SCHEDE II sole è sorto a Roma, a cura di Lo­ renzo D ’ Agostini e Roberto Forti, prefazione di Giorgio Amendola, A s­ sociazione Nazionale Partigiani d ’I­ talia, Comitato provinciale di Roma, 1965, pp. 512 , L . 4000. Come ricorda nella prefazione Gior­ gio Amendola, la bibliografia sulla resi­ stenza a Roma e, più in generale, sulle vicende storiche, politiche, diplomatiche accadute nella capitale nel periodo 194344, è abbastanza ricca e documentata. V a però aggiunto che il presente lavo­ ro, nel complesso, non risulta affatto una ripetizione o una rielaborazione, ma utilmente riporta in primo piano, grazie ad un insieme di dati originali e di nuove informazioni, una serie di ele­ menti di grande rilevanza e che pure non sempre sono adeguatamente valu­ tati. L ’accento infatti è messo non sulla trattativa di vertice dei partiti, sulle mosse del personale politico e diploma­ tico, sugli intrighi dei nazifascisti e l’o­ diosità della loro azione, sulle iniziative degli alleati o del governo monarchico, bensì sugli aspetti più peculiari di quel fenomeno che fu anche a Roma, la Re­ sistenza: lo spontaneo raggrupparsi de­ gli sbandati dell’ 8 settembre intorno ai militanti dell’ antifascismo, il sostegno ad essi dato dalla popolazione, il sorgere e lo svilupparsi del grande moto di massa nel quale impegno e consapevo­ lezza deliberati confluivano con lo sde­ gno, lo spirito naturale di rivolta, l’an­ tipatia per i tedeschi ed i loro servi. Ovviamente altre e serie ricerche hanno studiato con acutezza ed intel­ ligenza i vari momenti drammatici, en­ tusiasmanti o sconcertanti della Resi­ stenza a Roma. Ma sovente è dato ri­ scontrare come manchi quel supporto fondamentale alla comprensione di cosa fu anche a Roma il *43-’ 44, supporto che è costituito dall’ informazione mi­ nuta, putigliosa su come dietro agli av­ venimenti più rilevanti, a sostegno e giustificazione anzi di essi, non vi fosse che l’ insistente ed eroico ripetersi di umili iniziative : scritta sui muri dopo scritta, chiodo a tre punte dopo chio­ do, bomba a mano dopo bomba. Certo non tutto spiega questo vo­ lume, ma gli autori — che pure non sono degli storici di professione — rie­ scono comunque, grazie alla messe de­ gli episodi, delle « azioni », delle figure rievocate, descrivendo la Resistenza in quello che fu di più quotidiano e pur peculiare, a dire una parola autorevole anche su grandi e più discussi proble­ mi. Ad esempio l’ attentato di via Rasella causa della strage delle Ardeatine, tanto spesso contestato nella sua legit­ timità, diviene un’impresa di guerriglia indiscutibile quando si scopre quante altre azioni partigiane e repressioni e persecuzioni nazifasciste (basti ricordare la deportazione del 16 ottobre) l’ave­ vano preceduta in pieno centro citta­ dino. Un libro, dunque, di non retorica rievocazione, al quale fanno da impor­ tante completamento alcuni documenti d ’appendice che nella loro evidenza contribuiscono a ricordarci cosa fu col suo patrimonio di sacrifici, di torture e di sangue dei 15.000 e passa combat­ tenti e patrioti il movimento resisten­ ziale romano. Guido Valabrega. F r a n z in i , Storia della Resi­ stenza Reggiana, introduzione di G. Degani, prefazione di P. Secchia, Reg­ gio Em ., A .N .P .I., 1966, pp. XLI-903. G u e r r in o Scriveva recentemente Giorgio Spini che gli studiosi del fascismo e dell’an­ tifascismo sono debitori ai protagonisti dei fatti storici non solo per la conser­ vazione della documentazione coeva, ma anche per l ’ avviamento allo studio, nei primi tempi ancora asclusivamente politico-agiografico, degli avvenimenti stes­ si. E non raramente, quando costoro rie­ scono a sollevarsi al di sopra della pro­ pria personale partecipazione alle vicen­ de, ci troviamo di fronte ad opere che costituiscono riferimenti fondamentali per quanti intendano studiare quegli avve­ nimenti. E ’ il caso recente di Guerrino Franzini, già Capo di Stato Maggiore di quella C X L V Brigata Garibaldi che, fra l’altro, operò il salvataggio della cen­ trale idroelettrica di Ligonchio, nel Reg­ giano. 11 Franzini non è uno « storico », pur non essendo alla sua prima pubblica­ zione; ed infatti dello storico di me­ stiere egli non adotta i metodi consueti nell’attingere ai documenti o nel co­ I IO Schede struire le note. Questo non ha, tutta­ via, impedito che la sua Storia della Resistenza Reggiana sia l’opera più no­ tevole e valida uscita nell’ambito di quella provincia. Innanzi tutto, il Fran­ zini ha cercato, trovato ed utilizzato cen­ tinaia di documenti di origine fascista e nazista, tanto che, quando elenca o narra la serie delle azioni partigiane, può molto sovente portare a confronto la versione dell’altra parte. Questa uti­ lizzazione continua e discreta dei docu­ menti (compresa la stampa periodica) costituisce una fonte importantissima per la ricostruzione delle lotte fra gli stessi P N F, G N R , B B N N e nazisti; le anno­ tazioni, convalidate da lettere e fogli d ’ordine, dei tentativi tedeschi di se­ parare le proprie responsabilità da quel­ le repubblichine, elementi che fino ad ora non ci era stato -possibile vedere inseriti in una ricostruzione organica, e soli basterebbero a valorizzare la ri­ cerca. Ma ci interessa soprattutto esami­ nare con F A . (pp. 645-683) gli aspetti sociali e politici della lotta nel Reg­ giano. Per la dannosa consuetudine (che ha svisato anche i dati relativi alla pro­ vincia di Bologna) di unificare e con­ fondere in una sola « voce » operai e braccianti, non è possibile rendersi con­ to esattamente della reale ripartizione delle classi sociali fra i combattenti e della vera consistenza numerica degli ad­ detti all’ agricoltura che parteciparono al­ la lotta. Se è già difficile accettare un 50% di operai contro un 30% di con­ tadini per le brigate G A P, non è asso­ lutamente possibile ammettere nelle SA P un rapporto di 40% contro 30 % , quan­ do è più che noto lo svilupparsi effet­ tivo dell’azione sapista in zone preva­ lentemente agricole. Non possiamo che rammaricarci col Franzini della inade­ guatezza dei rilievi fatti all’atto della smobilitazione delle forze partigiane. Da sottolineare (ed anche questa è una co­ stante negativa per tutta l’Emilia-Ro­ magna) Ja netta insufficienza della par­ tecipazione degli intellettuali: 0,6% . Di particolare interesse è anche l ’e­ same dei rapporti fra i partiti politici all’interno del C LN provinciale, un esa­ me che per la prima volta appare così ampio ed approfondito nei suoi temi (anche se mancano analisi dei program­ mi politico-sociali e delle forze econo­ miche legate ai partiti stessi). Finalmen­ te possiamo renderci conto di come i Comitati non fossero quegli organismi così immutabilmente ed irrealmente uni­ tari che certa pubblicistica continua a presentare. Troppe volte abbiamo letto di decisioni prese, quasi senza dibatti­ to, all’unanimità Non possiamo, invece, dimenticare che la diffusa intonazione anticomunista, determinata anche da ven­ ti anni di propaganda fascista, costi­ tuiva una diffìcile remora per la pene­ trazione e la diffusione delle stesse idee unitarie. La maschera del bolscevismo dipinta dalla propaganda nazifascista fa­ ceva troppo facilmente presumere una doppiezza di propositi nel P C I: una ma­ schera di bonomia « unitaria » che na­ scondeva la truculenta aspirazione alla trasformazione della resistenza in rivo­ luzione politica e sociale. Nel Reggiano (come in altre zone) l ’ azione di elementi non sempre qualificabili quali antifasci­ sti o di personaggi che si erano trovati in posizioni di responsabilità superiori alle loro effettive capacità, rischiò, fin verso Ja fine del 1944, di frantumare il diffìcile equilibrio. Azioni secessioniste come quella di Don Carlo non giovaro­ no certamente all’affiatamento dei com­ battenti, soprattutto quando trovavano consenzienti e favorevoli gli inglesi (cfr. pp. 470 e passim). Solo l’ azione perso­ nale del democristiano Giuseppe Dossetti, che comprese gli sforzi del PCI reggiano, valse più di ogni circolare e garanzia ufficiale del PCI a far tornare, almeno nella fase finale e culminante degli avvenimenti, una buona armonia. Luciano Casali. Ministero degli Affari Esteri, I Docu­ menti diplomatici italiani. Nona serie 1939-1943. V oL V (11 giugno - 28 ot­ tobre 1940). Roma, Istituto Poligra­ fico dello Stato, 1965, pp. LX V l-835. L ’ arco cronologico entro il quale sono compresi i materiali di quest’ ultimo vo­ lume dei Documenti diplomatici italiani è di per sè un elemento sufficientemente eloquente per sottolineare l’importanza dei documenti qui raccolti, relativi al periodo tra l ’entrata in guerra dell’ I­ talia nella seconda guerra mondiale e l ’aggressione alla Grecia. E questo è anche, inutile a dirsi, un motivo dippiù per auspicare che i lavori della Com­ missione che presiede alla raccolta dei DDI possano approdare presto alla pub­ blicazione dei successivi volumi, sino a Schede coprire almeno tutto il periodo della condotta bellica dell’Italia al fianco della Germania nazista. Questo volume, ricco di oltre otto­ cento documenti, riflette le direttrici del­ la politica italiana dopo la rottura dei rapporti e l’inizio delle ostilità con le democrazie occidentali: il centro di gra­ vità della politica italiana si sposta in maniera sempre più accentuata verso la penisola balcanica e lo spazio danu­ biano in generale, anche se ovviamente è del tutto superata l’ ambizione della diplomazia fascista di porsi alla testa del « blocco dei neutri », ambizione tra­ montata nel tardo autunno del 1939 an­ che di fronte alle pressioni tedesche. Ma il presente volume conferma anche come le momentanee propensioni alla neutralità dell’Italia fossero sostanzial­ mente in contrasto con le mai sopite aspirazioni egemoniche sull’altra sponda adriatica: pressioni tedesche a parte, resta vero che l'Italia mal si sarebbe adattata a un congelamento della situa­ zione danubiano - balcanica che potesse vincolare la sua stessa libertà d ’inizia­ tiva. Dai documenti qui raccolti affiora più di un elemento a proposito del con­ trasto di interessi e di influenza tra le due potenze dell’Asse in tutta l’area dell’Europa centro e sudorientale: lar­ gamente documentati sono anche gli svi­ luppi del conflitto ungaro-romeno per la Transilvania, sia per quanto concerne l ’azione moderatrice svolta dalle poten­ ze dell’Asse per impedire una soluzione armata della questione da parte del­ l ’Ungheria, sia per quanto riguarda la fase finale dell’ iniziativa dell’Asse, sfo­ ciata nel cosiddetto « secondo arbitrato di Vienna », nel quale la diplomazia fascista non fa che ratificare le decisioni della Germania nazista. Ma l’interesse più rilevante risiede nel gruppo omogeneo di documentazione che viene offerta sulla preparazione del­ l’ aggressione italiana alla Grecia. Si tratta di poche istruzioni di Ciano al ministro ad Atene Grazzi, di dispacci di quest’ultimo da Atene e soprattutto delle lettere e delle relazioni che il luo­ gotenente in Albania Jacomoni inviò al sottosegretario agli affari albanesi Beni■ni e allo stesso Ciano. In particolare i testi di Jacomoni (che sarebbe fra l’ altro interessante confrontare con le memorie da poco apparse dello stesso diploma­ tico) offrono la testimonianza e la prova più lampante del carattere provocatorio n i della politica fascista verso la Grecia. Anche se, come rileva anche il prof. Ma­ rio Toscano nell’ avvertenza posta ad apertura del volume, non si tratta di materiale « molto copioso » nè « tale da offrire una risposta esauriente a tutti gli interrogativi che il problema ha sol­ levato », si tratta pur sempre di una documentazione preziosa, dalla quale og­ gi non è assolutamente possibile pre­ scindere. L ’ unica cosa che non ci con­ vince nella pubblicazione di questo ma­ teriale è perchè mai si sia dato tanto peso soltanto ai carteggi provenienti da Jacomoni (un personaggio fra l’altro lar­ gamente screditato anche prima che fos­ sero conosciuti questi documenti) e non si sia insistito anche nel fornire in ade­ guata misura i documenti relativi alle istruzioni che venivano impartite da Ro­ ma. E ’ un quesito questo che poniamo anche in relazione ad altri volumi della raccolta, nei quali il materiale di pro­ venienza dal centro risulta in propor­ zione nettamente sommerso da quello proveniente dalle diverse sedi diploma­ tiche. La conclusione è che se ne viene certamente illuminata e indicata tutta la problematica della politica estera italia­ na del periodo considerato, non sempre appaiono sufficientemente e adeguatamente documentate le direttive della po­ litica estera, così come erano formulate a Palazzo Chigi. Una precisazione su questo punto sarebbe forse opportuna : si tratta di un risultato prodotto dai criteri di lavoro e di selezione dei cu­ ratori della pubblicazione o di un risul­ tato obbligato in quanto effettivamente rispondente allo stato degli archivi? Enzo Collotti. Garibaldini in Spagna e nella Resistenza bolognese, Bologna, tip. Arte Stam­ pe, 1966, pp. 63. L ’idea centrale di questo V ° Quader­ no de « La Lotta », è quella della con­ tinuità della resistenza dalle giornate del 1920-22, attraverso la guerra di Spagna, fino alle lotte partigiane del 1943-45. Questo sostiene Luigi Arbizzani nel sag­ gio introduttivo (Spagna e Italia: una sola battaglia, pp. 5/14) ed ancor me­ glio compare nelle note biografiche trac­ ciate per ciascuno dei 132 volontari antifascisti bolognesi che combatterono in difesa della repubblica spagnola (L. A r bizzani, L . V anelli, G li antifascisti bo­ 112 Schede lognesi in Spagna, pp. 25/38). Leggerido le scarne notizie, risulta chiaramente —■ e non parliamo dei più noti Bianconcini, Ghini, Marabini, Leonardi, poi comandante del V II Gap — l ’apporto costitutivo, ideologico e militare, degli ex combattenti spagnoli nella enuclea­ zione dei primi gruppi partigiani orga­ nizzati. Lo stesso Antonioni (Uomini e ideali dell’ epoca spagnola tra i partigiani bo­ lognesi del Veneto, pp. 39/42), rimase sconcertato, vedendo quanto gli ideali e le vicende della lotta antifranchista fossero noti ad ampi strati di giovani antifascisti. Luciano Casali. M. L ucini - G . Crescimbeni, Seicentomila italiani nei Lager, Milano, Riz­ zoli, 1965, pp. 343, L . 2000. Il volume contiene un’ ampia testi­ monianza intorno alle vicende di quei reparti dell’esercito italiano, che, dopo 1*8 settembre, costretti alla resa, cad­ dero prigionieri dei tedeschi e furono trasportati nei Lager in Germania. Da queste pagine esce una descri­ zione particolareggiata della vita che i nostri soldati condussero nei campi di concentramento, e dei .loro patimenti fisici e morali. Il testo, tuttavia, si li­ mita intenzionalmente alla pura descri­ zione documentaria, senza che siano pe­ netrati i problemi che caratterizzano un così imponente aspetto della storia ita­ liana dal 1943 al 1945. Non è, quindi, posto nel giusto rilievo, direi quasi vo­ lutamente . ignorato, il significato mo­ rale e politico del comportamento di quelle moke migliaia di ufficiali e di soldati che, a costo di pagare a caro prezzo il coraggioso rifiuto, negarono la loro adesione alla R .S .I. e preferi­ rono la prigionia inasprita da più gravi e tormentose sofferenze, recando, così, un silenzioso, ma tragico contributo al­ la lotta di liberazione. Per quanto si debba riconoscere co­ me pregio del volume la ricchezza di documenti d ’archivio, nonché l ’accura­ tezza degli elenchi di nomi e luoghi di­ sposti in appendice, tuttavia, Jo spirito livellatore e tendenzialmente fazioso che anima il libro, fa sì che il contributo che esso può recare sia ben scarso ai fini di un’esatta conoscenza della nostra storia dopo l ’8 settembre. B. C. E di Consolo, La Glass e Cross attra­ verso le Alpi. Episodi di politica in­ ternazionale e finanziaria nella ResistenZfl, Torino, Editrice Teca, 1965, pp. 310 , L . 2500. E ’ la storia delle avventure di una organizzazione clandestina che operò dal Piemonte alle Alpi. Gli iniziatori di essa furono Enrico Marone, Giulio Colombo e Edi Consolo che agivano con gli pseu­ donimi di Glass, Cross e Solemio. « La singolare trama di questo libro ricucito sui documenti di Glass, di Cross e di altri collaboratori ed amici, ha ben poco in comune con le gloriose imprese dei partigiani. Non è una storia di com­ battimenti, ma la spigolatura di alcuni insoliti compiti assunti da volontari del­ la diplomazia e della finanza clandesti­ ne che si trovarono ad operare inseriti nel grande incendio che devastò l’Eu­ ropa ». Queste parole dell’introduzione chia­ riscono l ’attività del raggruppamento Glass e Cross che aveva esclusivamente carattere militare. Oltre a svolgere servizio di infor­ mazioni, esso procurò aiuti finanziari al Comando militare piemontese; stabilì contatti con il C L N A I, gli alleati e il governo dell’ Italia liberata; facilitò viag­ gi a Roma per delegati della Resistenza; favorì il passaggio di prigionieri alleati in Svizzera; si occupò di controspio­ naggio e di scambi; creò, in una parola, un tramite continuo fra Torino, la Sviz­ zera, la Francia, Bari e Roma. Il libro si chiude con una ricca ap­ pendice, in cui, fra l ’altro, è riferito il testo di documenti depositati presso l’Archivio dell’ Istituto Storico piemon­ tese della Resistenza. Il volume, che si presenta in bella veste tipografica, reca ipdubbiamente un pregevole contributo alla conoscenza di alcuni aspetti finora poco noti della storia della Resistenza. B. C. N uto Revelli, La strada del davai, T o ­ rino, Einaudi, 1966, pp. 538, L . 3500. Il volume del Revelli contiene il te­ sto delle testimonianze di circa quaran­ ta reduci dalla campagna di Russia, quasi tutti cuneesi ed appartenenti alla D ivi­ sione alpina Cuneense. E ’ questo un coro tragico di voci Schede che si levano qua e là nello stesso cupo lamento di dolore e di morte, l ’eterna maledizione della follia della guerra. I protagonisti di questa testimonianza co­ rale sono nella maggioranza contadini; escono da quella classe sociale che sem­ pre è stata destinata a pagare il più alto tributo di sacrificio e di sangue; pochi operai; un impiegato, un capita­ no, un tenente, un medico. L ’intento dell’ autore nel prendere que­ sta iniziativa non ha termini ben pre­ cisi; egli stesso lo confessa, e sente che nel fondo tutto è nato da un impeto di ribellione e di protesta. « Ha senso, si domanda Nuto Re­ velli, dopo oltre vent’ anni, ritornare su tante sofferenze, su tante brutture? Ha senso guardare le vecchie ferite mal ci­ catrizzate o ancora aperte? Non avreb­ be senso se l’ Italia fosse definitivamen­ te guarita dei mali di allora, ma troppi virus infettano ancora l’ Italia di oggi. Certo, bastano poche pagine dei miei « testimoni » — le pagine delle tradotte che lasciano l ’Italia — per buttare nel fango le cricche militari e politiche, la società di allora. Ma quanto sangue, quanti morti perchè l’Italia ritrovasse la strada giusta! Oggi, quasi come allora, l’armamen­ to, l ’addestramento, i quadri, l’educa­ zione civica del soldato, i miliardi delle Forze Armate, sono tutti problemi tabù da lasciare nelle mani di pochi « spe­ cialisti », dei generali. 11 distacco, il di­ sinteresse dell’opinione pubblica è quasi totale. Più di vent’anni di libertà ci sepa­ rano dal catastrofico « comunicato » dell ’8 settembre. E ’ follia pensare che certi bluff, che certi drammi si possano ri­ petere? ». Queste domande sono destinate a ri­ manere senza risposta e, quello che è peggio, spingono anche a dubitare se è vero che a prezzo di « tanto sangue e di tanti morti » l ’Italia ha proprio ritro­ vato la « strada giusta », o non ha in­ vece preso una strada solo in apparen­ za diversa da quella del passato, carica ancora di tutti i mali che l’hanno por­ tata a rovina. Una così giustificata visione pessi­ mistica, che rende perplessi intorno al­ l ’efficacia reale e desiderabile di questa, come di altre pubblicazioni del genere, si attenua di fronte alla considerazione che è bene riflettere, e far riflettere sul 113 valore della responsabilità collettiva che travolge tutti, ed alla quale nessuno può sottrarsi. L ’atto d ’accusa che esce da queste pagine, non chiama in giudizio solo una casta od un regime, ma si volge a tutto un popolo che, privo di senso sociale, con la passività del suo consenso, e con la volontaria abdica­ zione all’esercizio di ogni più elemen­ tare diritto di cittadini, col suo timido piegarsi al principio della violenza, ha giorno per giorno aperto per sè le stra­ de della guerra, è andato incontro agli orrori della disfatta, alla rovina ed alla morte. A parte tutte le riflessioni che in folla si affacciano alla mente di chi leg­ ge questo libro singolare, è doveroso segnalare l ’ importanza di un’opera che ha voluto soprattutto colmare una lacu­ na nella bibliografia della seconda guer­ ra mondiale. « Mancava la guerra del contadino, del montanaro, del manova­ le, la guerra del povero cristo tuberco­ lotico, malarico, nefritico, la guerra che non finisce mai. La mia ambizione di­ venne una sola : che finalmente anche il soldato ’ scrivesse ’ la sua guerra ». Bianca Ceva. Beppe C ampanelli, N è paga nè quar­ tiere, Milano, Rizzoli, 1966. pp. X V 155 Un altro volume (il terzo, dopo quelli noti di Bergonzini e Galassi pubblicati dagli Editori Riuniti nel 1957) sulla X X X V I Brigata Garibaldi « Alessandro Bianconcini », che operò lungo lo spar­ tiacque dell’appennino tosco - romagnolo superando con i suoi contingenti i due­ mila uomini perfettamente armati ed organizzati. Questo di Campanelli (alla prima esperienza come scrittore) è un « diario », o perlomeno ne ha la forma esteriore, e comprende gli avvenimenti culminanti della formazione garibaldina dalla scoperta che l’autore fa dei « fa­ volosi partigiani » alla battaglia di Purocielo. Fra le annotazioni sfuggite agli sto­ rici della resistenza emiliano-romagnola (ma solo a questi?) va qui segnalato l’accenno che l’A . fa sulla determinante presenza di ex garibaldini di Spagna nei posti di responsabilità della formazione partigiana. Di particolare valore poi la descrizione, disadorna e cruda, degli scontri finali con i nazisti sui crinali Schede 114 della linea gotica, certamente utile per completare il quadro offerto dai lavori di Bergonzini e Galassi. Luciano Casali. G iuseppe Mayda, Norimberga, Longa­ nesi, 1966, pp. 416, L . 2200. Il saggio è condotto sui verbali del processo di Norimberga che occupano ben 42 grossi volumi. La narrazione è improntata ad uno stile giornalistico, nel senso migliore della parola, in quan­ to, pur essendo fedele alla realtà dei fatti, li espone con una scorrevolezza che rende facile ed avvincente la lettu­ ra del libro. Questo ha soprattutto ca­ rattere informativo; rifugge, perciò, dal penetrare con acuta indagine l ’intima essenza di quell’orrendo e sconcertante mondo, che affiora torbido e agghiac­ ciante dalle pagine del racconto. Uomini e fatti sono quelli che escono dalle in­ numeri testimonianze e dagli interroga­ tori che hanno preceduto il dibattimen­ to, nonché dalle implacabili arringhe della pubblica accusa. La narrazione si conclude poi con la cronaca dei momenti ultimi di quel giu­ dizio che si compie dinanzi alla storia con l ’ esecuzione della condanna a morte per impiccagione di 1 1 gerarchi nazisti, con la cremazione dei corpi in uno dei forni di Dachau, e con la dispersione delle loro ceneri nel fiume che bagna Monaco di Baviera. B. C. G iacomo C arboni, La verità di un generale distratto sull’8 settembre, Ro­ ma, Edizioni Beta, 1966, pp. 144, L . 1500. Energica risposta del gen. Carboni alle ultime pubblicazioni dei suoi avver­ sari, in particolare del gen. Musco per il libro « La verità sull’8 settembre » e del gen. Castellano per i tre articoli apparsi recentemente sul « Corriere del­ la Sera », intorno allo stesso argomento. La sostanza della tesi del Carboni è già nota attraverso le sue precedenti opere ed è nota ai lettori della nostra Rassegna anche per .la polemica che nel numero 78 il nostro collaboratore prof. Piero Pieri ebbe a sostenere a favore del Carboni, contro il Musco ed il Ca­ dorna. Come tutti sanno, il gen. Carboni fu incriminato per la mancata difesa di Roma da una commissione di inchiesta presieduta dal sen. Palermo, mentre suc­ cessivamente fu prosciolto dalla stessa accusa con una sentenza istruttoria del Tribunale militare. Nonostante tutto, la materia è rimasta allo stato incande­ scente, tanto che è difficile prevedere quando su questo tema cruciale avran­ no fine le dispute e le controversie, nutrite da troppi e inevitabili risenti­ menti e rancori, che per molto tempo ancora renderanno impossibile allo sto­ rico stabilire in modo sereno ed obbiet­ tivo la verità dei fatti. Quest’ ultima pubblicazione del gen. Carboni, pur accentuando fortemente il carattere polemico, ha, tuttavia, il pre­ gio di confutare, con valide contestazio­ ni, errori e falsificazioni. Il gen. Carboni dedica questo libro al figlio Guido caduto combattendo con il Corpo Italiano di Liberazione sul fron­ te del Senio, ed a tutti i soldati caduti nei giorni della battaglia di Roma. II volume si raccomanda, pertanto, a quanti desiderino studiare con imparzialità lo spinoso argomento, al di là delle inter­ pretazioni personali ed interessate, e perciò sospette, di un’unica fonte. B. C. V alentin M . Berezhkov, In missione diplomatica da Hitler, Milano, CEI, 1965, pp. 205, L . 2000. L ’ argomento del volume è assai in­ teressante. Un giovane ed intelligente diplomatico sovietico incaricato di far parte d ’importanti missioni diplomatiche nella Germania hitleriana del 1939 - 4 1, racconta le sue esperienze e le sue im­ pressioni : da un angolo visuale quanto mai stimolante dovrebbe essere cioè da­ to seguire il rapido declinare della al­ leanza tedesco-sovietica sino allo scate­ narsi del conflitto aperto; dovrebbe es­ sere fornita una testimonianza diretta e puntuale d’ una fase di grande rilievo della recente storia intorno alla quale si è assai lontani dall’aver raggiunto pie­ na luce. Abbiamo non casualmente usato il modo condizionale. Infatti il lavoro pur presentandosi nitido e corretto, non por­ ta di fatto quasi alcun contributo nuovo Schede alle tesi sostenute in materia dalla di­ plomazia ufficiale sovietica. E ’ ben noto come tra le potenze dell’Asse da una parte, il blocco anglo-francese dall’al­ tra e l ’Unione Sovietica da una terza, si giocasse in quegli anni una partita mortale: un sottile ed arrischiato gro­ viglio politico - diplomatico si stendeva, cioè, attraverso l’Europa già devastata dalla guerra. E molto va ancora detto su alcuni aspetti di quelle vicende e molto si attende in proposito dalla sto­ riografia sovietica : anzitutto circa « la sorpresa » con cui i nazisti seppero ini­ ziare il loro proditorio attacco all’U RSS. (Su tutto ciò si veda l ’ ampia e docu­ mentata rassegna di Franco Catalano sul n. 84 di questa rivista). Invece il Berezhkov poco dice al ri­ guardo : abbiamo sì più d ’una pagina che riesce a ridarci l’atmosfera plumbea di quel tempo, abbiamo più d ’una noti­ zia rivelatrice di retroscena scottanti (ad esempio circa i contatti tra tedeschi an­ tinazisti ed esponenti dell’ambasciata so­ vietica a Berlino), abbiamo qualche cu­ rioso accenno a certi sentimenti (o pre­ sentimenti) che circolavano nello stesso gruppo dirigente nazista sulla pericolo­ sità dell’avventura in cui si stava get­ tando Hitjer con la spedizione in Rus­ sia. Ma — dobbiamo rilevarlo — tutto ciò è troppo poco, proprio rispetto agli interrogativi che ancor oggi ci si pone e che allora dovevano essere incalzanti. Di conseguenza le parti più signifi­ cative finiscono precisamente con l’ es­ sere Je rievocazioni personali e la de­ scrizione di taluni episodi sintomatici: i tentativi dell’ambasciata per collegarsi con Mosca dopo che è stato comunicato l ’inizio delle operazioni militari e men­ tre la radio sovietica continua a trasmet­ tere i normali programmi oppure le connivenze e gli aiuti insperati offerti da questo o quel personaggio nazista. In altre parole se il resoconto va in­ terpretato come un inizio di nuove e meno conformistiche strade da parte del­ la memorialistica sovietica, possiamo ac­ coglierlo con simpatia andando a ricer­ care con attenzione i brani più vivi ed originali; se invece esso dovesse valu­ tarsi come una sorta di modello medio sarebbe giocoforza ribadirne il limite. Guido Valabrega. II5 JÒRG K . H oensch, Die Slowakei und Hitlers Ostpolitik. Hlinkas Slowa* kische Volkspartei Zwischen Autonomie und Separation 1938-1939, KòlnGraz, Bòhlau Verlag, 1965, pp. XII390. In cinque densi capitoli l ’A . analizza con precisione e intelligenza il processo di sviluppo del movimento per l’ auto­ nomia slovacca sino alla proclamazione dell’indipendenza della Slovacchia sotto l ’egida della politica nazista. Il centro della ricerca è costituito dal risveglio e dall’ affermazione delle rivendicazioni au­ tonomistiche slovacche durante la crisi cecoslovacca del 1938: fu infatti soltanto dopo i-1 patto di Monaco che gli slo­ vacchi, approfittando delle pressioni eser­ citate dalle potenze e in particolare dal Terzo Reich sul governo di Praga, riu­ scirono a strappare l’autonomia così a lungo contestata dai governi della Re­ pubblica cecoslovacca. Ma non sfugge all’ A . come l’ auto­ nomia conquistata in queste circostanze si prestasse essenzialmente a fungere da ulteriore pedina e cuneo nelle mani di Hitler per distruggere gli ultimi resti dello Stato cecoslovacco. Dall’ accordo per l’autonomia del 6 ottobre 1938 il partito popolare slovacco trasse motivo e pre­ testo per nuove rivendicazioni sino a sfociare nell’aperto secessionismo, con l’ intervento attivo della Germania na­ zista che si servì dell’autonomismo slo­ vacco per i suoi scopi espansionistici, come è ampiamente dimostrato nel cap. IV , nel quale sono anche attentamente analizzate le diverse tendenze — « radi­ cali » filonazisti e moderati — all’inter­ no del movimento autonomistico. Ciò che soprattutto tiene a sottolineare l ’A . è l’ intensa azione dispiegata dal Reich con le sue pressioni e i suoi agenti di­ retti per inasprire sino alla rottura com­ pleta i rapporti tra il governo slovacco e il governo centrale di Praga, esaspe­ rando la propaganda separatisti e pro­ muovendo in pratica la proclamazione dell’ indipendenza di quello che l’A . de­ finisce '« il primo vassallo europeo di Hitler ». Lo Hoensch non lascia infatti alcun dubbio sulla natura della pseudosovra­ nità e della pseudostatualità della Slo­ vacchia : « Il vassallo-modello di Hitler, il modello per il « Nuovo Ordine euro­ peo » non fu retto dal governo slovac­ co, ma dai commissari del Reich nei mi­ ii 6 Schede nisteri slovacchi » (p. 310). N el V ° e uh timo capitolo J’A . analizza appunto la situazione dello Stato slovacco alla luce del t< trattato di protezione » imposto dal Terzo Reich, per arrivare ad una con­ clusione che ci pare definitiva e irrefu­ tabile: « L ’egemonia del Reich sulla Slo­ vacchia, fondata su base così politica come economica, era assicurata in modo assoluto. Hitler sviluppò addirittura un intero sistema di egemonie, determinato dall’eguaglianza dei fondamentali principii ideologici, strategici ed economici » (P- 349)EnZo Collotti. la capitale della Francia un immenso cu­ mulo di rovine fumanti. Gli autori della lunga, minuziosa, ap­ passionante ricostruzione di quei giorni drammatici, non nascondono la loro spic­ cata simpatia per il generale De Gaulle e non esitano a farne il simbolo della Resistenza francese, pur rendendo omag­ gio all’eroismo del popolo di Parigi, pro­ tagonista dell’insurrezione, ed ai suoi capi comunisti, in particolare al valoroso colonnello Rol. Bianca Ceva. Paris brûle-t-il?, Histoire de la L i­ bération de Paris, Paris, 1964, Robert Laffont, pp. 459, F. 24. Meldungen aus dem Reich. Auswahl aus den geheimen Lageberichten des Sicherherheitsdienstes der SS 1939-1944, herausgegeben von Heinz Boberach. Neuwied-Berlin, H . Luchterhand Verlag, 1965, pp. X X X II-551. L ’opera è nata dalla collaborazione di due giornalisti, l’uno francese, il La­ pierre, l’altro americano, il Collins. Essa ha essenzialmente il carattere dell’in­ chiesta giornalistica; è perciò il tessuto di un grande numero di testimonianze che si intrecciano con ritmo alterno per tutte le pagine del libro. Nella serie di tali testimonianze l ’i­ gnoto protagonista del più umile episo­ dio si leva accanto al personaggio noto che sta al centro del fatto storico, e tutti insieme collaborano alla creazione di quel grande quadro ricco di luci e di om­ bre, nel quale sono rappresentati gli avvenimenti che si svolsero dal 2 al 25 agosto 1944, quel breve spazio di giorni nei quali Parigi visse, con la sua libe­ razione dall’oppressione nazista, uno dei momenti più drammatici e più entusia­ smanti della sua storia. Naturalmente, oltre che delle testi­ monianze dirette, gli autori si sono ser­ viti anche di una notevole quantità di documenti tratti dalle più svariate fonti francesi, americane e tedesche; dai mes­ saggi radio, agli archivi del comando al­ leato, alla corrispondenza del generale De Gaulle con Churchill, Roosevelt ed Eisenhower. Particolarmente interessante è la testimonianza diretta, registrata ora per ora, del generale von Choltitz, il comandante tedesco di Parigi, che ri­ sparmiò la città dalla distruzione elu­ dendo, con tattica temporeggiatrice, l’or­ dine folle di Hitler che voleva che gli Alleati, nella loro avanzata, trovassero Bisogna essere grati al curatore di questa importante raccolta di fondi pro­ venienti dai materiali del Servizio di si­ curezza delle SS conservati negli archivi della Repubblica federale di averci con­ sentito la conoscenza di un così singo­ lare mezzo di informazione sullo stato d’ animo e sugli orientamenti dell’opi­ nione pubblica tedesca negli anni della guerra nazista. Si tratta infatti di una selezione, certamente severa data l’e­ norme massa dei documenti, ma tuttavia sufficientemente rappresentativa, dei rap­ porti prodotti tra il 1937 e il 1944 dal Servizio informazioni per l ’interno pres­ so l’Ufficio centrale della sicurezza del Reich diretto da uno dei più noti espo­ nenti dell’ apparato terroristico nazista, lo SS-Gruppenfùhrer Otto Ohlendorf, condannato a morte da una corte ame­ ricana e giustiziato nel 1948. Secondo quanto egli stesso ebbe ad affermare alla fine della guerra, suo in­ tento era stato quello « di creare un or­ gano, che facendo le veci di una critica pubblica mettesse ugualmente la dirigen­ za dello Stato in condizione di cono­ scere le opinioni esistenti o formantisi nel popolo e di averne riguardo ». Di qui i rapporti sullo stato generale del­ l’opinione pubblica che l'ufficio di Ohlen­ dorf mensilmente elaborava, facendoli accompagnare di quando in quando da rapporti più dettagliati su argomenti spe­ cifici, soprattutto in relazione al dete­ rioramento della situazione interna pro­ vocato dalla guerra (situazione alimen­ D ominique L apierre et L arry Collins, Schede tare, atteggiamento delle Chiese, stato d ’ animo della popolazione femminile, at­ tività di oppositori, ecc.). Come ci in­ forma il curatore e solerte annotatore del materiale riprodotto, gli ultimi rap­ porti dello SD sulla situazione interna sono del luglio 1944 (prima ancora del­ l ’attentato a Hitler), epoca in cui furo­ no sospesi soprattutto per intervento di Bormann, preoccupato e insospettito dal carattere sempre più negativo che ave­ vano assunto i rapporti : « Ebbe con ciò fine — commenta il Boberach — l’in­ formazione regolare del Führer sullo sta­ to d’ animo e sulla reazione del popolo agli eventi politici e militari, poiché gli uomini che detenevano il potere non volevano sentire la verità». In effetti, a prima vista la lettura di questi rapporti sembra suggerire un gra­ do abbastanza notevole di attendibilità e di sincerità, tale da convalidare gli intenti dichiarati da Ohlendorf. Reste­ rebbe però da vedere se e in quale mi­ sura Ohlendorf non intendesse anche, con questo mezzo, influenzare le supre­ me gerarchie del Reich ed eventualmen­ te in quale direzione; un secondo aspetto da non perdere di vista è il fatto che i rapporti risentono chiaramente l’in­ fluenza della propaganda nazista, come si avverte non soltanto da una certa tipica terminologia. E resterebbe infine sempre da accertare in quale misura essi furono realmente portati a conoscenza dei dirigenti supremi del Reich. Nel complesso si tratta comunque di un tipo di fonti assai interessanti soprattutto in quanto ci offrono uno sguardo sull’opi­ nione pubblica tedesca durante la guerra al di là del consueto cliché ufficiale, ma anche per la luce che conservano su un aspetto relativamente nuovo della struttura di potere della dittatura na­ zista. Non ultimo interesse per noi risulta dalla presenza nei rapporti di numerosi riferimenti alle relazioni tra i due paesi dell’Asse; significative appaiono in spe­ cial modo le reazioni dell’opinione pub­ blica tedesca agli avvenimenti italiani del 1943 (pp. 424 sgg.). Da esse traspare subito dopo il 25 luglio non solo lo stu­ pore per il fatto che il ventennale regime fascista fosse stato spazzato via nel giro di poche ore ma anche la preoccupa­ zione che pure nel Reich avesse a pro­ dursi un analogo rivolgimento; dopo l’8 settembre prevalgono invece la sod­ disfazione e un senso di sollievo per il 117 fatto che « dal tradimento dell’ Italia non ci si dovrà attendere più sgradite sor­ prese dal punto di vista militare » e so­ prattutto la consapevolezza che l’ Italia non avrà più diritto di dire una parola decisiva in Europa: « Per il futuro gli italiani conteranno solo come venditori di castagne e guidatori di asini ». Enzo Collotti. P ia L eonetti C arena, G li italiani del Maquis, Milano, Cino del Duca edi­ tore, 1966, pp. 260, s. p. Il volume contiene una preziosa e ricca messe documentaria intorno alla partecipazione degli italiani alla Resi­ stenza francese. Tale presenza è stata troppo a lun­ go ignorata; l’ autrice, che fu profuga in Francia e che, col marito, partecipò là alla lotta clandestina, ha sentito che un dovere si imponeva ai superstiti di quella battaglia, quello di ricordare, do­ po tanto silenzio, il contributo che alla causa della libertà diedero: « Gli italiani emigrati in Francia: caduti volontari nelle file dell’esercito francese, o morti con le armi in pugno nei « maquis » di tutti i dipartimenti, o falciati dai plo­ toni di esecuzione tedeschi, o spirati nel­ la desolazione dei campi di sterminio in Germania ». Il lavoro è, dunque, frutto di una lunga meritoria fatica nel ricercare in ogni direzione quanto più notizie docu­ mentate era possibile recuperare, per tentare la ricostruzione di quella dimen­ ticata pagina di storia. Veniamo così a conoscere che oltre diecimila furono gli italiani che « si bat­ terono nel 1939-1940 prima a Narwick in Norvegia, poi a Soissons, a Voreppe ecc. nella « Campagna di Francia ». A ll’ armistizio del giugno 1940 molti passarono alla cospirazione, mentre nu­ merosissimi collaborarono con le « Forces Françaises libres », combattendo in Eri­ trea, in Siria, in Italia sul fronte del Garigliano, in Africa del Nord. Dopo T8 settembre molti italiani si unirono ai resistenti francesi, parteci­ pando attivamente in tutte le regioni della Francia alla lunga guerriglia dei sabotaggi e degli attacchi di sorpresa. Nella Mosella, dei quindici martiri ca­ duti per la liberazione di Audun-leTiche, tredici erano italiani. ii8 Schede In qualunque località del territorio francese ove si svolse lotta partigiana incontriamo combattenti italiani. Il libro si articola in alcuni capitoli ricchissimi di notizie e citazioni di fatti; elenchi di nomi di caduti, di deporta­ ti, di combattenti e si conclude con una lunga serie di testimonianze, con ap­ pendici documentarie, bibliografiche e tavole fuori testo. T ra le fonti notiamo la particolare importanza del giornale « Italia libera », organo del Comitato di Liberazione de­ gli italiani in Francia nel 1944-48, la cui collezione, riprodotta in microfilms è stata donata all’archivio del nostro Isti­ tuto da Bruno Bernieri. L ’ autrice si rammarica di non esse­ re riuscita a colmare molte lacune; tut­ tavia gli studiosi devono essere grati a lei di quanto essa ha fatto, nella spe­ ranza che la sua opera tenace possa continuare. Ferruccio Parri ha scritto alcune pa­ gine di prefazione a questo libro, con­ statando amaramente quanto sia igno­ rato un aspetto così significativo della nostra storia, quello che testimonia la presenza coraggiosa fino al sacrificio de­ gli italiani nella lotta per la libertà del­ l’Europa. M a: «non la sente l’ Italia ufficiale, e la storia che essa insegna, ancora assopita per tanta parte nella pigrizia exfascista. L a sete di potere non abitua a capire la lotta per la li­ bertà ». Bianca Ceva. Tutta la seconda guerra mondiale. Gli uomini - I fatti - Le testimonianze, Milano, Selezione del Reader’ s Digest, volumi 3, 1966, s. p. Questi tre volumi contengono una vasta antologia di passi tratti dalle ope­ re di 81 autori, fra i quali 14 italiani, che hanno scritto saggi di storia o di memorialistica intorno agli avvenimenti che dal settembre 1939 all’agosto 1945 sconvolsero il mondo. Il pregio dell’opera sta soprattutto nel vastissimo ed originale corredo ico­ nografico, del quale gran parte è ine­ dita o rara. Esso è costituito da una serie ricchissima di fotografie e di carte geografiche, ad illustrazione non solo dei grandi piani strategici sui vari fron­ ti, e delle singole battaglie, ma a com­ mento, soprattutto per la guerra parti­ giana, della consistenza dei singoli rag­ gruppamenti di forze militari, della di­ slocazione dei comandi e dei successivi spostamenti del fronte delle azioni. Il primo volume va da Monaco a Mosca; il secondo da Pearl Harbor a Stalingrado; il terzo dalla Sicilia a H i­ roshima. I passi scelti dalle opere degli autori citati fanno solo da contrappunto a quell’imponente sequenza visiva, che è la vera essenza di questi tre volumi, che costituiscono perciò una fonte pre­ ziosa per ricreare l’atmosfera degli av­ venimenti. Passa così dinanzi ai nostri occhi un agghiacciante racconto, che si chiude con un’ immagine nuda « Su questo pon­ te l’esplosione atomica ha letteralmente disintegrato i passanti, ma i loro corpi hanno fatto da schermo e protetto dalle irradiazioni alcune parti della carreg­ giata, sulla quale la loro ombra ha la­ sciato una traccia bianca ». Dal sacrificio della libera Cecoslovac­ chia aggiogata dalla violenza nazista nel settembre 1938, a queste ombre di H i­ roshima, corre tutto il terribile arco della nostra tragica storia. Bianca Ceva.