Globale e locale nell’educazione del XXI secolo (Aureliana Alberici) Le considerazioni che seguono si propongono l’obiettivo di illustrare alcuni degli aspetti e degli effetti teorico operativi dei processi che attengono alla dimensione globale e locale della contemporaneità, sul terreno dell’educazione E’ opportuno evidenziare in premessa che il riferimento alle cosiddette antinomie dell’educazione, è da intendersi come dimensione metodologica che comporta la necessità di uno sforzo critico e di analisi anche linguistica del significato dei termini. I concetti così considerati presentano polisemia di significati, problematicità, e sono sempre situati cioè ‘condizionati’ dalle dinamiche socioculturali, politiche, economiche. Ciò presuppone il riconoscimento che l’ antinomia è sempre autenticata dal contesto socio-culturale e dai conflitti psicologici conseguenti, per cui ne deriva che la relazione tra i concetti non é univoca e può assumere forme diverse ( integrazione, sinergia, contaminazione, ecc.) 1. In questo senso i concetti globale e locale possono essere considerati sia come aspetti descrittivi/ interpretativi dei processi della modernità ( quadro di analisi), sia come concetti ‘significativi’, parole-chiave, orizzonti di significato per comprendere e agire nella società contemporanea, sul piano teorico e operativo proprio dell’educazione . E’ indubbio che la lettura prevalente, nel contesto della società globale, dei concetti di globale/locale, fatica a prescindere dalla loro identificazione con i termini globalizzazione / localismo. Dal punto di vista politico si parla di global governance rispetto all’emergere di spinte definite locali ( conflitti, guerre, ecc). Globale/locale diventano aggettivi in diversi ambiti semantici. Locale diviene prevalentemente sinonimo di particolare, individuale, identitario, diverso, diversità. La diversità/locale si presenta anche come ‘categoria’ di difesa rispetto alla dimensione dell’omogenizzazione (globalizzazione). Ma il concetto 1 locale/diverso si manifesta oltre che come affermazione della dimensione ‘locale’ , nel senso di ‘particolare’, ‘specifica’, anche come espressione di una cultura, comportamenti, ecc, che si presenta ‘altra’ ‘escludente’. Al contempo però anche tesa ad universalizzare i suoi paradigmi, in funzione di difesa o di dominio. La riflessione relativa alle due categorie concettuali globale/locale percorre dunque molteplici piste. Robert Robertson rileva che “la coppia globale-locale viene quasi sempre esaminata come se si trattasse di una antinomia, una faccia di una stessa medaglia”2. Egli considera ciò improprio e più precisamente una forma di “falsa coscienza”. Si tratterebbe piuttosto di una reciproca contaminazione, di un processo “glocale” , nel senso di globalizzazione che si localizza. La lettura critica dei due concetti può essere esplorata in diversi ambiti disciplinari ( anche se è indubbio che la lettura prevalente è stata per molto tempo quella economico- politica3) e ad essi possono essere attribuiti molteplici e diversi significati. Sono cioè da intendersi come concetti polisemici. Si sostiene da più parti che tutta la discussione sulla globalizzazione avviene in modo già globale e che anche le posizioni più radicalmente anti-globalizzazione, cioè espressioni del valore delle diversità, della dimensione locale e del rifiuto del dominio della logica neo-liberista del modello occidentale, del mercato, agiscono dentro i concreti processi di globalizzazione, che si realizzano nella dimensione della società globale4 o mondializzata5 contemporanea. Una società mondiale in cui le diverse forme economiche, politiche, culturali si scontrano e si incontrano e non è più possibile una realistica rappresentazione di limiti e spazi chiusi. Questo 1 Cfr. G.M Bertin, L’idea pedagogica e il principio di ragione in Antonio Banfi, Roma, Armando Armando Editore, 1961 2 R.Robertson, Globalizzazione. Teoria sociale e cultura sociale, Trieste, Asterios Editore, 1999, p. 225 3 cfr. J. E. Stiglitz, La globalizzazione e i suoi oppositori, Einaudi, Torino, 2002. 4 U. Beck, Che cos’è la globalizzazione. Rischi e prospettive della società planetaria, Roma, Carocci, 2002. 5 E.Morin, A.B. Kern, Terra-Patria, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1994. 2 concetto-dimensione della globalità può comportare dunque per gli individui e le società un bisogno di riflessività6, di comprensione riflessiva dei processi, poiché non è automatico che gli uomini “si percepiscano come reciprocamente legati, pur nelle loro differenze e fino a che punto questa autopercezione di una società mondiale divenga rilevante per il loro comportamento”7. La globalizzazione e il globalismo sono invece espressione di processi di tipo economico e politico sovra e transnazionali di tipo neo-liberista e che condizionano sul piano anche sociale e culturale la vita dei singoli e degli stati nazionali. Tutto ciò comporta quindi anche una rilettura del lemma locale in quanto definito dalle modalità e pratiche di un mondo che usa forme, vie di comunicazione, in generale tecnologie culturali e forme di azione che agiscono sempre più a livello globale. Ciò premesso appare evidente che la coppia globale e locale anche nel dominio dell’educazione-formazione, a partire dalla dimensione diacronica della teoria e della pratica educativa, necessita oggi di una nuova rilettura. La coppia globale e locale può essere considerata anche nell’ambito di quella ricerca sui cosiddetti fondamentali, relativa alla conoscenza di aspirazioni, tendenze, bisogni, valori, degli individui nelle moderne società complesse. In questo caso si tratterebbe di individuare i significati critici attribuiti ai concetti di globale e locale nel campo dell’educazione e valutarne la rilevanza come fondamentali. Nello specifico rispetto alle politiche, alle strategie formative, alla individuazione di valori condivisi per l’educare e il formarsi di “attori sociali” nella società globale. Le forme concrete (politiche) e le tendenze culturali/pedagogiche degli ultimi decenni in tema di ‘globalizzazione ed educazione’8 possono essere individuate 6 A.Giddens, Le conseguenze della modernità. Fiducia e rischio, sicurezza e pericolo, Bologna, Il Mulino, 1994. 7 U. Beck, op.cit; p.23. 8 Cfr. tra l’altro sul tema N. C. Burbules, C. A. Torres, Globalisation and Education: Critical Perspectives, Routledge, New York, 2000. 3 secondo diversi approcci, che richiamerò solo per rapidi cenni, senza pretese esaustive. Si tratta di orientamenti relativi a: -le linee emerse nelle politiche e negli indirizzi elaborati e praticati negli ultimi 20 anni da organismi internazionali quali il FMI, il WTO, la Banca Mondiale, fondati, in una prima fase, su una teoria ‘tecnico-funzionale’ dell’educazione di tipo compensatorio-meritocratico e in un secondo tempo su una teoria ‘sistemicofunzionale’ in cui l’educazione vale in quanto volano di sviluppo economico, competitività, occupazione; -le linee emerse nelle Conferenze e Forum mondiali dedicati alle NTIC (Nuove Tecnologie dell’Informazione della Comunicazione) in ambito educativo (Vancouver, 2000) in cui si è realizzato e teorizzato il World Education Market e i più recenti Forum mondiali e locali-nazionali sull’educazione e le NTIC, con un’attenzione specifica all’educazione e alla formazione, considerate come la caratteristica, insieme a quella economica, e forse anche condizionante della stessa, dei processi di globalizzazione; -le linee emerse nei recenti Forum Mondiali dell’Educazione di Porto Alegre (Brasile 2001, 2003) centrati sull’obiettivo di costruzione di una ‘mondializzazione solidale’9, dal volto umano, secondo una definizione dell’ONU, fondata sul ruolo della scuola pubblica, il diritto all’educazione come bene pubblico globale e non come merce, sull’interculturalità, sulle tecnologie per avvicinare e allargare le prospettive culturali, sulla conoscenza come risorsa contro la povertà; -da ultimo le linee emerse nelle assise dei governi di tutto il mondo (Jomtien, 1989, Dackar, 2000), degli organismi internazionali (Unesco, OCDE) e progressivamente nelle risoluzioni del Consiglio delle Comunità Europee basate sul riconoscimento del valore dell’educazione per tutti come condizione per i 9 A. Surian ( a cura di), Un’altra educazione è possibile. Forum Mondiale dell’Educazione di Porto Alegre, Roma, Editori Riuniti, 2002, pp. 150 e segg. 4 diritti di cittadinanza, per la convivenza civile, come risorsa per lo sviluppo economico e sociale. Le indicazioni si sviluppano, a partire dal riconoscimento del valore dell’educazione per tutti, quale condizione per i diritti di cittadinanza, strumento di convivenza civile e risorsa per lo sviluppo economico sociale dei paesi. In particolare la strategia del Consiglio Europeo si muove in un’ottica del passaggio dalla Labour Society alla Learning Society, dalla dimensione del lavorolavoratore a quella dei soggetti e dei diritti ( allo studio, di cittadinanza, ecc.) in una dimensione ancora locale, nel senso di nazionale, internazionale, ma già proiettata nella globalità come quadro di realtà. Non è più la disuguaglianza economico-sociale, ad essere considerata il maggiore fattore di tensione, quanto piuttosto i processi di esclusione sociale su basi socio - culturali- economiche. La dimensione globale della società della conoscenza diviene il quadro di riferimento, le grandi trsformazioni tecnologiche e del lavoro ( post-fordismo), l’importanza sempre crescente della conoscenza e delle risorse umane, per lo sviluppo, i caratteri di pervasività e di continuità delle possibilità di apprendimento permanente, come risorsa individuale, divengono i parametri culturali e operativi su cui orientare la formazione. Centralità dell’apprendimento e del soggetto nell’educazione, competenze come sviluppo delle conoscenze e delle capacità di vivere oltre che di lavorare, di affrontare il cambiamento, di pensare il futuro, di essere attori sociali, sono proposte nei più recenti documenti dell’Unione Europea e indicano (seppur con ambiguità e oscillazioni), quantomeno sul terreno delle acquisizioni di principio, il tendenziale superamento del modello funzionalista-economicista. Per approfondire la riflessione sui concetti globale e locale può essere efficace, a questo punto, fare riferimento agli assunti della cultural theory e nello specifico evidenziare che non solo il concetto di globale presenta un’accezione polisemica e rinvia ad una pluralità di dimensioni, ma anche che esso mette in discussione 5 concetti quali differenze culturali, razza, genere, identità culturali10, particolarmente rilevanti sul terreno dell’educazione. In questo quadro di ragionamento assumere la distinzione sopracitata tra globalità/globale e globalismo/globalizzazione consente di interrogarsi sulle strategie da poter attuare per rendere la dimensione irreversibile della globalità, della società mondializzata e della rete, una nuova risorsa, una potenziale ricchezza per l’umanità e lo sviluppo umano. Nello specifico appare interessante richiamare l’assunto di R. Robertson11 , quando sostiene che ‘il locale e il globale’ non possono escludersi poiché la condizione umana globale comporta il fatto che anche nelle dimensioni quotidiane del vivere si possono cogliere gli aspetti di un processo globale che si ‘localizza’ e viceversa. In questo senso viene utilizzato il nuovo termine/concetto di glocale come dialettica continua tra globalizzazione e localizzazione. Si può fare l’esempio dell’educazione che viene ‘predicata’ da tutti, istituzioni, Stati, comunità, soggetti non istituzionali, in tutte le culture e che poi viene interpretata e declinata in forme e modi ancora profondamente diversi in relazione ai diversi contesti, e che anzi costituisce oggi, in molti casi, uno dei terreni di esplicito, dichiarato contrasto al processo di globalizzazione, e proprio per questo si presenta con una dimensione locale. O meglio una dimensione glocale, inedita, per esempio, rispetto ad sua funzione di trasmissione della cultura del luogo o dei padri, e segnata invece dal fatto che essa definisce la sua identità in funzione antagonista alla globalizzazione. Essa stessa quindi diversa in quanto dentro la dimensione della globalità. Mettere in evidenza il concetto di società globale, mondializzata o di condizione umana globale, consente una lettura dei fenomeni che mette in luce come nei processi globali della contemporaneità, di fronte al rischio, allo cfr. R.Robertson, op.cit, pp.148-152 ; M. Castells, The power of Identity, Blackwell Publishers, Oxford, 1997; N. C. Burbules, C. A. Torres, op.cit. 11 R.Robertson, ivi.. 10 6 spaesamento, all’esclusione e al cannibalismo culturale dei vincitori si possano sprigionare inedite energie finalizzate alla riaffermazione del valore d’uso del sapere, delle competenze e dell’apprendimento rispetto alla logica del mercato e alla mercificazione funzionalistica delle conoscenze, in direzione dello sviluppo del potenziale apprenditivo del genere umano e della costruzione di livelli di civiltà che siano orientati alla realizzazione di forme politiche e culturali ‘inclusive’ nel senso di capaci di dare spazio, di fare comunicare processi identitari spesso assai diversi. “ Una delle principali risposte politiche alla globalizzazione è perciò: costruzione e consolidamento della società della formazione e del sapere”12. Sostiene Alain Touraine13 che di fronte alla dissoluzione del concetto di società politica viene emergendo quello di ‘società civile’, intesa come un contenitore dell’azione umana fondato sull’ integrazione tra strumentalità e identità e sul concetto di ‘attore sociale’. Ma se si parla di attore sociale, ci deve essere uno spazio sociale della sua formazione e quindi riemerge con forza la funzione dell’educazione, della formazione anche come leva di dinamica della vita sociale. Ciò comporta inoltre la necessità di riorientare la formazione per sviluppare quella riforma del pensiero di cui parla Edgard Morin, per sviluppare quelle competenze ad apprendere lifelong che si fondano sulla massima valorizzazione dei soggetti, delle loro biografie, delle loro identità, anche come espressione del locale/glocale. Nella società globale in cui agiscono molteplici processi di individualizzazione, nella dimensione dell’educazione sopracitata, può ritrovare un senso una riforma del pensiero intesa anche come responsabilità di pensare al proprio processo di formazione come ad un processo aperto in cui ci si mette in gioco, imparando a trovare risorse nel proprio io, a valorizzare il proprio potenziale, a sviluppare la 12 13 U Beck, op.cit.,p.166. A. Touraine, Società e sistema. Come li riscrive Alain Touraine, in Le parole nel tempo ( a cura di D. De Masi e D. Pepe), Milano, Guerini e Associati, pp. 453-481. 7 propria capacità di essere ‘in qualche modo’ agente della propria vita. Forse una nuova prospettiva di ricerca e di ancoraggio per l’educazione e la formazione, fondata su un nuovo concetto di sviluppo umano. Sviluppo umano come categoria in progress, mai data e sempre in bilico tra espansione e retrocessione e necessitante un’attività continua per la sua rigenerazione e il suo mantenimentoevoluzione. E ancora una concezione dello sviluppo umano sostanzialmente centrata sul concetto di liberazione e crescita del potenziale conoscitivo del genere umano, di processo di ominizzazione, nel senso di sviluppo delle potenzialità umane psichiche, spirituali, etiche, culturali e sociali. A questo riguardo possono essere di grande supporto sul piano scientifico i risultati delle più recenti acquisizioni degli studi delle scienze psicologiche e delle neuroscienze, che pur modulando l’intensità degli assunti convengono sulla natura processuale, dinamica, plastica dello sviluppo bio-psico-cognitivo, sociale dell’individuo, e convengono quindi sulla possibilità di una continua capacità di apprendimento lifelong degli esseri umani. Entrando nel merito della definizione delle funzioni dell’educazione si può richiamare il concetto per il quale mediante l’educazione ciascun individuo riesce a costruire la propria cultura sulla base dei rapporti con il sapere consolidato, con il mondo, con gli altri e con se stesso. E’ questo il nodo tematico principale proposto dai sostenitori della mondializzazione solidale, che consente a ciascuno di riconoscere l’altro nella sua differenza culturale, nella sua identità con se stesso e nella sua singolarità di soggetto. Ciò comporta una concezione dell’educazione che, pena il rischio di un aumento incontrollato delle diseguaglianze,14 attribuisca alle politiche formative l’obiettivo di promuovere e favorire la possibilità per un numero sempre più alto di individui di ‘poter apprendere’ durante l’intero corso della vita e nei diversi contesti, in 14 L. Gallino, Globalizzazione e diseguaglianze, Editori Laterza, Roma-Bari, 2002 8 funzione della acquisizione delle competenze necessarie per vivere, lavorare (dall’alfabetizzazione e innalzamento dei livelli di letteratismo delle popolazioni, alle competenze, professionali, emotive, sociali) e per realizzarsi, nella complessa società globale, come attori sociali. Cioè come soggetti capaci di produrre identità-progetto15, in grado di agire con autonomia e responsabilità (realizzazione di sé, autoefficacia, sviluppo del potenziale), capaci di fare significato16 e di attribuire un senso a sé stessi, agli altri e al contesto nelle sue dimensioni locali e globali. In fondo come soggetti capaci di ‘sapersi dare un posto nel mondo’, di comprendere la complessità, di costruire, come sostengono i culturalisti ‘ significati integrativi’, condivisi, di collocare o ricollocare le culture e i saperi locali, in un processo globale contingente e dialettico in cui si esprimono sia processi di redifinizione delle culture locali sia la possibilità di un loro incontrasi reciproco. Sviluppo delle competenze strategiche-proattive, riforma del pensiero, cultura integrativa nel senso di dare valore alla dimensione del globale e alle logiche locali e anche al meticciato/glocale (pensare e agire globalmente e localmemte) come risorse e antitodo all’omologazione. In questo quadro di ragionamenti il pianeta dell’educazione considerato come una delle dimensioni della globalità, ci porta a riflettere sulla nuova natura e sul ruolo assunto da poteri pubblici e dalle istituzioni per lo sviluppo di politiche e strategie per l’educazione che sappiano dare voce alle dimensioni planetarie dei problemi (lavoro, povertà, ecc.) compresa l’esistenza ad oggi, nell’era della Rete, di circa 880 milioni di analfabeti adulti di cui circa i 2/3 sono donne. La risposta della globalizzazione neo-liberista orientata verso la mercificazione, la privatizzazione, il funzionalismo dell’educazione mostra la corda. Si manifesta dunque un’esigenza più forte di global governace dei sistemi di istruzione e di formazione, mentre le tecnologie, la Rete che sono oggettivamente 15 M. Castells, op.cit., p.18 9 nello stesso momento il massimo della dimensione della globalizzazione e della delocalizzazione dell’ informazione che invade tempi e luoghi della stessa vita privata, possono aprire inedite opportunità per l’apprendimento e la formazione, nel quadro dell’assunzione da parte degli individui e delle collettività di una nuova responsabilità etica17 educativa. Da ultimo vorrei proporre alcune riflessioni aperte. La teoria dell’educazione (o pedagogia) è una teoria locale, perché ha il suo campo di indagine, i suoi metodi, le sue verifiche specifiche; però usa categorie che sono trasversali, ( libertà, autonomia, sviluppo, sapere, abilità, soggetto, ecc.) che fanno parte di un orientamento scientifico, di un paradigma epistemologico, che di volta in volta si afferma come approccio globale, che influenza tutte le scienze dell’uomo. In un altro senso la riflessione educativa è una teoria locale, nel senso che ‘contrasta’ e mette in questione una visione del mondo che pretende di essere ‘globale’ e di colonizzare ogni ambito, e che nega ciò che dal punto di vista educativo è irrinunciabile, cioè l’autonomia e la capacità innovativa, creativa, del soggetto individuale. Scopo dell’educazione è superare le particolarità, viste come pregiudizio, superstizione, verso una visione sempre più comprensiva, globale dei problemi. Ci sono però differenze ‘locali’ che vanno salvaguardate e valorizzate: l’originalità dei punti di vista, le diversità nell’attribuzione dei significati, quindi la varietà dei percorsi umani. Se la globalizzazione è invece l’omologazione, il punto di vista unico, ciò non permette nessun ulteriore processo di attribuzione di significati. I sistemi locali si sviluppano, nell’era della globalizzazione, perché a livello locale giocano altri fattori, si può 16 17 puntare su risorse immateriali, extra- J. Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 1997, p.17. A. Sen, Globalizzazione e libertà, Mondadori, Milano, 2002. 10 economiche; in termini educativi, e di scienze dello sviluppo umano, la risorsa locale è la risorsa della soggettività. La diversità delle culture, dei saperi locali, implica una ‘stratificazione dei significati’ che è sempre di nuovo da interpretare, che è ricchezza, oggetto di narrazione; una volta che tutto è interpretato, e viene a far parte del sapere globalizzato, tutto è trasparente, non c’è più niente da interpretare, e almeno da questo punto di vista il mondo globalizzato potrebbe apparire come la fine della storia (nel senso delle interpretazioni degli accadimenti, della capacità di attribuzione di significati, dello sviluppo del potenziale apprenditivo umano, ecc.). Non c’è nulla di più ‘individuale’ dell’apprendimento, solo gli individui apprendono, ma lo fanno in contesti determinati (sistemi, organizzazioni, comunità di pratiche), contesti locali, che però rinviano a un orizzonte che è sociale, nel senso di globale, anche nel senso dei saperi codificati. Se ogni atto cognitivo è ‘contestualizzato’, bisogna parlare di episodi, eventi locali, più che di abilità di carattere generale o di rappresentazioni, che di volta in volta si applicano ad una realtà data . L’evento è locale, ma influisce sul sistema cognitivo globale. Il sistema delle competenze richiede oggi standardizzazione, trasferibilità, quindi globalizzazione; ma le competenze si costruiscono attraverso percorsi biografici, che sono inevitabilmente ‘locali’. La ‘singolarità’ sintetizza un mondo; un percorso biografico non è solo individuale, ma riflette e ristruttura un ambiente, un’epoca. In questo senso il globale si rivela in ciò che è più determinato, più locale, come un corso di vita. 11