1 NICOLETTA FERRUCCI “RICOMPOSIZIONE FONDIARIA E CONSERVAZIONE DELL'INTEGRITA' DELL'AZIENDA AGRICOLA” (*) Il tema di questo incontro “ricomposizione fondiaria e conservazione dell'integrità dell'azienda agricola” sollecita anzitutto una riflessione preliminare sul significato diacronico che lo connota. A prima vista, infatti, indugiare su queste tematiche potrebbe apparire una mera operazione nostalgica, una sorta di archeologia giuridica, alla luce di un trend legislativo che si è andato consolidando negli ultimi anni, proiettato verso un tendenziale abbandono della posizione centripeta che da sempre ha caratterizzato il fondo rustico. Sul multiforme scenario del diritto agrario europeo e nazionale si va delineando un gioco di armoniosi contrappunti in cui si intrecciano da un lato la tendenza all’emancipazione dai retaggi della tradizionale concezione fondiaria dell’agrarietà e dall’altro 2 l’orientamento verso la collocazione dell’agricoltura in una dimensione sempre più spiccatamente territoriale. La presenza del fondo è andata ormai perdendo la sua atavica prerogativa di esclusivo elemento che qualifica la natura agricola di un'attività, ed oggi è affiancata in questo ruolo dallo svolgimento di un ciclo biologico, come enfaticamente afferma il legislatore delegato del 2001 (1). Al contempo nell’ottica del sostegno finanziario comunitario a favore dell’agricoltura, e ancora sul piano della legislazione nazionale, si va consolidando una tendenza mirata a privilegiare l’esercizio di nuove tipologie di attività legate a valori, quali la protezione del paesaggio, la tutela dell’ambiente, la garanzia del benessere degli animali (2). Se tutto ciò è indiscutibilmente vero, è però altrettanto innegabile che se noi andiamo a leggere queste primizie legislative con occhiali non offuscati dall’entusiasmo verso il pur forte imprinting paesaggistico-ambientale che le connota, non può sfuggire la circostanza che l’apertura al nuovo non è sinonimo di totale abbandono di ogni riferimento al fondo ed alle attività tradizionali di 3 produzione, che in ogni normativa ora richiamata è pur sempre presente (3). Le nuove tendenze non hanno nebulizzato le forme meno avvenieristiche di agricoltura, e in particolare le attività volte alla produzione di prodotti agricoli sul cui vetusto tronco si innestano i nuovi virgulti delle produzioni biologiche, di quelle c.d. "tradizionali" e di quelle “di qualità”. La terra, dunque, costituisce ancora per molte delle nostre aziende agricole un elemento strutturale di grande importanza: questa considerazione colora di attualità un tema antico, la verifica della adeguatezza delle strutture fondiarie come base territoriale delle aziende agricole, e la ricerca di strumenti idonei a superare le eventuali defaiances che tali strutture possono presentare. Il monito lanciato agli inizi del secolo scorso dall'economista agrario (4) sugli effetti devastanti in termini di redditività delle imprese prodotti dalle diverse patologie che inficiano le relative strutture fondiarie, riecheggia minaccioso nelle orecchie di chi legge i più recenti dati Istat che rivelano in Italia, rispetto al precedente censimento del 1990, una riduzione della superficie agricola aziendale di 3,1 milioni di ettari: negli anni novanta, l'Italia ha perso 4 il 13,6% della superficie agricola aziendale e, nel decennio considerato,l'estensione media aziendale italiana è rimasta pressoché immutata ( si è passati da 7,52 ha a 7,57 ha) e permane una delle più basse d'Europa (5). Se appare dunque superata quella atavica esigenza di ovviare ad un eccesso di dimensioni del fondo rispetto ad una razionale utilizzazione imprenditoriale del medesimo, che aveva ispirato la legislazione di riforma fondiaria degli anni cinquanta finalizzata a combattere il fenomeno del latifondo (6), drammaticamente attuale si prospetta dunque la necessità di intervenire ad eliminare o, comunque attenuare, gli effetti perversi di fenomeni di segno remoto ma tuttora estremamente vitali, dalla cui azione sinergica deriva la tendenziale inadeguatezza dimensionale della base fondiaria delle nostre imprese. Mi riferisco in particolare alla c.d. “polverizzazione”, cioè alla esistenza di superfici troppo ridotte, non idonee allo sviluppo di strutture produttive competitive; e alla c.d. “frammentazione”, termine che indica quel fenomeno in base al quale singole unità produttive sono formate da appezzamenti di terreno appartenenti 5 allo stesso proprietario, ma separati l'uno dall'altro da appezzamenti appartenenti ad altri. Si tratta di fenomeni la cui genesi è legata ad una pluralità di potenziali cause, tra le quali indubbiamente la peculiare morfologia del nostro territorio gioca un ruolo non irrilevante, si pensi che l’ottanta per cento del territorio vocato all’agricoltura è situato in zone di montagna o collinari; ma che sono tendenzialmente identificabili in quell'eccessivo frazionamento dei fondi che spesso rappresenta il risultato della applicazione della vigente normativa che regola la circolazione dei terreni agricoli, sia con riferimento agli atti inter vivos, sia in misura maggiore e più incisiva in relazione alla successione mortis causa (7). Il regime ereditario comune contemplato dal codice civile del 1942, fortemente condizionato dal rispetto dei valori consacrati nel Code Napoleon, a loro volta retaggio delle ideologie che hanno caratterizzato la Rivoluzione francese, da tempo è stato infatti definito una "machine a acher le soil" (8). I principi ai quali si ispira, l'unità del regime successorio a prescindere dalla natura dei cespiti ereditari, l’uguaglianza di 6 trattamento dei figli del de cuius, la tutela dei legittimari che limita fortemente la libertà testamentaria del de cuius medesimo, e, infine, la divisione in natura del patrimonio relitto appaiono fortemente configgenti con le esigenze che connotano la successione agraria, e che invocano l’elaborazione di un regime ereditario speciale per l’agricoltura in deroga all’ordinario regime codicistico delle successioni mortis causa (9), in grado di garantire la conservazione della integrità del fondo rustico e più in generale dell’azienda agricola, la continuazione dell’esercizio dell’impresa ad opera di soggetti professionalmente qualificati, e, infine, un adeguato riconoscimento all’attività di collaborazione prestata nell’impresa agricola del de cuius in epoca anteriore alla morte di quest’ultimo (10). In quest'ottica, i due fenomeni che mi accingo a trattare la ricomposizione fondiaria e la conservazione dell'integrità dell'azienda agricola, si rivelano strettamente collegati, assumendo quasi le sembianze di una sorta di Giano bifronte: se è vero infatti che il regime ereditario rappresenta una delle cause della frammentazione e della polverizzazione fondiaria, appare per altro 7 verso paradossale adottare strumenti mirati alla formazione di idonee strutture produttive, eventualmente supportati economicamente da risorse finanziarie pubbliche, se poi con cadenza ciclica i risultati conseguiti vengono travolti dal fenomeno successorio che puntualmente riporta la proprietà dei fondi in capo ad eredi anche non coltivatori e provoca la frammentazione dei fondi medesimi e in ultima analisi la cessazione dell’impresa (11). Questo profondo legame è stato colto immediatamente dalla dottrina economica e da quella giuridica (12), anche sotto la spinta di forti pressioni provenienti dal mondo agricolo, e in sintonia con lo stesso dettato della Costituzione che all’art.44 sollecita il legislatore a fissare limiti alla estensione della proprietà terriera privata e a promuovere la ricostituzione delle unità produttive, al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e a stabilire equi rapporti sociali. La risposta che il legislatore ha offerto a queste istanze si è snodata lungo un tortuoso percorso, nelle due direzioni della ricerca di strumenti per così dire “preventivi”, mirati cioè ad impedire il frazionamento dei fondi di misura riconosciuta idonea, e della 8 adozione di rimedi successivi che si propongono l’accorpamento di fondi polverizzati o frammentati fino a costituire ex novo una o più unità da considerare di convenienti dimensioni. In questa sede appare opportuno dedicare solo un breve flash alla analisi di questi precedenti normativi, per poi focalizzare l’attenzione sopra alcune singolari primizie legislative in materia. Prendendo le mosse dalla analisi degli strumenti riconducibili alla ricomposizione fondiaria, appare immediatamente evidente la scelta di fondo del legislatore di realizzare il suo obbiettivo prevalentemente attraverso il ricorso a procedimenti di tipo coattivo. Ne è emblematico esempio la normativa sulla bonifica integrale, contenuta nel testo unico approvato con regio decreto 13 febbraio 1933,n.215, che prevede la costituzione di consorzi di ricomposizione fondiaria ai quali viene riconosciuto il potere di porre in essere espropriazioni e trasferimenti coattivi. Compiti di ricomposizione fondiaria sono stati poi attribuiti dal d.P.R. 23 giugno 1962, n.948, agli Enti di sviluppo agricolo, legittimati a procedere alla formazione di convenienti unità fondiarie in zone particolarmente depresse, e quindi da valorizzare, mediante 9 ricomposizione di proprietà frammentate o mediante arrotondamento di proprietà esistenti. Al filone normativo della ricomposizione fondiaria sono peraltro riconducibili anche alcuni istituti in cui la realizzazione della finalità ricompositiva è affidata alla iniziativa del privato, accompagnata da un supporto legislativo mirato a rafforzare la posizione di quest’ultimo nei confronti di altri soggetti con i quali interagisce. Emblematico in tal senso l’istituto della prelazione del confinante nella ricostruzione disegnata dall'azione sinergica della originaria disciplina contenuta nella legge 14 agosto 1971,n.817, all'art.7, e dall'apporto costruttivo di un importante filone interpretativo giurisprudenziale generato da una pronuncia delle Sezioni unite della Corte di cassazione, la n.6123 del 18 ottobre 1986 (13). La ratio sottesa a questa tipologia di prelazione è stata infatti concordemente identificata nell'accorpamento e riordinamento fondiario anche se la disciplina ad essa relativa prescinde da requisiti di idoneità fondiaria del fondo confinante. :Del resto proprio questa finalità ricompositiva, ha suggerito alla giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione, la 10 soluzione di una delle più dibattute e sofferte questioni sorte dal lacunoso dettato della legge, quella inerente alla individuazione del soggetto da preferire nell'ipotesi in cui il diritto di prelazione sia esercitato da più proprietari confinanti aventi titolo: spetta infatti ora al giudice accordare prevalenza all’uno o all’altro dei confinanti alla stregua della maggiore o minore attitudine a concretare la finalità perseguita dalla norma, e cioè l’ampliamento delle dimensioni territoriali dell’azienda diretta coltivatrice che meglio realizzi le esigenze di ricomposizione fondiaria,di sviluppo aziendale e di costituzione di unità produttive efficienti sotto il profilo tecnico ed economico. Sul versante della prevenzione della frammentazione fondiaria si registra nel panorama legislativo nazionale una proliferazione di provvedimenti assolutamente inappaganti, legati dal discutibile fil rouge di una redazione condotta secondo una tecnica legislativa assai discutibile, foriera di problemi interpretativi ed applicativi non di poco conto, mal coordinati tra loro, che deludono ampiamente le aspettative di quella dottrina che propugnava una soluzione organica e tendenzialmente completa. 11 La penosa vicenda che ha caratterizzato la disciplina codicistica della minima unità colturale, rappresenta un esempio significativo di questo sostanziale insuccesso del legislatore: ispirata dall’esigenza di prevenire la frammentazione dei fondi, quella normativa appare sicuramente illuminata sotto il profilo della struttura e della dinamica dell’istituto che fa perno sul divieto di operare nei trasferimenti di proprietà, nelle divisioni e nelle assegnazioni a qualunque titolo che abbiano ad oggetto terreni destinati a coltura o suscettibili di coltura, e nella costituzione di diritti reali sui terreni medesimi, a frazionamenti che non rispettino la minima unità colturale (14), intendendo come tale l’estensione di terreno necessaria e sufficiente per il lavoro di una famiglia agricola e, se non si tratta di terreno appoderato, per esercitare una conveniente coltivazione secondo le regole della buona tecnica agraria. Peccato che questa complessa ed articolata disciplina, al di là dei problemi interpretativi cui ha dato luogo, in particolare sotto il profilo della applicabilità del divieto ai trasferimenti mortis causa, non abbia trovato attuazione grazie alla circostanza che la determinazione in concreto della minima unità colturale era 12 demandata ad una autorità amministrativa rimasta non identificata con conseguente paralisi di tutto l’apparato di controllo delle dimensioni dei fondi ad esso collegato. Altri interventi del legislatore riconducibili a questo filone della prevenzione della frammentazione fondiaria, prospettano soluzioni interessanti, ma purtroppo caratterizzate da un ambito di operatività territorialmente limitata, come la legislazione provinciale di Bolzano sul maso chiuso, nella attuale e nella precedente versione, che sancisce la indivisibilità dell’azienda agricola maso chiuso sia nei trasferimenti inter vivos che in quelli mortis causa (15). In altri casi le soluzioni proposte appaiono legate a filoni normativi politicamente contingenti, come la legge 3 giugno 1940,n.1078, che dettava norme per evitare il frazionamento delle unità poderali assegnate a contadini coltivatori diretti, per effetto di trasferimenti per atto tra vivi o a causa di morte; e la stessa normativa in materia di riforma fondiaria che ha esteso alle terre di riforma riscattate, il divieto di frazionamento contemplato dalla normativa del 1940 (16). Nel panorama legislativo italiano si possono poi focalizzare alcune disposizioni che se pur concepite dal legislatore con logiche e 13 finalità diverse da quella della tutela dell’integrità fondiaria, nel loro complesso realizzano risultati che si pongono nell’ottica considerata. In questa direzione vengono in considerazione l’art.722 del codice civile relativo agli immobili compresi nell’eredità non comodamente divisibili o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell’igiene, di cui peraltro si discute l’applicabilità ai fondi rustici, ed il penultimo comma dell’art.230 bis dello stesso codice civile, che, in caso di divisione ereditaria, conferisce ai partecipi all’impresa familiare di cui al primo comma, un diritto di prelazione sull’azienda: norma quest’ultima, che ovviamente trova applicazione nel settore agricolo solo allorquando l’impresa risulti gestita nella forma dell’impresa familiare. D’altro canto, la attuale riviviscenza della questione legata alla limitatezza delle dimensioni fondiarie, che emerge in termini così evidenti e forti dai dati Istat sopra ricordati, conferma che la risposta offerta finora dal nostro legislatore non è stata in realtà adeguata ad eliminare o comunque ad arginare il problema. 14 Appare dunque interessante focalizzare l'attenzione sul singolare e composito quadro normativo offerto da una recente fuga di provvedimenti legislativi, alcuni emanati in epoca recente ed altri addirittura in corso di approvazione in sede governativa, che assemblano in un mosaico peraltro non sempre coerente ed armonioso, norme mirate ad offrire una soluzione a tutto tondo al problema della ricomposizione fondiaria e a quello della conservazione dell’integrità aziendale. Mi riferisco ad alcune disposizioni inserite all’interno della legge 28 dicembre 2001, n. 448 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, legge finanziaria 2002, alle quali si ispira e parzialmente si riallaccia un significativo decreto legislativo purtroppo oggetto di un tormentato iter di approvazione ad oggi non ancora concluso, formulato in attuazione della legge delega 7 marzo 2003, n. 38 "Disposizioni in materia di agricoltura" (17). La legge di delega al Governo per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura, della pesca, dell'acquacoltura, agroalimentare, dell'alimentazione e delle foreste, che all'art.1, lett. f), invitava il Governo ad adottare misure mirate ad agevolare la 15 costituzione di adeguate unità produttive, favorendo l'accorpamento delle unità aziendali e disincentivando il frazionamento fondiario. Il progetto di decreto legislativo nella versione definitiva presentata dal Ministro delle politiche agricole al Governo, contiene al Capo II, recante il significativo titolo “Integrità aziendale”, un pacchetto di disposizioni agli articoli da sei a undici, ispirate, come si legge nella relazione che illustra le finalità del decreto, dalla consapevolezza della necessità di superare la tendenziale limitatezza delle dimensioni aziendali che caratterizza tuttora le aziende agricole nazionali e che viene avvertita come uno dei maggiori vincoli alla produttività delle relative imprese. Lo strumentario predisposto ad hoc dal legislatore delegato comprende una composita gamma di misure di carattere prevalentemente fiscale e finanziario, e, in limitati casi, sostanziale, tra le quali spicca per la sua tendenziale compiutezza, l’istituto del c.d. “compendio unico”, originariamente introdotto nel nostro ordinamento dalla legge finanziaria 2002, le cui disposizioni risultano attualmente in vigore fino all’approvazione definitiva del decreto. 16 Sulla falsariga del prototipo coniato dalla disciplina originaria contenuta in quest’ultimo provvedimento legislativo,sia pure con qualche sporadica variazione su tema, l’art.6 del progetto, che porta il titolo “Conservazione dell’integrità fondiaria”, disegna un peculiare meccanismo che si struttura in funzione di due distinti momenti: la prima fase è mirata ad incentivare l’ampliamento della dimensione delle aziende agricole, ed utilizza a tal fine lo strumento della erogazione di benefici fiscali e finanziari, a fronte dell’acquisto, a qualsiasi titolo, di terreni agricoli, da parte di soggetti che si impegnino a costituire con detti terreni un compendio unico, nonché a coltivarlo o a condurlo, a titolo di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale, per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento. Gli atti di acquisto sono esenti da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo, e i relativi oneri notarili sono ridotti ad un quarto. All’acquirente è poi riconosciuta la possibilità di utilizzare ai fini dell’acquisto mutui decennali a tasso agevolato, con copertura degli interessi pari al 50% a carico dello Stato. La seconda parte dell’art.6 è finalizzata a prevenire il frazionamento del compendio unico, e, a tal fine, sancisce l’obbligo della 17 indivisibilità del complesso dei fondi che lo costituiscono, per un periodo di dieci anni a decorrere dal momento dell’acquisto agevolato dei medesimi: a tale previsione si accompagna, nell’ipotesi di frazionamento infra - decennale realizzato attraverso atti inter vivos o mortis causa, la sanzione della nullità di tali atti. L’ultima parte della disposizione si incentra sulle vicende ereditarie relative al compendio, e, allo scopo di evitare il frazionamento di quest’ultimo come potenziale conseguenza della applicazione della disciplina ordinaria delle successioni mortis causa, introduce una particolare procedura, in forza della quale il compendio medesimo può essere assegnato nella sua integrità a quello fra gli eredi che ne faccia richiesta, con addebito dell’eccedenza. Da questa forma di assegnazione preferenziale deriva, nell’ipotesi di incapienza dell’asse ereditario, l’obbligo a carico dell’erede assegnatario, di tacitare i diritti dei coeredi esclusi, a cui favore sorge un credito di valuta garantito da ipoteca iscritta a tassa fissa sui terreni caduti in successione, da pagarsi entro due anni dall’apertura della stessa, con un tasso di interesse inferiore di un punto a quello legale. 18 Proprio la lettura dei profili ereditari della normativa, a cui la disposizione dedica ampio spazio, a conferma della forte incidenza che le vicende successorie giocano sul piano della conservazione della integrità della azienda agricola, stimola una osservazione che riguarda prima facie la portata operativa della novella legislativa (18), ma che ad una più attenta riflessione travalica i confini di quest’ultima per coinvolgere un più generale orientamento di fondo che il legislatore sembra assumere allorquando pone mano a soluzioni legislative mirate a privilegiare in sede ereditaria gli interessi dell’impresa rispetto a quelli che fanno capo alla proprietà. L’istituto del compendio unico fa la sua prima apparizione nel disegno di legge, d’iniziativa del Governo “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002)”, e in quella sede viene dotato di efficacia operativa estesa all’intero territorio nazionale, come mezzo per garantire l’integrità delle aziende agricole, ovunque le stesse siano ubicate. Nella versione definitiva del testo della Finanziaria 2002, contenuto nella legge n.448 del 2001, il complesso meccanismo del 19 compendio unico viene riproposto, all’art.52, comma 21, ma limitato nel suo ambito di applicabilità che è ristretto ai territori delle Comunità montane: da questa opzione del legislatore deriva quindi una involuzione nella sua connotazione rispetto alla versione originaria: il compendio unico si viene infatti a configurare nella legge finanziaria come uno strumento di tutela delle aree montane, e non più come un mezzo attraverso il quale si garantisce l’integrità dell’azienda agricola a prescindere dalla sua ubicazione. L’art.7 dell’emanando decreto segna, a sua volta, una svolta ulteriore in questa contorta e contraddittoria vicenda: si ribadisce l’adozione dello strumento del compendio unico a garanzia dell’integrità aziendale, ma la portata operativa delle relative disposizioni torna ad essere generalizzata all’intero territorio nazionale. Sembra dunque trovare conferma nelle vicende legislative relative al compendio, quella sorta di andamento ondivago che connota l’approccio della normativa nazionale al problema delle successioni mortis causa in agricoltura. Il legislatore, infatti, sembra talora aprirsi a soluzioni innovative, idonee a segnare svolte importanti 20 verso una più accentuata tutela dell’impresa, che viene privilegiata nel delicato gioco di equilibrio che la contrappone alla protezione del diritto di proprietà spettante ai coeredi sui beni ereditari, sotto il segno di una indicazione fornita in tale direzione dalla dottrina (19), ed avvalorata dalla stessa Corte costituzionale (20) . Ma a questa apertura si accompagna costantemente una sorta di remora che spinge il legislatore a limitare la portata dirompente delle sue norme attraverso l’escamotage di costringere entro i ristretti confini territoriali delle zone montane, l’iniziale applicabilità delle medesime, quasi a voler giustificare l’adozione degli strumenti coniati, con l’esigenza di proteggere non l’impresa agricola in sé, bensì l’impresa agricola che opera in zone svantaggiate, in quelle aree, cioè, che, in ossequio al dettato costituzionale, egli è chiamato a valorizzare sotto il profilo socio-economico (21). La tutela dell’impresa a fronte della limitazione del diritto di proprietà dei coeredi esclusi sui beni ereditari viene dunque ad essere giustificata dalla necessità di privilegiare un interesse, la salvaguardia delle zone montane che, alla pari del diritto di 21 proprietà, trova nell’art.44 della Costituzione,espresso riconoscimento e garanzia di tutela. Alla luce di tutto ciò appare dunque oltremodo singolare l’atteggiamento assunto dal legislatore quando in fasi successive all’emanazione di questi provvedimenti, sembra tornare sui suoi passi, ed optare a favore di soluzioni più radicali, che liberano quei meccanismi ereditari di vecchio conio, dalle costrizioni legate alla relativa limitata applicabilità territoriale, attraverso l’estensione della loro operatività all’intero territorio nazionale. E’ sintomatico di questa singolare forma di “stop and go” quella fuga di disposizioni che si apre con l’art.49 della legge n.203 del 1982: una norma che favorisce in maniera decisamente soft l’impresa rispetto alla proprietà, attraverso l’affitto coattivo, strumento peraltro dotato di portata applicativa estesa a tutto il territorio dello Stato. A questo primo intervento del legislatore fa seguito una disposizione, l’art.4 della legge n.97 del ‘94, in forza della quale viene introdotto nel nostro ordinamento un particolare meccanismo ereditario, il c.d. “acquisto coattivo”, il quale, pur configurandosi 22 come pendant dell’affitto coattivo, risulta rispetto ad esso, fortemente invasivo del diritto di proprietà che spetta ai coeredi esclusi. Ebbene, l’ambito di operatività del nuovo strumento, viene limitato, nella sua versione originaria coniata dalla legge del ‘94, ai soli territori montani, per poi essere esteso a tutto il territorio nazionale, con una disposizione, l’art.8 del decreto legislativo n. 228 del 2001, laconica nella forma, ma dotata di portata dirompente nella sostanza. Alla luce di queste considerazioni è’ dunque da salutare in positivo l’indubbia apertura verso una più incisiva tutela dell’impresa che il decreto emanando con la normativa sul compendio unico sembra prospettare: ed è dunque da auspicare una pronta e sollecita sua approvazione in sede governativa, sia pure previa adozione di alcuni ritocchi legati ad una sua non felice formulazione tecnica, onde agevolarne la concreta applicazione. Lo strumentario predisposto dal legislatore delegato a fini ricompositivi e di conservazione, non si esaurisce nell’istituto del compendio unico, ma comprende anche una gamma variegata di 23 ulteriori misure agevolative, contenute negli articoli da sette a dieci (22). Una prima serie di disposizioni si allinea al filone tradizionale della ricomposizione mirata a incrementare la dimensione fondiaria delle aziende favorendo l'acquisto della proprietà dei terreni. In questa direzione, si pongono l'art.7 e l'art. 8 del progetto. La prima disposizione estende il diritto di prelazione e quello di riscatto agrario che la legge n.817 del 1971 riconosceva ai proprietari di terreni confinanti con quello posto in vendita, purché in possesso della qualifica di coltivatore diretto, agli assegnatari dei fondi acquistati dall'Ismea. E precisa inoltre che alle operazioni di acquisto dei terreni proposte nell'esercizio di tali diritti, per le quali è stata presentata domanda all'Ismea, si applicano le agevolazioni contemplate dall'art.8,comma 7, della legge 26 maggio 1965,n.590. A sua volta, l'art.8 del progetto di decreto legislativo contempla agevolazioni di tipo fiscale e in particolare, al primo comma, la riduzione alla metà delle imposte dovute, per gli atti tra vivi diretti a realizzare l'accorpamento di fondi rustici attraverso la permuta di particelle o la rettificazione dei confini. Il secondo comma della 24 disposizione prevede la applicazione della riduzione del cinquanta per cento delle imposte di registro,ipotecaria,catastale e di bollo per le vendite dei beni appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico, eseguite ai sensi della legge 23 novembre 2001,n.410, qualora abbiano ad oggetto beni suscettibili di utilizzazione agricola e siano concluse con imprenditori agricoli o coltivatori diretti iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'art.2188 e seguenti del codice civile. Altre norme ispirate alle medesime finalità ricompositive, al fine della realizzazione dei loro scopi, adottano tipologie di strumenti tendenzialmente estranei a quelli più tradizionali sopra indicati: il contratto di affitto ed il contratto di società cooperativa. L'art.9 del progetto, che porta il titolo “Ricomposizione aziendale a mezzo di contratto di affitto”, al fine di incentivare l’accorpamento aziendale attraverso la stipulazione di contratti di affitto delle particelle finitime della durata di almeno cinque anni, prevede per tali contratti che l’imposta di registro sia dovuta in misura fissa, E’ evidente la deroga alla normativa generale contenuta nell'art.17, commi 3 e 3 bis del testo unico delle disposizioni concernenti 25 l'imposta di registro, approvato con il d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e nell'art. 5 della tariffa,parte I, dello stesso d.P.R, in forza della quale i contratti di affitto di fondo rustico, in via ordinaria, devono essere registrati entro trenta giorni dalla stipulazione, con corresponsione della relativa imposta nella misura dello 0,50 % da calcolare sul canone annuo del contratto moltiplicato per la durata dello stesso. A sua volta, l’art.10 del progetto, agevola sotto il profilo fiscale la stipula di contratti di società cooperativa tra imprenditori agricoli che conferiscono in godimento alla società i terreni di cui sono proprietari o affittuari, per la costituzione di un’unica azienda agricola a gestione comune. In questo caso, infatti, alla luce della disposizione, le imposte dovute per la stipulazione di questi contratti sono ridotte di due terzi, e risultano addirittura dovute in misura fissa qualora un quinto dei soci della cooperativa sia composto da imprenditori agricoli giovani che si impegnano ad esercitare la gestione comune per almeno nove anni. La previsione di un sostanziale rafforzamento della agevolazione fiscale a fronte della presenza di giovani imprenditori agricoli nella 26 compagine societaria si inserisce a pieno titolo in quel trend legislativo che acquista sempre maggiore spessore all’interno del nostro ordinamento, mirato a favorire l’accesso dei giovani all’agricoltura (23). Del resto anche alcune delle stesse disposizioni che attengono all’istituto del compendio unico possono essere lette in questa chiave: mi riferisco in particolare non solo ai profili ereditari della materia, che possono essere interpretati come misure che si rivelano protettive all’impresa ed agricola agevolative attraverso il dell’accesso subentro dei giovani mortis causa all’imprenditore che ne era in precedenza titolare. Ma il pensiero va anche alle norme che individuano i soggetti destinatari delle agevolazioni all’acquisto dei terreni future componenti del compendio unico: è infatti rilevante la circostanza che ai fini della fruizione delle agevolazioni, a differenza di quanto prevedeva la legge finanziaria 2002, non è più posto il requisito del possesso della trasferimento,ma qualifica quella professionale qualifica al dovrà momento del caratterizzare esclusivamente le modalità di esercizio dell’attività di coltivazione o 27 di conduzione che colui che beneficia delle agevolazioni si impegna a svolgere per un periodo di dieci anni dal trasferimento. La mancanza di ogni riferimento alla pregressa dedizione all’attività agricola, tra i requisiti ai quali è condizionato l’acquisto dei terreni da destinare a compendio, potrebbe tradursi in una forma di incentivazione indiretta dell’accesso dei giovani all’impresa agricola, in quanto potrebbe consentire anche a colui che non ha ancora maturato una precisa scelta in ordine alla propria attività professionale, di optare per la dedizione all’agricoltura, incentivato in questa sua scelta proprio dalle disposizioni agevolative offerte dal decreto. E allora forse può delinearsi all’orizzonte di questo panorama legislativo una sorta di tendenziale collegamento tra le finalità della ricomposizione fondiaria e della conservazione dell’integrità dell’azienda agricola, e quelle legate all’incentivazione dell’accesso dei giovani all’impresa agricola. L’emanando decreto sembra porsi in questa direzione e forse anche sotto questo profilo la sua approvazione è senz’altro degna di essere auspicata. 28 29 NOTE (*) Lo scritto riproduce, con l’aggiunta delle note, il testo della Lettura tenuta dall’Autrice all’Accademia dei Georgofili, Sezione Nord-Est, a Padova, il 25 marzo 2004. 1) Cfr. l’art.1,1° comma del decreto legislativo 18 maggio 2001, n.228 “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’art.7 della legge 5 marzo 2001, n. 57” 2) Emblematici in tal senso l’art.1 del Regolamento Cee del Consiglio 12 dicembre 1989, n. 3808, e l’art. 5 del Regolamento Cee del consiglio 17 maggio 1999,n.1257. 3) V. le disposizioni richiamate alle note n. 1 e n.2. 4) Intendo riferirmi allo studio di TASSINARI su “Frammentazione e ricomposizione dei fondi rurali”, edito a Firenze nel 1922, per conto del Regio Istituto Superiore Forestale Nazionale 5) I dati riportati nel testo sono tratti dal volume “L’agricoltura italiana conta”,2003, redatto dall’I.n.e.a. in collaborazione con il Ministero delle Politiche agricole e forestali, pagg.56-60. 6) In ordine al potenziale inquadramento di quella normativa come strumento di ricomposizione fondiaria, mi permetto di rinviare a N.FERRUCCI, voce 30 Riordinamento della proprietà rurale, in Digesto,IV edizione, Discipline privatistiche, Sezione civile, Aggiornamento, Utet,Torino, 2000, pag. 658 7) Cfr. N. FERRUCCI, voce Riordinamento della proprietà rurale, cit., pag.659 8) La singolare ed efficace definizione è di A.PIKALO, Land und fortwirschaftliches Grundstucksverkehrgesetz und Erbrecht in Westlichen Europa, Berlino, 1961, pag.187 9) Le vaste e complesse tematiche riconducibili al c.d. “diritto agrario ereditario” hanno polarizzato l’attenzione della dottrina agraristica e civilistica e della stessa giurisprudenza costituzionale, di legittimità e di merito. Mi limito in questa sede a ricordare come pietre miliari del dibattito sull’argomento, sul versante della dottrina agraristica,A.CARROZZA, Per un diritto agrario ereditario, in Rivista di diritto civile, 1978,I,pag.758; relativamente a quella civilistica, G.DE NOVA, Il principio della unità della successione e la destinazione dei beni alla produzione agricola, in Rivista di diritto agrario, 1979, I, pag.509 10) In quest’ottica si ricorda l’elaborazione di uno schema di legge predisposto allo scopo di tacitare in modo tendenzialmente organico e completo le esigenze legate alla eleborazione di un diritto agrario ereditario, frutto dell’azione sinergica dell’apporto della dottrina e della collaborazione della Associazione nazionale giovani agricoltori (A.n.g.a.). In ordine al contenuto ed alle finalità del progetto, v. A.CARROZZA, La disciplina delle successioni mortis causa in agricoltura (Presentazione di uno schema di legge), in Giurisprudenza agraria italiana, 1979, pag.583; N.FERRUCCI, Il dibattito sollevato dal progetto di legge A.n.g.a. per la soluzione globale del problema ereditario in agricoltura (Valutazioni e confutazioni), in Rivista di diritto agrario, 1981, I, pag.119. 31 11) Evidenzia a chiari termini questo paradosso, G.G.CASAROTTO, Gli interventi in relazione alla razionalità della dimensione del terreno coltivato, in Trattato breve di diritto agrario italiano e comunitario, diretto da L.COSTATO, 3° edizione, Cedam, Padova, 2003,pag.354. (12) V. per tutti, tra gli economisti, A.SERPIERI, Istituzioni di economia agraria, Bologna, 1966, pag.161; tra gli agraristi, A.CARROZZA, Il riordinamento della proprietà rurale, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, Torino, 1982, pag.409; E.Casadei, Contributo ai problemi giuridici della ristrutturazione fondiaria in agricoltura, Bologna, 1984; R.ROSSI,Appunti sulla ricomposizione fondiaria, Napoli, 1978. Ma, tra i giuristi, v. già in argomento E.ROMAGNOLI, Aspetti dell’unità aziendale in agricoltura, Milano, 1957. (13) Cfr.Cass., Sez.unite, 18 ottobre 1986,n. 6123, in Giurisprudenza agraria italiana, 1987, pag.27, con nota di U.SALVESTRONI, Le Sezioni unite e la prelazione dei confinanti; in Rivista di diritto agrario 1987,II,pag.252, con nota di G.G. CASAROTTO, La prelazione del confinante tra diritto giurisprudenziale e ius condendum; in Nuova giurisprudenza civile, 1987, I, pag.400, con nota di S.MANSERVISI, Commento a Cass.Sez.Un., 18 ottobre 1986,n.6123; in Foro italiano, 1987,I,c.66, con nota di D.BELLANTUONO, Prelazione agraria e pluralità di proprietari confinanti: la posizione delle Sezioni Unite della Cassazione. (14)Alla disciplina della minima unità colturale è dedicata, all’interno del codice civile, la sezione II intitolata “Del riordinamento della proprietà rurale”, del Titolo II “Della proprietà”, dell’omonimo Libro III. 32 (15) L’originaria disciplina del maso chiuso contenuta nel decreto del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano, 28 dicembre 1978,n.32 è stata recentemente modificata dalla legge provinciale 28 novembre 2001,n.17.Per una breve illustrazione dei profili ereditari della nuova normativa, v. N.FERRUCCI, La nuova legge provinciale sul maso chiuso:spunti per una riviviscenza dell’istituto, in Rivista di diritto agrario, 2003, pag.86. (16) Cfr. le leggi 12 maggio 1950, n. 230; 21 ottobre 1950,n.841;29 maggio 1967,n.379 e 30 aprile 1976,n. 386. (17) Il testo della legge 7 marzo 2003,n.38 “Disposizioni in materia di agricoltura”, è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, 14 marzo 2003, Serie generale, n.61. (18) In ordine alla diversa portata operativa dell’istituto del compendio unico alla luce del disegno di legge finanziaria 2002 e del testo definitivo di quest’ultima, mi sia consentito rinviare a N.FERRUCCI, Commento all’art 8 D.Lgs. n.228/2001, in Rivista di diritto agrario, 2002, pag.383. (19) V. gli Autori sopra citati alla nota n.9. (20) Cfr. Corte costituzionale, ordinanza, 31 maggio 1988,n. 597, in Nuovo diritto agrario, 1988, pag.501. (21) L’ultimo comma dell’art.44 della Costituzione sollecita il legislatore a disporre provvedimenti a favore delle zone montane. 33 (22) Per inciso si ricorda che nel pacchetto di disposizioni contenute nello stesso Capo II del decreto legislativo, “Integrità aziendale”, è inserita una norma, contenuta nell’art.11, che assume una connotazione particolare rispetto a quelle ricordate nel testo, in quanto non appare finalizzata in modo diretto alla ricomposizione fondiaria ed alla conservazione dell’integrità aziendale, bensì mirata alla valorizzazione del patrimonio abitativo rurale. (23) Il tema dell’insediamento dei giovani in agricoltura ha formato oggetto di una Giornata di studio dal titolo “Inserimento dei giovani nell’impresa agricola”, organizzata dalla Sezione Nord-Est dell’Accademia dei Georgofili, a Legnaro (Pd) il 7 novembre 2002, i cui Atti sono pubblicati nei Quaderni 2002-VII,dei Georgofili, Sezione Nord-Est, Firenze, 2003. Gli aspetti giuridici della materia sono stati trattati nelle relazioni di L.COSTATO, Incentivi comunitari per i giovani agricoltori, ivi, pag.81; e di N.FERRUCCI, Profili giuridici dell’insediamento dei giovani in agricoltura, ivi, pag.57.