Il Punto
Nota settimanale a cura della Redazione di Nens
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N. 16
Dal 2 all’8 febbraio 2004
Questa settimana: - Tutela del risparmio: come garantire
la corretta informazione dei risparmiatori
Un gruppo di attenti osservatori, abituali utenti di Nens, ci ha inviato le seguenti
osservazioni – in parte già rispecchiate dai documenti da noi elaborati e presenti
nel Ddl Ds presentato in Parlamento – che volentieri pubblichiamo.
Il disegno di legge sul risparmio, appena approvato dal governo, è probabile che in Parlamento
subisca aggiunte, modifiche, ritocchi. In ogni caso, il dibattito sarà ampio, dato che molti confidano
nelle leggi, nei controlli e nelle sanzioni delle autorità di vigilanza per offrire maggiori garanzie agli
investitori.
Al di là dei controlli, dei poteri e delle sanzioni, che sono senz’altro necessari, vi è un problema
rimasto in ombra e che invece meriterebbe di essere affrontato. La ragione è semplice: la sua
soluzione renderebbe molto più forte la posizione dei risparmiatori anche se i controlli delle autorità
fossero poco efficaci. Nel gergo dei tecnici questo problema viene indicato come asimmetria
dell’informazione, e cioè la diversa qualità e quantità delle informazioni che i risparmiatori hanno
in mano sulle aziende quotate, sui diversi titoli azionari o obbligazionari, rispetto agli operatori
professionali. Un tema al quale l’Unione europea ha dedicato gran parte della direttiva market
abuse, con numerosi accenni anche al giornalismo finanziario, e che in Italia, a leggere le norme e
restando alla pura forma, sembrerebbe risolto, mentre è una delle cause vere delle sventure nelle
quali sono incappati gli investitori.
Qualche esempio concreto della differenza tra la forma e la sostanza può essere utile prima di
passare a proporre due o tre iniziative semplici da realizzare e probabilmente efficacissime ai fini
della consapevolezza dei risparmiatori. In Italia le società devono indicare nei propri bilanci
consolidati tutte le partecipazioni rilevanti in aziende e società in Italia e all’estero. Così come deve
essere chiaro da quali altre società sono controllate. Bene. Nella forma è tutto pubblico. Ma come
fa, per esempio, un semplice risparmiatore che volesse capire se ha “troppe” diramazioni nei
paradisi fiscali l’azienda nella quale vuole investire o alla quale intende prestare soldi attraverso le
obbligazioni? E come fa eventualmente a mettere a paragone, da questo punto di vista, diverse
società? Dovrebbe dotarsi dei diversi bilanci consolidati e saperli leggere. Conclusione: nella forma,
tutto è pubblico. Nella sostanza, tutto è opaco, difficile da verificare.
Il Punto
Nota settimanale a cura della Redazione di Nens
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Lo stesso vale per le sanzioni delle autorità di vigilanza, che adesso si vogliono anche rafforzare.
Per un banchiere o un altro intermediario non c’è sanzione più forte delle pubblicità delle sue colpe.
Ebbene, nei bollettini della Consob e della Vigilanza della banca d’Italia si possono ovviamente
trovare tutte le sanzioni proposte e poi comminate (o dalle stesse autorità o dal ministero
dell’Economia). Ma intanto bisogna procurarsi i bollettini, sfogliarli uno per uno e per capirci
qualcosa bisogna fare una traduzione dal burocratese più stretto all’italiano. Anche in questo caso:
nella forma tutto è pubblico. Nella sostanza, opaco.
Che fare, allora? Forse non ci vuole molto per riequilibrare l’assimmetria informativa. Per
cominciare basterebbero tre iniziative. La prima: le sanzioni comminate agli intermediari finanziari
dalla Consob, dalla Banca d’Italia, dal ministero dell’Economia dovrebbero essere pubblicate –
sotto forma di avviso pubblico mensile, in corpo leggibile - anche sui quotidiani nazionali. La
seconda: la Consob faccia una volta l’anno l’elenco delle società che le aziende quotate in Italia
hanno nei paradisi fiscali. Il dato è già pubblico, perché contenuto nei diversi bilanci consolidati.
Ma perfino per un giornalista agguerrito può essere difficile metterlo insieme. Ebbene, la
Commissione lo faccia e lo renda disponibile nel proprio sito Internet. Ogni risparmiatore che lo
volesse, potrebbe così verificare quanta parte vi sia nella società a cui vuole assegnare la propria
fiducia di finanza fuori dai controlli più stringenti ( il disegno di legge interviene su questo punto,
ma nulla dice sulla maggiore fruibilità di questi dati per gli investitori non professionali). La terza
iniziativa: invitare gli analisti finanziari a tenere presente sempre prima la stabilità e poi il
rendimento. Gran parte dei rapporti sulla Parmalat erano positivi fino al dicembre scorso sulla base
delle attese di reddittività dell’azienda e di apprezzamento del titolo. Su decine di studi pochi
riportavano il dato del debito lordo (tutti i debiti contratti) messo a confronto con il patrimonio netto
(tutte le garanzie certe). E i pochi che hanno presentato questo paragone non finivano con un
risultato positivo. La Borsa italiana potrebbe insomma pubblicare nel proprio sito, trimestre per
trimestre, il rapporto tra debito lordo e patrimonio netto, per le società quotate, insieme ai dati
principali dell’andamento economico dell’azienda nel periodo. Sarebbe un servizio semplicissimo
da rendere, ma di grande efficacia. Infine, un altro dato relativo all’asimmetria informativa: negli
ordini relativi a titoli da considerare “non adeguati” già rispetto alle norme attuali (emessi all’estero
senza prospetto Consob, non adeguati al tipo di risparmiatore….) dovrebbe essere scritto in alto e in
caratteri ben visibili “titolo non adeguato al risparmiatore comune”. Vi sarà sempre la libertà e la
possibilità di rifirmare quell’ordine. Ma allora sì che si potrà dire: l’investitore era informato.
In conclusione, si possono mettere in atto queste o altre iniziative del genere. Ma l’importante è che
la pubblicità delle infornazioni sia vera e non fittizia. Perché altrimenti anche i più forti poteri della
Consob resterebbero confinati nel ristretto circolo, pur importante e da non sottovalutare, del
rapporto tra operatori e autorità. Mentre è anche facendo crescere la consapevolezza e la possibilità
di scelta dei risparmiatori che si obbligano gli amministratori delle società ad essere più trasparenti.