SCHEDE
II sole è sorto a Roma, a cura di Lo­
renzo D ’ Agostini e Roberto Forti,
prefazione di Giorgio Amendola, A s­
sociazione Nazionale Partigiani d ’I­
talia, Comitato provinciale di Roma,
1965, pp. 512 , L . 4000.
Come ricorda nella prefazione Gior­
gio Amendola, la bibliografia sulla resi­
stenza a Roma e, più in generale, sulle
vicende storiche, politiche, diplomatiche
accadute nella capitale nel periodo 194344, è abbastanza ricca e documentata.
V a però aggiunto che il presente lavo­
ro, nel complesso, non risulta affatto
una ripetizione o una rielaborazione,
ma utilmente riporta in primo piano,
grazie ad un insieme di dati originali e
di nuove informazioni, una serie di ele­
menti di grande rilevanza e che pure
non sempre sono adeguatamente valu­
tati. L ’accento infatti è messo non sulla
trattativa di vertice dei partiti, sulle
mosse del personale politico e diploma­
tico, sugli intrighi dei nazifascisti e l’o­
diosità della loro azione, sulle iniziative
degli alleati o del governo monarchico,
bensì sugli aspetti più peculiari di quel
fenomeno che fu anche a Roma, la Re­
sistenza: lo spontaneo raggrupparsi de­
gli sbandati dell’ 8 settembre intorno ai
militanti dell’ antifascismo, il sostegno ad
essi dato dalla popolazione, il sorgere
e lo svilupparsi del grande moto di
massa nel quale impegno e consapevo­
lezza deliberati confluivano con lo sde­
gno, lo spirito naturale di rivolta, l’an­
tipatia per i tedeschi ed i loro servi.
Ovviamente altre e serie ricerche
hanno studiato con acutezza ed intel­
ligenza i vari momenti drammatici, en­
tusiasmanti o sconcertanti della Resi­
stenza a Roma. Ma sovente è dato ri­
scontrare come manchi quel supporto
fondamentale alla comprensione di cosa
fu anche a Roma il *43-’ 44, supporto
che è costituito dall’ informazione mi­
nuta, putigliosa su come dietro agli av­
venimenti più rilevanti, a sostegno e
giustificazione anzi di essi, non vi fosse
che l’ insistente ed eroico ripetersi di
umili iniziative : scritta sui muri dopo
scritta, chiodo a tre punte dopo chio­
do, bomba a mano dopo bomba.
Certo non tutto spiega questo vo­
lume, ma gli autori — che pure non
sono degli storici di professione — rie­
scono comunque, grazie alla messe de­
gli episodi, delle « azioni », delle figure
rievocate, descrivendo la Resistenza in
quello che fu di più quotidiano e pur
peculiare, a dire una parola autorevole
anche su grandi e più discussi proble­
mi. Ad esempio l’ attentato di via Rasella causa della strage delle Ardeatine,
tanto spesso contestato nella sua legit­
timità, diviene un’impresa di guerriglia
indiscutibile quando si scopre quante
altre azioni partigiane e repressioni e
persecuzioni nazifasciste (basti ricordare
la deportazione del 16 ottobre) l’ave­
vano preceduta in pieno centro citta­
dino.
Un libro, dunque, di non retorica
rievocazione, al quale fanno da impor­
tante completamento alcuni documenti
d ’appendice che nella loro evidenza
contribuiscono a ricordarci cosa fu col
suo patrimonio di sacrifici, di torture e
di sangue dei 15.000 e passa combat­
tenti e patrioti il movimento resisten­
ziale romano.
Guido Valabrega.
F r a n z in i , Storia della Resi­
stenza Reggiana, introduzione di G.
Degani, prefazione di P. Secchia, Reg­
gio Em ., A .N .P .I., 1966, pp. XLI-903.
G u e r r in o
Scriveva recentemente Giorgio Spini
che gli studiosi del fascismo e dell’an­
tifascismo sono debitori ai protagonisti
dei fatti storici non solo per la conser­
vazione della documentazione coeva, ma
anche per l ’ avviamento allo studio, nei
primi tempi ancora asclusivamente politico-agiografico, degli avvenimenti stes­
si. E non raramente, quando costoro rie­
scono a sollevarsi al di sopra della pro­
pria personale partecipazione alle vicen­
de, ci troviamo di fronte ad opere che
costituiscono riferimenti fondamentali per
quanti intendano studiare quegli avve­
nimenti. E ’ il caso recente di Guerrino
Franzini, già Capo di Stato Maggiore di
quella C X L V Brigata Garibaldi che, fra
l’altro, operò il salvataggio della cen­
trale idroelettrica di Ligonchio, nel Reg­
giano.
11 Franzini non è uno « storico », pur
non essendo alla sua prima pubblica­
zione; ed infatti dello storico di me­
stiere egli non adotta i metodi consueti
nell’attingere ai documenti o nel co­
I IO
Schede
struire le note. Questo non ha, tutta­
via, impedito che la sua Storia della
Resistenza Reggiana sia l’opera più no­
tevole e valida uscita nell’ambito di
quella provincia. Innanzi tutto, il Fran­
zini ha cercato, trovato ed utilizzato cen­
tinaia di documenti di origine fascista
e nazista, tanto che, quando elenca o
narra la serie delle azioni partigiane,
può molto sovente portare a confronto
la versione dell’altra parte. Questa uti­
lizzazione continua e discreta dei docu­
menti (compresa la stampa periodica)
costituisce una fonte importantissima per
la ricostruzione delle lotte fra gli stessi
P N F, G N R , B B N N e nazisti; le anno­
tazioni, convalidate da lettere e fogli
d ’ordine, dei tentativi tedeschi di se­
parare le proprie responsabilità da quel­
le repubblichine, elementi che fino ad
ora non ci era stato -possibile vedere
inseriti in una ricostruzione organica,
e soli basterebbero a valorizzare la ri­
cerca.
Ma ci interessa soprattutto esami­
nare con F A . (pp. 645-683) gli aspetti
sociali e politici della lotta nel Reg­
giano. Per la dannosa consuetudine (che
ha svisato anche i dati relativi alla pro­
vincia di Bologna) di unificare e con­
fondere in una sola « voce » operai e
braccianti, non è possibile rendersi con­
to esattamente della reale ripartizione
delle classi sociali fra i combattenti e
della vera consistenza numerica degli ad­
detti all’ agricoltura che parteciparono al­
la lotta. Se è già difficile accettare un
50% di operai contro un 30% di con­
tadini per le brigate G A P, non è asso­
lutamente possibile ammettere nelle SA P
un rapporto di 40% contro 30 % , quan­
do è più che noto lo svilupparsi effet­
tivo dell’azione sapista in zone preva­
lentemente agricole. Non possiamo che
rammaricarci col Franzini della inade­
guatezza dei rilievi fatti all’atto della
smobilitazione delle forze partigiane. Da
sottolineare (ed anche questa è una co­
stante negativa per tutta l’Emilia-Ro­
magna) Ja netta insufficienza della par­
tecipazione degli intellettuali: 0,6% .
Di particolare interesse è anche l ’e­
same dei rapporti fra i partiti politici
all’interno del C LN provinciale, un esa­
me che per la prima volta appare così
ampio ed approfondito nei suoi temi
(anche se mancano analisi dei program­
mi politico-sociali e delle forze econo­
miche legate ai partiti stessi). Finalmen­
te possiamo renderci conto di come i
Comitati non fossero quegli organismi
così immutabilmente ed irrealmente uni­
tari che certa pubblicistica continua a
presentare. Troppe volte abbiamo letto
di decisioni prese, quasi senza dibatti­
to, all’unanimità Non possiamo, invece,
dimenticare che la diffusa intonazione
anticomunista, determinata anche da ven­
ti anni di propaganda fascista, costi­
tuiva una diffìcile remora per la pene­
trazione e la diffusione delle stesse idee
unitarie. La maschera del bolscevismo
dipinta dalla propaganda nazifascista fa­
ceva troppo facilmente presumere una
doppiezza di propositi nel P C I: una ma­
schera di bonomia « unitaria » che na­
scondeva la truculenta aspirazione alla
trasformazione della resistenza in rivo­
luzione politica e sociale. Nel Reggiano
(come in altre zone) l ’ azione di elementi
non sempre qualificabili quali antifasci­
sti o di personaggi che si erano trovati
in posizioni di responsabilità superiori
alle loro effettive capacità, rischiò, fin
verso Ja fine del 1944, di frantumare il
diffìcile equilibrio. Azioni secessioniste
come quella di Don Carlo non giovaro­
no certamente all’affiatamento dei com­
battenti, soprattutto quando trovavano
consenzienti e favorevoli gli inglesi (cfr.
pp. 470 e passim). Solo l’ azione perso­
nale del democristiano Giuseppe Dossetti, che comprese gli sforzi del PCI
reggiano, valse più di ogni circolare e
garanzia ufficiale del PCI a far tornare,
almeno nella fase finale e culminante
degli avvenimenti, una buona armonia.
Luciano Casali.
Ministero degli Affari Esteri, I Docu­
menti diplomatici italiani. Nona serie
1939-1943. V oL V (11 giugno - 28 ot­
tobre 1940). Roma, Istituto Poligra­
fico dello Stato, 1965, pp. LX V l-835.
L ’ arco cronologico entro il quale sono
compresi i materiali di quest’ ultimo vo­
lume dei Documenti diplomatici italiani
è di per sè un elemento sufficientemente
eloquente per sottolineare l’importanza
dei documenti qui raccolti, relativi al
periodo tra l ’entrata in guerra dell’ I­
talia nella seconda guerra mondiale e
l ’aggressione alla Grecia. E questo è
anche, inutile a dirsi, un motivo dippiù
per auspicare che i lavori della Com­
missione che presiede alla raccolta dei
DDI possano approdare presto alla pub­
blicazione dei successivi volumi, sino a
Schede
coprire almeno tutto il periodo della
condotta bellica dell’Italia al fianco della
Germania nazista.
Questo volume, ricco di oltre otto­
cento documenti, riflette le direttrici del­
la politica italiana dopo la rottura dei
rapporti e l’inizio delle ostilità con le
democrazie occidentali: il centro di gra­
vità della politica italiana si sposta in
maniera sempre più accentuata verso la
penisola balcanica e lo spazio danu­
biano in generale, anche se ovviamente
è del tutto superata l’ ambizione della
diplomazia fascista di porsi alla testa
del « blocco dei neutri », ambizione tra­
montata nel tardo autunno del 1939 an­
che di fronte alle pressioni tedesche.
Ma il presente volume conferma anche
come le momentanee propensioni alla
neutralità dell’Italia fossero sostanzial­
mente in contrasto con le mai sopite
aspirazioni egemoniche sull’altra sponda
adriatica: pressioni tedesche a parte,
resta vero che l'Italia mal si sarebbe
adattata a un congelamento della situa­
zione danubiano - balcanica che potesse
vincolare la sua stessa libertà d ’inizia­
tiva. Dai documenti qui raccolti affiora
più di un elemento a proposito del con­
trasto di interessi e di influenza tra le
due potenze dell’Asse in tutta l’area
dell’Europa centro e sudorientale: lar­
gamente documentati sono anche gli svi­
luppi del conflitto ungaro-romeno per la
Transilvania, sia per quanto concerne
l ’azione moderatrice svolta dalle poten­
ze dell’Asse per impedire una soluzione
armata della questione da parte del­
l ’Ungheria, sia per quanto riguarda la
fase finale dell’ iniziativa dell’Asse, sfo­
ciata nel cosiddetto « secondo arbitrato
di Vienna », nel quale la diplomazia
fascista non fa che ratificare le decisioni
della Germania nazista.
Ma l’interesse più rilevante risiede
nel gruppo omogeneo di documentazione
che viene offerta sulla preparazione del­
l’ aggressione italiana alla Grecia. Si
tratta di poche istruzioni di Ciano al
ministro ad Atene Grazzi, di dispacci
di quest’ultimo da Atene e soprattutto
delle lettere e delle relazioni che il luo­
gotenente in Albania Jacomoni inviò al
sottosegretario agli affari albanesi Beni■ni e allo stesso Ciano. In particolare i
testi di Jacomoni (che sarebbe fra l’ altro
interessante confrontare con le memorie
da poco apparse dello stesso diploma­
tico) offrono la testimonianza e la prova
più lampante del carattere provocatorio
n i
della politica fascista verso la Grecia.
Anche se, come rileva anche il prof. Ma­
rio Toscano nell’ avvertenza posta ad
apertura del volume, non si tratta di
materiale « molto copioso » nè « tale da
offrire una risposta esauriente a tutti
gli interrogativi che il problema ha sol­
levato », si tratta pur sempre di una
documentazione preziosa, dalla quale og­
gi non è assolutamente possibile pre­
scindere. L ’ unica cosa che non ci con­
vince nella pubblicazione di questo ma­
teriale è perchè mai si sia dato tanto
peso soltanto ai carteggi provenienti da
Jacomoni (un personaggio fra l’altro lar­
gamente screditato anche prima che fos­
sero conosciuti questi documenti) e non
si sia insistito anche nel fornire in ade­
guata misura i documenti relativi alle
istruzioni che venivano impartite da Ro­
ma. E ’ un quesito questo che poniamo
anche in relazione ad altri volumi della
raccolta, nei quali il materiale di pro­
venienza dal centro risulta in propor­
zione nettamente sommerso da quello
proveniente dalle diverse sedi diploma­
tiche. La conclusione è che se ne viene
certamente illuminata e indicata tutta la
problematica della politica estera italia­
na del periodo considerato, non sempre
appaiono sufficientemente e adeguatamente documentate le direttive della po­
litica estera, così come erano formulate
a Palazzo Chigi. Una precisazione su
questo punto sarebbe forse opportuna :
si tratta di un risultato prodotto dai
criteri di lavoro e di selezione dei cu­
ratori della pubblicazione o di un risul­
tato obbligato in quanto effettivamente
rispondente allo stato degli archivi?
Enzo Collotti.
Garibaldini in Spagna e nella Resistenza
bolognese, Bologna, tip. Arte Stam­
pe, 1966, pp. 63.
L ’idea centrale di questo V ° Quader­
no de « La Lotta », è quella della con­
tinuità della resistenza dalle giornate del
1920-22, attraverso la guerra di Spagna,
fino alle lotte partigiane del 1943-45.
Questo sostiene Luigi Arbizzani nel sag­
gio introduttivo (Spagna e Italia: una
sola battaglia, pp. 5/14) ed ancor me­
glio compare nelle note biografiche trac­
ciate per ciascuno dei 132 volontari
antifascisti bolognesi che combatterono
in difesa della repubblica spagnola (L. A r bizzani, L . V anelli, G li antifascisti bo­
112
Schede
lognesi in Spagna, pp. 25/38). Leggerido le scarne notizie, risulta chiaramente
—■ e non parliamo dei più noti Bianconcini, Ghini, Marabini, Leonardi, poi
comandante del V II Gap — l ’apporto
costitutivo, ideologico e militare, degli
ex combattenti spagnoli nella enuclea­
zione dei primi gruppi partigiani orga­
nizzati.
Lo stesso Antonioni (Uomini e ideali
dell’ epoca spagnola tra i partigiani bo­
lognesi del Veneto, pp. 39/42), rimase
sconcertato, vedendo quanto gli ideali
e le vicende della lotta antifranchista
fossero noti ad ampi strati di giovani
antifascisti.
Luciano Casali.
M.
L ucini - G . Crescimbeni, Seicentomila italiani nei Lager, Milano, Riz­
zoli, 1965, pp. 343, L . 2000.
Il volume contiene un’ ampia testi­
monianza intorno alle vicende di quei
reparti dell’esercito italiano, che, dopo
1*8 settembre, costretti alla resa, cad­
dero prigionieri dei tedeschi e furono
trasportati nei Lager in Germania.
Da queste pagine esce una descri­
zione particolareggiata della vita che i
nostri soldati condussero nei campi di
concentramento, e dei .loro patimenti
fisici e morali. Il testo, tuttavia, si li­
mita intenzionalmente alla pura descri­
zione documentaria, senza che siano pe­
netrati i problemi che caratterizzano un
così imponente aspetto della storia ita­
liana dal 1943 al 1945. Non è, quindi,
posto nel giusto rilievo, direi quasi vo­
lutamente . ignorato, il significato mo­
rale e politico del comportamento di
quelle moke migliaia di ufficiali e di
soldati che, a costo di pagare a caro
prezzo il coraggioso rifiuto, negarono
la loro adesione alla R .S .I. e preferi­
rono la prigionia inasprita da più gravi
e tormentose sofferenze, recando, così,
un silenzioso, ma tragico contributo al­
la lotta di liberazione.
Per quanto si debba riconoscere co­
me pregio del volume la ricchezza di
documenti d ’archivio, nonché l ’accura­
tezza degli elenchi di nomi e luoghi di­
sposti in appendice, tuttavia, Jo spirito
livellatore e tendenzialmente fazioso che
anima il libro, fa sì che il contributo
che esso può recare sia ben scarso ai
fini di un’esatta conoscenza della nostra
storia dopo l ’8 settembre.
B. C.
E di Consolo, La Glass e Cross attra­
verso le Alpi. Episodi di politica in­
ternazionale e finanziaria nella ResistenZfl, Torino, Editrice Teca, 1965,
pp. 310 , L . 2500.
E ’ la storia delle avventure di una
organizzazione clandestina che operò dal
Piemonte alle Alpi. Gli iniziatori di essa
furono Enrico Marone, Giulio Colombo
e Edi Consolo che agivano con gli pseu­
donimi di Glass, Cross e Solemio. « La
singolare trama di questo libro ricucito
sui documenti di Glass, di Cross e di
altri collaboratori ed amici, ha ben poco
in comune con le gloriose imprese dei
partigiani. Non è una storia di com­
battimenti, ma la spigolatura di alcuni
insoliti compiti assunti da volontari del­
la diplomazia e della finanza clandesti­
ne che si trovarono ad operare inseriti
nel grande incendio che devastò l’Eu­
ropa ».
Queste parole dell’introduzione chia­
riscono l ’attività del raggruppamento
Glass e Cross che aveva esclusivamente
carattere militare.
Oltre a svolgere servizio di infor­
mazioni, esso procurò aiuti finanziari
al Comando militare piemontese; stabilì
contatti con il C L N A I, gli alleati e il
governo dell’ Italia liberata; facilitò viag­
gi a Roma per delegati della Resistenza;
favorì il passaggio di prigionieri alleati
in Svizzera; si occupò di controspio­
naggio e di scambi; creò, in una parola,
un tramite continuo fra Torino, la Sviz­
zera, la Francia, Bari e Roma.
Il libro si chiude con una ricca ap­
pendice, in cui, fra l ’altro, è riferito
il testo di documenti depositati presso
l’Archivio dell’ Istituto Storico piemon­
tese della Resistenza.
Il volume, che si presenta in bella
veste tipografica, reca ipdubbiamente
un pregevole contributo alla conoscenza
di alcuni aspetti finora poco noti della
storia della Resistenza.
B. C.
N uto Revelli, La strada del davai, T o ­
rino, Einaudi, 1966, pp. 538, L . 3500.
Il volume del Revelli contiene il te­
sto delle testimonianze di circa quaran­
ta reduci dalla campagna di Russia, quasi
tutti cuneesi ed appartenenti alla D ivi­
sione alpina Cuneense.
E ’ questo un coro tragico di voci
Schede
che si levano qua e là nello stesso cupo
lamento di dolore e di morte, l ’eterna
maledizione della follia della guerra. I
protagonisti di questa testimonianza co­
rale sono nella maggioranza contadini;
escono da quella classe sociale che sem­
pre è stata destinata a pagare il più
alto tributo di sacrificio e di sangue;
pochi operai; un impiegato, un capita­
no, un tenente, un medico.
L ’intento dell’ autore nel prendere que­
sta iniziativa non ha termini ben pre­
cisi; egli stesso lo confessa, e sente che
nel fondo tutto è nato da un impeto
di ribellione e di protesta.
« Ha senso, si domanda Nuto Re­
velli, dopo oltre vent’ anni, ritornare su
tante sofferenze, su tante brutture? Ha
senso guardare le vecchie ferite mal ci­
catrizzate o ancora aperte? Non avreb­
be senso se l’ Italia fosse definitivamen­
te guarita dei mali di allora, ma troppi
virus infettano ancora l’ Italia di oggi.
Certo, bastano poche pagine dei miei
« testimoni » — le pagine delle tradotte
che lasciano l ’Italia — per buttare nel
fango le cricche militari e politiche, la
società di allora. Ma quanto sangue,
quanti morti perchè l’Italia ritrovasse
la strada giusta!
Oggi, quasi come allora, l’armamen­
to, l ’addestramento, i quadri, l’educa­
zione civica del soldato, i miliardi delle
Forze Armate, sono tutti problemi tabù
da lasciare nelle mani di pochi « spe­
cialisti », dei generali. 11 distacco, il di­
sinteresse dell’opinione pubblica è quasi
totale.
Più di vent’anni di libertà ci sepa­
rano dal catastrofico « comunicato » dell ’8 settembre. E ’ follia pensare che certi
bluff, che certi drammi si possano ri­
petere? ».
Queste domande sono destinate a ri­
manere senza risposta e, quello che è
peggio, spingono anche a dubitare se è
vero che a prezzo di « tanto sangue e
di tanti morti » l ’Italia ha proprio ritro­
vato la « strada giusta », o non ha in­
vece preso una strada solo in apparen­
za diversa da quella del passato, carica
ancora di tutti i mali che l’hanno por­
tata a rovina.
Una così giustificata visione pessi­
mistica, che rende perplessi intorno al­
l ’efficacia reale e desiderabile di questa,
come di altre pubblicazioni del genere,
si attenua di fronte alla considerazione
che è bene riflettere, e far riflettere sul
113
valore della responsabilità collettiva che
travolge tutti, ed alla quale nessuno può
sottrarsi. L ’atto d ’accusa che esce da
queste pagine, non chiama in giudizio
solo una casta od un regime, ma si
volge a tutto un popolo che, privo di
senso sociale, con la passività del suo
consenso, e con la volontaria abdica­
zione all’esercizio di ogni più elemen­
tare diritto di cittadini, col suo timido
piegarsi al principio della violenza, ha
giorno per giorno aperto per sè le stra­
de della guerra, è andato incontro agli
orrori della disfatta, alla rovina ed alla
morte.
A parte tutte le riflessioni che in
folla si affacciano alla mente di chi leg­
ge questo libro singolare, è doveroso
segnalare l ’ importanza di un’opera che
ha voluto soprattutto colmare una lacu­
na nella bibliografia della seconda guer­
ra mondiale. « Mancava la guerra del
contadino, del montanaro, del manova­
le, la guerra del povero cristo tuberco­
lotico, malarico, nefritico, la guerra che
non finisce mai. La mia ambizione di­
venne una sola : che finalmente anche
il soldato ’ scrivesse ’ la sua guerra ».
Bianca Ceva.
Beppe C ampanelli, N è paga nè quar­
tiere, Milano, Rizzoli, 1966. pp. X V 155 Un altro volume (il terzo, dopo quelli
noti di Bergonzini e Galassi pubblicati
dagli Editori Riuniti nel 1957) sulla
X X X V I Brigata Garibaldi « Alessandro
Bianconcini », che operò lungo lo spar­
tiacque dell’appennino tosco - romagnolo
superando con i suoi contingenti i due­
mila uomini perfettamente armati ed
organizzati. Questo di Campanelli (alla
prima esperienza come scrittore) è un
« diario », o perlomeno ne ha la forma
esteriore, e comprende gli avvenimenti
culminanti della formazione garibaldina
dalla scoperta che l’autore fa dei « fa­
volosi partigiani » alla battaglia di Purocielo.
Fra le annotazioni sfuggite agli sto­
rici della resistenza emiliano-romagnola
(ma solo a questi?) va qui segnalato
l’accenno che l’A . fa sulla determinante
presenza di ex garibaldini di Spagna nei
posti di responsabilità della formazione
partigiana. Di particolare valore poi la
descrizione, disadorna e cruda, degli
scontri finali con i nazisti sui crinali
Schede
114
della linea gotica, certamente utile per
completare il quadro offerto dai lavori
di Bergonzini e Galassi.
Luciano Casali.
G iuseppe
Mayda, Norimberga, Longa­
nesi, 1966, pp. 416, L . 2200.
Il saggio è condotto sui verbali del
processo di Norimberga che occupano
ben 42 grossi volumi. La narrazione è
improntata ad uno stile giornalistico,
nel senso migliore della parola, in quan­
to, pur essendo fedele alla realtà dei
fatti, li espone con una scorrevolezza
che rende facile ed avvincente la lettu­
ra del libro. Questo ha soprattutto ca­
rattere informativo; rifugge, perciò, dal
penetrare con acuta indagine l ’intima
essenza di quell’orrendo e sconcertante
mondo, che affiora torbido e agghiac­
ciante dalle pagine del racconto. Uomini
e fatti sono quelli che escono dalle in­
numeri testimonianze e dagli interroga­
tori che hanno preceduto il dibattimen­
to, nonché dalle implacabili arringhe
della pubblica accusa.
La narrazione si conclude poi con la
cronaca dei momenti ultimi di quel giu­
dizio che si compie dinanzi alla storia
con l ’ esecuzione della condanna a morte
per impiccagione di 1 1 gerarchi nazisti,
con la cremazione dei corpi in uno dei
forni di Dachau, e con la dispersione
delle loro ceneri nel fiume che bagna
Monaco di Baviera.
B. C.
G iacomo C arboni, La verità di un generale distratto sull’8 settembre, Ro­
ma, Edizioni Beta, 1966, pp. 144,
L . 1500.
Energica risposta del gen. Carboni
alle ultime pubblicazioni dei suoi avver­
sari, in particolare del gen. Musco per
il libro « La verità sull’8 settembre »
e del gen. Castellano per i tre articoli
apparsi recentemente sul « Corriere del­
la Sera », intorno allo stesso argomento.
La sostanza della tesi del Carboni è
già nota attraverso le sue precedenti
opere ed è nota ai lettori della nostra
Rassegna anche per .la polemica che nel
numero 78 il nostro collaboratore prof.
Piero Pieri ebbe a sostenere a favore
del Carboni, contro il Musco ed il Ca­
dorna.
Come tutti sanno, il gen. Carboni
fu incriminato per la mancata difesa di
Roma da una commissione di inchiesta
presieduta dal sen. Palermo, mentre suc­
cessivamente fu prosciolto dalla stessa
accusa con una sentenza istruttoria del
Tribunale militare. Nonostante tutto, la
materia è rimasta allo stato incande­
scente, tanto che è difficile prevedere
quando su questo tema cruciale avran­
no fine le dispute e le controversie,
nutrite da troppi e inevitabili risenti­
menti e rancori, che per molto tempo
ancora renderanno impossibile allo sto­
rico stabilire in modo sereno ed obbiet­
tivo la verità dei fatti.
Quest’ ultima pubblicazione del gen.
Carboni, pur accentuando fortemente il
carattere polemico, ha, tuttavia, il pre­
gio di confutare, con valide contestazio­
ni, errori e falsificazioni.
Il gen. Carboni dedica questo libro
al figlio Guido caduto combattendo con
il Corpo Italiano di Liberazione sul fron­
te del Senio, ed a tutti i soldati caduti
nei giorni della battaglia di Roma. II
volume si raccomanda, pertanto, a quanti
desiderino studiare con imparzialità lo
spinoso argomento, al di là delle inter­
pretazioni personali ed interessate, e
perciò sospette, di un’unica fonte.
B. C.
V alentin M .
Berezhkov, In missione
diplomatica da Hitler, Milano, CEI,
1965, pp. 205, L . 2000.
L ’ argomento del volume è assai in­
teressante. Un giovane ed intelligente
diplomatico sovietico incaricato di far
parte d ’importanti missioni diplomatiche
nella Germania hitleriana del 1939 - 4 1,
racconta le sue esperienze e le sue im­
pressioni : da un angolo visuale quanto
mai stimolante dovrebbe essere cioè da­
to seguire il rapido declinare della al­
leanza tedesco-sovietica sino allo scate­
narsi del conflitto aperto; dovrebbe es­
sere fornita una testimonianza diretta
e puntuale d’ una fase di grande rilievo
della recente storia intorno alla quale
si è assai lontani dall’aver raggiunto pie­
na luce.
Abbiamo non casualmente usato il
modo condizionale. Infatti il lavoro pur
presentandosi nitido e corretto, non por­
ta di fatto quasi alcun contributo nuovo
Schede
alle tesi sostenute in materia dalla di­
plomazia ufficiale sovietica. E ’ ben noto
come tra le potenze dell’Asse da una
parte, il blocco anglo-francese dall’al­
tra e l ’Unione Sovietica da una terza,
si giocasse in quegli anni una partita
mortale: un sottile ed arrischiato gro­
viglio politico - diplomatico si stendeva,
cioè, attraverso l’Europa già devastata
dalla guerra. E molto va ancora detto
su alcuni aspetti di quelle vicende e
molto si attende in proposito dalla sto­
riografia sovietica : anzitutto circa « la
sorpresa » con cui i nazisti seppero ini­
ziare il loro proditorio attacco all’U RSS.
(Su tutto ciò si veda l ’ ampia e docu­
mentata rassegna di Franco Catalano sul
n. 84 di questa rivista).
Invece il Berezhkov poco dice al ri­
guardo : abbiamo sì più d ’una pagina
che riesce a ridarci l’atmosfera plumbea
di quel tempo, abbiamo più d ’una noti­
zia rivelatrice di retroscena scottanti (ad
esempio circa i contatti tra tedeschi an­
tinazisti ed esponenti dell’ambasciata so­
vietica a Berlino), abbiamo qualche cu­
rioso accenno a certi sentimenti (o pre­
sentimenti) che circolavano nello stesso
gruppo dirigente nazista sulla pericolo­
sità dell’avventura in cui si stava get­
tando Hitjer con la spedizione in Rus­
sia. Ma — dobbiamo rilevarlo — tutto
ciò è troppo poco, proprio rispetto agli
interrogativi che ancor oggi ci si pone
e che allora dovevano essere incalzanti.
Di conseguenza le parti più signifi­
cative finiscono precisamente con l’ es­
sere Je rievocazioni personali e la de­
scrizione di taluni episodi sintomatici:
i tentativi dell’ambasciata per collegarsi
con Mosca dopo che è stato comunicato
l ’inizio delle operazioni militari e men­
tre la radio sovietica continua a trasmet­
tere i normali programmi oppure le
connivenze e gli aiuti insperati offerti
da questo o quel personaggio nazista.
In altre parole se il resoconto va in­
terpretato come un inizio di nuove e
meno conformistiche strade da parte del­
la memorialistica sovietica, possiamo ac­
coglierlo con simpatia andando a ricer­
care con attenzione i brani più vivi ed
originali; se invece esso dovesse valu­
tarsi come una sorta di modello medio
sarebbe giocoforza ribadirne il limite.
Guido Valabrega.
II5
JÒRG K .
H oensch, Die Slowakei und
Hitlers Ostpolitik. Hlinkas Slowa*
kische Volkspartei Zwischen Autonomie und Separation 1938-1939, KòlnGraz, Bòhlau Verlag, 1965, pp. XII390.
In cinque densi capitoli l ’A . analizza
con precisione e intelligenza il processo
di sviluppo del movimento per l’ auto­
nomia slovacca sino alla proclamazione
dell’indipendenza della Slovacchia sotto
l ’egida della politica nazista. Il centro
della ricerca è costituito dal risveglio e
dall’ affermazione delle rivendicazioni au­
tonomistiche slovacche durante la crisi
cecoslovacca del 1938: fu infatti soltanto
dopo i-1 patto di Monaco che gli slo­
vacchi, approfittando delle pressioni eser­
citate dalle potenze e in particolare dal
Terzo Reich sul governo di Praga, riu­
scirono a strappare l’autonomia così a
lungo contestata dai governi della Re­
pubblica cecoslovacca.
Ma non sfugge all’ A . come l’ auto­
nomia conquistata in queste circostanze
si prestasse essenzialmente a fungere da
ulteriore pedina e cuneo nelle mani di
Hitler per distruggere gli ultimi resti
dello Stato cecoslovacco. Dall’ accordo per
l’autonomia del 6 ottobre 1938 il partito
popolare slovacco trasse motivo e pre­
testo per nuove rivendicazioni sino a
sfociare nell’aperto secessionismo, con
l’ intervento attivo della Germania na­
zista che si servì dell’autonomismo slo­
vacco per i suoi scopi espansionistici,
come è ampiamente dimostrato nel cap.
IV , nel quale sono anche attentamente
analizzate le diverse tendenze — « radi­
cali » filonazisti e moderati — all’inter­
no del movimento autonomistico. Ciò
che soprattutto tiene a sottolineare l ’A .
è l’ intensa azione dispiegata dal Reich
con le sue pressioni e i suoi agenti di­
retti per inasprire sino alla rottura com­
pleta i rapporti tra il governo slovacco
e il governo centrale di Praga, esaspe­
rando la propaganda separatisti e pro­
muovendo in pratica la proclamazione
dell’ indipendenza di quello che l’A . de­
finisce '« il primo vassallo europeo di
Hitler ».
Lo Hoensch non lascia infatti alcun
dubbio sulla natura della pseudosovra­
nità e della pseudostatualità della Slo­
vacchia : « Il vassallo-modello di Hitler,
il modello per il « Nuovo Ordine euro­
peo » non fu retto dal governo slovac­
co, ma dai commissari del Reich nei mi­
ii
6
Schede
nisteri slovacchi » (p. 310). N el V ° e uh
timo capitolo J’A . analizza appunto la
situazione dello Stato slovacco alla luce
del t< trattato di protezione » imposto dal
Terzo Reich, per arrivare ad una con­
clusione che ci pare definitiva e irrefu­
tabile: « L ’egemonia del Reich sulla Slo­
vacchia, fondata su base così politica
come economica, era assicurata in modo
assoluto. Hitler sviluppò addirittura un
intero sistema di egemonie, determinato
dall’eguaglianza dei fondamentali principii ideologici, strategici ed economici »
(P- 349)EnZo Collotti.
la capitale della Francia un immenso cu­
mulo di rovine fumanti.
Gli autori della lunga, minuziosa, ap­
passionante ricostruzione di quei giorni
drammatici, non nascondono la loro spic­
cata simpatia per il generale De Gaulle
e non esitano a farne il simbolo della
Resistenza francese, pur rendendo omag­
gio all’eroismo del popolo di Parigi, pro­
tagonista dell’insurrezione, ed ai suoi
capi comunisti, in particolare al valoroso
colonnello Rol.
Bianca Ceva.
Paris brûle-t-il?, Histoire de la L i­
bération de Paris, Paris, 1964, Robert
Laffont, pp. 459, F. 24.
Meldungen aus dem Reich. Auswahl aus
den geheimen Lageberichten des Sicherherheitsdienstes der SS 1939-1944,
herausgegeben von Heinz Boberach.
Neuwied-Berlin, H . Luchterhand Verlag, 1965, pp. X X X II-551.
L ’opera è nata dalla collaborazione
di due giornalisti, l’uno francese, il La­
pierre, l’altro americano, il Collins. Essa
ha essenzialmente il carattere dell’in­
chiesta giornalistica; è perciò il tessuto
di un grande numero di testimonianze
che si intrecciano con ritmo alterno per
tutte le pagine del libro.
Nella serie di tali testimonianze l ’i­
gnoto protagonista del più umile episo­
dio si leva accanto al personaggio noto
che sta al centro del fatto storico, e tutti
insieme collaborano alla creazione di quel
grande quadro ricco di luci e di om­
bre, nel quale sono rappresentati gli
avvenimenti che si svolsero dal 2 al 25
agosto 1944, quel breve spazio di giorni
nei quali Parigi visse, con la sua libe­
razione dall’oppressione nazista, uno dei
momenti più drammatici e più entusia­
smanti della sua storia.
Naturalmente, oltre che delle testi­
monianze dirette, gli autori si sono ser­
viti anche di una notevole quantità di
documenti tratti dalle più svariate fonti
francesi, americane e tedesche; dai mes­
saggi radio, agli archivi del comando al­
leato, alla corrispondenza del generale
De Gaulle con Churchill, Roosevelt ed
Eisenhower. Particolarmente interessante
è la testimonianza diretta, registrata ora
per ora, del generale von Choltitz, il
comandante tedesco di Parigi, che ri­
sparmiò la città dalla distruzione elu­
dendo, con tattica temporeggiatrice, l’or­
dine folle di Hitler che voleva che gli
Alleati, nella loro avanzata, trovassero
Bisogna essere grati al curatore di
questa importante raccolta di fondi pro­
venienti dai materiali del Servizio di si­
curezza delle SS conservati negli archivi
della Repubblica federale di averci con­
sentito la conoscenza di un così singo­
lare mezzo di informazione sullo stato
d’ animo e sugli orientamenti dell’opi­
nione pubblica tedesca negli anni della
guerra nazista. Si tratta infatti di una
selezione, certamente severa data l’e­
norme massa dei documenti, ma tuttavia
sufficientemente rappresentativa, dei rap­
porti prodotti tra il 1937 e il 1944 dal
Servizio informazioni per l ’interno pres­
so l’Ufficio centrale della sicurezza del
Reich diretto da uno dei più noti espo­
nenti dell’ apparato terroristico nazista,
lo SS-Gruppenfùhrer Otto Ohlendorf,
condannato a morte da una corte ame­
ricana e giustiziato nel 1948.
Secondo quanto egli stesso ebbe ad
affermare alla fine della guerra, suo in­
tento era stato quello « di creare un or­
gano, che facendo le veci di una critica
pubblica mettesse ugualmente la dirigen­
za dello Stato in condizione di cono­
scere le opinioni esistenti o formantisi
nel popolo e di averne riguardo ». Di
qui i rapporti sullo stato generale del­
l’opinione pubblica che l'ufficio di Ohlen­
dorf mensilmente elaborava, facendoli
accompagnare di quando in quando da
rapporti più dettagliati su argomenti spe­
cifici, soprattutto in relazione al dete­
rioramento della situazione interna pro­
vocato dalla guerra (situazione alimen­
D ominique L apierre et L arry Collins,
Schede
tare, atteggiamento delle Chiese, stato
d ’ animo della popolazione femminile, at­
tività di oppositori, ecc.). Come ci in­
forma il curatore e solerte annotatore
del materiale riprodotto, gli ultimi rap­
porti dello SD sulla situazione interna
sono del luglio 1944 (prima ancora del­
l ’attentato a Hitler), epoca in cui furo­
no sospesi soprattutto per intervento di
Bormann, preoccupato e insospettito dal
carattere sempre più negativo che ave­
vano assunto i rapporti : « Ebbe con ciò
fine — commenta il Boberach — l’in­
formazione regolare del Führer sullo sta­
to d’ animo e sulla reazione del popolo
agli eventi politici e militari, poiché gli
uomini che detenevano il potere non
volevano sentire la verità».
In effetti, a prima vista la lettura di
questi rapporti sembra suggerire un gra­
do abbastanza notevole di attendibilità
e di sincerità, tale da convalidare gli
intenti dichiarati da Ohlendorf. Reste­
rebbe però da vedere se e in quale mi­
sura Ohlendorf non intendesse anche,
con questo mezzo, influenzare le supre­
me gerarchie del Reich ed eventualmen­
te in quale direzione; un secondo aspetto
da non perdere di vista è il fatto che
i rapporti risentono chiaramente l’in­
fluenza della propaganda nazista, come
si avverte non soltanto da una certa
tipica terminologia. E resterebbe infine
sempre da accertare in quale misura essi
furono realmente portati a conoscenza
dei dirigenti supremi del Reich. Nel
complesso si tratta comunque di un tipo
di fonti assai interessanti soprattutto in
quanto ci offrono uno sguardo sull’opi­
nione pubblica tedesca durante la guerra
al di là del consueto cliché ufficiale,
ma anche per la luce che conservano
su un aspetto relativamente nuovo della
struttura di potere della dittatura na­
zista.
Non ultimo interesse per noi risulta
dalla presenza nei rapporti di numerosi
riferimenti alle relazioni tra i due paesi
dell’Asse; significative appaiono in spe­
cial modo le reazioni dell’opinione pub­
blica tedesca agli avvenimenti italiani del
1943 (pp. 424 sgg.). Da esse traspare
subito dopo il 25 luglio non solo lo stu­
pore per il fatto che il ventennale regime
fascista fosse stato spazzato via nel giro
di poche ore ma anche la preoccupa­
zione che pure nel Reich avesse a pro­
dursi un analogo rivolgimento; dopo
l’8 settembre prevalgono invece la sod­
disfazione e un senso di sollievo per il
117
fatto che « dal tradimento dell’ Italia non
ci si dovrà attendere più sgradite sor­
prese dal punto di vista militare » e so­
prattutto la consapevolezza che l’ Italia
non avrà più diritto di dire una parola
decisiva in Europa: « Per il futuro gli
italiani conteranno solo come venditori
di castagne e guidatori di asini ».
Enzo Collotti.
P ia L eonetti C arena, G li italiani del
Maquis, Milano, Cino del Duca edi­
tore, 1966, pp. 260, s. p.
Il volume contiene una preziosa e
ricca messe documentaria intorno alla
partecipazione degli italiani alla Resi­
stenza francese.
Tale presenza è stata troppo a lun­
go ignorata; l’ autrice, che fu profuga
in Francia e che, col marito, partecipò
là alla lotta clandestina, ha sentito che
un dovere si imponeva ai superstiti di
quella battaglia, quello di ricordare, do­
po tanto silenzio, il contributo che alla
causa della libertà diedero: « Gli italiani
emigrati in Francia: caduti volontari
nelle file dell’esercito francese, o morti
con le armi in pugno nei « maquis » di
tutti i dipartimenti, o falciati dai plo­
toni di esecuzione tedeschi, o spirati nel­
la desolazione dei campi di sterminio in
Germania ».
Il lavoro è, dunque, frutto di una
lunga meritoria fatica nel ricercare in
ogni direzione quanto più notizie docu­
mentate era possibile recuperare, per
tentare la ricostruzione di quella dimen­
ticata pagina di storia.
Veniamo così a conoscere che oltre
diecimila furono gli italiani che « si bat­
terono nel 1939-1940 prima a Narwick
in Norvegia, poi a Soissons, a Voreppe
ecc. nella « Campagna di Francia ».
A ll’ armistizio del giugno 1940 molti
passarono alla cospirazione, mentre nu­
merosissimi collaborarono con le « Forces
Françaises libres », combattendo in Eri­
trea, in Siria, in Italia sul fronte del
Garigliano, in Africa del Nord.
Dopo T8 settembre molti italiani si
unirono ai resistenti francesi, parteci­
pando attivamente in tutte le regioni
della Francia alla lunga guerriglia dei
sabotaggi e degli attacchi di sorpresa.
Nella Mosella, dei quindici martiri ca­
duti per la liberazione di Audun-leTiche, tredici erano italiani.
ii8
Schede
In qualunque località del territorio
francese ove si svolse lotta partigiana
incontriamo combattenti italiani.
Il libro si articola in alcuni capitoli
ricchissimi di notizie e citazioni di fatti;
elenchi di nomi di caduti, di deporta­
ti, di combattenti e si conclude con una
lunga serie di testimonianze, con ap­
pendici documentarie, bibliografiche e
tavole fuori testo.
T ra le fonti notiamo la particolare
importanza del giornale « Italia libera »,
organo del Comitato di Liberazione de­
gli italiani in Francia nel 1944-48, la cui
collezione, riprodotta in microfilms è
stata donata all’archivio del nostro Isti­
tuto da Bruno Bernieri.
L ’ autrice si rammarica di non esse­
re riuscita a colmare molte lacune; tut­
tavia gli studiosi devono essere grati a
lei di quanto essa ha fatto, nella spe­
ranza che la sua opera tenace possa
continuare.
Ferruccio Parri ha scritto alcune pa­
gine di prefazione a questo libro, con­
statando amaramente quanto sia igno­
rato un aspetto così significativo della
nostra storia, quello che testimonia la
presenza coraggiosa fino al sacrificio de­
gli italiani nella lotta per la libertà del­
l’Europa. M a: «non la sente l’ Italia
ufficiale, e la storia che essa insegna,
ancora assopita per tanta parte nella
pigrizia exfascista. L a sete di potere
non abitua a capire la lotta per la li­
bertà ».
Bianca Ceva.
Tutta la seconda guerra mondiale. Gli
uomini - I fatti - Le testimonianze,
Milano, Selezione del Reader’ s Digest,
volumi 3, 1966, s. p.
Questi tre volumi contengono una
vasta antologia di passi tratti dalle ope­
re di 81 autori, fra i quali 14 italiani,
che hanno scritto saggi di storia o di
memorialistica intorno agli avvenimenti
che dal settembre 1939 all’agosto 1945
sconvolsero il mondo.
Il pregio dell’opera sta soprattutto
nel vastissimo ed originale corredo ico­
nografico, del quale gran parte è ine­
dita o rara. Esso è costituito da una
serie ricchissima di fotografie e di carte
geografiche, ad illustrazione non solo
dei grandi piani strategici sui vari fron­
ti, e delle singole battaglie, ma a com­
mento, soprattutto per la guerra parti­
giana, della consistenza dei singoli rag­
gruppamenti di forze militari, della di­
slocazione dei comandi e dei successivi
spostamenti del fronte delle azioni.
Il primo volume va da Monaco a
Mosca; il secondo da Pearl Harbor a
Stalingrado; il terzo dalla Sicilia a H i­
roshima.
I passi scelti dalle opere degli autori
citati fanno solo da contrappunto a
quell’imponente sequenza visiva, che è
la vera essenza di questi tre volumi,
che costituiscono perciò una fonte pre­
ziosa per ricreare l’atmosfera degli av­
venimenti.
Passa così dinanzi ai nostri occhi un
agghiacciante racconto, che si chiude
con un’ immagine nuda « Su questo pon­
te l’esplosione atomica ha letteralmente
disintegrato i passanti, ma i loro corpi
hanno fatto da schermo e protetto dalle
irradiazioni alcune parti della carreg­
giata, sulla quale la loro ombra ha la­
sciato una traccia bianca ».
Dal sacrificio della libera Cecoslovac­
chia aggiogata dalla violenza nazista nel
settembre 1938, a queste ombre di H i­
roshima, corre tutto il terribile arco
della nostra tragica storia.
Bianca Ceva.