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Capitolo 18
La politica fiscale
Politica economica - Introduzione ai modelli fondamentali – R. Cellini
Copyright © 2004 – The McGraw-Hill Companies srl
Definizioni istituzionali
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La politica fiscale è determinata dall’insieme delle entrate e
spese del settore pubblico. Occorre quindi definire il settore
pubblico
Amministrazioni dello Stato+amministrazioni locali+enti pubblici
di previdenza = settore pubblico.
Le entrate e le uscite del settore pubblico sono definite dal
bilancio dello stato che può essere
– annuale o pluriennale
– di previsione o consuntivo
– a legislazione vigente o programmatico
– di competenza o di cassa
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Le entrate vanno prima accertate, poi riscosse ed infine
incassate; le spese vengono prima impegnate e poi avviene il
pagamento.
Le entrate sono costituite da 4 titoli,
1. Tributarie (imposte e tasse sui consumi, redditi, ricchezze e
affari; proventi dei monopoli di Stato; proventi di lotto,
lotterie ed altri giochi)
2. Extra-tributarie (proventi dei beni dello stato; utili delle
imprese a partecipazione pubblica ed aziende autonome,
proventi di servizi pubblici)
3. L’alienazione di beni patrimoniali e la riscossione di crediti
4. L’accensione di prestiti
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I titoli 1 e 2 contengono le entrate in conto corrente mentre 3 e 4 le
entrate in conto capitale. Il rapporto tra le entrate in conto corrente ed il
PIL fornisce l’indice di incidenza fiscale.
Nei modelli macroeconomici con T si indica la somma dei titoli 1, 2 e 3.
Le uscite sono suddivise in 3 titoli,
1. Le spese correnti (erogazione di compensi per il lavoro del
personale dipendente incaricato; spese di consumo corrente;
trasferimenti in conto corrente a famiglie ed imprese; trasferimenti
ad EU ed organismi internazionali; pagamento interessi passivi su
debito pregresso)
2. Le spese in conto capitale (acquisto di macchinari, proprietà
edilizie e terreni, trasferimenti in conto capitale)
3. Il rimborso di prestiti precedentemente ottenuti.
I titoli 1 e 2 costituiscono il termine G dei modelli macroeconomici.
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La differenza tra entrate correnti e spese correnti rappresenta il
saldo corrente; se non consideriamo gli interessi da pagare sul
debito si parla di avanzo o disavanzo primario.
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La differenza tra le entrate dei titoli 1, 2 e 3 e le uscite dei titoli 1
e 2 rappresenta il saldo netto da finanziare o fabbisogno
complessivo (T-G).
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I primi due obiettivi della politica fiscale sono quindi il saldo
corrente ed il fabbisogno complessivo.
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Modus Operandi
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La formulazione del bilancio e le successive attuazioni rappresentano
l’effettiva azione della politica fiscale.
Le regole circa il bilancio preventivo sono stabilite dall’art. 81 della
costituzione. Successive modifiche hanno ad esempio previsto
l’approvazione prima del bilancio della “legge finanziaria” che permette
di apportare modifiche legislative per inserire nuove spese ed entrate.
Il processo del bilancio dello stato è suddiviso in diverse fasi.
La prima è quella della formulazione del bilancio di previsione dello
stato (bilanci di previsione e legge finanziaria)
– Il governo predispone il bilancio preventivo a legislazione corrente
– Il governo individua gli obiettivi della manovra fiscale
– Il governo disegna la manovra contenuta nella legge finanziaria
– Contestualmente all’approvazione della legge finanziaria si
approvano le note di variazione al bilancio.
– Si vota la legge di bilancio di previsione
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La seconda fase si occupa della gestione del bilancio
(realizzazione delle entrate e delle uscite)
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La terza fase è quella della rendicontazione delle entrate ed
uscite che si sono verificate nel corso dell’anno.
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Imposizione progressiva
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Tale
imposizione
comporta
due
conseguenze
macroeconomiche: si configura come uno stabilizzatore
automatico; comporta il drenaggio fiscale.
Per stabilizzatore automatico si intende qualunque meccanismo
che porti endogenamente il livello dei reddito a muoversi in
direzione contraria rispetto quella di uno shock esogeno.
Immaginiamo che il reddito sia colpito da uno shock positivo
esogeno, quindi il prelievo fiscale medio aumenterà.
A questo punto il reddito disponibile aumenterà in misura minore
rispetto al reddito lordo poiché una parte viene erosa dalla
pressione fiscale.
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Il drenaggio fiscale consiste nel fatto che un aumento del reddito
nominale comporta un aumento più che proporzionale rispetto
all’imposizione fiscale, aumentando l’incidenza fiscale e
riducendo il reddito disponibile reale.
Se nell’economia aumenta il livello generale dei prezzi, i redditi
nominali si adeguano. Come conseguenza aumenterà
l’ammontare di imposizione nominale in maniera più che
proporzionale con una conseguente diminuzione del reddito.
L’imposizione progressiva determina salari reali disponibili che
diminuiscono a seguito dell’inflazione anche in presenza di
meccanismi di protezione del reddito reale.
A maggiore inflazione corrisponderà maggiore drenaggio fiscale
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Effetti delle diverse modalità del finanziamento della
spesa pubblica
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Consideriamo prima il caso in cui il finanziamento avvenga con
un aumento delle imposte. In questo caso si può mostrare che
un aumento endogeno nel gettito fiscale non può mai essere
sufficiente a coprire l’iniziale spesa pubblica.
Il reddito di equilibrio a seguito dell’aumento di spesa pubblica è
"Y eq =
1
"G
1# c(1# t) + m
•
Pertanto l’imposizione fiscale endogenamente aumenta in
misura pari a ΔΤ=t*ΔYeq cioè,
!
1
"T = t
"G
1# c(1# t) + m
•
Per mostrare che ΔΤ<ΔG basta che
t
< 1, cioè t < 1" c(1" t) + m
1" c(1" t) + m
!
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L’equazione può essere riscritta come (c-1)(1-t)-m<0 che è
sempre vera dato che c<1 e m>0.
Se consideriamo il caso in cui la spesa pubblica è finanziata con
un pari ammontare di imposizione fiscale (con particolare
riferimento alla componente autonoma della tassazione) si ha il
cosiddetto caso di spesa pubblica con bilancio in pareggio
(ΔG=ΔT0>0).
Nel caso ancora più particolare in cui t=0 e m=0 abbiamo il
Teorema di Haavelmo (Teorema del bilancio in pareggio)
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Teorema di Haavelmo
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Considerando la configurazione di equilibrio in cui m=0 e t=0
abbiamo che
Y
•
!
eq
1
=
C0 + I0 + G0 + c (TR0 + T0 )]
[
1" c
La variazione di reddito conseguente a ΔG=ΔT0>0 è,
1
1
"G
#
c"T
=
[ 0
[(1# c)"G0 ] =
0]
1# c
1# c
= "G0
"Y eq =
"Y eq
!
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Nonostante le irrealistiche ipotesi sulle quali si basa, il teorema
di Haavelmo ha suscitato vivo interesse stabilendo che se
aumenta di qualsivoglia ammontare la spesa pubblica e di pari
ammontare l’imposizione fiscale, allora aumenta nella stessa
dimensione il reddito di equilibrio.
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Ovviamente la domanda aggregata sarà composta sempre più
da quote di consumo pubblico.
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Inoltre tale teorema non vale più quando si arriva in pieno
impiego poiché non sarà più possibile assistere ad aumenti del
reddito di equilibrio.
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Spesa pubblica che genera deficit
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Consideriamo il caso in cui l’aumento di spesa pubblica sia
finanziato soltanto in parte tramite nuova imposizione fiscale
autonoma, cioè vale ΔT0=µΔG0>0.
In questo modo si determinerà un fabbisogno pari a (1-µ)ΔG0 e
l’aumento di reddito di equilibrio sarà,
1
1
"G
#
c"T
=
[ 0
["G0 # cµ"G0 ] =
0]
1# c
1# c
1# cµ
=
("G0 )
1# c
"Y eq =
•
L’equazione mostra che il moltiplicatore della spesa pubblica
finanziata con imposizione sarà tanto maggiore quanto minore è
la parte finanziata con imposte.
!
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Quando µ=0 (no imposizione) si ha il massimo valore del
moltiplicatore, 1/(1-c).
Quando µ=1 (l’aumento di spesa pubblica è accompagnato ad
un pari aumenti di imposizione) si ha il minimo valore del
moltiplicatore, 1.
Quando 0<µ<1 (parziale finanziamento con imposizione) il
valore del moltiplicatore è compreso tra 1 e 1/(1-c).
La differenza tra la scelta di finanziare il fabbisogno della spesa
pubblica tramite emissione di moneta o di debito può essere
descritta graficamente.
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L’aumento di reddito di equilibrio è maggiore nel caso (b), politica
monetaria accomodante, poiché la politica monetaria espansiva permette
di evitare l’aumento del tasso di interesse causato dall’aumento di spesa
pubblica limitando l’effetto di spiazzamento della spesa pubblica ai danni
della domanda privata.
Tale risultato vale soltanto se il reddito di equilibrio è minore del reddito di
pieno impiego.
Inoltre bisogna tener presente che siamo sempre in un’ottica di breve
periodo.
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Il teorema dell’equivalenza ricardiana
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Se il settore pubblico contrae debiti prima o poi questi andranno
ripagati e per fare ciò dovranno essere introdotte delle imposte
(Barro, 1974).
La scelta tra il finanziamento della spesa pubblica tramite debito
o tramite imposte può essere vista come una scelta tra
l’introduzione di imposte adesso oppure nel futuro.
Data una certa spesa pubblica il valore attuale delle tasse future
deve coincidere con il valore delle tasse emesse al presente.
Un’argomentazione simile era stata proposta da Ricardo nel
1814.
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Secondo Barro, le famiglie che detengono titoli del debito pubblico
hanno la consapevolezza che tali titoli implicheranno tasse future di
eguale valore e quindi tali titoli non sono percepiti come ricchezza.
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L’idea che gli individui considerino identici l’aumento delle tasse oggi e
nel futuro si basa sull’assunzione che l’orizzonte temporale del settore
pubblico coincida con quello degli individui.
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Diversamente, la generazione presente potrebbe preferire il
finanziamento con il debito poiché le imposte future saranno pagate
dalle generazioni future.
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I sostenitori dell’equivalenza ricardiana ritengono che la generazione
presente sia benevolente nei confronti di quelle future e, anticipando le
maggiori tasse future, compensino tali generazioni con maggiori lasciti
ereditari.
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Possibili verifiche empiriche prevedono lo studio dell’evoluzione
congiunta dei lasciti ereditari e degli aumenti di debito pubblico e
l’analisi volta a controllare se i titoli del debito sono considerati una
ricchezza così come altre forme in cui è detenuta la ricchezza.
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Gestione del debito pubblico
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Il finanziamento della spesa pubblica tramite emissione di titoli
del debito pubblico ha portato, in molti Paesi, la presenza di uno
stock di debito pubblico molto alto.
La presenza di debito interno e/o estero implica la necessità di
impiegare risorse per pagare gli interessi su tale debito che
saranno tanto più alti quanto maggiore è lo stock di d.p. ed il
tasso d’interesse.
Gli stati sovrani sono comunque avvantaggiati rispetto soggetti
privati che emettono titoli di debito poiché i primi possono
influenzare il tasso d’interesse interno e perché hanno capacità
impositiva.
Il debito pubblico diventa insostenibile se per pagare gli interessi
si deve creare nuovo debito. Per tale motivo uno degli obiettivi
di politica economica è ottenere che il rapporto tra lo stock di
debito pubblico ed il PIL sia non-crescente nel tempo.
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Sia Bt lo stock di debito pubblico esistente al tempo t in un
paese e Yt il suo PIL nello stesso periodo. Il loro rapporto è dato
da σ=Bt/Yt (entrambe le grandezze sono espresse in termini
nominali).
– Una critica è dovuta al fatto che si tratta di un rapporto tra
una grandezza di stock ed una di flusso.
Esprimiamo il PIL come prodotto tra livello generale dei prezzi Pt
e reddito reale yt, così da avere σ=Bt/(Pt*yt).
Essendo interessati alle variazioni temporali studiamo la
variazione percentuale di tale rapporto (la variazione
percentuale di un quoziente è la differenza tra variazione
percentuale dei dividendo e del divisore),
$ B˙ t '
+B
˙
˙
˙
˙
Var%(" t ) # ("˙ t ) = &
=
B
*
P
*
y
,
dove
B
=
)
t
t
t
P
*
y
B
% t t(
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Ricordandoci che la variazione di B è pari a (G-T)prim+iB-ΔBM, la
nostra espressione diventa,
prim
(G
#
T)
+ iB # $(BM) ˙
("˙ ) = B˙ # P˙ # y˙ =
# P # y˙ ,
B
x + iB ˙
ponendo x = (G # T) prim # $(BM), ("˙ ) =
# P # y˙ =
B
x
= + i # P˙ # y˙
B
•
!
Ricordando che la differenza tra tasso d’interesse nominale e
tasso d’inflazione è il tasso d’interesse reale abbiamo,
x
("˙ ) = + r # y˙
B
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Lettura descrittiva
– σ cresce nei periodi nei quali è elevato il deficit primario non
finanziato con emissione di moneta (Italia anni Ottanta,
politiche anti-inflazionistiche).
– σ cresce al crescere del tasso d’interesse reale (politiche
fiscali espansive e monetarie restrittive in USA con Reagan:
alti tassi reali per attirare capitali esteri).
– σ aumenta quando il tasso di crescita del PIL è basso.
– Nel caso di saldo primario in pareggio (x=0), σ cresce se
tasso d’interesse reale è maggiore del tasso di crescita del
PIL reale.
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Lettura normativa - politiche di rientro del debito pubblico
– Politiche di contenimento del deficit primario: si utilizza come
strumento il deficit primario cercando di ottenere il pareggio o
un saldo negativo (possibili tagli alla spesa sociale).
– Politiche monetarie accomodanti: l’emissione di base
monetaria genera inflazione. Caso estremo la monetizzazione
del debito pubblico.
– Politiche di controllo dei tassi d’interesse: strumento di difficile
utilizzo. Sollievo per l’Italia dall’adozione dell’euro.
– Politiche di crescita del reddito: molto difficile poter usare la
crescita del PIL come strumento di politica economica.
– Ripudio del debito (non riconoscere più l’obbligo a restituire le
somme avute in prestito)
• Iran 1979.
– Default (annuncio di non essere in grado di pagare gli
interessi maturati sul debito e/o di restituire i debiti che
vengono a scadenza)
• Messico 1983;
• Russia ed altre repubbliche ex-sovietiche negli anni 90;
• Argentina 2001 (effettivo default).
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