Gennaio-Marzo 2012 • Vol. 42 • N. 165 • pp. 31-36 OCULISTICA Attualità in oftalmologia pediatrica Lucia Ambrosio, Francesco Matarazzo, Patrizio Magliozzi, Luca Rombetto, Roberta Carelli, Adriano Magli Dipartimento di Scienze Oftalmologiche, Università degli Studi di Napoli Federico II Riassunto Nella revisione vengono proposti argomenti di interesse diagnostico e terapeutico. Dal punto di vista diagnostico viene confermata l’importanza della diagnosi precoce delle uveiti anteriori in corso di artrite idiopatica giovanile; viene inoltre ribadita l’importanza dell’interazione tra oftalmologo e pediatra nel proporre terapie combinate che possano alleviare sia i sintomi oculari che quelli sistemici avvalendosi di farmaci steroidei, agenti anti-TNFα, metotrexate e farmaci biologici (infliximab e etanercept). Dal punto di vista terapeutico viene inoltre proposto l’uso di ciclosporina A in collirio nelle forme di cheratocongiuntivite allergica refrattarie alle terapie convenzionali. Come esempio di moderne tecniche chirurgiche nel trattamento del cheratocono in età pediatrica, viene proposto il Cross-Linking Corneale in alternativa sia alla cheratoplastica perforante che alla lamellare profonda. Per concludere, in campo di terapia genica, viene proposto un modello di malattia oculare genetica, l’amaurosi di Leber, e le promettenti ricerche sull’uso di vettori adenovirali che avrebbero lo scopo di ripristinare la funzionalità del gene RPE 65 deputato all’espressione di un pathway biochimico per la rigenerazione del pigmento visivo. Summary We reviewed the latest evidences about diagnosis and therapy in paediatric ophthalmology. We underline the importance of early diagnosis for anterior uveitis in children with Juvenile Idiopathic Arthritis and the role of pharmacological treatment to cure both systemic and ocular symptoms. Moreover our review deals with the introduction of topical Cyclosporine A in the treatment of allergic conjunctivitis and corneal collagen cross-linking as a treatment strategy for keratoconus in paediatric patients. In conclusion we review the recent Leber congenital amaurosis type 2 clinical trials demonstrating restoration of vision by RPE65 gene transfer into RPE cells. Obiettivi e metodologia della revisione È stata revisionata la letteratura scientifica oftalmologica dal gennaio 2007 al gennaio 2011 utilizzando la banca bibliografica Medline attraverso il motore di ricerca PubMed. La ricerca è stata affinata con la funzione di ricerca avanzata per il periodo in esame e per età (compresa tra 0 e 18 anni) senza alcun limite per tipologia di pubblicazione. Si è operata una scelta degli argomenti identificando i temi più importanti, in primo luogo, sulla base della valenza clinica e del valore scientifico, successivamente quelli che su base numerica risultavano i più approfonditi, cercando inoltre di mettere in luce anche le novità di tipo diagnostico e terapeutico. L’accento è stato posto pertanto su temi per i quali sono state riconosciute dagli autori una continuità nel tempo di risultati e pubblicazioni, ed una valenza clinica per la pratica del pediatra. Sono stati tralasciati temi importanti ad alto impatto nella popolazione pediatrica come la cataratta congenita (approfondita in un altro articolo di questo numero), ed una nuova frontiera nella terapia dei difetti refrattivi pediatrici: la chirurgia refrattiva (tema di pertinenza superspecialistica, ma anch’esso trattato in un articolo di questa sezione). Le uveiti associate ad artrite idiopatica giovanile Con il termine uveite si intende un processo di tipo infiammatorio a carico dell’uvea. In corso di artrite idiopatica giovanile (AIG) è questa la complicanza oculare più frequente. E allora perché approfondire proprio tale argomento in questa sede? Per due motivi fondamentali: il primo è costituito dalla frequenza con la quale tale patologia obbliga i due specialisti, il pediatra e l’oculista, ad interagire tra loro; il secondo dalla constatazione che la letteratura degli ultimi quattro anni ha prodotto molti articoli interessanti focalizzati su questo argomento. L’uveite in corso di AIG è quasi sempre asintomatica e frequentemente diagnosticata durante un esame di routine alla lampada a fessura (Tab. I). Pertanto è di fondamentale importanza effettuare screening regolari sui bambini a rischio per almeno 7 anni dall’esordio dell’artrite. Nei casi di AIG pauciarticolare è consigliabile effettuare il controllo ogni 4 mesi, ogni 3 mesi in caso di positività agli ANA (Heiligenhaus et al., 2007). La forma più frequente di uveite in corso di AIG è l’uveite anteriore di tipo cronico-recidivante, non granulomatosa (Sabri et al., 2008; Parikh et al., 2008), tale manifestazione oculare è più frequente nelle forme di AIG ad esordio pauciarticolare ANA+ e HLA-DR5 correlate. Nel 70% dei casi la presentazione è bilaterale e simmetrica. L’infiammazione dell’uvea anteriore può interessare esclusivamente l’iride (irite), oppure anche la parte anteriore del corpo ciliare (iridociclite). I segni più comuni all’esame clinico sono: iniezione ciliare, precipitati cheratici (depositi cellulari sull’endotelio corneale), presenza di corpuscoli nell’umor acqueo (Tyndall). 31 L. Ambrosio et al. Tabella I. Uveiti: classificazione clinica. Uveite acuta Uveite cronica Esordio Improvviso Insidioso Durata Meno di 3 mesi Più di 3 mesi Sintomatologia Fotofobia, dolore, arrossamento oculare, calo del Arrossamento oculare lieve, miodesopsie. visus, lacrimazione N.B. talvolta può essere anche asintomatica Dall’esame istologico di occhi enucleati si è dimostrato che la proliferazione epiteliale, mista a linfociti di tipo B, è costituita in massima parte da Ig G (Parikh et al., 2008). Le complicanze oculari si verificano in più del 35% dei casi di uveite, e sono più comuni nelle uveiti di lunga durata non diagnosticate; è accertato che più l’intervallo di tempo tra diagnosi di AIG e di uveite è breve, più sono frequenti e nefaste le complicanze (Sabri et al., 2008). In altri studi i casi con complicanze all’esordio erano il 67% del totale, ed i fattori di rischio erano costituiti dalla presenza di corpuscoli nell’umor acqueo (Tyndall), dalla positività agli ANA e da un intervallo breve di tempo tra la diagnosi di artrite e quella di uveite (Thorne et al., 2007; Woreta et al., 2007). Le complicanze più frequenti sono le sinechie posteriori (adesioni tra l’iride e la superficie anteriore del cristallino) che estendendosi per 360° intorno alla pupilla possono causare una seclusione pupillare con blocco dell’umore acqueo ed ipertono oculare (Fig. 1). Altre complicanze sono costituite da: cheratopatia a bandelletta, cataratta, glaucoma, edema maculare e formazione di membrane ciclitiche fino alla tisi bulbare (Parikh et al., 2008). Recenti studi hanno dimostrato l’utilità della tomografia a coerenza ottica (OCT) per lo studio della regione maculare in casi di edema maculare in corso di uveite intermedia posteriore (Ducos de Lahitte et al., 2008; Paroli et al., 2010). La terapia è costituita da steroidi topici in formulazione di colliri, steroidi somministrati sistemicamente, agenti anti-TNFα e metotrexate; quest’ultimo farmaco è stato valutato in monosomministrazione o associato a terapia con immunosoppressori sistemici (ciclosporina, azatioprina), ed a farmaci biologici quali infliximab (anticorpo monoclonale) ed etanercept (proteina di fusione ottenuta tramite tecniche del DNA ricombinante che funziona da recettore per il TNFα) (Heiligenhaus et al., 2007; Thorne et al., 2007; Simonini et al., 2010) ed ha dimostrato risultati molto promettenti per la terapia a lungo termine (Kalinina Ayuso et al., 2011) e per la gestione delle complicanze. L’uso del MTX determina un allungamento notevole del tempo che intercorre tra la diagnosi di cataratta e la necessità del trattamento chirurgico (estrazione extracapsulare della stessa associata a vitrectomia anteriore ampia) (Sijssens et al., 2007). Tra gli agenti anti-TNFα l’adalimumab è in grado di risolvere sia la sintomatologia artritica che quella oculare uveitica, al contrario dell’etanercept che non risulta essere molto attivo contro l’uveite (Biester et al., 2007). Studi recenti (Guellac et al., 2008; Angeles-Han et al., 2010) hanno dimostrato come un opportuno trattamento sia capace di determinare un consistente miglioramento della sintomatologia in corso di AIG e di determinare miglioramento anche della qualità della vita dei bambini e degli adolescenti affetti da questa patologia. Le congiuntiviti allergiche Le allergie oculari, problema in costante crescita, interessano il 1525% della popolazione europea, e fino al 30% dei bambini atopici. L’incidenza delle rinocongiuntiviti è aumentata negli ultimi 15-20 anni in relazione sia alla maggiore attenzione di medico e paziente che ai cambiamenti climatici (Leonardi et al., 2008). Il termine congiuntiviti allergiche si riferisce ad un insieme di malattie da ipersensibilità che colpiscono palpebra, congiuntiva e cornea. La classificazione comprende varie forme cliniche suddivise in due gruppi: il primo include le più frequenti, le congiuntiviti allergiche stagionali (SAC) e perenni (PAC), causate da una reazione di degranulazione mastocitaria IgE-mediata determinata dall’esposizione ad allergeni ambientali, come graminacee, acari, muffe e peli di animali; il secondo le forme croniche severe meno frequenti, la cheratocongiuntivite vernal (VKC) e la cheratocongiuntivite atopica (AKC), a patogenesi complessa e complicate spesso dal coinvolgimento corneale (Leonardi et al., 2008). La severità dei sintomi nella SAC o PAC è estremamente variabile. La SAC è una manifestazione acuta o subacuta autolimitantesi caratteTabella II. Considerazioni per un corretto iter diagnostico delle congiuntiviti allergiche. Figura 1. Sinechie irido-lenticolari in corso di uveite cronica recidivante. 32 • Raccogliere un’attenta anamnesi • Valutare i segni e i sintomi del paziente • Effettuare un approfondito esame clinico • Determinare se il sintomo “prurito” è presente • Avvalersi di Schirmer test, prick test o test di provocazione • Praticare citologia lacrimale o congiuntivale • Testare le IgE nelle lacrime e il break-up time • Collaborare con gli allergologi Attualità in oftalmologia pediatrica. Una revisione della letteratura 2007- 2010 A B C D Figura 2. Congiuntivite allergica: A. Iperemia congiuntivale e diffusa ipertrofia papillare. B e C: Papille giganti. D: Interessamento corneale in corso di VKC. rizzata da prurito, arrossamento e gonfiore palpebrale, lacrimazione e bruciore. Nella PAC segni e sintomi persistono con vario grado di severità per mesi e si associano a riniti stagionali o perenni. I bambini affetti da VKC presentano prurito, lacrimazione, fotofobia, sensazione di corpo estraneo, bruciore, spesse secrezioni mucoidi e frequentemente coinvolgimento corneale. Nell’AKC i sintomi sono simili ma associati ad una malattia atopica più grave e non remittente (Fig. 2). La diagnosi è principalmente clinica ma può essere corredata da test oggettivi. Nella tabella II vengono riassunti gli aspetti fondamentali da considerare per una corretta diagnosi. Talvolta possono coesistere congiuntiviti virali, sindrome dell’occhio secco, meibomiti croniche (infiammazione delle ghiandole palpebrali del Meibomio) e blefariti. Inoltre risulta fondamentale la prevenzione e l’educazione comportamentale del paziente e della famiglia, tra le misure da adottare: utilizzare occhiali da sole, cambiare frequentemente abiti, curare l’igiene personale, evitare di stropicciarsi gli occhi e di portare spesso le mani al viso. Inoltre si raccomanda di evitare l’utilizzo di colliri a base di estratti naturali. I sostituti lacrimali risultano altresì una precoce opzione terapeutica avendo lo scopo di allontanare gli allergeni dal film lacrimale. Nei casi di SAC e PAC la prima linea di trattamento prevede colliri a duplice meccanismo d’azione, antistaminico e stabilizzatore della membrana mastocitaria (olopatadina, ketotifene, azelastina, epinastina). Nelle forme severe quali la VKC e l’AKC la terapia va iniziata prima dell’arrivo del caldo tra febbraio e marzo con la combinazione di un farmaco a duplice meccanismo d’azione (farmaci citati precedentemente) e la lodoxamide. Tale protocollo terapeutico riduce la necessità degli steroidi per uso topico per periodi lunghi di trattamento. Nonostante ciò in alcuni casi acuti e refrattari, i corticosteroidi topici risultano risolutivi e andranno somministrati a dosaggio alto di attacco per la prima settimana di trattamento, scalati nella settimana successiva. Nei casi refrattari alle terapie convenzionali la ciclosporina A in collirio sembra essere efficace e sicura (Ozcan et al., 2007; Ebihara et al., 2009; Pucci et al., 2010; Cornish et al., 2010; Tesse et al., 2010). In un futuro prossimo si spera siano disponibili anticorpi monoclonali o frammenti di anticorpo contro molecole coinvolte nel processo patogenetico accanto a dispositivi quali impianti congiuntivali, liposomi o nanoparticelle che riescano a migliorare biodisponibilità, compliance ed efficacia del farmaco minimizzando gli effetti collaterali. Nuovi approcci terapeutici alla terapia del cheratocono in età pediatrica Il cheratocono è una patologia degenerativa della cornea ad esordio puberale, generalmente bilaterale e ad evoluzione asimmetrica, 33 L. Ambrosio et al. progressiva e sporadica con componente genetica nel 10% dei casi. L’incidenza, sottostimata alla luce delle attuali capacità diagnostiche, è 1/2.000 casi. In corso di cheratocono il collagene corneale è caratterizzato da una struttura terziaria e quaternaria alterata che lo rende meno rigido, con diminuita presenza di legami intrafibrillari e interfibrillari, progressivo assottigliamento e modifica del profilo corneale con decadimento delle proprietà e delle qualità ottiche e conseguente astigmatismo irregolare tendenzialmente miopico progressivo. All’esame oculistico di routine si riscontra una deformazione delle mire cheratometriche. L’esame strumentale necessario per confermare il sospetto diagnostico è la topografia corneale. Allo stadio iniziale, le lenti a tempiale e le lenti a contatto (LAC) morbide o rigide sono sufficienti a correggere il difetto refrattivo. Successivamente, con il progredire della patologia, la correzione mediante LAC potrebbe risultare insufficiente o potrebbe verificarsi una ridotta tollerabilità alla LAC, in questi casi si deve ricorrere a terapie alternative. Gli anelli intrastromali Intacs o di Ferrara sono stati proposti nel trattamento chirurgico del cheratocono non evoluto intollerante alla LAC. Questi dispositivi si compongono di due semianelli ultrasottili e trasparenti in polimetilmetacrilato (PMMA) che vengono posizionati nello stroma corneale periferico con l’obiettivo di appiattire e centrare l’apice del cheratocono migliorando l’acuità visiva naturale o corretta (Coskunseven et al., 2009). La tecnica chirurgica classica è certamente la cheratoplastica perforante, che è raccomandata nelle forme evolute (Caporossi et al., 2008). La cheratoplastica lamellare profonda consente di rimuovere solo lo stroma ectasico risparmiando l’endotelio sano, riducendo così il rischio di rigetto. Negli ultimi anni è stato proposto un trattamento meno invasivo: il Cross-Linking Corneale. Consiste nella fotopolimerizzazione delle fibre stromali del collagene corneale mediante l’azione combinata di una sostanza fotosensibilizzante in collirio (Riboflavina o Vitamina B12) e di una irradiazione a basso dosaggio con raggi ultravioletti di tipo A (UV-A). Il processo comporta l’attivazione di radicali liberi dell’ossigeno (O2–) che inducono una desaminazione ossidativa del collagene ed una conseguente formazione di nuovi ponti molecolari intraelicoidali ed interfibrillari con intreccio e rinforzo della cornea nel tentativo di bloccarne lo sfiancamento (Seiler et al., 2007). Studi recenti mostrano come il Cross-Linking possa effettuarsi su pazienti pediatrici di età compresa tra i 10 e i 16 anni affetti da che- Figura 3. Topografia corneale: cheratocono. 34 ratocono. In questa fascia d’età la patologia presenta una progressione estremamente rapida ed è necessario praticare esami topografici e pachimetrici ad intervalli regolari di un mese. Un serrato monitoraggio permette di identificare immediatamente i segni di progressione: modifiche della mappa topografica, riduzione dell’acuità visiva e intolleranza alle LAC. Alla loro comparsa andrebbe proposto il trattamento purché lo spessore corneale non sia inferiore ai 400 μm. I risultati appaiono incoraggianti: la progressione è stata arrestata in tutti i casi; si è ottenuta una riduzione dell’ectasia ed una notevole regolarizzazione della superficie corneale di non comune riscontro negli adulti. Le fibre collagene delle cornee giovani sono così elastiche da rispondere molto bene allo stimolo dei raggi UV. Si è riscontrato anche un significativo guadagno in linee di acuità visiva che sembra stabile nel tempo. Benché il follow-up non sia ancora molto lungo, nel corso di 2 anni non sono stati notati cambiamenti e ciò è molto promettente considerando la rapida evoluzione della malattia in età pediatrica (Caporossi et al., 2010). Nuove frontiere: la terapia genica La pubblicazione della mappa del genoma umano ha indicato un nuovo corso della medicina. Una copia non ancora definitiva fu rilasciata nel 2000, il codice quasi completo nel 2003. Sebbene le potenzialità dei test e della ricerca genetica siano state ampiamente rese note, successi nell’applicazione di questa tecnologia al fine di migliorare la diagnosi e sviluppare nuovi trattamenti, come la terapia genica, sono ancora lontani. Le proprietà naturali dell’occhio, unitamente al fatto che esistono numerose malattie oculari ereditarie, lo rendono un terreno fertile per l’applicazione dei principi della terapia genica. L’anatomia e l’architettura di questo organo, insieme al fatto che è totalmente isolato dal resto del corpo per quanto concerne la risposta immunologica, lo pongono in una posizione privilegiata ed unica per la terapia genica: è piccolo, in modo che consenta l’uso di piccoli volumi di vettori, costosi da produrre; è altamente compartimentalizzato, il che significa poter raggiungere parti specifiche con le tecniche chirurgiche mininvasive; le cellule sono relativamente stabili, tanto che infettandole con il vettore virale potrebbero esprimere il gene terapeutico per la vita dell’individuo a seguito di una singola somministrazione di vettore. Inoltre, quando iniettati all’interno dell’occhio i vettori si diffondono poco ai tessuti extraoculari e Attualità in oftalmologia pediatrica. Una revisione della letteratura 2007- 2010 la trasparenza dei mezzi diottrici migliora la possibilità di monitoraggio sia degli effetti terapeutici che della reazione locale. Prima della pubblicazione degli studi sull’uso di un vettore adenoassociato che contiene sequenze codificanti per il gene umano RPE65 in pazienti con amaurosi congenita di Leber (LCA), il trasferimento genico, considerata un’opportunità terapeutica di straordinaria importanza in tale patologia, era stato tentato solo due volte nell’oftalmologia umana. I trial terapeutici sulla terapia genica nell’LCA, condotti anche in Italia, riportano le scoperte iniziali fatte su diciotto pazienti coinvolti in studi separati di fase I di sicurezza e dosaggio (Bainbridge et al., 2008; Hauswirth et al., 2008; Maguire et al., 2008; Maguire et al., 2009). L’LCA è stata scelta in modo specifico come target della ricerca poiché, sebbene caratterizzata da una grave ipovisione fin dai primi anni di vita, in questa forma la retina non va incontro a degenerazione fino alla terza decade di vita: i pazienti tra i 13 e i 19 anni hanno una struttura retinica relativamente conservata, cosicché un intervento precoce offre l’opportunità di un miglioramento della funzione visiva. Lo scopo è di ripristinare la funzionalità della ben nota catena molecolare di eventi che conduce all’espressione fenotipica dell’LCA. Mutazioni del gene RPE65 infatti portano ad un blocco del ciclo visivo cioè del pathway biochimico che aiuta a rigenerare il pigmento visivo dopo l’esposizione alla luce. Il malfunzionamento di questo processo ha come esito una severa ipovisione e, con il tempo, la degenerazione dei bastoncelli. I coni, pur possedendo un pathway alternativo di rigenerazione dei cromofori vanno anch’essi incontro a degenerazione e ciò determina una grave compromissione della funzione visiva. L’intervento è stato eseguito con l’iniezione nello spazio sottoretinico di un vettore virale adeno-associato contenente una copia corretta del gene RPE 65 che causa la malattia. Il gene si è inserito stabilmente nella retina ed ha prodotto la proteina mancante negli individui malati. Sebbene non specificatamente disegnati per determinare la funzione visiva, ogni studio ha rivelato una qualche attività biologica negli occhi trattati: sono migliorate la risposta della retina alla luce, la capacità di eseguire alcuni test di mobilità e la percezione del campo visivo. Di profondo significato è che nessuno dei tre trial abbia riportato la comparsa di seri effetti avversi o di complicazioni sistemiche. I tre studi si pongono le medesime domande in gruppi di pazienti simili utilizzando vettori simili, ma con qualche lieve differenza in termini di sequenza del promotore e di approccio chirurgico. Le informazioni ricavate da questi trial saranno per molti aspetti complementari. Lo studio LCA dimostra che la terapia genica mediata da virus adeno-associati permette il recupero parziale del visus in una particolare condizione prima considerata intrattabile e nonostante sia uno studio di fase I ci auguriamo che questo possa anche essere un trampolino di lancio per la comprensione dei meccanismi di cura di tante altre patologie retiniche ereditarie. Box di orientamento • Le uveiti anteriori croniche in corso di artrite idiopatica giovanile vanno trattate con terapie combinate per via topica e sistemica allo scopo di ridurre nello stesso tempo sia i sintomi oculari che quelli artritici. Il metotrexate ha dimostrato risultati molto promettenti per la terapia a lungo termine dell’uveite anteriore cronica e per la gestione delle complicanze oculari. Tra gli agenti anti-TNFα è stato dimostrato che l’adalimumab è in grado di risolvere sia la sintomatologia artritica che quella oculare uveitica. • L’incidenza delle rinocongiuntiviti di natura allergica risulta aumentata negli ultimi 20 anni. L’oftalmologo dispone di una vasta gamma di farmaci topici rispetto alla gravità dei sintomi. Per le congiuntiviti allergiche refrattarie alle terapie convenzionali la ciclosporina A è risultata essere molto efficace. • Studi recenti dimostrano che il Cross-Linking Corneale può essere proposto come terapia per il cheratocono in età pediatrica, essendo una tecnica molto efficace per bloccarne l’evoluzione. • Un modello di terapia genica: le caratteristiche anatomiche dell’occhio, unitamente al fatto che esistono numerose malattie oculari a componente genetica, rendono tale organo terreno fertile per l’applicazione dei principi di terapia genica. Passi molto promettenti sono stati compiuti attraverso l’uso di un vettore adenovirale in pazienti con amaurosi congenita di Leber (LCA). Per LCA si intende un gruppo di distrofie retiniche ereditarie caratterizzate da una grave compromissione della funzione visiva alla nascita o nella prima decade di vita. Si trasmette secondo un modello autosomico recessivo, anche se sono stati descritti casi con trasmissione autosomica dominante. L’LCA rappresenta il 10-18% dei casi di cecità congenita. Fino ad oggi sono state descritte numerose mutazioni a carico di diversi geni che fenotipicamente determinano l’LCA. Gli studi di terapia genica si sono concentrati su modelli ove era presente la mutazione del gene RPE65, questa forma rappresenta il 10% dei casi di amaurosi congenita di Leber. L’aspetto clinico è molto simile alle forme di retinite pigmentosa ad insorgenza precoce: grave compromissione della funzione visiva, nistagmo, quadro oftalmoscopico eterogeneo: da una apparente normalità a quadri più caratteristici come distrofia “sale e pepe”, alterazione dell’epitelio pigmentato retinico o accumuli pigmentari retinici, pallore della papilla ottica. L’elettroretinogramma risulta fortemente ridotto o estinto. Bibliografia Ahn JK, Jeong IY. Ultrasound biomicroscopy in anterior uveitis. Ophthalmology 2008;115:1851-3. Angeles-Han ST, Griffin KW, Lehman TJ, et al. 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