Cucina: ritorno al passato!
Gli italiani dedicano più tempo a preparare i pasti. La
conferma da Coldiretti sulla base di elaborazioni sulla
ricerca Ispos a marzo 2017. Che sia la volta buona?
Storica inversione di tendenza degli italiani in cucina.
Secondo Coldiretti è aumentato del 20 per cento rispetto allo
scorso anno, il tempo dedicato a preparare i pasti.
Notizia interessante perché vuol dire che gli italiani
prestano sempre più attenzione alla qualità dell’alimentazione
e al suo impatto sulla salute. Era ora!
Sono i giovani e in particolare uomini che scelgono di stare
ai fornelli per svago, un modo per esprimere se stessi. Lo
“show cooking” casalingo per gli amici si afferma, secondo
Coldiretti, come appuntamento nei fine settimana e nei momenti
di festa.
Cosa si cucina di più? Tra i primi la pasta a base di pesce
(39 per cento), quella al forno (18 per cento) o a base di
carne (17 per cento) e anche tra i secondi il pesce (48 per
cento) è preferito alla carne (43 per cento), mentre per il
dolce stravince il tiramisù.
Tempi duri per i ristoranti? Per niente! L’ansia di apprendere
nuove ricette fa anche crescere la voglia di mangiare fuori
casa con il 40 per cento degli italiani che pranza o cena
fuori almeno una volta a settimana contro il 30 per cento del
2015.
Inoltre, gli italiani sono sempre più attenti alla selezione
delle materie prime, alla loro provenienza, fino ad essere
disposti a pagare in media l’11,5 per cento in più per
garantirsi un prodotto Made in Italy. Più di 4 italiani su 10
nel 2016, sempre secondo Coldiretti, hanno fatto la spesa nei
cosiddetti mercati degli agricoltori con un aumento record del
55 per cento negli ultimi 5 anni.
E per finire, una chicca: in netto aumento l’acquisto dei
prodotti alimentari sul web. Il 73 per cento degli italiani
ritiene che nel 2017 l’acquisto alimentare online potrebbe far
concorrenza ai negozi premium. Che sia la volta buona?
Piero Rotolo
[email protected]
Pmp, conclusa la 5° edizione
Un grande successo di pubblico, di aziende partecipanti e di
giornalisti presenti. Per un giorno Castellammare del Golfo è
stata la Capitale Euromediterranea del Packaging.
Con la premiazione dei vincitori, si è conclusa la 5° edizione
del Premio Mediterraneo Packaging. Lo scenario naturale
dell’evento è stata la villa comunale Regina Margherita della
cittadina del Golfo, che ha incoronato i produttori di olio e
di vino e il “Divulgatore del vino” un premio istituito dalla
nostra redazione per i giornalisti che con passione si
occupano di vino.
Assegnate due super etichette oro denominate Golden Pack oltre
alle 16 aziende premiate con il triscele in plexiglass
disegnato dalla graphic art Giulia Remondini. Quasi tutti i
produttori vincitori erano presenti alla premiazione. Sono
arrivati nuovi sponsor in primis il Consorzio Tutela
Valcalepio che ha già confermato la sua sponsorizzazione per
il prossimo anno, Astoria Vini e Auroflex etichette adesive
che hanno sponsorizzato i premi Divulgatore dell’anno.
Più di 120 aziende hanno partecipato al Premio Packaging,
oltre 30 testate giornalistiche interessate all’evento, un
educational rivolto alla stampa sul territorio per il fine
settimana, grazie al sostegno dell’Associazione albergatori di
Castellammare del Golfo e ad alcuni ristoratori del territorio
che hanno deliziato gli ospiti con i piatti della tradizione
culinaria siciliana.
Adesso si comincia a pensare alla 6° edizione confermando la
collaborazione con gli Istituti scolastici, che sono la vera
essenza di questo premio e progettando le novità per il 2018.
Arrivederci alla prossima edizione!
Piero Rotolo
Manzi gonfiati e polli cotti
Cina e Usa hanno siglato un accordo commerciale che prevede
l’arrivo di manzo americano nella Repubblica Popolare cinese,
il conseguente permesso di importare polli cinesi, ma solo se
cotti nell’ America del confuso New Deal dell’ossigenato
presidente.
Nulla comunque a che vedere con
il piano di Franklin Delano
Roosevelt
che
risollevò
l’economia americana dopo la
spaventosa crisi del 1929.
Un primo successo per il palazzinaro di New York che finora
non ne ha azzeccate molte e ha grande necessità di
accontentare chi lo ha eletto.
Ha trovato così un epilogo la scabrosa questione della carne
prodotta dagli allevatori americani, che l’Europa da anni ha
rifiutato di importare, scatenando le ire e le minacciate
ritorsioni verso i prestigiosi prodotti non solo alimentari
del vecchio continente.
I consumatori europei hanno già tanti problemi di scelte
alimentari derivati da referenze di dubbia provenienza e
spesso difficili da tracciate.
In Italia e in Europa abbiamo già i nostri guai senza dover
subire l’invasione di carni prodotte con metodi messi al bando
dalle nazioni della UE.
Questo perlomeno a livello ufficiale, anche se emergono spesso
in Europa, situazioni che evidenziano produzioni oltre il
limite della sicurezza igienica e salutare per chi acquista.
Significativa la richiesta italiana indirizzata alla
Commissione UE di indicare in etichetta la provenienza e
l’indicazione in etichetta della materia prima di pasta e
riso.
Per il riso deve essere indicato in etichetta il luogo di
produzione, le modalità di coltivazione, confezionamento e per
la pasta secca il luogo di coltivazione del grano e l’origine
della semola.
E’ una strada da perseguire per tutte le eccellenze italiane
che devono difendersi ed essere difese dai pirati e dai
contraffattori alimentari, nonché da prodotti provenienti da
nazioni quali gli Usa e la Cina che non vanno tanto per il
sottile, per quanto riguarda i metodi di produzione e i
componenti impiegati, per non parlare a volte delle
confezioni.
Umberto Faedi
L’importanza di partecipare a
un grande concorso
Il Concorso Mondiale di Bruxelles ha chiuso la 24ma edizione
in Spagna, annunciando che la prossima edizione si svolgerà in
Cina a Pechino.
A Valladolid si sono degustati in tre giornate oltre novemila
campioni provenienti da tutte le parti del mondo, giudicate da
commissioni miste, con giudici di più Paesi, solitamente
composte da cinque o sei giudici. Una perfetta organizzazione
che assegna medaglie e che cambia la vita in meglio di certi
produttori.
La vera forza di questo concorso è la grande esperienza e
professionalità degli organizzatori, con 24 edizioni alle
spalle, non ci sono altri concorsi che abbiano maturato la
stessa esperienza.
Ottenere una medaglia a questo concorso significa che il vino
piace ed incontra il gusto internazionale, ma poi lo si deve
comunicare e qui ogni produttore deve fare la sua parte per
far si che il nome della sua azienda giri.
Il produttore che ha ottenuto la medaglia deve investire su di
essa, partecipare a eventi, comunicare tramite i social, e
magari affidarsi anche a qualche azienda di marketing e deve
sicuramente aderire alle iniziative che il Concorso Mondiale
di Bruxelles crea nell’arco dell’anno per far conoscere i vini
premiati.
Avere una medaglia o una stella e non farla vedere è come non
averla, ma non averla significa che si deve ancora lavorare
sulla qualità, che è la precondizione per poter vendere il
vino nel mondo.
Attualmente i concorsi sono gli unici garanti di assaggi
reali, fatti da specialisti, ed è importante far conoscere al
grande pubblico sia la medaglia sia il concorso che ha
premiato il vino.
Il Concorso Mondiale di Bruxelles vale talmente tanto che fa
gola alla Cina e non si è fatta scappare l’occasione di
portarselo nella sua capitale Pechino e proprio nel cuore del
distretto più tecnologico e avanzato Haidan dove ci sono tutte
le università e le startup emergenti.
Partecipare nel 2018 al Concorso Mondiale di Bruxelles non
sarà soltanto farsi vedere in Cina, ma significa entrare dalla
porta principale nel maggior mercato del mondo, con i consumi
continuamente in crescita e supportati da una reputazione e
grandissima organizzazione.
La
pubblicità
su
questa
testata è a pagamento
Sul nostro giornale i banner sono
polemiche deontologiche, scaturite
Report, della quale condividiamo
chiarire ai nostri lettori come il
rispettando le leggi che governano
tutti a pagamento; dopo le
dalla trasmissione di Rai 3
le tesi, ci sembra giusto
nostro giornale si mantiene
il sistema informativo.
Mentre per i blogger tutto è lecito, come incassare denaro per
pubblicità e publi-redazionali, noi abbiamo dei vincoli che
rispettiamo e di questo ne andiamo fieri, anche se siamo più
piccoli, ma con grande dignità. La pubblicità che si vede
sotto forma di banner sono a pagamento, come allo stesso modo
dei servizi publi-redazionali delle aziende, come i servizi
che forniamo ai nostri inserzionisti, che vanno dalla
consulenza marketing alla progettazione di campagne stampa e
pubblicitarie.
Le recensioni
dei vini, degli oli e altri prodotti, sono
gratuite, e quelle che vedete sono lì perché qualche nostro
giornalista ha avuto modo di visitare un’azienda, oppure
qualche azienda ci ha inviato dei campioni in assaggio e se ci
sono piaciuti li abbiamo pubblicati.
Riceviamo i comunicati dagli uffici stampa che leggiamo sempre
e se troviamo una notizia interessante, a nostro insindacabile
giudizio, la pubblichiamo gratuitamente. Quando sentiamo odore
di marchetta chiediamo all’ufficio stampa di pagarci la
pubblicità, perché di fatto lo sono e ci sembra giusto che una
pubblicità più o meno occulta se la vogliono vedere pubblicata
sia a pagamento.
Noi
manteniamo
questo
giornale
libero
da
vincoli,
il
sostentamento arriva con pubblicità e organizzazione di
eventi, che ci danno la possibilità di pagare i giornalisti e
le spese di gestione, che non sono poche, avendo anche le
macchine hardware e software di proprietà.
I lettori che ci seguono sanno che di noi si possono fidare,
perché siamo online dal 2001 e i giornalisti che scrivono sul
nostro giornale sono sempre gli stessi da svariati anni, cito
il direttore Piero Rotolo che oltre ad altre collaborazioni è
con noi dal 2004; Piera Genta dal 2008, come Maura Sacher; nel
2010 è arrivato Umberto Faedi vice direttore, nel 2013 è con
noi anche Roberta Capanni, da sempre c’è Maddalena Venuso con
suo figlio Simone, ciò per noi è motivo di orgoglio avere
gente che in questa testata ha trovato la propria bandiera.
Purtroppo molte aziende rincorrono i like, e investono in
questo, va benissimo, ma noi siamo un bel team di persone e
facciamo altro!
Più showman che chef, e a
caro prezzo per noi
Molti chef sono diventati veri divi dello spettacolo, e pure
sponsorizzano, più o meno occultamente, marchi e prodotti.
Sembra che gli Italiani e le Italiane siano felici di
affidarsi alle reti televisive per imparare a cucinare, e
seguono con interesse, che a volte sembra velato da gusto
sadico, le gare di cucina che imperversano su tutti i canali.
Ed ecco la telegastronomia come il grande business.
Non sempre si arriva in tv perché si è famosi cuochi o
pasticcieri, ma piuttosto per diventare famosi, così fa titolo
nel curriculum e magari prima o poi si guadagnano delle
stellette, per cui il cerchio gira e si ritorna in tv sul
tappeto rosso. La trasmissione “Report” su Rai3 ha cominciato
ad indagare su questo mondo ed i servizi mandati in onda
ultimamente hanno squarciato il velo.
Lo chef che raggiunge una stella raddoppia il fatturato del
suo giro d’affari compare in vari salotti gastronomici, in
spot pubblicitari o in consulenze, apre ristoranti in giro per
il mondo, fa da richiamo come ospite d’eccellenza ad eventi
enogastronomici e persino a sagre. Ma quando sta nella cucina
dei suoi locali? Sicuro l’individuo non ha la dote
dell’ubiquità.
Tutto ciò suscita delle lamentele nel popolo dei frequentatori
della ristorazione che desiderano provare l’ebbrezza della
cucina “stellata”: il rapporto tra cliente e cibo si basa
sulla fiducia verso lo chef responsabile della cucina e a
molti piace che lui in persona venga al tavolo a illustrare i
piatti creati e serviti, ma che se ne fanno di un suo
sostituto? E, a questo punto, perché il “sotto chef” non può
meritarsi stellette, in fondo è sua la responsabilità
dell’intero sistema o no?
Ultima riflessione: perché in questi locali si debbono pagare
centinaia di euro vini esclusi per la cena, quando i piatti
soddisfano più l’occhio estetico che lo stomaco e l’appetito?
Non so dove l’ho sentito, ma è stato commentato: “chi va in
tali locali non va per sfamarsi”.
Ah certo, ci si va per snobismo, fa curriculum nel proprio
prestigio sociale.
E nel frattempo lo chef con cotante stellette si sta esibendo
altrove, tutto nel suo interesse.
Maura Sacher
Riso Amaro, ma i propositi
sono buoni
Non si ferma la pericolosa e tossica invasione di prodotti a
bassissimo costo che stanno inondando le nostre tavole e i
nostri punti vendita di alimentari.
L’ultima perla in ordine di tempo è costituita dal riso
importato soprattutto dall’India. I coltivatori italiani di
eccellenza che sono messi in difficoltà da questo prodotto di
bassa qualità e scarsa sicurezza alimentare sono molte
migliaia.
Moltissime le aziende agricole italiane che hanno visto
scendere del 66% l’offerta del prezzo di acquisto del loro
eccellente prodotto negli ultimi mesi.
Le grandi società che comprano il riso per commercializzarlo
con i propri marchi si fanno forza dei prezzi da fame che
pagano al prodotto che arriva dall’Asia.
E così sono a grande rischio imprese centenarie, posti di
lavoro e qualità autoctone uniche e non ultima la salute dei
consumatori. In tantissime nazioni fuori dall’Europa, ed in
particolare in Asia ed Africa, vengono tollerate pratiche di
coltivazione attuate con sostanze tossiche proibite da anni in
Italia. E non si capisce perché la UE abbia autorizzato
l’importazione dall’Africa di alimenti dei quali non sarebbe
possibile la commercializzazione se prodotti nella UE.
La motivazione addotta è di aiutare le economie di paesi
emergenti. Arriva quindi olio di bassa qualità e bassa
salubrità, frutta e verdura inquinata da pesticidi.
E da Cina, India e Vietnam vengono importati pesce e pomodori
da non comprare assolutamente. Perfino il peperoncino di
eccelsa qualità simbolo dell’Italia del Sud sta per essere
soppiantato da quello thailandese.
Il più attivo nel mandare prodotti di dubbia sanità con
fragole, arance e melograno, quello della bellissima poesia di
Giosuè Carducci è l’Egitto.
Il Vietnam fornisce pure prezzemolo e riso oltre al famoso e
famigerato ma assai economico pesce Pangasio, allevato in modo
industriale nelle acque inquinate del Mekong, l’India il
basilico, il Marocco olio e menta, la Tunisia olio e arance,
broccoli dalla Repubblica Popolare Cinese.
Dal Sud America arrivano cocomeri e meloni a prezzi talmente
stracciati che costringono i produttori italiani a lasciare
marcire le loro gustose cucurbitacee nei campi.
Il nostro farraginoso governo tramite il ministro
dell’Agricoltura promette di varare un provvedimento per
apporre l’indicazione di origine nelle etichette delle
confezioni di riso. Ma quanto ci vorrà?
E la UE avrà da ridire?
Nel frattempo quante aziende agricole saranno costrette a
chiudere i battenti?
La globalizzazione tanto auspicata da manipoli di politici con
la motivazione che permette a (quasi) tutti di poter usufruire
di tutti i prodotti tutto l’anno si sta rivelando un colossale
affare per i grandi gruppi transazionali, gli speculatori
senza scrupoli ed i contraffattori. La contraffazione costa
purtroppo all’Italia circa 60 miliardi di euro all’anno,
questo perché ha il più alto numero di prodotti DOP e IGP
certificati su tutto il pianeta e queste unicità fanno gola in
tutto il mondo.
L’ Emilia Romagna è la regione che ha il primato di eccellenze
e probabilmente il primato di imitazioni e falsificazioni.
Il rischio di minare irrimediabilmente la sostenibilità delle
produzioni per l’alimentazione terrestre è sempre più reale.
Quindi quando e’ possibile si deve leggere attentamente
l’etichetta apposta sulle confezioni e in caso di mancanza
della stessa se non si conosce e ci si fida del negoziante è
consigliabile non acquistare il prodotto.
Nei grandi e meno grandi centri commerciali di solito le
referenze in esposizione e vendita hanno etichette e diciture
o sono rintracciabili coloro che le hanno confezionate. I
globalizzatori stanno veramente distruggendo un patrimonio di
profumi, gusti, sapori, sensazioni ed emozioni costruito nei
decenni in nome del profitto più bieco.
Umberto Faedi
Vinitaly 2017, si inizia
Al via la 51° edizione del salone internazionale di
Veronafiere dedicato ai vini e ai distillati, uno dei brand
fieristici più conosciuti a livello internazionale.
Inaugurazione con Phil Hogan, commissario europeo per
l’agricoltura e lo sviluppo rurale e il ministro delle
Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina.
Inaugurata
in
grande
la
51°
edizione
di
Vinitaly,
un
appuntamento che va oltre la manifestazione fieristica, per
essere uno dei momenti in cui si discute del futuro del vino e
dell’agricoltura in ottica europea, di internazionalizzazione
dei mercati, di innovazione e di crescita della qualità.
Al via anche Sol&Agrifood (Salone Internazionale
dell’agroalimentare di qualità) ed Enolitech (Salone
Internazionale delle Tecniche per la Viticoltura, l’Enologia e
delle Tecnologie Olivicole e Olearie). Verona e provincia per
cinque giorni si tingono del viola con Vinitaly&TheCity: non
solo wine&food di qualità, ma musica, letteratura, poesia,
spettacoli e incontri in compagnia di grandi ospiti che
raccontano il mondo del vino attraverso la storia, l’arte, la
moda, il design e il giornalismo.
“Vinitaly ha segnato l’agenda di governo sull’agricoltura del
Paese e continuerà a farlo”, dichiara il ministro Maurizio
Martina, per la manifestazione fieristica, che è la prima al
mondo per superficie espositiva e numero di visitatori. Un
buon riconoscimento istituzionale per Vinitaly e per l’intero
settore vitivinicolo, patrimonio fondamentale per l’Italia con
oltre 14 miliardi di euro di fatturato aggregato e 385 mila
imprese che rappresentano la ricchezza dei nostri territori.
La sfida per l’edizione di quest’anno è quella
dell’internazionalizzazione, dell’innovazione e della Digital
Trasformation. Il filo conduttore di Vinitaly 2017 rimane la
qualità, anche per la Politica agricola comune (Pac) post
2020, sulla quale nelle scorse settimane si è aperto il
dialogo fra i Paesi comunitari.
Vinitaly ha anche l’obiettivo di formare esperti che, di
fatto, rappresentano una comunità di ambasciatori del vino
made in Italy. E questo grazie a Vinitaly International
Academy e a format originali come OperaWine, Wine2Wine,
Enolitech, Vinitaly&TheCity, Vinitaly Wine Club, 5 star Wines
“The Book”, Sol & Agrifood.
Buon Vinitaly e buone degustazioni!
Piero Rotolo
Quando il Turismo si allea
con l’enogastronomia
Capita che le Redazioni dei giornali, specie on line, e i loro
singoli giornalisti siano destinatari di comunicati che le
varie agenzie o uffici stampa si aspettano vengano pubblicati,
ma almeno i mittenti studiassero le finalità del giornale ed
evitassero di subissare le caselle postali dei collaboratori
con info poco pertinenti.
Attenendoci ai comunicati pertinenti, dalla nostra posizione
vediamo che questi in buona parte celano annunci di eventi che
riguardano inaugurazioni di nuovi locali o esaltano interventi
di chef stellati ad occasioni che promiscuono la gastronomia a
manifestazioni di carattere culturale o prettamente turistico,
certamente al fine di stimolare la più ampia partecipazione di
pubblico.
Intendiamoci, non c’è nulla di male, ci mancherebbe, che un
ente organizzatore di manifestazioni contrassegni il proprio
evento dando risalto agli ospiti di punta, però a noi, in
particolare a noi, interessa di
più
esaltare
l’evento
enogastronomico,
turistico,
culturale, che non l’ospite di
spicco, quando costui ha molte
vie per rendersi distinguibile.
Inoltre, notiamo il proliferare
di iniziative culturali che associano prodotti enogastronomici
e che le informazioni arrivano più dalle aziende interessate
alla propria visibilità e meno dagli organismi organizzativi.
Ciò è positivo perché finalmente anche i più piccoli soggetti
del mondo enogastronomico hanno compreso quanto sia utile lo
strumento Internet.
Altrettanto
osserviamo
che
sempre più spesso la presenza di
chef stellati ospitati da
ristoranti ed hotel viene
esibita come trofeo ed ornamento
di prestigio per il locale, od
addobbo per l’evento. È indubbiamente questione di immagine e
di marketing, ma è arduo per una Redazione giornalistica come
la nostra equilibrarsi tra interessi personalizzati.
A proposito, non esagerate, cari colleghi di uffici stampa, né
con i cs né con gli inviti a presenziare, le mailing list
servono proprio per selezionare i destinatari della notizia, e
non offendetevi se non vi diamo sempre un cenno di riscontro.
Del resto nemmeno voi ci gratificate spesso con una parola di
ringraziamento quando vi trasmettiamo il link del pezzo
redatto sulla vostra info.
Che il Turismo, anche attraverso la Cultura, si allei con
l’Enogastronomia è una buona
cosa sia per il turismo sia per
l’enogastronomia. Il turista
enogastronomico è un soggetto da
rispettare e ossequiare, perché
va alla ricerca dei prodotti genuini, esplorando il
territorio, e sempre più spesso vino e cibo condizionano la
scelta di una destinazione.
L’Italia è ricca di borghi, aziende e tradizioni da scoprire,
visitare e valorizzare. A tutto ciò noi miriamo nello
scegliere le notizie da pubblicare.
Maura Sacher
Rivoluzione tecnologica per
l’estrazione
dell’olio
d’oliva
Frangitori, gramolatrici, decanter, elementi meccanici
inseriti nella catena di estrazione degli oli di oliva. Sono
destinati alla pensione gli attuali moderni macchinari
utilizzati nei frantoi?
É prematuro prevederlo. Intanto però una nuova frontiera si
apre nel settore della produzione degli oli di oliva,
l’estrazione dalle olive con microonde e ultrasuoni.
Il primo impianto combinato microonde-ultrasuoni per il
condizionamento continuo di paste di olive è un progetto che
nasce dall’impegno di un team di ricerca internazionale che
vede coinvolti il prof. Alessandro Leone ed il dott. Roberto
Romaniello dell’Università di Foggia, la dott.ssa Antonia
Tamborrino dell’Università di Bari, il dott. Pablo Juliano e
Xin-Qinq Xu del centro di ricerca CSIRO di Melburne-Australia
e il dott. Miguel Amarillo dell’Università Repubblicana
Uruguaiana.
Puglia e Australia dunque, due realtà apparentemente lontane
ma accomunate dalla volontà di condividere esperienze e
competenze, con l’obiettivo comune della crescita del settore
olivicolo-oleario.
I risultati di questa sfida tecnologica sono stati illustrati
all’11 Salone degli oli extravergini tipici di qualità – Olio
Capitale 2017, a Trieste dal 4 al 7 marzo scorso nel corso di
un incontro dibattito, organizzato dall’Associazione Nazionale
Donne dell’Olio, al quale hanno partecipato, oltre agli
ideatori del prototipo, il prof. Alessandro Leone e la
dott.ssa Antonia Tamborrino, la dott.ssa Carmela Barracane
(esperta in marketing e comunicazione di impianti oleari) e la
dott.sa Daniela Capogna (tecnologa alimentare esperta di
macchine olearie).
I diversi gruppi di ricerca da anni impegnati nello studio e
nell’applicazione di sistemi nuovi di condizionamento della
pasta di olive e nell’applicazione delle microonde e degli
ultrasuoni nel campo alimentare e nel processo di estrazione
di diversi grassi alimentari da matrici vegetali, detenendo,
tra l’altro, diversi brevetti di invenzione industriale, hanno
voluto coniugare le due tecnologie sfruttando la capacità
delle microonde di realizzare un riscaldamento istantaneo e
continuo e contemporaneamente sfruttare i cosiddetti effetti
“non termici” che si generano dall’impiego delle due
tecnologie e che si traducono da un lato nella rottura delle
pareti cellulari e vacuolari, favorendo la fuoriuscita della
goccioline di olio e dall’altra in un’azione specifica delle
onde sonore utile alla separazione dell’olio dalla matrice
solida.
La collaborazione ha portato alla progettazione, costruzione
ed implementazione su scala industriale del primo sistema
combinato di due prototipi a microonde ed ultrasuoni per il
condizionamento continuo di paste di olive.
I due prototipi realizzati, il primo in Italia dall’azienda
EMITECH di Corato (BA) e il secondo in Australia, sono stati
implementati presso l’oleificio AGROLIO srl di Andria (BT)
dove è stata avviata un’intensa attività sperimentale. Diversi
sono stati i confronti effettuati, dall’utilizzo delle singole
tecnologie alla combinazione delle stesse, un’intera campagna
olearia dedicata alla sperimentazione e più di 35 tonnellate
di olive molite per testare l’impianto combinato.
L’applicazione del solo trattamento a microonde durante il
passaggio continuo della pasta nel prototipo realizzato, con
esclusione completa del passaggio in gramola, ha fornito
risultati incoraggianti rappresentati essenzialmente dalla
riduzione dei tempi di condizionamento da 30 minuti impiegati
dalla gramolatura tradizionale a meno di 1 minuto con
l’utilizzo della tecnologia a microonde senza alcuna riduzione
della resa di estrazione. Incrementi di resa si sono
registrati con l’impiego degli ultrasuoni o in aggiunta alla
gramolatura tradizionale o in combinazione alle microonde.
Un grande impegno di risorse ripagato dagli ottimi risultati
raggiunti; la drastica riduzione dei tempi di lavorazione, un
riscaldamento continuo, omogeneo ed istantaneo della pasta ed
una importante semplificazione del layout dell’impianto di
estrazione sono stati i vantaggi immediati e futuri percepiti
dall’utilizzo di queste tecnologie in frantoio, tutto questo
senza penalizzare le rese di estrazione anzi migliorandole e
migliorando anche la qualità dell’olio con incrementi della
componente antiossidante, in modo specifico la componete
fenolica.
Sul piano sensoriale si è ottenuto un olio ben equilibrato ed
assolutamente privo di difetti.
Nuovi scenari si aprono nell’impiantistica olearia con
possibili cambiamenti nel processo di trasformazione che si
avvia a diventare definitivamente continuo, superando gli
attuali limiti di discontinuità della fase di condizionamento
termico e meccanico attualmente condotto con il classico
rimescolamento in gramola.
In corso di definizione gli sviluppi futuri della ricerca che
vedono una partnership ancora più ampia tra gruppi di lavoro
nazionali e stranieri con l’obiettivo di validare e migliorare
i risultati fino ad ora raggiunti.