bonazzi1 - Antonio Salvemini

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Sociologia delle organizzazioni – Bonazzi/appunti – cap. 1
Definizioni: un’organizzazione è un sistema di individui (interconnessione) con
un sistema di regole (formali ed informali) che si pone determinati obiettivi
comuni (che possono o meno coincidere con quelli di ciascun individuo). Alle
regole corrispondono dei ruoli (aumentando la complessità dell’organizzazione
serve una maggiore attenzione a regole e ruoli). Individui, regole, ruoli e
obiettivi costituiscono la parte hard dell’organizzazione.
Abbiamo poi la parte soft che riguarda le qualità degli individui e le relazioni
(formali, informali, gruppi, leadership) che si instaurano, che incidono sui
comportamenti reali nell’organizzazione. Abbiamo poi le tecnologie.
Considerazioni iniziali. Le organizzazioni possono essere grandi o piccole,
formali o informali, più o meno burocratiche e la posizione degli individui al loro
interno può variare molto lungo l’asse della partecipazione e qiello della
possibilità di modificare le organizzazioni di cui fanno parte. E’ insufficiente
una visione puramente strumentale delle organizzazioni. La disponibilità a dare
un contributo ad una organizzazione dipende non soltanto da incentivi materiali
ma anche morali, ideali o simbolici, e tale rapporto può cambiare moltissimo a
seconda delle caratteristiche degli individui (come nei rapporti con gli altri). E’
insufficiente anche un approccio oggettivistico alle organizzazioni, che oltre ad
aspetti strutturali sono fatte di cultura, spirito, atmosfera al loro interno.
La sociologia delle organizzazioni non studia solo le organizzazioni socialmente
riconosciute, ma qualunque fenomeno organizzativo che sia rilevante per
spiegare qualche aspetto della realtà sociale. Oggetto di analisi non sono
soltanto le strutture organizzative (gerarchie, norme, procedure, rituali,
comunicazioni) ma anche i processi organizzativi. Le organizzazioni come
strutture pongono vincoli (normativi, tecnici, economici, culturali) ai soggetti, ma
i soggetti, nel loro interpretare e modificare quei vincoli determinano processi
che giorno per giorno riproducono e, contemporaneamente, modificano
l’organizzazione (processo di strutturazione).
Uno dei padri fondatori della sociologia è Max Weber (1864-1920). Il suo metodo
è comprendente (la sociologia ha come oggetto di studio l’agire sociale dotato di
senso, su cui fornire una spiegazione comprendente ed avalutativa) e istituzionale
(nel senso che studia i vincoli che le istituzioni sociali pongono sia all’agire
umano sia al senso che gli attori danno al loto agire). L’agire può essere
razionale rispetto al valore (che è desiderabile di per sé) o rispetto allo scopo
(qualcosa che uno o più individui si sono prefissi come obiettivo).
Ciò che Weber studia sono i presupposti (materiali, sociali, economici, culturali,
religiosi) che sono alla base dela nascita delle varie istituzioni; i vincoli che queste
stesse istituzioni pongono; le affinità che possono esistere tra istituzioni anche
molto lontane tra loro (capitalismo ed etica protestante). Lo strumento
fondamentale di ricerca è la costruzione di tipi ideali. Si scelgono gli aspetti
significativi di una data realtà, trascurando quelli irrilevanti, creando un quadro
coerente e privo di contraddizioni. L’idealtipo è una forma pura, non esistente
nella realtà, con cui si possono confrontare le realtà esistenti. Non nasce da
statistiche ma è un concetto qualitativo. Non è un modello morale che vuole
indicare un modo corretto di essere.
La modernizzazione, secondo Weber, è un processo che riguarda il campo
economico sociale e politico ed è stata realizzata dall’avvento del mercato, del
libero scambio e dell’economia monetaria; dall’avvento degli stati basati su un
potere di tipo moderno; dal generale processo di demagizzazione e di assunzione
delle responsabilità da parte dell’uomo.
Il potere è relazionale (presuppone una relazione tra chi comanda e chi è
sottoposto) e specifico (bisogna stabilire circostanze, condizioni e limiti della sua
applicabilità). Se il rapporto di potere si prolunga nel tempo esso deve essere
legittimato ed ha bisogno di un apparato amministrativo che permetta i rapporti
tra le due parti. Potere carismatico: si fonda sulle qualità eccezionali del capo,
manca di regole precostituite (irrazionale) ed è rivoluzionario (nasce dalla
rottura con le istituzioni vigenti). Ha un apparato amministrativo rudimentale ed
ha, tra i rischi, il prolungato esercizio ed il problema della successione. Potere
tradizionale: fonda la sua legittimità su ordinamenti esistenti ‘da sempre’. E’
tipico delle dinastie e presenta il problema che non è richiesta competenza al
capo perché assuma la sua carica. Potere legale o razionale: chi esercita il potere
lo fa legittimato da una nomina legale ed è stato scelto in virtù delle sue
competenze. I suoi comandi sono conformi ad un ordinamento orientato a criteri
astratti e universali. E’ tipico degli stati di diritto.
[Il termine burocrazia: è stato coniato da Vincent de Gournay, in Francia, nel
XVIII secolo e significa il potere degli uffici. La burocrazia dovrebbe implementare
le decisioni politiche ma, nella realtà, può anche ostacolarle. E’ un modo di
organizzare i sistemi sociali. Può avere un’accezione valoriale negativa,
riferendosi al fatto che c’è un appesantimento di regole e procedure superflue
che appiattiscono l’iniziativa individuale].
Secondo Weber L’apparato amministrativo tipico del potere legale è la
burocrazia che, grazie alla sua razionalità è uno strumento tecnico superiore a
qualsiasi altro tipo di amministrazione precedente (apparati amministrativi
feudali, patrimoniali, patriarcali). Il potere burocratico è acefalo, perché non
contiene in sé direttive generali, ma è al servizio di un potere politico. Tra capo
politico e funzionari della burocrazia si sviluppa un rapporto complesso in cui
ognuno ha bisogno dell’altro. La burocrazia, inoltre, è un filtro importante
all’esercizio del potere assoluto. Il successo nel controllo dell’apparato
burocratico può avvenire in quei paesi in cui c’è libertà di stampa e di denuncia e
dove si è formata una classe politica non dilettante, che sappia controllare la
macchina burocratica.
Vediamo le caratteristiche della burocrazia come tipo ideale: dovere di
obbedienza ai superiori in quanto detentori di un ruolo formale; competenza di
ogni dipendente in compiti precisi e specializzati; la gerarchia, come forma di
governo dall’alto verso il basso e di comunicazione dal basso verso l’alto; corso
di studi specializzato (giurisprudenza, scienze politiche); concorsi per entrare e
per passare di livello (la progressione orizzaontale è automatica); permanenza e
sviluppo di carriera lungo tutto l’arco della vita; il lavoro svolto nella burocrazia
deve essere l’attività principale; segreto d’ufficio e rigida separazione tra vita
lavorativa e privata (sul lavoro è richiesta impersonalità, legata alla
sostituibilità); stipendio fisso (non ci sono personalizzazione o premi); non
possesso degli strumenti di lavoro.
Dunque abbiamo una divisione del lavoro in base a leggi e regolamenti,
divisione di poteri e doveri, forte senso del ruolo, forte gerarchizzazione, forte
sistema di autorità, formalizzazione delle procedure. Una burocrazia, in
sostanza, cerca di eliminare o controllare ogni possibile extraorganizzativa sul
comportamento dei suoi membri. Essa risulta essere dunque: (1) una struttura
centralizzata (le decisioni importante vengono prese dal vertice centrale, quelle
di routine dai livelli inferiori); (2) una struttura standardizzata (si rispettano le
procedure in quanto collaudate e per poter sostituire gli addetti,
spersonalizzando il servizio); (3) una struttura rigida ch non prevede
cambiamenti. D’altronde è essa stessa la fonte dei cambiamenti negli ambienti
toccati dalla sua azione.
[Weber aveva l’immagine dell’apparato burocratico prussiano, efficiente,
organizzato ed importante. Rispetto a quel modello ce ne possono essere altri,
cioè altri tipi ideali, varianti di questo tipo ideale. Se in teoria carisma e
tradizione non dovrebbero vigere nelle burocrazie, di fatto questo può accadere.
Il potere carismatico non nasce solo come rottura con un ordine preesistente ma
può nascere all’interno di un’istituzione e recare beneficio. Può nascere ai vertici
o nei gradi intermedi dell’istituzione; l’obbedienza al professionista carismatico
si avvicina a quella razionale prevista dal tipo ideale, ma possono nascere
problemi quando il capo carismatico è in contrasto con altre parti o con il vertice
dell’organizzazione. In una burocrazia ci può essere spazio anche per aspetti
tradizionali quando l’assunzione o la carriera si verificano non in base ai meriti
ma all’appartenenza. Bisogna distinguere in questi casi se a questi meccanismi di
avanzamento per conoscenza si uniscano competenze oppure no].
Gouldner (1954) critica il principio weberiano di competenza disciplinata e
sostiene che una burocrazia possa essere basata o sul principio di competenza
(che si fonda sull’autonomia professionale della competenza, orientata verso
l’iniziativa e non verso il sottostare alle regole; necessaria, in particolare per i
lavori difficilmente parcellizzabili) o sul principio di disciplina. Ciò che sostiene
Gouldner è che quando l’oggetto di lavoro è complesso non è sufficiente svolgere
un compito basato sul proprio ruolo (disciplina), ma sono necessarie competenze
(es. l’organizzazione tayloristica che va in crisi). Anche la leadership può essere
basata sul principio di disciplina o di competenza. I tipi di burocrazia che si
possono creare dipendono, secondo Gouldner, dal valore che dirigenza e
subordinati danno alle norme aziendali e può essere rappresentativa (dirigenza e
subordinati concordano sulle norme), impositiva (una parte impone norme
all’altra) o apparente (entrambe le parti non concorda sulle regole.
Anche Merton (funzionalismo) evidenzia il limite di questo modello
descrittivo di burocrazia. Secondo Merton, compito delle scienze sociali è quello
di cogliere, dietro la funzione apparente di un elemento, la sua funzione latente.
Egli individua i seguenti elementi disfunzionali della burocrazia. (1) Incapacità
(addestrata) di adattarsi al nuovo: è lenta o recalcitrante nel cambiare pratiche,
procedure,
tradizioni
consolidate
(es.
informatica,
trasparenza,
autocertificazione); (2) ritualismo burocratico: la ripetizione elimina il senso di
ciò che si fa e ciò rende incapaci di adattarsi al singolo caso (efficienza delle
procedure come fine); (3) spirito di corpo e orgoglio di mestiere: si formano
caste che proteggono i propri interessi o privilegi professionali a scapito dei
cittadini o delle decisioni politiche; (4) divergenze tra utenza e burocrati: i quali
finiscono per contrapporsi all’utenza anziché offrire un servizio.
Infine bisogna sottolineare che, oltre alle burocrazie pubbliche ci sono quelle
private organizzate burocraticamente. Ci possono essere vari livelli di
burocratizzazione, a seconda del contesto (traumatico o tranquillo); perfino nella
stessa organizzazione (ad esempio, le Forze Armate) questo livello può cambiare
nel tempo, a seconda della dimensione operativa.
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