dei poteri dell'Areopago ai soli casi di sangue, come in origine,
lasciando all'Eliea e alla Bulè la giurisdizione su quelli di "lesa maestà".
Quando Gerone, tiranno di Siracusa, fondò la città di Etna (l'attuale Catania), nel 474, invitò
Eschilo a corte: egli non esitò a recarvisi e qui scrisse e fece rappresentare le Etnee, dedicate
alla nascita della città.
Tornato in Grecia nel 468, ebbe un'amara sorpresa: venne subito sconfitto da un debuttante,
Sofocle, nelle annuali gare teatrali. Nel 467 Eschilo tornò però a vincere con una tetralogia
ispirata ai miti del ciclo tebano, che comprendeva, oltre al dramma satiresco La Sfinge, le
tragedie Laio, Edipo e i Sette contro Tebe, quest'ultimo unico ad essere giunto fino a noi.
3 Altre fonti danno un totale di 28 vittorie, considerato però dai più inattendibile.
4 Symposiakà X.
5 Vita Aeschyli 9.
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La presenza di Sofocle sulla scena fu il principale problema di Eschilo come tragediografo
negli anni successivi; egli tuttavia sembra apprezzare e fare proprie alcune innovazioni del
giovane rivale: i suoi drammi diventano più movimentati in seguito all'introduzione del terzo
attore ed anche il suo stile ne risente, diventando meno arduo e più comprensibile col passare
del tempo.
La sua vittoria più importante arriverà tuttavia nel 458 a.C. con la rappresentazione
dell'Orestea, una monumentale trilogia costituita da Agammenone, Coefore ed Eumenidi,
vertice dell'arte drammatica di Eschilo e uno dei vertici del teatro di tutti i tempi.
Dopo il trionfale successo dell'Orestea, Eschilo, non si sa perché, si trasferì a Gela. Su questo
suo secondo soggiorno in Sicilia i pareri sono discordi: secondo alcuni esso si configurerebbe
come esilio, comminato al poeta in seguito al processo per la rivelazione dei misteri eleusini;
secondo altri, più semplicemente, egli avrebbe risposto ad un nuovo invito del tiranno Gerone,
con un'uscita di scena da vera primadonna, che tuttavia sembra segnare una netta presa di
distanza rispetto alla sua pòlis, non a caso pochi anni dopo l'assassinio di Efialte (461 a.C.).
In Sicilia comunque egli morì nel 456 a.C., e sulla sua morte si diffuse ben presto un aneddoto
alquanto surreale, riportato da Valerio Massimo6: Eschilo aveva saputo da un oracolo che
sarebbe morto per un proiettile caduto dall'alto, per cui aveva preso l'abitudine di
soggiornare in aperta campagna; tuttavia, mentre stava prendendo il sole, un'aquila gli
avrebbe lasciato cadere, per spezzarla, una tartaruga in testa, scambiandola, data la calvizie,
per una pietra.
Sul suo epitafio, per sua volontà, non furono ricordate le vittorie in ambito teatrale, ma solo i
suoi meriti come combattente a Maratona.
Dopo la sua morte egli fu oggetto da parte dei suoi concittadini di una stima particolare: il più
grande onore che gli venne concesso fu la rappresentazione postuma delle sue tragedie, segno
di eccezionale onore (in Atene non esistevano le repliche, dato che il teatro svolgeva una
funzione paideutica legata al momento storico-politico presente).
Ebbe un figlio, Euforione, anch'egli tragediografo.
Tragedie
Eschilo scrisse probabilmente una novantina di opere, ma ne possediamo solo sette, di cui una
(il Prometeo incatenato) di incerta attribuzione; l'ordine cronologico oggi accettato dai critici è
il seguente:
• I Persiani del 472 a.C.;
• I sette contro Tebe del 467 a.C.;
• Le supplici del 463 a.C.;
• Prometeo incatenato del 470-460 a.C. (?)
• Orestea del 458 a.C., comprendente Agamennone, Coefore ed Eumenidi.
Fu anche un apprezzato autore di drammi satireschi (fra questi si annoverano Gli spettatori o
atleti ai giochi istmici e quasi certamente il Prometeo appiccatore del fuoco, Προμηθεύς
Πυρκαεύς).
6 Valerio Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri IX, VIII 7, ext. 3.
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Innovazioni tecniche
Ad Eschilo viene attribuita l'introduzione di maschera e coturni; egli è l'inventore (ed anche
l'unico tragico a noi noto che ne faccia uso) della "trilogia legata", in cui le tre opere tragiche
presentate durante l'agone erano appunto "legate" dal punto di vista contenutistico, come
nell'Orestea (unica trilogia pervenutaci per intero). Il meccanismo non è tanto quello delle
"puntate", quanto piuttosto quello degli "episodi", abituale nei serial televisivi: la differenza
consiste nel fatto che ogni singolo episodio può essere apprezzato anche in sé, avendo uno
sviluppo logico e drammatico intrinseco.
Eschilo introdusse il secondo attore, rendendo possibile la drammatizzazione di un conflitto
tramite dialoghi, oltre che monologhi o scambi con il Coro. Gli è attribuita anche la progressiva
riduzione dell'importanza del Coro, anche se in alcuni casi, come nelle Supplici, esso ha ancora
una parte preponderante.
Dopo l'ingresso in scena del giovane rivale Sofocle, che gli contendeva la popolarità grazie
anche a innovazioni come l'introduzione di un terzo attore e di personaggi più umani, con una
certa tendenza al patetismo, le trame di Eschilo si fanno più complesse e movimentate, com'è
evidente nell'Orestea. Tuttavia egli conserva fino alla fine un'estrema coerenza, concedendosi
solo di rado accenti e spunti patetici, e mai senza una profonda motivazione drammatica (caso
esemplare il bellissimo monologo della nutrice nelle Coefore, che deve fungere da
contrappunto all'indifferenza della vera madre, Clitennestra).
In tutte le sue tragedie, poi, lo stile è immaginifico, ricco di metafore, neologismi, arcaismi,
hàpax legòmena, alto e arduo fino all'incomprensibilità, inimitabile e straordinariamente
potente: di alcune affermazioni dei personaggi eschilei non si coglie il senso, ma piuttosto il
bagliore allucinato.
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