Signora Presidente, in qualità di Capogruppo di uno dei partiti di opposizione ho accettato responsabilmente il principio dell'alternanza per quanto riguarda la presenza del Presidente del Consiglio nei due rami del Parlamento. Quindi, nel corso di questa dichiarazione di voto terrò conto sia delle cose dette dal sottosegretario Gozi, sia - anzi, soprattutto (mi perdonerà il Sottosegretario) - della relazione svolta dal Presidente del Consiglio alla Camera dei deputati. Il Presidente del Consiglio ha citato una frase, che condivido, ma non si riferisce al suo discorso. Ha detto che l'Europa è una summa di riassunti. Ogni riunione europea non è altro che un riassunto dei riassunti precedenti. Penso che questa definizione ben si attagli ai ragionamenti fatti in quest'Assemblea, ma soprattutto al ragionamento che il Presidente del Consiglio ha fatto alla Camera. Renzi ha citato questa mattina il filosofo tedesco Jürgen Habermas, che penso pochi in questa Assemblea e alla Camera abbiano letto, che ha definito la risposta dell'Unione europea sulla crisi siriana - Presidente, lei l'ha letto e le fa onore - caratterizzata da un frenetico immobilismo. La crisi siriana è una delle più complicate degli ultimi decenni. Non ho mai sentito un rappresentante del Governo italiano parlare con compiutezza e conoscenza della crisi siriana. Non ho mai sentito parlare dell'osservatorio siriano dei diritti umani e non ho mai sentito parlare nei termini in cui è questo osservatorio. È un signore che abita a Coventry da circa vent'otto anni e lavora nel negozio di abbigliamento di sua moglie e che nulla sa di ciò che accade in Siria. Pur tuttavia, è la fonte di informazione più precisa e puntuale di tutte le agenzie e i media occidentali sulla crisi siriana. Non ho mai sentito il ministro Gentiloni o il presidente del Consiglio Renzi parlare del fenomeno dei white helmet, che alcuni vorrebbero portare ad avere il premio Nobel, ma se andate su Internet a vedere le foto di questi protagonisti, noterete che molti di loro hanno armi in mano e si prodigano nella cosiddetta ribellione al Governo di Assad. Nessuno si è mai posto il problema di chi siano esattamente i ribelli siriani. Sono quelli di al-Nusra, camuffati con un'altra sigla, o sono veramente ribelli che hanno come vocazione naturale l'instaurazione di un regime democratico? E, quindi, quando si parla di summa dei riassunti o di genericità della risposta dell'Unione europea, mi riferisco tranquillamente anche alla posizione del Governo italiano. Ma è sulla politica europea nel suo complesso che noto una manchevolezza e una carenza spaventose. Abbiamo assistito alla sceneggiata di Ventotene: Renzi è riuscito a portare sulla nave Garibaldi Hollande e Merkel - che notoriamente soffre il mare e, quindi, non è venuta volentieri - e dopo abbiamo assistito a un incontro personale del presidente del Consiglio Renzi nella sede della Ferrari. Dopo ci siamo resi conto di quanto l'Italia sia esclusa dai posti di comando dell'Europa perché nel frattempo la cancelliera Merkel ha chiesto agli Stati del cosiddetto gruppo di Visegrád di fare un incontro in Austria e non in Lituania sulle politiche dell'immigrazione e l'Italia non è stata invitata. I Paesi del gruppo di Visegrád rifiutano la ricollocazione dei migranti. La cancelliera Merkel in questi giorni, visto che il problema ucraino sarà argomento del prossimo europeo, ha convocato il formato Normandia, dal quale siamo notoriamente esclusi, e ha chiesto ai Paesi rappresentati in questa sede di decidere qualcosa sull'Ucraina. Ma la Germania ha anche altri problemi; non ha sono quello di rappresentare il Paese egemonico e dominante in Europa. Ha un surplus commerciale del quale non si parla mai; ha delle banche come la Deutsche Bank, che ha circa 52.000 miliardi di derivati che sono una bomba ad orologeria nel sistema economico europeo. Però, sottosegretario Gozi, c'è anche una domanda. Mi dicono - lo ha detto il ministro Schäuble in una sede riservata - che sulla nave Garibaldi si è parlato di Libia, ma si poteva anche parlare di Europa. La cancelliera Merkel è arrivata - vorrei essere smentito e sono pronto ad esserlo nell'interesse del mio Paese - con un dossier di circa 400 pagine, riassunto in un bignami di 20 di facile lettura, con il quale la Germania in quell'occasione sulla nave Garibaldi e nelle nostre acque territoriali aveva intenzione di parlare con il Governo italiano del futuro dell'Europa. Come cambiare l'Europa, come arrivare a quel famoso sessantennale dei Trattati di Roma del marzo dell'anno prossimo? Parlando e cominciando a parlare. Ho l'impressione, mi hanno detto, che di questo non si è parlato, che l'Italia in quella sede abbia fatto una figura muta e che il Presidente del Consiglio non abbia garantito al nostro Paese quel ruolo che in quella sede avrebbe potuto garantire. Mi piacerebbe sapere la verità perché tutto ciò che è accaduto dopo, sembra denotare la carenza di discussione, di approfondimento e di confronto che in quella sede sarebbe potuto avvenire. Sono pronto però ad essere smentito; lo dico nell'interesse del mio Paese. Per quanto riguarda l'immigrazione, mi fa piacere che il sottosegretario abbia accettato il punto tre e il punto dieci, con qualche piccola modifica, ma lasciando inalterato nella sostanza il senso di quello che abbiamo scritto. Sull'immigrazione, lei si è preoccupato legittimamente della ricollocazione, ma non è questa l'unica preoccupazione. Come detto prima, il gruppo di Visegrad si rifiuta di farsi ricollocare nell'ambito della suddivisione di coloro che sono già entrati. Il presidente del Consiglio Renzi ha ricordato stamattina che la Germania ha già accettato 1.100.000 rifugiati, in questo caso, perché non sono immigrati economici. Pur tuttavia, abbiamo un problema; dobbiamo bloccare l'immigrazione e su questo punto non c'è mai una parola. C'è sempre il problema del dopo, non c'è mai il problema del prima. Noi alle volte, certi giorni, andiamo a prenderci un Comune italiano di 6.000 abitanti che viene dall'Africa per ricollocarlo in un posto che immagino sia sul nostro territorio. E non andiamo mai ad evitare e impedire che questo possa avvenire. Andiamo a prelevare gommoni che sono chiusi in un hangar, in un magazzino che sappiamo esattamente dove si trova, sulle coste libiche, senza intervenire e avendo la capacità e la forza di farlo perché siamo comunque presenti in Libia in misura sufficiente per fare questo tipo di intervento. Eppure non passiamo nemmeno alla fase due di EUNAVFOR Med. Non abbiamo neanche la voglia, il coraggio e la decisione politica di entrare nelle acque libiche. Non dico che il modello straniero sia quello da attivare. Non si mettono nella possibilità di bloccare non più i barconi perché ora sono gommoni, che hanno un'autonomia di 10-12 miglia. Arrivano le navi europee, li prendono, li imbarcano e ce li portano sulle coste italiane. C'è poi un altro problema; la circolare che il Ministero dell'interno ha mandato. Mi dicono gli operatori della sicurezza, che con essa vengono esortati gli operatori di sicurezza nei pochi hotspot che sono stati costruiti a declinare le impronte digitali. È però un'esortazione, non è un obbligo e il poliziotto, secondo voi, oggi si mette nelle condizioni di obbligare qualcuno che non vuole a lasciare le impronte digitali? Qual è la soluzione? Molti non le lasciano, molti non vengono identificati e molti di loro, forse, sono tra coloro che non dovrebbero entrare in Italia per motivi di ordine pubblico. Questo punto è focale, è talmente importante per il nostro Paese, ma su di esso non abbiamo avuto oggi alcun tipo di informazione successiva. Mi ha colpito un passaggio questa mattina dell'intervento del Presidente del Consiglio in cui ha parlato degli Stati Uniti. Egli dice che noi siamo dalla parte degli Stati Uniti nella visione del mondo perché pensiamo che i valori di libertà e lotta contro la paura e contro una visione catastrofica del futuro è incapace di dare alla democrazia un ruolo anche per il domani. Questo tipo di sguardo sul mondo sia uno sguardo che noi condividiamo profondamente. Cosa vuol dire, sottosegretario Gozi? Stiamo dalla parte degli Stati uniti anche quando sbagliano? Siamo sicuri che dobbiamo sempre stare dalla parte degli Stati Uniti anche quando fanno errori macroscopici? Anche quando danno armi e missili anticarro ai ribelli siriani che ribelli non sono, ma sono terroristi, che vogliono portare in Siria un regime che nulla ha a che fare con la democrazia? Siamo sicuri che gli Stati Uniti abbiano sempre ragione? Avete ascoltato il dibattito che c'è stato tra Donald Trump e Hillary Clinton? Avete sentito le cose che si sono detti i due candidati? Avete avuto percezione della inadeguatezza culturale e conoscitiva che hanno anche i candidati alla presidenza degli Stati Uniti rispetto a problemi che noi dovremmo conoscere meglio? E quindi prima di dire siamo senza se e senza ma dalla parte degli Stati Uniti, del gendarme del mondo, qualche cautela la userei. Concludo, Presidente, con una nota storica. Esattamente 66 anni fa, il 12 ottobre del 1960, Nikita Kruscev, per contraddire uno sconosciuto oratore filippino, tale Lorenzo Subullung, prese una scarpa, o sua o del Ministro sovietico degli esteri di allora, Gromyko, e la sbatté sul banco delle Nazioni Unite. Bene, penso che Kruscev dei meriti storici li abbia anche avuti perché nel febbraio del 1956, al XX congresso del PCUS, smontò per nostra fortuna lo stalinismo e inaugurò una nuova stagione del comunismo sovietico. Non portò certamente la democrazia: ci pensò qualche anno più tardi, parzialmente, Gorbaciov, ma non ci pensava certamente Kruscev, che ebbe però un merito storico straordinario. Penso che il Presidente del Consiglio una scarpa in Europa possa anche batterla, visto e considerato che le scorie del comunismo militante non gli appartengono e un'evoluzione e una rivoluzione culturale nel suo partito le ha prodotte. So che è amico di molti imprenditori del settore dei calzaturifici, ma se vuole gliela possiamo prestare anche noi. Quindi, caro Presidente, batta una scarpa in Europa, per contraddire e contrastare gli scarponi tedeschi.