Cenni sulla storia della Tanzania

LA REPUBBLICA UNITA DELLA TANZANIA
La Repubblica Unita di Tanzania è nata il 26 aprile 1964 dall’unione tra la Repubblica del
Tanganika e la Repubblica di Zanzibar.
Ma la Tanzania e il suo popolo hanno una origine ben più remota.
A cominciare dagli anni ’50 del secolo scorso nella gola di Olduvai (un burrone lungo una
cinquantina di kilometri) nella pianura di Serengeti furono rinvenute durante alcuni scavi archeologici
impronte fossilizzate di ominidi risalenti a circa 3 milioni e mezzo di anni fa e poi utensili di pietra e asce di
circa due milioni di anni fa, e il cosiddetto Australopithecus boisei o Zinjanthropus, e poi ancora strumenti
più sofisticati risalenti a circa un milione e mezzo di anni fa, ossa fossili di circa 600.000 anni fa e artefatti
del cosiddetto Homo sapiens sapiens databili da 600.000 a 15.000 anni fa…
Le migrazioni delle popolazioni bantu e degli arabi
Più recentemente le origine del popolo tanzanese vanno cercate negli effetti dei movimenti migratori
arabi e bantu che intorno all’anno mille interessarono i gruppi etnici che abitavano la zona tra la costa
africana affacciata sull’oceano indiano a est, il lago Tanganika a ovest, il lago Vittoria a nord…
La zona interna del paese subì l’influenza di popolazioni bantu, provenienti dal delta del Niger, e di
gruppi di ceppo nilotico, provenienti dall’attuale Sudan meridionale, mentre la zona costiera divenne meta di
mercanti che dall’area mediterranea, dall’Arabia e dalla Persia si spinsero sulle coste dell’Africa orientale.
L’influenza che queste popolazioni ebbero sul territorio africano è testimoniata dalla nascita della lingua e
della cultura swahili che è frutto della fusione di elementi bantu, persiani, arabi e asiatici.
Le attenzioni europee
Dal XVI-XVII secolo esploratori europei cominciarono a rivolgere la loro attenzione ai territori
dell’Africa orientale. I primi ad arrivare furono i portoghesi che si assicurarono il controllo commerciale di
molte zone della attuale Tanzania almeno fino al XVIII secolo, quando mercanti arabi dell’Oman alla ricerca
di nuove vie commerciali si spinsero nell’entroterra avventurandosi nei territori abitati dalle tribù Masai.
Zanzibar passò sotto il controllo del sultano dell’Oman, Sayyd Said, che ne fece la nuova capitale e il centro
di produzione di chiodi di garofano e olio di cocco.
Nell’Ottocento l’attenzione delle potenze europee nei confronti dell’Africa era indirizzata al
potenziale mercato di sbocco delle mercanzie prodotte in gran quantità dalla nuova organizzazione
industriale del lavoro e per la fonte inesauribile di materie prime e di forza lavoro che l’Africa forniva.
La Deutsch Ost Afrika
Tra 1884 ed il 1885 il Cancelliere tedesco Otto von Bismarck convocò la Conferenza Internazionale
di Berlino, per decidere “la spartizione” dell'Africa tra le potenze europee. Il territorio delle attuali Tanzania
(eccetto le isole), Rwanda e Burundi si chiamò Deutsch Ost Afrika (Africa orientale tedesca) e con l’Accordo
di Helgoland del 1890 tra Germania e Inghilterra fu tracciato il confine che da sud di Mombasa arrivava fino
al Lago Vittoria prendendo dentro il Kilimanjaro. Dal 1891, poi, il sultano di Zanzibar rinunciò ai suoi diritti
sulla fascia costiera che passarono al Reich.
La colonia tedesca fu divisa in 19 distretti, i commissari governativi avevano poteri esecutivi,
polizieschi e giudiziari vastissimi, la schiavitù venne mantenuta e la legislazione fiscale venne inasprita. I
tedeschi introdussero nel paese delle nuove coltivazioni (cotone, tabacco, canna da zucchero e agave) la cui
produzione veniva pressoché interamente esportata in Europa. La popolazione colonizzata si trovava in una
condizione molto simile a quella della schiavitù; le persone erano costrette a lavorare nelle piantagioni degli
europei ed in cambio non ricevevano nemmeno il necessario per sopravvivere. Chi si rifiutava di lavorare
veniva duramente punito pubblicamente, come monito per tutti coloro che pensavano di ribellarsi.
A causa delle durissime condizioni di vita e delle angherie operate dai colonizzatori, ben presto tra la
popolazione nacquero dei movimenti di opposizione agli oppressori. Il movimento più diffuso fu quello del
Maji maji (che significa “acqua”). Questo movimento condusse una storica rivolta nel 1905. Il termine Maji
maji si riferisce alla credenza secondo la quale il proiettile dell’uomo bianco non era in grado di uccidere ma,
una volta penetrato nel corpo, si trasformava semplicemente in acqua. I leader di questo movimento
rivoluzionario incitavano la popolazione alla rivolta, assicurando le folle che nessuno sarebbe morto per
mano dell’uomo bianco. Di fatto la rivolta fu domata dai tedeschi con un massacro.
I tedeschi costruirono in sette anni anche una ardita linea ferroviaria, la Central Railway, che con
1238 kilometri univa Dar es Salaam a Kigoma, sul lago Tanganika ed era finalizzata al trasporto di merci, di
forza lavoro e soprattutto delle truppe militari.
Il Territorio del Tanganika
La Germania dopo la prima guerra mondiale perse la Deutsch Ost Afrika. La colonia (eccetto il
Rwanda e il Burundi, che vennero assegnati al Belgio, ed eccetto a sud il “triangolo di Quionga” che venne
assegnato al Mozambico portoghese) sotto mandato della Società delle Nazioni fu affidata all’Inghilterra.
Questa parte dell’Impero Britannico, alla dipendenze del Ministero per le Colonie, si chiamò Territorio del
Tanganika.
Il governatore inglese sir Donald Cameron organizzò il territorio in province e introdusse la politica
del governo indiretto (indirect rule) lasciando ai leader locali ampia autonomia nelle questioni giudiziarie e
fiscali. Con l’amministrazione inglese il Tanganika conobbe un periodo di relativa tranquillità e sviluppo.
Durante la seconda guerra mondiale l’esercito locale combatté a fianco degli inglesi in Somalia, in
Etiopia e in Birmania.
Il movimento verso l’indipendenza
Nel secondo dopoguerra il paese era diventato economicamente più prospero ed iniziava ad
intravedere la possibilità dell’indipendenza. Nel 1946 il Tanganika passò sotto l’amministrazione fiduciaria
dell’ONU che prevedeva un periodo di venticinque anni di transizione in vista dell’indipendenza; nello
stesso periodo, però, un colossale piano agricolo progettato dagli inglesi fallito e alcuni espropri a favore
degli europei intensificarono le spinte indipendentistiche.
Nel 1949 nasceva la TAA (Tanganika African Association), un movimento che elaborò queste spinte
indipendentistiche ma che iniziò a promuovere una propria azione politica solo nel 1953 quando ne assunse
la presidenza Julius Nyerere.
Il 7 luglio 1954 la TAA venne rinominata TANU (Tanganika African National Union) e si prefisse
come scopo principale il raggiungimento dell’indipendenza: motto del TANU era Uhuru na umoja (libertà e
unione). L’adesione al movimento crebbe con crescente entusiasmo.
Alle elezioni del 1958 il TANU ottenne cinque ministri nel governo nazionale; a quelle del 1960 70
seggi su 71. Nyerere venne nominato Primo Ministro e l’Inghilterra riconobbe la sovranità nazionale del
Tanganika il 9 dicembre 1961. L’indipendenza avvenne in modo assolutamente pacifico. Il 9 dicembre 1962
veniva proclamata la libera Repubblica del Tanganika che il 26 aprile 1964 divenne, in seguito all’unione
con Zanzibar, Repubblica Unita di Tanzania.
1964-1985: la presidenza di Julius Nyerere
La Tanzania iniziò dunque la sua storia come stato unificato ed indipendente, ma l’indipendenza,
l’unificazione e il carismatico presidente Nyerere non furono sufficienti a far fronte ai gravi problemi del
paese. Nyerere aveva appoggiato il socialismo radicale (il cui progetto è sintetizzato nel termine swahili
ujamaa, cioè fratellanza), un ideale davvero audace, che sfidava la propaganda anticomunista delle principali
potenze occidentali che elargivano aiuti economici alla Tanzania. Grazie alle riforme del leader, sostenute da
cinesi, cubani e russi, l'economia fu nazionalizzata (Dichiarazione di Arusha, 5 febbraio 1967); lo stesso
accadde alle proprietà private. Le classi più abbienti vennero pesantemente tassate nel tentativo di
redistribuire le ricchezze del paese tra ricchi e poveri.
Nel 1967 nacque l’East African Community tra Tanzania, Kenya e Uganda. Si trattava di
un'azzardata coalizione economica che si proponeva una gestione comune delle compagnie aeree di bandiera,
delle infrastrutture per le telecomunicazioni, dei trasporti e delle dogane. Venne inoltre facilitata la
conversione delle valute dei tre paesi e la libertà di movimento tra le frontiere dei tre paesi. Ben presto, però,
si manifestarono divergenze politiche che portarono al fallimento dell’ EAC (1977), lasciando la Tanzania in
condizioni ancora più drammatiche.
Il TANU si fuse nel 1977 con l’ASP (Afro Shirazi Party, il partito di Zanzibar guidato da Abeid
Karume che aveva ottenuto l’indipendenza dell’ isola nel dicembre 1963) dando vita al CCM (Chama Cha
Mapinduzi, che significa Partito della Rivoluzione), il partito che fino ad oggi detiene il potere.
Nel 1978 l’Uganda, sotto la guida di Idd Amin Dada, invase la Tanzania dalla parte del lago Vittoria,
dichiarando guerra al Paese. Dietro all’invasione della Tanzania risiedono delle problematiche molto
complesse che possono essere sintetizzate in tre ragioni fondamentali: la critica da parte di Nyerere alla
politica razzista di Idd Amin Dada nei confronti degli indiani che vivevano in Uganda, l’atteggiamento
dittatoriale di Amin nei confronti dell’East African Community, infine la definizione dei confini che Amin
non aveva mai accettato così come erano stati stabiliti dai colonizzatori.
La guerra tra Uganda e Tanzania durò pochi mesi; Idd Amin fu cacciato fuori dai confini tanzaniani
e le truppe tanzaniane entrarono addirittura in Uganda. La Tanzania vinse la guerra, ma dopo la fine del
conflitto si trovò ancora più povera.
Il programma di Nyerere, sintetizzato dalla Dichiarazione di Arusha del 1967, nonostante avesse
tentato di educare i cittadini alla responsabilità sociale e agli alti valori della ujamaa e nonostante avesse
messo in atto riforme di indubbio valore (nazionalizzazione dell’economia e redistribuzione delle ricchezze)
non portò ai risultati sperati. La povertà finanziaria della Tanzania e l’invincibile corruzione delle elite unite
a problemi di ordine contingente (aumento del prezzo del petrolio, diminuzione del valore dei beni esportati,
il fallimento dell’EAC, la guerra con l’Uganda, periodi di carestia) causarono il fallimento economico del
progetto di socialismo al quale Nyerere aveva creduto.
1985-1995: la presidenza di Ali Hassa Mwinyi
Nel 1985 divenne nuovo Presidente della Tanzania Ali Hassa Mwinyi anche se Nyerere mantenne la
carica di Presidente del CCM fino al 1990.
Mwinyi nel tentativo di procedere ad una ripresa economica del paese iniziò una politica di
liberalizzazione dell’economia accettando di effettuare i cosiddetti “aggiustamenti strutturali” riguardanti
politiche economiche e sociali proposti dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale.
Tuttavia la riforma non ebbe gli effetti sperati; al contrario penalizzò pesantemente i contadini e fece
innalzare il tasso di analfabetismo ed il costo della vita. Con Mwinyi si passò anche al multipartitismo: nel
1992 in una seduta straordinaria del CCM si decise infatti per la legalizzazione dei partiti di opposizione.
1995-2005: la presidenza di Benjamin William Mkapa
Il terzo governo nazionale fu guidato dal 1995 al 2005 da Benjamin William Mkapa il quale
continuò a guidare il paese sulla strada delle liberalizzazioni economiche. Il rapporto con i paesi occidentali
migliorò e gli investimenti esteri crebbero in modo massiccio. Il miglioramento delle condizioni economicosociali, tuttavia, fu minato dalla grave crisi che coinvolse la Tanzania nell’affrontare l'ondata di profughi
ruandesi. Alla fine del 1996 il governo Mkapa rilasciò una dichiarazione ufficiale, appoggiata dalle Nazioni
Unite, in cui sosteneva che i profughi ruandesi avrebbero dovuto lasciare la Tanzania per tornare nel loro
paese; tuttavia ancora oggi migliaia di persone sono tuttora presenti in Tanzania in condizioni disperate.
Mkapa fu rieletto presidente nell'ottobre 2000.
2005-…: la presidenza di Jakaya Mrisho Kikwete
Le elezioni presidenziali del 14 dicembre 2005 furono vinte ancora dal CCM; il nuovo Presidente,
Jakaya Mrisho Kikwete, venne eletto con più dell’80% dei voti. La politica di Kikwete non si è discostata da
quella dei suoi predecessori e si può riassumere nel mantenimento di una forte presa sugli apparati dello
Stato formatisi alla scuola del partito unico di Nyerere e nell’adesione alle riforme politiche e macroeconomiche secondo le indicazioni delle Istituzioni Finanziarie Internazionali.
Nel 2006 Kikwete ha proceduto ad un rilevante rimaneggiamento all’interno del Governo,
ridimensionando il ruolo di alcuni ministri ed avanzando a posti di maggiore responsabilità quelli da lui
considerati più affidabili. Questo nell’ambito della campagna di buon governo che costituisce uno dei cavalli
di battaglia del suo Governo.
L’elezione di Kikwete ha determinato nel Paese grandi aspettative in relazione alla sua affermata
volontà riformistica e ai suoi sforzi di condurre la Tanzania verso una crescita economica e sociale
sostenibile, aperta sempre più all’iniziativa dei privati con l’intento così di ridurre il tasso di povertà. Questi
intenti sono stati, nel corso del 2006, purtroppo seriamente ostacolati a causa della tremenda siccità che ha
colpito la Tanzania che ha provocato carestia in gran parte del Paese e una crisi energetica senza precedenti
tale da privare di energia elettrica la capitale sino a 14 ore ogni giorno.
Un altro dei principali problemi che Kikwete si è trovato ad affrontare è stato quello dell’opposizione
autonomista di Zanzibar, ove negli anni passati si erano avuti momenti di tensione fra il principale partito di
opposizione (CUF – Civic United Front) ed il partito di maggioranza. Le ultime elezioni, svoltesi poco prima
delle presidenziali tanzane, avevano visto la vittoria di misura del CCM e del Presidente Karume, tra le
proteste degli autonomisti che hanno lamentato brogli ed intimidazioni. Tuttavia, a differenza che nel
passato, il CUF ha regolarmente preso posto nel Parlamento di Zanzibar ed ha finora inserito la propria
protesta nell’ambito di una più o meno fisiologica dialettica politica. Probabilmente ha giocato un ruolo
l’atteggiamento di disponibilità al dialogo mostrato da Kikwete subito dopo l’insediamento alla Presidenza,
fautore di una più concreta e fattiva ripresa della collaborazione con l’opposizione autonomista. In
particolare, il nuovo Presidente ha fatto allusione ad un possibile maggior trasferimento di risorse verso le
isole, la cui condizione di arretratezza economica è in buona parte responsabile dell’instabilità politica degli
ultimi anni.
(per il testo ringraziamo l’Associazione Tembea www.tembea.it)