I.T.I.S. "A. Bernocchi"
Il Motore a Corrente Continua
Introduzione, Studio ed Analisi di un motore
a spazzole
Marchì Angelo
Elettrotecnica ed Automazione
5a EA
Anno scolastico 2009/2010
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Indice
Capitolo primo: Introduzione
Pag. 3
Capitolo secondo: Parti costruttive
1. Statore
2. Rotore
3. Collettore a lamelle
4. Spazzole
Pag. 4
Capitolo terzo: Funzionamento
1. Principio di funzionamento
2. Tipi di eccitazione
3. Funzionamento a vuoto
4. Funzionamento a carico
Pag. 7
Capitolo quarto: Regolazione della velocità
1. Circuito
2. Tecnica PWM
3. Generatore di onda quadra
4. Stadio di potenza
Pag. 13
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Introduzione
Il motore è una macchina elettrica rotante che ha come ingresso una potenza elettrica e
come uscita una potenza meccanica. Come tutte le macchine elettriche, anche il motore
può funzionare in modo inverso, ovvero da generatore, infatti agendo su di esso con una
potenza meccanica, otterremo in uscita una potenza elettrica.
Esistono vari tipi di motore. La prima distinzione che si può mettere in evidenza è la
tensione di alimentazione che viene utilizzata per far funzionare il motore, esistono dunque
motori alimentati con tensione alternata monofase, quelli alimentati con tensione alternata
trifase ed infine quelli alimentati con tensione continua. Hanno tutti e tre la stessa funzione
ma si distinguono tra di loro per il tipo di utilizzo, di regolazione e di potenza.
Il motore che verrà preso in considerazione sarà quello alimentato a tensione continua.
Se si volesse fare un'ulteriore distinzione, esistono altri tre tipi di motore in corrente
continua: motore a spazzole, motore brushless e motore passo-passo. Il motore che si
analizzerà di seguito sarà a spazzole.
Questo tipo di motore è molto funzionale, vale a dire che può essere utilizzato in qualsiasi
circostanza, inoltre il costo per produrlo è molto contenuto. Nonostante tutto questo
motore ha anche dei difetti i quali si possono riassumere nell'usura delle spazzole, le quali
una volta usurate non fanno più contatto in modo ottimale con il collettore e quindi il
motore smette di funzionare, e l'usura dei cuscinetti i quali una volta consumati non
permettono più all'albero motore di ruotare con facilità.
Sono presenti nelle autovetture, vengono infatti usati per abbassare o alzare i finestrini;
oppure utilizzati per far ruotare i tergicristalli; o ancora per far sparire il tettuccio nelle
vetture cabrio. Nelle automobili di ultima generazione i motori a corrente continua sono
usati anche come motori supplementari a quelli a scoppio, e come detto prima, in altri casi,
vengono usati nello stesso tempo anche da generatori, nel momento in cui l'auto si trova
in movimento per inerzia, fornendo energia alla sorgente elettrica a cui sono collegati, in
questo caso le batterie.
Questo di seguito è una foto che illustra un esempio di motore in corrente continua:
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Parti costruttive
Le parti essenziali che costituiscono il motore a corrente continua sono:
 lo statore;
 il rotore;
 il collettore a lamelle;
 le spazzole.
Lo statore
Lo statore è, come dice la parola, la parte statica del motore, cioè, l'unica parte che non è
soggetta a movimento. E' costituito da una carcassa e dai poli induttori. La carcassa è
l'elemento portante dello statore ed è generalmente costruita in acciaio o ghisa. Poiché la
carcassa deve soddisfare non solo esigenze meccaniche ma anche magnetiche, in quanto
è sede di circolazione di flusso, è chiaramente preferibile l'acciaio in quanto esso
rappresenta valori di permeabilità magnetica notevolmente superiore alla ghisa. Visto che
la carcassa costituisce un circuito magnetico percorso da un flusso invariabile nel tempo,
si può realizzare con materiale massiccio. Inoltre la carcassa possiede all'esterno i vari
connettori che permettono di collegare gli avvolgimenti interni con l'esterno.
Nella figura seguente viene mostrato un esempio di carcassa:
I poli induttori invece sostengono l'avvolgimento che crea il campo magnetico di
eccitazione della macchina e sono costituiti dal nucleo polare e dall'espansione polare
come riportato in figura:
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Nel caso di motori in corrente continua di piccola potenza, i poli induttori vengono sostituiti
da coppie di magneti permanenti che realizzano il campo magnetico costante
risparmiando così spazio e potenza.
Il rotore
Il rotore è la parte rotante della macchina. E' montato sull'albero del motore, in modo da
ruotare con esso, il quale appoggia sui cuscinetti che ne permettono la rotazione. La
potenza meccanica in uscita dal motore si preleva proprio dall'albero motore dove si
collegherà il carico meccanico a cui deve fornire potenza.
Il rotore è poi composto da un nucleo magnetico laminato, questo perché il rotore, a
differenza dello statore, viene attraversato da un flusso magnetico variabile nel tempo e
per cui se il nucleo magnetico fosse di un materiale massiccio sarebbe soggetto a
fenomeni di isteresi magnetica e di circolazione di correnti parassite diminuendo di molto il
rendimento complessivo della macchina. Questo nucleo è di forma cilindrica e dotato di
cave che conterranno gli avvolgimenti indotti o di armatura. Gli avvolgimenti indotti, infine,
sono connessi elettricamente con un collettore a lamelle. Nella figura sottostante viene
mostrata un'immagine rappresentante un rotore:
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Il collettore a lamelle
Il collettore a lamelle è un dispositivo, di forma circolare, solidale all'albero motore, che
insieme al relativo sistema di spazzole, ha la funzione di invertire il senso della corrente in
modo che la posizione relativa dei flussi di indotto e induttore sia sempre la stessa. Esso è
costruttivamente realizzato da un insieme di lamelle, generalmente di rame elettrolitico
crudo, isolate fra loro e disposte in modo da ottenere un cilindro cavo fissato a una
struttura portante, chiamata bussola, all'interno della quale viene fatto passare l'albero
della macchina.
Ecco come si presenta un collettore a lamelle:
Le spazzole
Le spazzole sono dei contatti striscianti che hanno il compito di collegare elettricamente
l'avvolgimento rotorico con l'esterno permettendo il passaggio di corrente negli
avvolgimenti rotorici. Esse sono sostenute da appositi organi meccanici, denominati
portaspazzole, rigidamente collegati alla struttura portante del motore, che hanno il
compito di pressare adeguatamente le spazzole contro il collettore. Il materiale di cui sono
composte le spazzole è nella maggior parte dei casi la grafite, mentre nei piccoli
servomotori e nei tipi utilizzati nei lettori CD/DVD o registratori a cassette sono in lega
metallica bianca. La differenza è nella frequenza della loro sostituzione, infatti nelle
macchine utensili come smerigliatrici o trapani, si utilizzano spazzole in grafite, perché è
molto semplice e veloce sostituirle, le spazzole in metallo, sono usate su apparecchi dove
risulta scomodo o non conveniente cambiarle, come nei motori d'avviamento dei mezzi di
trasporto.
La figura sottostante mostra un esempio di spazzole con il relativo portaspazzole:
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Funzionamento
Principio di funzionamento
A rotore fermo viene applicata una tensione continua ai capi dell'avvolgimento induttore,
alloggiati sulle espansioni polari dello statore, questi avvolgimenti vengono attraversati da
una corrente continua, ed essendo degli induttori, quando un induttore viene attraversato
da una corrente continua, genera un campo magnetico costante, quindi viene generato un
campo magnetico che viene chiamato campo magnetico di eccitazione. La diretta
conseguenza è la generazione di una o più coppie polari magnetiche costanti.
Per variare l'intensità del campo magnetico di eccitazione bisogna variare la tensione di
alimentazione, e per fare ciò o si utilizza un alimentatore a tensione variabile, oppure un
reostato variabile in serie all'avvolgimento. L'insieme dell'alimentazione, con il possibile
reostato e con l'avvolgimento induttore, rappresenta il sistema di eccitazione del motore.
Alimentando ora l'avvolgimento indotto con una tensione continua, avviene lo stesso
fenomeno, ovvero, col passaggio di corrente in un induttore, in questo caso l'avvolgimento
indotto, si generano dei campi magnetici costanti, e di conseguenza anche dei poli
magnetici.
Questi poli magnetici interagiscono con i poli magnetici del sistema di eccitazione
attraendosi l'uno con l'altro, rispettivamente, il polo sud dell'indotto con il polo nord
dell'induttore, e viceversa, il polo nord dell'indotto con il polo sud dell'induttore.
Tale attrazione fra i poli magnetici genera un movimento che viene trasmesso all'albero
motore. Ecco quindi che in uscita dal motore si avrà una rotazione, per cui una potenza
meccanica.
Se ci fossero solo questi due elementi il motore non riuscirebbe a ruotare completamente,
perché nel momento in cui i poli opposti hanno raggiunto la loro massima vicinanza, si
verrebbe a creare una situazione di stallo. L'ultimo elemento essenziale del motore in
corrente continua che permette la rotazione completa del rotore è il sistema collettorespazzole.
Il sistema collettore-spazzole, come descritto nel capitolo precedentemente, inverte il
senso di percorrenza della corrente nell'avvolgimento indotto durante la rotazione del
rotore. Ciò significa che, nel momento in cui la corrente percorre il conduttore in modo
inverso, anche il campo magnetico generato sarà inverso e quindi anche i poli magnetici
saranno inversi. La conseguenza dell'inversione dei poli magnetici, sarà una diversa
interazione con i poli magnetici del sistema di eccitazione, ovvero, i nuovi poli magnetici
dell'indotto verranno attratti dai poli magnetici del sistema di eccitazione che questa volta
non si troveranno più alla massima vicinanza, ma per farli avvicinare il rotore dovrà
compiere un nuovo movimento, ed è questo che farà continuare il rotore nella sua
rotazione completa.
La velocità di questa rotazione sarà direttamente proporzionale alla tensione che verrà
applicata ai capi delle spazzole.
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Tipi di eccitazione
Esistono 4 tipi di eccitazione nei motori in corrente continua:
 Eccitazione indipendente;
 Eccitazione in derivazione;
 Eccitazione in serie;
 Eccitazione a magneti permanenti.
Eccitazione indipendente
Questo tipo di eccitazione di un motore a corrente continua permette la regolazione di
entrambi i flussi magnetici che si andranno a creare all'interno della macchina. Ha bisogno
di due alimentazioni separate e quindi richiede una maggior quantità di potenza elettrica
dalla rete. Come si vede nello schema, sia il sistema di eccitazione ( a sinistra ), sia il
circuito dell'armatura ( a destra ) hanno una resistenza in serie, data dalla resistenza
interna degli avvolgimenti.
Riassumendo, la Ve è la tensione di alimentazione del sistema di eccitazione, la Re è la
resistenza interna del avvolgimento induttore, la Ie è la corrente di eccitazione, cioè quella
che andrà a creare il campo magnetico di eccitazione descritto precedentemente, la Ri è
la resistenza interna dell'avvolgimento indotto, la E è la forza contro elettromotrice (
f.c.e.m. ) che è la tensione inversa a quella di alimentazione, generata durante la rotazione
del motore, la Ii che in questo caso è uguale a I, è la corrente assorbita dall'armatura, ed
infine, la V è la tensione di alimentazione del circuito dell'armatura ( tensione ai capi delle
spazzole ).
Applicando il primo principio di Kirchhoff delle tensioni alla maglia di armatura si ha:
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Eccitazione in derivazione
Quest'altro tipo di eccitazione comporta l'uso di
un'unica sorgente di alimentazione, e quindi se
volessimo variare la tensione di armatura o la tensione
di eccitazione bisognerà necessariamente ricorrere
all'uso di reostati di potenza da inserire in serie ai 2
circuiti.
Con questa configurazione il motore avrà una coppia di
spunto abbastanza alta, quindi nessun problema a
partire anche con carichi pesanti, ed una velocità
bassa.
Come si può notare dal circuito, in questo caso ci sono
due diverse correnti rispetto al precedente schema, la I
e la Ii sta volta sono diverse, perché la I comprende sia la corrente di armatura, sia la
corrente di eccitazione, mentre la Ii è solo la corrente di armatura. Questo tipo di motore,
ha una velocità che non dipende dal carico applicato, però se al momento dell'avviamento
sull'albero ci sarà un carico elevato, il motore o non riesce a partire, o parte ma molto
lentamente.
Eccitazione in serie
Anche questo per questo tipo di eccitazione serve una
sola alimentazione, e questa volta per poter variare la
tensione al circuito dell'armatura o al circuito di
eccitazione, bisogna usare due reostati di potenza, uno
in serie al circuito di armatura e uno in parallelo al
circuito di eccitazione.
Un'eccitazione tale modifica le caratteristiche del
motore, ovvero la velocità e la coppia: in questo caso si
avrà una velocità alta, ma una coppia bassa.
In questo caso la corrente è sempre e solo una, quindi
la corrente assorbita I è uguale alla corrente interna Ii e
uguale anche alla corrente di eccitazione Ie.
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Eccitazione a magneti permanenti
Questo tipo di eccitazione è completamente diversa dalle altre, infatti al posto
dell'avvolgimento induttore troviamo dei magneti permanenti che generano il campo
magnetico di eccitazione. La scelta del motore a magneti permanenti viene fatta al
momento della sua costruzione; utilizzando i magneti si ha un risparmio economico ed
energetico, perché l'energia elettrica che viene usata per generare il campo magnetico di
eccitazione nelle macchine a statore avvolto, viene risparmiata utilizzando un materiale
che crea da sé un campo magnetico; al contrario l'utilizzo di magneti permanenti aumenta
il costo di produzione della macchina; in conclusione si preferisce costruire motori con
magneti permanenti fin quando la potenza del motore è inferiore a 1KW, nel momento in
cui la potenza del motore supera tale limite, si preferisce costruire motori con statori avvolti
invece dei magneti permanenti.
Elettricamente si può intendere il magnete permanente come un sistema di eccitazione
indipendente e a flusso costante.
Quindi, i vantaggi di questo tipo di eccitazione sono minor ingombro e minori perdite
energetiche, mentre gli svantaggi possono essere i costi dei magneti permanenti, la
probabile smagnetizzazione dei magneti permanenti, l'impossibilità di questi magneti di
riuscire a generare dei flussi alla pari con gli statori avvolti e per ultimo, la presenza del
campo magnetico di eccitazione anche a macchina spenta.
Funzionamento a vuoto
Il motore a corrente continua funziona a vuoto quando non è collegato al carico
meccanico, e quindi, non fornisce potenza all'esterno. La macchina, eccitata con la
corrente Ie0 atta a produrre il flusso a vuoto Фo, assorbe dalla rete di alimentazione la
corrente a vuoto I0 e nell'avvolgimento indottosi sviluppa la f.c.e.m. a vuoto E o:
E0  K 0  0  n 0
è praticamente pari alla tensione di alimentazione, essendo trascurabile la c.d.t. Ri  I 0
dovuta alla corrente a vuoto; la velocità di rotazione a vuoto assume il valore n0 tale da
rispettare l'uguaglianza K 0  0  n 0  V .
Il motore assorbirà dalla rete di alimentazione la potenza a vuoto P 0 che, essendo nulla la
potenza resa e trascurabili quelle perse nel rame dell'indotto e sul collettore, si può
ritenere pari alla somme:
P0  Pe  Pf  Pav
dove la potenza Pe è sempre da considerare per il motore, anche nel caso di eccitazione
indipendente, in quanto si tratta in ogni caso di una potenza elettrica fornita alla macchina.
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Funzionamento a carico
Nel funzionamento a carico il motore è sottoposto all'azione frenante del carico meccanico
collegato all'asse e, pertanto, la coppia resistente totale aumenta rispetto a quando
funziona a vuoto; dovendo aumentare la coppia motrice per rispettare l'equilibrio
meccanico, verrà richiamata nell'indotto una maggiore corrente; aumenta anche la
potenza elettrica assorbita dalla rete di alimentazione che sarà pari alla potenza
meccanica resa all'albero più tutte le potenze perse.
Il flusso magnetico Ф a carico sarà minore di quello a vuoto, a causa dell'effetto
smagnetizzante della reazione d'indotto e nel motore si svilupperà la tensione indotta a
carico E, che sarà:
E  K0   n
proporzionale a Ф e alla velocità a carico n.
Per semplicità verrà preso in considerazione il circuito seguente, relativo alla
configurazione con eccitazione indipendente. La tensione indotta E ha le caratteristiche di
una f.c.e.m. che si oppone alla circolazione della corrente.
Applicando il principio di Kirchhoff delle tensione alla maglia d'armatura si ha:
V  E  Ri  I i  K 0    n  Ri  I i
da cui si ricava l'espressione della corrente d'indotto assorbita a carico:
V  K0   n
Ii 
Ri
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La relazione precedente si presta ad alcune considerazioni, precisamente:
 nel funzionamento con tensione costante la corrente aumenta se diminuisce il
prodotto   n , ossia la macchina viene diseccitata o se, a causa di un aumento del
carico meccanico, diminuisce la velocità di rotazione;
 nel funzionamento con flusso costante la corrente aumenta se viene aumentata la
tensione di alimentazione o se diminuisce la velocità di rotazione
Questo spiega perché all'aumentare del carico aumenta la corrente assorbita dal motore.
Avviamento del motore
Dall'ultima formula proposta della corrente Ii si deduce che all'atto dell'avviamento,
essendo n = 0, la f.c.e.m. è nulla e la corrente nell'indotto assume il valore I a della corrente
di avviamento o di spunto, dato da:
Ia 
V
Ri
Se non si prendono opportuni accorgimenti, essendo la resistenza R i alquanto ridotta, la
corrente di avviamento assume valori molto elevati che possono anche danneggiare
permanentemente il motore.
Per ridurre la corrente di spunto si possono seguire due diverse strade coerentemente con
la relazione precedente, ossia:
 aumentare la resistenza del circuito indotto, mediante l'inserzione di un reostato di
avviamento Ra, da collegare in serie all'avvolgimento di armatura secondo lo
schema seguente:
all'atto dell'avviamento il reostato risulta tutto inserito e viene disinserito man mano
che, aumentando la velocità, cresce la f.c.e.m. che si oppone alla corrente; questo
metodo, che comporta un dispendio di energia sul reostato, non viene più usato nelle
recenti installazioni;
 diminuire la tensione di alimentazione del circuito d'indotto mediante convertitori
statici, basati sull'impiego di componenti elettronici che svolgono anche il compito di
regolazione della velocità; all'avviamento la tensione viene ridotta a un valore
appena sufficiente a bilanciare la c.d.t. sulla resistenza Ri e viene poi aumentata,
fino al valore nominale, man mano che aumenta la velocità; è il metodo attualmente
più usato.
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Regolazione della velocità
L'ultimo paragrafo affrontato accennava la regolazione della velocità tramite l'utilizzo di
componenti elettronici. In questo capitolo verrà esposto uno dei metodi per regolare la
velocità dei motori in corrente continua.
Circuito
Questo è il circuito, da me progettato, che serve a regolare la tensione di alimentazione di
un motore a corrente continua. Come si può vedere dallo schema c'è una sezione di
alimentazione del circuito a 12V che genera l'onda quadra, una sezione di buffer e una
sezione di potenza composta da due mosfet e da un diodo di ricircolo di potenza.
Nella realizzazione pratica del circuito i due mosfet andranno poi fissati ad un'aletta di
raffreddamento per permettere la dissipazione di calore in modo adeguato.
Il motore che userò per dimostrare il funzionamento di questo circuito è un motore in
corrente continua con eccitazione a magneti permanenti da 200W, funzionante a 24V con
una corrente assorbita nominale di 11,5A e un numero di giri al minuto pari a 2750.
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Tecnica PWM
PWM significa, Pulse Width Modulation, ovvero, modulazione a variazione della
larghezza d'impulso. Il PWM è un'onda quadra di duty cycle variabile e ti frequenza
costante, che permette di regolare la tensione che verrà utilizzata da un carico,
massimizzando le prestazioni e minimizzando i consumi. Questo può avvenire solo
regolando il duty cycle dell'onda quadra, cioè, modificando la durata del tempo in cui
l'onda è allo stato alto ( quindi quando l'uscita è pari a Vcc ) e del tempo in cui l'onda è allo
stato basso ( quindi quando l'uscita è a 0V).
La regolazione del duty cycle viene controllata con la variazione del tempo di carica e di
scarica di un condensatore. Se si indica con T il periodo nel quale il condensatore si carica
e si scarica, con t1 il tempo di carica e con t2 il tempo di scarica si può dire che il duty cycle
si indica con:
D
t1  100
T
quindi se il tempo di carica del condensatore sarà la metà del periodo T si avrà un duty
cycle del 50%.
Quest'immagine è una rappresentazione della tensione ai capi del condensatore in un
circuito PWM. Come si può notare il tempo t1 è il tempo in cui si carica il condensatore, il
tempo t2 è il tempo in cui si scarica e la somma tra i 2 tempi da il periodo T. Questo
periodo indica la frequenza con cui sta lavorando tutto il circuito e si calcola con:
f 
1
T
Ritornando all'intero circuito, il potenziometro, insieme ai diodi 1N4148, ha proprio la
funzione di regolare il tempo t1 e t2: durante la carica del condensatore è interessata la
parte di circuito dove c'è il diodo rivolto verso il potenziometro quindi la corrente parte
dall'alimentazione va verso il potenziometro, incontra una resistenza che abbiamo regolato
noi, e poi va a finire ai capi del condensatore iniziando a caricarlo; nella fase di scarica,
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invece, la tensione accumulata nel condensatore diminuisce perché la corrente parte del
condensatore, attraversa la resistenza del potenziometro che abbiamo regolato noi, passa
per il diodo, sta volta collegato inversamente, e poi finisce a massa. Il potenziometro ha
proprio la funzione di regolare la resistenza che la corrente incontra durante le due
differenti fasi di carica e scarica, maggiore sarà la resistenza in una fase maggiore sarà il
tempo che impiegherà il condensatore a concludere quella stessa fase e di conseguenza,
minore sarà il tempo che impiegherà il condensatore a concludere la fase opposta.
Per verificare la frequenza che si sta usando nel circuito bisogna utilizzare la formula:
T  ( R1  R2)  C  ln( 2)  (1  22) 103  220  10 3  0,693  3,5mS
f 
1
1

 285Hz
T 0,0035
Dopo svariati test, questa è stata la frequenza utilizzata, per aver un miglior controllo sul
motore.
Questi di seguito sono degli esempi di onde quadre con duty cycle diversi:
Duty cycle al 10%
Duty cycle al 50%
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Generatore di onda quadra
Come spiegato prima la tecnica PWM utilizza un'onda quadra per funzionare. quest'onda
quadra viene generata da un circuito integrato chiamato NE555 (o anche LM555).
L'NE555 è un circuito integrato che contiene un multivibratore che può essere configurato
come monostabile (timer), come astabile (oscillatore) e come bistabile (flip-flop)
permettendo la realizzazione di numerosissime applicazioni diverse.
Il nome originale era SE555/NE555 e deriva dal fatto che al suo interno ci sono tre
resistori collegati in serie ciascuno del valore di 5 kΩ che forniscono, tramite il principio del
partitore di tensione, i potenziali di riferimento di 1/3 e 2/3 della tensione di alimentazione
ai comparatori interni al dispositivo. La durata dell'impulso o il periodo dell'oscillazione è
regolabile da alcune decine di microsecondi ad alcune decine di minuti.
In figura è rappresentata la configurazione base del 555 come multivibratore astabile in cui
i piedini 2 e 6 sono collegati tra di loro ed hanno quindi lo stesso potenziale del
condensatore C, la resistenza R1 è collegata tra l'alimentazione e il terminale 7 mentre R2
viene collegata tra il terminale 7 e il condensatore.
Con questi collegamenti quando il circuito viene alimentato la tensione sul condensatore
inizia ad oscillare tra i valori Vcc/3 e 2/3 Vcc e di conseguenza l'uscita varia tra 0 e Vcc
con due tempi ricavabili dalle equazioni di carica del condensatore, il tempo t 1 che è il
tempo in cui l'uscita è alta si calcola con la formula:
t1  ( R1  R2)  C  Ln(2)
mentre il tempo t2 in cui l'uscita è bassa si calcola con la formula:
t2  R2  C  Ln(2)
Dalle formule si nota che t1>t2 quindi la forma d'onda avrà sempre un duty cycle maggiore
del 50% per cui le onde di uscita non sono mai quadre, in pratica ponendo R1 << R2 il
duty cycle si avvicina molto al 50% quindi in prima approssimazione le onde si potrebbero
ritenere quadre.
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Stadio di potenza
Fino ad ora abbiamo parlato di generatori di segnali, il motore però ha bisogno di una
corrente molto elevata per funzionare, perciò c'è bisogno di un circuito che riesca a gestire
delle alte correnti, funzionando comunque con il segnale di cui abbiamo parlato prima.
Questo parte di circuito di potenza è composta da un buffer e da un mosfet.
Il buffer è un componente del circuito che ha la funzione di aumentare discretamente la
corrente di pilotaggio, sia in condizioni normali, sia in condizioni di elevata richiesta; ho
provveduto ad utilizzare un circuito integrato chiamato CD4069 contenente sei porte not
come rappresentato in figura:
Il mosfet invece è un semiconduttore che ha una funzione di "Interruttore", questo mosfet
si può paragonare ad un banalissimo interruttore che abbiamo tutti in casa per accendere
la luce di una stanza, chiude e apre il circuito per alimentare un carico, ad esempio una
lampadina. In elettronica, al posto di usare un interruttore, si usano dei transistor che
vengono portati in saturazione quando vogliamo che essi conducano e fungano da
interruttore chiuso, mentre vengono portati in interdizione quando vogliamo che smettano
di condurre e quindi che fungano da interruttore aperto. Nel circuito proposto, il mosfet
esegue esattamente questo, collegando l'uscita del buffer al gate del mosfet, quando
l'uscita del buffer sarà alta, il mosfet entrerà in saturazione e farà condurre il drain con il
source, mentre quando l'uscita del buffer sarà bassa, il mosfet diventerà interdetto e non
farà più condurre i 2 terminali.
Ho utilizzato un IRF540N che presenta queste caratteristiche:
 Tensione massima d'impiego = 100V
 Resistenza tra Gate e Source durante la saturazione = 44mΩ
 Corrente massima = 33A
Questo è come si presenta nella realtà il mosfet (a sinistra) e come si presenta
graficamente (a destra):
Come si può notare nel circuito sono stati collegati due mosfet in parallelo, questo per
garantire una maggiore durata dei mosfet stessi perché la corrente che dovranno erogare
sarà divisa nei due mosfet, questo porterà ad un minore surriscaldamento degli stessi e
quindi ad una maggiore durata nel tempo.
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Facendo alcuni calcoli, possiamo trovare la potenza che verrà dissipata da tutti e due i
mosfet e la corrente di spunto che dovranno reggere.
Questa formula è già stata trattata nel precedente capitolo e può essere ripresa per essere
applicata in pratica; per calcolare la corrente di spunto la formula è:
V
Ia 
Ri
Dato che la Resistenza interna del motore misurata Ri è pari a 0,42Ω se non utilizzassimo
la regolazione della velocità del motore, allo spunto ci sarebbe un assorbimento di
corrente pari a:
Ia 
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 57 A
0,42
Invece la potenza che dovranno dissipare i mosfet, indicando con 22mΩ la resistenza tra
Drain e Source totale Rds e con 11,5A la corrente nominale assorbita dal motore I si avrà:
Pdiss.  Rds  I 2  0,022  11,5 2  2,91W
Questa potenza diventerà anche doppia nell'avviamento e quando il motore avrà un carico
abbastanza elevato.
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