Risonanza magnetica mammaria:
anatomia e tecnica di studio
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• La Risonanza Magnetica mammaria (mammo-RM
– MRM) costituisce un’indagine ad elevata
sensibilità e discreta specificità, fornendo
informazioni di tipo morfologico e funzionale sul
tessuto mammario normale e patologico.
• La MRM viene anche indicata con il termine
“MRM dinamica” perché lo studio della ghiandola
mammaria in RM richiede la somministrazione
e.v. di mdc al fine di individuare le lesioni
occupanti spazio che si impregnano di mdc.
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• Lo scopo dello studio contrastografico dinamico è
quello di valutare la dinamica di potenziamento
del segnale (contrast-enhancement) delle lesioni
occupanti spazio rispetto ai tessuti normali.
• Le lesioni maligne della mammella, infatti,
mostrano rispetto alle alterazioni benigne e
soprattutto al tessuto fibroghiandolare normale,
un’impregnazione di mdc rapida e intensa.
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MRM: a chi si fa?
• Donne con diagnosi istologica
o citologica di neoplasia
mammaria al fine di definire
l’estensione della malattia
• Donne affette da neoplasia
mammaria candidate a
chemioterapia neo-adiuvante
• Donne a rischio genetico
• Donne portatrici di protesi
mammarie al fine di valutare
un’eventuale rottura del
dispositivo
• Donne con sospetto di recidiva
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MRM: quando si fa?
• Nella donna in età fertile lo studio MRM dinamico
deve essere eseguito tra il 7° e il 14° giorno del
ciclo mestruale.
•
• Questo accorgimento consente di ridurre al
minimo l’influenza della secrezione ormonale
endogena che, agendo sull’enhancement della
ghiandola mammaria, può determinare
modificazioni che riducono sensibilmente
l’accuratezza diagnostica della MRM.
• Nelle donne in età fertile che assumono contraccettivi
orali è raccomandabile eseguire l’esame dal 7° al 14°
giorno del ciclo di somministrazione.
• Nelle donne in menopausa che assumono terapia
ormonale sostitutiva è preferibile la sospensione della
terapia il mese prima dell’esecuzione dell’esame.
• Nelle donne operate l’intervallo ottimale tra intervento
ed RM deve essere uguale o superiore a 6 mesi.
• Nelle donne sottoposte a RT l’intervallo ottimale tra
trattamento radiante ed RM deve essere uguale o
superiore a 12 mesi.
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• Lo scopo di questa presentazione è quello di
illustrare i requisiti tecnici che caratterizzano
un protocollo diagnostico standard per lo
studio MRM.
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PARTE 1: protocollo MRM
per lo studio del
parenchima ghiandolare
PARTE 2: protocollo MRM
per lo studio delle protesi
mammarie
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Mammella: anatomia
Muscolo grande pettorale
Muscolo piccolo pettorale
Lobuli di grasso
Lobo ghiandolare
Dotto galattoforo
Mammella: anatomia RM
Muscolo grande pettorale
Muscolo piccolo pettorale
Lobuli di grasso
Lobo ghiandolare
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PARTE 1: protocollo MRM
per lo studio del
parenchima ghiandolare
Studio MRM del parenchima ghiandolare:
requisiti tecnici
• Elevata intensità del
campo magnetico
• Bobine di superficie
dedicate per lo studio
bilaterale
• Posizione prona
• Lieve compressione
• Sequenze T2 pesate
• Sequenze T1 pesate
tridimensionali gradientecho pre e post-contrasto
• Selezione della codifica di
fase
• Adeguata risoluzione
spaziale; spessore di
strato sottile (< o = 4 mm
per sezione)
• Dimensioni del pixel <1
mm
• Adeguata risoluzione
temporale (<2,5 minuti
per sequenza)
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Intensità del campo magnetico
• La MRM deve essere acquisita con
apparecchiature con campo magnetico statico
di almeno 1 T e gradienti performanti di
almeno 20-25 mT per ottenere le
caratteristiche di risoluzione spaziale,
temporale e di contrasto desiderabili.
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• C’è una relazione lineare tra l’intensità del campo
magnetico (B0) e il rapporto segnale rumore (SNR).
All’aumentare di B0 aumenta il SNR e si possono ottenere
immagini con una più elevata risoluzione spaziale in un
intervallo di acquisizione relativamente breve se si
utilizzano le idonee sequenze d’impulso.
• Il campo magnetico deve essere omogeneo. Con
un’intensità di campo da bassa a intermedia (cioè <1 T) la
mancanza di omogeneità impedisce la soppressione del
tessuto adiposo e quindi può compromettere la qualità
d’immagine.
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Bobine di superficie dedicate
Attualmente l’utilizzo di bobine di superficie dedicate per lo studio
bilaterale della mammella è un requisito assoluto per lo
svolgimento dell’indagine; le bobine multicanale phased array (4
canali, desiderabili 8 canali) permettono di ottenere adeguato
rapporto segnale/rumore (SNR), consentendo l’utilizzo di tecniche
di imaging parallelo.
In questo modo si riduce il tempo di acquisizione ma viene
mantenutà un’elevata risoluzione spaziale.
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Posizione della paziente
La paziente assume posizione prona con
le mammella collocate all’interno delle
bobine.
Assicurare una posizione comoda alla
paziente in modo che possa mantenersi
immobile per 15-20 minuti (tempo di
durata dell’esame) costituisce un requisito
fondamentale per la buona qualità delle
immagini.
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Compressione della mammella
Lieve compressione in senso lateromediale.
Si riduce la quantità di tessuto
da studiare in quella direzione di
scansione e quindi diminuisce il
tempo di acquisizione
Si riducono i movimenti della
paziente, con beneficio per le
tecniche di sottrazione
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Selezione del campo di vista
(FOV – field of view)
Una sequenza di localizzazione (localizer) T1 pesata permette la valutazione
preliminare dei confini della regione mammaria e l’opportuno posizionamento del
campo di vista (FOV) nei vari piani visualizzati.
NB → nelle acquisizioni assiali e sagittali è utile contenere nel FOV entrambi i
cavi ascellari, in modo da individuare eventuali linfoadenomegalie patologiche
Selezione del FOV per una sequenza assiale
Localizer
assiale
Localizer
sagittale
FOV
Localizer
coronale
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Banda saturaz
Selezione del FOV per una sequenza sagittale
Localizer
coronale
NB:
• il pacchetto va orientato
seguendo l’orientamento del
capezzolo
• È importante cercare di
comprendere nel FOV anche i
cavi ascellari
FOV
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Banda saturaz
Sequenze T2 pesate
La prima sequenza di impulsi ad essere eseguita è comunemente una
Turbo Spin Echo (TSE) T2 pesata con o senza soppressione del grasso
nel piano assiale.
In alternativa si può utilizzare una sequenza T2 pesata Fast Spin Echo
(FSE) oppure una sequenza IR (STIR* o TIRM**).
PERCHE’ abbattere il segnale del tessuto adiposo?
Le sequenze TSE con soppressione del segnale del grasso e le sequenze IR,
riducendo il segnale del tessuto adiposo, rendono più evidenti:
- Le piccole formazioni iperintense nel grasso perighiandolare (es. cisti, linfonodi
intramammari)
- le alterazioni edematose intraghiandolari o sottocutanee che accompagnano le
mastiti, le reazioni infiammatorie post-operatorie e post-radioterapia
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* short time inversion
recovery
* *turbo inversion recovery
magnitude
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T2 TIRM sul
piano assiale
•Le sequenze T2 pesate vengono acquisite prima della
somministrazione del mdc.
•In queste sequenze l’edema e le strutture che contengono
acqua presentano un elevato segnale. Ad esempio, spesso
si riconoscono cisti anche di pochi millimetri.
•Nelle sequenze T2 pesate i carcinomi hanno un’intensità di
segnale simile a quella del parenchima ghiandolare
normale.
Lesione occupante spazio
capezzolo
T2 TIRM sul
piano assiale
Piano
cutaneo
Tessuto
adiposo:
Appare
ipointenso
perché si tratta
di una
sequenza IR
Tralci
fibrosi
ipointensi
Sterno: il
segnale è
determinato
dal midollo
osseo
Muscoli della
parete toracica
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T2 TIRM sul
piano assiale
Parenchima
ghiandolare
Lesione occupante spazio
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Codifica di fase (1)
• I movimenti cardiaco e respiratorio possono
generare degli artefatti che si propagano
attraverso la mammella nella direzione della
codifica di fase.
• Per ridurre al minimo questi artefatti bisogna
evitare la codifica antero-posteriore.
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Immagine assiale T1 pesata post-contrasto acquisita con codifica di fase
antero-posteriore. Notare gli artefatti da movimento cardiaco che si
propagano attraverso la mammella in direzione verticale.
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Codifica di fase (2)
Per l’imaging sagittale e coronale la
direzione della codifica di fase deve
essere cranio-caudale
 Per l’imaging assiale la direzione della
codifica di fase deve essere sinistra-destra

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Immagine assiale T1 pesata acquisita in un’altra paziente con codifica di
fase sinistra-destra. Notare la migliore qualità dell’immagine delle mammelle
rispetto al caso precedente.
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Spessore di strato
Lo spessore di strato è il fattore che determina le più piccole dimensioni di
una lesione identificabili dalla MRM.
Per esempio, per evidenziare una lesione di 3 mm, bisogna acquisire le
immagini con uno spessore di strato di 3 mm o meno.
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1 mm
3 mm
2 mm
4 mm
All’aumentare dello spessore di strato aumenta il rapporto segnale rumore ,
ma aumenta anche l’artefatto di volume parziale (margini sfumati)
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Dimensioni del pixel
Più piccolo è il pixel, maggiore è la definizione dei margini,
della forma e delle caratteristiche interne di una lesione.
In risonanza magnetica mammaria le dimensioni del pixel
devono essere inferiori al millimetro per ottenere una
risoluzione spaziale adeguata.
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FOV
Voxel
Pixel
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Risoluzione spaziale
S/N più alto
S/N più basso
Esame più
breve
Esame più
lungo
Risoluzione
peggiore
Risoluzione
migliore
FOV/ordine matrice= area del pixel
S/N signal/noise
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Sequenze T1 pesate
• Dopo la sequenza T2, viene eseguito lo studio
dinamico, costituito da una sequenza pre-contrasto T1
pesata seguita da un numero definito (minimo 5) di
sequenze post-contrasto, con i medesimi parametri
tecnici della sequenza iniziale.
• Con l’utilizzo di sequenze GE, soprattutto se spoiled
(eliminazione dell’influenza T2 nella generazione del
segnale) e con acquisizione volumetrica (TR più brevi e
FA più piccoli) si producono immagini fortemente
pesate in T1 che permettono elevata sensibilità nel
rilevare le aree in cui si distribuisce il mezzo di
contrasto paramagnetico.
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• Per lo studio contrastografico dinamico della
mammella si utilizzano sequenze veloci del
tipo GE, con denominazioni variabili a seconda
dei tipi di apparecchiatura utilizzati (Fast low
angle shot-FLASH; Fast field echo – FFE; ecc).
• Con la tecnica spoiled (per esempio spoiled –
FLASH) si annulla l’apporto del tempo di
rilassamento T2 nella generazione del segnale
e si ottiene una pesatura T1 pura.
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• L’acquisizione dei dati del volume in esame
può avvenire con modalità 2D o 3D
• Le sequenze 3D rispetto alle 2D sono
caratterizzate da TR più brevi e FA meno ampi.
Ciò consente di ottenere una maggiore
risoluzione spaziale e dei voxel pressochè
isotropici (ricostruzioni multiplanari).
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Inizio
somministrazione
mdc
tempo
Intervallo di
20 sec o
meno prima
di iniziare le
acquisizioni
post
contrasto
Sequenza T1 pre-contrasto
I Sequenza T1 post-contrasto
II Sequenza T1 post-contrasto
III Sequenza T1 post-contrasto
IV Sequenza T1 post-contrasto
V Sequenza T1 post-contrasto
NB: ciascuna sequenza dura
circa 80 sec
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• Tra la sequenza pre-contrasto e la prima postcontrasto viene iniettata endovena, previa
preparazione di un accesso venoso periferico, una
quantità definita di chelato di gadolinio (0,1
mmol/Kg ad una concentrazione di o,5 mM)
seguita da un flush di 20 ml di soluzione
fisiologica.
• Flusso di iniezione di circa 2-3 ml/sec
• Prima di iniziare lo studio post-contrasto
generalmente si attende circa 20 secondi
dall’inizio della somministrazione.
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Sequenze T1 pesate: risoluzione temporale
Le lesioni maligne della mammella tipicamente raggiungono il picco di
contrast enhancement tra i 90 e i 180 secondi dopo l’iniezione del mdc.
Di conseguenza è necessaria una risoluzione temporale < 2 minuti per
valutare la cinetica dell’enhancement delle lesioni maligne.
Le linee guida raccomandano che dopo la somministrazione del mdc
vengano acquisite almeno 5 sequenze ciscuna della durata di 1-2 minuti.
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T1 FLASH 3d
sul piano assiale
pre-contrasto
Lesione occupante
spazio
Tessuto adiposo:
Iperintenso nelle sequenze T1W
Tralci
fibrosi
ipointensi
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I
I
II
T1 FLASH 3d
sul piano assiale
post-contrasto
II
III
IV
Lo studio dinamico è costituito
da una sequenza pre-contrasto
seguita da un numero definito
(minimo 5) di sequenza postcontrasto con i medesimi
parametri tecnici della sequenza
iniziale.
V
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Tecniche di post-processing
•
•
•
•
Sottrazione d’immagine
Maximum intensity projection (MIP)
Multi planar reconstruction (MPR)
Curve dinamiche intensità di segnale/tempo
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Sottrazione d’immagine
Lo scopo dello studio contrastografico dinamico della regione mammaria è
quello di individuare aree o lesioni occupanti spazio che si impregano di mdc e
valutarne la dinamica di potenziamento del segnale (contrast enhancement)
rispetto ai tessuti normali circostanti. L’elevato segnale del tessuto adiposo
deve essere eliminato per aumentare la cospicuità delle lesioni vascolarizzate e
seguirne il comportamento contrastografico nei frame dinamici successivi.
Questo si può ottenere utilizzando l’algoritmo di sottrazione d’immagine.
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IMMAGINI DI SOTTRAZIONE
I
I
I
II
I
I
V
In caso di studio dinamico ghiandolare ,da
ogni singola sequenza post contrasto si
sottrae la basale pre contrasto, in modo da
riuscire a valutare il comportamento del
mdc nel tempo.
La sottrazione d’immagine costituisce un
modo semplice per eliminare
dall’immagine il segnale delle componenti
tissutali che non si impregnano di mdc,
producendo contemporaneamente un
effetto di cancellazione del grasso.
V
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Si noti una voluminosa lesione tumorale nella
mammella destra, caratterizzata da precoce e
disomogeneo contrast-enhancement.
Ricostruzioni MIP
MIP: maximun intensity projeciton
È la somma delle immagini sottratte in un’unica immagine tridimensionale
Fornisce una rappresentazione dell’insieme di entrambe le mammelle e di
eventuali lesioni
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Curve dinamiche intensità di
segnale/tempo
I
Lesione
occupante
spazio
La valutazione cinetica dell’enhancement di una lesione si effettua misurando
l’intensità di segnale della lesione in una piccola area (ROI – region of interest) e
seguendo la sua evoluzione nelle serie dinamiche per ottenere la curva IS/T
(intensità di segnale/tempo).
Il posizionamento della ROI deve avvenire sul punto di maggiore impregnazione
di contrasto soggettivamente percepito dal radiologo nel primo frame dinamico
post-contrasto, impiegando l’accorgimento di campionare più volte l’area con
piccoli spostamenti della ROI.
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ROI
Si ottengono delle curve che esprimono la variazione dell’intensità del
segnale all’interno della ROI nel tempo. La ROI misura intorno a 5 PIXEL.
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Curva tipo 3
Curva tipo 2
Curva tipo 1
Le lesioni maligne della mammella
Le lesioni benigne generalmente
mostrano generalmente una curva di tipo 2
esibiscono una curva di tipo 1 (graduale
(wash-in seguito da plateau) o di tipo 3
aumento dell’intensità del segnale nel
(wash-in seguito da wash-out).
tempo).
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Schematic drawing of time-enhancement curve types. The type I curve
(dotted black line) indicates persistent enhancement throughout the
examination. The curve for type II (solid black line) shows peak
enhancement at 2–3 minutes after contrast agent injection, followed by a
plateau. The type III curve (gray line) shows peak enhancement followed
by washout with a steady decrease in signal intensity.
Protocollo CBM per lo studio del
parenchima ghiandolare
Per entrambe le mammelle
T2 TIRM assiale
DWI (sequenze in diffusione)
T1 FLASH 3d assiale pre-contrasto
Dopo contrasto:
5 acquisizioni T1 FLASH 3d ciascuna della durata di 1-2 minuti
Per ciascuna mammella
Dopo contrasto:
T1 FLASH 3d sagittale con soppressione del segnale del tessuto adiposo
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Imaging mammo-RM pesato in
diffusione
• DWI esamina il movimento casuale delle
molecole d’acqua all’interno dei tessuti
biologici, dovuto all’agitazione termica (moto
browniano).
• Il movimento dell’acqua è più vincolato nei
tessuti con elevata densità cellulare e con
presenza di membrane cellulari impermeabili
(per esempio, tessuti neoplastici). Si parla di
diffusione ristretta.
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• Stejskal e Tanner hanno sviluppato per primi un
esperimento MRM in grado di rilevare il fenomeno
della diffusione aggiungendo ad una sequenza T2
pesata spin echo due gradienti di uguale ampiezza ma
di verso opposto prima e dopo l’impulso di rifasamento
a 180°, denominati gradienti di diffusione.
• La sensibilità della sequenza DWI al movimento
dell’acqua può essere variata modulando ampiezza e
durata di ciascun gradiente, nonché l’intervallo tra i
due gradienti che, nelle apparecchiature RM
commerciali si traduce in un unico parametro chiamato
b-factor o b-value. All’aumentare del valore b aumenta
la pesatura delle immagini in diffusione.
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• I valori di b maggiormente utilizzati sono pari a 900 e
1000 s/mm2.
• Sviluppando una sequenza di impulsi MRM sensibile al
fenomeno diffusione (cioè “a pesatura in diffusione”),
si possono ottenere immagini in cui i tessuti con alta
diffusività dell’acqua (per esempio cisti o neoplasie
solide benigne) presentano significativo abbattimento
del segnale dovuto alla diffusione (ipointensità),
mentre quelli con diffusività ristretta (es. tumori solidi
maligni) manifestano nessuna o solo una minima
riduzione dell’intensità del segnale (iperintensità).
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50
400
Voluminosa lesione di tipo maligno
nella mammella destra: si noti
l’iperintensità di segnale della
lesione che aumenta all’aumentare
del b-value. L’iperintensità del
segnale è indice di ridotta
diffusione e quindi di elevata
cellularità. Le neoplasie maligne
sono infatti caratterizzate da
elevata cellularità.
800
All’aumentare del valore di b
aumenta la pesatura in diffusione
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artefatti
Artefatto da suscettibilità
magnetica determinato da clips
metalliche di un pregresso
intervento chirurgico
Artefatto da movimento della Pz
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T1 FLASH 3d
sul
piano assiale
NB: le sequenze GRE sono molto sensibili agli artefatti da
suscettibilità magnetica (frecce rosa).
Artefatto da movimento
fisiologico
Axial T2-weighted fat-saturated fast SE image. Pulsation artifacts caused by
a blood vessel (arrow). This ghosting artifact causes degradation of portions
of the images.
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Artefatto da aliasing in una pz
con pregressa mastectomia
Axial T2-weighted fat-saturated fast SE image. L’ascella è completamente oscurata
dalla presenza dell’immagine del braccio. L’artefatto da aliasing si verifica quando al
di fuori del FOV c’è tessuto che viene anch’esso eccitato.
Sono artefatti dovuti da segnale proveniente da strutture anatomiche esterne al
FOV, che si proiettano dalla parte opposta.
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Artefatto causato dalle
dimensioni della mammella
Sequenza sagittale T2 FSE con saturazione del segnale del grasso. Si
notino alcune aree periferiche ad elevata intensità di segnale dovute al
contatto tra la cute della mammella e la bobina.
Disomogenea soppressione del
tessuto adiposo
Sequenza assiale T2 FSE con saturazione del segnale del grasso. La
soppressione del segnale del grasso non è omogenea, quindi il tessuto
adiposo della mammella destra non è soppresso. Questo artefatto può
impedire la visualizzazione di eventuali lesioni occupanti spazio.
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PARTE 2: protocollo MRM
per lo studio delle protesi
mammarie
Studio MRM delle protesi mammarie:
requisiti tecnici
• Intensità di campo di almeno 1 T
• Bobina di superficie dedicata, bilaterale, per
ottenere un adeguato segnale
• Alta risoluzione spaziale che consente di
identificare anche i più fini segni di rottura
• Uso di sequenze che consentono di differenziare
le diverse componenti di una mammella
sottoposta ad intervento plastico (silicone, acqua
e grasso)
• Acquisizione delle immagini secondo multipli
piani (assiali, coronali, sagittali)
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• Per studiare un dispositivo protesico mammario in
Risonanza Magnetica, è necessario che il segnale del
suo contenuto sia differenziabile dal segnale dei
tessuti circostanti.
• In considerazione dei differenti valori di T1 e di T2 tra
grasso e silicone, utilizzando opportune sequenze è
possibile esaltare il segnale del silicone rispetto al
segnale del grasso, mentre per differenziare il silicone
dall’acqua si utilizza la saturazione chimica eliminando
il segnale di
• quest’ultima,dato che acqua e silicone hanno differenti
frequenze di precessione.
acqua
grasso
silicone
1900 ms
250 ms
1000 ms
250 ms
40 ms
100 ms
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Studio MRM delle protesi mammarie:
Tipi differenti
di impianto
• A singolo
lume contenente
gel di mammario
silicone
• A doppio lume standard: gel di silicone nel lume
interno e soluzione salina in quello esterno
• A doppio lume inverso (tipo Becker): soluzione
salina nel lume interno e gel di silicone in quello
esterno
• A doppio lume gel-gel (tipo Mc-Ghan): composto
da gel di silicone nei due lumi
• A triplo lume: gel di silicone nei lumi interno e
medio e soluzione salina in quello esterno
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Esistono due opzioni di posizionamento dell’impianto protesico
mammario:
il riferimento è il muscolo grande pettorale.
Studio MRM delle protesi mammarie:
sequenze d’impulso
Il silicone ha una frequenza di risonanza unica (più bassa di
circa 100 Hz rispetto a quella del grasso e di 320 Hz
rispetto a quella dell’acqua a 1,5 T). Inoltre, ha lunghi tempi
di rilassamento T1 e T2.
Le sequenze d’impulso devono consentire la valutazione selettiva delle diverse
componenti fluide dell’impianto protesico.
Le più utilizzate sono Fast Spin-Echo (FSE) T2 pesate ed Inversion Recovery (IR),che
sopprimono il segnale del grasso.
Le sequenze IR con soppressione del segnale dell’acqua consentono di valutare il
silicone, sopprimendo il segnale della componente salina e del tessuto adiposo
circostante.
Le sequenze IR con soppressione del segnale del silicone, invece, permettono lo
studio della componente salina; è così possibile separare i differenti costituenti
dell’impianto a doppio lume.
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grasso
silicone
acqua
220 Hz
100 Hz
Frequenza di risonanza del grasso, dell’acqua e del silicone ad 1,5 T
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Il silicone ha una frequenza di risonanza 100 Hz più bassa di quella del grasso e
320 Hz più bassa di quella dell’acqua. Le sequenze più utili per differenziare le
diverse componenti fluide della protesi sono le sequenze IR (inversion recovery),
che sopprimono il segnale del tessuto adiposo.
Usando le sequenze IR con una soppressione addizionale del segnale dell’acqua
è possibile ottenere immagini nelle quali il silicone appare marcatamente
iperintenso mentre il segnale del grasso e della componente salina risulta
abbattuto. (sequenze SICONE ONLY)
Al contrario, le sequenze IR con una soppressione addizionale del segnale del
silicone consentono la visualizzazione selettiva della componente salina.
(sequenze WATER ONLY)
Queste sequenza consentono di:
 separare le diverse componenti di una protesi doppio-lume (silicone/soluzione
salina)
 valutare le irregolarità parietali delle protesi o le rotture complete con fuoriuscita
del silicone dalla capsula
Ricercare quote di versamento fluido sieroso in sede periprotesica
Protocollo CBM per lo studio delle protesi
mammarie
Su entrambe le mammelle
T2 TIRM assiale
T1 FLASH 3d assiale
T2 TIRM coronale con saturazione del segnale dell’acqua
Eventuale T2 TIRM coronale senza saturazione del segnale del silicone per
le protesi a doppio lume
Per singola mammella
T2 TIRM sagittale con saturazione del segnale dell’acqua
T2 TIRM sagittale con saturazione del segnale del silicone
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T2 TIRM sul
piano assiale
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Si noti:
• Il tessuto adiposo presenta segnale ipointenso
• Il silicone presenta segnale iperintenso
Normalmente intorno alla protesi si forma una capsula fibrosa. Tale
capsula si evidenzia come linea ipointensa in tutte le sequenze e spesso
non è distinguibile dalla parete protesica esterna. La linea ipointensa che
circonda l’impianto è quindi dovuta al complesso capsula fibrosa-parete
esterna della protesi. (freccia rossa)
Le frecce gialle indicano le ripiegature della capsula fibrosa, che sono un
reperto comune.
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matrice
Spessore di
strato
Dimensioni del
FOV
T2 TIRM sagittale con saturazione del segnale del silicone (seq WATER ONLY)
Il segnale del silicone viene abbattuto; in questo modo si
visualizza meglio un’eventuale quota fluida periprotesica.
Il silicone appare marcatamente
iperintenso ed è possibile così
evidenziare eventuali fuoriuscite
extracaspulari dello stesso, indicative
di rottura.
T2 TIRM sagittale con saturazione del segnale dell’acqua (seq SILICONE ONLY)
Tipi di rottura protesica
• Intracapsulare: la più comune, definita come
la rottura della parete protesica, con
fuoriuscita di silicone che non esce dalla
capsula fibrosa.
• Extracapsulare: meno frequente, definita
come la rottura sia della parete dell’impianto
protesico che della capsula fibrosa, con
fuoriuscita di silicone nel tessuto mammario
circostante.
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……un esempio di rottura
T2 TIRM sagittale con saturazione del segnale dell’acqua
(seq SILICONE ONLY)
Il silicone appare marcatamente iperintenso; questa
sequenza evidenzia la presenza di silicone al di fuori della
capsula protesica (frecce).
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T2 TIRM coronale con saturazione del segnale dell’acqua
dx
Il silicone appare marcatamente
iperintenso; si noti la presenza di
silicone al di fuori della capsula
protesica (frecce).
T2 TIRM sagittale con saturazione del segnale dell’acqua
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Un esempio di protesi doppio lume
Camera esterna
conenente silicone
Camera interna
contenente soluzione
salina
T2 TIRM
sagittale con
saturazione del
segnale
dell’acqua
T2 TIRM sul
piano assiale
Si noti la commistione di
soluzione salina e silicone, che è
un segno di rottura
T2 TIRM
sagittale con
saturazione del
segnale del
silicone
Si noti:
Il tessuto adiposo presenta
segnale iperintenso
 Il silicone presenta segnale
ipointenso
 Il parenchima ghiandolare
presenta segnale ipointenso
 Intorno alla protesi è
presente una componente
ad elevata intensità del
segnale (frecce): la paziente
aveva un ematoma
periprotesico

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T1 FLASH 3d
sul
piano assiale
CONCLUSIONI
• La mammo-RM non sostituisce la
mammografia. Essa è utile in casi selezionati e
va effettuata sempre dopo un esame clinico
ed una valutazione ecografica e
mammografica.
• I requisiti fondamentali per la RM mammaria
sono: elevata intensità di campo magnetico
(1,5 T); elevata risoluzione; spessore di strato
sottile; somministrazione di gadolinio.
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