Torino Teatro Colosseo Venerdì 21.IX.07 ore 23 Strings of Life

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Torino
Teatro Colosseo
Strings of Life
Quintetto Architorti
Drama Society
Venerdì 21.IX.07
ore 23
Strings of Life
Drama Society, Laurent Garnier, Georg Friedrich Händel, Derrick May,
Kevin Saunderson, Orbital, Domenico Scarlatti
Da un’idea di Alberto Campo
Trascrizioni, arrangiamenti e rielaborazioni di Drama Society e Marco Robino
Quintetto Architorti
Federica Biribicchi, Giorgia Privitera, violini
Elena Saccomandi, viola
Marco Robino, violoncello
Paolo Grappeggia, contrabbasso
Drama Society
Luca Baldini, tastiere e campionatori
Sergio Ricciardone, laptop
brh+, visuals
In collaborazione con
Associazione Culturale Situazione Xplosiva
Videoimpaginazione e stampa • la fotocomposizione - Torino
Il Quintetto Architorti è composto da musicisti professionisti di formazione
classica. Passato un lungo periodo di rodaggio e studio sulle necessità musicali
dell’utenza territoriale, il progetto Architorti ha cominciato a sviluppare, con crescente successo di pubblico e di critica, un repertorio di trascrizioni e arrangiamenti musicali di ogni epoca e genere, offrendo al pubblico più tipologie di concerti. Parallelamente all’attività concertistica, dal 1998 sono iniziate le collaborazioni presso studi di registrazione per incisioni discografiche commerciali o di
ricerca sperimentale; a questo proposito il Quintetto ha sviluppato una notevole
esperienza sulla ripresa spazializzata stereofonica per la riproduzione di orchestre
virtuali, in collaborazione con il Laboratorio del Suono del Sermig. Nuove prospettive sono rappresentate dalle sempre più numerose collaborazioni con gruppi emergenti o già affermati della scena nazionale e non solo, come è stata la fortunata esperienza con gli Africa Unite intrapresa al festival Torino Settembre
Musica 2003.
Marco Robino, diplomatosi con Marco Guidarini e perfezionatosi con Adriano
Vendramelli, ha intrapreso l’attività concertistica collaborando con l’Orchestra
Sinfonica Nazionale della Rai di Torino. Dal 1983 al 1992 è stato violoncellista
fondatore del Quartetto Strauss. Dal 1994 svolge attività di violoncellista, trascrittore e direttore artistico del Quintetto Architorti.
Drama Society è una relazione artistica tra Luca Baldini e Sergio Ricciardone. Sin
dall’inizio, nel 2002, Luca e Sergio hanno condiviso la passione per l’arte, il cinema e la musica italiana. Ossessionati dall’idea del dramma nella vita quotidiana,
hanno deciso di trasformare la loro visione della vita in musica elettronica.
Il loro primo singolo Liars è stato pubblicato nel 2003 su Turbo Recordings. Tiga
l’ha presentato con queste parole: «Sono stato colpito dalla loro fresca interpretazione del suono minimale. I Drama Society creano sottilmente e con gusto della
techno da dancefloor che riesce a combinare la purezza del minimale con il
carattere dell’electro. La Turbo è orgogliosa di presentare il loro primo 12 pollici, tre tracce di minimalismo da dancefloor leggermente sperimentale che sfida
la distinzione tra generi. Il primo di un duo talentuoso del quale sentiremo parlare molto in futuro».
Il singolo ha ottenuto ottime recensioni da giornali musicali internazionali, oltre ad
essere stato definito “sureplayer” e “tune of the month” e ad aver guadagnato il
supporto di dj e artisti di fama internazionale come Ricardo Villalobos, Agoria, Jeff
Mills, Laurent Garnier, Angel Molina, Michael Mayer, Dj Hell, Roman Flugel, Chloe
e molti altri. Il loro secondo singolo Crying Hero è stato incluso nelle migliori classifiche di tutto il mondo, ed è stato seguito da The Accident/Orphan Elle e dalla hit
technopop Crescendo.
ielaborare in chiave cameristica suoni e ritmi appartenenti alla contemporaneità sta diventando una “specialità della casa” per gli Architorti di Marco
Robino, musicista che manifesta così la propria spontanea duttilità culturale.
Prima il reggae, con gli Africa Unite, al tempo di Corde in levare (2003). Quindi
Architorti Play Punk (2005), di cui basta nominare il titolo per alludere al soggetto trattato. E ora la techno. Musica da (s)ballo che a dispetto della sua natura per
convenzione effimera, a più di venti anni dalla propria codificazione, evolvendosi e a volte mutando addirittura ragione sociale, si è affermata come riconosciuto canone di comunicazione sonora. A dimostrarne la metamorfosi linguistica e
concettuale valga l’esempio del duo nella circostanza complice degli Architorti:
Drama Society. Tandem composto dal milanese Luca Baldini e dal torinese Sergio Ricciardone – dunque incidentalmente consono al nuovo asse geografico
lungo il quale Settembre Musica ha ridefinito se stesso con la sigla MITO – la cui
fama ha varcato ormai i confini nazionali, diventando spendibile a Berlino come
a Barcellona, a Montréal come a São Paulo, tanto che l’imminente album d’esordio è oggetto di attenzione discografica su scala planetaria.
Dicevamo della techno: fenomeno musicale che prese forma a Detroit nei primi
anni Ottanta per mano di produttori e dj quali Derrick May, Kevin Saunderson e
Juan Atkins, influenzati sia dalla tradizione della dance music afroamericana, sia
dalle modalità del pop elettronico dettate nel decennio precedente in Germania
dai Kraftwerk. Creatura sonora contemporaneamente algida e carnale sulla cui
fisionomia ha modellato i propri comportamenti sociali una generazione intera:
esattamente venti anni or sono, durante la cosiddetta “summer of love” (come
quella degli hippies nel 1967, ma con altre musiche, altro abbigliamento e altre
droghe), e poi nell’epopea semiclandestina dei raves, fino alla consacrazione
mediatica di fine anni Novanta simboleggiata dalla Love Parade berlinese. Una
sottocultura a diffusione epidemica che ha segnato in profondità il costume giovanile a fine Novecento, proiettandosi di slancio verso il XXI secolo. È questo a
rendere oggigiorno la techno (e i suoi derivati, poiché nel frattempo il ventaglio
delle possibili declinazioni del prototipo originario è stato esplorato quasi completamente) elemento pervasivo nel nostro habitat sonoro.
Strings of Life è uno spettacolo che nasce appunto da quei presupposti. E prende
titolo da un brano edito nel 1987 da Derrick May con la tautologica denominazione Rythim is Rithym. Accordi di piano sincopati. Fendenti d’archi sintetici. E
la tambureggiante cadenza in quattro quarti tipica della techno. Un archetipo del
genere, né più né meno. Di cui l’estemporaneo settetto a cui danno vita Architorti e Drama Society propone una rilettura originalissima. Altri tre sono i classici a soggetto rivisitati per l’occasione. Ancora Detroit – annata 1989 – con Rock
To The Beat di Kevin Saunderson, in quel caso celato dietro lo pseudonimo Reese:
techno dall’andamento paradigmatico, sceneggiata però dall’autore secondo figurazioni dal profilo gotico. Ecco poi l’eco europea del fenomeno, rappresentata da
Halcyon, memorabile galoppata elettronica dagli accenti ambient compiuta nel
1993 dai britannici Orbital, e The Man With The Red Face, datata viceversa 2000
e ascritta al dj e produttore francese Laurent Garnier, artista la cui reputazione in
patria è tale da avergli permesso di calcare anni fa il prestigioso palco dell’Olympia di Parigi. Indizio di come il processo di “istituzionalizzazione” della techno
sia ormai avviato e irreversibile.
Elemento di ulteriore interesse in Strings of Life è l’inclusione nel programma di
sette episodi tratti dal citato album di Drama Society, ovviamente riarrangiati con
l’addizione degli archi orchestrati da Marco Robino in esclusiva per il doppio con-
R
certo a MITO. Completano il quadro, fornendo così un sorprendente contesto storico a musiche anagraficamente giovani, le pagine del repertorio classico – in
qualche modo conciliabili con gli altri fattori in gioco, e quindi a loro volta convertibili al formato elettroacustico – selezionate dallo stesso Robino. Anzitutto il
Minuetto e Trio da Water Music di Georg Friedrich Händel (1717), già esposto in
veste differente in Architorti Play Punk, insieme a un’altra partitura di scuola
barocca come la Sonata K. 60 di Domenico Scarlatti (1742), di cui viene celebrata così la memoria a 250 anni dalla morte. Più remota ancora è l’epoca a cui risale Deduc Syon, Uberrimas, testo medievale appartenente alla sezione Carmina
Moralia dei celeberrimi Carmina Burana, che eleva all’indirizzo di Dio una preghiera eretica. Scelta niente affatto casuale, visto che agli occhi di alcuni questo
bizzarro tentativo di rendere “accademici” i codici sonori più che “profani” della
techno sembrerà un’eresia.
Alberto Campo
Se desiderate commentare questo concerto, potete collegarvi al
calendario presente sul sito www.mitosettembremusica.it dove è
attivo uno spazio destinato ai commenti degli spettatori
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