la relazione - Università di Padova

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NICOLETTA FERRUCCI
“RICOMPOSIZIONE FONDIARIA E CONSERVAZIONE
DELL'INTEGRITA' DELL'AZIENDA AGRICOLA” (*)
Il
tema
di
questo
incontro
“ricomposizione
fondiaria
e
conservazione dell'integrità dell'azienda agricola” sollecita anzitutto
una riflessione preliminare sul significato diacronico che lo connota.
A prima vista, infatti, indugiare su queste tematiche potrebbe
apparire una mera operazione nostalgica, una sorta di archeologia
giuridica, alla luce di un trend legislativo che si è andato
consolidando negli ultimi anni, proiettato verso un tendenziale
abbandono
della
posizione
centripeta
che
da
sempre
ha
caratterizzato il fondo rustico.
Sul multiforme scenario del diritto agrario europeo e nazionale si va
delineando un gioco di armoniosi contrappunti in cui si intrecciano
da un lato la tendenza all’emancipazione dai retaggi della
tradizionale
concezione
fondiaria
dell’agrarietà
e
dall’altro
2
l’orientamento
verso
la
collocazione
dell’agricoltura
in
una
dimensione sempre più spiccatamente territoriale.
La presenza del fondo è andata ormai perdendo la sua atavica
prerogativa di esclusivo elemento che qualifica la natura agricola di
un'attività, ed oggi è affiancata in questo ruolo dallo svolgimento di
un ciclo biologico, come enfaticamente afferma il legislatore
delegato del 2001 (1).
Al contempo nell’ottica del sostegno finanziario comunitario a
favore dell’agricoltura, e ancora sul piano della legislazione
nazionale, si va consolidando una tendenza mirata a privilegiare
l’esercizio di nuove tipologie di attività legate a valori, quali la
protezione del paesaggio, la tutela dell’ambiente, la garanzia del
benessere degli animali (2).
Se tutto ciò è indiscutibilmente vero, è però altrettanto innegabile
che se noi andiamo a leggere queste primizie legislative con
occhiali non offuscati dall’entusiasmo verso il pur forte imprinting
paesaggistico-ambientale che le connota, non può sfuggire la
circostanza che l’apertura al nuovo non è sinonimo di totale
abbandono di ogni riferimento al fondo ed alle attività tradizionali di
3
produzione, che in ogni normativa ora richiamata è pur sempre
presente (3). Le nuove tendenze non hanno nebulizzato le forme
meno avvenieristiche di agricoltura, e in particolare le attività volte
alla produzione di prodotti agricoli sul cui vetusto tronco si
innestano i nuovi virgulti delle produzioni biologiche, di quelle c.d.
"tradizionali" e di quelle “di qualità”.
La terra, dunque, costituisce ancora per molte delle nostre aziende
agricole un elemento strutturale di grande importanza: questa
considerazione colora di attualità un tema antico, la verifica della
adeguatezza delle strutture fondiarie come base territoriale delle
aziende agricole, e la ricerca di strumenti idonei a superare le
eventuali defaiances che tali strutture possono presentare.
Il monito lanciato agli inizi del secolo scorso dall'economista agrario
(4) sugli effetti devastanti in termini di redditività delle imprese
prodotti dalle diverse patologie che inficiano le relative strutture
fondiarie, riecheggia minaccioso nelle orecchie di chi legge i più
recenti dati Istat che rivelano in Italia, rispetto al precedente
censimento del 1990, una riduzione della superficie agricola
aziendale di 3,1 milioni di ettari: negli anni novanta, l'Italia ha perso
4
il 13,6% della superficie agricola aziendale e, nel decennio
considerato,l'estensione
media
aziendale
italiana
è
rimasta
pressoché immutata ( si è passati da 7,52 ha a 7,57 ha) e permane
una delle più basse d'Europa (5).
Se appare dunque superata quella atavica esigenza di ovviare ad
un eccesso di dimensioni del fondo rispetto ad una razionale
utilizzazione imprenditoriale del medesimo, che aveva ispirato la
legislazione di riforma fondiaria degli anni cinquanta finalizzata a
combattere il fenomeno del latifondo (6), drammaticamente attuale
si prospetta dunque la necessità di intervenire ad eliminare o,
comunque attenuare, gli effetti perversi di fenomeni di segno
remoto ma tuttora estremamente vitali, dalla cui azione sinergica
deriva la tendenziale inadeguatezza dimensionale della base
fondiaria delle nostre imprese.
Mi riferisco in particolare alla c.d. “polverizzazione”, cioè alla
esistenza di superfici troppo ridotte, non idonee allo sviluppo di
strutture produttive competitive; e alla c.d. “frammentazione”,
termine che indica quel fenomeno in base al quale singole unità
produttive sono formate da appezzamenti di terreno appartenenti
5
allo stesso proprietario, ma separati l'uno dall'altro da appezzamenti
appartenenti ad altri.
Si tratta di fenomeni la cui genesi è legata ad una pluralità di
potenziali cause, tra le quali indubbiamente la peculiare morfologia
del nostro territorio gioca un ruolo non irrilevante, si pensi che
l’ottanta per cento del territorio vocato all’agricoltura è situato in
zone di montagna o collinari; ma che sono tendenzialmente
identificabili in quell'eccessivo frazionamento dei fondi che spesso
rappresenta il risultato della applicazione della vigente normativa
che regola la circolazione dei terreni agricoli, sia con riferimento agli
atti inter vivos, sia in misura maggiore e più incisiva in relazione alla
successione mortis causa (7).
Il regime ereditario comune contemplato dal codice civile del 1942,
fortemente condizionato dal rispetto dei valori consacrati nel Code
Napoleon, a loro volta retaggio delle ideologie che hanno
caratterizzato la Rivoluzione francese, da tempo è stato infatti
definito una "machine a acher le soil" (8).
I principi ai quali si ispira, l'unità del regime successorio a
prescindere dalla natura dei cespiti ereditari, l’uguaglianza di
6
trattamento dei figli del de cuius, la tutela dei legittimari che limita
fortemente la libertà testamentaria del de cuius medesimo, e, infine,
la divisione in natura del patrimonio relitto appaiono fortemente
configgenti con le esigenze che connotano la successione agraria,
e che invocano l’elaborazione di un regime ereditario speciale per
l’agricoltura
in
deroga
all’ordinario
regime
codicistico
delle
successioni mortis causa (9), in grado di garantire la conservazione
della integrità del fondo rustico e più in generale dell’azienda
agricola, la continuazione dell’esercizio dell’impresa ad opera di
soggetti professionalmente qualificati, e, infine, un adeguato
riconoscimento all’attività di collaborazione prestata nell’impresa
agricola del de cuius in epoca anteriore alla morte di quest’ultimo
(10).
In quest'ottica, i due fenomeni che mi accingo a trattare la
ricomposizione
fondiaria
e
la
conservazione
dell'integrità
dell'azienda agricola, si rivelano strettamente collegati, assumendo
quasi le sembianze di una sorta di Giano bifronte: se è vero infatti
che il regime ereditario rappresenta una delle cause della
frammentazione e della polverizzazione fondiaria, appare per altro
7
verso paradossale adottare strumenti mirati alla formazione di
idonee
strutture
produttive,
eventualmente
supportati
economicamente da risorse finanziarie pubbliche, se poi con
cadenza ciclica i risultati conseguiti vengono travolti dal fenomeno
successorio che puntualmente riporta la proprietà dei fondi in capo
ad eredi anche non coltivatori e provoca la frammentazione dei
fondi medesimi e in ultima analisi la cessazione dell’impresa (11).
Questo profondo legame è stato colto immediatamente dalla
dottrina economica e da quella giuridica (12), anche sotto la spinta
di forti pressioni provenienti dal mondo agricolo, e in sintonia con lo
stesso dettato della Costituzione che all’art.44 sollecita il legislatore
a fissare limiti alla estensione della proprietà terriera privata e a
promuovere la ricostituzione delle unità produttive, al fine di
conseguire il razionale sfruttamento del suolo e a stabilire equi
rapporti sociali.
La risposta che il legislatore ha offerto a queste istanze si è snodata
lungo un tortuoso percorso, nelle due direzioni della ricerca di
strumenti per così dire “preventivi”, mirati cioè ad impedire il
frazionamento dei fondi di misura riconosciuta idonea, e della
8
adozione di rimedi successivi che si propongono l’accorpamento di
fondi polverizzati o frammentati fino a costituire ex novo una o più
unità da considerare di convenienti dimensioni.
In questa sede appare opportuno dedicare solo un breve flash alla
analisi
di
questi
precedenti
normativi,
per
poi
focalizzare
l’attenzione sopra alcune singolari primizie legislative in materia.
Prendendo le mosse dalla analisi degli strumenti riconducibili alla
ricomposizione fondiaria, appare immediatamente evidente la scelta
di
fondo
del
legislatore
di
realizzare
il
suo
obbiettivo
prevalentemente attraverso il ricorso a procedimenti di tipo coattivo.
Ne è emblematico esempio la normativa sulla bonifica integrale,
contenuta nel testo unico approvato con regio decreto 13 febbraio
1933,n.215,
che
prevede
la
costituzione
di
consorzi
di
ricomposizione fondiaria ai quali viene riconosciuto il potere di porre
in essere espropriazioni e
trasferimenti coattivi. Compiti di
ricomposizione fondiaria sono stati poi attribuiti dal d.P.R. 23 giugno
1962, n.948, agli Enti di sviluppo agricolo, legittimati a procedere
alla
formazione
di
convenienti
unità
fondiarie
in
zone
particolarmente depresse, e quindi da valorizzare, mediante
9
ricomposizione
di
proprietà
frammentate
o
mediante
arrotondamento di proprietà esistenti.
Al filone normativo della ricomposizione fondiaria sono peraltro
riconducibili anche alcuni istituti in cui la realizzazione della finalità
ricompositiva è affidata alla iniziativa del privato, accompagnata da
un supporto legislativo mirato a rafforzare la posizione di
quest’ultimo nei confronti di altri soggetti con i quali interagisce.
Emblematico in tal senso l’istituto della prelazione del confinante
nella ricostruzione disegnata dall'azione sinergica della originaria
disciplina contenuta nella legge 14 agosto 1971,n.817, all'art.7, e
dall'apporto costruttivo di un importante filone interpretativo
giurisprudenziale generato da una pronuncia delle Sezioni unite
della Corte di cassazione, la n.6123 del 18 ottobre 1986 (13). La
ratio sottesa a questa tipologia di prelazione è stata infatti
concordemente identificata nell'accorpamento e riordinamento
fondiario anche se la disciplina ad essa relativa prescinde da
requisiti di idoneità fondiaria del fondo confinante.
:Del resto proprio questa finalità ricompositiva, ha suggerito alla
giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione, la
10
soluzione di una delle più dibattute e sofferte questioni sorte dal
lacunoso dettato della legge, quella inerente alla individuazione del
soggetto da preferire nell'ipotesi in cui il diritto di prelazione sia
esercitato da più proprietari confinanti aventi titolo: spetta infatti ora
al giudice accordare prevalenza all’uno o all’altro dei confinanti alla
stregua della maggiore o minore attitudine a concretare la finalità
perseguita dalla norma, e cioè l’ampliamento delle dimensioni
territoriali dell’azienda diretta coltivatrice che meglio realizzi le
esigenze di ricomposizione fondiaria,di sviluppo aziendale e di
costituzione di unità produttive efficienti sotto il profilo tecnico ed
economico.
Sul versante della prevenzione della frammentazione fondiaria si
registra nel panorama legislativo nazionale una proliferazione di
provvedimenti assolutamente inappaganti, legati dal discutibile fil
rouge di una redazione condotta secondo una tecnica legislativa
assai discutibile, foriera di problemi interpretativi ed applicativi non
di poco conto, mal coordinati tra loro, che deludono ampiamente le
aspettative di quella dottrina che propugnava una soluzione
organica e tendenzialmente completa.
11
La penosa vicenda che ha caratterizzato la disciplina codicistica
della minima unità colturale, rappresenta un esempio significativo di
questo sostanziale insuccesso del legislatore: ispirata dall’esigenza
di prevenire la frammentazione dei fondi, quella normativa appare
sicuramente illuminata sotto il profilo della struttura e della dinamica
dell’istituto che fa perno sul divieto di operare nei trasferimenti di
proprietà, nelle divisioni e nelle assegnazioni a qualunque titolo che
abbiano ad oggetto terreni destinati a coltura o suscettibili di
coltura, e nella costituzione di diritti reali sui terreni medesimi, a
frazionamenti che non rispettino la minima unità colturale (14),
intendendo come tale l’estensione di terreno necessaria e
sufficiente per il lavoro di una famiglia agricola e, se non si tratta di
terreno appoderato, per esercitare una conveniente coltivazione
secondo le regole della buona tecnica agraria.
Peccato che questa complessa ed articolata disciplina, al di là dei
problemi interpretativi cui ha dato luogo, in particolare sotto il profilo
della applicabilità del divieto ai trasferimenti mortis causa, non
abbia
trovato
attuazione
grazie
alla
circostanza
che
la
determinazione in concreto della minima unità colturale era
12
demandata ad una autorità amministrativa rimasta non identificata
con conseguente paralisi di tutto l’apparato di controllo delle
dimensioni dei fondi ad esso collegato.
Altri interventi del legislatore riconducibili a questo filone della
prevenzione della frammentazione fondiaria, prospettano soluzioni
interessanti, ma purtroppo caratterizzate da un ambito di operatività
territorialmente limitata, come la legislazione provinciale di Bolzano
sul maso chiuso, nella attuale e nella precedente versione, che
sancisce la indivisibilità dell’azienda agricola maso chiuso sia nei
trasferimenti inter vivos che in quelli mortis causa (15).
In altri casi le soluzioni proposte appaiono legate a filoni normativi
politicamente contingenti, come la legge 3 giugno 1940,n.1078, che
dettava norme per evitare il frazionamento delle unità poderali
assegnate a contadini coltivatori diretti, per effetto di trasferimenti
per atto tra vivi o a causa di morte; e la stessa normativa in materia
di riforma fondiaria che ha esteso alle terre di riforma riscattate, il
divieto di frazionamento contemplato dalla normativa del 1940 (16).
Nel panorama legislativo italiano si possono poi focalizzare alcune
disposizioni che se pur concepite dal legislatore con logiche e
13
finalità diverse da quella della tutela dell’integrità fondiaria, nel loro
complesso
realizzano
risultati
che
si
pongono
nell’ottica
considerata. In questa direzione vengono in considerazione
l’art.722 del codice civile relativo agli immobili compresi nell’eredità
non comodamente divisibili o il cui frazionamento recherebbe
pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell’igiene, di cui
peraltro si discute l’applicabilità ai fondi rustici, ed il penultimo
comma dell’art.230 bis dello stesso codice civile, che, in caso di
divisione ereditaria, conferisce ai partecipi all’impresa familiare di
cui al primo comma, un diritto di prelazione sull’azienda: norma
quest’ultima, che ovviamente trova applicazione nel settore agricolo
solo allorquando l’impresa risulti gestita nella forma dell’impresa
familiare.
D’altro canto, la attuale riviviscenza della questione legata alla
limitatezza delle dimensioni fondiarie, che emerge in termini così
evidenti e forti dai dati Istat sopra ricordati, conferma che la risposta
offerta finora dal nostro legislatore non è stata in realtà adeguata ad
eliminare o comunque ad arginare il problema.
14
Appare dunque interessante focalizzare l'attenzione sul singolare e
composito quadro normativo offerto da una recente fuga di
provvedimenti legislativi, alcuni emanati in epoca recente ed altri
addirittura in corso di approvazione in sede governativa, che
assemblano in un mosaico peraltro non sempre coerente ed
armonioso, norme mirate ad offrire una soluzione a tutto tondo al
problema
della
ricomposizione
fondiaria
e
a
quello
della
conservazione dell’integrità aziendale.
Mi riferisco ad alcune disposizioni inserite all’interno della legge 28
dicembre 2001, n. 448 “Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato”, legge finanziaria 2002, alle quali
si ispira e parzialmente si riallaccia un significativo decreto
legislativo purtroppo oggetto di un tormentato iter di approvazione
ad oggi non ancora concluso, formulato in attuazione della legge
delega 7 marzo 2003, n. 38 "Disposizioni in materia di agricoltura"
(17). La legge di delega al Governo per la modernizzazione dei
settori
dell'agricoltura,
della
pesca,
dell'acquacoltura,
agroalimentare, dell'alimentazione e delle foreste, che all'art.1, lett.
f), invitava il Governo ad adottare misure mirate ad agevolare la
15
costituzione di adeguate unità produttive, favorendo l'accorpamento
delle unità aziendali e disincentivando il frazionamento fondiario.
Il progetto di decreto legislativo nella versione definitiva presentata
dal Ministro delle politiche agricole al Governo, contiene al Capo II,
recante il significativo titolo “Integrità aziendale”, un pacchetto di
disposizioni agli articoli da sei a undici, ispirate, come si legge nella
relazione che illustra le finalità del decreto, dalla consapevolezza
della necessità di superare la tendenziale limitatezza delle
dimensioni aziendali che caratterizza tuttora le aziende agricole
nazionali e che viene avvertita come uno dei maggiori vincoli alla
produttività delle relative imprese.
Lo strumentario predisposto ad hoc dal legislatore delegato
comprende
una
composita
gamma
di
misure
di
carattere
prevalentemente fiscale e finanziario, e, in limitati casi, sostanziale,
tra le quali spicca per la sua tendenziale compiutezza, l’istituto del
c.d. “compendio unico”, originariamente introdotto nel nostro
ordinamento dalla legge finanziaria 2002, le cui disposizioni
risultano attualmente in vigore fino all’approvazione definitiva del
decreto.
16
Sulla falsariga del prototipo coniato dalla disciplina originaria
contenuta in quest’ultimo provvedimento legislativo,sia pure con
qualche sporadica variazione su tema, l’art.6 del progetto, che porta
il titolo “Conservazione dell’integrità fondiaria”, disegna un peculiare
meccanismo che si struttura in funzione di due distinti momenti: la
prima fase è mirata ad incentivare l’ampliamento della dimensione
delle aziende agricole, ed utilizza a tal fine lo strumento della
erogazione di benefici fiscali e finanziari, a fronte dell’acquisto, a
qualsiasi titolo, di terreni agricoli, da parte di soggetti che si
impegnino a costituire con detti terreni un compendio unico, nonché
a coltivarlo o a condurlo, a titolo di coltivatore diretto o di
imprenditore agricolo professionale, per un periodo di almeno dieci
anni dal trasferimento. Gli atti di acquisto sono esenti da imposta di
registro, ipotecaria, catastale, di bollo, e i relativi oneri notarili sono
ridotti ad un quarto. All’acquirente è poi riconosciuta la possibilità di
utilizzare ai fini dell’acquisto mutui decennali a tasso agevolato, con
copertura degli interessi pari al 50% a carico dello Stato.
La seconda parte dell’art.6 è finalizzata a prevenire il frazionamento
del compendio unico, e, a tal fine, sancisce l’obbligo della
17
indivisibilità del complesso dei fondi che lo costituiscono, per un
periodo di dieci anni a decorrere dal momento dell’acquisto
agevolato dei medesimi: a tale previsione si accompagna,
nell’ipotesi di frazionamento infra - decennale realizzato attraverso
atti inter vivos o mortis causa, la sanzione della nullità di tali atti.
L’ultima parte della disposizione si incentra sulle vicende ereditarie
relative al compendio, e, allo scopo di evitare il frazionamento di
quest’ultimo come potenziale conseguenza della applicazione della
disciplina ordinaria delle successioni mortis causa, introduce una
particolare procedura, in forza della quale il compendio medesimo
può essere assegnato nella sua integrità a quello fra gli eredi che
ne faccia richiesta, con addebito dell’eccedenza.
Da questa forma di assegnazione preferenziale deriva, nell’ipotesi
di incapienza dell’asse ereditario, l’obbligo a carico dell’erede
assegnatario, di tacitare i diritti dei coeredi esclusi, a cui favore
sorge un credito di valuta garantito da ipoteca iscritta a tassa fissa
sui terreni caduti in successione, da pagarsi entro due anni
dall’apertura della stessa, con un tasso di interesse inferiore di un
punto a quello legale.
18
Proprio la lettura dei profili ereditari della normativa, a cui la
disposizione dedica ampio spazio, a conferma della forte incidenza
che le vicende successorie giocano sul piano della conservazione
della integrità della azienda agricola, stimola una osservazione che
riguarda prima facie la portata operativa della novella legislativa
(18), ma che ad una più attenta riflessione travalica i confini di
quest’ultima per coinvolgere un più generale orientamento di fondo
che il legislatore sembra assumere allorquando pone mano a
soluzioni legislative mirate a privilegiare in sede ereditaria gli
interessi dell’impresa rispetto a quelli che fanno capo alla proprietà.
L’istituto del compendio unico fa la sua prima apparizione nel
disegno di legge, d’iniziativa del Governo “Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2002)”, e in quella sede viene dotato di efficacia
operativa estesa all’intero territorio nazionale, come mezzo per
garantire l’integrità delle aziende agricole, ovunque le stesse siano
ubicate.
Nella versione definitiva del testo della Finanziaria 2002, contenuto
nella legge n.448 del 2001, il complesso meccanismo del
19
compendio unico viene riproposto, all’art.52, comma 21, ma limitato
nel suo ambito di applicabilità che è ristretto ai territori delle
Comunità montane: da questa opzione del legislatore deriva quindi
una involuzione nella sua connotazione rispetto alla versione
originaria: il compendio unico si viene infatti a configurare nella
legge finanziaria come uno strumento di tutela delle aree montane,
e non più come un mezzo attraverso il quale si garantisce l’integrità
dell’azienda agricola a prescindere dalla sua ubicazione.
L’art.7 dell’emanando decreto segna, a sua volta, una svolta
ulteriore in questa contorta e contraddittoria vicenda: si ribadisce
l’adozione dello strumento del compendio unico a garanzia
dell’integrità aziendale, ma la portata operativa delle relative
disposizioni torna ad essere generalizzata all’intero territorio
nazionale.
Sembra dunque trovare conferma nelle vicende legislative relative
al compendio, quella sorta di andamento ondivago che connota
l’approccio della normativa nazionale al problema delle successioni
mortis causa in agricoltura. Il legislatore, infatti, sembra talora
aprirsi a soluzioni innovative, idonee a segnare svolte importanti
20
verso una più accentuata tutela dell’impresa, che viene privilegiata
nel delicato gioco di equilibrio che la contrappone alla protezione
del diritto di proprietà spettante ai coeredi sui beni ereditari, sotto il
segno di una indicazione fornita in tale direzione dalla dottrina (19),
ed avvalorata dalla stessa Corte costituzionale (20) .
Ma a questa apertura si accompagna costantemente una sorta di
remora che spinge il legislatore a limitare la portata dirompente
delle sue norme attraverso l’escamotage di costringere entro i
ristretti confini territoriali delle zone montane, l’iniziale applicabilità
delle medesime, quasi a voler giustificare l’adozione degli strumenti
coniati, con l’esigenza di proteggere non l’impresa agricola in sé,
bensì l’impresa agricola che opera in zone svantaggiate, in quelle
aree, cioè, che, in ossequio al dettato costituzionale, egli è
chiamato a valorizzare sotto il profilo socio-economico (21). La
tutela dell’impresa a fronte della limitazione del diritto di proprietà
dei coeredi esclusi sui beni ereditari viene dunque ad essere
giustificata
dalla
necessità
di
privilegiare
un
interesse,
la
salvaguardia delle zone montane che, alla pari del diritto di
21
proprietà,
trova
nell’art.44
della
Costituzione,espresso
riconoscimento e garanzia di tutela.
Alla luce di tutto ciò appare dunque oltremodo singolare
l’atteggiamento assunto dal legislatore quando in fasi successive
all’emanazione di questi provvedimenti, sembra tornare sui suoi
passi, ed optare a favore di soluzioni più radicali, che liberano quei
meccanismi ereditari di vecchio conio, dalle costrizioni legate alla
relativa limitata applicabilità territoriale, attraverso l’estensione della
loro operatività all’intero territorio nazionale.
E’ sintomatico di questa singolare forma di “stop and go” quella
fuga di disposizioni che si apre con l’art.49 della legge n.203 del
1982: una norma che favorisce in maniera decisamente soft
l’impresa rispetto alla proprietà, attraverso l’affitto coattivo,
strumento peraltro dotato di portata applicativa estesa a tutto il
territorio dello Stato.
A questo primo intervento del legislatore fa seguito una
disposizione, l’art.4 della legge n.97 del ‘94, in forza della quale
viene introdotto nel nostro ordinamento un particolare meccanismo
ereditario, il c.d. “acquisto coattivo”, il quale, pur configurandosi
22
come pendant dell’affitto coattivo, risulta rispetto ad esso,
fortemente invasivo del diritto di proprietà che spetta ai coeredi
esclusi. Ebbene, l’ambito di operatività del nuovo strumento, viene
limitato, nella sua versione originaria coniata dalla legge del ‘94, ai
soli
territori montani, per poi essere esteso a tutto il territorio
nazionale, con una disposizione, l’art.8 del decreto legislativo n.
228 del 2001, laconica nella forma, ma dotata di portata dirompente
nella sostanza.
Alla luce di queste considerazioni è’ dunque da salutare in positivo
l’indubbia apertura verso una più incisiva tutela dell’impresa che il
decreto emanando con la normativa sul compendio unico sembra
prospettare: ed è dunque da auspicare una pronta e sollecita sua
approvazione in sede governativa, sia pure previa adozione di
alcuni ritocchi legati ad una sua non felice formulazione tecnica,
onde agevolarne la concreta applicazione.
Lo strumentario predisposto dal legislatore delegato a fini
ricompositivi e di conservazione, non si esaurisce nell’istituto del
compendio unico, ma comprende anche una gamma variegata di
23
ulteriori misure agevolative, contenute negli articoli da sette a dieci
(22).
Una prima serie di disposizioni si allinea al filone tradizionale della
ricomposizione mirata a incrementare la dimensione fondiaria delle
aziende favorendo l'acquisto della proprietà dei terreni. In questa
direzione, si pongono l'art.7 e l'art. 8 del progetto.
La prima disposizione estende il diritto di prelazione e quello di
riscatto agrario che la legge n.817 del 1971 riconosceva ai
proprietari di terreni confinanti con quello posto in vendita, purché in
possesso della qualifica di coltivatore diretto, agli assegnatari dei
fondi acquistati dall'Ismea. E precisa inoltre che alle operazioni di
acquisto dei terreni proposte nell'esercizio di tali diritti, per le quali è
stata presentata domanda all'Ismea, si applicano le agevolazioni
contemplate dall'art.8,comma 7, della legge 26 maggio 1965,n.590.
A sua volta, l'art.8 del progetto di decreto legislativo contempla
agevolazioni di tipo fiscale e in particolare, al primo comma, la
riduzione alla metà delle imposte dovute, per gli atti tra vivi diretti a
realizzare l'accorpamento di fondi rustici attraverso la permuta di
particelle o la rettificazione dei confini. Il secondo comma della
24
disposizione prevede la applicazione della riduzione del cinquanta
per cento delle imposte di registro,ipotecaria,catastale e di bollo per
le vendite dei beni appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico,
eseguite ai sensi della legge 23 novembre 2001,n.410, qualora
abbiano ad oggetto beni suscettibili di utilizzazione agricola e siano
concluse con imprenditori agricoli o coltivatori diretti iscritti nella
sezione speciale del registro delle imprese di cui all'art.2188 e
seguenti del codice civile.
Altre norme ispirate alle medesime finalità ricompositive, al fine
della realizzazione dei loro scopi, adottano tipologie di strumenti
tendenzialmente estranei a quelli più tradizionali sopra indicati: il
contratto di affitto ed il contratto di società cooperativa.
L'art.9 del progetto, che porta il titolo “Ricomposizione aziendale a
mezzo di contratto di affitto”, al fine di incentivare l’accorpamento
aziendale attraverso la stipulazione di contratti di affitto delle
particelle finitime della durata di almeno cinque anni, prevede per
tali contratti che l’imposta di registro sia dovuta in misura fissa,
E’ evidente la deroga alla normativa generale contenuta nell'art.17,
commi 3 e 3 bis del testo unico delle disposizioni concernenti
25
l'imposta di registro, approvato con il d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131,
e nell'art. 5 della tariffa,parte I, dello stesso d.P.R, in forza della
quale i contratti di affitto di fondo rustico, in via ordinaria, devono
essere registrati entro trenta giorni dalla stipulazione, con
corresponsione della relativa imposta nella misura dello 0,50 % da
calcolare sul canone annuo del contratto moltiplicato per la durata
dello stesso.
A sua volta, l’art.10 del progetto, agevola sotto il profilo fiscale la
stipula di contratti di società cooperativa tra imprenditori agricoli che
conferiscono in godimento alla società i terreni di cui sono
proprietari o affittuari, per la costituzione di un’unica azienda
agricola a gestione comune. In questo caso, infatti, alla luce della
disposizione, le imposte dovute per la stipulazione di questi contratti
sono ridotte di due terzi, e risultano addirittura dovute in misura
fissa qualora un quinto dei soci della cooperativa sia composto da
imprenditori agricoli giovani che si impegnano ad esercitare la
gestione comune per almeno nove anni.
La previsione di un sostanziale rafforzamento della agevolazione
fiscale a fronte della presenza di giovani imprenditori agricoli nella
26
compagine societaria si inserisce a pieno titolo in quel trend
legislativo che acquista sempre maggiore spessore all’interno del
nostro ordinamento, mirato a favorire l’accesso dei giovani
all’agricoltura (23).
Del resto anche alcune delle stesse disposizioni che attengono
all’istituto del compendio unico possono essere lette in questa
chiave: mi riferisco in particolare non solo ai profili ereditari della
materia, che possono essere interpretati come misure che si
rivelano
protettive
all’impresa
ed
agricola
agevolative
attraverso
il
dell’accesso
subentro
dei
giovani
mortis
causa
all’imprenditore che ne era in precedenza titolare.
Ma il pensiero va anche alle norme che individuano i soggetti
destinatari
delle
agevolazioni
all’acquisto
dei
terreni
future
componenti del compendio unico: è infatti rilevante la circostanza
che ai fini della fruizione delle agevolazioni, a differenza di quanto
prevedeva la legge finanziaria 2002, non è più posto il requisito del
possesso
della
trasferimento,ma
qualifica
quella
professionale
qualifica
al
dovrà
momento
del
caratterizzare
esclusivamente le modalità di esercizio dell’attività di coltivazione o
27
di conduzione che colui che beneficia delle agevolazioni si impegna
a svolgere per un periodo di dieci anni dal trasferimento.
La mancanza di ogni riferimento alla pregressa dedizione all’attività
agricola, tra i requisiti ai quali è condizionato l’acquisto dei terreni
da destinare a compendio, potrebbe tradursi in una forma di
incentivazione indiretta dell’accesso dei giovani all’impresa agricola,
in quanto potrebbe consentire anche a colui che non ha ancora
maturato una precisa scelta in ordine alla propria attività
professionale, di optare per la dedizione all’agricoltura, incentivato
in questa sua scelta proprio dalle disposizioni agevolative offerte dal
decreto.
E allora forse può delinearsi all’orizzonte di questo panorama
legislativo una sorta di tendenziale collegamento tra le finalità della
ricomposizione
fondiaria
e
della
conservazione
dell’integrità
dell’azienda agricola, e quelle legate all’incentivazione dell’accesso
dei giovani all’impresa agricola.
L’emanando decreto sembra porsi in questa direzione e forse anche
sotto questo profilo la sua approvazione è senz’altro degna di
essere auspicata.
28
29
NOTE
(*) Lo scritto riproduce, con l’aggiunta delle note, il testo della Lettura tenuta
dall’Autrice all’Accademia dei Georgofili, Sezione Nord-Est, a Padova, il 25 marzo
2004.
1) Cfr. l’art.1,1° comma del decreto legislativo 18 maggio 2001, n.228
“Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’art.7 della
legge 5 marzo 2001, n. 57”
2) Emblematici in tal senso l’art.1 del Regolamento Cee del Consiglio 12 dicembre
1989, n. 3808, e l’art. 5 del Regolamento Cee del consiglio 17 maggio
1999,n.1257.
3) V. le disposizioni richiamate alle note n. 1 e n.2.
4) Intendo riferirmi allo studio di TASSINARI su “Frammentazione e ricomposizione
dei fondi rurali”, edito a Firenze nel 1922, per conto del Regio Istituto Superiore
Forestale Nazionale
5) I dati riportati nel testo sono tratti dal volume “L’agricoltura italiana
conta”,2003, redatto dall’I.n.e.a. in collaborazione con il Ministero delle
Politiche agricole e forestali, pagg.56-60.
6) In ordine al potenziale inquadramento di quella normativa come strumento di
ricomposizione fondiaria, mi permetto di rinviare a N.FERRUCCI, voce
30
Riordinamento della proprietà rurale, in Digesto,IV edizione, Discipline
privatistiche, Sezione civile, Aggiornamento, Utet,Torino, 2000, pag. 658
7) Cfr. N. FERRUCCI, voce Riordinamento della proprietà rurale, cit., pag.659
8) La singolare ed efficace definizione è di A.PIKALO, Land und fortwirschaftliches
Grundstucksverkehrgesetz und Erbrecht in Westlichen Europa, Berlino, 1961,
pag.187
9) Le vaste e complesse tematiche riconducibili al c.d. “diritto agrario ereditario”
hanno polarizzato l’attenzione della dottrina agraristica e civilistica e della stessa
giurisprudenza costituzionale, di legittimità e di merito. Mi limito in questa sede
a ricordare come pietre miliari del dibattito sull’argomento, sul versante della
dottrina agraristica,A.CARROZZA, Per un diritto agrario ereditario, in Rivista di
diritto civile, 1978,I,pag.758; relativamente a quella civilistica, G.DE NOVA, Il
principio della unità della successione e la destinazione dei beni alla produzione
agricola, in Rivista di diritto agrario, 1979, I, pag.509
10) In quest’ottica si ricorda l’elaborazione di uno schema di legge predisposto allo
scopo di tacitare in modo tendenzialmente organico e completo le esigenze legate
alla eleborazione di un diritto agrario ereditario, frutto dell’azione sinergica
dell’apporto della dottrina e della collaborazione della Associazione nazionale
giovani agricoltori (A.n.g.a.). In ordine al contenuto ed alle finalità del progetto,
v. A.CARROZZA, La disciplina delle successioni mortis causa in agricoltura
(Presentazione di uno schema di legge), in Giurisprudenza agraria italiana,
1979, pag.583; N.FERRUCCI, Il dibattito sollevato dal progetto di legge A.n.g.a.
per la soluzione globale del problema ereditario in agricoltura (Valutazioni e
confutazioni), in Rivista di diritto agrario, 1981, I, pag.119.
31
11) Evidenzia a chiari termini questo paradosso, G.G.CASAROTTO, Gli interventi in
relazione alla razionalità della dimensione del terreno coltivato, in Trattato breve di
diritto agrario italiano e comunitario, diretto da L.COSTATO, 3° edizione, Cedam,
Padova, 2003,pag.354.
(12) V. per tutti, tra gli economisti, A.SERPIERI, Istituzioni di economia agraria,
Bologna, 1966, pag.161; tra gli agraristi, A.CARROZZA, Il riordinamento della
proprietà rurale, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, Torino, 1982,
pag.409; E.Casadei, Contributo ai problemi giuridici della ristrutturazione fondiaria
in agricoltura, Bologna, 1984; R.ROSSI,Appunti sulla ricomposizione fondiaria,
Napoli, 1978. Ma, tra i giuristi, v. già in argomento E.ROMAGNOLI, Aspetti dell’unità
aziendale in agricoltura, Milano, 1957.
(13) Cfr.Cass., Sez.unite, 18 ottobre 1986,n. 6123, in Giurisprudenza agraria
italiana, 1987, pag.27, con nota di U.SALVESTRONI, Le Sezioni unite e la prelazione
dei confinanti; in Rivista di diritto agrario 1987,II,pag.252, con nota di G.G.
CASAROTTO, La prelazione del confinante tra diritto giurisprudenziale e ius
condendum; in Nuova giurisprudenza civile, 1987, I, pag.400, con nota di
S.MANSERVISI, Commento a Cass.Sez.Un., 18 ottobre 1986,n.6123; in Foro italiano,
1987,I,c.66, con nota di D.BELLANTUONO, Prelazione agraria e pluralità di
proprietari confinanti: la posizione delle Sezioni Unite della Cassazione.
(14)Alla disciplina della minima unità colturale è dedicata, all’interno del codice
civile, la sezione II intitolata “Del riordinamento della proprietà rurale”, del Titolo II
“Della proprietà”, dell’omonimo Libro III.
32
(15) L’originaria disciplina del maso chiuso contenuta nel decreto del Presidente
della Giunta provinciale di Bolzano, 28 dicembre 1978,n.32 è stata recentemente
modificata dalla legge provinciale 28 novembre 2001,n.17.Per una breve illustrazione
dei profili ereditari della nuova normativa, v. N.FERRUCCI, La nuova legge
provinciale sul maso chiuso:spunti per una riviviscenza dell’istituto, in Rivista di
diritto agrario, 2003, pag.86.
(16) Cfr. le leggi 12 maggio 1950, n. 230; 21 ottobre 1950,n.841;29 maggio
1967,n.379 e 30 aprile 1976,n. 386.
(17) Il testo della legge 7 marzo 2003,n.38 “Disposizioni in materia di agricoltura”, è
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, 14 marzo 2003, Serie
generale, n.61.
(18) In ordine alla diversa portata operativa dell’istituto del compendio unico alla
luce del disegno di legge finanziaria 2002 e del testo definitivo di quest’ultima, mi sia
consentito rinviare a N.FERRUCCI, Commento all’art 8 D.Lgs. n.228/2001, in Rivista
di diritto agrario, 2002, pag.383.
(19) V. gli Autori sopra citati alla nota n.9.
(20) Cfr. Corte costituzionale, ordinanza, 31 maggio 1988,n. 597, in Nuovo diritto
agrario, 1988, pag.501.
(21) L’ultimo comma dell’art.44 della Costituzione sollecita il legislatore a disporre
provvedimenti a favore delle zone montane.
33
(22) Per inciso si ricorda che nel pacchetto di disposizioni contenute nello stesso
Capo II del decreto legislativo, “Integrità aziendale”, è inserita una norma, contenuta
nell’art.11, che assume una connotazione particolare rispetto a quelle ricordate nel
testo, in quanto non appare finalizzata in modo diretto alla ricomposizione fondiaria
ed alla conservazione dell’integrità aziendale, bensì mirata alla valorizzazione del
patrimonio abitativo rurale.
(23) Il tema dell’insediamento dei giovani in agricoltura ha formato oggetto di una
Giornata di studio dal titolo “Inserimento dei giovani nell’impresa agricola”,
organizzata dalla Sezione Nord-Est dell’Accademia dei Georgofili, a Legnaro (Pd) il
7 novembre 2002, i cui Atti sono pubblicati nei Quaderni 2002-VII,dei Georgofili,
Sezione Nord-Est, Firenze, 2003. Gli aspetti giuridici della materia sono stati trattati
nelle relazioni di L.COSTATO, Incentivi comunitari per i giovani agricoltori, ivi,
pag.81; e di N.FERRUCCI, Profili giuridici dell’insediamento dei giovani in
agricoltura, ivi, pag.57.