Non solo i bancari

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2017-03-19 Non solo i bancari
Care amiche, cari amici
Ricorderete certamente che vi ho intrattenuto sul problema lo scorso 7 febbraio, in
una nota titolata “mal di Banca”. In sintesi, commentavo uno studio dell’Università
La Sapienza di Roma, ripreso da varie testate giornalistiche, da cui risulta che i
bancari, di questi tempi, vivono il loro lavoro con grande disagio “fisico e mentale”.
Nei giorni seguenti molti di voi mi hanno contattato, a riprova che il problema esiste,
e che è ben presente anche dalle nostre parti.
A distanza di oltre un mese, lo studio sullo stress dei bancari di Pisa è ritornato
all’onore della cronaca, in quanto ne ha parlato il noto editorialista Massimo
Gramellini nella sua rubrica “Il caffè” su Il Corriere della Sera.
Forse pensando che mi fosse sfuggito, molti, ma proprio molti di voi, me l’hanno
inviato, sicuramente sperando che tornassi sull’argomento.
A beneficio di coloro che non l’hanno letto, ve lo riporto:
«Il posto in banca» era un miraggio, è diventato quasi un oltraggio. Dice il
dipartimento di medicina del lavoro di Pisa che, ogni cento lavoratori stressati, venti
sono bancari. Gli altri ottanta, si presume, clienti. Secondo una ricerca della
Sapienza di Roma, l’ottantadue per cento degli impiegati di banca soffre d’ansia e il
ventotto, un’enormità, fa uso di psicofarmaci. Gli assicuratori non se la passano
molto meglio. Come hanno potuto dei lavori sicuri e ben remunerati trasformarsi in
una fonte di incubi, transitando in appena una generazione dall’ammirazione al
biasimo sociale? Sono le meraviglie del turbocapitalismo finanziario, decantato solo
da chi non è mai stato toccato dal suo pungiglione.
In molte banche, per fortuna non in tutte, l’impiegato si ritrova tra due fuochi. Da
una parte i manager, sempre più passeggeri, che avendo il loro orizzonte temporale
al 31 dicembre dell’anno in corso sono animati dall’unica missione di «fare budget»
il più in fretta possibile. Dall’altro gli utenti da spennare, molto spesso ingenui o
semplicemente fiduciosi, ma in qualche caso fin troppo avidi nell’accettare dei rischi
assurdi, di cui poi incolperanno chi ha indotto loro a correrli. Il povero bancario
rimane preso in mezzo. Se agisce con prudenza, perde il posto. Se lo fa con bramosia,
perde la faccia. Ci sono impiegati, in certi paesi del Veneto e della Toscana falcidiati
dalla peste obbligazionaria, che per strada sono più insultati degli arbitri. In fondo
anche loro pagano una mancanza di rigore”.
Non mi soffermo ulteriormente sul tema, in quanto ritengo di averlo trattato a
sufficienza nella nota di febbraio.
Amplio invece l’orizzonte, in quanto il “mal di banca” negli ultimi mesi sembra aver
colpito anche altri soggetti, in particolare i risparmiatori “azzerati” dalle note vicende
degli Istituti in crisi.
Ne ha parlato il giornalista veneto Alessandro Gonzato in un articolo su Libero, dal
titolo “I bidoni della banca fanno impazzire la gente”.
Gonzato scrive un piccolo reportage da Vicenza: “Come i reduci di guerra.
Nelle menti di una trentina di ex risparmiatori della Popolare di Vicenza il crac
della banca ha provocato gli stessi effetti devastanti di un bombardamento.
Non lo diciamo noi. Lo dimostrano i referti medici. Negli ultimi mesi,
all’ospedale cittadino di San Bortolo, diverse persone che a causa del tonfo
della PopVi hanno perso i risparmi di una vita sono state ricoverate per un
forte disturbo post traumatico da stress. «È una patologia che colpisce chi
ha vissuto le bombe e chi è vittima di catastrofi finanziarie», dice a
Libero il dottor Livio Dalla Verde, primario della seconda unità operativa
complessa del dipartimento di psichiatria dell’ospedale vicentino.
Nessuno dei pazienti riusciva più a dormire (c’era chi non chiudeva occhio da più di
tre giorni di fila). All’ospedale si sono presentati soprattutto uomini sulla
cinquantina e tutti si reggevano in piedi a fatica. «Li abbiamo trattati con dei farmaci
e delle cure psichiatriche», spiega il primario. «Alcuni sono rimasti in cura intensiva
per qualche giorno. Il ricovero serve a superare la fase acuta, quella del pericolo di
suicidio nei casi più gravi, ma nei mesi successivi il trattamento deve essere costante.
Queste persone non devono rimanere sole. Quando si precipita in situazioni simili prosegue il dottor Dalla Verde, - si va oltre la depressione e la rabbia. Una persona
affetta da un disturbo post traumatico da stress è malata, deve essere curata come un
soggetto che ha uno scompenso psicotico».
Gonzato prosegue paragonando la situazione attuale a quella della guerra, e si
sofferma sugli effetti della crisi attuale sul tessuto sociale dei risparmiatori vicentini:
“…..Da qualche mese, per colpa della gestione dissennata dalla banca della città,
sono andati in fumo decine di migliaia di conti in banca. Il crollo del valore delle
azioni ha sconvolto la vita di imprenditori e padri di famiglia. C’è chi per tirare
avanti ha dovuto vendere casa, chi l’auto. C’è chi è stato costretto a chiudere
l’azienda, e chi di colpo si è trovato senza i soldi per far studiare i figli. C’è poi chi,
già in pensione, è stato costretto a rinunciare al meritato riposo per trovarsi qualche
lavoretto per arrivare a fine mese. I risparmiatori più giovani hanno dovuto
accantonare i progetti per il futuro……”.
Bene, ragazzi, appurato che lo stress da banca non colpisce solamente i bancari, per
concludere mi viene spontanea una domanda: “ma quei banchieri strapagati che
hanno condotto le loro aziende di credito nel baratro, soffrono anche loro di disturbi
post traumatici?
Se si, stiano tranquilli, perché nell’Istituzione dove, ovviamente se riconosciuti
colpevoli dalla Giustizia, dovessero essere associati, esiste il sostegno psicologico.
Fra l’altro gratis, tutto a spese del contribuente!
Un abbraccio a tutti.
Umberto Baldo
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