Cucina: ritorno al passato! Gli italiani dedicano più tempo a preparare i pasti. La conferma da Coldiretti sulla base di elaborazioni sulla ricerca Ispos a marzo 2017. Che sia la volta buona? Storica inversione di tendenza degli italiani in cucina. Secondo Coldiretti è aumentato del 20 per cento rispetto allo scorso anno, il tempo dedicato a preparare i pasti. Notizia interessante perché vuol dire che gli italiani prestano sempre più attenzione alla qualità dell’alimentazione e al suo impatto sulla salute. Era ora! Sono i giovani e in particolare uomini che scelgono di stare ai fornelli per svago, un modo per esprimere se stessi. Lo “show cooking” casalingo per gli amici si afferma, secondo Coldiretti, come appuntamento nei fine settimana e nei momenti di festa. Cosa si cucina di più? Tra i primi la pasta a base di pesce (39 per cento), quella al forno (18 per cento) o a base di carne (17 per cento) e anche tra i secondi il pesce (48 per cento) è preferito alla carne (43 per cento), mentre per il dolce stravince il tiramisù. Tempi duri per i ristoranti? Per niente! L’ansia di apprendere nuove ricette fa anche crescere la voglia di mangiare fuori casa con il 40 per cento degli italiani che pranza o cena fuori almeno una volta a settimana contro il 30 per cento del 2015. Inoltre, gli italiani sono sempre più attenti alla selezione delle materie prime, alla loro provenienza, fino ad essere disposti a pagare in media l’11,5 per cento in più per garantirsi un prodotto Made in Italy. Più di 4 italiani su 10 nel 2016, sempre secondo Coldiretti, hanno fatto la spesa nei cosiddetti mercati degli agricoltori con un aumento record del 55 per cento negli ultimi 5 anni. E per finire, una chicca: in netto aumento l’acquisto dei prodotti alimentari sul web. Il 73 per cento degli italiani ritiene che nel 2017 l’acquisto alimentare online potrebbe far concorrenza ai negozi premium. Che sia la volta buona? Piero Rotolo [email protected] Pmp, conclusa la 5° edizione Un grande successo di pubblico, di aziende partecipanti e di giornalisti presenti. Per un giorno Castellammare del Golfo è stata la Capitale Euromediterranea del Packaging. Con la premiazione dei vincitori, si è conclusa la 5° edizione del Premio Mediterraneo Packaging. Lo scenario naturale dell’evento è stata la villa comunale Regina Margherita della cittadina del Golfo, che ha incoronato i produttori di olio e di vino e il “Divulgatore del vino” un premio istituito dalla nostra redazione per i giornalisti che con passione si occupano di vino. Assegnate due super etichette oro denominate Golden Pack oltre alle 16 aziende premiate con il triscele in plexiglass disegnato dalla graphic art Giulia Remondini. Quasi tutti i produttori vincitori erano presenti alla premiazione. Sono arrivati nuovi sponsor in primis il Consorzio Tutela Valcalepio che ha già confermato la sua sponsorizzazione per il prossimo anno, Astoria Vini e Auroflex etichette adesive che hanno sponsorizzato i premi Divulgatore dell’anno. Più di 120 aziende hanno partecipato al Premio Packaging, oltre 30 testate giornalistiche interessate all’evento, un educational rivolto alla stampa sul territorio per il fine settimana, grazie al sostegno dell’Associazione albergatori di Castellammare del Golfo e ad alcuni ristoratori del territorio che hanno deliziato gli ospiti con i piatti della tradizione culinaria siciliana. Adesso si comincia a pensare alla 6° edizione confermando la collaborazione con gli Istituti scolastici, che sono la vera essenza di questo premio e progettando le novità per il 2018. Arrivederci alla prossima edizione! Piero Rotolo Manzi gonfiati e polli cotti Cina e Usa hanno siglato un accordo commerciale che prevede l’arrivo di manzo americano nella Repubblica Popolare cinese, il conseguente permesso di importare polli cinesi, ma solo se cotti nell’ America del confuso New Deal dell’ossigenato presidente. Nulla comunque a che vedere con il piano di Franklin Delano Roosevelt che risollevò l’economia americana dopo la spaventosa crisi del 1929. Un primo successo per il palazzinaro di New York che finora non ne ha azzeccate molte e ha grande necessità di accontentare chi lo ha eletto. Ha trovato così un epilogo la scabrosa questione della carne prodotta dagli allevatori americani, che l’Europa da anni ha rifiutato di importare, scatenando le ire e le minacciate ritorsioni verso i prestigiosi prodotti non solo alimentari del vecchio continente. I consumatori europei hanno già tanti problemi di scelte alimentari derivati da referenze di dubbia provenienza e spesso difficili da tracciate. In Italia e in Europa abbiamo già i nostri guai senza dover subire l’invasione di carni prodotte con metodi messi al bando dalle nazioni della UE. Questo perlomeno a livello ufficiale, anche se emergono spesso in Europa, situazioni che evidenziano produzioni oltre il limite della sicurezza igienica e salutare per chi acquista. Significativa la richiesta italiana indirizzata alla Commissione UE di indicare in etichetta la provenienza e l’indicazione in etichetta della materia prima di pasta e riso. Per il riso deve essere indicato in etichetta il luogo di produzione, le modalità di coltivazione, confezionamento e per la pasta secca il luogo di coltivazione del grano e l’origine della semola. E’ una strada da perseguire per tutte le eccellenze italiane che devono difendersi ed essere difese dai pirati e dai contraffattori alimentari, nonché da prodotti provenienti da nazioni quali gli Usa e la Cina che non vanno tanto per il sottile, per quanto riguarda i metodi di produzione e i componenti impiegati, per non parlare a volte delle confezioni. Umberto Faedi L’importanza di partecipare a un grande concorso Il Concorso Mondiale di Bruxelles ha chiuso la 24ma edizione in Spagna, annunciando che la prossima edizione si svolgerà in Cina a Pechino. A Valladolid si sono degustati in tre giornate oltre novemila campioni provenienti da tutte le parti del mondo, giudicate da commissioni miste, con giudici di più Paesi, solitamente composte da cinque o sei giudici. Una perfetta organizzazione che assegna medaglie e che cambia la vita in meglio di certi produttori. La vera forza di questo concorso è la grande esperienza e professionalità degli organizzatori, con 24 edizioni alle spalle, non ci sono altri concorsi che abbiano maturato la stessa esperienza. Ottenere una medaglia a questo concorso significa che il vino piace ed incontra il gusto internazionale, ma poi lo si deve comunicare e qui ogni produttore deve fare la sua parte per far si che il nome della sua azienda giri. Il produttore che ha ottenuto la medaglia deve investire su di essa, partecipare a eventi, comunicare tramite i social, e magari affidarsi anche a qualche azienda di marketing e deve sicuramente aderire alle iniziative che il Concorso Mondiale di Bruxelles crea nell’arco dell’anno per far conoscere i vini premiati. Avere una medaglia o una stella e non farla vedere è come non averla, ma non averla significa che si deve ancora lavorare sulla qualità, che è la precondizione per poter vendere il vino nel mondo. Attualmente i concorsi sono gli unici garanti di assaggi reali, fatti da specialisti, ed è importante far conoscere al grande pubblico sia la medaglia sia il concorso che ha premiato il vino. Il Concorso Mondiale di Bruxelles vale talmente tanto che fa gola alla Cina e non si è fatta scappare l’occasione di portarselo nella sua capitale Pechino e proprio nel cuore del distretto più tecnologico e avanzato Haidan dove ci sono tutte le università e le startup emergenti. Partecipare nel 2018 al Concorso Mondiale di Bruxelles non sarà soltanto farsi vedere in Cina, ma significa entrare dalla porta principale nel maggior mercato del mondo, con i consumi continuamente in crescita e supportati da una reputazione e grandissima organizzazione. La pubblicità su questa testata è a pagamento Sul nostro giornale i banner sono polemiche deontologiche, scaturite Report, della quale condividiamo chiarire ai nostri lettori come il rispettando le leggi che governano tutti a pagamento; dopo le dalla trasmissione di Rai 3 le tesi, ci sembra giusto nostro giornale si mantiene il sistema informativo. Mentre per i blogger tutto è lecito, come incassare denaro per pubblicità e publi-redazionali, noi abbiamo dei vincoli che rispettiamo e di questo ne andiamo fieri, anche se siamo più piccoli, ma con grande dignità. La pubblicità che si vede sotto forma di banner sono a pagamento, come allo stesso modo dei servizi publi-redazionali delle aziende, come i servizi che forniamo ai nostri inserzionisti, che vanno dalla consulenza marketing alla progettazione di campagne stampa e pubblicitarie. Le recensioni dei vini, degli oli e altri prodotti, sono gratuite, e quelle che vedete sono lì perché qualche nostro giornalista ha avuto modo di visitare un’azienda, oppure qualche azienda ci ha inviato dei campioni in assaggio e se ci sono piaciuti li abbiamo pubblicati. Riceviamo i comunicati dagli uffici stampa che leggiamo sempre e se troviamo una notizia interessante, a nostro insindacabile giudizio, la pubblichiamo gratuitamente. Quando sentiamo odore di marchetta chiediamo all’ufficio stampa di pagarci la pubblicità, perché di fatto lo sono e ci sembra giusto che una pubblicità più o meno occulta se la vogliono vedere pubblicata sia a pagamento. Noi manteniamo questo giornale libero da vincoli, il sostentamento arriva con pubblicità e organizzazione di eventi, che ci danno la possibilità di pagare i giornalisti e le spese di gestione, che non sono poche, avendo anche le macchine hardware e software di proprietà. I lettori che ci seguono sanno che di noi si possono fidare, perché siamo online dal 2001 e i giornalisti che scrivono sul nostro giornale sono sempre gli stessi da svariati anni, cito il direttore Piero Rotolo che oltre ad altre collaborazioni è con noi dal 2004; Piera Genta dal 2008, come Maura Sacher; nel 2010 è arrivato Umberto Faedi vice direttore, nel 2013 è con noi anche Roberta Capanni, da sempre c’è Maddalena Venuso con suo figlio Simone, ciò per noi è motivo di orgoglio avere gente che in questa testata ha trovato la propria bandiera. Purtroppo molte aziende rincorrono i like, e investono in questo, va benissimo, ma noi siamo un bel team di persone e facciamo altro! Più showman che chef, e a caro prezzo per noi Molti chef sono diventati veri divi dello spettacolo, e pure sponsorizzano, più o meno occultamente, marchi e prodotti. Sembra che gli Italiani e le Italiane siano felici di affidarsi alle reti televisive per imparare a cucinare, e seguono con interesse, che a volte sembra velato da gusto sadico, le gare di cucina che imperversano su tutti i canali. Ed ecco la telegastronomia come il grande business. Non sempre si arriva in tv perché si è famosi cuochi o pasticcieri, ma piuttosto per diventare famosi, così fa titolo nel curriculum e magari prima o poi si guadagnano delle stellette, per cui il cerchio gira e si ritorna in tv sul tappeto rosso. La trasmissione “Report” su Rai3 ha cominciato ad indagare su questo mondo ed i servizi mandati in onda ultimamente hanno squarciato il velo. Lo chef che raggiunge una stella raddoppia il fatturato del suo giro d’affari compare in vari salotti gastronomici, in spot pubblicitari o in consulenze, apre ristoranti in giro per il mondo, fa da richiamo come ospite d’eccellenza ad eventi enogastronomici e persino a sagre. Ma quando sta nella cucina dei suoi locali? Sicuro l’individuo non ha la dote dell’ubiquità. Tutto ciò suscita delle lamentele nel popolo dei frequentatori della ristorazione che desiderano provare l’ebbrezza della cucina “stellata”: il rapporto tra cliente e cibo si basa sulla fiducia verso lo chef responsabile della cucina e a molti piace che lui in persona venga al tavolo a illustrare i piatti creati e serviti, ma che se ne fanno di un suo sostituto? E, a questo punto, perché il “sotto chef” non può meritarsi stellette, in fondo è sua la responsabilità dell’intero sistema o no? Ultima riflessione: perché in questi locali si debbono pagare centinaia di euro vini esclusi per la cena, quando i piatti soddisfano più l’occhio estetico che lo stomaco e l’appetito? Non so dove l’ho sentito, ma è stato commentato: “chi va in tali locali non va per sfamarsi”. Ah certo, ci si va per snobismo, fa curriculum nel proprio prestigio sociale. E nel frattempo lo chef con cotante stellette si sta esibendo altrove, tutto nel suo interesse. Maura Sacher Riso Amaro, ma i propositi sono buoni Non si ferma la pericolosa e tossica invasione di prodotti a bassissimo costo che stanno inondando le nostre tavole e i nostri punti vendita di alimentari. L’ultima perla in ordine di tempo è costituita dal riso importato soprattutto dall’India. I coltivatori italiani di eccellenza che sono messi in difficoltà da questo prodotto di bassa qualità e scarsa sicurezza alimentare sono molte migliaia. Moltissime le aziende agricole italiane che hanno visto scendere del 66% l’offerta del prezzo di acquisto del loro eccellente prodotto negli ultimi mesi. Le grandi società che comprano il riso per commercializzarlo con i propri marchi si fanno forza dei prezzi da fame che pagano al prodotto che arriva dall’Asia. E così sono a grande rischio imprese centenarie, posti di lavoro e qualità autoctone uniche e non ultima la salute dei consumatori. In tantissime nazioni fuori dall’Europa, ed in particolare in Asia ed Africa, vengono tollerate pratiche di coltivazione attuate con sostanze tossiche proibite da anni in Italia. E non si capisce perché la UE abbia autorizzato l’importazione dall’Africa di alimenti dei quali non sarebbe possibile la commercializzazione se prodotti nella UE. La motivazione addotta è di aiutare le economie di paesi emergenti. Arriva quindi olio di bassa qualità e bassa salubrità, frutta e verdura inquinata da pesticidi. E da Cina, India e Vietnam vengono importati pesce e pomodori da non comprare assolutamente. Perfino il peperoncino di eccelsa qualità simbolo dell’Italia del Sud sta per essere soppiantato da quello thailandese. Il più attivo nel mandare prodotti di dubbia sanità con fragole, arance e melograno, quello della bellissima poesia di Giosuè Carducci è l’Egitto. Il Vietnam fornisce pure prezzemolo e riso oltre al famoso e famigerato ma assai economico pesce Pangasio, allevato in modo industriale nelle acque inquinate del Mekong, l’India il basilico, il Marocco olio e menta, la Tunisia olio e arance, broccoli dalla Repubblica Popolare Cinese. Dal Sud America arrivano cocomeri e meloni a prezzi talmente stracciati che costringono i produttori italiani a lasciare marcire le loro gustose cucurbitacee nei campi. Il nostro farraginoso governo tramite il ministro dell’Agricoltura promette di varare un provvedimento per apporre l’indicazione di origine nelle etichette delle confezioni di riso. Ma quanto ci vorrà? E la UE avrà da ridire? Nel frattempo quante aziende agricole saranno costrette a chiudere i battenti? La globalizzazione tanto auspicata da manipoli di politici con la motivazione che permette a (quasi) tutti di poter usufruire di tutti i prodotti tutto l’anno si sta rivelando un colossale affare per i grandi gruppi transazionali, gli speculatori senza scrupoli ed i contraffattori. La contraffazione costa purtroppo all’Italia circa 60 miliardi di euro all’anno, questo perché ha il più alto numero di prodotti DOP e IGP certificati su tutto il pianeta e queste unicità fanno gola in tutto il mondo. L’ Emilia Romagna è la regione che ha il primato di eccellenze e probabilmente il primato di imitazioni e falsificazioni. Il rischio di minare irrimediabilmente la sostenibilità delle produzioni per l’alimentazione terrestre è sempre più reale. Quindi quando e’ possibile si deve leggere attentamente l’etichetta apposta sulle confezioni e in caso di mancanza della stessa se non si conosce e ci si fida del negoziante è consigliabile non acquistare il prodotto. Nei grandi e meno grandi centri commerciali di solito le referenze in esposizione e vendita hanno etichette e diciture o sono rintracciabili coloro che le hanno confezionate. I globalizzatori stanno veramente distruggendo un patrimonio di profumi, gusti, sapori, sensazioni ed emozioni costruito nei decenni in nome del profitto più bieco. Umberto Faedi Vinitaly 2017, si inizia Al via la 51° edizione del salone internazionale di Veronafiere dedicato ai vini e ai distillati, uno dei brand fieristici più conosciuti a livello internazionale. Inaugurazione con Phil Hogan, commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina. Inaugurata in grande la 51° edizione di Vinitaly, un appuntamento che va oltre la manifestazione fieristica, per essere uno dei momenti in cui si discute del futuro del vino e dell’agricoltura in ottica europea, di internazionalizzazione dei mercati, di innovazione e di crescita della qualità. Al via anche Sol&Agrifood (Salone Internazionale dell’agroalimentare di qualità) ed Enolitech (Salone Internazionale delle Tecniche per la Viticoltura, l’Enologia e delle Tecnologie Olivicole e Olearie). Verona e provincia per cinque giorni si tingono del viola con Vinitaly&TheCity: non solo wine&food di qualità, ma musica, letteratura, poesia, spettacoli e incontri in compagnia di grandi ospiti che raccontano il mondo del vino attraverso la storia, l’arte, la moda, il design e il giornalismo. “Vinitaly ha segnato l’agenda di governo sull’agricoltura del Paese e continuerà a farlo”, dichiara il ministro Maurizio Martina, per la manifestazione fieristica, che è la prima al mondo per superficie espositiva e numero di visitatori. Un buon riconoscimento istituzionale per Vinitaly e per l’intero settore vitivinicolo, patrimonio fondamentale per l’Italia con oltre 14 miliardi di euro di fatturato aggregato e 385 mila imprese che rappresentano la ricchezza dei nostri territori. La sfida per l’edizione di quest’anno è quella dell’internazionalizzazione, dell’innovazione e della Digital Trasformation. Il filo conduttore di Vinitaly 2017 rimane la qualità, anche per la Politica agricola comune (Pac) post 2020, sulla quale nelle scorse settimane si è aperto il dialogo fra i Paesi comunitari. Vinitaly ha anche l’obiettivo di formare esperti che, di fatto, rappresentano una comunità di ambasciatori del vino made in Italy. E questo grazie a Vinitaly International Academy e a format originali come OperaWine, Wine2Wine, Enolitech, Vinitaly&TheCity, Vinitaly Wine Club, 5 star Wines “The Book”, Sol & Agrifood. Buon Vinitaly e buone degustazioni! Piero Rotolo Quando il Turismo si allea con l’enogastronomia Capita che le Redazioni dei giornali, specie on line, e i loro singoli giornalisti siano destinatari di comunicati che le varie agenzie o uffici stampa si aspettano vengano pubblicati, ma almeno i mittenti studiassero le finalità del giornale ed evitassero di subissare le caselle postali dei collaboratori con info poco pertinenti. Attenendoci ai comunicati pertinenti, dalla nostra posizione vediamo che questi in buona parte celano annunci di eventi che riguardano inaugurazioni di nuovi locali o esaltano interventi di chef stellati ad occasioni che promiscuono la gastronomia a manifestazioni di carattere culturale o prettamente turistico, certamente al fine di stimolare la più ampia partecipazione di pubblico. Intendiamoci, non c’è nulla di male, ci mancherebbe, che un ente organizzatore di manifestazioni contrassegni il proprio evento dando risalto agli ospiti di punta, però a noi, in particolare a noi, interessa di più esaltare l’evento enogastronomico, turistico, culturale, che non l’ospite di spicco, quando costui ha molte vie per rendersi distinguibile. Inoltre, notiamo il proliferare di iniziative culturali che associano prodotti enogastronomici e che le informazioni arrivano più dalle aziende interessate alla propria visibilità e meno dagli organismi organizzativi. Ciò è positivo perché finalmente anche i più piccoli soggetti del mondo enogastronomico hanno compreso quanto sia utile lo strumento Internet. Altrettanto osserviamo che sempre più spesso la presenza di chef stellati ospitati da ristoranti ed hotel viene esibita come trofeo ed ornamento di prestigio per il locale, od addobbo per l’evento. È indubbiamente questione di immagine e di marketing, ma è arduo per una Redazione giornalistica come la nostra equilibrarsi tra interessi personalizzati. A proposito, non esagerate, cari colleghi di uffici stampa, né con i cs né con gli inviti a presenziare, le mailing list servono proprio per selezionare i destinatari della notizia, e non offendetevi se non vi diamo sempre un cenno di riscontro. Del resto nemmeno voi ci gratificate spesso con una parola di ringraziamento quando vi trasmettiamo il link del pezzo redatto sulla vostra info. Che il Turismo, anche attraverso la Cultura, si allei con l’Enogastronomia è una buona cosa sia per il turismo sia per l’enogastronomia. Il turista enogastronomico è un soggetto da rispettare e ossequiare, perché va alla ricerca dei prodotti genuini, esplorando il territorio, e sempre più spesso vino e cibo condizionano la scelta di una destinazione. L’Italia è ricca di borghi, aziende e tradizioni da scoprire, visitare e valorizzare. A tutto ciò noi miriamo nello scegliere le notizie da pubblicare. Maura Sacher Rivoluzione tecnologica per l’estrazione dell’olio d’oliva Frangitori, gramolatrici, decanter, elementi meccanici inseriti nella catena di estrazione degli oli di oliva. Sono destinati alla pensione gli attuali moderni macchinari utilizzati nei frantoi? É prematuro prevederlo. Intanto però una nuova frontiera si apre nel settore della produzione degli oli di oliva, l’estrazione dalle olive con microonde e ultrasuoni. Il primo impianto combinato microonde-ultrasuoni per il condizionamento continuo di paste di olive è un progetto che nasce dall’impegno di un team di ricerca internazionale che vede coinvolti il prof. Alessandro Leone ed il dott. Roberto Romaniello dell’Università di Foggia, la dott.ssa Antonia Tamborrino dell’Università di Bari, il dott. Pablo Juliano e Xin-Qinq Xu del centro di ricerca CSIRO di Melburne-Australia e il dott. Miguel Amarillo dell’Università Repubblicana Uruguaiana. Puglia e Australia dunque, due realtà apparentemente lontane ma accomunate dalla volontà di condividere esperienze e competenze, con l’obiettivo comune della crescita del settore olivicolo-oleario. I risultati di questa sfida tecnologica sono stati illustrati all’11 Salone degli oli extravergini tipici di qualità – Olio Capitale 2017, a Trieste dal 4 al 7 marzo scorso nel corso di un incontro dibattito, organizzato dall’Associazione Nazionale Donne dell’Olio, al quale hanno partecipato, oltre agli ideatori del prototipo, il prof. Alessandro Leone e la dott.ssa Antonia Tamborrino, la dott.ssa Carmela Barracane (esperta in marketing e comunicazione di impianti oleari) e la dott.sa Daniela Capogna (tecnologa alimentare esperta di macchine olearie). I diversi gruppi di ricerca da anni impegnati nello studio e nell’applicazione di sistemi nuovi di condizionamento della pasta di olive e nell’applicazione delle microonde e degli ultrasuoni nel campo alimentare e nel processo di estrazione di diversi grassi alimentari da matrici vegetali, detenendo, tra l’altro, diversi brevetti di invenzione industriale, hanno voluto coniugare le due tecnologie sfruttando la capacità delle microonde di realizzare un riscaldamento istantaneo e continuo e contemporaneamente sfruttare i cosiddetti effetti “non termici” che si generano dall’impiego delle due tecnologie e che si traducono da un lato nella rottura delle pareti cellulari e vacuolari, favorendo la fuoriuscita della goccioline di olio e dall’altra in un’azione specifica delle onde sonore utile alla separazione dell’olio dalla matrice solida. La collaborazione ha portato alla progettazione, costruzione ed implementazione su scala industriale del primo sistema combinato di due prototipi a microonde ed ultrasuoni per il condizionamento continuo di paste di olive. I due prototipi realizzati, il primo in Italia dall’azienda EMITECH di Corato (BA) e il secondo in Australia, sono stati implementati presso l’oleificio AGROLIO srl di Andria (BT) dove è stata avviata un’intensa attività sperimentale. Diversi sono stati i confronti effettuati, dall’utilizzo delle singole tecnologie alla combinazione delle stesse, un’intera campagna olearia dedicata alla sperimentazione e più di 35 tonnellate di olive molite per testare l’impianto combinato. L’applicazione del solo trattamento a microonde durante il passaggio continuo della pasta nel prototipo realizzato, con esclusione completa del passaggio in gramola, ha fornito risultati incoraggianti rappresentati essenzialmente dalla riduzione dei tempi di condizionamento da 30 minuti impiegati dalla gramolatura tradizionale a meno di 1 minuto con l’utilizzo della tecnologia a microonde senza alcuna riduzione della resa di estrazione. Incrementi di resa si sono registrati con l’impiego degli ultrasuoni o in aggiunta alla gramolatura tradizionale o in combinazione alle microonde. Un grande impegno di risorse ripagato dagli ottimi risultati raggiunti; la drastica riduzione dei tempi di lavorazione, un riscaldamento continuo, omogeneo ed istantaneo della pasta ed una importante semplificazione del layout dell’impianto di estrazione sono stati i vantaggi immediati e futuri percepiti dall’utilizzo di queste tecnologie in frantoio, tutto questo senza penalizzare le rese di estrazione anzi migliorandole e migliorando anche la qualità dell’olio con incrementi della componente antiossidante, in modo specifico la componete fenolica. Sul piano sensoriale si è ottenuto un olio ben equilibrato ed assolutamente privo di difetti. Nuovi scenari si aprono nell’impiantistica olearia con possibili cambiamenti nel processo di trasformazione che si avvia a diventare definitivamente continuo, superando gli attuali limiti di discontinuità della fase di condizionamento termico e meccanico attualmente condotto con il classico rimescolamento in gramola. In corso di definizione gli sviluppi futuri della ricerca che vedono una partnership ancora più ampia tra gruppi di lavoro nazionali e stranieri con l’obiettivo di validare e migliorare i risultati fino ad ora raggiunti.