Dioniso_il_mito

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DIONISO
Alcuni miti su Dioniso
Uno dei più importanti dei terrestri fu pei Greci antichi Dioniso. Era il dio del vino e della
viticultura, ma in senso più generale rappresentava quell'energia della natura la quale, per effetto del
calore e dell'umido, porta a maturità i frutti delle piante; era quindi una deità benefica per gli
uomini, e a lei si attribuivano tutti i benefici del benessere, dell'ordine morale e civile, della cultura.
Ma poiché l’energia vitale della terra ha la sua sosta e quasi una temporanea cessazione
nell'inverno, così si immaginò un Dioniso sofferente e perseguitato. Di qui i molti miti relativi a
questo dio, nei quali agli clementi greci s'intrecciarono molti altri di origine orientale. Eccone
alcuni.
1. Luogo di nascita di Dioniso era creduta la città di Tebe; e sua madre era considerata Semele,
amata da Zeus. Indotta dalla gelosa Era a chiedere la grazia di poter vedere l'amante in tutta
la sua maestà fra tuoni e lampi, Semele fu avvolta dalle fiamme di Zeus e morì. Zeus però
ebbe cura del figlio che da lei doveva nascere e lo consegnò ad Ermes perchè lo portasse alle
ninfe marine che s'incaricarono di allevarlo; secondo un’altra leggenda la sua prima nutrice
fu Ino, la sorella di Semele; in ogni caso è sempre un essere connesso con l’acqua quello cui
Dioniso viene affidato dopo che Semele viene bruciata. Il mito assume un significato
naturale: Semele è la terra che vien bruciata dai raggi estivi del sole, ma il frutto delle sue
viscere, il calore vivificante e maturante, è salvo e mantenuto in vita dalle ninfe dell'acqua
ossia dalle nuvole irrigatrici.
2. Cresciuto nella solitudine dei boschi ed educato principalmente dal satiro Sileno, Dioniso
pianta la vite, e s'inebria del liquido che da essa cola (il vino) e comincia a girare di luogo in
luogo, incoronato d'edera e alloro, con un numeroso corteo di ninfe e satiri e le foreste e i
campi risuonano delle grida di giubilo emesse dall'allegra comitiva. Così Dioniso va
estendendo di regione in regione la viticoltura e insegna agli uomini a lavorar la terra, fonda
nuove città, si fa maestro di più miti costumi e di una vita socievole e più lieta.
3. Una bella leggenda, adatta a far vedere quanta efficacia si attribuisce all'uso del vino, e
quanta fosse la potenza di Dioniso, è quella dei pirati Tirreni. In occasione d'un viaggio nel
Mediterraneo, Dioniso, che aveva assunto la forma d'un bel ragazzo coi capelli ricciuti e il
mantello di porpora, fu preso da alcuni pirati Tirreni, che volevano portarlo con sé per
venderlo in Italia. Ma a un cenno del divino fanciullo, cadono i ceppi che l'avvincono, tralci
di vite e rami d'edera s'avviticchiano intorno all'albero della nave e intorno alle vele, mentre
un coro di ninfe invisibili intona un canto di festa. Compaiono davanti ai marinai attoniti
leoni e pantere, perciò essi spaventati si buttano in mare e sono trasformati in delfini (v.
immagine nei Luoghi della storia, p. 160), salvo uno che, indovinando un essere divino nel
fanciullo, s'era opposto al comportamento dei compagni.
4. Un mito più recente è quello degli iniziati ai misteri orfici, che ritenevano Dioniso figlio di
Zeus e di Persefone. I Titani, figli della Terra, aizzati da Era lo presero fanciullo e lo
tagliarono a pezzi e divorarono, ma Era ne portò il cuore a Zeus. Questi lo inghiottì e più
tardi diede alla luce un altro Dioniso, il Tebano (v. mito 1), mentre intanto fulminò i Titani.
Dalla cenere di questi nacquero gli uomini, e di qui la lotta tra il bene, che proviene
dall'elemento dionisiaco che è in noi, e il male nell'animo umano, che proviene dai Titani. I
riti dionisiaci e orfici miravano a ritrovare la scintilla divina che è in noi attraverso il furore
bacchico.
Le forme del culto di Dioniso
Il Culto di Dioniso era straordinariamente diffuso in tutte le regioni della Grecia e nelle isole e
nell'Asia Minore sin dalle epoche più remote, anche se alcuni studiosi pensano sia stato importato in
epoche più recenti dal mondo orientale. Dioniso si celebrava con feste rumorose ed orgiastiche, più
o meno selvaggiamente secondo i luoghi. Per lo più le feste avevano si celebravano in regioni
montuose e di notte al lume delle fiaccole. Uno stuolo di donne e di fanciulle (giacché gli uomini
erano esclusi), dette Menadi o Tiadi o Baccanti, agitava tirsi (un’asta con la punta ricoperta di
pampini di vite o di edera) e fiaccole; si avvolgevano il corpo con serpi, tra una musica assordante
di tamburelli e di flauti, facevano una processione rumorosa detta tiaso, danzando e abbandonandosi
a movimenti scomposti, quali suggeriva la sovreccitazione da cui erano invasate. Intanto cantavano
inni a Dioniso, gridando Evoè, Evoè, e invocandolo con diversi epiteti, come Bacco e Iacco, e, tra
altre stravaganze, laceravano fiere del bosco, cerbiatti, lupicini, capretti e ne mangiavano la carne
cruda. Era tutto ciò un ricordo e un simbolo dello scempio che l'inverno fa di tutti i prodotti della
terra. Invece di primavera si festeggiava il ritorno di Dioniso con spargimento di fiori e lieti canti.
Le feste dionisiache ad Atene
Le feste dionisiache che si celebravano in Atene erano:
l. le piccole Dionisie, o le feste rurali di Dioniso, avevano luogo sul finire di novembre o al
principio del dicembre; si faceva una processione col sacrificio di un capro. Alla festa si
aggiungevano danze burlesche legate al mondo contadino e motti spiritosi, all’origine della poesia
drammatica.
2. le Lenee, o festa del torchio; avevano luogo in Atene a gennaio. Presso il Leneo, uno dei due
tempi i di Dioniso, si faceva una solenne processione; si teneva un gran banchetto in campagna, per
il quale la città forniva la carne; si beveva del mosto; si allestivano rappresentazioni teatrali;
3. le Antesterie; si celebravano nel mese Antesterione (febbraio-marzo) e duravano tre giorni; nel
primo si festeggiava lo spillare del vino nuovo che allora aveva finito di fermentare; nel secondo
giorno, la festa del boccale, si faceva un solenne banchetto bevendo a gara il vino spillato; il terzo
giorno era detto festa della pentola, perchè si esponevano le pentole con legumi cotti che dovevano
servire come offerta alle anime dei defunti le quali, secondo la credenza comune, quel giorno
venivano sulla terra;
4. le grandi Dionisie, o le Dionisie cittadine, erano la principale festa della primavera per gli
Ateniesi, e si celebrava con grande pompa. Durava più giorni e attirava una grande folla dai paesi
vicini. In una grandiosa processione si portava dal Leneo a un altro tempio, poi di nuovo al Leneo,
una piccola immagine di legno del dio, fra lieti cori inneggianti a Dioniso liberato. Si aggiungevano
banchetti, festini, e negli ultimi giorni si rappresentavano tragedie e commedie, e si distribuivano
solennemente le pubbliche onorificenze a chi se n'era reso degno.
Dioniso in Italia
Antica Deità italica corrispondente a Dioniso era Liber o Liber pater, generalmente associato con
Cerere (= Demetra) e Libera (= Persefone). Era il dio del vino, della vendemmia, e in genere di ogni
produzione terrestre e animale; durante le feste di lui i devoti solevano abbandonarsi ad un'allegria
libera (donde il nome), con canti e motti pungenti e versi fescennini. Queste feste si chiamavano
Liberalia, e si celebravano a metà marzo per chiedere la prosperità della campagna, e nella stagione
della vendemmia per festeggiare il raccolto fatto. È però da notare che le feste italiche non avevano
quel carattere rumoroso ed orgiastico che il culto di Dioniso ebbe in Grecia. Solo più tardi, per
l'influenza greca, s'introdussero in Roma le cerimonie misteriose e poco oneste dei Baccanali, ma lo
Stato non le riconobbe, anzi cercò impedirle o almeno frenarne la licenza.
Arti dionisiache e arti apollinee
In Grecia le arti si consideravano ispirate e protette da Apollo e da Dioniso, a seconda che fossero
improntate all’equilibrio e alla perfezione o all’esplosione delle passioni e della follia. Erano perciò
sotto la protezione di Apollo la musica, la poesia, la scultura e l’architettura, fondate sulle
proporzioni e l’equilibrio, sulla perfezione delle forme, sul controllo razionale e logico, mentre
tragedia e commedia, in cui esplodevano istinti, passioni violente, follia, trasgressione, erano
dominate da Dioniso.
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