Elettrostatica Indice dei contenuti: 1. Introduzione, legge di Coulomb 2. Campo elettrico 3. Condensatore elettrico 4. Comportamento elettrostatico dei corpi conduttori 5. Induzione elettrostatica e spostamento elettrico 6. Flusso del vettore spostamento elettrico, teorema di Gauss 7. Applicazioni del teorema di Gauss 8. Polarizzazione dei dielettrici, rigidità dielettrica 9. Costante dielettrica e rigidità dielettrica: tabella 10. Energia nel campo elettrico 11. Forze attrattive tra le armature di un condensatore carico 12. Campo elettrico nei corpi conduttori percorsi da corrente 13. Transitorio di carica e scarica nei condensatori 14. Esercizio 1 (campo elettrico e forza elettrica) 15. Esercizio 2 (condensatore con dielettrico a doppio strato) 16. Esercizio 3 (forza di attrazione tra le armature di un condensatore) 17. Esercizio 4 (forza elettrostatica sul dielettrico) 18. Esercizio 5 (reti di condensatori) 19. Esercizio 6 (circuito in c.c. con condensatori) Introduzione, legge di Coulomb Quanto esposto in questi appunti ha lo scopo di riassumere quelle conoscenze della elettrostatica già note dal corso di fisica del biennio e di proporre quelle integrazioni che più direttamente fanno riferimento alle applicazioni elettrotecniche. Nelle espressioni, le grandezze vettoriali sono indicate mediante sottolineatura. Con elettrostatica si intende la teoria che studia l'effetto di forza dovuto a cariche elettriche immobili. Si chiama carica elettrica la quantità di elettricità positiva o negativa di un corpo, essa è sempre un multiplo intero della carica elementare (quanto elementare) e = 1,602·10-19 [C] (la più piccola quantità di carica elettrica esistente è la carica dell'elettrone, pari a -e ). Una delle proprietà più importanti delle cariche elettriche è descritta dalla legge di Coulomb : la forza elettrica F di attrazione (cariche di segno opposto) o di repulsione (cariche di uguale segno) fra due cariche puntiformi Q1 e Q2 immerse in un mezzo isolante è proporzionale al prodotto delle cariche ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza : La direzione della forza è la retta passante per le due cariche. La grandezza è chiamata costante dielettrica assoluta delmezzo isolante e, per il vuoto, essa vale : 1 Per un mezzo diverso dal vuoto si è soliti esprimerla come prodotto tra la costante dielettrica del vuoto e la costante dielettrica relativa del mezzo = o · r . Campo elettrico E' così chiamata ogni regione dello spazio ove si esercitano forze elettriche su cariche elettriche. Il campo elettrico è determinato in ogni punto dalla grandezza vettoriale E , quindi è definito in ogni punto da una intensità, una direzione ed un verso. L'intensità, la direzione ed il verso sono pari a quelli della forza elettrica che agisce su un'unità di carica positiva posta in quel punto. Se ne ha una rappresentazione visibile mediante le linee di forza e le superfici equipotenziali. Le linee di forza sono linee orientate secondo il verso di E le cui tangenti coincidono in ogni punto del campo con la direzione del vettore E . Con potenziale di un punto del campo elettrico si intende il valore di energia potenziale che l'unità di carica positiva possiede in quel punto. Si sceglie a piacere un punto come punto zero dell'energia potenziale. I punti di eguale potenziale sono posti su superfici equipotenziali, tali superfici sono perpendicolari alle linee di forza. Una carica elettrica positiva può essere mossa su di una superficie equipotenziale senza perdita ne guadagno di energia, mentre per essere mossa da una superficie a minor potenziale verso una a maggior potenziale richiede un lavoro che, infine, si ritrova sotto forma di maggior energia potenziale posseduta dalla carica. Qualunque carica positiva collocata in un punto del campo elettrico tende a muoversi nel verso della linea di forza passante per quel punto, così facendo vede diminuire il proprio potenziale. Si definisce differenza di potenziale tra due punti M, N del campo elettrico la differenza tra il potenziale nel primo punto ed il potenziale nel secondo punto : VMN = VM - VN . Nota Bene.: quello di campo è un concetto fondamentale per la descrizione di stati ed effetti nello spazio, risalente a Faraday. I campi di forza (campi vettoriali), quali quelli di forza elettrica, di forza 2 magnetica, di forza gravitazionale, sono definiti dalla intensità, dalla direzione e dal verso di una forza per ogni punto dello spazio. I campi scalari indicano invece la distribuzione nello spazio di valori numerici, ad esempio di temperatura o densità. Se in un punto dello spazio caratterizzato da una intensità di campo elettrico pari ad E vi è una carica pari a Q, si avrà agente sulla carica una forza elettrica pari a F = E·Q , da cui si ricava che l'unità di misura del campo elettrico è il [N / C] . La direzione di questa forza è la stessa del campo, il verso è quello del campo se la carica è positiva, altrimenti è ad esso opposto. Il potenziale elettrico, essendo un'energia per unità di carica, si misura in [J/C]. Così è pure per la differenza di potenziale. Se in un punto di un campo elettrico ove il potenziale vale V è presente una carica Q , tale carica possederà una energia potenziale elettrica pari a W = Q·V [Joule]. Il [J/C] è chiamato volt [V]. Consideriamo ora un campo elettrico stazionario (cioè non variabile nel tempo) ed uniforme (cioè non variabile al variare del punto considerato). Prendiamo due punti M, N sulla stessa linea di forza, distanti tra di loro d , ed immaginiamo una carica positiva Q che passi dal punto M al punto N . Tale carica perderà energia potenziale e compirà un lavoro se VM > VN perché sarà la forza elettrica a determinarne lo spostamento, viceversa acquisterà energia potenziale e su di essa bisognerà compiere un lavoro se VM < VN perché si dovrà vincere la forza elettrica con una forza esterna. In ogni caso, per il principio di conservazione dell'energia, dovrà essere il lavoro uguale alla variazione di energia potenziale : F·d = Q·VM - Q·VN = Q·VMN E·Q·d = Q·VMN La situazione appena descritta è quella che si verifica nel dielettrico (isolante) posto tra le armature piane e parallele di un condensatore. Nel caso di campi elettrici non uniformi, quanto detto rimane ancora valido solo che si dovranno considerare punti M ed N a distanza tra di loro talmente piccola da potersi ritenere in tale tratto uniforme il campo. Per i campi elettrici si può inoltre dire che il lavoro connesso al movimento di una carica tra due punti M ed N (situati anche su diverse linee di forza) non dipende dal percorso seguito dalla carica per passare da M ad N , ma dipende solo dalla posizione dei punti M ed N ( i campi che godono di tale proprietà sono detti campi conservativi e tale è anche il campo gravitazionale). Condensatore elettrico 3 E' così chiamato il dispositivo atto a realizzare un adeguato valore concentrato di capacità elettrica. Per capacità elettrica si intende l'attitudine di un circuito ad accumulare carica elettrica. La capacità elettrica è definita dalla legge C = Q / V e si misura in [Farad]. Un condensatore si realizza generalmente mediante due superfici di materiale conduttore con interposto un mezzo dielettrico (isolante). Applicando una differenza di potenziale tra le armature si crea un campo elettrico nel dielettrico e, grazie al lavoro del generatore, un accumulo di carica sulle stesse (carica positiva sull'una e negativa sull'altra), tanto più grande quanto più è grande la capacità del condensatore. Una volta che il condensatore si è caricato, per i circuiti in corrente continua si ha che nel ramo ove è inserito il condensatore non può più passare la corrente elettrica. La capacità di un condensatore ad armature piane e parallele dipende dalla superficie delle armature S [m2], dalla loro distanza d [m] e dalla costante dielettrica del dielettrico interposto [F/m] secondo la seguente relazione: S d C S [F] d Se si hanno diversi condensatori in parallelo, ovvero sottoposti alla stessa differenza di potenziale, la capacità totale è pari alla somma aritmetica delle singole capacità: Se si hanno diversi condensatori in serie, ovvero tutti aventi la stessa quantità di carica elettrica, la capacità totale è pari all'inverso della somma aritmetica degli inversi delle singole capacità: 4 Anche per i condensatori sono possibili le trasformazioni triangolo – stella e viceversa così come per le resistenze. Le relazioni da usare sono le seguenti: B B CB CAB CBC A CA C CC A CCA C C A CB C AB C A C B CC C B CC CBC C A C B CC CC C A CCA C C C A B C C AB CBC CBC CCA CCA C AB C A CBC C AB CBC CBC CCA CCA C AB CB CCA C AB CBC CBC CCA CCA C AB CC C AB Si mota che le espressioni relative alla trasformazione da triangolo a stella per le capacità risulta formalmente simile alla trasformazione da stella a triangolo per le resistenze e viceversa. Nel caso si abbia un condensatore con il dielettrico costituito da n strati accostati tra di loro e aderenti alle armature, il tutto si considera come la serie di n condensatori ciascuno dei quali corrispondente ad uno strato. Nel caso ad esempio di un condensatore ad armature piane e parallele avente il dielettrico in doppio strato con spessore costante per ciascun strato avremo: 1 2 S S 1 S d1 d1 2 d2 d2 Comportamento elettrostatico dei corpi conduttori 5 Nei corpi conduttori elettrizzati (cioè che abbiano acquisito carica elettrica, ad esempio sotto forma di elettroni se si tratta di metalli) si verifica quanto segue : a) in condizione di equilibrio le cariche elettriche libere sono distribuite unicamente sulla superficie esterna del corpo conduttore perché, data la mobilità delle cariche elettriche libere, le interazioni coulombiane che si esercitano tra di esse, essendo le cariche libere tutte dello stesso segno, portano tutte le cariche a raggiungere la superficie limite del corpo conduttore. b) le cariche elettriche libere in equilibrio sulla superficie del conduttore devono assumere una distribuzione tale che il potenziale di ciascun punto P1 , P2 , P3 , ecc. rispetto ad un riferimento O sia sempre lo stesso, ovvero VP1 = VP2 = VP3 = ecc. Si dice così che la superficie è equipotenziale. Se fosse diversamente avremmo tra due punti, ad esempio P1 e P2 , una differenza di potenziale che provocherebbe uno spostamento degli elettroni liberi verso il punto a potenziale maggiore, contraddicendo così la condizione di equilibrio statico. c) le cariche elettriche libere in equilibrio sulla superficie dei conduttori producono un campo elettrico E sempre perpendicolare alla superficie stessa del conduttore, se così non fosse si avrebbe, oltre alla componente normale En , una componente tangenziale Et a causa della quale una carica elettrica libera superficiale Q si muoverebbe essendo sotto l'azione di una forza elettrica Ft = Et·Q la qual cosa contraddice la condizione di equilibrio statico. d) il campo elettrico all'interno di un corpo conduttore in equilibrio statico è sempre nullo in quanto, se fosse diverso da zero, gli elettroni liberi sarebbero in movimento la qual cosa contraddice la condizione di equilibrio statico. Ne risulta in particolare che l'equilibrio elettrico di un conduttore elettrizzato non viene alterato se si immagina di scavare internamente il conduttore stesso fino a ridurlo ad un involucro, anche sottilissimo, costituito da una pellicola metallica corrispondente alla superficie esterna. Nei fenomeni elettrostatici, quindi, il comportamento di un conduttore massiccio non differisce da quello di un conduttore internamente cavo avente eguale forma e dimensioni. 6 Nell'interno di questi conduttori cavi (praticamente sono degli involucri metallici) il campo elettrico rimane sempre nullo , qualunque sia la carica elettrica distribuita sulla superficie esterna, e cioè qualunque sia l'intensità del campo elettrico nello spazio esterno al conduttore cavo. Si intende che, se nell'interno dell'involucro sono racchiusi dei conduttori isolati dalle pareti del l'involucro ed elettrizzati, questi vi producono un campo elettrico il quale rimane del tutto indipendente da tutte le eventuali cariche elettriche situate all'esterno. Si può dire che un involucro metallico completamente chiuso costituisce uno schermo elettrostatico che protegge l'intera regione interna dalle azioni di tutti i campi elettrici esterni (schermo di Faraday). Induzione elettrostatica e spostamento elettrico Per induzione elettrostatica si intende l'azione di un campo elettrico esterno su un conduttore isolato. Le cariche elettriche alla superficie vengono separate dalle forze di Coulomb. Poiché il bilancio di carica del conduttore non è alterato dall'induzione, il conduttore resta nel complesso elettricamente neutro. Con spostamento dielettrico (eccitazione dielettrica) si intende il vettore D = ·E , esso corrisponde alla carica prodotta nell'unità di superficie per induzione elettrostatica e si misura in [C / m2] . Flusso del vettore spostamento elettrico, teorema di Gauss Si consideri una superficie di area S immersa in un campo elettrico uniforme (cioè costante in tutti i punti e perciò con le linee di forza rettilinee e parallele), per il quale il vettore spostamento elettrico sia D . Si definisce flusso del vettore spostamento elettrico attraverso la superficie S la grandezza scalare : S(D) = D·S·cos() [C] 7 Il flusso viene considerato positivo se il campo elettrico è orientato concordemente col versore N (vettore adimensionale unitario ortogonale alla superficie) diversamente esso è considerato negativo. Il teorema di Gauss afferma che il flusso totale del vettore spostamento attraverso una superficie chiusa qualsiasi SC(D) è uguale alla somma algebrica delle cariche elettriche QSC racchiuse all'interno della superficie considerata : Il flusso, per quanto precedentemente detto, sarà uscente dalla superficie chiusa se la carica racchiusa è positiva, altrimenti sarà entrante nella superficie. Applicazioni del teorema di Gauss a) Campo elettrico originato da una carica puntiforme. Consideriamo una carica puntiforme positiva Q ed un punto P distante d dalla carica. Consideriamo la superficie chiusa sferica S avente la carica al suo centro. Si può affermare che il vettore spostamento elettrico D è sempre ortogonale alla superficie e costante per qualunque punto sulla superficie (quindi = 0 e cos() = 1 ). Il flusso del vettore spostamento elettrico attraverso la superficie varrà quindi : S(D) = D·S·cos() = D·4··d2 [C] Applicando il teorema di Gauss sarà D·4··d2 = Q. Ricordando che in ogni punto del campo elettrico è D = ·E , sostituendo si avrà : che è quanto cercato. b) Capacità di un condensatore con armature piane e parallele. 8 Consideriamo l'armatura carica positivamente Q ed applichiamo il teorema di Gauss alla superficie chiusa SC che racchiude tale armatura. Siccome il campo elettrico è praticamente nullo esternamente allo spazio racchiuso tra le armature, è costante e normale alla superficie internamente alle armature, possiamo limitarci a considerare la sola parte della superficie chiusa SC coincidente con la superficie interna S dell'armatura stessa e scrivere : SC(D) = S(D) = D·S = ·E·S = Q [C] Ricordando che il campo elettrico uniforme tra le armature distanti d del condensatore è legato alla tensione V applicata tra le armature stesse dalla relazione E = V / d , sostituendo nella espressione precedente e risolvendo rispetto alla Q si ottiene infine : dove, per omogeneità dimensionale deve essere : la capacità del condensatore. Polarizzazione dei dielettrici, rigidità dielettrica Si chiama polarizzazione la costituzione e l'orientamento dei dipoli elettrici (coppia di cariche puntiformi di segno opposto ed eguale valore fra loro vincolate in modo da mantenere costante la distanza che le separa) nei mezzi dielettrici a causa della presenza di un campo elettrico non nullo. I meccanismi della polarizzazione sono molteplici, in generale si può dire che alla base vi sono le forze elettriche, il più semplice da comprendere è riassunto nel seguente disegno : La quantità di elettricità che, per effetto della polarizzazione, si sposta per unità di superficie è ancora determinata dallo spostamento elettrico così che, in un condensatore, a parità di superficie, la quantità di carica elettrica che per induzione si raccoglie sulle armature è uguale alla quantità di carica elettrica che nel dielettrico si sposta per polarizzazione. Ovviamente, aumentando l'intensità di campo elettrico aumentano le forze elettriche che agiscono sui due poli del dipolo così che si potrà arrivare alla rottura del legame che tiene unito il dipolo elettrico : si definisce rigidità dielettrica di un materiale isolante il massimo valore di campo 9 elettrico che in esso può essere presente senza che avvenga la rottura dei dipoli elettrici e la conseguente scarica distruttiva. Tale valore dipende fortemente dalle condizioni ambientali del dielettrico (temperatura, pressione, presenza di umidità o di impurità, ecc.). Per sicurezza, le condizioni di impiego dei materiali isolanti devono essere tali per cui il campo elettrico al loro interno sia molto inferiore alla loro rigidità dielettrica. Un fenomeno direttamente legato alla rigidità dielettrica dell'aria ( 3 [kV / mm] per l'aria secca e pura) è l'effetto corona che si manifesta nelle linee aeree messe in tensione. Accade infatti, in presenza di forte umidità, che la rigidità dielettrica dell'aria possa scendere al di sotto del valore di campo elettrico nell'intorno della superficie del conduttore così che si verificano scariche distruttive avvertibili sotto forma di sfrigolio e luminescenza. Costante dielettrica e rigidità dielettrica: tabella La tabella sottostante riporta le più importanti caratteristiche dielettriche di alcuni materiali isolanti. Costante dielettrica assoluta del vuoto o = 8,854·10-12 [F/m] Mezzo dielettrico Costante dielettrica Rigidità dielettrica relativa [kV/mm] Aria secca (alla pressione di 1 [bar]) 1,0006 3 Acqua pura 81,07 15 Olio minerale 2,2 2,5 7,5 16 Olio per trasformatori 2 2,5 12 17 Bachelite 10 5,5 8,5 Carta comune 2 6 Carta paraffinata 2,5 4 40 50 Carta da condensatori 30 5 5,5 Gomma 2,2 2,5 15 40 Mica 68 50 100 Polietilene 2,3 50 Porcellana 47 12 30 Vetro 68 25 100 Ossido di titanio 5 90 170 Titanati di Ba-Sr 5 1000 10000 Energia nel campo elettrico 10 Considerando il condensatore inizialmente scarico, a partire dall'istante nel quale si chiude l'interruttore M si ha che il generatore inizia a spostare la carica elettrica, convenzionalmente quella positiva, dall'armatura di destra verso quella di sinistra ovvero si originerà una corrente elettrica. Così facendo il generatore compie un lavoro, e per una quantità di carica pari a dq si avrà un lavoro pari a dW = dq·v rappresentato dall'area tratteggiata. A carica del condensatore esaurita, la tensione ai suoi capi varrà V = E , la carica accumulata varrà Q = C·V ed il lavoro complessivamente compiuto dal generatore sarà pari all'area del triangolo (0 Q N) ovvero : Per il principio di conservazione dell'energia, non essendovi alcuna dissipazione, tutto il lavoro compiuto dal generatore per caricare il condensatore verrà a ritrovarsi sotto forma di energia elettrostatica nel dielettrico compreso tra le armature del condensatore che, in effetti, sarà polarizzato. Distaccando, una volta caricato, il condensatore dal generatore accade che l'energia elettrostatica rimane immagazzinata nel dielettrico. Infatti, se si collega il condensatore caricato ad una resistenza esterna si avrà una circolazione di corrente di verso contrario a quello di carica che produrrà una dissipazione per effetto Joule nella resistenza esterna e tale corrente persisterà, seppure con intensità decrescente, fino a quando il condensatore non sarà del tutto scaricato. Supponendo il dielettrico omogeneo ( ovvero = costante ) ed il campo elettrico uniforme, cosa accettabile nel caso del condensatore, possiamo facilmente esprimere l'energia elettrostatica specifica: la cui unità di misura è [Joule / m3] e dove si è applicato il teorema di Gauss e la definizione di intensità di campo elettrico. 11 Forze attrattive tra le armature di un condensatore carico Facciamo riferimento ad un condensatore carico ed isolato, ovvero non collegato ad un circuito esterno . Indichiamo con d la distanza tra le sue armature, con S la superficie, con Q la carica, con V la differenza di potenziale e con la costante dielettrica. Lasciata libera, l'armatura di destra tenderà a muoversi verso sinistra perché attratta dalla forza elettrica F dovuta alla carica di segno opposto distribuita sulle armature. Per non contraddire le condizioni di staticità del sistema, immaginiamo che a causa della forza F l'armatura compia uno spostamento infinitamente piccolo dx. Tale spostamento per poter avvenire necessita di un lavoro che, considerando il sistema isolato, può solo provenire dall'energia elettrostatica posseduta nel dielettrico del condensatore. In conseguenza dello spostamento dx possiamo dire che la carica delle armature non può essere cambiata essendo il condensatore isolato, la capacità del condensatore sarà aumentata di una quantità infinitesima a causa della diminuzione dx della distanza d tra le armature, la differenza di potenziale tra le armature, essendo inversamente proporzionale alla capacità, sarà diminuita di una quantità infinitesima, lo spostamento elettrico (e quindi il campo elettrico) sarà rimasto invariato essendo invariate sia Q che S, l'energia elettrostatica specifica sarà rimasta invariata essendo invariati sia il campo che lo spostamento elettrico. Il lavoro compiuto attraverso lo spostamento dx dell'armatura vale dL = F·dx , mentre la variazione (diminuzione) dell'energia elettrostatica vale dW = Ws·S·dx . Per il principio di conservazione dell'energia dovrà essere dL = dW e quindi: Allo stesso risultato si perviene considerando il condensatore collegato ad un generatore. Campo elettrico nei corpi conduttori percorsi da corrente 12 Prendiamo in considerazione un tratto M N di conduttore omogeneo di resistività elettrica , avente lunghezza d e sezione S . Sia questo conduttore percorso da una corrente elettrica costante I nel verso che va da M a N . Potremo scrivere che la tensione tra i punti M ed N vale, per la legge di Ohm : e che il campo elettrico E al suo interno è legato alla tensione fra le sezioni M ed N dalla relazione VMN = E·d . Eguagliando le due espressioni si ottiene : La grandezza J = I / S [A /m2] è chiamata densità di corrente elettrica. In termini vettoriali si potrà infine scrivere E = ·J . Nota bene: quanto esposto esula dall'elettrostatica in quanto viene fatto riferimento a cariche elettriche in movimento. Nota bene: quanto detto completa la descrizione degli effetti che il campo elettrico produce nei mezzi dielettrici e nei mezzi conduttori. All’interno dei dielettrici il campo determina la polarizzazione con conseguente formazione di dipoli mentre per i corpi conduttori isolati (cioè circondati da un mezzo dielettrico) il campo elettrico esterno determina l’induzione elettrostatica sulla loro superficie (con conseguente separazione della carica, mentre all’interno del corpo il campo è nullo). Entrambi i fenomeni seguono la legge per la quale lo spostamento elettrico che si produce è pari al prodotto della costante dielettrica del dielettrico per il campo elettrico. Invece nel caso di campo elettrico interno ad un mezzo conduttore facente parte di un circuito il campo stesso agisce con forze sulle cariche interne del conduttore che sono libere di muoversi determinando così una corrente elettrica. Non siamo più in condizioni elettrostatiche bensì in condizioni elettrodinamiche e la legge che regola tale fenomeno dice che il campo elettrico nel conduttore è pari al prodotto della resistività elettrica del mezzo conduttore per la densità di corrente elettrica. Transitorio di carica e scarica nei condensatori 13 Prendiamo in considerazione le leggi di variazione nel tempo della corrente nel circuito i(t) e della tensione v(t) ai capi del condensatore durante la fase di carica dello stesso. Assumiamo che il condensatore sia inizialmente scarico v(0-) = 0 , ovvero sia inizialmente nulla la carica accumulata sulle sue armature (condizioni iniziali nulle). Individuiamo come istante iniziale t = 0 [s] quello coincidente con la chiusura dell'interruttore K . A partire da tale istante iniziale si avrà un graduale aumento della tensione ai capi del condensatore che raggiungerà il valore definitivo Vo solo dopo un tempo infinito. In realtà si potrà ritenere esaurita la fase di carica quando la tensione ai capi del condensatore avrà superato il 99% del valore finale Vo (valore a regime). Tale intervallo di tempo, durante il quale variano sia la tensione ai capi del condensatore che la corrente nel circuito, viene detto transitorio elettrico ed è presente in qualsiasi circuito che contenga dispositivi capaci di immagazzinare energia (condensatori ed induttori) ogniqualvolta vari una delle grandezze (tensione o corrente) applicate al circuito. Infatti, nel corso della carica del condensatore, l'energia immagazzinata nel suo campo elettrico richiede tempo per passare da zero al valore finale. Se così non fosse, ovvero se la carica si realizzasse istantaneamente, si dovrebbe presumere di avere a che fare con un generatore di potenza infinita la qual cosa è un assurdo fisico. Per ciascun circuito elettrico si può individuare una grandezza caratteristica chiamata costante di tempo che serve a valutare la durata del transitorio. Infatti si può dimostrare che il transitorio ha una durata pari a circa 5· . La legge di variazione sia della tensione ai capi del condensatore che della corrente nel circuito è di tipo esponenziale. Vediamo di riassumere le più importanti proprietà. 14 A sinistra sono mostrate le leggi che regolano la carica, a destra quelle della scarica. Al flusso ordinato di carica elettrica costituente la corrente di carica (scarica) corrisponde uno spostamento elettrico di carica nel dielettrico compreso tra le armature del condensatore che si polarizza (depolarizza). Al lavoro compiuto dal generatore corrisponde, a meno della potenza elettrica dissipata nelle resistenze, l'energia accumulata nel dielettrico del condensatore; tale energia è totalmente dissipata nelle resistenze durante la scarica. 15 Si ricorda che la lettera e che compare nella espressione esponenziale è la base dei logaritmi naturali, ovvero il numero 2,718... In qualsiasi processo regolato da una legge esponenziale, la costante di tempo rappresenta il tempo necessario al completamento del processo nel caso in cui lo stesso avvenga ad una velocità costante e pari a quella dell'istante iniziale. Detto in altre parole, la tangente nell'origine alla curva esponenziale interseca l'orizzontale di ordinata pari al valore a regime in corrispondenza dell'ascissa pari alla costante di tempo. Esercizio 1 (campo elettrico e forza elettrica) Si abbia un sistema isolato costituito da due piastre metalliche piane e parallele poste alla distanza d=7 [cm] l’una dall’altra. La piastra A abbia potenziale elettrico VA=2000 [V] e la piastra B potenziale VB=500 [V]. Si consideri inizialmente presente sulla piastra B un elettrone e libero di muoversi. Il dielettrico interposto tra le piastre sia il vuoto: V=0 [V] VA=2000 [V] VB=500 [V] E A B Fe, ve, ae e VAB d=7 [cm] Ci proponiamo di studiare il moto dell’elettrone che per effetto della forza elettrica su di esso agente si sposterà dall’armatura B all’armatura A (in tutte le considerazioni che seguono trascuriamo i fenomeni relativistici e quindi supponiamo costante ed indipendente dalla velocità la massa dell’elettrone, cosa non vera se la velocità è, come si vedrà nel nostro caso, una frazione significativa della velocità della luce che vale circa 3·108 [m/s]). 1) determinare la forza che agisce sull’elettrone. Allo scopo si deve considerare che il campo elettrico presente tra le armature ha lo stesso valore in tutti i punti. Le linee di forza sono rette parallele, orientate dall’armatura a potenziale più alto verso l’armatura a potenziale più basso. L’intensità del campo vale in ogni punto: 16 VAB VA VB 2000 500 21,43 103 [V/m] 2 d d 7 10 Considerando la carica dell’elettrone, la forza elettrica che su di esso agisce vale in ogni punto: E Q e 1,602 10 19 [C] Fe E Q e 21,43 10 3 1,602 10 19 3,433 10 15 [N] Essendo la carica dell’elettrone una carica negativa, la forza elettrica che su di esso agisce avrà verso opposto a quello del campo. 2) determinare l’accelerazione impressa all’elettrone. Conoscendo la massa dell’elettrone risulta immediato calcolare la sua accelerazione: me 9,11 10 31 Fe 3,433 1015 [kg] ae 3,768 1015 [m/s 2 ] 31 me 9,11 10 3) determinare il tempo che l’elettrone impiega a raggiungere l’armatura positiva. Il moto dell’elettrone è del tipo uniformemente accelerato con velocità iniziale zero: d 1 2d 2 7 10 2 ae t 2 t 6,095 109 [s] 15 2 ae 3,768 10 4) determinare la velocità con la quale l’elettrone impatta sull’armatura A: Il moto dell’elettrone è del tipo uniformemente accelerato con velocità iniziale zero: vef ae t 3,768 1015 6,095 109 2,297 107 [m/s] Osservazione. Si poteva pervenire allo stesso risultato attraverso il principio di conservazione dell’energia. L’energia elettrica potenziale inizialmente posseduta dall’elettrone quando ancora si trova sull’armatura B rispetto all’armatura A vale: WBA Q e (VB VA ) 1,602 10 19 (500 2000) 2,403 10 16 [J] l’energia cinetica che la massa dell’elettrone accumula nel processo di accelerazione da zero [m/s] fino alla velocità vef dovrà, per il principio di conservazione dell’energia, essere uguale all’energia WBA: 1 1 m e v ef 2 WBA 9,11 10 31 v ef 2 2,403 10 16 v fe 2,297 10 7 [m/s] 2 2 Esercizio 2 (condensatore con dielettrico a doppio strato) Un condensatore ad armature piane e parallele di area S=500 [cm2] ha il dielettrico costituito da due strati accostati tra loro e aderenti alle armature. Il primo dielettrico è mica con spessore 3 [mm] ed il secondo dielettrico è aria secca con spessore 1,5 [mm]. Al condensatore è applicata una tensione pari a 4 [kV]. 17 1 2 D S E1 E2 d1 d2 V1 V2 V 1) determinare la capacità del condensatore. Considerando che il condensatore va visto come se si trattasse di due condensatori posti in serie e tenendo conto della costante dielettrica dei dielettrici impiegati, si ha: 1 r1 0 7 8,854 10 12 6,198 10 11 [F/m] 2 r 2 0 1 8,854 10 12 8,854 10 12 [F/m] S 500 10 4 9 6,198 10 11 1 , 033 10 [F] 1 d1 3 10 3 2,295 10 10 [F] C 4 1 1 S 500 10 C2 2 8,854 10 12 2,951 10 10 [F] 3 C C2 d2 1 1,5 10 C1 1 2) determinare la carica elettrica accumulata sulle armature del condensatore. Allo scopo basta applicare la legge del condensatore: Q C V 2,295 10 10 4000 9,181 10 7 [C] L’armatura che si trova a potenziale elettrico maggiore si caricherà positivamente, l’altra negativamente. 3) determinare lo spostamento elettrico nei due dielettrici. Lo spostamento elettrico nei due dielettrici è lo stesso ed è uguale alla densità di carica elettrica sulle armature ovvero alla quantità di carica elettrica che si raccoglie per unità di superficie sulle armature: D Q 9,181 10 7 1,836 10 5 [C/m 2 ] 4 S 500 10 4) determinare l’intensità del campo elettrico nei due dielettrici e verificare che sia compatibile con la rigidità dielettrica degli stessi. Allo scopo si può utilizzare la relazione che lega il campo elettrico allo spostamento elettrico: D 1 E1 E1 D 1,836 10 5 2,962 10 5 [V/m] E1 0,2962 [kV/mm] ε 1 6,198 10 11 D 2 E2 E2 D 1,836 10 5 2,074 10 6 [V/m] E 2 2,074 [kV/mm] ε 2 8,854 10 12 18 Si osserva che in entrambi i dielettrici il campo elettrico è inferiore alla rigidità dielettrica, quindi i dielettrici possono sopportare tale campo senza che si verifichi la scarica distruttiva. 5) determinare la tensione applicata a ciascuno strato. Si ricorre alla relazione che lega il campo elettrico alla tensione: V1 E1 d1 2,962 105 3 103 888,6 [V] V2 E 2 d 2 2,074 106 1,5 10 3 3111 [V] Si osserva che il secondo strato, pur avendo uno spessore pari alla metà del primo, sopporta una tensione maggiore in quanto ha una costante dielettrica molto più piccola. Infatti, dati due diversi dielettrici di eguale spessore, per produrre in entrambi lo stesso spostamento elettrico bisogna usare una tensione più grande per il dielettrico avente più piccola costante dielettrica (la costante dielettrica viene anche chiamata permettività elettrica). Ovviamente, la somma di V1 e V2 è pari, a meno degli errori di approssimazione, alla tensione V. 6) determinare l’energia elettrostatica immagazzinata in ciascun dielettrico. Usando l’espressione per il calcolo dell’energia nel condensatore si ha: 1 1 W1 Q V1 9,181 10 7 888,6 4,079 10 4 [J] 2 2 1 1 W2 Q V2 9,181 10 7 3111 1,428 10 3 [J] 2 2 L’energia complessiva sarà data dalla somma delle due e potrà essere verificata con l’espressione per il calcolo dell’energia del condensatore: W W1 W2 1,836 103 [J] 1 1 C V 2 2,295 1010 40002 1,836 10 3 [J] 2 2 L’energia accumulata nei singoli dielettrici si può trovare anche ricorrendo all’energia specifica ed al volume dei dielettrici: 1 1 WS1 D E1 1,836 10 5 2,962 105 2,719 [J/m 3 ] 2 2 1 1 WS 2 D E 2 1,836 10 5 2,074 106 19,04 [J/m 3 ] 2 2 W W1 WS1 (S d1 ) 2,719 (500 10 4 3 10 3 ) 4,079 10 4 [J] W2 WS 2 (S d 2 ) 19,04 (500 10 4 1,5 10 3 ) 1,428 10 3 [J] Esercizio 3 (forza di attrazione tra le armature di un condensatore) Si abbia un condensatore ad armature piane e parallele, carico alla tensione di VAB=600 [V] ed isolato. Il dielettrico sia aria secca con costante dielettrica relativa unitaria, le armature abbiano superficie S=1500 [cm2] e siano distanti d=5 [mm]. 19 Q Q A B E F F VAB d Q Q B A F’ E F F’ F VAB’ x d d’ 1) determinare la forza di attrazione che si esercita tra le armature. Questa forza è pari al prodotto dell’energia specifica del dielettrico per la superficie delle armature, quindi per determinarla serve conoscere il campo elettrico nel dielettrico: V 600 E AB 120 103 [V/m] 3 d 5 10 1 1 1 F WS S D E S 0 E2 S 8,854 1012 (120 103 )2 1500 104 9,562 10 3 [N] 2 2 2 2) determinare il lavoro che bisogna compiere per allontanare le armature parallelamente tra di loro di 3 [mm]. 20 Visto che le armature sono soggette ad una forza di attrazione, è evidente che per allontanarle bisogna compiere un lavoro. Allontanando le armature ed essendo il condensatore isolato si avrà che la quantità di carica elettrica Q presente sulle armature dovrà rimanere costante. Invece la capacità del condensatore diminuirà essendo essa inversamente proporzionale alla distanza. Per la legge del condensatore, essendo la quantità di carica elettrica pari al prodotto della tensione per la capacità, dovrà aumentare la tensione in misura proporzionale alla distanza affinché rimanga costante la carica . In definitiva, siccome la distanza e la tensione aumentano nella stessa misura, rimarrà costante il campo elettrico nel dielettrico e quindi rimarrà costante la forza di attrazione tra le armature. A causa di tutto ciò, per allontanare le armature bisognerà applicare una forza F’ uguale e contraria a F ed il lavoro W che bisognerà spendere sarà pari al prodotto di detta forza per la distanza d della quale si allontanano le armature: W F'd 9,562 103 3 103 28,69 106 [J] Osservazione: per il principio di conservazione dell’energia, il lavoro speso per allontanare le armature si ritroverà sotto forma di energia potenziale del campo elettrico tra le armature del condensatore. Tale energia aumenterà infatti da W a W’: C S 1500 10 4 8,854 10 12 2,656 10 10 [F] 3 d 5 10 Q C VAB 2,656 10 10 600 1,594 10 7 [Q] VAB ' E d' 120 10 3 (5 3) 10 3 960 [V] 1 1 Q VAB 1,594 10 7 600 4,781 10 5 [J] 6 2 2 W W' W 28,70 10 [J] 1 1 W' Q VAB ' 1,594 10 7 960 7,651 10 5 [J] 2 2 Esercizio 4 (forza elettrostatica sul dielettrico) W Il campo elettrico esercita forze elettrostatiche sia sui corpi conduttori che sui corpi isolanti (dielettrici) che esso investe. L’entità ed il verso di tali forze seguono un principio generale comune a qualunque sistema fisico dotato di energia potenziale. Secondo tale principio il sistema tende a deformarsi spontaneamente in modo tale da provocare la massima trasformazione di energia potenziale in lavoro meccanico. Nel caso specifico le forze elettrostatiche che agiscono sui corpi conduttori o dielettrici soggetti all’azione di un campo elettrico tendono a produrre deformazioni tali da provocare un aumento della capacità elettrica del sistema in quanto, se il sistema è isolato, a parità di carica elettrica l’energia potenziale accumulata nel campo diminuisce se la capacità aumenta. Ecco allora spiegato perché tra le armature di un condensatore carico agiscono forze attrattive che, se le armature fossero libere di muoversi, determinerebbero il loro avvicinarsi e quindi l’aumento della capacità con conseguente trasformazione dell’energia potenziale del campo elettrico in lavoro meccanico di spostamento delle armature. Se invece le armature sono impedite di muoversi e si avvicina un corpo dielettrico (avente costante dielettrica maggiore di quella del mezzo nel quale il campo si sviluppa) fino a farlo investire dal campo elettrico accade che sul corpo dielettrico agisce una forza elettrostatica tale da risucchiarlo all’interno del campo tra le armature facendo assumere al corpo una posizione finale che corrisponde a quella di massima capacità elettrica del condensatore; anche in questo caso si avrebbe la trasformazione di parte dell’energia potenziale del campo elettrico in lavoro meccanico sul corpo dielettrico risucchiato. Infine, se avvicino un corpo conduttore ad un condensatore fino a farlo lambire dal campo elettrico presente tra le armature accade ancora che il corpo conduttore viene 21 risucchiato all’interno del campo ed assume la posizione finale per la quale diventa massima la capacità del condensatore con conseguente trasformazione di parte dell’energia potenziale del campo elettrico in lavoro meccanico. Le considerazioni sopra fatte valgono sempre, anche nel caso di sistema non isolato, nel qual caso le trasformazioni energetiche dovranno avvenire rispettando i vincoli imposti dall’esterno. A titolo di esempio consideriamo un condensatore avente le armature rettangolari di lati a=50 [cm] e b=70 [cm], poste alla distanza d=4 [mm], il dielettrico sia aria secca. Fra le armature sia applicata e mantenuta costante mediante un generatore elettrico la tensione V=2000 [V]. V d + Q b b-x 0 -Q F x r 1) determinare la forza F con la quale è risucchiata tra le armature una lastra di mica (costante dielettrica relativa r=7) di ampiezza uguale ad a e spessore uguale a d e parzialmente immersa nel campo tra le armature. Rispetto alla trattazione iniziale bisogna tenere conto del fatto che il condensatore non costituisce un sistema isolato in quanto è collegato ad un generatore elettrico che vincola al valore costante V=2000 [V] la tensione tra le armature. Il condensatore si può immaginare come se fosse costituito da due condensatori tra di loro in parallelo, il primo di capacità C1 avente come dielettrico l’aria secca ed il secondo di capacità C2 avente come dielettrico la mica. La capacità complessiva per un generico valore x di penetrazione si può quindi esprimere come la somma delle due capacità: a (b x ) C1 0 a (b x ) ax d C C1 C2 0 0 r a x d d C2 0 r d 22 0 a b ( 0 r a 0 a) x d d Si osserva come la capacità del condensatore tenda ad aumentare all’aumentare della penetrazione x, il primo termine della sommatoria non dipende dalla penetrazione e rappresenta ovviamente la capacità del condensatore quando la penetrazione è ancora nulla. Rispetto alla generica situazione di penetrazione x consideriamo ora cosa succede al sistema in conseguenza di una ulteriore penetrazione di valore x. La capacità subirà una variazione che evidentemente sarà pari a: ( a 0 a) x C 0 r d Essendo costante la tensione applicata al condensatore (perché vincolata dalla presenza del generatore elettrico), l’aumento di capacità comporterà un aumento della quantità di carica elettrica sulle armature Q ed un aumento dell’energia elettrica del campo WE secondo le espressioni: Q V C C WE 1 2 V C 2 Naturalmente, considerando la maggiore quantità di carica elettrica Q separata ai suoi poli, il generatore sarà chiamato ad erogare una maggiore quantità di energia elettrica WG, nella misura: WG V Q Per il principio di conservazione dell’energia la maggior quantità di energia erogata dal generatore WG dovrà corrispondere alla sommatoria della maggior energia elettrica del campo WE e del lavoro meccanico WF compiuto dalla forza F che il campo elettrico esercita sulla lastra di mica: WG WE WF dove: WF F x Risolvendo rispetto F e sostituendo a WE e WG le rispettive espressioni si ottiene infine: 1 2 1 2 WG WE V Q 2 V C V ( V C) 2 V C F x x x ( a 0 a ) x 1 2 ( 0 r a 0 a ) x V2 0 r V ( a 0 a) 1 d 2 d V2 0 r x 2 d Si osserva che la forza F non dipende dal valore x della penetrazione, in altri termini essa rimane costante qualsiasi sia il valore di x ovvero la lastra di mica sarà risucchiata tra le armature da una forza costante. La forza si annullerà solo quando la lastra di mica avrà occupato interamente lo spazio tra le armature in quanto a tale posizione corrisponde la massima capacità elettrica del condensatore. Sostituendo nell’espressione alle varie grandezze i rispettivi valori si può calcolare l’intensità della forza: 12 1 2 ( 0 r a 0 a) 1 7 50 10 2 8,854 10 12 50 10 2 ) 2 ( 8,854 10 F V 2000 2 d 2 4 10 3 13,28 10 3 [N] 2) determinare di quanto aumenta l’energia elettrostatica WE immagazzinata dal dielettrico del condensatore in seguito alla penetrazione completa della lastra di mica tra le armature e l’energia WG fornita al sistema da parte del generatore di alimentazione. 23 Considerando che in tal caso x=b, basta calcolare in sequenza: C ( 0 r a 0 a) b (8,854 10 12 7 50 10 2 8,854 10 12 50 10 2 ) 70 10 2 d 4 10 3 4,648 10 9 [F] 1 1 WE V 2 C 2000 2 4,648 10 9 9,297 10 3 [J] 2 2 Q V C 2000 4,648 10 9 9,296 10 6 [C] WG V Q 2000 9,296 10 6 18,59 10 3 [J] Si osserva che WG è il doppio di WE ovvero l’energia fornita dal generatore per metà va ad incrementare l’energia di polarizzazione del dielettrico e per metà si trasforma in lavoro meccanico di spostamento della lastra. Esercizio 5 (reti di condensatori) Data la seguente rete di condensatori: C3 C4 D C5 A E B C1 C1 = 6 [F] C2 = 2 [F] C3 = 2 [F] C4 = 4 [F] C5 = 3 [F] VAE = 2000 [V] C2 VAE + - 1) determinare la carica totale assorbita dalla rete di condensatori. Allo scopo bisogna ridurre il gruppo di capacità ad un’unica capacità equivalente tra i nodi A ed E applicando le semplificazioni dei condensatori in serie o in parallelo e, se necessario, le trasformazioni stella-triangolo. Nel nostro caso non ci sono condensatori in serie o in parallelo, quindi bisogna procedere con una trasformazione. Ad esempio si può trasformare il triangolo C1, C3, C5 in una stella: CD O CA D VDB C4 VDE VBE (*) CB A E B C2 VAE + 24 In seguito alla trasformazione compare il nuovo nodo O centro della stella cui fanno capo le tre capacità della stella i cui valori si determinano con le note relazioni: C C C3 C5 C5 C1 CA 1 3 12 [F] C5 CB C1 C3 C3 C5 C5 C1 18 [F] C3 C1 C3 C3 C5 C5 C1 6 [F] C1 Nel circuito che si ottiene si possono ridurre CD, C4 e CB, C2 in quanto entrambe le coppie sono in serie: CD CD4 O VOE CA (**) A E CB2 VAE + - Le nuove capacità varranno: 1 C D4 2,4 [F] 1 1 C D C4 CB 2 1 1,8 [F] 1 1 CB C 2 Nel circuito che si ottiene si possono ridurre CD4, CB2 in quanto sono in parallelo: CP O VOE CA (***) A E VAE + - CP CD4 CB2 4,2 [F] Infine la capacità equivalente tra i nodi A ed E sarà data dalla serie di CA, CP: 25 1 3,111 [F] 1 1 CA CP Applicando la nota legge del condensatore si può ora calcolare la carica complessiva accumulata: Ceq QT Ceq V 3,111 106 2000 6,222 103 [C] 2) determinare la carica accumulata dal condensatore C5 individuando quale delle sue due armature si caricherà positivamente. Allo scopo bisogna determinare la tensione tra i punti D, B essendo il condensatore in oggetto collegato tra di essi. Posso innanzitutto calcolare VOE utilizzando la rete (***), infatti in tale rete le capacità CA e CP sono in serie e quindi presentano la stessa carica che è anche la carica complessiva QT: QP 6,222 103 1481 [V] CP 4,2 106 Ora, dalla rete (**), conoscendo VOE posso calcolare la carica QD4 della capacità CD4: QP QT 6,222 10 3 [C] VOE QD4 CD4 VOE 2,4 106 1481 3,554 103 [C] Dalla rete (*) vedo che CD4 è la serie di CD e C4 e quindi avremo che la carica QD4 sarà anche la carica di CD e C4, posso allora determinare la tensione ai capi di C4: Q 4 3,554 10 3 888,5 [V] C4 4 10 6 Con procedimento del tutto analogo trovo la tensione VBE ai capi di C2: Q 4 Q D4 3,554 10 3 [C] VDE Q B2 CB2 VOE 1,8 10 6 1481 2,666 10 3 [C] Q 2 2,666 10 3 Q 2 Q B2 2,666 10 [C] VBE 1333 [V] C2 2 10 6 La polarità delle armature dei condensatori C1, C3, C4, C2 sono univocamente determinate in quanto è nota la polarità della tensione VAE che presenta il potenziale in A maggiore del potenziale in E; quindi i condensatori C1, C3 hanno positive le armature direttamente connesse al punto A, mentre i condensatori C4, C2 hanno negative le armature direttamente connesse al punto E. Ne consegue che le tensioni ai capi dei condensatori C4, C2 hanno l’orientamento riportato nello schema (*). 3 Risulta ora possibile determinare la tensione VDB presente ai capi del condensatore C5 e la carica del condensatore stesso: VDB VDE VBE 0 VDB VDE VBE 888,5 1333 444,5 [V] Q 5 C 5 VDB 3 10 6 444,5 1,333 10 3 [C] Essendo risultata VDB negativa avremo che il potenziale nel punto B sarà maggiore del potenziale nel punto D e quindi il condensatore C5 si caricherà positivamente sull’armatura collegata al punto B. Esercizio 6 (circuito in c.c. con condensatori) Sia data la rete elettrica sotto raffigurata, in condizioni di regime stazionario e con generatori di tensione continua: 26 E3 R3 A E1 = 1200 [V] E2 = 400 [V] E3 = 100 [V] R1 = 4 [] R2 = 5 [] R3 = 10 [] R4 = 8 [] C3 = 800 [F] C2 = 6 [mF] C1 = 3 [mF] E2 R1 C3 R4 N M R2 E1 B C1 C2 Determinare la carica elettrica di ciascuno dei tre condensatori presenti. Soluzione Per trovare la carica dei condensatori bisogna prima calcolare la tensione ai loro capi. Allo scopo bisogna analizzare la rete elettrica nei quali sono inseriti. Questa analisi va condotta tenendo presente che in corrente continua ed in condizioni di regime stazionario nei rami che presentano condensatori la corrente elettrica è nulla in quanto il condensatore costituisce una interruzione del circuito. Al fine della tensione tra i punti MN ed AB si possono allora togliere i rami con condensatori in quanto in essi la corrente è nulla, in tal modo la rete da studiare si riduce alla seguente: I2 A VAB E2 R1 R4 N M R2 E1 B VMN Tale rete si presta ad essere risolta mediante la formula di Millman: 27 E1 E 2 1200 400 R1 R 2 4 5 660,9 [V] VAB 1 1 1 1 1 1 R1 R 4 R 2 4 8 5 Per trovare VMN devo prima calcolare I2: VAB E 2 R 2 I 2 I 2 E 2 VAB 400 660,9 52,17 [A] R2 5 Quindi calcolo VMN: VMN E1 R 2 I 2 1200 5 (52,17) 939,2 [V] Sono ora in grado di calcolare la carica dei condensatori prendendo in considerazione il ramo ove sono inseriti e la tensione applicata al ramo stesso. Per quanto riguarda C3, la presenza della resistenza R3 è ininfluente perché nel ramo non circola corrente. Fisso arbitrariamente il verso della tensione V3 applicata al condensatore: E3 R3 A C3 VAB VC3 B VAB E3 VC3 VC3 VAB E3 660,9 100 560,9 [V] Q 3 C3 VC3 800 106 560,9 0,4487 [C] Essendo VC3 positiva si caricherà positivamente l’armatura rivolta verso il punto A. Per quanto riguarda C1, C2, essendo in serie accumuleranno la stessa carica che posso trovare attraverso la loro capacità equivalente: 28 VMN N M C1 C12 1 1 1 C1 C 2 1 1 1 3 6 C2 2 [mF] Q1 Q 2 Q12 C12 VMN 2 10 3 939,2 1,878 [C] Essendo VMN positiva, si caricheranno positivamente le armature rivolte verso il punto M. Se si desidera conoscere la tensione ai capi di ciascun condensatore, si può facilmente trovare: Q 1,878 VC1 1 626,1 [V] C1 3 10 3 VC 2 Q2 1,878 313,1 [V] C 2 6 10 3 29 Campi e circuiti magnetici Indice dei contenuti: 1. Introduzione 2. Campo magnetico 3. Induzione magnetica, permeabilià magnetica 4. Flusso concatenato con un circuito 5. Induttanza elettrica di un circuito 6. Coefficiente di mutuo accoppiamento tra due circuiti 7. Legge generale dell'induzione elettromagnetica 8. Forze elettromagnetiche 9. Forze elettrodinamiche 10. Coppia agente su di una spira immersa in un campo magnetico 11. Moto di una carica elettrica in un campo magnetico 12. Energia immagazzinata in un campo magnetico 13. Tensione magnetica, legge della circuitazione magnetica 14. Circuiti magnetici, legge di Hopkinson 15. La non linearità dei mezzi ferromagnetici 16. Caratteristiche dei più comuni materiali ferromagnetici: tabelle 17. La risoluzione dei problemi diretti e dei problemi inversi 18. Circuiti magnetici a più maglie 19. Forza portante di un elettromagnete 20. Perdite di potenza nei materiali ferromagnetici 21. Significato delle unità di misura nel magnetismo 22. Transitorio elettrico nei circuiti ohmico-induttivi 23. Esercizio 1 (campo magnetico in un solenoide, induttanza, f.e.m autoindotta, energia) 24. Esercizio 2 (f.e.m indotta in una spira che ruota in un campo magnetico) 25. Esercizio 3 (circuito magnetico tutto serie, problema diretto) 26. Esercizio 4 (circuito magnetico tutto serie, problema inverso) 27. Esercizio 5 (forza portante di un elettromagnete) Introduzione Quanto esposto in questi appunti ha lo scopo di riassumere quelle conoscenze sul magnetismo già note dal corso di fisica del biennio e di proporre quelle integrazioni che più direttamente fanno riferimento alle applicazioni elettrotecniche. Nelle espressioni, le grandezze vettoriali sono indicate mediante sottolineatura. Originariamente col termine magnetismo si intendeva la proprietà di certi corpi, detti magneti, di attirare il ferro e di attirare, o respingere, altri magneti. Oggi si intende la teoria dei fenomeni magnetici, cioè la teoria del campo magnetico e del comportamento della materia in esso. E' bene precisare che non esiste un magnetismo separato da correnti elettriche o campi elettrici. Nella natura (ma possono anche essere prodotti artificialmente) esistono dei materiali, detti magneti permanenti, che riescono a sviluppare delle forze, anche a distanza, sul ferro attirandolo verso se stessi o che interagiscono tra di loro con forze di attrazione o repulsione secondo come vengono avvicinati. In definitiva nello spazio circostante tali materiali esiste un campo di forze, detto appunto campo magnetico. La teoria dei campi permette lo studio dei fenomeni legati al magnetismo ed avvicina tale studio a quanto già considerato a proposito della elettrostatica. 30 Campo magnetico E' così chiamato il campo di forza prodotto da un magnete, oppure da una corrente elettrica, oppure da un campo elettrico variabile nel tempo. Con campo magnetico si intende anche la grandezza fisica, simbolo H [A / m] , che indica la forza che agisce nel campo su un polo magnetico di intensità unitaria. Cominciamo col prendere in considerazione il campo magnetico generato da un magnete avente forma di barretta. Si possono individuare due poli, più precisamente il polo Nord dal quale escono le linee di forza del campo magnetico ed il polo Sud nel quale entrano le linee di forza del campo magnetico. Si osserva che, a differenza dei campi elettrici, nel caso dei campi magnetici le linee di forza sono chiuse. I due poli sono così chiamati perché, se il magnete è lasciato libero di orientarsi nello spazio, rivolge sempre l'estremità individuata come polo Nord verso il Nord geografico e l'altra verso il Sud geografico. Ciò accade perché la Terra è per sua natura un gigantesco magnete, avente il polo Sud magnetico quasi in corrispondenza del polo Nord geografico, che agisce nello spazio circostante attraverso un suo campo magnetico e due magneti tendono ad attrarsi se sono affacciati coi poli opposti. Una ulteriore proprietà dei magneti è quella che, se sminuzzati, tendono a formare ulteriori magneti di dimensioni più piccole, questo perché i poli magnetici Nord e Sud non possono essere divisi in alcun modo. Ancora si deve dire che i materiali ferrosi, se avvicinati ad un magnete in modo tale da entrare nel suo campo magnetico, subiscono il fenomeno della magnetizzazione, ovvero anche essi diventano magnetici e presentano dal lato col quale sono accostati una polarità magnetica opposta a quella del magnete permanente. Questo è il motivo per il quale il ferro viene attratto dai magneti. Se poi i materiali ferrosi sono allontanati dal campo magnetico del magnete permanente accade che essi perdono quasi tutto il magnetismo precedentemente acquisito. Prendiamo ora in considerazione il campo magnetico prodotto dalle correnti elettriche. 31 In un conduttore rettilineo percorso da una corrente di intensità I, il campo magnetico nello spazio circostante avrà le linee di forza come in figura e la sua intensità in un punto distante d dalla corrente varrà H = I / (2··d) [A /m] ( legge di Biot-Savart ). 32 Consideriamo come ulteriore esempio un solenoide (avvolgimento avente forma di bobina), di lunghezza l molto maggiore del diametro, composto di N spire e percorso dalla corrente di intensità I . Per tale sistema si può dire che il campo all'interno è praticamente uniforme e di intensità H = N·I / l [A / m] . Infine consideriamo un solenoide toroidale la cui principale caratteristica è quella di contenere tutto il campo al proprio interno. Se N è il numero di spire, r è la lunghezza del raggio medio ed I l'intensità della corrente, sarà H = N·I / (2··r) [A / m] . In ogni caso, qualsiasi sia il circuito, tra il verso della corrente nel circuito ed il verso del campo magnetico generato dalla corrente, esiste sempre la stessa relazione che si riscontra tra il verso di rotazione di una vite ed il verso di avanzamento della vite stessa. Induzione magnetica, permeabilità magnatica Gli effetti dovuti alla presenza di campo magnetico dipendono, oltre che dal valore del campo, anche dalla natura del mezzo entro il quale il campo si sviluppa. Rispetto al loro comportamento nei confronti dei campi magnetici, le sostanze si possono classificare in : diamagnetiche pure : sono così chiamate perché presentano solo diamagnetismo (proprietà riconducibile alla precessione di Larmor degli elettroni nel campo magnetico, comune a tutte le sostanze). Il diamagnetismo è indipendente dallo stato fisico del mezzo, tali sostanze si magnetizzano solo in presenza di un campo magnetico esterno assumendo una polarità opposta a quella del campo esterno. Per tale motivo, in un campo magnetico non omogeneo, agisce su di un corpo diamagnetico una forza che cerca di spingerlo fuori dal campo magnetico, mentre in un campo magnetico omogeneo la presenza di un corpo diamagnetico produce la deformazione delle linee di campo rappresentata in figura. Sono sostanze diamagnetiche i gas nobili, l'azoto, l'idrogeno, la grafite, l'oro, la salgemma e l'acqua. paramagnetiche : sono così chiamate quelle sostanze che, a causa della presenza di livelli elettronici non chiusi, tendono a costituire molecole magneticamente dipolari (assimilabili a magnetini elementari). Per tali sostanze la magnetizzazione provocata da un campo magnetico esterno è in linea e concorde con questo e le sostanze paramagnetiche vengono attirate da un campo esterno non omogeneo verso le zone con maggiore intensità di campo. In un campo magnetico omogeneo la presenza di un corpo paramagnetico produce la deformazione delle linee di campo rappresentata in figura. Il paramagnetismo diminuisce coll'aumentare della temperatura e già alla temperatura 33 ambiente i magnetini elementari si trovano in disordine statistico a causa del movimento termico. Sono sostanze paramagnetiche l'alluminio, il magnesio, il manganese, il cromo, il sodio, il potassio, l'ossigeno e l'aria. ferromagnetiche : sono così chiamate quelle sostanze che, a causa del loro particolare stato cristallino, presentano delle aree con magnetizzazione costante (domini di Weiss) nelle quali i magnetini elementari sono orientati parallelamente tra di loro. Godono delle stesse proprietà dei materiali paramagnetici con l'aggiunta di poter essere, già alla temperatura ambiente, loro stesse sorgenti di campo magnetico qualora siano state precedentemente immerse in un campo magnetico. Le sostanze ferromagnetiche perdono le loro proprietà e diventano paramagnetiche se sottoposte ad una temperatura uguale o maggiore alla temperatura di Curie ( 768 [°C] per il ferro). Sono sostanze ferromagnetiche il ferro, il nickel, il cobalto e speciali leghe. Nelle sostanze ferromagnetiche la tendenza a "catturare" le linee di campo magnetico, propria anche delle sostanze paramagnetiche, è particolarmente accentuata (vedi figura). Tale fatto viene utilizzato al fine di creare degli schermi magnetici che rendono lo spazio al loro interno praticamente insensibile ai campi magnetici esterni. Sono varie le applicazioni degli schermi magnetici, ad esempio in alcuni strumenti la schermatura serve ad evitare che il campo magnetico terrestre od i campi magnetici spuri prodotti nel laboratorio possano alterare i valori misurati. Si chiama induzione magnetica (o densità di flusso magnetico) il vettore associato al campo magnetico la cui grandezza rappresenta una misura dell'intensità dell'azione di un campo magnetico; in essa viene compreso l'influsso del materiale attraversato dal campo e del relativo stato di magnetizzazione. Così che l'induzione magnetica, a parità di campo magnetico inducente, ad esempio è maggiore nel ferro piuttosto che nell'aria: B = ·H [Wb / m2] , nel vuoto si ha o = 1,257·10-6 [H / m] 34 Per i mezzi diversi dal vuoto, la permeabilità magnetica assoluta si esprime relativamente a quella del vuoto r · o dove r è un numero puro chiamato permeabilità relativa. Per le sostanze diamagnetiche si ha che r è di pochissimo inferiore ad uno, per le sostanze paramagnetiche r è di pochissimo superiore ad uno, per le sostanze ferromagnetiche r è di molto più grande di uno (può arrivare anche a 100.000). Flusso concatenato con un circuito Considerando un campo magnetico omogeneo di induzione costante B ed una superficie piana di area S orientata rispetto al campo in modo tale che la normale N alla superficie formi un angolo con la direzione del campo, si chiama flusso del vettore induzione magnetica attraverso la superficie di area S la grandezza scalare : = B·S·cos() [Wb] chiamata più semplicemente flusso magnetico. Se poi la superficie S è quella delimitata dal perimetro di un circuito elettrico, si parla di flusso concatenato col circuito elettrico c. Siccome, come si vedrà più avanti, nelle applicazioni elettrotecniche si cerca di rendere massimo il flusso concatenato coi circuiti elettrici, si dà a questi la forma di avvolgimenti. Si osserva che una linea qualsiasi del campo magnetico è concatenata con un circuito elettrico se attraversa un numero dispari di volte la superficie chiusa delimitata dal perimetro del circuito stesso. Induttanza elettrica di un circuito E', più correttamente, chiamata coefficiente di autoinduzione. Rappresenta l'attitudine di un circuito elettrico a concatenarsi col flusso di campo magnetico ac originato dalla corrente elettrica I che percorre il circuito stesso : L = ac / I [H] Tale parametro dipende dalla forma e dalle dimensioni geometriche del circuito elettrico oltre che dalla permeabilità magnetica del mezzo entro il quale si sviluppa il campo magnetico prodotto dalla corrente che percorre il circuito stesso. Tende ad essere grande per i circuiti con forma ad avvolgimento ed avvolti su nuclei ferromagnetici. Ad esempio, per un solenoide rettilineo di lunghezza l superiore di almeno 10 volte del diametro, di sezione S e composto da N spire, l'induttanza vale : 35 L = ·S·N2 / l [H] La stessa espressione vale pure per il solenoide toroidale già visto. I dispositivi che realizzano valori concentrati elevati di induttanza sono chiamati induttori. Possono essere collegati in serie od in parallelo, se collegati in serie l'induttanza complessiva è pari alla somma delle singole induttanze, se collegati in parallelo l'inverso dell'induttanza complessiva è pari alla somma degli inversi delle singole induttanze. Nei circuiti elettrici, il parametro induttanza elettrica viene indicato col simbolo sopra disegnato. Coefficiente di mutuo accoppiamento tra due circuiti Dati due circuiti, il loro coefficiente di mutuo accoppiamento esprime l'attitudine del sistema formato dai due circuiti a far si che il flusso di campo magnetico prodotto dalla corrente che circola nel primo si concateni col secondo e viceversa . Chiamando con c21 il flusso che, originato dalla corrente I2 che circola nel secondo circuito, si concatena col primo circuito e con c12 il flusso che, originato dalla corrente I1 che circola nel primo circuito, si concatena col secondo circuito, si può scrivere : M = c21 / I2 = c12 / I1 [H] Si osserva che il coefficiente di mutua induzione può essere sia positivo che negativo, perché il segno dipende dalla relazione esistente tra i flussi generati dai due circuiti in quanto se questi sono concordi M è positivo, se questi sono discordi M è negativo. Inoltre M non cambia di valore se i due circuiti si scambiano di posto. Il coefficiente di mutua induzione tra due circuiti è legato al valore delle rispettive induttanze dalla relazione : dove k è il coefficiente di accoppiamento espresso da un numero positivo compreso tra zero ed uno. Se k = 0 non vi è alcun mutuo accoppiamento, se k = 1 vi è un accoppiamento perfetto. Nei circuiti elettrici il simbolo col quale si indica il mutuo accoppiamento è quello riportato nella figura sopra disegnata. I puntini neri posti ad una estremità di ciascuno degli avvolgimenti indicano i morsetti corrispondenti del componente, nel senso che il valore di M risulta positivo se la corrente in entrambi gli avvolgimenti entra nel morsetto contraddistinto dal puntino, negativo in caso contrario. 36 Legge generale dell'induzione elettromagnetica E' alla base del principio di funzionamento di gran parte delle macchine e applicazioni elettriche (generatori, motori, trasduttori, ecc.) e prende anche il nome di legge di Faraday-Neuman-Lenz. Essa dice che ogniqualvolta varia nel tempo il flusso concatenato con un circuito elettrico, nel circuito elettrico scaturisce una forza elettromotrice indotta di intensità proporzionale alla velocità di variazione del flusso concatenato. Con riferimento ad un intervallo finito di tempo t , il valore medio della f.e.m.i. vale : Il verso della f.e.m.i. è tale da opporsi alla variazione di flusso concatenato che l'ha generata, ovvero se nel circuito, grazie alla ei , può circolare una corrente essa avrà verso tale da dar luogo ad un campo magnetico concorde con quello concatenato che sta variando se questi sta diminuendo, opposto se questi sta aumentando. Se il flusso concatenato che varia è quello dovuto alla induttanza stessa del circuito elettrico, si parla di forza elettromotrice autoindotta : dove la prima espressione è da riferirsi ad una variazione di corrente mentre la seconda è da riferirsi ad una variazione della forma o della posizione del circuito. Quale esempio consideriamo quello del circuito di figura, costituito da tre lati indeformabili ed un lato MN di lunghezza l che può scorrere verticalmente. Supponiamo che tale movimento avvenga senza attrito. Sia R la resistenza complessiva de circuito. Il circuito sia concatenato con un campo magnetico di induzione B uniforme, le cui linee di forza siano perpendicolari ed entranti nel piano su cui giace il circuito. Si consideri il lato MN in movimento verso il basso con una velocità 37 costante ve . Se all'istante t la posizione occupata dal lato in movimento è quella indicata a tratto pieno,dopo un intervallo di tempo t , e quindi all'istante (t + t) , la posizione occupata sarà quella indicata in tratteggio essendo lo spazio percorso x = ve·t . Nell'intervallo di tempo t , a causa dell'aumento della superficie del circuito intersecata dalle linee di campo magnetico, sarà aumentato il flusso concatenato di una quantità pari a c = B·l·x e, quindi, per la legge generale della induzione elettromagnetica si sarà sviluppata una f.e.m.i. di valore : Il verso di tale f.e.m.i. dovrà essere tale da opporsi alla variazione di flusso concatenato e, quindi, considerando che il flusso concatenato aumenta, la ei dovrà tendere a far circolare una corrente da M verso N così che il flusso generato da tale corrente si opponga a quello preesistente dovuto all'induzione B . Molto semplicemente il verso della f.e.m.i. si può determinare con la regola delle tre dita della mano destra, orientate a formare una terna cartesiana ortogonale ( ponendo il pollice nel verso della velocità del conduttore rispetto al campo, l'indice nel verso dell'induzione magnetica, il medio fornirà il verso della f.e.m.i.). Nel caso in cui il conduttore di lunghezza l sia soggetto ad una velocità formante un generico angolo con l'asse del conduttore stesso, sarà: Forze elettromagnetiche L'esempio riportato nel paragrafo precedente permette di evidenziare come dall'interazione tra un campo magnetico ed una corrente elettrica possa scaturire una forza elettromagnetica. Infatti, a causa della f.e.m.i. circolerà nel circuito una corrente I che produrrà per effetto Joule una dissipazione di potenza nella resistenza R . Durante l'intervallo di tempo t si avrà lo sviluppo di una quantità di calore pari a Wj = R·I2·t . Per il principio di conservazione dell'energia, a tale calore dovrà corrispondere un lavoro fatto sul sistema e, per come avviene il processo, l'unico lavoro possibile è quello fatto per muovere il conduttore di x . Questo significa che lo spostamento del conduttore non avviene liberamente ma solo vincendo una forza Fe contraria al movimento. Il 38 lavoro fatto sul sistema varrà quindi WL = - Fe·x . Dal momento che l'energia complessiva deve restare invariata, dovrà essere Wj + WL = 0 ovvero R·I2·t - Fe·x = 0 . Ponendo R·I2 = I·ei e risolvendo rispetto Fe si ottiene infine : La forza Fe è appunto chiamata forza elettromagnetica. Essa è orientata, da quanto detto, verso l'alto (opposta allo spostamento x) . In ogni caso il suo verso si può determinare con la regola delle tre dita della mano sinistra, orientate a formare una terna cartesiana ortogonale ( ponendo l'indice nel verso dell'induzione magnetica, il medio nel verso della corrente, il pollice fornirà il verso della forza). Se il conduttore percorso dalla corrente non è esattamente perpendicolare al campo magnetico (vedi figura sopra disegnata), ma forma un angolo , allora sarà Fe = I·B·l·sin(). Forze elettrodinamiche Sono chiamate forze elettrodinamiche quelle forze che scaturiscono tra due conduttori entrambi percorsi da corrente. In effetti ciascuno dei due conduttori si trova immerso nel campo magnetico prodotto dalla corrente circolante nell'altro conduttore. Risulta facile verificare che, se i due conduttori sono paralleli, le forze sono di attrazione se le correnti hanno lo stesso verso, le forze sono di repulsione se le correnti hanno versi opposti. Nel caso di due conduttori paralleli, entrambi di lunghezza l , posti alla distanza d , immersi in un mezzo di permeabilità , percorsi da correnti di intensità I1 ed I2 , si ha : 39 Due conduttori disposti ad angolo e percorsi da corrente tendono a orientarsi in modo da rendere le correnti che li attraversano concordi in quanto l'azione elettrodinamica tende a chiudere l'angolo compreso tra le direzioni positive delle due correnti, come si vede in figura. Coppia agente su di una spira immersa in un campo magnetico Si immagini un circuito avente forma di spira rettangolare, libero di ruotare attorno all'asse verticale Nr, immerso in un campo magnetico di induzione B diretto ortogonalmente rispetto l'asse Nr e formante l'angolo rispetto all'asse Ns ortogonale alla superficie delimitata dai lati del circuito. Se il circuito è percorso da una corrente I si avrà che, a causa dell'interazione tra il campo e la corrente nei lati, si svilupperanno sui quattro lati della spira quattro forze elettromagnetiche. Più precisamente sui due lati di lunghezza a si avranno le forze Fv = a·B·I·sin(90 - ) mentre sui due lati di lunghezza l si avranno le forze Fr = l·B·I . Mentre le forze Fv sono opposte sulla stessa direzione e quindi danno risultante nulla, le forze Fr sono opposte su due direzioni parallele e distinte e, quindi, danno luogo ad una coppia di valore C = Fr·b = l·B·I·a·cos(90 - ) . Si osserva che l·a rappresenta la superficie delimitata dalla spira e, quindi, max = B·l·a rappresenta il massimo flusso attraverso la superficie stessa (che si ha quando = 0 ). Inoltre cos(90 - ) = sin() e,quindi, C = max·I·sin() . 40 Si può quindi dire che la coppia si annulla quando la spira assume la posizione per la quale è massimo il flusso concatenato. Questa osservazione fatta nel caso particolare di una spira è valevole in generale, ovvero un qualsiasi circuito elettrico percorso da corrente, libero di muoversi o di deformarsi ed immerso in un campo magnetico, assume sempre quella posizione o quella forma per la quale il valore del flusso concatenato diventa massimo. Analogamente, in un sistema isolato, due spire percorse da corrente tendono, se libere di muoversi, a sovrapporsi affinché il flusso magnetico concatenato risulti massimo. Moto di una carica elettrica in un campo magnetico Una carica elettrica Q (supposta positiva) che si muova in un campo magnetico di induzione B subisce un'azione di forza da parte di quest'ultimo. Ciò è logico se si considera che una carica in movimento dà luogo ad una corrente, la quale esiste però solamente là dove la carica si sta muovendo, si parla infatti di elemento di corrente ( I·l ). Indicata con Ve la velocità e con l il tratto di traiettoria percorso nell'intervallo di tempo t dalla carica, la corrente I associabile al tratto di traiettoria l è data dalla relazione : 41 sulla carica agisce perciò la stessa forza che si manifesterebbe su un tratto di circuito lungo l e percorso da una corrente avente l'intensità sopra ricavata, ovvero F = B·I·l·sin() = B·Ve·Q·sin() ove è l'angolo formato dalla traiettoria della carica con le linee di induzione magnetica. La forza elettromagnetica F risulta perpendicolare alla traiettoria e, quindi, alla velocità Ve ed all'induzione B , il verso si troverà con la regola delle tre dita della mano sinistra. Quando però la carica in movimento è negativa (ad esempio un elettrone) si dovrà considerare quale verso della corrente quello opposto al verso della velocità posseduta dalla carica, questo perché il verso della corrente è convenzionalmente quello delle cariche positive. Si possono avere i seguenti casi : a) se la carica entra in un campo magnetico con velocità inizialmente parallela alle linee del campo, essa non subisce alcuna azione di forza essendo = 0 . b) se la carica ha velocità inizialmente ortogonale alle linee del campo magnetico, essa verrà a descrivere successivamente una traiettoria circolare contenuta nel piano ortogonale alle linee di campo e di raggio : La traiettoria risulta circolare perché viene percorsa sotto l'azione di una forza centripeta costante ( B·Ve·Q ) ed a questa forza fa equilibrio la forza centrifuga ( ) . Dalla eguaglianza tra le due forze viene dedotta la relazione che fornisce il raggio (m [Kg] è la massa della particella avente carica pari a Q) . c) se la velocità inizialmente posseduta dalla carica è obliqua rispetto alle linee di campo magnetico, la carica verrà a percorrere una traiettoria elicoidale a causa della componente di velocità parallela alle linee di campo che si aggiunge alla velocità del moto rotatorio impresso dalla forza elettromagnetica. Energia immagazzinata in un campo magnetico 42 Si consideri un circuito costituito da una pura induttanza lineare L percorsa da una corrente che, nel tempo 0 [s] T [s], vari da 0 [A] a I [A]. Ovviamente il flusso di campo magnetico autoconcatenato con il circuito varierà, nello stesso intervallo di tempo, da 0 [Wb] a [Wb] essendo = L·I. Per la legge generale dell'induzione elettromagnetica, considerato un intervallo di tempo t si avrà lo sviluppo di una f.e.m.a.i. di valore medio pari a: Moltiplicando ambo i membri per ( Im·t ) si ottiene: dove è facile riconoscere per W le dimensioni di una energia corrispondente all'area del trapezio tratteggiato di figura. Il significato di questa energia è quello di "erogata" dal generatore ed "immagazzinata" nel campo magnetico che risulta concatenato col circuito. Se anziché considerare l'intervallo di tempo t consideriamo l'intero intervallo 0 [s] T [s] avremo che l'energia diverrà pari all'area del triangolo ( O, , N ) ovvero: L'energia immagazzinata in un campo magnetico si può pure esprimere nella forma di densità d'energia. Immaginando che nel volume Vol [m3] siano costanti in ogni suo punto il campo magnetico e la permeabilità magnetica, dalle I = H·l , = B·S si avrà : Tensione magnetica, legge della circuitazione magnetica 43 Si consideri una linea di campo magnetico e si individuino diversi tratti l per ciascuno dei quali si possano ritenere costanti la permeabilità magnetica, il campo magnetico e, quindi, l'induzione magnetica. Per ciascuno di questi tratti, il prodotto H·l [A] viene chiamato tensione magnetica (per analogia col caso elettrostatico, ove il prodotto del campo elettrico per la lunghezza fornisce una tensione elettrica). Se si desidera la tensione magnetica tra i punti M e K si dovrà considerare: (H·l)MH = H1·l1 + H2·l2 + H3·l3 La legge della circuitazione (nota anche come legge di Ampere) dice che se si estende la sommatoria all'intera linea chiusa di campo magnetico si ha : H1·l1 + H2·l2 + H3·l3 + . . . = N·I dove N rappresenta il numero di volte per il quale la linea di campo magnetico di concatena col circuito percorso dalla corrente di intensità I . Se la stessa linea di forza è concatenata con più circuiti elettrici si avrà : H1·l1 + H2·l2 + H3·l3 + . . . = ± Na·Ia ± Nb·Ib ± Nc·Ic ± . . . dove a , b , c , . . . sono i vari circuiti concatenati con la stessa linea di forza. I vari termini ± N·I [A] si chiamano forze magnetomotrici (per analogia con le forze elettromotrici dei circuiti elettrici). Le forze magnetomotrici si assumono positive se favoriscono un campo magnetico concorde col verso della linea chiusa, altrimenti si considerano negative. Circuiti magnetici, legge di Hopkinson Si chiama tubo di flusso del vettore induzione magnetica lo spazio tubolare racchiuso dalla superficie descritta dalle linee di forza passanti per i punti di una qualsiasi linea chiusa tracciata nel campo. Si definisce circuito magnetico una qualunque regione dello spazio costituita da un tubo di flusso del vettore induzione magnetica. Un tronco di circuito magnetico si dice omogeneo se in esso sono costanti la sezione, la permeabilità magnetica e l'induzione magnetica. Considerando un circuito magnetico composto da k tronchi omogenei sui quali agiscono m avvolgimenti, la legge di Hopkinson afferma che: dove: 44 è chiamata riluttanza magnetica. Nelle espressioni sopra scritte, con lj si intende la lunghezza del tronco generico j misurata in [m] e con Sj la sua sezione misurata in [m 2]. La legge di Hopkinson viene usata per il calcolo dei circuiti magnetici mediante il metodo delle riluttanze. Tale legge è analoga formalmente alla legge di Ohm per i circuiti elettrici. L'analogia riveste notevole importanza in quanto si mantengono formalmente valide, con le opportune schematizzazioni, le leggi relative ai collegamenti delle resistenze elettriche ed i due principi di Kirchhoff con le seguenti corrispondenze: intensità di corrente I [A] flusso [Wb] densità di corrente [A/m2] campo magnetico B [Wb/m2] f.e.m. Eo [V] forza magnetomotrice N·I [A] resistenza elettrica R [] riluttanza magnetica R [H-1] caduta di tensione R·I [V] caduta di tensione magnetica R·= H·l [A] d.d.p. VMN [V] tensione magnetica (H·l)MN [A] resistività elettrica [·m] inverso della permeabilità magnetica, [H-1·m] Ad esempio, per il tronco omogeneo di sezione SAD riportato sopra, si può scrivere l'analoga della legge di Ohm applicata ad un tronco di circuito: (H·l)DA = + N1·I1 - N2·I2 + RAD· ove RAD = lAD / (·SAD) [H-1] Vale inoltre: (H·l)AD = -(H·l)DA ove H = B / [A/m] e B = / SAD [Wb/m2]. 45 Si osservi come i segni nelle equazioni scritte seguano le regole già viste per gli analoghi circuiti elettrici. La non linearità dei mezzi ferromagnetici Nei materiali ferromagnetici accade che la funzione che lega l'induzione con il campo magnetico non è rappresentabile con una retta, questo è dovuto al fatto che la permeabilità magnetica varia al variare del campo magnetico. Per curva di prima magnetizzazione si intende il diagramma che rappresenta l'induzione magnetica in funzione del campo magnetico per un materiale ferromagnetico vergine (cioè mai precedentemente immerso in un campo magnetico). La curva è formata da quattro tratti a caratteristiche diverse. Il tratto 0-1 tipico delle intensità di magnetizzazione piccole, per il quale la permeabilità aumenta partendo da un valore iniziale i . Il tratto 1-2 caratterizzato da una pendenza che può essere anche molto elevata, nel quale la permeabilità raggiunge il valore massimo max . In tale tratto l'andamento della caratteristica è pressoché rettilineo e, per tale motivo, è chiamato tratto lineare; di solito è proprio questa la zona di funzionamento prescelta per le più importanti applicazioni elettrotecniche dei materiali ferromagnetici. Il tratto 2-3 , tipico delle intensità di magnetizzazione elevate, nel quale viene abbandonato l'andamento rettilineo e la permeabilità prende a diminuire. Per la sua forma, si parla di ginocchio della caratteristica. Infine il tratto a destra del punto 3 ove, pur aumentando moltissimo il campo, l'induzione si incrementa di pochissimo essendo l'andamento pressoché orizzontale. Si parla di tratto di saturazione e la permeabilità ha un valore costante pari alla permeabilità nel vuoto. 46 Il ciclo d'isteresi è il diagramma che esprime la relazione tra il campo e l'induzione per un materiale ferromagnetico sottoposto a variazioni alternative del campo magnetizzante. Elementi caratteristici sono l'induzione di saturazione Bs, l'induzione residua Br , il campo coercitivo Hc. La forma del ciclo dipende dalle escursioni del campo magnetizzante, dalla natura del materiale e dalle lavorazioni cui esso è stato sottoposto. L'area racchiusa è proporzionale all'energia dissipata nel materiale ad ogni ciclo completato. Caratteristiche dei più comuni materiali ferromagnetici: tabelle La tabella sottostante riporta la caratteristica di magnetizzazione dei più comuni materiali ferromagnetici. La tabella è seguita da un grafico che rappresenta gli stessi valori, sul grafico è immediato cogliere la grande diversità di comportamento per i diversi materiali. Permeabilità magnetica del vuoto o = 1,257·10-6 [H/m] Ferro fucinato ed Ghisa Lamiere Lamiere al silicio acciaio fuso normali Induzione Campo Perm. Campo Perm. Campo Perm. Campo Perm. 2 [Wb/m ] [A/cm ] relativa [A/cm ] relativa [A/cm ] relativa [A/cm ] relativa 0,1 0,7 1136 2 398 0,45 1768 0,8 994 0,2 0,9 1768 4,5 354 0,5 3182 1 1591 0,3 1 2387 8 298 0,6 3978 1,25 1909 0,4 1,2 2652 13 245 0,7 4546 1,45 2195 0,5 1,4 2841 20 199 0,9 4420 1,6 2486 0,6 1,7 2808 28 170 1,3 3672 1,8 2652 0,7 2,2 2531 40 139 1,7 3276 2 2784 0,8 2,7 2357 55 116 2,3 2767 2,5 2546 0,9 3,2 2237 80 89 3,3 2170 3,1 2310 1 4 1989 110 72 4,7 1693 4 1989 1,1 5 1750 150 58 6,3 1389 5 1750 1,2 6,2 1540 200 48 8 1193 7 1364 1,3 8,5 1217 10,5 985 12 862 1,4 12 928 13,5 825 23 484 1,5 20 597 18 663 40 298 Lamiere a cristalli orientati Campo Perm. [A/cm ] relativa 0,4 0,58 0,75 0,88 1 1,4 19887 15088 12729 11752 11138 8524 47 1,6 1,7 1,8 1,9 2 2,1 2,2 2,3 2,4 2,5 35 60 100 160 250 400 750 1300 2100 3000 364 225 143 94 64 42 23 14 9 7 31 52 90 148 300 460 670 920 1200 1500 411 260 159 102 53 36 26 20 16 13 75 140 240 370 510 168 97 60 41 31 4,5 16 2829 845 Vediamo ora i dati caratteristici di alcuni materiali ferromagnetici dolci (adatti alla costruzione dei nuclei, ovvero dei circuiti magnetici, delle apparecchiature elettriche). Materiale Nome commerciale Ferro Fe-Si (4% Si) laminato a caldo Fe-Ni (50% Ni) Isoperm 50 Fe-Ni-Mo (79% Supermalloy Ni, 5% Mo) Permeabilità Permeabilità Induzione di Campo di Campo Punto iniziale massima saturazione saturazione coercitivo Curie relativa relativa [T] [A/m] [A/m] [°C] 10000 200000 2,15 4 770 500 7000 1,97 120000 40 690 90 100000 100 1000000 1,6 0,79 800 480 0,2 500 400 48 Per ultimo esaminiamo i dati caratteristici di alcuni materiali ferromagnetici duri (adatti alla costruzione dei magneti permanenti). Materiale Fe-C (1% C) Fe-Co (35% Co) Fe-Ni-Al-Co-Cu Ferrite (Fe-Co) Fe-Ni-Al-Co-Cu Nome commerciale Acciaio al carbonio Acciaio al cobalto Alnico Vectolite Ticonal Campo coercitivo Induzione residua Campo di [A/m] [T] saturazione [A/m] 4000 1 20000 20000 40000 72000 51000 0,9 0,8 0,16 1,27 100000 200000 360000 255000 Osservazione: l’alnico ed il ticonal combinano gli stessi elementi chimici, ma in quantità percentuali diverse. La risoluzione dei problemi diretti e dei problemi inversi I problemi che praticamente si presentano nelle soluzioni dei circuiti magnetici sono essenzialmente due e precisamente: 1. assegnate le caratteristiche strutturali e geometriche del circuito ed il flusso che in esso si vuole ottenere, determinare il numero delle amperspire necessarie per avere il flusso richiesto ( problema diretto); 2. assegnato il numero delle amperspire e le caratteristiche geometriche e strutturali del circuito, determinare il flusso che vi si stabilisce ( problema inverso ). Nel primo caso la soluzione di qualsiasi circuito magnetico si riconduce alla applicazione della legge della circuitazione ( metodo delle forze magnetomotrici parziali ) o della legge di Hopkinson ( metodo delle riluttanze ), in quanto la conoscenza delle caratteristiche geometriche e strutturali consente di determinare la riluttanza di qualunque tronco omogeneo del circuito. Nel secondo caso la soluzione si presenta semplice solamente quando il circuito è costituito da un sol tronco ( nel qual caso si ricava il campo dalla H = N·I / l , si risale al valore di induzione B usando le caratteristiche o le tabelle di magnetizzazione, infine si calcola il flusso mediante = B·S ). Se il circuito si compone di più tronchi accade che la non linearità della caratteristica di magnetizzazione rende impossibile prevedere il valore della permeabilità o del campo magnetico nelle diverse parti del circuito mediante l'applicazione diretta di equazioni risolutrici. Bisogna quindi procedere per tentativi applicando il seguente algoritmo: a) si stabilisce il valore di accuratezza percentuale che si desidera soddisfare. Esso può essere convenientemente espresso relativamente alla f.m.m. assegnata (N·I)A ; b) si assegna arbitrariamente l'induzione B in uno dei tronchi del circuito. E' bene scegliere per il primo tentativo un valore centrale fra quelli possibili tabulati sulle caratteristiche di magnetizzazione del mezzo ferromagnetico interessato; c) si calcola quale f.m.m. (N·I)C è necessaria per sostenere tale induzione. Questa fase della risoluzione corrisponde ad un problema diretto, si può risolvere indifferentemente col metodo delle riluttanze o col metodo delle forze magnetomotrici parziali; 49 d) si verifica se la condizione di accuratezza è soddisfatta, ovvero si verifica se risulta essere: ··(N·I)A (N·I)C (N·I)A+··(N·I)A ; e) se la condizione non è soddisfatta, si assegna un nuovo valore B all'induzione decidendo opportunamente se esso deve essere superiore od inferiore al valore assegnato nel tentativo precedente, quindi si ripetono nell'ordine i passi c) , d) , e) . Se la condizione è soddisfatta si procede al passo seguente; f) si comunica che il valore di induzione B è quello che soddisfa il problema. Osservazione : molto spesso le caratteristiche di magnetizzazione sono note sotto forma tabellare. Questo significa che si conoscono solo alcune triple dei valori di induzione, campo, permeabilità. In tal caso, se si ha bisogno dei valori di una tripla non riportata sulla tabella è consentito linearizzare le caratteristiche nell'intorno del punto K interessato. Ciò equivale a sostituire la curva (che effettivamente rappresenta la caratteristica) con la retta passante per i due punti noti P , Q che stanno l'uno immediatamente prima e l'altro immediatamente dopo il punto interessato K: 50 Circuiti magnetici a più maglie La risoluzione dei circuiti magnetici è relativamente semplice se i circuiti sono del tipo tutto serie (ovvero con i tronchi omogenei che si succedono l'uno all'altro così che il flusso sia costante in tutte le sezioni del circuito). Nel caso di circuiti formati da più maglie, ovvero con tronchi percorsi da flussi anche tra di loro diversi, la risoluzione è alquanto più complessa. Capita infatti che anche nel caso di problemi del tipo diretto, a causa della non linearità del mezzo ferromagnetico non si possa prevedere il flusso nei vari rami e, quindi, si debba procedere per tentavi. Solo la presenza di simmetrie nel circuito può, in certi casi, semplificare la risoluzione permettendo il calcolo diretto dei flussi nei vari rami. Forza portante di un elettromagnete Gli elettromagneti sono dispositivi di largo impiego nella tecnica odierna (comandi, controlli automatici, ecc.). Essi constano di un nucleo ferromagnetico, costituito da una parte fissa e da una mobile (detta ancora), e di uno o più avvolgimenti (detti di eccitazione). Quando negli avvolgimenti di eccitazione circola una corrente, accade che l'ancora viene attratta perché si magnetizza per induzione. 51 La forza di attrazione per ciascun polo è così determinabile: assumiamo che, grazie ad una forza esterna Fe , l'ancora subisca uno spostamento virtuale dx (ovvero talmente piccolo da non modificare i valori di induzione, campo e permeabilità nel traferro). La forza esterna compirà un lavoro dl = Fe·dx . A causa dello spostamento dx sarà pure aumentato il volume del traferro di una quantità dv = A·dx dove A è la sezione del tubo di flusso in aria. Tenendo conto che la densità di energia vale: avremo un aumento di energia nel traferro compreso tra polo ed ancora pari a: che per il principio di conservazione dell'energia dovrà eguagliare il lavoro compiuto dalla forza esterna dl = dw ovvero: da cui: Il fatto che per allontanare l'ancora sia necessaria una forza esterna di intensità Fe indica che l'ancora stessa è attratta verso l'elettromagnete da una forza di uguale intensità. Quindi la forza di attrazione per ciascun polo dell'elettromagnete F avrà la stessa espressione di Fe sopra calcolata. Passando alle due forme costruttive riportate sopra, indicando con I la corrente di eccitazione dell'elettromagnete, per l'elettromagnete di sinistra, trascurando le cadute di tensione magnetica nel ferro rispetto a quelle nel traferro si ha: 52 Sostituendo nell'espressione della forza si ha: Per l'elettromagnete di destra, sempre trascurando le cadute di tensione magnetica nel ferro rispetto a quelle nel traferro si ha: Sostituendo nell'espressione della forza si ha: Si osservi che l'ancora, essendo un organo mobile, introduce una variabilità nel valore del traferro così che la forza di attrazione ad ancora staccata risulta di valore notevolmente inferiore di quella ad ancora attaccata (forza portante dell'elettromagnete). Infatti, a parità di corrente d'eccitazione, un raddoppio del traferro comporta la riduzione di quattro volte della forza di attrazione. Perdite di potenza nei materiali ferromagnetici Si manifestano quando il materiale è attraversato da un flusso di induzione di campo magnetico variabile nel tempo, oppure quando il materiale è in movimento rispetto alle linee di campo magnetico venendo così tagliato dalle linee stesse. Si considerano due diversi tipi di perdite: a) perdite per isteresi, causate da fenomeni d'attrito nella struttura cristallina del materiale ferromagnetico. Se il flusso varia ciclicamente con frequenza pari ad f [Hz], le perdite per isteresi in ciascun [Kg] peso valgono: Pis = Kis · f · BM [W/Kg] dove Kis è una costante che dipende dalla natura del materiale ferromagnetico, BM è il valore massimo dell'induzione elettromagnetica, l'esponente vale 1,6 se BM < 1 [Wb/m2] , 2 se BM 1 [Wb/m2] . b) perdite per correnti parassite (o di Foucault), causate dalle correnti parassite che si instaurano nel materiale essendo questo conduttore. Tali correnti parassite sono sostenute dalle f.e.m. indotte nel materiale ferromagnetico tagliato dal flusso di induzione variabile. Se il flusso varia ciclicamente con frequenza pari ad f [Hz] , le perdite per correnti parassite in ciascun [Kg] peso valgono: Pcp = Kcp · (Kf · f · BM)2 [W/Kg] 53 dove Kcp è una costante che dipende dalla natura del materiale ferromagnetico e dallo spessore dei singoli lamierini nel caso di nuclei a lamierini, Kf è il fattore di forma dell'onda di variazione del flusso nel tempo (esso vale 1,111 nel caso di variazioni perfettamente sinusoidali). Quasi sempre le due perdite vengono riassunte in un'unica perdita, si parla così di perdita complessiva nel ferro. I costruttori di materiali ferromagnetici forniscono ai loro clienti un dato tecnico molto importante, noto come cifra specifica di perdita cp . La cifra specifica di perdita per un dato materiale ferromagnetico rappresenta le perdite complessive nel ferro riferite ad 1 [Kg] di materiale, con una frequenza di 50 [Hz] , una forma d'onda sinusoidale ed una induzione massima di 1 [Wb / m2]. Nota la cifra specifica di perdita, con l'espressione empirica: è possibile determinare le perdite nel ferro nel caso in cui si abbia una induzione massima pari a BM [Wb/ m2], una frequenza pari ad f [Hz] ed un peso del ferro pari a G [Kg]. Significato delle unità di misura nel magnetismo Nelle applicazioni tecniche è particolarmente importante saper valutare quantitativamente i valori assunti dalle varie grandezze fisiche interessate, solo così è possibile rendersi conto di eventuali grossolani errori di calcolo. Inoltre è altrettanto importante conoscere il significato fisico delle unità di misura delle grandezze fisiche, così da tenere sotto controllo la correttezza delle trasformazioni cui si sottopongono le numerose equazioni necessarie alla risoluzione dei problemi. Particolarmente importante è il weber [Wb] , unità di misura del flusso. Infatti la gran parte delle macchine elettriche basa il proprio funzionamento sulla legge generale dell'induzione elettromagnetica. Si definisce 1 weber la quantità di flusso che, variando in un secondo, produce nel circuito concatenato una f.e.m. pari ad 1 volt : 1[Wb] = 1[V] · 1[s] I valori che può assumere il flusso variano dai milliweber a pochi weber, secondo la potenza ed il tipo di macchina interessata. In diretta relazione col flusso abbiamo l'induzione magnetica la cui unità di misura è il tesla (oppure il weber / metroquadro). Si definisce 1 tesla l'induzione prodotta dal flusso di 1 weber attraverso una sezione di 1 metroquadro : 1[T] = 1[Wb] / 1[m2] I valori che può assumere l'induzione variano da qualche decimo a poco meno di 2 tesla, secondo la potenza ed il tipo di macchina interessata. Il flusso autoconcatenato con un circuito dipende dal coefficiente di autoinduzione (induttanza elettrica) del circuito stesso la cui unità di misura è l' henry. Si definisce 1 henry l'induttanza di quel circuito che, se percorso da una corrente di intensità 1 ampere, determina 1 weber di flusso autoconcatenato : 54 I valori che può assumere l'induttanza di un circuito variano dai millihenry a qualche henry, secondo la forma del circuito ed il mezzo materiale nel quale esso è immerso. L'induzione magnetica in un determinato mezzo viene determinata dalla presenza nel mezzo di un campo magnetico H . A sua volta il campo magnetico è quasi sempre originato da una corrente circolante in un avvolgimento e, come è facile dedurre dalla legge di Biot-Savart, si misura in ampere / metro . Si definisce 1 ampere / metro quel campo magnetico che produce nel vuoto una induzione pari a 4··10-7 = 1,257·10-6 tesla. I valori di campo magnetico internamente alle macchine elettriche possono variare da qualche ampere / metro a qualche centinaia di migliaia di ampere / metro. Il valore dell'induzione, oltre che dall'intensità di campo magnetico, dipende anche dalla permeabilità magnetica assoluta del mezzo la cui unità di misura è : Il valore di varia da o = 1,257·10-6 [H / m] a qualche decina di migliaia di o , secondo il tipo di mezzo. Per finire giustifichiamo l'unità di misura della riluttanza magnetica : Transitorio elettrico nei circuiti ohmico-induttivi Consideriamo il circuito di figura. E' evidente che, con l'interruttore nella posizione 0, la corrente è nulla e, quindi, saranno pure nulle le cadute di tensione ai capi della resistenza e dell'induttanza; tutto questo si riassume dicendo che le condizioni iniziali nel sistema sono nulle, ovvero i(0-) = 0 , avendo assunto quale istante iniziale del transitorio l'istante del passaggio dell'interruttore dalla posizione 0 alla posizione 1. La corrente i(t) nel circuito non può tuttavia assumere istantaneamente il valore finito i() = Ir = Vo / R che essa avrà a regime, infatti, se così fosse, si dovrebbe presumere che il generatore abbia potenza infinita visto che trasferirebbe al campo elettromagnetico l'energia 0,5·L·Ir2 in un tempo nullo, il che è un assurdo fisico. In effetti la corrente passa da zero al valore di regime in un tempo teoricamente infinito, seguendo una legge di variazione 55 esponenziale e determinando così un transitorio. Quello che accade è che il passaggio della corrente durante il transitorio provoca un aumento di flusso autoconcatenato con un conseguente sviluppo di forza elettromotrice autoindotta e(t) che, dovendosi opporre all'aumento di flusso concatenato, dovrà necessariamente essere contraria alla forza elettromotrice del generatore. Tale f.e.m.a.i. sarà massima, e pari a -Vo , nell'istante iniziale essendo in tale istante massima la variazione di corrente. Quindi, col trascorrere del transitorio, si ridurrà con legge esponenziale essendo la variazione dell'intensità di corrente nel tempo (e quindi del flusso concatenato) sempre più piccola. A regime raggiunto (teoricamente dopo un tempo infinito, praticamente dopo un tempo pari a 5· ) sarà nulla la caduta di tensione ai capi dell'induttanza mentre sarà massima, e pari a Vo , la caduta sulla resistenza. Si può quindi dire che un'induttanza, in un circuito sollecitato da generatori di tensione costante e continua, si comporta a regime come un semplice cortocircuito. In effetti, a regime, la corrente nel circuito si mantiene rigorosamente costante e, con essa, rimane costante il flusso autoconcatenato. Non vi sarà, quindi, nessun fenomeno di induzione di forza elettromotrice. Se, dopo aver raggiunto la condizione di regime, si porta istantaneamente l'interruttore dalla posizione 1 alla posizione 2 , accade che tutta l'energia precedentemente immagazzinata nel campo elettromagnetico verrà riceduta al circuito e dissipata sotto forma di calore nella resistenza R . Ancora una volta il processo non può essere istantaneo, in quanto è assurdo pensare ad una trasformazione d'energia a potenza infinita. Il tutto avviene seguendo la solita legge esponenziale. In particolare la corrente diminuirà dal valore iniziale Ir a zero circolando con lo stesso precedente verso. Nel caso in cui l'interruttore venga portato dalla posizione 1 alla posizione 0 accade che il circuito risulta metallicamente interrotto. La corrente, e quindi il campo elettromagnetico con la relativa energia immagazzinata, si dovrà quindi annullare. Siccome il processo, per il solito motivo, non può avvenire istantaneamente, la corrente si annullerà gradualmente. Dal momento che il circuito metallico è interrotto, si creerà tra i due elettrodi dell'interruttore un arco elettrico (tratto di circuito ove il conduttore è costituito da gas ionizzato) che permetterà il passaggio della corrente di estinzione dell'energia immagazzinata dal campo elettromagnetico e che si estinguerà con l'estinguersi dell'energia. L'arco elettrico introduce una ulteriore resistenza (di tipo non ohmico) nel circuito, così che il tempo di estinzione della corrente sarà diverso che nel caso precedente ed anche la legge di estinzione non sarà più strettamente esponenziale. 56 Si ricorda che la lettera e che compare nella espressione esponenziale è la base dei logaritmi naturali, ovvero il numero 2,718... In qualsiasi processo regolato da una legge esponenziale, la costante di tempo rappresenta il tempo necessario al completamento del processo nel caso in cui lo stesso avvenga ad una velocità costante e pari a quella dell'istante iniziale. Detto in altre parole, la tangente nell'origine alla curva esponenziale interseca l'orizzontale di ordinata pari al valore a regime in corrispondenza dell'ascissa pari alla costante di tempo. Esercizio 1 (campo magnetico in un solenoide, induttanza, f.e.m. autoindotta, energia) Si abbia un solenoide rettilineo lungo l = 100 [cm] di sezione circolare formato da N = 1500 spire di diametro d = 8 [cm] disposte in un unico strato e strettamente affiancate tra di loro. Il solenoide sia avvolto in aria e sia percorso dalla corrente continua I = 5 [A]: 57 l S H, B, d 0 I I 1) determinare il campo magnetico, l’induzione ed il flusso all’interno del solenoide. Nei solenoidi rettilinei lunghi (ovvero di lunghezza almeno dieci volte maggiore del diametro) ed avvolti a spire serrate con verso omogeneo, il campo magnetico all’interno è praticamente uniforme e di intensità pari a: N I 1500 5 H 7500 [A/m] l 1 Le linee di campo magnetico all’interno sono parallele all’asse del solenoide ed hanno verso determinato dal senso di avvolgimento e dal verso della corrente. Con riferimento alla figura, applicando la regola della vite ed immaginando quindi di ruotare la vite secondo il verso col quale la corrente percorre l’avvolgimento avremo che la vite avanzerà verso destra, quindi questo è il verso del campo all’interno del solenoide. Un altro modo per individuare il verso del campo consiste nell’immaginare di prendere nel palmo della mano il solenoide in modo tale che la corrente percorra la parte di avvolgimento a contatto con la mano con verso che va dal polso alle dita: il pollice indicherà il verso del campo. L’induzione magnetica si determina moltiplicando il campo per la permeabilità magnetica del mezzo nel quale il campo si sviluppa. Nel nostro caso essendo il mezzo l’aria assumeremo come valore della permeabilità quello del vuoto: B 0 H 1,257 106 7500 9,428 103 [Wb/m 2 ] Il flusso di induzione magnetica si determina moltiplicando l’induzione per la sezione interna del solenoide calcolata trasversalmente alle linee di campo: d 2 0,08 2 S 5,027 10 3 [m 2 ] 4 4 B S 9,428 10 3 5,027 10 3 4,739 10 5 [Wb] Sia l’induzione che il flusso hanno sempre lo stesso verso del campo. 2) calcolare l’induttanza del solenoide. L’induttanza (detta anche coefficiente di autoinduzione) di un qualsiasi circuito elettrico è per definizione il rapporto tra il flusso autoconcatenato col circuito e l’intensità della corrente che circolando nel circuito stesso produce il flusso. In un solenoide il flusso autoconcatenato si calcola moltiplicando il flusso prodotto dalla corrente circolante nell’avvolgimento per il numero di spire che compone l’avvolgimento (naturalmente tutte 58 le spire devono essere avvolte nello stesso senso). Infatti il flusso si concatena col circuito ogniqualvolta interseca il piano delimitato da una spira. Nel nostro caso: ac N 1500 4,739 105 0,07109 [Wb] L’induttanza vale quindi: ac 0,07109 L 0,01422 [H] 14,22 [mH] I 5 Osservazione: i dispositivi che come il solenoide hanno lo scopo di realizzare un valore concentrato di induttanza sono chiamati induttori. E’ importante non confondere gli induttori con i reostati a filo avvolto. Infatti questi ultimi hanno lo scopo di realizzare un valore concentrato di resistenza e per questo scopo il conduttore che si impiega non è il rame bensì una lega resistiva (manganina, costantana, ferro-nichel. ecc.). Inoltre il filo conduttore di lega resistiva viene avvolto sul supporto in un numero pari di strati invertendo il verso di avvolgimento passando da strato a strato al fine di rendere il più piccolo possibile il flusso autoconcatenato e l’induttanza (che in questo dispositivo è un parametro elettrico parassita). 3) determinare l’energia immagazzinata nel campo magnetico interno al solenoide. Questa energia si può calcolare attraverso l’espressione: 1 1 W L I 2 0,01422 5 2 0,17775 [J] 2 2 Oppure si può calcolare attraverso l’energia specifica interna al campo magnetico: 1 1 Ws B H 9,428 10 3 7500 35,35 [J/m 3 ] 2 2 vol S l 5,027 10 3 1 5,027 10 3 [m 3 ] W Ws vol 35,35 5,027 10 3 0,1777 [J] 4) supponendo che l’intensità della corrente si annulli nel tempo di un centesimo di secondo, calcolare il valore medio della forza elettromotrice autoindotta Eai che si sviluppa in tale intervallo di tempo nel solenoide. Per la legge generale dell’induzione elettromagnetica, la variazione di corrente nel solenoide comporta la variazione di flusso autoconcatenato e quindi lo sviluppo di una forza elettromotrice chiamata autoindotta in quanto prodotta dalla variazione del flusso dovuto alla stessa corrente presente nel circuito. Per prima cosa individuiamo il verso di tale f.e.m. autoindotta. A tale scopo bisogna tenere presente che essa deve opporsi alla causa che l’ha generata. Siccome la causa è una diminuzione della corrente e quindi del flusso autoconcatenato, per opporsi a tale diminuzione la f.e.m. autoindotta dovrà essere tale da sostenere la corrente e quindi si presenterà ai morsetti del solenoide con le polarità di figura: 59 H, B, Eai I I Ovviamente se, a differenza del caso in esame, la corrente variasse aumentando, il verso della f.e.m. autoindotta sarebbe opposto a quello appena determinato in quanto comunque la f.e.m. deve opporsi alla causa che l’ha generata. La sua intensità si calcola applicando la legge generale dell’induzione elettromagnetica: ac 0 0,07109 Eai 7,109 [V] t 0,01 la variazione di flusso autoconcatenato è stata calcolata facendo il flusso finale (zero perché se si annulla la corrente si annulla anche il flusso) meno il flusso iniziale. Lo stesso risultato, ricordando la definizione di induttanza, si ottiene anche nel seguente modo: I 05 ac L I Eai L 14,22 10 3 7,109 [V] t 0,01 Osservazione: da quanto fino ad ora esposto risulta evidente il diverso comportamento elettrico dell’induttanza nel caso in cui la corrente che l’attraversa vari nel tempo rispetto al caso in cui rimanga costante. Se la corrente varia nel tempo l’induttanza reagisce opponendosi a tale variazione attraverso lo sviluppo della f.e.m. autoindotta, se invece la corrente è costante l’induttanza non produce alcun effetto comportandosi come se fosse un cortocircuito. Esercizio 2 (f.e.m. indotta in una spira che ruota in un campo magnetico) Si abbia una bobina di forma rettangolare composta da N = 10 spire ed immersa in un campo magnetico uniforme di induzione B = 0,8 [Wb/m2]. La bobina abbia i lati di lunghezza rispettivamente a = 20 [cm] e l = 30 [cm] ed una posizione nell’istante considerato iniziale per la quale il suo piano sia parallelo alle linee di induzione, cioè sia nell’istante iniziale = −90° ( è l’angolo misurato tra la direzione positiva del campo magnetico e la direzione positiva della normale Ns alla superficie della bobina). La bobina ruoti attorno al proprio asse Nr con una velocità angolare costante pari ad = 314,2 [rad/s]. 60 a Nr B a B l Ns Ns N M (vista laterale) (vista dall’alto) 1) determinare la f.e.m. media indotta nella bobina durante il primo quarto di giro. Nel primo quarto di giro la bobina ruota dalla posizione iniziale per la quale = −90° alla posizione per la quale = 0°. Siccome il flusso concatenato con la bobina è nullo quando = −90° (la bobina giace in un piano parallelo alle linee di campo) e massimo quando = 0° (la bobina giace in un piano perpendicolare alle linee di campo) vi sarà una variazione di flusso concatenato con conseguente sviluppo di f.e.m. indotta. Il valor medio di tale f.e.m. indotta si determina applicando la legge generale dell’induzione elettromagnetica: S a l 20 30 600 [cm 2 ] 0,06 [m 2 ] c B S N 0 0,8 0,06 10 0 0,48 [Wb] t 2 5 10 3 [s] 314,2 c 0,48 Ei 96 [V] t 5 10 3 Nelle espressioni sopra scritte (B·S·N) rappresenta il flusso concatenato con la bobina, calcolato come prodotto del flusso attraverso una spira (B·S) per il numero di spire che compongono la bobina. La polarità che caratterizza la f.e.m. indotta si determina considerando che deve opporsi alla causa che l’ha generata. Nel caso in esame ad avere generato la f.e.m. è un aumento del flusso concatenato e quindi, per opporsi, la f.e.m. deve essere tale da agire nella bobina (guardata da un osservatore che veda il campo andargli incontro) con verso orario così che il campo magnetico generato dalla corrente sostenuta dalla f.e.m. indotta si opponga al campo esterno di induzione B. In definitiva la f.e.m. indotta si presenterà alle estremità della bobina con la polarità positiva in N e negativa in M: 61 Nr B Ei Ns N M (vista laterale) 2) determinare la f.e.m. media indotta nella bobina durante il secondo quarto di giro. Nel secondo quarto di giro la bobina ruota dalla posizione per la quale = 0° alla posizione per la quale = +90°. Siccome il flusso concatenato con la bobina è massimo quando = 0° (la bobina giace in un piano perpendicolare alle linee di campo) e nullo quando = 90° (la bobina giace in un piano parallelo alle linee di campo) vi sarà una variazione di flusso concatenato con conseguente sviluppo di f.e.m. indotta. Il valor medio di tale f.e.m. indotta varrà: c 0 B S N 0 0,8 0,06 10 0,48 [Wb] c 0,48 96 [V] t 5 10 3 Ovviamente il valor medio è lo stesso di prima, solo che adesso vi è una diminuzione del flusso concatenato anziché un aumento e quindi cambia il segno della f.e.m. indotta che ora agirà nella bobina con verso antiorario con conseguente inversione delle polarità in N ed M. Ei 3) determinare la f.e.m. media indotta nella bobina durante il terzo quarto di giro. Nel terzo quarto di giro la bobina ruota dalla posizione per la quale = +90° alla posizione per la quale = +180°. Siccome il flusso concatenato con la bobina è nullo quando = +90° (la bobina giace in un piano parallelo alle linee di campo) e massimo negativo quando = +180° (il flusso concatenato è negativo perché la bobina giace in un piano perpendicolare alle linee di campo ma orientata con verso opposto rispetto al caso in cui = 0°) vi sarà una variazione di flusso concatenato con conseguente sviluppo di f.e.m. indotta. Il valor medio di tale f.e.m. indotta varrà: c ( B S N ) 0 0,8 0,06 10 0 0,48 [Wb] c 0,48 96 [V] t 5 10 3 Si nota che il segno è lo stesso del caso precedente. Infatti continua ad esservi una diminuzione del flusso concatenato che passa da zero al valore massimo negativo e quindi per opporsi a tale variazione la f.e.m. indotta dovrà continuare ad agire con verso antiorario facendo permanere positiva l’estremità M e negativa l’estremità N. Ei 4) determinare la f.e.m. media indotta nella bobina durante il quarto quarto di giro. Nell’ultimo quarto di giro la bobina ruota dalla posizione per la quale = +180° alla posizione per la quale = +270° = −90°. Siccome il flusso concatenato con la bobina è massimo negativo quando 62 = +180° e nullo quando = −90° (la bobina giace in un piano parallelo alle linee di campo) vi sarà una variazione di flusso concatenato con conseguente sviluppo di f.e.m. indotta. Il valor medio di tale f.e.m. indotta varrà: c 0 ( B S N ) 0 ( 0,8 0,06) 10 0,48 [Wb] c 0,48 96 [V] t 5 10 3 Si nota che il segno è opposto rispetto quello del caso precedente. Infatti ora il flusso concatenato varia aumentando in quanto passa da un valore negativo a zero e di conseguenza la f.e.m. indotta per opporsi alla variazione dovrà agire come nel primo caso, cioè in senso orario determinando alle estremità della bobina le polarità positiva per N e negativa per M. Ei 5) determinare l’espressione della f.e.m. indotta in un generico istante di tempo. Riassumendo quanto finora accertato possiamo dire che, grazie al moto rotatorio, nella bobina si sviluppa a partire dall’istante considerato iniziale (nel quale la bobina è parallela alla direzione del campo, = −90°) una f.e.m. indotta avente segno alternato. Nel succedersi dei quarti di giro il segno risulta avere la sequenza −, +, +, −. Quando il segno della f.e.m. è negativo è l’estremità N della bobina ad essere positiva, quando il segno della f.e.m. è positivo è l’estremità M della bobina ad essere positiva. E’ facile intuire che se si considera un giro completo si avrà una f.e.m. indotta media nulla in quanto il flusso concatenato finale coinciderà col flusso concatenato iniziale e non vi sarà quindi variazione alcuna di flusso concatenato. Per esprimere il valore istantaneo di f.e.m. indotta bisogna innanzitutto individuare l’espressione del valore istantaneo di flusso concatenato. Allo scopo si osserva che nel generico istante t [s] il flusso concatenato sarà proporzionale alla parte di sezione della spira che in quell’istante è trasversale alla direzione dell’induzione: a B aT Ns (vista dall’alto) Se indico con l’angolo del quale la bobina ha ruotato nel generico istante t rispetto alla posizione che essa aveva nell’istante iniziale, l’area della bobina che risulta essere trasversale alla direzione del campo vale: s(t ) aT l (a sen) l Ricordando l’espressione che lega l’angolo con la velocità angolare ed il tempo si ha: t s(t ) aT l (a sen) l a l sen( t ) S sen( t ) Il flusso concatenato avrà quindi un valore istantaneo pari a: 63 c(t ) B s(t ) N B S sen( t ) N c(t ) CMAX sen( t ) 0,48 sen(314,2 t ) CMAX B S N 0,8 0,06 10 0,48 [Wb] In tale espressione ho chiamato con CMAX il valore del flusso concatenato quando la bobina è esattamente trasversale al campo, che ovviamente è il massimo valore che il flusso stesso può assumere. Il flusso concatenato è quindi variabile nel tempo con legge periodica alternata sinusoidale ed il grafico che rappresenta tale variazione è il seguente: c(t) 0,48 0 0,005 /2 0,01 0,015 3/2 0,02 2 t −0,48 In ascissa, per una migliore comprensione del fenomeno, è pure riportato in radianti l’angolo del quale la bobina è ruotata a partire dall’istante iniziale. Applicando ora la legge generale dell’induzione magnetica col necessario rigore matematico (e quindi assumendo che le variazioni delle grandezze siano infinitesimali) e tenendo conto delle note regole di derivazione, avrò: dc(t ) d CMAX sen( t ) ei (t ) CMAX cos( t ) dt dt Sostituendo i valori relativi all’esercizio si ha: ei (t ) CMAX cos( t ) 0,48 314,2 cos(314,2 t ) 150,82 cos(314,2 t ) [V] Il grafico che rappresenta tale funzione è: 64 ei(t) 150,8 0 0,005 /2 0,01 0,015 3/2 0,02 2 t −96 −150,8 Si nota che la f.e.m. indotta è massima quando è massima la pendenza della tangente alla funzione che rappresenta il flusso concatenato (e questo avviene quando il flusso concatenato cambia di segno), è nulla quando è nulla la pendenza della tangente alla funzione che rappresenta il flusso concatenato (e questo avviene quando il flusso concatenato raggiunge il valore massimo positivo e il valore massimo negativo). Per ultimo andiamo a verificare se è vero che il valore medio della f.e.m. indotta nel primo quarto di periodo, cioè nell’intervallo di tempo da 0 [s] a 0,005 [s], vale proprio Ei=−96 [V]. Bisogna per prima cosa calcolare l’area sottesa dalla funzione ei(t) nell’intervallo da 0 a 0,005 ed allo scopo calcolo l’integrale definito: A 0, 005 0 150,82 cos(314,2 t ) dt 0,48 [V s] Ricordando che il valor medio è quel valore che, rimanendo costante nell’intervallo di tempo considerato, determina un’area rettangolare pari a quella sottesa dalla funzione, si ha: A 0,48 Ei 96 [V] t 0,005 0 Esercizio 3 (circuito magnetico tutto serie, problema diretto) Si abbia il seguente circuito magnetico: 65 l1 S1 Φ I1 H1 , B1 FMM1 N1 lT ghisa A N2 HT , BT l2 lamiere normali I2 D E FMM2 S2 H2 , B2 Il circuito magnetico sia composto da due tronchi in materiale ferromagnetico e da un traferro. Le dimensioni geometriche siano l1=30 [cm], S1=12 [cm2] per il tronco in ghisa, l2=10 [cm], S2= 8 [cm2] per il tronco in lamierini normali (la lunghezza è quella della linea di induzione media misurata come indicato nella figura e la sezione è quella netta trasversale alla linea di induzione media). Il traferro abbia estensione lT=1,5 [mm] e la sua sezione sia del 5% maggiore di S1 a causa dell’effetto ai bordi delle linee di campo magnetico (si tratta del fenomeno della espansione laterale delle linee di forza). Sul circuito magnetico agiscano due avvolgimenti, il primo composto da N1=100 spire e percorso dalla corrente I1= 40 [A] col verso di figura, il secondo composto da N2=75 spire. Infine si trascurino eventuali flussi dispersi. 1) determinare l’intensità che deve avere la corrente I2 nel secondo avvolgimento affinché il campo magnetico nel traferro valga HT= 800000 [A/m] ed abbia il verso dall’alto al basso. Il tipo di problema proposto è sicuramente del tipo diretto in quanto è fornito il campo magnetico in un tratto del circuito così che diventa possibile trovare direttamente l’induzione ed il campo in ogni altro tratto e applicare la legge della circuitazione magnetica (metodo delle forze magnetomotrici parziali) o la legge di Hopkinson (metodo delle riluttanze) al fine di determinare la corrente incognita. Noi risolviamo col metodo delle forze magnetomotrici parziali. Per prima cosa bisogna assegnare un verso arbitrario alla corrente incognita I2 nel secondo avvolgimento, nel nostro caso scegliamo il verso di figura. Quindi andiamo a determinare per ogni tronco omogeneo (si intende un tratto di circuito caratterizzato da uniformità di materiale, di sezione e di flusso) del circuito il campo magnetico e la lunghezza. 66 Traferro: l T 1,5 103 [m] H T 8 105 [A/m] Tronco in ghisa: l1 0,3 [m] Per trovare il campo considero che essendo il circuito tutto serie il flusso sarà lo stesso in tutti i tronchi. Avendo poi imposto il campo nel traferro diretto dall’alto al basso, il flusso circolerà nel circuito con verso orario. Il valore del flusso varrà: BT ST o HT 1,05 S1 1,257 106 8 105 1,05 12 104 1,267 103 [Wb] L’induzione nella ghisa varrà: 1,267 103 B1 1,056 [Wb/m 2 ] 4 S1 12 10 Per conoscere il campo magnetico nella ghisa dovrò consultare le caratteristiche di magnetizzazione di questo materiale. Tali caratteristiche riportano: B' 1 [Wb/m 2 ] H' 110 [A/cm] B" 1,1 [Wb/m 2 ] H" 150 [A/cm] Eseguendo una interpolazione lineare tra le due coppie ho: H" H' 150 110 H1 H' (B1 B' ) 110 (1,056 1) 132,4 [A/cm] 13240 [A/m] B" B' 1,1 1 Tronco in lamierini normali: l 2 0,1 [m] 1,267 10 3 1,584 [Wb/m 2 ] 4 S2 8 10 Per conoscere il campo magnetico nelle lamiere dovrò consultare le caratteristiche di magnetizzazione di questo materiale. Tali caratteristiche riportano: B' 1,5 [Wb/m 2 ] H' 18 [A/cm] B2 B" 1,6 [Wb/m 2 ] H" 31 [A/cm] Eseguendo una interpolazione lineare tra le due coppie ho: H" H' 31 18 H 2 H' (B 2 B' ) 18 (1,584 1,5) 28,92 [A/cm] 2892 [A/m] B" B' 1,6 1,5 Ora che ho il campo e la lunghezza per ciascun tronco posso applicare la legge della circuitazione magnetica. Questa legge dice che lungo una linea chiusa la somma aritmetica delle cadute di tensione magnetica eguaglia la somma algebrica delle forze magnetomotrici (le forze magnetomotrici si prendono positive se agiscono concordemente col verso della linea chiusa assunto positivo). Si sceglie come linea chiusa la linea di induzione media e come verso positivo il verso del flusso. Con tali presupposti è facile verificare che la forza magnetomotrice del primo avvolgimento è da prendersi positiva mentre la forza magnetomotrice del secondo avvolgimento è da prendersi negativa. L’equazione rappresentante la legge della circuitazione diventa quindi: H1 l1 H2 l 2 HT l T FMM 1 FMM 2 H1 l1 H2 l 2 HT l T N1 I1 N2 I 2 Risolvendo rispetto I2 si ha infine: 67 I2 N1 I1 H1 l1 H 2 l 2 H T l T 100 40 13240 0,3 2892 0,1 8 105 1,5 103 N2 75 19,48 [A] Il fatto che la corrente da determinarsi sia risultata negativa significa che al fine di ottenere nel traferro il campo desiderato bisogna imporre nel secondo avvolgimento una corrente di 19,48 [A] con verso opposto a quello prefissato, ovvero anche il secondo avvolgimento deve produrre una forza magnetomotrice concorde col verso del flusso. 2) Determinare la tensione magnetica ai capi del tronco in ghisa. La tensione magnetica tra i punti D e A può essere trovata in due diversi modi, in ogni caso si applica al circuito magnetico l’analogo della legge di Ohm applicata ad un tratto di circuito elettrico. Se uso il tratto comprendente il tronco in ghisa e l’avvolgimento fatto di N1 spire ho: (H l)DA FMM 1 H1 l1 100 40 13240 0,3 28 [A] Se uso il tratto comprendente il traferro ed il tronco in lamiere con l’avvolgimento fatto di N2 spire ho: (H l ) DA FMM 2 H 2 l 2 H T l T 75 (19,48) 2892 0,1 8 105 1,5 103 28,2 [A] . 3) Risolvere lo stesso circuito usando il metodo delle riluttanze. Per prima cosa si disegna il circuito magnetico in forma analoga ad un circuito elettrico: D Φ R1 RT FMM1 E A R2 FMM2 Quindi si determinano le riluttanze che compongono il circuito. Riluttanza del traferro: lT lT 1,5 103 RT 947,1 103 [H -1 ] o ST o 1,05 S1 1,257 10 6 1,05 12 10 4 Riluttanza del tronco in ghisa: Per conoscere la permeabilità magnetica relativa nella ghisa dovrò consultare le caratteristiche di magnetizzazione di questo materiale. Tali caratteristiche riportano: 68 B' 1 [Wb/m 2 ] r' 72 B" 1,1 [Wb/m 2 ] μr" 58 Eseguendo una interpolazione lineare tra le due coppie ho: r"r' 58 72 r1 r' (B1 B' ) 72 (1,056 1) 64,16 B" B' 1,1 1 l1 0,3 R1 3,100 106 [H -1 ] 6 4 r1 o S1 64,16 1,257 10 12 10 Riluttanza del tronco in lamierini normali: Per conoscere la permeabilità magnetica relativa nelle lamiere dovrò consultare le caratteristiche di magnetizzazione di questo materiale. Tali caratteristiche riportano: B' 1,5 [Wb/m 2 ] r' 663 B" 1,6 [Wb/m 2 ] μr" 411 Eseguendo una interpolazione lineare tra le due coppie ho: r"r' 411 663 r2 r' (B 2 B' ) 663 (1,584 1,5) 451,3 B" B' 1,6 1,5 l2 0,1 R2 2,203 105 [H -1 ] 6 4 r2 o S 2 451,3 1,257 10 8 10 Note le riluttanze, applico la legge di Hopkinson al circuito magnetico (in modo analogo alla legge do Ohm applicata ad un circuito elettrico chiuso, con la forza magnetomotrice che corrisponde alla forza elettromotrice, il flusso che corrisponde alla corrente e la riluttanza che corrisponde alla resistenza): FMM 1 FMM2 Φ (R 1 R 2 R T ) N I Φ (R 1 R 2 R T ) FMM1 N1 I1 I 2 1 1 N2 FMM2 N 2 I 2 100 40 1,267 10 3 ( 3,100 106 2,203 105 947,1 103 ) 18,76 [A] 75 Osservazione: la differenza numerica tra le due soluzioni dipende dal fatto che si sono utilizzati i valori tabulati di campo e di permeabilità relativa che sono stati rilevati sperimentalmente e dal fatto che è stato necessario effettuare su tali valori delle interpolazioni lineari (essendo le caratteristiche di magnetizzazione e di permeabilità diverse tra di loro, l’interpolazione lineare introduce nei due casi errori diversi). Per gli stessi motivi, le cadute di tensione magnetica danno risultati leggermente diversi a seconda che siano calcolate come (H·l) oppure come (Φ·R). Esercizio 4 (circuito magnetico tutto serie, problema inverso) Si abbia un circuito magnetico di ghisa di forma toroidale avente un traferro dallo spessore costante pari a lT=3 [mm]. La lunghezza della circonferenza media, compreso il traferro, è lm=60 [cm] e la sezione del nucleo di ghisa è S1=16 [cm2]. L’avvolgimento di eccitazione è disposto uniformemente sulla metà del nucleo opposta al traferro ed è composto di N=600 spire percorse dalla corrente I=2 [A]. Si trascurino gli eventuali flussi dispersi e si consideri la sezione del traferro maggiorata del 5% rispetto alla sezione del nucleo in ghisa a causa dell’effetto ai bordi delle linee di campo magnetico. 69 Φ I A N lT C E D 1) Determinare il flusso presente nel circuito magnetico. Essendo il circuito magnetico tutto serie, il flusso avrà lo stesso valore in tutte le sezioni. Il verso del flusso si determina immediatamente conoscendo il senso di avvolgimento delle spire ed il verso della corrente nell’avvolgimento. Nel caso in esame il verso del flusso sarà quello orario. La determinazione del valore del flusso è invece molto più problematica. Infatti si conosce la forza magnetomotrice assegnata che vale: FMMA N I 600 2 1200 [A] ma, essendo il circuito composto di più tronchi (due nel nostro caso, il nucleo in ghisa ed il traferro) accade che la non linearità della caratteristica di magnetizzazione rende impossibile determinare il valore della permeabilità o del campo magnetico nelle diverse parti del circuito mediante l'applicazione diretta di equazioni risolutrici. Bisogna quindi procedere per tentativi applicando il seguente algoritmo: 70 inizio passo a) scelta del valore desiderato di accuratezza per la soluzione. passo b) scelta del valore dell’induzione in un tronco per il 1° tentativo. passo e) scelta di un nuovo valore per l’induzione, secondo le risultanze del confronto. no passo c) calcolo della f.m.m. conseguente al valore prefissato di induzione (problema diretto). passo d) verifica che il valore di f.m.m. calcolata soddisfi l’accuratezza prefissata. si passo f) comunicazione del valore di induzione che risolve il problema. fine passo a) Scegliamo per l’accuratezza della risoluzione un valore pari al 5% (è inutile scegliere un valore migliore in quanto le tabelle di magnetizzazione delle quali disponiamo sono piuttosto grossolane). Quindi riterremo accettabile la soluzione per la quale la forza magnetomotrice necessaria a sostenere il flusso calcolato sarà compresa nella fascia di valori: 5 5 FMMA FMMA FMMC FMMA FMMA 100 100 5 5 1200 1200 FMMC 1200 1200 1140 [A] FMMC 1260 [A] 100 100 passo b) Scegliamo pari a B1= 0,6 [Wb/m2] il valore dell’induzione nel tronco in ghisa per il primo tentativo. Questo valore è stato fissato considerando che è centrale nella tabella di magnetizzazione della ghisa a nostra disposizione ove i valori possibili variano tra 0,1 ed 1,2 [Wb/m2]. passo c) Calcoliamo la FMMC necessaria a sostenere il valore di induzione prefissato. Si tratta di risolvere il problema diretto, ad esempio col metodo delle forze magnetomotrici parziali. 71 Per il tronco in ghisa si ha: l 1 lm l T 0,6 0,003 0,597 [m] B 1 0,6 [Wb/m 2 ] H 1 2800 [A/m] , dalla lettura della tabella di magnetizza zione. Il flusso nel circuito sarà: B1 S 1 0,6 16 10 4 9,6 10 4 [Wb] Per il traferro si ha: lT = 3·10−3 [m] ST = 1,05·S1 = 1,05·16·10−4 = 16,8·10−4 [m2] 9,6 10 4 BT 0,5714 [Wb/m 2 ] 4 S T 16,8 10 BT 0,5714 4,546 105 [A/m] 6 o 1,257 10 La forza magnetomotrice necessaria a sostenere il valore prefissato di induzione vale: FMMC l 1 H 1 l T H T 0,597 2800 3 10 3 4,546 10 5 3035 [A] HT Passo d) Verifichiamo se il valore di forza magnetomotrice calcolata soddisfa l’accuratezza prefissata. Essendo FMMC > 1260 [A] la condizione non è soddisfatta. Passo e) Scelgo un nuovo valore di induzione. Essendo il tentativo precedente fallito per eccesso del valore di FMMC, la nuova scelta dovrà essere per un valore inferiore di induzione. Scelgo il valore intermedio tra il minimo tabulato ed il valore del tentativo precedente: 0,1 0,6 B1 0,35 [Wb/m 2 ] 2 passo c2) Calcoliamo la FMMC necessaria a sostenere il valore di induzione prefissato. Per il tronco in ghisa si ha: B1 0,35 [Wb/m 2 ] H1 1050 [A/m] ottenuto dalla lettura della tabella di magnetizzazione con relativa interpolazione lineare. Il flusso nel circuito sarà: B1 S1 0,35 16 104 5,6 104 [Wb] Per il traferro si ha: 5,6 10 4 BT 0,3333 [Wb/m 2 ] S T 16,8 10 4 BT 0,3333 2,652 10 5 [A/m] 6 o 1,257 10 La forza magnetomotrice necessaria a sostenere il valore prefissato di induzione vale: FMMC l 1 H 1 l T H T 0,597 1050 3 10 3 2,652 10 5 1422 [A] HT Passo d2) Verifichiamo se il valore di forza magnetomotrice calcolata soddisfa l’accuratezza prefissata. Essendo FMMC > 1260 [A] la condizione non è soddisfatta. Passo e2) 72 Scelgo un nuovo valore di induzione. Essendo il tentativo precedente fallito per eccesso del valore di FMMC, la nuova scelta dovrà essere per un valore inferiore di induzione. Considerando il piccolo scostamento rispetto alla fascia accettabile, scelgo il valore tabulato immediatamente minore: B1 0,3 [Wb/m 2 ] passo c3) Calcoliamo la FMMC necessaria a sostenere il valore di induzione prefissato. Per il tronco in ghisa si ha: B1 0,3 [Wb/m 2 ] H1 800 [A/m] ottenuto dalla lettura della tabella di magnetizzazione. Il flusso nel circuito sarà: B1 S1 0,3 16 104 4,8 104 [Wb] Per il traferro si ha: 4,8 10 4 BT 0,2857 [Wb/m 2 ] 4 S T 16,8 10 BT 0,2857 2,273 10 5 [A/m] 6 o 1,257 10 La forza magnetomotrice necessaria a sostenere il valore prefissato di induzione vale: FMMC l 1 H 1 l T H T 0,597 800 3 10 3 2,273 10 5 1159 [A] HT Passo d3) Verifichiamo se il valore di forza magnetomotrice calcolata soddisfa l’accuratezza prefissata. Essendo: 1140 [A] FMMC 1159 1260 [A] la condizione è soddisfatta. Passo f) I valori di induzione e di flusso che soddisfano l’accuratezza prefissata sono quindi: B1 0,3 [Wb/m 2 ] , 4,8 104 [Wb] 2) Determinare la corrente nell’avvolgimento affinché il flusso nel circuito magnetico sia quello sopra calcolato. Nella precedente parte dell’esercizio abbiamo calcolato in modo approssimato quale flusso viene indotto dalla corrente di 2 [A]. Ora vogliamo vedere quale corrente è in effetti necessaria per sostenere il flusso di 4,8·10−4 [Wb]. Basterà allo scopo calcolare: F 1159 FMMC N I' I' MMC 1,932 [A] N 600 3) Determinare l’induttanza dell’avvolgimento ipotizzando che sia nullo il flusso disperso. L’induttanza dell’avvolgimento dipende dal flusso autoconcatenato che è pari a: AC N 4,8 104 600 0,288 [Wb] Quindi l’induttanza varrà: 0,288 L AC 0,1491 [H] I 1,932 73 4) Determinare l’energia immagazzinata nel circuito magnetico. Tale energia si può determinare in due diversi modi. Il primo consiste nel passare attraverso l’energia specifica. In tal caso con ovvio significato dei simboli si avrà: 1 WS1 B1 H1 0,3 800 120 [J/m 3 ] 2 W1 WS1 V1 0,1146 [J] 4 4 3 V1 S1 l1 16 10 0,597 9,552 10 [m ] 1 BT H T 0,2857 2,273 105 3,247 104 [J/m 3 ] 2 WT WST VT 0,1636 [J] 4 3 6 3 VT ST l T 16,8 10 3 10 5,04 10 [m ] W W1 WT 0,1146 0,1636 0,2782 [J] Il secondo consiste nell’utilizzare il valore dell’induttanza dell’avvolgimento: 1 1 W L I 2 0,1491 1,9322 0,2782 [J] 2 2 WST 5) Determinare la tensione magnetica tra i punti A, D. Allo scopo possiamo usare la parte di circuito a sinistra dei punti A, D: lm 0,6 (H l ) AD FMMC H1 1159 800 919 [A] 2 2 dove lm/2 è la lunghezza della parte in ghisa a sinistra dei punti A, D. Ma possiamo anche usare la parte di circuito a destra dei punti A, D: lm 0,6 ( H l ) AD H1 l T H T l T 800 3 10 3 2,273 105 3 10 3 919 [A] 2 2 Esercizio 5 (forza portante di un elettromagnete) Si abbia un elettromagnete a nucleo mobile (il nucleo mobile costituisce l’ancora dell’elettromagnete) realizzato in ferro fucinato con l’avvolgimento costituito da N = 1000 spire: l2 l2 N l1 lT Fe lT Le sue dimensioni geometriche siano le seguenti: 74 lunghezza media della colonna centrale comprensiva del traferro l1 = 8 [cm]; sezione trasversale della colonna centrale A1 = 6 [cm2]; lunghezza media dei gioghi comprensiva dei traferri l2 = 17 [cm]; sezione trasversale dei gioghi A2 = 3 [cm2]; lunghezza massima della corsa del nucleo mobile (ancora alla massima distanza) δM = 5 [mm]; lunghezza minima della corsa del nucleo mobile (ancora accostata) δm = 0,2 [mm]; lunghezza dei tra ferri tra nucleo mobile e gioghi lT = 0,7 [mm]. 1) Determinare il valore da assegnare alla corrente di eccitazione nell’avvolgimento affinché la forza sviluppata ad ancora accostata valga Fea = 350 [N] (si trascurino eventuali flussi dispersi e gli effetti ai bordi dei tra ferri). La forza di attrazione che l’elettromagnete esercita sull’ancora dipende dall’induzione nel traferro e dalla superficie del polo secondo la seguente relazione: Boa 2 A1 Fea 2 o dove Boa è il valore di induzione nel traferro tra il nucleo mobile ed il giogo quando la lunghezza del traferro ha il valore minimo (ancora accostata) pari a δm = 0,2 [mm]. Si può quindi calcolare il valore che deve assumere l’induzione nel traferro ad ancora accostata: Boa 2 A 1 2 o Fea 2 1,257 10 6 350 Boa 1,327 [Wb/m 2 ] 2 o A1 5 10 4 Considerando la simmetria del circuito magnetico rispetto l’asse verticale e considerando che i gioghi hanno sezione pari alla metà della sezione della colonna centrale, avremo un’induzione costante in tutto il circuito magnetico. Per conoscere il campo magnetico nel ferro dovrò consultare le caratteristiche di magnetizzazione di questo materiale. Tali caratteristiche riportano: B' 1,3 [Wb/m 2 ] H' 8,5 [A/cm] Fea B" 1,4 [Wb/m 2 ] H" 12 [A/cm] Eseguendo una interpolazione lineare tra le due coppie ho: H" H' 12 8,5 Hfea H' (Boa B' ) 8,5 (1,327 1,3) 9,445 [A/cm] 944,5 [A/m] B" B' 1,4 1,3 Il campo magnetico nei traferri varrà: Boa 1,327 Hoa 1,057 10 6 [A/m] o 1,256 10 6 Per determinare la forza magnetomotrice necessaria a sostenere questi campi conviene applicare la legge della circuitazione magnetica indifferentemente ad una delle due maglie (tra di loro uguali) del circuito magnetico. La lunghezza complessiva della parte in ferro per ciascuna maglia è: lfea (l1 m ) (l 2 l T ) (8 0,02) (17 0,7) 24,28 [cm] La lunghezza complessiva dei traferri per ciascuna maglia è: l Ta m l T 0,2 0,7 0,9 [mm] Applicando la legge della circuitazione si trova infine la corrente di eccitazione richiesta: N Ia Hfea lfea Hoa l Ta Hfea lfea Hoa l Ta 944,5 0,2428 1,057 106 0,9 10 3 Ia 1,181 [A] N 1000 75 2) Determinare la forza di attrazione sviluppata dall’elettromagnete quando l’ancora è alla massima distanza dall’elettromagnete e la corrente di eccitazione è quella precedentemente calcolata. Una soluzione precisa al quesito richiede che si calcoli l’induzione nel traferro e, quindi, che si proceda per tentativi nella soluzione del problema che si presenta del tipo inverso. Tuttavia, quando si ha la massima lunghezza della corsa dell’ancora accade che nel circuito magnetico quasi tutta la tensione magnetica cade nel traferro così che si può trascurare la parte in ferro ed il problema si può risolvere con accettabile approssimazione per via diretta. Trascurando la parte in ferro, la legge della circuitazione applicata ad una delle due maglie dice che: N Ia Hos l Ts dove lTs è la lunghezza complessiva del traferro ad ancora massimamente staccata: l Ts M l T 5 0,7 5,7 [mm] Risolvendo rispetto al campo si ha: N Ia 1000 1,181 Hos 2,072 105 [A/m] l Ts 5,7 103 A tale campo corrisponde l’induzione: Bos o Hos 1,257 106 2,072 105 0,2604 [Wb/m 2 ] Si nota come l’induzione si è ridotta di circa cinque volte; praticamente l’induzione, se si trascura il ferro, risulta inversamente proporzionale alla lunghezza del traferro. Siccome poi la forza è direttamente proporzionale al quadrato dell’induzione avremo che essa sarà inversamente proporzionale al quadrato della lunghezza del traferro: Bos 2 A1 0,2604 6 10 4 Fes 16,18 [N] 2 o 2 1,257 10 6 3) Determinare la corrente necessaria per produrre la forza di 350 [N] quando l’ancora è scostata alla massima distanza dall’elettromagnete. In tal caso nel traferro servirà ancora l’induzione di 1,327 [Wb/m2] e quindi il campo di 1,057·106 [A/m]. Sempre trascurando la caduta di tensione magnetica nel ferro e con ovvio significato dei passaggi si ha: Hoa l Ts 1,057 106 5,7 10 3 N Ia' Hoa l Ts Ia' 6,025 [A] N 1000 76 Reti elettriche in corrente continua e corrente alternata Indice dei contenuti: 1. Introduzione, bipoli fondamentali 2. Principali grandezze elettriche 3. Leggi e principi fondamentali 4. Resistività e coefficiente di temperatura di alcuni materiali: tabella 5. Risoluzione delle reti mediante i principi di Kirchhoff 6. Risoluzione delle reti mediante il metodo di Maxwell 7. Teorema del generatore equivalente di Thevenin 8. Teorema del generatore equivalente di Norton 9. Principio di sovrapposizione degli effetti 10. Principio di Millman 11. Caratteristica esterna e rendimento dei generatori, teorema della massima potenza trasferita 12. Esercizio N° 1 (circuito in c.c., legge di Joule) 13. Esercizio N° 2 (circuito in c.c., differenza di potenziale e potenziale) 14. Esercizio N° 3 (circuito in c.c., risoluzione mediante riduzione delle resistenze) 15. Esercizio N° 4 (circuito in c.c., vari metodi di risoluzione) 16. Esercizio N° 5 (circuito in c.c., Millman) 17. Esercizio N° 6 (circuito in c.c., risoluzione con Kirchhoff ed Ohm) 18. Esercizio N° 7 (circuito in c.c., con generatori di corrente) 19. Esercizio N° 8 (circuito in c.c., vari metodi di risoluzione) 20. Grandezze alternate sinusoidali 21. Grandezze alternate sinusoidali e vettori ruotanti 22. Forme rappresentative per i numeri complessi, operazioni 23. Significato fisico del valore efficace 24. Circuito puramente resistivo in regime sinusoidale, potenza attiva 25. Circuito puramente induttivo in regime sinusoidale, reattanza induttiva 26. Circuito puramente capacitivo in regime sinusoidale, reattanza capacitiva 27. Complementi matematici 28. Potenza elettrica associata ad una corrente in quadratura con la tensione, potenza reattiva 29. Impedenza elettrica, triangolo delle potenze 30. Ammettenza elettrica 31. Criterio di Kennelly-Steinmetz 32. Esercizio N° 9 (circuito in c.a., applicazione di Thevenin e di Millman) 33. Esercizio N° 10 (circuito in c.a., applicazione di Kirchhoff) 34. Teorema di Boucherot 35. Esercizio N° 11 (circuito in c.a., risoluzione e applicazione di Boucherot) 36. Linee semplici monofase, rifasamento 37. Esercizio N° 12 (circuito in c.a., linea monofase con nota la tensione all’arrivo) 38. Esercizio N° 13 (circuito in c.a., linea monofase con nota la tensione alla partenza) 39. Risonanza Introduzione, bipoli fondamentali Ancor prima di passare in rassegna le grandezze fisiche e le leggi che caratterizzano i sistemi elettrici, cerchiamo di capire il significato di circuito elettrico facendo riferimento ad un caso semplice. Consideriamo una "torcia elettrica", essa contiene un circuito elettrico che comprende alcuni dei fondamentali dispositivi che costituiscono i sistemi elettrici. Più precisamente troviamo: 77 a. b. c. d. un generatore elettrico, nella fattispecie una pila chimica; un utilizzatore (detto anche carico), nella fattispecie una lampada ad incandescenza; un dispositivo di comando, nella fattispecie un interruttore; dei fili di materiale metallico conduttore (rame) per il collegamento elettrico dei dispositivi. Il sistema elettrico appena descritto si può riassumere con un circuito equivalente che ne rappresenta il modello: Con Vo è indicato il generatore (più precisamente la sua forza elettromotrice), con K è indicato l'interruttore e con Lp è indicata la lampada ad incandescenza. I conduttori di collegamento sono rappresentati mediante delle linee continue e senza alcuna indicazione letterale, questo perché nella trattazione semplice che stiamo facendo li supponiamo ideali (ovvero capaci di condurre la corrente elettrica senza che questa incontri alcuna resistenza al suo avanzamento). Quando l'interruttore è aperto (come in figura) il circuito è interrotto e si dice che il sistema è a riposo. Quando l'interruttore è chiuso si dice che il sistema è attivo ed è questa la condizione che ci interessa discutere. Il generatore separa al suo interno la carica elettrica positiva da quella negativa, concentrando la prima sul suo polo positivo e la seconda sul suo polo negativo. Siccome le cariche di uguale segno tendono naturalmente a respingersi, il generatore è obbligato a compiere un lavoro e quindi necessita di energia (nel nostro caso energia chimica, che col trascorrere del tempo tenderà ovviamente ad esaurirsi), a lavoro compiuto (cioè a cariche separate) tale energia si sarà tramutata in energia potenziale elettrica posseduta dalle cariche accumulate ai poli. Le cariche accumulate sui poli tenderanno a ricombinarsi attraverso il circuito esterno al generatore visto che l'interruttore è chiuso, quindi considerando che il conduttore metallico permette il solo passaggio degli elettroni (cariche negative), avremo un flusso ordinato di cariche negative (elettroni) che circoleranno in senso antiorario nel circuito costituendo così la corrente elettrica. E' tuttavia bene introdurre fin da ora una importante convenzione adottata nei sistemi elettrici: la corrente elettrica è definita come un flusso ordinato di carica elettrica positiva, quindi, anche se in realtà a spostarsi sono gli elettroni (carica negativa), si ragionerà sempre e soltanto sulla carica positiva. Allo scopo basta applicare un piccolo artificio che consiste nel considerare, invece del flusso di elettroni, un flusso uguale ma opposto di carica elettrica positiva. Adottando tale convenzione diremo che la carica accumulata sul polo positivo del generatore circola in senso orario nel circuito per ricombinarsi con la carica negativa che si trova sul polo opposto e così facendo sostiene la corrente elettrica I. La carica elettrica attraverserà l'utilizzatore Lp e nell'attraversamento perderà l'energia elettrica potenziale che si trasformerà in altra forma, nel nostro caso in calore che porterà all'incandescenza il filamento 78 della lampadina determinando quindi l'emissione di radiazione luminosa. Una volta che la carica positiva avrà raggiunto, grazie al circuito esterno, il polo negativo del generatore, il generatore stesso provvederà a ricondurla al polo positivo fornendole nuova energia potenziale elettrica e consumando nel compiere tale lavoro una parte dell'energia chimica posseduta. Quanto descritto continuerà nel tempo fin tanto che non verrà riaperto l'interruttore oppure fin tanto che non si sarà esaurita l'energia chimica posseduta dal generatore (pila chimica). Vi è una stretta relazione tra la quantità di carica elettrica che si muove nel circuito, la forza elettromotrice del generatore ed il lavoro compiuto (sia quello speso nel generatore che quello utile eseguito nell'utilizzatore), più precisamente la forza elettromotrice del generatore rappresenta il lavoro che può compiere un coulomb di carica elettrica separata sui suoi poli. Quanto finora esposto ha inteso descrivere sommariamente l'organizzazione e lo scopo di un semplice circuito elettrico, quanto seguirà permetterà di analizzare anche quantitativamente il comportamento di circuiti comunque complessi. Con rete elettrica si intende un qualsiasi circuito, comunque complesso, formato da generatori (nei quali l'energia di qualsiasi forma viene trasformata in elettrica) ed utilizzatori (nei quali l'energia elettrica viene trasformata in altra forma). Nei circuiti elettrici si distinguono i nodi e le maglie. Per nodo si intende ogni punto in cui concorrono almeno tre lati o rami indipendenti, mentre una maglia è un circuito chiuso che si ottiene partendo da un nodo della rete e ritornando allo stesso dopo aver percorso i rami della maglia una sola volta in un senso arbitrario prefissato. Una rete elettrica si dice lineare se è costituita soltanto da componenti lineari. Sono tali quei componenti i cui parametri caratteristici non dipendono dai valori di tensione e corrente che li interessano. Una rete elettrica si dice invariante se i suoi componenti hanno parametri caratteristici costanti nel tempo. Una rete elettrica si dice funzionante a regime (o in condizioni stazionarie) se si trova nel tempo sufficientemente lontana rispetto all'istante nel quale si sia applicata ad essa l'ultima sollecitazione, ovvero se si è esaurito qualsiasi fenomeno transitorio. Noi studieremo reti elettriche comprendenti i seguenti cinque componenti bipolari: regolati dalle seguenti note leggi: generatore ideale di tensione: 79 v(t) = vo(t) [V] generatore ideale di corrente: i(t) = io(t) [A] resistore ideale: v(t) = R · i(t) [V] , R [] è la resistenza elettrica condensatore ideale: induttore ideale: dove con dv , di , dt si intendono variazioni infinitesime ( od almeno talmente piccole da poterle ritenere infinitesimali) della tensione, della corrente e del tempo, mentre con v(t) , i(t) si intendono i valori istantanei della tensione e della corrente. I parametri dei componenti passivi sono rispettivamente R (resistenza), C (capacità), L (induttanza) invarianti nel tempo. I parametri dei componenti attivi (generatori) sono la forza elettromotrice vo(t) per il generatore ideale di tensione, la corrente impressa io(t) per il generatore ideale di corrente. Nelle reti che noi considereremo, la forza elettromotrice e la corrente impressa potranno essere soltanto o costanti nel tempo (reti in corrente continua) o variabili sinusoidalmente nel tempo (reti in corrente alternata). Lo studio delle reti elettriche che noi condurremo, oltre a rispondere ai requisiti sopra esposti, presuppone che le reti medesime siano del tipo a parametri concentrati, ovvero si dovranno considerare i valori di resistenza, capacità ed induttanza concentrati in punti particolari della rete ed interconnessi mediante conduttori ideali. Lo studio delle reti è importantissimo sia in ambito elettronico che elettrotecnico, per quest'ultimo tipo di applicazioni, in particolare, esso permette l'analisi dei modelli dei sistemi di distribuzione dell'energia elettrica e dei modelli delle macchine elettriche. Principali grandezze elettriche Carica elettrica : è la quantità di elettricità positiva o negativa di un corpo, essa è sempre un multiplo intero della carica elementare (quanto elementare pari alla carica di un elettrone). L'unità di misura della quantità di carica elettrica è il coulomb. 1 [C] è, a meno del segno, la carica posseduta da 6,242·1018 elettroni. Nello studio delle reti che noi faremo, trascureremo la natura corpuscolare della carica elettrica ed immagineremo che tale grandezza fisica vari con continuità. 80 Intensità di corrente : è il rapporto tra la quantità di carica elettrica che attraversa la sezione di un conduttore ed il tempo impiegato per tale attraversamento. Se il tempo impiegato ha valore finito si parla di intensità media: [A] se il tempo impiegato ha valore infinitesimo si parla di intensità istantanea: [A] Si dice che l'intensità di corrente vale 1 [A] se nel tempo di 1 [s] la sezione del conduttore è attraversata da 1 [C] di carica elettrica. Per convenzione, si assume quale verso di riferimento della corrente quello relativo al movimento di carica positiva, anche se nella maggior parte dei conduttori le cariche libere il cui flusso costituisce corrente sono elettroni (cariche negative). Corrente impressa : è l'intensità di corrente che un generatore ideale di corrente imprime nel ramo ove esso si trova inserito. Differenza di potenziale (tensione elettrica) : si intende sempre valutata tra due punti, ad esempio A e B , si indica con VAB [V] ed è espressa dal rapporto tra il lavoro W [J] necessario per trasferire la carica positiva Q [C] dal punto A al punto B e la carica stessa: [V] Si considera positiva se, nel passare da A a B, la carica positiva compie lavoro cedendo all'esterno parte della propria energia potenziale elettrica che si trasformerà in altra forma, si considera negativa se è dall'esterno che si deve compiere lavoro aumentando così l'energia potenziale elettrica della carica. L'unità di misura della differenza di potenziale è il volt. Si dice che tra due punti vi è la d.d.p. di 1 [V] se lo spostamento di 1 [C] di carica tra essi comporta un lavoro di 1 [Joule]. Potenziale : si intende sempre valutato in un punto, ad esempio A , si indica con VA [V], e rappresenta la d.d.p. tra il punto considerato ed un punto di riferimento ( chiamato punto di massa ) al quale si assegna il valore nullo di potenziale. Il potenziale è legato alla differenza di potenziale dalla seguente relazione VAB = VA - VB [V]. Caduta di tensione : è la d.d.p. valutata ai capi di un utilizzatore o di un generico dispositivo passivo. Rappresenta il lavoro compiuto da un coulomb di carica elettrica che attraversi l'utilizzatore. Forza elettromotrice : è la d.d.p. che un generatore ideale di tensione impone tra i due punti attraverso i quali esso è inserito nella rete. Rappresenta l'energia potenziale elettrica posseduta da un coulomb di carica elettrica separata e raccolta sui poli del generatore. Potenza elettrica : è, in un certo istante t e con riferimento ad un bipolo di morsetti A e B , il prodotto tra i valori istantanei della corrente i(t) entrante nel morsetto A del bipolo e della tensione vAB(t) presente tra i capi A e B del bipolo: 81 Infatti al passaggio da A a B della quantità di carica dq [C] corrisponde un lavoro pari a: Se tale passaggio avviene nel tempo dt [s] la potenza associata al lavoro vale: Se il risultato del prodotto è positivo si ha che nel bipolo avviene una trasformazione da energia elettrica in altra forma, se il risultato è negativo avviene la trasformazione inversa. Leggi e principi fondamentali Legge di Ohm per i conduttori filiformi La resistenza elettrica R [] di un conduttore metallico filiforme dipende dalla natura del conduttore e dalle sue dimensioni secondo la relazione: R = ( · l) / S [] con in [·mm2/m] , l in [m] , S in [mm2] , si ricorda che la resistività elettrica dipende dalla temperatura. La caduta di tensione ai capi di un utilizzatore dipende dalla resistenza dell'utilizzatore ed è direttamente proporzionale alla corrente che lo attraversa ( legge di Ohm ): VAB = R · I [V] , VBA = - VAB = -R · I [V] la corrente percorrendo l'utilizzatore determina la riduzione dell'energia potenziale posseduta dalla carica elettrica il cui flusso costituisce la corrente stessa, tale energia potenziale elettrica si trasforma in calore (o lavoro meccanico, o lavoro chimico secondo il tipo di utilizzatore) e viene così ceduta all'esterno del sistema "rete elettrica". Da tale fatto dipende la relazione tra il verso della 82 corrente ed il verso della caduta di tensione ai capi dell'utilizzatore, i due versi sono ovviamente opposti. Variazione della resistività elettrica con la temperatura Se t [·mm2/m] e t [°C-1] sono la resistività elettrica ed il coefficiente di temperatura di un determinato conduttore alla temperatura t [°C] , la resistività elettrica alla temperatura T varrà: T = t·(1 + t·(T-t)) [·mm2/m] Inoltre vale la relazione: con H = 234,5 [°C] per il rame ed H = 230 [°C] per l'alluminio. T , t , RT , Rt sono due diverse temperature e le rispettive resistenze. Legge di Ohm generalizzata applicata ad un circuito chiuso Dato un circuito elettrico, tutto serie, composto di un'unica maglia e quindi interessato da un'unica corrente, la somma algebrica delle f.e.m. dei generatori presenti è uguale alla somma aritmetica delle c.d.t. nei vari utilizzatori : dove le f.e.m. vanno prese positive se concordi col verso della corrente. Vediamo un esempio riferito ad un circuito in corrente continua : +V01 -V02 -V03 +V04 = R1·I + R2·I + R3·I + R4·I = I·( R1+ R2+ R3+ R4 ) Legge di Ohm generalizzata applicata ad un tronco di circuito La d.d.p. ai capi di un tronco di circuito, anche costituito da più rami, è pari alla somma algebrica delle f.e.m. dei generatori e delle c.d.t. negli utilizzatori presenti lungo il tronco : 83 Le une e le altre devono essere prese positive se contribuiscono a rendere positiva l'estremità del tronco ( A ) assunta a potenziale maggiore. Per quanto riguarda la c.d.t. negli utilizzatori, è bene ricordare che essa presenta la polarità positiva nel morsetto ove entra la corrente, negativa ove la corrente esce. Vediamo un esempio riferito ad un circuito in corrente continua : Se decidiamo di determinare VAB , significa che supponiamo VA > VB e quindi scriveremo: VAB = -V01 + V02 + V03 + R1·I1 - R2·I2 + R3·I3 [V] Primo principio di Kirchhoff La somma delle correnti entranti in un nodo è uguale alla somma delle correnti uscenti dal nodo : Il principio è valido pure per un nodo esteso, dove con nodo esteso si intende una porzione di rete elettrica delimitata da una sezione chiusa della rete medesima. Vediamo un esempio riferito ad un circuito in corrente continua : I1 + I4 = I2 + I3 + I5 Secondo principio di Kirchhoff La somma algebrica di tutte le d.d.p. (f.e.m. e c.d.t.) che si incontrano percorrendo una qualsiasi maglia chiusa di una rete elettrica è pari a zero. Tale fatto risulta ovvio, infatti il punto di partenza coincide col punto di arrivo e, quindi, non vi può essere variazione di potenziale elettrico : 84 Per applicare tale legge conviene scegliere innanzitutto un verso positivo ( + ) di percorrenza della maglia e confrontare le varie d.d.p. con tale verso al fine di stabilire se i singoli contributi sono da considerarsi positivi o negativi (è bene tenere conto del fatto che le c.d.t. sulle resistenze hanno verso opposto alle correnti che le producono). Vediamo un esempio riferito ad un circuito in corrente continua : + V01 + R1·I1 - V02 + R2·I2 - V03 - R3·I3 + V04 - R4·I4 = 0 Riduzione di resistenze in serie o parallelo Più resistenze si dicono in serie quando sono percorse dalla stessa corrente, in tal caso la resistenza equivalente vale: RS = R1 + R2 + R3 + ... [] Più resistenze si dicono in parallelo quando ai loro capi presentano la stessa tensione, in tal caso la resistenza equivalente vale: Trasformazione triangolo - stella e viceversa Con riferimento ad un circuito in corrente continua : 85 Trasformazione di generatori reali I modelli di generatore elettrico si dicono reali se tengono conto delle dissipazioni di potenza e delle cadute di tensione che si hanno internamente ai generatori stessi, in tal caso il circuito equivalente presenta il parametro resistenza interna Ro. Con riferimento ai generatori reali di tensione e corrente continua si ha: Osservazione : se in una rete elettrica è presente un generatore ideale di tensione, allora è nota la d.d.p. tra i due punti ai quali è applicato il generatore e tale d.d.p. è pari alla f.e.m. del generatore ideale di tensione. Se in una rete elettrica è presente un generatore ideale di corrente, allora è nota la corrente nel ramo in serie al quale è inserito il generatore e tale corrente è pari alla corrente impressa del generatore ideale di corrente. 86 Legge di Joule Quando una resistenza elettrica è attraversata da una corrente accade che parte dell'energia elettrica potenziale posseduta dalla carica elettrica (il cui flusso costituisce la corrente stessa) si trasforma in calore (infatti il potenziale elettrico diminuisce mano a mano che la corrente attraversa la resistenza). La quantità di calore sviluppato si calcola moltiplicando la potenza elettrica per il tempo. Con riferimento ad un circuito in corrente continua (ma la cosa è analoga in corrente alternata) si ha: Additività delle potenze elettriche In una rete elettrica qualsiasi (purché non interconnessa con altre reti), la somma delle potenze generate dai generatori elettrici (calcolate come prodotto della f.e.m. per la corrente erogata) è sempre uguale alla somma delle potenze dissipate per effetto Joule nelle resistenze elettriche presenti nella rete. Resistività e coefficienti di temperatura dei materiali più comuni: tabella La tabella sottostante riporta la resistività elettrica ed il coefficiente di temperatura di alcuni materiali riferiti alla temperatura di 0 [°C] Temperatura di riferimento 0 [°C] Resistività Materiale elettrica 0 [·mm2/m] Argento 0,015 Buoni Rame 0,016 conduttori Oro 0,021 Alluminio 0,026 Tungsteno (Wolframio) 0,05 Stagno 0,115 Ferro dolce 0,13 Piombo 0,2 Conduttori Manganina (Cu, Mn, Ni) 0,4 Costantana (Cu, Ni) 0,5 Ferro-Nichel 0,85 Mercurio 0,951 Carbone 30 Semiconduttori Germanio purissimo 5·105 Coefficiente di temperatura 0 [1/°C]] 4·10-3 4,2·10-3 3,9·10-3 4,3·10-3 4,5·10-3 4,3·10-3 4,8·10-3 4,2·10-3 0,01·10-3 0 0,6·10-3 0,9·10-3 negativo negativo 87 Isolanti Silicio purissimo Olio minerale Porcellana Mica Polistirolo 25·108 1·1017 1·1018 1·1020 1·1022 negativo Se servono la resistività ed il coefficiente di temperatura ad una temperatura t [°C] diversa da 0 [°C], si possono calcolare con le seguenti espressioni: Risoluzione mediante i principi di Kirchhoff In una rete elettrica, indicando con n il numero dei nodi, con m il numero delle maglie indipendenti e con r il numero dei rami, si ha sempre (r = n - 1 + m) . La risoluzione mediante i principi di Kirchhoff consiste nello scrivere un sistema di r equazioni in r incognite (le correnti nei rami). Le prime (n -1) equazioni consistono nel primo principio di Kirchhoff applicato ad (n -1) nodi, le rimanenti (r - n + 1) equazioni consistono nel secondo principio di Kirchhoff applicato a (r - n + 1) maglie indipendenti. Più maglie si dicono indipendenti se nessuna di loro è una combinazione lineare delle altre, ad esempio tutte le maglie topologicamente contigue e che non si comprendono l'una nell'altra sono sicuramente indipendenti. Con riferimento alla rete in corrente continua riportata nella figura sottostante, si individuano quattro nodi, otto maglie delle quali tre sono indipendenti e sei rami. Quindi, dopo aver prefissato un arbitrario verso per la corrente in ciascuno dei sei rami e per l'orientamento di ciascuna maglia indipendente, scriveremo un sistema lineare di sei equazioni in sei incognite. Delle sei equazioni, tre saranno relative ai rami e tre alle maglie. Risolvendo il sistema si determineranno le intensità delle sei correnti. Se l'intensità è positiva si potrà dire che il verso prefissato è quello effettivo, diversamente il verso effettivo sarà opposto a quello prefissato. 88 Risoluzione mediante il metodo di Maxwell Si assumono come incognite le correnti di circolazione delle maglie indipendenti che sono correnti fittizie e non rappresentano quelle che percorrono ciascun ramo della rete. Quindi, detto m il numero delle maglie indipendenti, si ha m = r - (n-1) e di conseguenza il numero delle incognite è minore di quello del metodo precedente. Il sistema risolvente si comporrà di tante equazioni, corrispondenti al secondo principio di Kirchhoff, quante sono le maglie indipendenti. Con questo metodo il primo principio di Kirchhoff risulta senz'altro verificato in quanto la corrente in ogni nodo si intende una volta entrante ed una volta uscente. La corrente in ogni ramo comune a due maglie contigue risulta la somma algebrica delle due correnti fittizie relative alle due maglie. Applichiamo il metodo alla rete già risolta con Kirchhoff, assumendo quali correnti fittizie di maglia Im1 (maglia superiore di sinistra), Im2 (maglia superiore di destra), Im3 (maglia inferiore). I versi delle correnti di maglia sono stati scelti arbitrariamente. Si dovrà comporre un sistema lineare di tre equazioni in tre incognite (le correnti fittizie di maglia) essendo tre il numero delle maglie indipendenti: 89 Risolvendo il sistema si determinano le tre correnti di maglia Im1 , Im2 , Im3. Per le correnti nei sei rami della rete bisogna, per prima cosa, prefissarne i versi. Supponendo che i versi siano quelli riportati nello schema elettrico, le correnti varranno: I1 = -Im1 [A], I2 = -Im2 [A], I3 = +Im1-Im2 [A] I4 = -Im3 [A], I5 = +Im1-Im3 [A], I6 = +Im2-Im3 [A] Teorema del generatore equivalente di Thevenin Risulta particolarmente adatto per determinare la corrente Ir che circola in un qualsiasi ramo (o la tensione Vr ai capi di esso) di una rete elettrica lineare comunque complessa. Considerata allora una rete elettrica lineare nella quale siano accessibili due morsetti P e Q qualsiasi, il teorema afferma che, per quanto riguarda il calcolo della corrente (o della tensione) relativa al ramo ad essi collegato, il resto della rete equivale ad un generatore reale di tensione avente f.e.m. Veq e resistenza interna Req : Il generatore reale di tensione Veq , Req è chiamato generatore equivalente di Thevenin e la rete semplificata è chiamata rete equivalente di Thevenin. La f.e.m. Veq del generatore equivalente è il valore della tensione a vuoto (cioè dopo aver distaccato il ramo interessato) esistente tra i morsetti P e Q. La resistenza Req è quella della rete di partenza, resa passiva e priva del ramo interessato, vista dai morsetti P e Q. Per rendere passiva la rete di partenza bisogna annullarne i generatori, ovvero aprire i generatori ideali di corrente e cortocircuitare quelli di tensione. 90 E' importante osservare che la polarità positiva del generatore equivalente di Thevenin deve essere rivolta verso lo stesso morsetto del ramo interessato rispetto al quale si è assunta positiva la d.d.p. Veq quando questa è stata calcolata. Teorema del generatore equivalente di Norton E' il duale di quello di Thevenin, solo che il generatore reale equivalente, anziché di tensione, è di corrente. Esso viene chiamato generatore equivalente di Norton. La sua resistenza interna Req si determina così come già visto per il generatore di Thevenin. La sua corrente impressa Ieq è quella corrente che, nella rete lineare di partenza, circolerebbe nel cortocircuito che unisce i punti P e Q . E' importante osservare che il verso della corrente impressa Ieq è legato al verso col quale si è trovata la corrente nel cortocircuito che unisce i punti P e Q . Più precisamente la corrente impressa Ieq deve puntare verso P se la corrente nel cortocircuito è stata determinata col verso che va da P a Q. 91 Principio di sovrapposizione degli effetti La corrente in un ramo qualsiasi (o la d.d.p. ai capi dello stesso) appartenente ad una rete elettrica lineare comunque complessa nella quale agiscono simultaneamente più generatori di tensione e/o di corrente, si ottiene facendo la somma algebrica delle correnti (o delle d.d.p.) relative al ramo considerato e dovute a ciascun generatore supposto agente da solo, con i rimanenti annullati (cortocircuitati se di tensione, aperti se di corrente). Principio di Millman Si applica quando la rete ha solo due nodi M ed N , cioè è costituita da rami tutti in parallelo tra di loro. Se J è il numero di rami, Vok è la f.e.m. totale per il ramo k-esimo , Rk è la resistenza totale per il ramo k-esimo , la d.d.p. fra i due nodi vale: Nella somma algebrica a numeratore, il singolo termine è positivo se la f.e.m. Vok è tale da rendere positivo il potenziale del punto M rispetto al potenziale del punto N . Caratteristica esterna e rendimento dei generatori, teorema della massima potenza trasferita Caratteristica esterna di un generatore I generatori elettrici sono macchine che trasformano energia di altro tipo in energia elettrica. Per ora ci limitiamo a considerare generatori di tensione e corrente continua, ma esistono (ed anzi sono molto più diffusi in ambito elettrotecnico) anche i generatori di tensione e corrente alternata. Il motivo per il quale esistono due diversi modelli, generatore di tensione e generatore di corrente, per la stessa macchina è dovuto al fatto che nelle applicazioni si hanno sia dispositivi che tendono a mantenere costante la tensione d'uscita al variare della resistenza dell'utilizzatore alimentato, e per essi è più opportuno come modello il generatore di tensione, sia dispositivi che tendono a mantenere costante la corrente erogata al variare della resistenza dell'utilizzatore alimentato, e per essi è più opportuno come modello il generatore di corrente. Per caratteristica esterna di un generatore si intende la funzione V = f (I) ovvero la tensione d'uscita in funzione della corrente erogata. Vediamo nel caso di generatori ideali (cioè privi di dissipazioni interne di potenza) quale è l'andamento della caratteristica esterna, allo scopo supponiamo che i generatori alimentino un utilizzatore avente una resistenza Ru che dobbiamo immaginare variabile tra [] (funzionamento a vuoto del generatore) e 0 [] (funzionamento in cortocircuito del generatore): 92 Per il generatore ideale di tensione la caratteristica esterna sarà una retta orizzontale di equazione V = Vo in quanto la sua tensione d'uscita è rigorosamente uguale alla sua forza elettromotrice, qualsiasi sia la resistenza dell'utilizzatore alimentato e quindi qualsiasi sia la corrente erogata. Per il generatore ideale di corrente la caratteristica esterna sarà una retta verticale di equazione I = Io in quanto la corrente erogata è rigorosamente uguale alla sua corrente impressa, qualsiasi sia la resistenza dell'utilizzatore alimentato e quindi qualsiasi sia la tensione d'uscita. Passiamo ora ad esaminare il caso di generatori reali (cioè generatori per i quali si considerino i fenomeni dissipativi interni). Il circuito equivalente dei generatori dovrà ora prevedere una resistenza interna Ro grazie la quale si può tenere conto delle perdite interne di potenza. Tale resistenza verrà messa in serie nel caso del generatore di tensione (e vale zero se il generatore è ideale), mentre verrà messa in parallelo nel caso del generatore di corrente (e vale infinito se il generatore è ideale). Infatti la resistenza interna, oltre che delle perdite di potenza, dovrà pure tenere conto della diminuzione della tensione d'uscita all'aumentare della corrente erogata per il generatore reale di tensione e della diminuzione della corrente erogata all'aumentare della tensione d'uscita per il generatore reale di corrente. 93 Vediamo la discussione nel caso del generatore reale di tensione, il caso del generatore reale di corrente è del tutto analogo. L'equazione della caratteristica esterna V = f (I) si determina applicando la legge di Ohm al tronco di circuito comprendente il generatore: V = Vo - Ro·I si tratta dell'equazione di una retta sul piano cartesiano (I,V) avente pendenza negativa, la pendenza è tanto più accentuata quanto più è grande la resistenza interna del generatore. L'intersezione con l'ordinata rappresenta il punto di funzionamento a vuoto essendo nulla la corrente erogata, quindi con resistenza dell'utilizzatore di valore infinito, e la tensione d'uscita è in tal caso pari alla f.e.m. del generatore. L'intersezione con l'ascissa rappresenta il punto di funzionamento in cortocircuito essendo nulla la tensione d'uscita, quindi con resistenza dell'utilizzatore di valore nullo, e la corrente erogata è in tal caso uguale a: V = 0 Icc = Vo / Ro 94 Per una generica condizione di funzionamento del generatore si avrà una tensione d'uscita che risulterà inferiore alla f.e.m. del generatore stesso di una quantità pari a Ro·I che rappresenta la caduta di tensione interna al generatore dovuta alla sua resistenza interna. Viene chiamata retta di carico l'equazione corrispondente alla legge di Ohm applicata all'utilizzatore, ovvero: V = Ru·I Sul piano cartesiano (I,V) tale equazione rappresenta una retta passate per l'origine ed avente pendenza positiva. Se i due assi hanno il medesimo fattore di scala, risulta essere: tg() = Ru quindi la retta di carico coincide con l'ascissa se Ru = 0, coincide con l'ordinata se Ru = . Il punto di intersezione tra la caratteristica esterna e la retta di carico individua il punto di lavoro del sistema formato dal generatore e dall'utilizzatore, ovvero la coppia di valori (I,V) che soddisfa il sistema elettrico complessivo. Rendimento elettrico di un generatore Data una qualsiasi macchina si definisce rendimento il rapporto tra la potenza erogata Pe e la potenza assorbita Pa. Siccome ogni macchina reale è inevitabilmente sede di perdite di potenza Pd, risulterà la potenza erogata sempre inferiore alla potenza assorbita e quindi il rendimento sarà sempre inferiore all'unità: Per un generatore elettrico si definisce rendimento elettrico E il rapporto tra la potenza elettrica erogata Pe e la potenza elettrica generata Pg: Naturalmente il termine (Ro·I2) rappresenta le perdite di potenza per effetto Joule sulla resistenza interna del generatore. Abbiamo considerato un generatore reale di tensione, per quello di corrente valgono considerazioni analoghe. Teorema della massima potenza trasferita Vediamo, sempre per il generatore reale di tensione, come varia la potenza erogata in funzione della resistenza dell'utilizzatore. Allo scopo è necessario studiare la funzione Pe = f(Ru): 95 Si osserva che per Ru = 0 risulta essere Pe = 0, inoltre per Ru tendente ad infinito di nuovo Pe tende a zero, infine Pe assume valori sempre positivi. Quindi la funzione Pe = f(Ru) ha un andamento a campana e si potrebbe dimostrare che il massimo della campana si ha quando Ru è uguale a Ro: Ponendo nell'equazione Pe = f(Ru) al posto di Ru la Ro si ottiene l'espressione della massima potenza erogabile dal generatore: Per quanto riguarda il rendimento elettrico in coincidenza della condizione Ru = Ro di massima potenza erogata si ha: Si può quindi enunciare il seguente teorema della massima potenza trasferita: se una rete elettrica (o un generatore reale) alimenta un'altra rete (o un carico) si ha il massimo trasferimento di potenza quando la resistenza di uscita della rete alimentante (o la resistenza interna del generatore) è uguale alla resistenza d'ingresso della rete alimentata (o alla resistenza del carico), si suole dire allora che il carico è adattato in potenza. In queste condizioni il rendimento vale 0,5 e, quindi, il problema dell'adattamento è particolarmente sentito nei circuiti a basso livello di potenza (telefonia, telegrafia, ecc.) e non in quelli ad alto livello di potenza tipici delle applicazioni industriali dell'elettrotecnica. Esercizio N° 1 (circuito in c.c., legge di Joule) 96 Il presente esercizio ha lo scopo di mostrare il legame esistente tra tensione, corrente e potenza elettrica. Parte prima. Si abbia un forno elettrico a resistenza alimentato con una tensione continua pari a V=230 [V] (ma nulla cambierebbe se fosse alimentato con una tensione alternata di valore efficace 230 [V], come sarà chiarito quando si studieranno le reti elettriche in corrente alternata). Si vuole determinare il valore della resistenza R del forno sapendo che esso deve essere in grado di elevare da 1=20 [°C] a 2=60 [°C] la temperatura di una quantità d’olio minerale pari a 50 litri nel tempo di 15 minuti. Si assuma per il forno un rendimento del =90%. Il sistema allo studio può essere rappresentato con la seguente figura: V I R Per prima cosa si deve determinare il lavoro termico necessario per realizzare il voluto riscaldamento dell’olio. Come si sa dal corso di fisica, la quantità di calore W necessaria per riscaldare una sostanza si determina con l’espressione: W m cS (2 1 ) [cal] dove m [kg] è la massa della sostanza, cS [cal/(°C·g)] è il calore specifico della sostanza, 1 e 2 [°C] le temperature iniziale e finale della sostanza. Nel nostro caso la massa la determiniamo attraverso il volume v [dm3] e la densità dell’olio minerale [kg/dm3]: v 50 [l] 50 [dm 3 ] m v 50 0,875 43,75 [kg] 3 0,875 [kg/dm ] Il calore specifico per l’olio minerale vale cS=458,6 [cal/(kg·°C)], siamo quindi in grado di determinare il calore necessario: W m cS (2 1 ) 43,75 458,6 (60 20) 80,25 104 [cal] Ricordando che una caloria equivale a 4,187 joule abbiamo infine: W 80,25 104 4,187 33,60 105 [J] Considerando che detto lavoro deve essere compiuto in 15 minuti, calcoliamo la potenza calorica del forno: P W 33,60 105 3733 [W] t 15 60 97 Naturalmente, essendo il forno non ideale ma caratterizzato da un rendimento pari al 90% ovvero pari a 0,90, la potenza elettrica della resistenza riscaldante sarà maggiore: P P 3733 PR 4148 [W] PR 0,90 Considerando che è nota la tensione applicata alla resistenza, mediante la legge di Joule possiamo trovare la resistenza stessa: PR V I V V V2 V 2 2302 R 12,75 [ohm] R R PR 4148 PR 4148 18,03 [A] V 230 La corrente assorbita dalla resistenza vale: I Parte seconda. La resistenza sopra calcolata deve essere realizzata con un filo di Nichel-Cromo a spirale che presenta una resistività a zero gradi centigradi pari a 1,06 [·mm2/m] ed un coefficiente di temperatura a zero gradi centigradi pari a 5,1·10-5 [°C-1]. Considerando in base all’esperienza una densità di corrente I=9 [A/mm2] calcoliamo la sezione e la lunghezza del filo necessario allo scopo. La sezione si calcola immediatamente: I I 18,03 I s 2 [mm 2 ] s I 9 Visto il piccolissimo valore del coefficiente di temperatura possiamo ritenere in questa applicazione trascurabile la variazione di resistività conseguente alla variazione di temperatura. Ricordando come la resistenza dipende dalle dimensioni avremo infine: l R s 12,75 2 R l 24,06 [m] s 1,06 Esercizio N° 2 (circuito in c.c., differenza di potenziale e potenziale) Il presente esercizio ha lo scopo di chiarire il significato di differenza di potenziale tra due punti e di potenziale di un punto. Parte prima. Si abbia una rete elettrica isolata (cioè che non possa scambiare corrente con un’altra rete, noi studieremo sempre reti isolate): 98 F Ri = i [] Ei = (100·i) [V] R7 VAF E9 E5 G R2 E4 D I R1 R3 E2 E6 E7 R6 E8 C A B R4 E1 R5 E3 VAC In questa rete i punti F ed A non siano collegati, come già detto, a nessun’altra rete ed il punto C sia il punto di massa. Il significato di punto a massa è quello di un punto della rete il cui potenziale è preso come riferimento e posto, convenzionalmente, pari a zero ovvero VC=0 [V]. Nella stessa rete più punti possono essere connessi a massa ed in tal caso tutti questi punti avranno il potenziale di riferimento. Solo se esiste un punto di riferimento, ovvero un punto connesso a massa, è possibile definire il potenziale di ogni altro punto della rete che verrà espresso come differenza di potenziale rispetto a massa. La differenza di potenziale tra due punti è invece sempre definibile, non è necessario che esista una massa. Analizzando la rete al fine di individuare il percorso della corrente si nota che la corrente non circolerà nei tratti AB e FD in quanto nei punti A e F vi è una interruzione e la corrente per circolare ha bisogno di un circuito chiuso. Analogamente la corrente non circolerà nel tratto che collega il punto C alla massa. Per tali motivi la corrente potrà circolare solo nel circuito chiuso CDGBC ed i punti D, B, C non si comporteranno come nodi elettrici in quanto in essi la corrente non può dividersi su più rami. In definitiva nella rete si ha un’unica corrente che percorre il circuito chiuso CDGBC. Per determinare l’intensità della corrente basta prefissare arbitrariamente il verso della stessa, ad esempio quello orario come in figura, ed applicare la legge generalizzata di Ohm al circuito chiuso: E3 E1 E6 E5 E4 E2 I ( R 5 R 4 R1 R 2 R 3 ) E3 E1 E6 E5 E4 E2 300 100 600 500 400 200 46,67 [A] R 5 R 4 R1 R 2 R 3 5 41 2 3 Proponiamoci ora di determinare la differenza di potenziale tra i punti A ed F, cioè la VAF. Allo scopo applichiamo la legge generalizzata di Ohm al tronco di circuito ABGDF ed ovviamente non considereremo le cadute di tensione sulle resistenze R6 ed R7 in quanto esse non sono percorse da corrente: I 99 VAF E7 E8 E6 R1 I E5 R 2 I E4 E9 700 800 600 1 ( 46,67) 500 2 ( 46,67) 400 900 1360 [V] Volendo avremmo potuto usare in alternativa il tronco ABCDF ottenendo ovviamente lo stesso risultato: VAF E7 E8 R 4 I E1 R5 I E3 E2 R 3 I E9 1360 [V] Adesso vogliamo determinare il potenziale nei punti A ed F, cioè VA e VF. Allo scopo, essendo il punto C a massa, determiniamo innanzitutto VAC: VAC E7 E8 R4 I E1 R 5 I E3 120,0 [V] Ricordando la definizione di differenza di potenziale: VAC VA VC VA VAC VC 120,0 0 120,0 [V] Per determinare VF possiamo ricorrere alla differenza di potenziale nota VAF: VAF VA VF VF VA VAF 120,0 1360 1240 [V] Parte seconda. Si abbia ora la seguente rete: F Ri = i [] Ei = (100·i) [V] R7 VAF E9 G E5 R2 E4 D I R1 E6 E7 A R6 E8 B R4 E1 R5 E3 C VAC Analizzando la rete sembrerebbe che manchi un qualsiasi circuito chiuso ove possa circolare la corrente. In realtà un circuito chiuso esiste grazie alla presenza di due punti messi a massa, si tratta dei punti C e F. Questi due punti sono equipotenziali ed elettricamente è come se fossero uniti da un cortocircuito grazie al quale si chiude la maglia CBGDFC. In tale maglia circolerà una corrente il cui verso può essere fissato arbitrariamente, ad esempio antiorario, e la cui intensità si può determinare con la legge di Ohm generalizzata: 100 E3 E1 E6 E5 E4 E9 I ( R 5 R 4 R1 R 2 R 7 ) E3 E1 E6 E5 E4 E9 300 100 600 500 400 900 94,74 [A] R 5 R 4 R1 R 2 R 7 5 41 2 7 Determiniamo la VAF: VAF E7 E8 E6 R1 I E5 R 2 I E4 E9 R 7 I I 700 800 600 1 (94,74) 500 2 (94,74) 400 900 7 (94,74) 552,6 [V] Oppure, considerando che F e C sono allo stesso potenziale essendo entrambi messi a massa: VAF VAC E7 E8 R4 I E1 R5 I E3 552,6 [V] Ricordando la definizione di differenza di potenziale e che VF=0 [V]: VAF VA VF VA VAF VF 552,6 0 552,6 [V] Esercizio N° 3 (circuito in c.c., risoluzione mediante riduzione delle resistenze) Il presente esercizio ha lo scopo di mostrare come risolvere una rete elettrica attraverso la successiva riduzione delle maglie che compongono la rete stessa utilizzando il raggruppamento delle resistenze in serie e/o in parallelo, oppure la trasformazione stella-triangolo. Parte prima. Partiamo con la rete di figura nella quale sia da determinare la corrente sulla resistenza R4 col verso indicato in figura. R1 A B R2 C R3 D Ri = i [] Ei = (100·i) [V] I4 R4 E1 R5 E2 Come si nota la rete è composta da un’unica maglia chiusa percorsa da un’unica corrente, appunto la I4. Tutti i dispositivi, resistenze e generatori, sono in serie tra di loro e per determinare la corrente posso applicare la legge di Ohm generalizzata: E1 E2 E1 E2 I 4 ( R 4 R1 R 2 R 3 R 5 ) I 4 ( R 4 R1 R 2 R 3 R 5 ) 100 200 6,667 [A] 41 2 3 5 Si nota che la corrente è risultata di valore negativo, questo fatto dipende dal verso che si è prefissato. In una rete semplice può essere possibile intuire quale verso assegnare alla corrente affinché essa risulti positiva (nel nostro caso è evidente che essendo E2 > E1 la corrente avrà valore positivo se scelta con verso uscente dal polo positivo del generatore E2), ma se la rete è complessa con diversi generatori collocati su più rami è molto difficile prevedere il verso che determina un valore positivo della corrente. D'altronde l’intensità di una corrente continua è rappresentata da un numero reale che può anche essere negativo e, quando ciò accade, non si deve ritornare sui propri passi e capovolgere il verso prefissato ma, più semplicemente, usare il valore negativo nei calcoli successivi. Parte seconda. 101 Rendiamo più complessa la rete inserendo due cortocircuiti rispettivamente tra i punti A e C ed i punti B e D, come mostrato in figura: VAB’ R1 A B R2 C (*) R3 D I1 ’ Ri = i [] Ei = (100·i) [V] I6 ’ I4 ’ R4 E1 R5 E2 La rete è radicalmente cambiata, infatti i punti A, B, C, D sono ora dei nodi ed ovviamente la corrente sulla resistenza R4 avrà un valore diverso dal precedente. Proponiamoci di trovarlo assieme al valore della corrente nel cortocircuito AC usando i versi indicati in figura. La rete è composta da più maglie, tuttavia essendo i generatori presenti disposti su un unico ramo è possibile risolvere attraverso la riduzione successiva della rete fino ad ottenere un’unica maglia. Osserviamo che le resistenze R1, R2, R3 sono tra di loro in parallelo, infatti tutte e tre sono sottoposte alla stessa tensione. La cosa si può notare facilmente se si ridisegna la rete facendo coincidere i punti che si trovano allo stesso potenziale elettrico (e sono tali i punti uniti da un cortocircuito) in un unico punto geometrico: VAB’ R2 (**) A=C I1’ R1 B=D R3 Ri = i [] Ei = (100·i) [V] I4 ’ R4 E1 R5 E2 Riduco le tre resistenze in parallelo: 1 1 RP 0,5455 [ ] 1 1 1 1 1 1 R1 R 2 R 3 1 2 3 Risulta evidente che, dopo la riduzione, la rete si compone di un’unica maglia alla quale posso applicare la legge di Ohm generalizzata per calcolare la corrente I4’: E1 E2 E1 E2 I 4 '( R 4 R P R 5 ) I 4 ' (R4 R P R5 ) 100 200 10,48 [A] 4 0,5455 5 Per trovare la corrente I6’, considerando che essa circola in un cortocircuito, non posso applicare direttamente la legge di Ohm ma devo ricorrere al primo principio di Kirchhoff applicato ad uno dei 102 due nodi cui fa capo il cortocircuito stesso, ad esempio il nodo A della rete (*). Prima determino la corrente I1’ sulla resistenza R1 e questo lo posso fare ragionando sulla rete (**): VAB ' E1 E2 I 4 'R 4 I 4 'R 5 100 200 ( 10,48 4) ( 10,48 5) 5,68 [V] VAB ' 5,68 5,68 [A] R1 1 Applico ora il primo principio di kirchhoff al nodo A della rete (*): I 4 ' I 6 ' I1' I 6 ' I1'I4 ' 5,68 (10,48) 4,8 [A] VAB ' R1 I1 ' I1 ' Parte terza. Modifichiamo ulteriormente la rete inserendo una resistenza R6=6 [] al posto del cortocircuito tra i punti A e C: R1 A B R2 C R3 D (***) R6 Ri = i [] Ei = (100·i) [V] I6’’ I4’’ R4 R5 E1 E2 Ancora siano da trovare le correnti I4” ed I6”. Allo scopo devo ridurre la rete ad un’unica maglia. Considerando che i punti B e D sono allo stesso potenziale concludo che le resistenze R2 ed R3 sono tra di loro in parallelo, posso quindi ridisegnare la rete nel seguente modo: R3 R1 A R2 C B=D R6 I6’’ I4’’ R4 E1 R5 E2 Dalla rete così ridisegnata risulta evidente che R2 è in parallelo con R3: R R 2 3 R 23 2 3 1,2 [] R2 R3 2 3 La resistenza R23 è poi in serie con R6: R 236 R 23 R 6 1,2 6 7,2 [] La rete è così ridotta: 103 (****) VAB” R1 A B=D R236 I6’’ I4’’ R4 E1 R5 E2 Facendo infine il parallelo tra R1 e R236 ottengo una rete costituita da un’unica maglia alla quale applico la legge di Ohm determinando così la corrente I4”: VAB” A R1236 B=D (*****) I4’’ R4 R1236 E1 R5 E2 R1 R 236 1 7,2 0,8780 [ ] R1 R 236 1 7,2 E1 E2 100 200 10,12 [A] R 4 R1236 R 5 4 0,8780 5 Rimane ora da trovare la corrente I6” sulla resistenza R6 col verso indicato in figura (***). Tale corrente è pure presente nel circuito equivalente (****) dove il suo calcolo è più semplice. Allo scopo determino la tensione tra i punti A e B ragionando sul circuito (*****) ed applico poi la legge di Ohm alla resistenza R236 sul circuito (****): VAB " R1236 I 4 " 0,8780 ( 10,12) 8,885 [V] E1 E2 I 4 "( R 4 R1236 R 5 ) I 4 " VAB " ( 8,885) 1,234 [A] R 236 7, 2 Si faccia attenzione al segno negativo usato per la legge di Ohm applicata alla R236, esso è dovuto al fatto che la corrente I6” ha un verso che produce una tensione opposta alla VAB”. Non bisogna mai dimenticare che per la legge di Ohm la corrente che attraversa una resistenza provoca una caduta di tensione. VAB " R 236 I 6 " I 6 " Parte quarta. Modifichiamo ulteriormente la rete inserendo una resistenza R7=7 [] al posto del cortocircuito tra i punti B e D: 104 R7 R1 A R2 B R3 C D R6 Ri = i [] Ei = (100·i) [V] I6’’’ I4’’’ R4 (******) R5 E1 E2 Ancora siano da trovare le correnti I4’’’ ed I6’’’. Come già visto si comincerà col cercare di trovare la corrente nel ramo dei generatori ed allo scopo si dovranno ridurre le resistenze fino ad avere un’unica maglia. Si nota però che non vi sono resistenze in serie e/o parallelo (R4 ed R5 possono essere considerate in serie, ma la loro riduzione non porta a nessun beneficio) e quindi si dovrà procedere alla trasformazione stella-triangolo. Si nota la presenza nella rete di tre stelle, rispettivamente di centro A, B, C, e di due triangoli, rispettivamente ABC, BCD. Pur essendo lecita qualsiasi trasformazione, è bene cercare di evitare la scomparsa della resistenza R6 visto che la corrente su di essa è uno dei nostri obiettivi. Noi proviamo a trasformare la stella di centro B in un triangolo. Per effetto di questa trasformazione scomparirà il punto B (centro della stella) assieme alle resistenze R1, R2, R7 al posto delle quali compariranno le resistenze RAC, RCD, RDA che costituiranno i lati del nuovo triangolo: RDA RCD VAC’’’ RAC A C R3 (*******) D R6 I6’’’ I4’’’ R4 E1 R5 R AC R1 R 2 R 2 R 7 R 7 R1 23 3,286 [ ] R7 7 R CD R1 R 2 R 2 R 7 R 7 R1 23 23 [ ] R1 1 E2 R1 R 2 R 2 R 7 R 7 R1 23 11,5 [ ] R2 2 Analizzando la rete si nota che RAC è in parallelo con R6, RCD è in parallelo con R3: R DA 105 R P1 R AC R 6 3,286 6 2,123 [ ] R AC R 6 3,286 6 R CD R 3 23 3 2,654 [ ] R CD R 3 23 3 La rete si riduce alla seguente: R P2 RDA A IRP1’’’ R P1 RP2 C (********) D VAC’’’ VAD’’’ I4’’’ R4 E1 R5 E2 In tale rete abbiamo la serie tra i due paralleli appena calcolati e quindi il parallelo di tale serie con RDA: R S R P1 R P 2 2,123 2,654 4,777 [] R S R DA 4,777 11,5 3,375 [] R S R DA 4,777 11,5 Otteniamo così la rete finale ridotta ad un’unica maglia: RP RP A D I4’’’ R4 E1 R5 E2 Applicando la legge di Ohm generalizzata determino infine la corrente I4’’’: E1 E2 100 200 E1 E2 I 4 '''(R 4 R P R 5 ) I 4 ''' 8,081 [A] R 4 R P R 5 4 3,375 5 Rimane ora da trovare la corrente I6” sulla resistenza R6. Allo scopo determino prima la VAC’’’ usando la rete equivalente (********): VAD ''' E1 E2 R 4 I 4 ''' R 5 I 4 ''' 100 200 4 ( 8,081) 5 ( 8,081) 27,27 [V] VAD ''' R S I RP 1 ''' I RP 1 ''' VAD ''' 27,27 5,709 [A] RS 4,777 VAC ''' R P1 I RP 1 ''' 2,123 ( 5,709) 12,12 [V] Ora che conosco la tensione ai suoi capi, posso determinare la corrente che attraversa la resistenza R6: 106 VAC ''' R 6 I 6 ''' I 6 ''' VAC ''' ( 12,12) 2,02 [A] R6 6 Parte quinta. Risolviamo ancora la rete della parte quarta effettuando però la trasformazione del triangolo BCD in una stella. R7 R1 A R2 B R3 C D (******) R6 Ri = i [] Ei = (100·i) [V] I6’’’ I4’’’ R4 R5 E1 E2 Come effetto della trasformazione scompariranno le resistenze R2, R3, R7 e compariranno le nuove resistenze RB, RC, RD ed il nuovo punto O centro della stella: O RB R1 A B RC RD C D R6 I6’’’ I4’’’ R4 E1 R5 E2 Determino I4’’’ riducendo la rete ad un’unica maglia alla quale applicherò infine la legge di Ohm generalizzata: R2 R7 27 RB 1,167 [ ] R2 R 3 R7 2 3 7 RC R2 R3 2 3 0,5 [ ] R2 R3 R7 2 3 7 RD R3 R7 37 1,75 [ ] R2 R3 R7 2 3 7 Faccio la serie tra R1 e R B e tra R 6 e R C , quindi il parallelo tra le due serie : R S1 R1 R B 1 1,167 2,167 [ ] R S1 R S 2 2,167 6,5 1,625 [ ] RP3 R S 2 R 6 R C 6 0,5 6,5 [ ] R S1 R S 2 2,167 6,5 107 O VAO’’’ RD RP3 A D I4’’’ R4 E1 R5 E2 Applico la legge di Ohm generalizzata e calcolo la corrente I4’’’: E1 E2 E1 E2 I 4 '''( R 4 R P 3 R D R 5 ) I 4 ''' R4 RP3 RD R5 100 200 8,081 [A] 4 1,625 1,75 5 VAO ''' R P 3 I 4 ''' 1,625 ( 8,081) 13,13 [V] VAO''' ( 13,13) 2,02 [A] R6 RC 6 0,5 Per determinare I6’’’ calcolo prima VAO’’’, quindi applico la legge di Ohm al ramo interessato: VAO''' ( R 6 R C ) I 6 ''' I 6 ''' Esercizio N° 4 (circuito in c.c., vari metodi di risoluzione) Proponiamoci di risolvere la rete elettrica: 108 con tutti i metodi sopra visti. I valori delle f.e.m. e delle resistenze della rete siano i seguenti: V01 = 100 [V] , V02 = 200 [V] , R1 = 1 , R2 = 2 , R3 = 3 , R4 = 4 I versi delle correnti incognite siano quelli indicati in figura. Risolvo coi principi di Kirchhoff Sostituendo nel sistema risolvente alle f.e.m. ed alle resistenze i rispettivi valori si ha: Risolvo col metodo di Maxwell 109 Sostituendo nel sistema risolvente alle f.e.m. ed alle resistenze i rispettivi valori si ottengono le correnti fittizie di maglia (i cui versi sono quelli indicati nella figura e le cui denominazioni sono Im1 per la maglia in alto a sinistra, Im2 per la maglia in alto a destra, Im3 per la maglia in basso): Componendo linearmente le correnti di maglia: I1 = -Im1 , I2 = -Im2 , I3 = +Im1-Im2 , I4 = -Im3 , I5 = +Im1-Im3 , I6 = +Im2-Im3 si determinano le correnti nei rami che assumono i valori già riportati nell'esempio coi principi di Kirchhoff. Risolvo col teorema di Thevenin Ci proponiamo di determinare la corrente attraverso la resistenza R2 con verso da B a C. Il circuito equivalente di Thevenin, ottenuto dopo aver ridotto la rete iniziale con l'esclusione del ramo CB ad un semplice generatore reale di tensione, è quello disegnato sotto. Per definirlo è necessario determinare i valori della f.e.m. e della resistenza interna del generatore equivalente di Thevenin. Determino Req , allo scopo considero la rete di partenza privata del ramo interessato e resa passiva mediante la cortocircuitazione dei generatori ideali di tensione presenti. Calcolo quindi la resistenza che si misurerebbe tra i nodi C e B. 110 Determino Veq , allo scopo considero la rete lineare di partenza privata del ramo interessato e, visto che il generatore equivalente di Thevenin ha la polarità positiva rivolta verso il punto C , pongo Veq = VCB*. Risolvo il circuito equivalente di Thevenin, allo scopo basta applicare la legge di Ohm: Risolvo col teorema di Norton Si vuole determinare la corrente attraverso la resistenza R3 con verso da C a D. Il circuito equivalente di Norton, ottenuto dopo aver ridotto la rete iniziale con l'esclusione del ramo CD ad un semplice generatore reale di corrente, è quello disegnato sotto. 111 Per definirlo è necessario determinare i valori della corrente impressa e della resistenza interna del generatore equivalente di Norton. Determino Req , allo scopo considero la rete di partenza privata del ramo interessato e resa passiva mediante la cortocircuitazione dei generatori ideali di tensione presenti. Calcolo quindi la resistenza che si misurerebbe tra i nodi C e D. Determino Ieq , allo scopo considero la rete lineare di partenza col ramo interessato sostituito da un cortocircuito. Visto che il generatore equivalente di Norton imprime la corrente con un verso tale per cui la corrente stessa circola nel ramo interessato da C verso D, dovrò calcolare Ieq come quella corrente che, nel cortocircuito CD , circola con verso da C a D. 112 Risolvo il circuito equivalente di Norton, allo scopo basta applicare la legge di Ohm: Risolvo col principio di sovrapposizione degli effetti Ci proponiamo di determinare la corrente attraverso la resistenza R1 con verso da C ad A. Siccome sono presenti due generatori, sono da considerarsi due effetti. Effetto del generatore V01, per valutarlo devo annullare gli altri generatori: Effetto del generatore V02, per valutarlo devo annullare gli altri generatori: 113 Compongo algebricamente i due effetti, trovando così la corrente cercata: I1 = -I1' + I1" = -45,455 + 54,545 = 9,090 [A] Esercizio N° 5 (circuito in c.c., Millman) Vediamo ora un esempio di applicazione del teorema di Millman. Nella rete di figura ( R1 = 1 , R2 = 2 , R3 = 3 , V01 = 100 [V] , V02 = 200 [V] ), si debba determinare la corrente circolante, con verso dall'alto al basso, nella resistenza R1. 114 Esercizio N° 6 (circuito in c.c., risoluzione con Kirchhoff ed Ohm) La rete di figura: presenta una curiosità, infatti i valori di R1 , R2 , R3 non influiscono sul valore della corrente attraverso R4. Questo perché la tensione tra i nodi A e B è vincolata dai due generatori ideali di tensione al valore VAB = +V01 - V02. Per tale motivo, le correnti nei diversi rami si possono determinare applicando ripetutamente il primo principio di Kirchhoff e la legge di Ohm, senza ricorrere ad uno specifico metodo risoluzione: 115 Esercizio N° 7 (circuito in c.c., con generatori di corrente) Negli esempi fino ad ora visti compaiono soltanto generatori di tensione. Nel caso in cui compaiano pure generatori di corrente, se ad essi è posta in parallelo una resistenza, questa può sempre essere intesa come resistenza interna del generatore e, quindi, il generatore di corrente può essere trasformato in un generatore reale di tensione. Se il generatore di corrente non ha in parallelo alcuna resistenza diventa impossibile la trasformazione e, in tal caso, nelle equazioni applicate al circuito si deve considerare nota, e pari alla corrente impressa, la corrente nel ramo ove è inserito il generatore ideale di corrente ed, eventualmente, incognita la tensione ai capi del ramo stesso. A titolo d'esempio, si determino le correnti I1 , I2 e la tensione VAB nella rete seguente, ove V01=8 [V] , R01=0,2 , R1=3,8 , I01=4 [A] , I02=35 [A] , R02=0,4 , R2=3,6 Per prima cosa trasformo il generatore reale di corrente in un generatore reale di tensione: Quindi applico i principi di Kirchhoff per risolvere la rete rispetto alle incognite proposte, allo scopo applico il primo principio di Kirchhoff al nodo A ed il secondo alle due maglie contigue (adottando quale verso di maglia quello orario): Esercizio N° 8 (circuito in c.c., vari metodi di risoluzione) Determinare la tensione VAB nella rete dell'esercizio precedente impiegando i teoremi di Thevenin, di Norton ed il principio di Millman. Metodo del teorema di Thevenin 116 Determino Req : Determino Veq : Risolvo il circuito equivalente di Thevenin : VAB = Veq + I01·Req =11 + 4·2 = 19 [V] Metodo del teorema di Norton 117 Determino Req : Req = 2 [] Determino Ieq : Risolvo il circuito equivalente di Norton : VAB = Req·(Ieq + I01) = 2·(5,5 + 4) = 19 [V] Metodo del principio di Millman Osservazione : nella rete studiata, una eventuale resistenza collegata in serie al generatore ideale di corrente I01 non influisce sulla d.d.p. tra i nodi A e B perché la corrente nel ramo centrale è forzatamente pari alla corrente impressa I01. Grandezze alternate sinusoidali Sono grandezze (nel caso di circuiti elettrici tensioni e correnti) che variano nel tempo secondo la legge: y(t) = YM·sen(·t + ) rappresentabile anche graficamente: 118 Si tratta di grandezze periodiche in quanto riassumono sempre lo stesso valore ad istanti di tempo tra di loro intervallati di K·T [s] con K = ±1 , ±2 , ... ove T [s] è detto periodo. Si tratta di grandezze alternate in quanto, considerato un intervallo qualsiasi di tempo di ampiezza pari al periodo T , l'area sottesa dalla parte positiva della funzione è uguale all'area sottesa dalla parte negativa della funzione. Per tale motivo si dice che il valore medio in un periodo è nullo. I valori caratterizzanti di una grandezza che varia sinusoidalmente nel tempo sono: a) Il valore massimo YM ; b) Il periodo T [s] ; c) La frequenza f = 1 / T [Hz] che rappresenta il numero di sinusoidi al secondo; d) La pulsazione: e) L'argomento iniziale O [rad]; f) Il valore iniziale YO; g) Il valore medio in un semiperiodo: che rappresenta l'altezza del parallelogramma di base T / 2 affinché l'area del parallelogramma stesso sia uguale all'area sottesa da un'intera semionda positiva; h) Il valore efficace: 119 che, matematicamente, ha il significato di radice quadrata del valore medio in un periodo dei quadrati dei valori istantanei (più avanti esamineremo il suo significato fisico); i) Il fattore di forma: Grandezze alternate sinusoidali e vettori ruotanti E' possibile creare una corrispondenza biunivoca tra i vettori ruotanti e le grandezze sinusoidali. Questo significa che le grandezze sinusoidali possono essere raffigurate come vettori ruotanti: La figura rappresenta il vettore ruotante , di modulo pari al valore massimo YM della grandezza sinusoidale, nella posizione che esso assume nell'istante t = 0 [s]. Ad esso corrisponde il valore istantaneo Yo della grandezza sinusoidale che è, anche, il valore della proiezione del vettore sull'asse dei valori istantanei. Siccome il vettore ruota in senso antiorario (scelta convenzionale) ad una velocità [rad/s] pari alla pulsazione della grandezza sinusoidale, al generico istante t [s] esso si troverà ad aver descritto, rispetto all'asse polare, l'angolo (·t + O) e quindi la proiezione del vettore sull'asse dei valori istantanei varrà YM·sen(·t + O) , ovvero y(t). Convenzionalmente, gli angoli si intendono positivi se misurati in senso antiorario. 120 La figura sopra mostra la rappresentazione mediante il vettore ruotante di una grandezza sinusoidale che ha un argomento iniziale negativo ( pari a - O ). L'espressione analitica, sul piano di Gauss, del generico vettore ruotante è: Dove ej··t è il termine che determina la rotazione. Le grandezze sinusoidali (tensioni e correnti) nei circuiti che noi studiamo sono tutte isofrequenziali, questo significa che tutti i vettori ruotanti che le rappresentano ruotano alla medesima velocità angolare [rad/s]. Per tale motivo i vettori ruotanti conservano nel tempo una posizione reciproca costante, quindi è sufficiente rappresentarli nella posizione che essi occupano all'istante t = 0 [s]. A questo punto, per rappresentare una grandezza sinusoidale è sufficiente un vettore statico e, per il suo trattamento analitico, l'equivalente numero complesso. Nella figura seguente sono rappresentate due grandezze sinusoidali yA(t) ed yB(t) : yA(t) = YMA·sen(·t + OA) , yB(t) = YMB·sen(·t + OB) mediante i corrispondenti vettori ed che sono riportati su di un unico piano di Gauss essendo le due grandezze sinusoidali isofrequenziali (stessa pulsazione ). Nella rappresentazione è omessa l'informazione riguardante il fatto che i vettori sono ruotanti e gli stessi sono riportati nella posizione assunta all'istante t = 0 [s]. Il piano di Gauss è il luogo ove rappresentare in forma grafica i numeri complessi, più precisamente l'ascissa diventa l'asse dei valori reali Re mentre l'ordinata diventa l'asse dei valori immaginari Im. 121 Gli angoli OA ed OB sono gli argomenti iniziali delle grandezze sinusoidali, servono per orientare i vettori rappresentativi delle grandezze sinusoidali sul piano di Gauss e vengono riportati a partire dal semiasse reale positivo seguendo la nota convenzione secondo la quale gli angoli si intendono positivi se misurati in senso antiorario (convenzione che discende direttamente da quella, già dichiarata, per la quale il verso di rotazione dei vettori ruotanti è antiorario). L'angolo AB rappresenta lo sfasamento tra la grandezza sinusoidale yA(t) e la yB(t). Analiticamente si ha: AB = OA - OB , BA = OB - OA , AB = - BA Forme rappresentative per i numeri complessi, operazioni Vediamo ora in quali forme si può rappresentare un numero complesso che, analiticamente, raffigura un vettore giacente sul piano di Gauss. Inoltre prenderemo in considerazione alcune delle operazioni che si possono eseguire sui numeri complessi. Quanto segue si limita a quelle poche informazioni direttamente utili nell'analisi dei circuiti elettrici in corrente alternata sinusoidale, una trattazione più completa e rigorosa dei numeri complessi viene fatta nel corso di matematica. a) Forma algebrica : ove a è la parte reale, j·b è la parte immaginaria. I valori di a , b sono numeri reali (quindi possono essere sia positivi che negativi). Tale forma è utile nel caso si debba eseguire la somma di due numeri complessi: b) Forma polare : ove Y è il modulo ed l'argomento. Il modulo è un numero reale sempre positivo, mentre l'argomento è l'angolo misurato tra il semiasse reale positivo ed il vettore e, quindi, positivo se misurato in senso antiorario, negativo se misurato in senso orario. Tale forma è utile nel caso si debba eseguire il prodotto od il quoziente tra due numeri complessi: 122 Per convertire dalla forma algebrica (detta anche rettangolare) alla forma polare: Per convertire dalla forma polare alla forma algebrica: c) forma trigonometrica : d) forma esponenziale : con ovvio significato. che deriva dalla formula di Eulero per la quale si ha: Tale forma è particolarmente utile nel caso in cui il numero complesso debba rappresentare un vettore ruotante (come accade per le grandezze sinusoidali quando non si voglia omettere l'informazione riguardante la pulsazione); infatti se è la velocità angolare si ha: Significato fisico del valore efficace Nella figura riportata sopra sono rappresentate le funzioni i(t) ed [i(t)]2 . La prima esprime una corrente sinusoidale i(t) = IM·sen(·t) [A] mentre la seconda esprime i quadrati della prima. 123 La funzione [i(t)]2 è di tipo periodico, sempre positiva, di frequenza doppia rispetto ad i(t) , ma non è una funzione sinusoidale. Tale funzione ha un valore massimo pari a IM2 ed un valore medio che, per evidenti motivi di simmetria, vale IM2/2. La definizione matematica data al valore efficace di una grandezza sinusoidale porta ad affermare che il valore efficace della i(t) vale: come già si sapeva. Per capire il significato fisico del valore efficace di una corrente, immaginiamo che la corrente sinusoidale i(t) percorra una resistenza di valore R []. Nell'intervallo di tempo infinitamente piccolo dt [s] (vedi figura) si può ritenere che la corrente abbia un valore costante pari ad i [A] e che l'energia dissipata per effetto Joule nella resistenza valga [J]. La quantità dA = i2 · dt [A2·s] corrisponde all'area del rettangolo di base dt e di altezza i2. Se ora si immagina di considerare il numero infinito di intervalli dt [s] presenti nell'intervallo finito T [s] pari al periodo, è evidente che la somma degli infiniti termini dA verrà a coprire un'area coincidente con l'area A sottesa dalla funzione [i(t)]2 nell'intervallo di tempo pari a T [s], area che è legata al valore medio della [i(t)]2 dalla relazione: L'energia dissipata nel tempo pari a T [s] si può quindi scrivere: Osservando che: si avrà W = R·I2·T [J] ovvero il valore efficace I [A] della corrente sinusoidale è responsabile, attraverso il suo quadrato, dell'energia dissipata nel tempo T [s] attraverso la resistenza R []. Esattamente la stessa espressione si sarebbe ottenuta qualora si fosse dovuto calcolare la potenza dissipata nel tempo T [s] attraverso la resistenza R [] da una corrente continua di intensità I [A]. Si può dire che il valore efficace di una corrente sinusoidale rappresenta quella intensità di corrente continua che, in pari tempo, produce i medesimi effetti termici. Esattamente la stessa cosa si può dire per il valore efficace della tensione e sia le correnti che le tensioni sinusoidali vengono sempre comunicate mediante il loro valore efficace. Circuito puramente resistivo in regime sinusoidale, potenza attiva E' così chiamato un circuito totalmente privo di effetti d'autoinduzione dovuta a campi magnetici variabili e di accumulo di carica dovuta a campi elettrici. 124 Sollecitando la resistenza R [] con una corrente sinusoidale i(t) [A] si avrà (legge di Ohm) per ogni istante t ai capi della resistenza una caduta di tensione pari a v(t) = R·i(t) [V] pure essa sinusoidale, di eguale pulsazione, di eguale argomento iniziale e di valore massimo VM = R·IM [V]. Per quanto riguarda i valori efficaci si avrà la relazione V = R·I [V]. Siccome gli argomenti iniziali della tensione e della corrente sono gli stessi, si suole dire che esse sono tra di loro in fase. Facendo riferimento ad una corrente sinusoidale qualsiasi, per l'espressione ai valori istantanei si avranno le seguenti relazioni: i(t) = IM·sen(·t + O) , v(t) = VM·sen(·t + O) [A] Per l'espressione simbolica si avrà: Per quanto riguarda la potenza, applicando la legge di Joule in ogni istante t si può calcolare come varia la potenza istantanea p(t) facendo il prodotto dei valori istantanei i(t) e v(t). 125 Dal grafico che così si ottiene si osserva che la potenza p(t) è una grandezza periodica (non sinusoidale) pulsante, sempre maggiore di zero,di frequenza doppia di quella della corrente. Sempre dal grafico si può osservare che il valore medio P [W] della p(t) è la metà del suo valore massimo PM , ovvero: L'area sottesa dalla forma d'onda di p(t) rappresenta in un determinato intervallo di tempo l'energia ( [W]·[s] = [J] ) e tale energia è sempre positiva, questo significa che nella resistenza avviene una trasformazione di energia sempre nel senso energia elettrica calore. Per tali motivi P prende il nome di potenza attiva (cioè ad essa corrisponde una effettiva trasformazione di energia). Ricordando la legge di Ohm, la potenza attiva si può anche calcolare con le relazioni: Circuito puramente induttivo in regime sinusoidale E' tale un circuito totalmente privo di resistenza ohmica e di accumulo di carica dovuto a campi elettrici. L'unico parametro elettrico che caratterizza un circuito puramente induttivo è perciò la sua induttanza. L'induttanza (chiamata pure coefficiente di autoinduzione) è definita dal rapporto tra il flusso di campo magnetico (originato dalla corrente che percorre il circuito) che si concatena col circuito e la corrente che percorre il circuito stesso: Il valore di induttanza di un circuito dipende dalla geometria del circuito e dalla permeabilità magnetica del mezzo che circonda il circuito: se queste sono costanti, l'induttanza è costante. Per tale motivo, l'induttanza di un circuito avvolto su di un nucleo ferromagnetico non è costante ma varia al variare della corrente nel circuito in quanto al variare della corrente varia il campo magnetico e, con esso, la permeabilità (noi, comunque, considereremo costante l'induttanza). Invece, l'induttanza di un circuito in aria è rigorosamente costante essendo costante la permeabilità magnetica dell'aria. 126 Si supponga di avere un circuito puramente induttivo, di induttanza costante L [H], percorso da una corrente sinusoidale i(t) = IM·sen(·t) [A]. A causa della induttanza L, si autoconcatenerà col circuito un flusso: C(t) = L·i(t) = L·IM· sen(·t) = ACM· sen(·t) [Wb] con ACM = L·IM [Wb]. Ovviamente tale C(t) , essendo proporzionale in ogni istante alla corrente, varierà esso pure nel tempo con legge sinusoidale. Per via della legge generale dell'induzione elettromagnetica, la variazione nel tempo del flusso autoconcatenato produrrà una forza elettromotrice autoindotta di valore: che gode delle seguenti proprietà: a) eai(t) è proporzionale alla rapidità con cui varia il flusso concatenato nel tempo; b) eai(t) ha in ciascun istante un verso tale da opporsi alla causa che la genera, perciò sarà contraria alla corrente quando questa aumenta facendo aumentare C(t) , mentre avrà lo stesso verso della corrente quando questa diminuisce facendo diminuire C(t). Dal secondo punto si determina immediatamente il segno della f.e.m.a.i., dal primo punto si determina la sua intensità che è nulla quando la pendenza della i(t) , e quindi di C(t) , è nulla 127 (vedi gli istanti T/4 , 3·T/4 ), mentre è massima quando la pendenza della i(t) , e quindi di C(t) , è massima (vedi gli istanti 0 , T/2 ,T ). Il risultato che si ottiene è una f.e.m.a.i. sinusoidale ed in ritardo di un quarto di periodo (ovvero /2 ) rispetto sia al flusso che alla corrente: Inoltre, qualitativamente, si può pure affermare che il valore massimo di f.e.m.a.i. sarà tanto più grande quanto più è grande il valore massimo del flusso e quanto più rapida è la variazione di C(t) nel tempo (cioè quanto più è grande la sua pulsazione ): Abbiamo fino ad ora dedotto quanto vale la f.e.m.a.i. dovuta ad una corrente sinusoidale circolante in un circuito puramente induttivo, supponiamo ora che la corrente i(t) venga impressa nel circuito puramente induttivo da un generatore sinusoidale. Applicando la legge di Ohm generalizzata all'intero circuito (generatore più resistenza) e facendo riferimento ai valori istantanei si deduce che dovrà essere in ogni istante nulla la somma algebrica della tensione vL(t) ai capi dell'induttanza e della forza elettromotrice indotta eai(t) : cioè la tensione vL(t) è in ogni istante uguale ed opposta alla f.e.m.a.i. eai(t). Ciò significa (vedi anche il grafico): dove ovviamente VLM = EaiM. Confrontando con i(t), si dirà che la tensione vL(t) ai capi dell'induttanza è in anticipo di /2 ed il suo valore massimo vale . Passando dall'espressione delle grandezze sinusoidali nella forma di valori istantanei alla forma simbolica (vettori ruotanti e relativi numeri complessi) quanto ottenuto può essere così riassunto: 128 con AC = L·I [Wb] ( AC ed I valori efficaci ). con Eai = VL = ·L·I [V]. La quantità: è chiamata reattanza induttiva ed ha le dimensioni di una resistenza. La quantità chiamata reattanza induttiva immaginaria ed è un operatore vettoriale in quanto se applicato al numero complesso rappresentante la corrente fornisce il numero complesso rappresentante la tensione ai capi dell'induttanza: è La figura riportata sopra mostra le varie grandezze sinusoidali prese fino ad ora in considerazione rappresentate sul piano di Gauss. Circuito puramente capacitivo in regime sinusoidale E' così chiamato un circuito totalmente privo di resistenza ohmica e di effetti d'autoinduzione dovuti a variazioni di campi elettromagnetici. L'unico parametro elettrico che caratterizza un circuito puramente capacitivo è la sua capacità elettrica. La capacità del circuito rappresenta l'attitudine del circuito ad accumulare carica elettrica quando nel dielettrico circostante sia presente un campo elettrico. Se V è la d.d.p., Q la carica accumulata, C la capacità elettrica, si ha: Al fine di dedurre il comportamento della capacità in regime sinusoidale, è importante ricordare il fenomeno della carica e della scarica del condensatore facendo particolare attenzione al verso della corrente i(t) e della tensione vC(t) ai capi del condensatore: 129 N.B.: l'istante t = 0 [s] coincide, sia per la carica che per la scarica all'istante di chiusura dell'interruttore nel relativo circuito. Le varie funzioni vC(t) ed i(t) sia nella carica che nella scarica sono di tipo esponenziale, con costante di tempo pari a R·C [s] e quindi con un tempo d'esaurimento pari a circa 5·R·C [s]. Nel caso di circuito in corrente continua, in ogni caso, una volta esauritosi il transitorio la corrente nel circuito è identicamente nulla in quanto il condensatore costituisce a regime un'interruzione del ramo ove si trova inserito. Supponiamo ora di avere un condensatore di capacità C, inizialmente scarico, collegato ai morsetti di un generatore di tensione sinusoidale v(t). Vediamo di ricavare qualitativamente l'andamento della corrente. Le considerazioni che seguono sono conseguenti al fatto che: a) durante gli intervalli di carica la corrente deve avere lo stesso verso (segno) della tensione, mentre durante gli intervalli di scarica la corrente è opposta alla tensione; b) la corrente ha modulo massimo quando inizia la carica, nullo quando la tensione di carica raggiunge il massimo. 130 Nel primo quarto di periodo (1), avendosi un intervallo di carica la tensione aumenta positivamente da zero al valore massimo VCM , il condensatore deve corrispondentemente assorbire una corrente di carica positiva, la quale parte dal suo valore massimo IM e va poi gradatamente diminuendo fino a ridursi a zero nell'istante in cui il condensatore raggiunge il suo stato di massima carica. Nel secondo quarto di periodo (2), trattandosi di un intervallo di scarica la tensione alle armature diminuisce da VCM a zero, il condensatore dovrà corrispondentemente scaricarsi mediante una corrente analoga alla precedente ma di verso (segno) opposto e perciò negativa. Nel terzo quarto di periodo (3), trattandosi di un intervallo di carica di segno opposto a quello della fase (1), la tensione alle armature aumenterà da zero a -VCM ed il condensatore sarà interessato da una corrente di carica che varierà da -IM a zero. Nell'ultimo quarto di periodo (4), trattandosi di un intervallo di scarica la tensione alle armature diminuirà in valore assoluto da |-VCM| a zero e la corrente dovrà variare analogamente a quanto avvenuto nell'intervallo (3) ma con verso (segno) opposto. E' importante osservare che la tensione ai capi del condensatore è obbligata ad essere uguale a quella sinusoidale del generatore, cioè deve essere v(t) = vC(t) e che la corrente, sia durante gli intervalli di carica che di scarica, non potrà variare con legge esponenziale essendo sia la carica che la scarica non libere ma vincolate dalla tensione sinusoidale presente ai capi del condensatore. Quindi anche la corrente i(t) sarà sinusoidale. Si riconosce in tal modo che mentre la tensione alle armature del condensatore varia secondo la funzione sinusoidale vC(t) , la corrente attraverso il condensatore varia secondo una funzione i(t) pure sinusoidale, ma sfasata di un quarto di periodo in anticipo rispetto alla tensione. In forma analitica: vC(t) = VCM·sen(·t) [V] , i(t) = IM·sen(·t + /2) [A] Si può poi dimostrare che è IM = ·C·VCM [A] ed analoga relazione vale per i valori efficaci. Intuitivamente si può infatti osservare che tanto più grandi sono C e VCM , tanto più grande sarà la 131 quantità di carica accumulata sulle armature del condensatore. Inoltre la variazione nel tempo della quantità di carica accumulata rappresenta l'intensità della corrente e, perciò, se è elevato sarà più grande la corrente essendo più grande la variazione di carica nel tempo. Passando dall'espressione delle grandezze sinusoidali nella forma di valori istantanei alla forma simbolica (vettori ruotanti e relativi numeri complessi) quanto ottenuto può essere così riassunto: con VC [V] ed I [A] valori efficaci. La quantità: è chiamata reattanza capacitiva ed ha le dimensioni di una resistenza. La quantità è chiamata reattanza capacitiva immaginaria ed è un operatore vettoriale in quanto se applicato al numero complesso rappresentante la corrente fornisce il numero complesso rappresentante la tensione ai capi del condensatore: La figura riportata sopra mostra le varie grandezze sinusoidali prese fino ad ora in considerazione rappresentate sul piano di Gauss. Complementi matematici Nelle dimostrazioni delle relazioni tra tensione e corrente in regime sinusoidale per le induttanze e le capacità abbiamo fatto ampiamente ricorso all'intuito. Dimostrazioni analiticamente rigorose si possono fare solo conoscendo l'operazione di derivazione rispetto al tempo di una funzione, argomento che si affronterà in matematica nel corso del quarto anno. A titolo di complemento anticipiamo quanto sarà comprensibile solo il prossimo anno: Induttanza 132 capacità Potenza elettrica associata ad una corrente in quadratura con la tensione, potenza reattiva Questo stato di regime si verifica in un circuito puramente induttivo (corrente in ritardo di 90° sulla tensione), oppure puramente capacitivo (corrente in anticipo di 90° sulla tensione). Eseguendo per ogni istante il prodotto v(t)·i(t) si ottiene p(t) che è una grandezza ancora sinusoidale di frequenza doppia rispetto alla corrente ed alla tensione. Si osserva che l'asse di simmetria della p(t) coincide con l'asse dei tempi (ascissa) e, quindi, la potenza non ha più carattere pulsante ma ha carattere alternativo e conseguentemente il suo valor medio è nullo. 133 Quindi, in un circuito nel quale la tensione e la corrente sono in quadratura tra di loro, la potenza istantanea è tale per cui l'energia viene alternativamente scambiata tra il circuito ed il campo (elettrico per la capacità, elettromagnetico per l'induttanza), più precisamente l'energia viene ceduta dal circuito al campo quando la potenza è positiva e viceversa quando è negativa. Quindi, considerando un intero periodo, il bilancio energetico tra circuito e campo è nullo così che si può dire che la potenza media è nulla, ovvero non vi è alcuna trasformazione permanente di energia. Per tali motivi si suole dire che un circuito puramente induttivo o puramente capacitivo non è interessato da potenza attiva. Viene convenzionalmente considerata, sotto il nome di potenza reattiva, la quantità . Tale potenza reattiva non riveste assolutamente il significato fisico di potenza, ma costituisce un puro riferimento convenzionale ai valori efficaci della tensione V [V] e della corrente I [A] in quadratura tra di loro e, per questa ragione, la potenza reattiva non si misura in [Watt] ma si esprime in VoltAmpereReattivi [VAR]. A tale potenza vengono convenzionalmente associati segni opposti a secondo che il circuito sia induttivo o capacitivo. Le norme assegnano il segno positivo alla potenza reattiva induttiva QL = X 2 2 L·I ed il segno negativo alla potenza reattiva capacitiva QC = X C·I . Ciò perché è positivo lo sfasamento tra tensione e corrente nel circuito induttivo, negativo nel circuito capacitivo. Impedenza elettrica, triangolo delle potenze Si tratta di un operatore vettoriale (quindi una grandezza complessa, non una grandezza variabile sinusoidalmente nel tempo) così definito: L'impedenza riassume la resistenza e la reattanza complessive di un ramo infatti se è la pulsazione della tensione alternata sinusoidale applicata al ramo, si ha: Il modulo dell'impedenza vale ovviamente: 134 mentre il suo argomento vale: e tale argomento coincide con lo sfasamento tra la tensione applicata all'impedenza e la corrente che percorre l'impedenza. Le potenze che riguardano l'impedenza sono: potenza attiva : P = V·I·cos(V,I) = R·I2 [W] potenza reattiva, da considerarsi induttiva se positiva, da considerarsi capacitiva se negativa : Q = V·I·sen(V,I) = (XL - XC)·I2 [VAR] modulo potenza apparente, che riassume le prime due : potenza apparente complessa ( è il coniugato di ): Le tre potenze di cui sopra si possono riassumere nel seguente triangolo delle potenze: per il quale valgono le seguenti relazioni: Ammettenza elettrica 135 E' un operatore vettoriale definito come l'inverso dell'impedenza: La parte reale dell'ammettenza è chiamata conduttanza, la parte immaginaria è chiamata suscettanza. L'ammettenza, la conduttanza e la suscettanza si misurano in siemens, [-1] = [S]. Si dimostra facilmente che il modulo dell'ammettenza è pari all'inverso del modulo dell'impedenza, mentre l'argomento dell'ammettenza è l'opposto dell'argomento dell'impedenza. L'operatore vettoriale ammettenza può essere usato per la risoluzione delle reti elettriche. La legge di Ohm diventa: La serie di più ammettenze si calcola con l'espressione: mentre il parallelo di più ammettenze si calcola con l'espressione: Vediamo ora la trasformazione serie-parallelo dei parametri di una impedenza: Perché i due circuiti siano equivalenti, quando vengono sottoposti alla stessa tensione devono assorbire la stessa corrente. Quindi sarà: da cui: 136 Si osserva che i parametri parallelo dell'impedenza altro non sono che l'inverso della conduttanza e della suscettanza dell'ammettenza equivalente all'impedenza data. Criterio di Kennelly - Steinmetz Le equazioni che si possono scrivere per un circuito elettrico in regime sinusoidale permanente sono sostanzialmente le stesse che si scriverebbero per lo stesso circuito se considerato in corrente continua, coll'avvertenza però che ora le tensioni, le correnti, le f.e.m. e le correnti impresse (grandezze sinusoidali) devono apparire in forma simbolica (mediante i rispettivi numeri complessi ed ) e che al posto delle resistenze compaiono le impedenze (operatori vettoriali complessi). Quindi tutti i metodi di analisi delle reti elettriche sono applicabili sia alle reti in corrente continua che alle reti in corrente alternata. Esercizio N° 9 (circuito in c.a., applicazione di Thevenin e di Millman) Parte prima. Applicando il metodo del generatore equivalente di Thevenin, determinare la corrente i1(t) nella rete di figura: R1 M L1 i1(t) e2(t) C R2 e1(t) L2 N I valori dei parametri della rete siano i seguenti: e1(t) = 169,7·sen(377·t) [V] , e2(t) = 339,4·sen(377·t - /3) [V] , R1 = 3 [] , R2 = 5 [] , L1 = 10,61 [mH], L2 = 5,305 [mH] , C = 442,1 [F]. Per prima cosa passo al circuito delle impedenze: E 169,7 E1M 169,7 [V] E1 1M 120 [V] E1 E1 E1 1200 [V] 2 2 α E1 0 E 339,4 E 2M 339,4 [V] E 2 2M 240 [V] 2 2 E 2 E 2 E 2 240 60 [V] α E 2 [rad] 60 3 137 377 [rad/s] R1 3 [ohm] Z1 R 1 j X L1 3 j 4 553,13 [ohm] X L1 L1 377 10,61 10 3 4 [ohm] R 2 5 [ohm] Z 2 R 2 j X L 2 5 j 2 5,385 21,80 [ohm] X L 2 L 2 377 5,305 10 3 2 [ohm] 1 1 XC 6 [ohm] Z 3 0 j 6 6 90 [ohm] C 377 442,1 10 6 M M Thevenin Zeq I1 E2 Z1 Z1 I1 E1 E1 Z3 Eeq Z2 N N Ora applico il teorema di Thevenin al circuito alle impedenze trovando così il circuito equivalente di Thevenin. Determino Zeq. Allo scopo considero la rete di partenza privata del ramo interessato e resa passiva: M Z3 Zeq Z2 N Zeq Z 2 Z 3 (5,38521,80) (6 90) 5,046 29,54 4,390 j 2,488 [ohm] (5 j 2) (0 j 6) Z2 Z3 Determino Eeq. Allo scopo considero la rete di partenza privata del ramo interessato: M I’ E2 Z3 Eeq Z2 N 138 I' E2 240 60 37,48 21,34 [A] Z 2 Z 3 ( 5 j 2) ( 0 j 6) Eeq Z3 I' (6 90) 37,48 21,34 224,9 111,3 81,84 j 209,5 [V] Risolvo il circuito equivalente di Thevenin. Eeq E1 ( 81,84 j 209,5) (120 j 0) Eeq E1 I1 ( Zeq Z1 ) I1 (4,390 j 2,488) ( 3 j 4) Zeq Z1 38,57 145,5 [A] Parte seconda. Risolvere la stessa rete usando la formula di Millman. Con riferimento alla rete di impedenze applico la formula di Millman: E2 E1 240 60 1200 Z 2 Z1 5,385 21,80 553,13 VMN 222,9 59,82 1 1 1 10 10 10 Z 2 Z 3 Z1 5,385 21,80 6 90 553,13 112,0 j 192,7 [V] Applico ora la legge generalizzata di Ohm al ramo nel quale cerco la corrente: V E1 (112,0 j 192,7) (120 j 0) VMN Z1 I1 E1 I1 MN 38,57 145,5 [A] 553,13 Z1 Il diagramma vettoriale riguardante le tensioni e le correnti nella rete studiata è il seguente: 50 [V] 25 [A] Immag. 0 E1 I1 I1 Reale E2 , VMN VMN E2 L’espressione ai valori istantanei per la corrente i1(t) e la tensione vMN(t) è: 139 377 [rad/s] I1M I1 2 38,57 2 54,55 [A] i1 (t ) 54,55 sen( 377 t 2,539) [A] α I1 145,5 145,5 2,539 [rad] 180 377 [rad/s] VMNM VMN 2 222,9 2 315,2 [V] v MN (t ) 315,2 sen( 377 t 1,044) [V] α VMN 59,82 59,82 1,044 [rad] 180 La rappresentazione grafica ai valori istantanei è la seguente: 600 400 e2(t) 200 VMN(t) 0 e1(t) -200 -400 10*i1(t) -600 0 0.002 0.004 0.006 0.008 0.01 0.012 0.014 0.016 tempo [s] Esercizio N° 10 (circuito in c.a., applicazione di Kirchhoff) Applicando il metodo dei principi di Kirchhoff determinare le correnti i(t) , i1(t) , i2(t) nei tre rami della seguente rete: 140 I valori dei parametri della rete sono i seguenti: vO(t) = 141,4·sen(314,2·t) [V] , R0 = 5 [] , R1 = R2 = 20 [] , L1 = L2 = 95,48 [mH] , C = 79,57 [F] Per prima cosa passo al circuito delle impedenze: Ora assegniamo il verso alle correnti nei tre rami (che dovrà essere lo stesso nel circuito di partenza e nel circuito alle impedenze), quindi assegniamo il verso alle due maglie contigue e scriviamo il sistema risolvente applicando il primo principio di Kirchhoff al nodo superiore ed il secondo principio alle due maglie contigue: che ordinato e risolto rispetto fornisce: 141 L'espressione ai valori istantanei delle tre correnti vale (con gli argomenti iniziali espressi in radianti per omogeneità con le pulsazioni in [rad/s] ): I diagrammi vettoriale ed ai valori istantanei sono: Teorema di Boucherot In un sistema elettrico in regime sinusoidale costituito da più utilizzatori si può dire che: a) la potenza attiva totale è data dalla somma aritmetica delle singole potenze attive: b) la potenza reattiva totale è data dalla somma algebrica delle singole potenze reattive assunte positive se induttive, negative se capacitive: 142 c) la potenza apparente complessa totale è data dalla somma vettoriale delle singole potenze apparenti complesse, in ogni caso il modulo della potenza apparente totale si può più convenientemente determinare con: Esercizio N° 11 (risoluzione circuito in c.a., applicazione di Boucherot) Si abbia la seguente rete in corrente alternata: R L i2(t) A i(t) R1 R2 L1 C2 e(t) = 365·sen(628·t + 0,2443) [V] R = 10 [] , L = 15,92 [mH] R1 = 4 [] , L1 = 4,777 [mH] R2 = 6 [] , C2 = 199 [F] e(t) i1(t) B 1) Determinare le correnti nei tre rami. Per prima cosa si passa al circuito alle impedenze determinando per ciascun ramo la corrispondente impedenza ed esprimendo la f.e.m. nota in forma simbolica: A I2 Z I E I1 Z1 I2 Z2 B EM 365 [V] EM 365 E 258,1 [V] E Eα E 258,114 [V] 2 2 180 α E 0,2443 14 143 R 10 [ ] 628 [rad/s] X L 628 15,92 10 3 Z R jX 10 j10 14,1445 10 [ ] R 1 4 [ ] 628 [rad/s] X 1 L 1 628 4,777 10 3 R 2 6 [ ] 628 [rad/s] X2 1 1 C 2 628 199 10 6 [] Z 1 R 1 jX 1 4 j3 5 36,87 3 [ ] [] Z 2 R 2 jX 2 6 j8,002 10 53,14 8,002 [ ] [] Quindi si applicano al circuito alle impedenze le solite regole di risoluzione delle reti. Nel caso in esame vi è un solo generatore e risulta possibile risolvere la rete attraverso la riduzione successiva delle impedenze. Le impedenze Z 1 e Z 2 sono in parallelo: Z 12 Z1 Z 2 Z1 Z 2 (536,87) (10 53,14) 4,47210,30 4,400 j0,7996 (4 j3) (6 j8,002) [] La rete diventa quindi: A Z I Z12 E VAB B Applicando a questa rete la legge generale di Ohm si può calcolare la corrente I : E I ( Z Z 12 ) 0 I E Z Z 12 258,114 14,34 22,87 [A] (10 j10) (4,4 j0,7996) 144 Si osserva che tale corrente è in ritardo rispetto alla f.e.m. del generatore, quindi l’impedenza totale vista ai morsetti del generatore sarà di natura ohmico−induttiva. Per determinare le correnti nelle due impedenze in parallelo determino prima la tensione ai capi del parallelo: VAB Z 12 I (4,47210,30 ) (14,34 22,87 ) 64,13 12,57 [V] Quindi dividendo tale tensione per ciascuna delle impedenze trovo le correnti: V 64,13 12,57 I 1 AB 12,83 49,44 [A] 536,87 Z1 I2 VAB Z2 64,13 12,57 6,41340,57 [A] 10 53,14 A titolo di controllo si può applicare il primo principio di Kirchhoff al nodo A e attestare così che esso è verificato. Il diagramma vettoriale rappresentativo delle tensioni e correnti alternate calcolate è il seguente: Immaginario 50 [V] 5 [A] E I2 0 Reale VAB I I1 Le espressioni ai valori istantanei delle tre correnti sono le seguenti: i(t ) 14,34 2 sen 628 t 22,87 [A] 180 i 1 (t ) 12,83 2 sen 628 t 49,44 [A] 180 i 2 (t ) 6,413 2 sen 628 t 40,57 [A] 180 145 A tali espressioni corrispondono gli oscillogrammi: 40 20 i1(t) i2(t) 0 i(t) -20 e(t)/10 -40 0 0.002 0.004 0.006 0.008 0.01 tempo [s] 2) Determinare la potenza erogata dal generatore ideale di tensione. Trattandosi di un generatore di corrente alternata avremo erogazione sia di potenza attiva che reattiva. Entrambe le potenze dipendono dallo sfasamento tra la f.e.m. e la corrente erogata: E E I 14 (22,87) 36,87 Le potenze attiva e reattiva erogate valgono quindi: PE E I cos( E ) 258,1 14,34 cos(36,87) 2961 [W] Q E E I sen( E ) 258,1 14,34 sen( 36,87) 2221 [VAR] induttivi Si osserva che lo sfasamento tra la f.e.m. del generatore e la corrente da esso erogata corrisponde all’argomento della impedenza totale Z T vista ai morsetti del generatore stesso: Z T Z Z 12 (10 j10) (4,4 j0,7996) 14,4 j10,80 18,00 36,87 [] Si conferma inoltre la natura ohmico−induttiva dell’impedenza totale. 3) Determinare le potenze attiva e reattiva complessivamente impegnate dalle impedenze. Queste potenze si possono calcolare applicando il teorema di Boucherot: PZ R I 2 R 1 I 1 R 2 I 2 10 14,34 2 4 12,83 2 6 6,413 2 2962 [W] 2 2 146 Q Z X I 2 X 1 I 1 X 2 I 2 10 14,34 2 3 12,83 2 8,002 6,413 2 2221 [VAR] induttivi 2 2 Le potenze totali potevano ovviamente essere pure determinate utilizzando l’impedenza totale: PZ R T I 2 14,4 14,34 2 2961 [W] Q Z X T I 2 10,80 14,34 2 2221 [VAR] induttivi Ovviamente le potenze erogate dal generatore corrispondono alle potenze impegnate dalle impedenze. Linee semplici monofase, rifasamento Sono quelle per le quali è valido il seguente circuito equivalente: Si definisce caduta di tensione industriale della linea la differenza aritmetica tra la tensione all'arrivo a vuoto e la tensione all'arrivo a carico: calcolabile con l'espressione semplificata: Si definisce rendimento della linea: dove PA = PU è la potenza all'arrivo della linea mentre PP è la potenza alla partenza della linea. Al fine di ridurre la c.d.t. industriale ed aumentare il rendimento della linea, se il carico ha un basso fattore di potenza si può procedere al rifasamento del carico stesso che consiste nel porgli in parallelo un condensatore di adeguata capacità. Indicando con A* lo sfasamento desiderato all'arrivo della linea (con ovviamente A* < U ), il valore della capacità rifasante sarà dato da: 147 Esercizio N° 12 (circuito in c.a., linea monofase con nota la tensione all’arrivo) Una linea elettrica in corrente alternata monofase alimenta alla tensione VA=230 [V], f=50 [Hz] i seguenti carichi: 1) un’impedenza formata dalla serie di una resistenza R=8 [] e di una induttanza L=19,1 [mH]; 2) un carico ohmico-capacitivo che assorbe la potenza PU2=2 [kW] con fattore di potenza cosU2=0,85 in anticipo; 3) un motore a induzione di rendimento =0,85 e fattore di potenza cosU3=0,8 in ritardo il cui albero ruota alla velocità n=1400 [rpm] ed eroga la coppia C=10 [N·m]. Sapendo che la linea ha resistenza RL=0,2 [] e reattanza XL=0,15 [], determinare: 1) la corrente nella linea ed il fattore di potenza all’arrivo della linea; 2) la tensione ed il fattore di potenza alla partenza della linea; 3) la caduta di tensione industriale ed il rendimento della linea; 4) la capacità per il rifasamento totale all’arrivo della linea e la nuova corrente di linea nell’ipotesi che la tensione all’arrivo rimanga costante. RL XL IL VP IU1 VA R PP, QP, SP cosP PA, QA, SA cosA cosU3 X PU2 cosU2 M P n, C Risposta alla domanda 1) Per prima cosa si trova il carico complessivo equivalente ai tre carichi applicati alla linea. Per fare questo si applica il teorema di Boucherot ed inizio calcolando le potenze attiva e reattiva assorbite dai singoli carichi. Primo carico: R 8 [ohm] 2 2 2 2 Z R X 8 6 10 [ohm] 3 X 2 f L 2 50 19,1 10 6 [ohm] I U1 VA 230 23 [A] Z 10 PU1 R I U12 8 23 2 4232 [W] Q U1 X I U12 6 23 2 3174 [VARi] Secondo carico: 148 PU 2 2000 [W] QU 2 PU 2 tg U 2 2000 tg(a cos(0,85)) 1239 [VARc] Nel secondo carico, essendo il fattore di potenza in anticipo, la potenza reattiva impegnata è di natura capacitiva. Terzo carico: 2 n 2 1400 146,6 [rad/s] 60 60 P C 10 146,6 1466 [W] P 1466 1725 [W] 0,85 Q U 3 PU 3 tg U 3 1725 tg(a cos(0,8)) 1294 [VARc] Come si nota ho prima calcolato la potenza meccanica erogata dal motore e successivamente la potenza elettrica assorbita dividendo per il rendimento. PU 3 Applico ora il teorema di Boucherot: PA PU1 PU 2 PU 3 4232 2000 1725 7957 [W] Q A Q U1 Q U 2 Q U 3 3174 1239 1294 3229 [VARi] S A PA 2 Q A 2 7957 2 32292 8587 [VA] Posso ora calcolare la corrente di linea ed il fattore di potenza all’arrivo: S 8587 IL A 37,33 [A] VA 230 cos A PA 7957 0,9266 in ritardo S A 8587 Risposta alla domanda 2) Applicando ancora Boucherot risalgo nella sezione di monte della linea: PP PA R L I L 2 7957 0,2 37,332 8236 [W] Q P Q A XL I L 2 3229 0,15 37,332 3438 [VARi] S P PP 2 Q P 2 82362 34382 8925 [VA] Posso ora calcolare la tensione ed il fattore di potenza alla partenza: S 8925 VP P 239,1 [A] I L 37,33 PP 8236 0,9228 in ritardo S P 8925 Risposta alla domanda 3) cos P Sapendo che la caduta di tensione industriale è la differenza aritmetica tra la tensione all’arrivo a vuoto e la tensione all’arrivo a carico ho: VL VA0 VA VP VA 239,1 230 9,1 [V] Si può anche usare l’espressione approssimata: 149 VL IL (RL cos A XL senA ) 37,33 (0,2 0,9266 0,15 sen(a cos(0,9266))) 9,0 [V] Il rendimento sarà dato da: P 7957 L A 0,8915 PP 8925 Risposta alla domanda 4) Il rifasamento totale presuppone che la capacità rifasante impegni una potenza reattiva pari all’intera potenza reattiva induttiva in modo tale che il fattore di potenza dopo il rifasamento sia unitario: QC 3229 QC 3229 [VARc] C 194,3 10 6 [F] 2 2 2 50 230 VA La corrente di linea dopo il rifasamento si può determinare tenendo conto del fatto che in conseguenza del rifasamento cambia il fattore di potenza ma non la potenza attiva (l’inserzione del condensatore di rifasamento influisce sulla potenza reattiva): PA 7957 IL ' 34,60 [A] VA cos A ' 230 1 Si osserva che si ha una riduzione della corrente di linea che comporta una minore caduta di tensione industriale ed un maggior rendimento della linea. Esercizio N° 13 (circuito in c.a., linea monofase con nota la tensione alla partenza) Una linea elettrica in corrente alternata monofase è alimentata alla tensione VP=230 [V], f=50 [Hz] ed alimenta un carico ohmico-induttivo che assorbe la potenza PA=10 [kW] con fattore di potenza cosA=0,8 in ritardo. Sapendo che la linea ha resistenza RL=0,2 [] e reattanza XL=0,1 [], determinare: 1) la corrente nella linea e la tensione all’arrivo; 2) il fattore di potenza alla partenza della linea; 3) la caduta di tensione industriale ed il rendimento della linea; 4) la capacità per il rifasamento a 0,92 in ritardo della partenza della linea. RL XL IL VP VA PP, QP, SP cosP PA, QA, SA cosA PA cosA Risposta alla domanda 1) In questo caso non è possibile il calcolo diretto della corrente di linea in quanto si conosce la tensione alla partenza e la potenza all’arrivo e le due grandezze non possono essere poste 150 direttamente in relazione. Si può tuttavia scrivere un sistema di secondo grado usando l’espressione della potenza all’arrivo e l’espressione approssimata della caduta di tensione industriale la cui risoluzione fornisce il valore della corrente di linea e della tensione all’arrivo: PA VA I L cos A 10000 VA I L 0,8 VP VA I L ( R L cos A X L sen A ) 230 VA I L (0,2 0,8 0,1 0,6) 12500 I L V A V 12,65 230 VA 12500 0,22 VA 2 230 VA 2750 0 A1 VA VA 2 217,3 Delle due soluzioni ottenute solo la seconda è accettabile in quanto compatibile con le caratteristiche della linea. Infatti è impensabile che una linea con alla partenza 230 [V] possa avere all’arrivo solo 12,65 [V], normalmente la caduta di tensione industriale in una linea è contenuta ben al di sotto del 10%. Di conseguenza la soluzione accettabile per il sistema di secondo grado è: 12500 57,52 [A] I L 217,3 VA 217,3 [V] Risposta alla domanda 2) Applicando Boucherot risalgo nella sezione di monte della linea: PP PA R L I L 2 10000 0,2 57,522 10660 [W] Q A PA tg A 10000 tg(a cos(0,8)) 7500 [VARi] QP Q A XL I L 2 7500 0,1 57,522 7831 [VARi] S P PP 2 QP 2 106602 78312 13230 [VA] Posso ora calcolare il fattore di potenza alla partenza: P 10660 cos P P 0,8057 in ritardo S P 13230 Risposta alla domanda 3) Sapendo che la caduta di tensione industriale è la differenza aritmetica tra la tensione all’arrivo a vuoto e la tensione all’arrivo a carico ho: VL VA0 VA VP VA 230 217,3 12,7 [V] Si osserva che, a meno delle approssimazioni introdotte dai calcoli, la c.d.t. industriale coincide con la soluzione del sistema scartata. Questo è sempre vero e dipende dalla natura algebrica del sistema stesso. Il rendimento sarà dato da: P 10000 L A 0,9381 PP 10660 Risposta alla domanda 4) La capacità per il rifasamento a cosP’=0,92 in ritardo della partenza della linea vale: 151 QC PP (tg P tg P ' ) 10660 (tg(a cos(0,8057)) tg(a cos(0,92))) 3296 [VARc] C QC VP 2 3296 2 50 2302 198,3 10 6 [F] Risonanza Un circuito in corrente alternata, comunque complesso, nel quale siano presenti resistenze, induttanze e capacità si dice in risonanza quando rispetto alla tensione che lo alimenta si comporta come un circuito puramente ohmico. Si parla di risonanza serie (chiamata anche risonanza di tensione) quando i bipoli R , L , C sono collegati in serie tra di loro. Affinché il circuito si comporti come se fosse puramente ohmico deve ovviamente essere XL = XC . La pulsazione per la quale questa condizione si verifica è chiamata pulsazione di risonanza e vale: come è facile dimostrare. Per pulsazioni più grandi di 0 il circuito si comporta da ohmico-induttivo, tendente al puramente induttivo per 0 tendente ad infinito. Per pulsazioni più piccole di 0 il circuito si comporta da ohmico-capacitivo, tendente al puramente capacitivo per 0 tendente a zero. Se si immagina di alimentare il circuito con un generatore di tensione di valore efficace costante e pulsazione variabile, è facile verificare che in coincidenza della pulsazione di risonanza è massima la corrente che varrà [A]. Quindi ai capi dell'induttanza e della capacità si può avere una c.d.t. molto grande, anche maggiore della tensione applicata al circuito. Infatti se per XL0 = XC0 >> R accadrà che sarà VL0 = VC0 >> VR0 = V. si ha 152 Si parla di risonanza parallelo (chiamata anche risonanza di corrente o antirisonanza) quando si presenta il circuito riportato sopra. La pulsazione di risonanza, per la quale la tensione ai capi del parallelo è in fase con la corrente che lo alimenta, si dimostra che vale: e, nel caso di RL = RC, tale espressione diventa uguale a quella della risonanza serie. In coincidenza di 0 si ha che il parallelo assume il valore massimo di impedenza (tale impedenza è puramente ohmica) pari a: Per pulsazioni più grandi di 0 il circuito si comporta da ohmico-capacitivo, tendente al puramente capacitivo per 0 tendente ad infinito. Per pulsazioni più piccole di 0 il circuito si comporta da ohmico-induttivo, tendente al puramente induttivo per 0 tendente a zero. Se si immagina di alimentare il circuito con un generatore di corrente di valore efficace costante e pulsazione variabile, accade che in coincidenza della pulsazione di risonanza è massima la tensione ai capi del parallelo. Quindi nei rami del parallelo si può avere una corrente molto grande, anche maggiore della corrente erogata dal generatore. 153 Transitori nelle reti elettriche Indice dei contenuti: 1. Generalità 2. La trasformata di Laplace 3. Metodi di antitrasformazione 4. Esempio1, rete RL sollecitata in tensione continua 5. Esempio2, rete RC sollecitata in tensione continua 6. Analisi operazionale del transitorio 7. Esempio 3, rete RLC sollecitata in tensione continua 8. Esempio 4, rete RLC sollecitata in tensione alternata 9. Esempio 5, rete RL sollecitata a frequenza industriale 10. Analisi del transitorio mediante la funzione di trasferimento 11. Esempio 6, rete RLC sollecitata con diversi segnali 12. Tipi di risposta dei sistemi elettrici Generalità L’analisi ed il progetto dei sistemi di controllo retroazionati (che si studierà nella materia Sistemi Automatici) prevede ovviamente lo studio del comportamento del sistema in condizioni non stazionarie, ovvero lo studio del transitorio del sistema. Avendo noi maggiore familiarità coi sistemi elettrici tratteremo lo studio del transitorio facendo soprattutto riferimento alle reti elettriche (in ogni caso le conclusioni che trarremo saranno valide per sistemi di qualsiasi natura, non bisogna dimenticare che spesso sistemi diversi da quelli elettrici si studiano attraverso l’analogo elettrico). Quando in una rete elettrica qualsiasi si passa da una condizione di funzionamento ad un'altra, sia per una variazione delle f.e.m. o delle correnti impresse dai bipoli attivi (generatori di tensione e corrente), sia per una variazione del valore dei parametri caratteristici di alcuni bipoli passivi che la costituiscono, si verifica sempre una situazione transitoria durante la quale i valori della tensione e della corrente nei vari rami si modificano passando da quelli preesistenti a quelli finali o di regime. Durante tale fase sia la tensione che la corrente possono assumere valori anche notevolmente differenti da quelli di regime e provocare sollecitazioni dielettriche, magnetiche, termiche, meccaniche che è necessario conoscere sia per un corretto dimensionamento dei singoli componenti, sia per controllare che non si verifichi un funzionamento instabile della rete stessa. Lo studio dei fenomeni transitori può essere condotto con metodi del tutto generali (ad esempio utilizzando le equazioni differenziali), applicabili quindi anche a campi differenti dall'elettrotecnica. Noi tratteremo il metodo operazionale della trasformata di Laplace ed il metodo della funzione di trasferimento particolarmente idonei all'analisi dei transitori nei sistemi elettrici oltre che propedeutici allo studio dei controlli automatici. LA TRASFORMATA DI LAPLACE I sistemi dinamici invarianti e lineari (e tali sono le reti elettriche) possono essere studiati , nel dominio del tempo, attraverso le equazioni differenziali nelle quali l'incognita non è un numero reale, come nelle equazioni algebriche, bensì una funzione del tempo. 154 Ad esempio la condizione d’equilibrio (legge generalizzata di Ohm) per una rete elettrica costituita dalla serie di un condensatore di capacità C ed una resistenza di valore R, alimentata da un generatore di tensione qualsiasi avente f.e.m. e(t), si scrive: che costituisce appunto una equazione differenziale dove l’incognita è vc(t), ovvero una funzione del tempo (che oltretutto dipende anche dal valore che nell’istante iniziale aveva la tensione ai capi del condensatore vc(0¯), ovvero che dipende dalle condizioni iniziali). Lo studio analitico di una simile equazione sarà visto nel corso di matematica ove si impareranno le regole per la risoluzione delle equazioni differenziali. Lo studio dei transitori, tuttavia, diventa più agevole, pur restando rigoroso, se si trasferisce il calcolo dal campo reale, ove le variabili sono funzione del tempo t , al campo complesso, ove le variabili sono funzione di s = + j ed s è chiamata frequenza complessa. Tale operazione avviene mediante la trasformazione di Laplace: dove deve essere f(t)=0 per t<0 , f(t) definita per ogni t 0 , f(t) soddisfacente alle condizioni di Dirichlet in ogni intervallo finito di tempo (ovvero presentare un numero finito di discontinuità, oscillare tra un valore massimo e minimo un numero finito di volte, assumere solamente valori finiti). Tali condizioni sono, almeno nelle applicazioni che ci interessano, sempre soddisfatte. E' possibile anche la antitrasformazione ossia il passaggio dalla F(s) alla f(t): Esiste quindi una corrispondenza biunivoca tra le funzioni f(t) trasformabili secondo Laplace e le loro trasformate F(s). Nei casi più comuni non è necessario calcolare l'integrale ma è sufficiente consultare la tabella riportata nelle pagine seguenti. Le regole fondamentali di trasformazione, utilizzate nelle applicazioni che ci interessano, sono le seguenti: 1) La trasformata di Laplace del prodotto di una costante K per la funzione f(t) è data dal prodotto fra la costante stessa e la trasformata F(s) della f(t): L[ K·f(t) ] = K·F(s) 2) La trasformata della derivata di una funzione f(t) è data dalla trasformata F(s) della funzione moltiplicata per s e diminuita del valore f(0-) che la funzione assume all'istante t = 0- (condizioni iniziali); in detto enunciato è anche riassunto il cosiddetto teorema della trasformata della derivata generalizzata: 155 3) La trasformata dell'integrale di una funzione f(t) corrisponde alla F(s) divisa per s: dove, nei casi pratici, l’integrale scritto a secondo membro altro non è che la grandezza f(t)·t calcolata nell’istante iniziale. 4) Teorema del valore iniziale: il valore assunto dalla funzione f(t) all'istante t=0 si ottiene moltiplicando s per la trasformata della funzione stessa e calcolandone successivamente il limite per s tendente all'infinito: 5) Teorema del valore finale: il valore assunto dalla funzione f(t) quando t tende a infinito si ottiene moltiplicando s per la trasformata della funzione stessa e calcolandone successivamente il limite per s che tende a 0. Questo teorema vale solo se il denominatore della s·F(s) ha radici tutte a parte reale minore di zero. Questi due teoremi consentono di valutare rispettivamente il valore iniziale e quello finale (condizione di regime statico) della grandezza assoggettata ad un fenomeno transitorio, nota che sia la trasformata della grandezza stessa. 6) La trasformata della somma di due funzioni f1(t) e f2(t) è data dalla somma delle trasformate delle due funzioni (la stessa regola vale anche per le antitrasformate): L [ f1(t) + f2(t) ] = F1(s) + F2(s) 7) Teorema della moltiplicazione per t: 8) Teorema della traslazione in s: Ovvero una traslazione nel dominio della variabile s corrisponde nel tempo a moltiplicare per la quantità e-·t . 9) Teorema della traslazione nel tempo: Ovvero una traslazione nel dominio del tempo corrisponde a moltiplicare per il termine e-s· nel dominio della s. Il grande vantaggio di condurre l'analisi del transitorio nel dominio della frequenza complessa consiste nel fatto che la trasformazione di Laplace consente di ricondurre operazioni con derivate ed integrali ad operazioni algebriche ovvero di ricondurre equazioni differenziali ad equazioni algebriche. Quindi, in linea del tutto generale, possiamo concludere che assegnata una qualsiasi equazione differenziale, purché siano rispettate le condizioni sopra richiamate, è possibile mediante la trasformata di Laplace passare dal dominio del tempo al dominio della 156 frequenza complessa, risolvere algebricamente l’equazione in s così ottenuta, ed infine antitrasformare per avere la soluzione nel dominio del tempo. Metodi di antitrasformazione Abbiamo visto che il metodo della trasformata di Laplace richiede, per ottenere infine l'andamento della variabile nel tempo, di antitrasformare la funzione di s rappresentante la variabile stessa nel dominio della frequenza. Se la Y(s) = N(s) / D(s) è semplice si utilizza la tabella sotto riportata: FUNZIONE DEL TEMPO impulso unitario: gradino unitario: 1 TRASFORMATA rampa unitaria: t esponenziale: potenza ennesima: sinusoide: cosinusoide: sinusoide sfasata: sinusoide smorzata: cisoide: Se la Y(s) è complicata, per poter usare la tabella sopra riportata è necessario scomporre la generica frazione rappresentante la Y(s) nella somma di più frazioni semplici per ciascuna delle quali sia data l'antitrasformata in tabella. L'antitrasformata della Y(s) complessiva si otterrà applicando il principio di linearità di cui gode la trasformata. Il procedimento per la scomposizione della Y(s) in una sommatoria di frazioni semplici è diverso a secondo che il denominatore della Y(s) si annulli per valori di s reali semplici , reali multipli , complessi coniugati. 1° caso - Il denominatore di Y(s) si annulli per valori di s tutti reali semplici. In tal caso la Y(S) si presenta nella forma: 157 La somma di frazioni semplici cercata sarà del tipo: I coefficienti Ao , A1 , ... , Am (detti residui) si trovano imponendo l'eguaglianza tra il NUM(s) ed il numeratore calcolato della somma di frazioni semplici. Esempio: Si deduce che questo tipo di antitrasformata è pari ad una somma di esponenziali. 2° caso - Il denominatore della Y(S) si annulli per valori di s anche reali multipli. In tal caso a denominatore della Y(s), dopo aver scomposto in fattori, si ha un fattore del tipo (s - Pi)n. Vediamo un esempio al fine di dedurre il metodo generale. Ancora una volta si ha la somma di termini esponenziali, alcuni dei quali sono però moltiplicati per t elevato all'ordine di molteplicità meno uno. 3° caso - Il denominatore di Y(s) si annulla per valori di s anche complessi e coniugati. 158 Si osserva che la antitrasformata ha i caratteri di una oscillazione di pulsazione racchiusa in una fascia delimitata dall'esponenziale di esponente . Ovviamente solo se è negativo l'oscillazione sarà smorzata. Si verifica che rappresenta la parte reale delle radici complesse coniugate del trinomio di secondo grado a denominatore mentre ne è la parte immaginaria presa in valore assoluto. Questo tipo di funzioni prende il nome di funzioni cisoidali. Di particolare interesse è il caso di parte reale negativa, in tal caso l’antitrasformata è un segnale che tende ad un valore finito per il tempo tendente ad infinito. Prende il nome di pulsazione naturale la quantità: si tratta del modulo del numero complesso. Viene chiamato coefficiente di smorzamento la quantità: Per valori del coefficiente di smorzamento inferiori ad uno si hanno delle sovraelongazioni durante il transitorio rispetto al valore assunto a regime tanto più grandi quanto più è piccolo lo smorzamento. Per valori del coefficiente uguali o maggiori di uno la risposta tende asintoticamente al valore finale senza mai superarlo. 159 Esempio 1, rete RL sollecitata da un generatore di tensione continua Data la rete di figura nella quale Vo=24 [V], R=10 [], L=0,5 [H], determinare come varia nel tempo l’intensità della corrente a partire dall’istante di chiusura dell’interruttore. Per prima cosa scrivo l’equazione che rappresenta l’equilibrio elettrico della rete (legge di Ohm generalizzata): dove: Sostituendo si ha infine: 160 Si tratta di una equazione differenziale avente per incognita i(t). Per la sua risoluzione è necessario conoscere le condizioni iniziali, ovvero il valore che aveva la grandezza incognita immediatamente prima dell’istante iniziale. Risulta del tutto evidente che tale condizione non può essere che i(0-)=0 [A]. Risolviamo tale equazione mediante la trasformata di Laplace. Per prima cosa trasformo tutti i termini dell’equazione: Utilizzando la tabella e le proprietà della trasformata si ottiene: Questa è un’equazione algebrica che risolvo rispetto I(s): Si osservi come l’espressione finale sia stata scritta mettendo in evidenza a denominatore tutti i fattori, ciascuno con il termine in s di grado maggiore col coefficiente unitario. E’ questa una forma conveniente in quanto le tabelle di trasformazione presentano le espressioni in s proprio nella stessa forma. Ora bisogna antitrasformare I(s) per avere i(t). L’espressione ottenuta non è una frazione semplice presente in tabella e per tale motivo bisogna provvedere alla sua rielaborazione. Siamo nel caso di radici a denominatore tutte reali e semplici, quindi si procede nel seguente modo: Perché le due espressioni di I(s) corrispondano dovrà essere: Adesso è possibile applicare a ciascun termine della I(s) la tabella di antitrasformazione: [A] Questa è la soluzione del problema proposto. Si tratta di una esponenziale crescente avente costante di tempo pari a 1/20= 0,05 [s], ovvero pari a L/R come già sapevamo dalla Elettrotecnica. A regime raggiunto la corrente varrà i()=2,4 [A], anche questo concorda con quanto già noto dall’Elettrotecnica, infatti in una rete in corrente continua, a regime, l’induttanza si comporta come un cortocircuito così che la corrente risulta limitata dalla sola resistenza. Nell’istante iniziale i(0)=0 [A], infatti la presenza dell’induttanza impedisce alla corrente di avere una variazione finita in un tempo infinitesimo in modo tale che la corrente all’istante iniziale deve essere uguale a quella che si aveva prima della chiusura dell’interruttore. L’aspetto del grafico della i(t) è il seguente: 161 Esempio 2, rete RC sollecitata da un generatore di tensione continua Data la rete di figura nella quale Vo=100 [V], R=10 [], C=0,05 [F] e col condensatore carico al valore iniziale QC=1,5 [C] determinare come varia nel tempo l’intensità della corrente a partire dall’istante di chiusura dell’interruttore. Per prima cosa scrivo l’equazione che rappresenta l’equilibrio elettrico della rete (legge di Ohm generalizzata): dove: Sostituendo si ha infine l’equazione differenziale: con la condizione iniziale QC(0-)=1,5 [C]. Applico la trasformata di Laplace: Utilizzando la tabella e le proprietà della trasformata si ottiene: dove 162 Il segno del termine dovuto alle condizioni iniziali non nulle è positivo perché la carica iniziale è positiva sull’armatura superiore del condensatore e quindi essa è di segno concorde con la tensione vC(t). Risolvo rispetto I(s): Antitrasformo: [A] Si tratta di una esponenziale decrescente. La costante di tempo è 1/2=0,5 [s], ovvero proprio R·C come già si sapeva dall’elettrotecnica. A regime raggiunto la corrente vale i()=0 [A] in quanto nei circuiti in corrente continua la capacità costituisce a regime una interruzione del circuito stesso. Il valore iniziale è i(0)=7 [A], infatti essendo il condensatore già carico a QC=1,5 [C], esso presenta ai suoi capi la d.d.p. iniziale vC(0)=QC/C=1,5/0,05=30 [V] e di conseguenza la corrente iniziale nel circuito (tenendo conto anche della polarità della carica del condensatore) dovrà valere i(0)=(Vo-vC(0))/R=(100-30)/10=7 [A]. L’aspetto del grafico della i(t) è il seguente: Analisi operazionale del transitorio Si effettua attraverso il seguente procedimento: a) si disegna la rete topologicamente equivalente a quella assegnata, ma costituita non dai bipoli effettivamente esistenti (e descrittivi nel dominio del tempo) bensì dai corrispondenti bipoli (descrittivi nel dominio della frequenza complessa) ottenuti applicando la trasformazione di Laplace; b) si applicano alla rete (descrittiva nel dominio della frequenza complessa) i noti teoremi e metodi risolutivi tipici della analisi delle reti elettriche (principi di Kirchhoff, principio di sovrapposizione degli effetti, teoremi del generatore equivalente, teorema di Millman, metodo di Maxwell, ecc.) con lo scopo di determinare le correnti e tensioni incognite, che saranno funzione della frequenza complessa s anziché del tempo t; c) si antitrasformano tali funzioni ottenendo così le corrispondenti funzioni del tempo. Per poter eseguire il primo passo basta tener conto di quanto segue: generatori di tensione: 163 generatori di corrente: resistore: condensatore: induttore: 164 I versi delle f.e.m. e correnti impresse nei generatori fittizi (che tengono conto di eventuali condizioni iniziali di carica dei condensatori e corrente negli induttori non nulle) riportati negli schemi sopra disegnati sono relativi ad una Vc(0¯) concorde con Vc(t) ed una IL(0¯) concorde con IL(t) , t 0. Esempio 3, rete RLC sollecitata in corrente continua Assegnata la rete elettrica di figura, determinare in funzione del tempo la legge di variazione delle correnti che circolano nell'induttore e nel condensatore quando, all'istante considerato come iniziale, si chiude il tasto T: Alla chiusura del tasto T la rete può essere trasformata in quella topologicamente equivalente sotto riportata, nella quale si è tenuto conto delle condizioni iniziali non di quiete a causa della corrente circolante nell'induttore e della carica del condensatore presenti ancor prima di chiudere il tasto T: Determino per prima cosa il valore della forza elettromotrice dei due generatori di tensione fittizi che tengono conto delle condizioni iniziali non nulle: Applicando il metodo di Maxwell, dopo aver fissato il verso delle correnti di maglia, si può scrivere: 165 Dopo aver determinato le grandezze richieste nel dominio della frequenza complessa, per conoscerne l'andamento nel dominio del tempo si rende necessaria la loro antitrasformazione. Entrambi i denominatori presentano radici complesse coniugate, quindi entrambe le variabili conterranno termini cisoidali. Antitrasformo I2(s): Antitrasformo I1(s): 166 Vediamo l’andamento grafico delle due correnti durante l’evolversi del transitorio: 167 Esempio 4, rete RLC sollecitata da un generatore di tensione alternata Assegnato il circuito di figura, determinare in funzione del tempo la legge di variazione della corrente I(t) quando si apre, all'istante considerato come iniziale, il tasto T. 168 Si osserva come il generatore di tensione sia ora di tipo sinusoidale, più precisamente è applicata al circuito una f.e.m sinusoidale di ampiezza massima 100 [V], di pulsazione 500 [rad / s] ed argomento iniziale nullo. Le condizioni iniziali sono nulle riguardo al condensatore (esso è cortocircuitato prima dell'istante iniziale) mentre non sono nulle riguardo all'induttore in quanto vi è una corrente attraverso l'induttore ancor prima dell'istante iniziale. Il circuito nel dominio della frequenza complessa sarà quindi il seguente: 169 E' facile verificare che il terzo termine della sommatoria che costituisce l'espressione della I(t) non è altro che la componente della corrente a regime permanente raggiunto (dopo cioè un tempo infinito dall'istante di apertura del tasto). Infatti il circuito è sollecitato da un generatore sinusoidale e, per quanto riguarda il comportamento a regime, si può studiare col noto metodo simbolico. Il valore iniziale della corrente si determina col noto teorema del valore iniziale applicato alla trasformata I(s) oppure calcolando la I(t) dopo aver posto t = 0, in ogni caso il risultato (come è facile verificare) vale - 2 [A]. Il valore finale non esiste, infatti per sua natura la corrente in questo circuito è sinusoidale e quindi varierà a regime raggiunto tra il valor massimo + 3,2 [A] ed il valor minimo - 3,2 [A]. Vediamo l'oscillogramma della corrente nel circuito: 170 Esempio 5, rete RL sollecitata a frequenza industriale Quanto fino ad ora visto ci permette di verificare un fenomeno che si manifesta nei circuiti elettrici di natura ohmico-induttiva quando venga bruscamente applicata una f.e.m. sinusoidale. Facciamo riferimento al seguente circuito: E(t) = 311,1·sen(314,2·t) [V] , R = 1 [] , L = 0,02 [H] Si tratta evidentemente di una rete elettrica alimentata alla tensione di 220 [V] efficaci ed alla frequenza industriale di 50 [Hz] (da cui la pulsazione di 314,2 [rad/sec]). Vediamo di studiare ciò che succede subito dopo la chiusura dell'interruttore ed allo scopo passiamo dal dominio del tempo al dominio della frequenza complessa. Siccome negli istanti precedenti quello iniziale la corrente è sicuramente nulla (essendo il circuito aperto), al bipolo induttore non sarà associato alcun generatore fittizio ed il circuito equivalente sarà quello sopra raffigurato. 171 Si osserva che la corrente risulta composta di due termini, il primo è esponenziale decrescente e si potrà ritenere esaurito dopo un tempo pari a cinque volte la costante di tempo e cioè dopo 5·(1 / 50) = 0,1 [sec], il secondo termine è sinusoidale e coincide esattamente con la corrente di regime stazionario (come si può facilmente verificare). Dal punto di vista pratico è importante osservare come, durante il transitorio, la corrente possa assumere valori istantanei molto più grandi di quelli tipici del regime stazionario. Questo fatto è ben visibile sul primo grafico della pagina seguente che mostra l'evoluzione nel tempo della corrente e della sua componente esponenziale. Applicando lo stesso ingresso ad un circuito sempre ohmico-induttivo, ma con induttanza L = 0,01 [H] e resistenza tale da dar luogo ad una impedenza che abbia lo stesso modulo di quella precedente si ha invece: 172 Analisi del transitorio mediante la funzione di trasferimento Presa una qualsiasi rete elettrica, comunque complessa, inizialmente in quiete (nessuna carica sulle armature dei condensatori e nessuna corrente attraverso gli induttori nell'istante t = 0¯ [sec]) nella quale agisca un solo bipolo attivo, assunta X(t) quale grandezza di ingresso ed Y(t) quale 173 grandezza d'uscita (X(t) ed Y(t) possono indifferentemente essere tensioni o correnti) viene definita funzione di trasferimento H(s): dove X(s) è la trasformata dell'ingresso X(t) ed Y(s) è la trasformata dell'uscita Y(t). Tale linguaggio è mutuato direttamente da quello tipico dei Controlli Automatici per lo studio dei quali la funzione di trasferimento costituisce uno strumento importantissimo. La funzione di trasferimento non dipende dalla particolare funzione del tempo in ingresso, ma solo dai parametri caratteristici della rete ed è, quindi, tipica per ciascuna rete. L'uscita di una rete nel dominio complesso è data dal prodotto della trasformata dell'ingresso per la funzione di trasferimento. Quindi, se l'ingresso è la funzione impulsiva, avendo questa trasformata pari ad 1, si potrà affermare che l'uscita si identifica con la funzione di trasferimento. Da questo caso particolare si può ricavare un'altra interpretazione della funzione di trasferimento di una rete: essa coincide con la trasformata di Laplace della risposta della rete ad un impulso unitario in ingresso (purché le condizioni iniziali siano nulle e l'unico bipolo attivo sia quello che determina l'impulso). Per il calcolo della funzione di trasferimento di una rete è conveniente prendere in considerazione la rete equivalente nel dominio della frequenza complessa ed applicare ad essa i metodi tradizionali di analisi delle reti lineari. Il procedimento che permette di individuare la variazione dell'uscita di una rete elettrica conseguente alla applicazione di un segnale al suo ingresso si sviluppa attraverso i seguenti passi: 1) si determina la funzione di trasferimento H(s) della rete elettrica; 2) si trasforma il segnale di ingresso X(t) nel corrispondente X(s) consultando l'apposita tabella; 3) si calcola la trasformata dell'uscita Y(s) = X(s)·H(s); 4) si antitrasforma Y(s) in Y(t) ottenendo così la legge con cui l'uscita si evolve nel tempo. Osservazione: la trattazione della funzione di trasferimento fatta in questo momento è assolutamente riduttiva rispetto quanto è necessario conoscere sul tale argomento nell'ambito della disciplina dei Controlli Automatici. In effetti noi vediamo (al momento) la funzione di trasferimento soltanto quale strumento per la determinazione del transitorio in una rete elettrica, trascurando totalmente le implicazioni riguardo alla stabilità ed alla risposta in frequenza della rete. Esempio 6, rete RLC sollecitata con diversi segnali Assegnata la rete elettrica di figura, assumendo che essa sia inizialmente a riposo, determinare l'andamento della tensione Vc(t) ai capi del condensatore a partire dall'istante di chiusura dell'interruttore T per i vari tipi di ingresso indicati: 174 Per prima cosa disegno la rete topologicamente equivalente alla data ma con le grandezze formulate nel dominio della frequenza complessa: Determino quindi la funzione di trasferimento. Allo scopo applico le tecniche di analisi tipiche per le reti lineari: La trasformata del segnale di ingresso del tipo impulsivo vale: La trasformata del segnale di ingresso del tipo a gradino vale: La trasformata del segnale di ingresso del tipo a rampa vale: 175 La trasformata del segnale di ingresso del tipo sinusoidale vale: La trasformata dell'uscita, il valore iniziale ed il valore a regime quando in ingresso vi è un impulso unitario valgono: La trasformata dell'uscita, il valore iniziale ed il valore a regime quando in ingresso vi è un gradino valgono: La trasformata dell'uscita, il valore iniziale ed il valore a regime quando in ingresso vi è una rampa valgono: Il teorema del valore finale non è applicabile in quanto la funzione s·Vc(s) presenta a denominatore una radice nulla. In effetti Vc(t) per t tendente ad infinito tende pure ad infinito. La trasformata dell'uscita, il valore iniziale ed il valore a regime quando in ingresso vi è una sinusoide valgono: Il teorema del valore finale non è applicabile in quanto la funzione s·Vc(s) presenta a denominatore una coppia di radici immaginarie e quindi a parte reale nulla. In effetti a regime l'uscita sarà una grandezza sinusoidale e quindi sarà contenuta fra un valor massimo ed un valor minimo, oscillando tra detti valori. L'uscita nel dominio del tempo quando in ingresso vi è un impulso unitario si determina antitrasformando la associata Vc(s): 176 Si tratta di una funzione cisoidale e più precisamente di una oscillazione esponenziale smorzata il cui andamento è il seguente: L'uscita nel dominio del tempo quando in ingresso vi è un gradino di 2 [V] si determina antitrasformando la associata Vc(s), cosa già fatta nel paragrafo relativo ai metodi di antitrasformazione: Si tratta di un termine costante cui si sovrappone una funzione cisoidale costituita da una oscillazione esponenziale smorzata; l'andamento complessivo è il seguente: 177 L'uscita nel dominio del tempo quando in ingresso vi è una rampa unitaria si determina antitrasformando la associata Vc(s): L'oscillogramma corrispondente è il seguente: 178 L'uscita nel dominio del tempo quando in ingresso vi è una sinusoide si determina antitrasformando la associata Vc(s): 179 Il primo termine corrisponde alla sinusoide di regime raggiunto, il secondo alla parte transitoria che si esaurirà dopo un tempo pari a circa cinque volte la costante di tempo ovvero (5·1/50)=0,1 [sec]. L'oscillogramma è il seguente: Tipi di risposta dei sistemi elettrici Le sorgenti che alimentano un circuito possono essere di due tipi: a) sorgenti esterne, che danno luogo alla risposta forzata; b) sorgenti interne, che danno luogo alla risposta libera o naturale. Le sorgenti esterne sono i generatori che possono fornire una tensione (chiamata forza elettromotrice) o una corrente (chiamata corrente impressa) avente diversi possibili andamenti nel tempo (es. continuo, sinusoidale, impulsivo rettangolare, a dente di sega, ecc.). Le sorgenti interne sono rappresentate dall’eventuale energia presente, nell’istante iniziale, nel campo elettrico di un condensatore e/o nel campo magnetico di un induttore e, quindi, dalle tensioni iniziali presenti ai capi dei condensatori e/o dalle correnti iniziali che attraversano gli induttori. Si usa dire che queste tensioni e/o correnti determinano lo stato del circuito e, pertanto, sono chiamate variabili di stato. La risposta libera, detta anche risposta ad ingresso nullo (zero input), è conseguente alla presenza di sorgenti interne non nulle e, tenuto conto della presenza di elementi resistivi nel circuito che dissipano via via l’energia inizialmente accumulata nei campi, avrà un andamento smorzato al passare del tempo, fino ad esaurirsi praticamente del tutto. La risposta forzata, detta anche risposta a stato nullo (zero state), è conseguente alla presenza di sorgenti esterne non nulle ed avrà nel tempo un andamento dipendente sia dalla forma della sorgente applicata, sia dal tipo di circuito e dai componenti in esso presenti. Se sono presenti solo componenti resistivi, la risposta forzata assume istantaneamente la forma del termine forzante (se quest’ultimo è di tipo sinusoidale, sarà pure essa sinusoidale con la stessa pulsazione e la stessa fase mentre l’ampiezza sarà generalmente differente). Se invece sono presenti nel circuito elementi con memoria (cioè capaci di immagazzinare energia quali condensatori e/o induttori), la risposta forzata non potrà assumere istantaneamente la forma voluta dal termine forzante (in quanto la tensione ai 180 capi di un condensatore e/o la corrente in un induttore non possono variare subendo discontinuità). Viene chiamato transitorio il tempo che impiega la risposta forzata ad adeguarsi al termine forzante, viene invece chiamata risposta a regime permanente la risposta forzata a transitorio esaurito. Lo studio dei transitori da noi effettuato conduce quindi a risultati che sono funzioni del tempo rappresentanti correnti e/o tensioni. Tali funzioni riassumono sia la risposta libera che la risposta forzata. Alla parte transitoria concorrono la risposta libera alle sorgenti interne e la reazione dei componenti con memoria alle sorgenti esterne (tali risposte hanno lo stesso andamento temporale e possono quindi essere sommate e dare luogo ad un’unica componente), alla parte a regime concorre soltanto l’adeguamento della risposta all’andamento delle sorgenti esterne. 181