La crisi del Trecento File - Aula Virtual Maristas Mediterránea

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Capitolo 25
LA CRISI DEL TRECENTO
Il Trecento fu un secolo di cambiamenti drammatici, di crisi generale:
 Crisi dal punto di vista ECONOMICO E DEMOGRAFICO1. Si diffondono infatti:
1. CARESTIE, CRISI ECONOMICA E GUERRE
2. Epidemie: la PESTE NERA
3. CALO CONSEGUENTE DELLA POPOLAZIONE EUROPEA, che si riduce di un terzo.

Crisi dal punto di vista SOCIALE:
4. PAURE, SUPERSTIZIONI E INTOLLERANZA, per esempio nei confronti degli ebrei e delle
donne, accusate di stregoneria, si diffondono tra la popolazione sfiduciata, che teme la morte
5. RIVOLTE: dei contadini nelle campagne e degli operai nelle città

Crisi dal punto di vista POLITICO. Si verifica:
6. Il DECLINO DEFINITIVO DEI POTERI UNIVERSALI
7. L’AFFERMAZIONE DELLE MONARCHIE NAZIONALI (soprattutto in Francia e in Inghilterra),
che si impongono grazie al sostegno della nascente borghesia
Il declino definitivo del Papato e dell’Impero segnano di fatto la FINE DEL MEDIOEVO. Superata la crisi del
Trecento, tra il XIV e il XV secolo si afferma la nuova visione dell’uomo e del mondo promossa
dall’Umanesimo, che segna l’INIZIO DELL’ETÀ MODERNA.
1. CARESTIE, CRISI ECONOMICA E GUERRE
Abbiamo visto che dal 1000 in poi la popolazione europea era molto cresciuta, ma nei primi decenni del
Trecento l’aumento della popolazione e la crescita dell’economia si interruppero. Il CLIMA divenne più
freddo, e si susseguirono annate di CATTIVI RACCOLTI; inoltre il miglioramento delle condizioni di vita dei
secoli precedenti aveva provocato un fenomeno di SOVRAPPOPOLAZIONE, cioè la popolazione era cresciuta
tanto che le risorse alimentari dell’Europa erano ormai insufficienti a sfamarla: si coltivò la terra fin dov’era
possibile, poi si passò alle terre meno fertili e a sottrarre spazio ai pascoli; meno pascoli per il bestiame
significava, però, meno concime e quindi minor produttività dei campi. I contadini che lavoravano le terre
peggiori cercarono rifugio in città; le città, già a corto di cibo, si affollarono e peggiorarono le loro cattive
condizioni igieniche.
Seguirono pertanto anni di CARESTIE (es. 1315-17): gli uomini muoiono di fame o sono denutriti, e i loro
organismi sono più esposti alle malattie.
Il calo della popolazione ha gravissime conseguenze sull’ECONOMIA: come si è detto, nelle campagne molte
terre vengono abbandonate perché non c’è nessuno che le coltiva, e questo provoca l’avanzata della
boscaglia; il grano e i prodotti agricoli sono ormai merce rara, e i prezzi aumentano. Sempre a causa dello
spopolamento, nelle città la produzione delle manifatture cala e diminuiscono le attività commerciali: a
causa della scomparsa e dell’impoverimento di tante persone, la domanda di prodotti si contrae: anche
artigiani, mercanti e banchieri avvertono la crisi.
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Ricorda che la demografia è la scienza che studia lo stato e i movimenti della popolazione (quanti abitanti risiedono
in un territorio, quanto aumenta o quanto diminuisce la popolazione, com’è composta, ecc.).
Scoppiano in Europa MOLTE GUERRE: eserciti di migliaia di uomini distruggono campi e saccheggiano
villaggi; iniziano a essere usate le armi da fuoco: tra il 1325 e il 1345 dalla Cina arriva in Europa la polvere da
sparo, che alimenta archibugi (fucili), bombarde e cannoni. Le città assediate resistono poco, e il passaggio
dei carri che trasportano queste armi pesantissime dissesta strade e campi.
2. LA PESTE NERA
In questa situazione di crisi, carestie e sottoalimentazione, fra il 1347 e il 1348 esplose LA PESTE, che
proveniva dall’Oriente e si diffuse in tutta Europa a ondate successive, fino al 1389: trasmessa da un batterio
che vive nelle pulci dei topi, la malattia arrivò in Sicilia portata dai topi che infestavano le navi provenienti
dal Mar Nero, dove già era scoppiata l’epidemia. La malattia, quasi sempre mortale, provocava sulla pelle
bubboni neri, e per questo è chiamata “peste nera”. La rapida diffusione della peste fu facilitata, oltre che
dal fatto che la popolazione era indebolita dalla mancanza di cibo, dall’impossibilità di isolare le regioni
colpite, dalla mancanza di conoscenze mediche e scientifiche adeguate, dalle condizioni igienico-sanitarie
arretrate: all’epoca non esistevano i servizi igienici e le fogne, perciò i liquami venivano raccolti in appositi
vasi e gettati in strada; qui si trovavano rifiuti di ogni generi e gli animali razzolavano liberi; la presenza di topi
e parassiti era talmente normale che per secoli nessuno pensò di associare ad essi la peste.
3. CRISI DEMOGRAFICA
La pestilenza ebbe conseguenze devastanti: in Europa ci furono 25 milioni di morti, circa un terzo dell’intera
popolazione. La mortalità era altissima soprattutto nelle città, dove c’erano la maggior parte della
popolazione e le condizioni igieniche peggiori.
4. PAURE, SUPERSTIZIONI E INTOLLERANZA
Oltre a provocare milioni di morti, la peste creò scompiglio nella società intera: poiché gli uomini del tempo
non conoscevano l’origine della peste, la interpretarono come un castigo divino e, per scaricare la propria
rabbia su qualcuno, incolparono lebbrosi ed Ebrei, accusati ingiustamente di avvelenare l’acqua delle fonti:
il motivo reale stava nel fatto che gli Ebrei erano considerati “diversi”; accusati di aver crocifisso Gesù, erano
malvisti perché praticavano l’usura, cioè il prestito del denaro a interesse, proibito ai Cristiani. Molte donne,
inoltre, furono perseguitate e processate come “streghe”: i processi alle streghe, di solito donne anziane che
vivevano di elemosine, si sarebbero atrocemente diffusi sempre di più, fino al XVII secolo.
La peste annullò l’autorità delle leggi e i legami famigliari: le famiglie abbandonavano i propri malati per la
paura del contagio, i morti nelle città venivano ammassati in fosse comuni.
Le peste, come le carestie, le guerre e la mancanza di medicine efficaci, alimentavano dunque il senso di
paura, di precarietà, nei confronti del futuro. Tutto il Medioevo fu un’età caratterizzata da paure di vario
genere.
5. RIVOLTE SOCIALI
La povertà e la fame inasprirono le lotte sociali. Vi furono numerose rivolte dei lavoratori, sia in campagna,
sia in città.
Nel 1358, in Francia, nelle campagne scoppiò la rivolta dei contadini, detta jacquerie (da “Jacques
Bonhomme”, il nomignolo che veniva dato al contadino francese, considerato “un po’ sciocco”): masse di
contadini incolti si avventarono contro castelli e case dei nobili, uccidendone i proprietari.
Nel 1378, a Firenze (dunque in città) scoppiò la rivolta dei “ciompi”, cioè i lavoratori salariati della lana: essi
non avevano la propria bottega, e per questo non facevano parte di nessuna Corporazione; i “ciompi”
chiedevano la possibilità di organizzarsi in Corporazioni e far parte del governo della città.
Le rivolte delle “jacqueries” e dei “ciompi” furono soffocate nel sangue.
IL DECLINO DELL’IMPERO E DEL PAPATO
La crisi del Trecento riguarda anche Impero e Chiesa: i DUE POTERI UNIVERSALI DEL MEDIOEVO
TRAMONTANO definitivamente e in politica SI AFFERMANO nuovi protagonisti, LE MONARCHIE NAZIONALI.
Il declino di Chiesa e Impero segna di fatto la fine del Medioevo. Superata la crisi del Trecento, si apre una
nuova fase, l’UMANESIMO, caratterizzata da una nuova visione della vita e dell’uomo.
LA CRISI DELL’IMPERO
Dopo il fallimento dei progetti del Barbarossa e di Federico II di Svevia, gli imperatori germanici riducono le
loro ambizioni e si limitano a regnare sulla sola Germania (non sull’Italia).
Abbiamo visto che dal 1273, dopo un periodo di lotte per la corona, si afferma una nuova dinastia, gli
Asburgo.
Nel 1356 Carlo VI d’Asburgo emana la BOLLA2 D’ORO, un documento con cui i potenti feudatari tedeschi
impongono nuove regole per l’elezione dell’imperatore, che doveva essere eletto da sette principi elettori:
la figura dell’imperatore perdeva importanza a vantaggio di alcune grandi famiglie germaniche, che volevano
utilizzare la corona per allargare i loro domini.
LA CRISI DELLA CHIESA
Il territorio del papa, ormai dai tempi della donazione di Sutri (728), è un vero e proprio Stato: il pontefice,
perciò, oltre ad avere il sommo potere spirituale in quanto capo della Chiesa, diventava un sovrano, aveva
cioè un potere temporale. Ecco perché nascevano contrasti tra il papa e gli altri regnanti.
Papa Bonifacio VIII (1294-1303) volle di nuovo affermare la superiorità del papa su qualsiasi altro potere,
ma i re europei lo ostacolano. Nel 1300 promuove il primo Giubileo della storia, attirando a Roma folle di
pellegrini: il Giubileo era un grande evento istituito per concedere ai fedeli che si fossero recati a Roma in
quell’anno il perdono dei peccati, ma Bonifacio VIII lo trasformò in una dimostrazione del prestigio e della
forza del potere papale.
Contro di lui si mette il re di Francia Filippo IV il Bello (1285-1314), perché non sopporta che il papa si
intrometta nelle questioni politiche. In particolare, obbliga gli ecclesiastici francesi a pagare le tasse al re
senza chiedere il consenso del papa, perché aveva bisogno di denaro per finanziare la guerra contro
l’Inghilterra. Il papa si oppone e nel 1302 emana la bolla UNAM SANCTAM, in cui ribadisce che il potere
spirituale supera quello temporale; Filippo risponde convocando per la prima volta gli Stati generali,
un’assemblea dei rappresentanti dei nobili, dell’alto clero (vescovi e abati) e del Terzo stato (il popolo, ma di
fatto la borghesia). In questa occasione il re si fa riconoscere dai propri sudditi il diritto a regnare e brucia
la bolla del papa.
Non è finita: Filippo ordina che il papa venga arrestato e manda i suoi uomini armati ad Anagni, cittadina
vicino a Roma dove il papa si era rifugiato, per prelevarlo e processarlo in Francia. Il papa fu catturato e si
dice che fu anche schiaffeggiato (lo “schiaffo di Anagni”); poco dopo, liberato dalla popolazione di Anagni,
morì, amareggiato e umiliato (1303).
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Documento emesso dal papa o dall’imperatore, con sigillo ufficiale.
Nel 1305 Filippo fece eleggere un papa francese, Clemente V, che dal 1309 trasferì la sede papale in Francia,
ad Avignone, dove rimase fino al 1377. Questo periodo, durato quasi 70 anni, fu detto CATTIVITÀ3
AVIGNONESE: durante la cattività avignonese si susseguirono solo papi francesi e il papato fu posto sotto il
controllo dei re francesi.
Nel 1377 papa Gregorio XI riportò la sede papale a Roma: ad Avignone i papi avevano vissuto nello sfarzo e
nella ricchezza, e si pensava che il ritorno a Roma del papa avrebbe permesso anche il rinnovamento morale
della Chiesa, liberata dalle influenze della Francia. I cardinali francesi, però, si opposero, e nel 1378 elessero
l’antipapa Clemente VII, che si stabilì ad Avignone.
Da quel momento, fino al 1417, ci furono due papi, uno a Roma e l’altro ad Avignone, il che provocò scandalo
tra i fedeli.
Per questo il periodo compreso tra il 1378 e il 1417 è passato alla storia come GRANDE SCISMA
D’OCCIDENTE. Il mondo cattolico era diviso: il papa di Roma era riconosciuto da Inghilterra, Impero e comuni
dell’Italia settentrionale; al papa di Avignone ubbidivano Francia, Spagna e Regno di Napoli. Era chiaro
tuttavia che la rottura tra Cattolici aveva motivi politici, più che religiosi, e si spiegava anche con la
contrapposizione tra le monarchie di Francia e Inghilterra e i loro sostenitori.
Nel 1417 il concilio di Costanza permise di risolvere lo scisma: venne eletto papa Martino V, che riuscì a
mettere d’accordo tutti. Lo scisma d’Occidente era finito, ma la Chiesa era più debole che mai.
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Prigionia, residenza obbligata.