Sociologia delle organizzazioni – Bonazzi/appunti – cap. 1 Definizioni: un’organizzazione è un sistema di individui (interconnessione) con un sistema di regole (formali ed informali) che si pone determinati obiettivi comuni (che possono o meno coincidere con quelli di ciascun individuo). Alle regole corrispondono dei ruoli (aumentando la complessità dell’organizzazione serve una maggiore attenzione a regole e ruoli). Individui, regole, ruoli e obiettivi costituiscono la parte hard dell’organizzazione. Abbiamo poi la parte soft che riguarda le qualità degli individui e le relazioni (formali, informali, gruppi, leadership) che si instaurano, che incidono sui comportamenti reali nell’organizzazione. Abbiamo poi le tecnologie. Considerazioni iniziali. Le organizzazioni possono essere grandi o piccole, formali o informali, più o meno burocratiche e la posizione degli individui al loro interno può variare molto lungo l’asse della partecipazione e qiello della possibilità di modificare le organizzazioni di cui fanno parte. E’ insufficiente una visione puramente strumentale delle organizzazioni. La disponibilità a dare un contributo ad una organizzazione dipende non soltanto da incentivi materiali ma anche morali, ideali o simbolici, e tale rapporto può cambiare moltissimo a seconda delle caratteristiche degli individui (come nei rapporti con gli altri). E’ insufficiente anche un approccio oggettivistico alle organizzazioni, che oltre ad aspetti strutturali sono fatte di cultura, spirito, atmosfera al loro interno. La sociologia delle organizzazioni non studia solo le organizzazioni socialmente riconosciute, ma qualunque fenomeno organizzativo che sia rilevante per spiegare qualche aspetto della realtà sociale. Oggetto di analisi non sono soltanto le strutture organizzative (gerarchie, norme, procedure, rituali, comunicazioni) ma anche i processi organizzativi. Le organizzazioni come strutture pongono vincoli (normativi, tecnici, economici, culturali) ai soggetti, ma i soggetti, nel loro interpretare e modificare quei vincoli determinano processi che giorno per giorno riproducono e, contemporaneamente, modificano l’organizzazione (processo di strutturazione). Uno dei padri fondatori della sociologia è Max Weber (1864-1920). Il suo metodo è comprendente (la sociologia ha come oggetto di studio l’agire sociale dotato di senso, su cui fornire una spiegazione comprendente ed avalutativa) e istituzionale (nel senso che studia i vincoli che le istituzioni sociali pongono sia all’agire umano sia al senso che gli attori danno al loto agire). L’agire può essere razionale rispetto al valore (che è desiderabile di per sé) o rispetto allo scopo (qualcosa che uno o più individui si sono prefissi come obiettivo). Ciò che Weber studia sono i presupposti (materiali, sociali, economici, culturali, religiosi) che sono alla base dela nascita delle varie istituzioni; i vincoli che queste stesse istituzioni pongono; le affinità che possono esistere tra istituzioni anche molto lontane tra loro (capitalismo ed etica protestante). Lo strumento fondamentale di ricerca è la costruzione di tipi ideali. Si scelgono gli aspetti significativi di una data realtà, trascurando quelli irrilevanti, creando un quadro coerente e privo di contraddizioni. L’idealtipo è una forma pura, non esistente nella realtà, con cui si possono confrontare le realtà esistenti. Non nasce da statistiche ma è un concetto qualitativo. Non è un modello morale che vuole indicare un modo corretto di essere. La modernizzazione, secondo Weber, è un processo che riguarda il campo economico sociale e politico ed è stata realizzata dall’avvento del mercato, del libero scambio e dell’economia monetaria; dall’avvento degli stati basati su un potere di tipo moderno; dal generale processo di demagizzazione e di assunzione delle responsabilità da parte dell’uomo. Il potere è relazionale (presuppone una relazione tra chi comanda e chi è sottoposto) e specifico (bisogna stabilire circostanze, condizioni e limiti della sua applicabilità). Se il rapporto di potere si prolunga nel tempo esso deve essere legittimato ed ha bisogno di un apparato amministrativo che permetta i rapporti tra le due parti. Potere carismatico: si fonda sulle qualità eccezionali del capo, manca di regole precostituite (irrazionale) ed è rivoluzionario (nasce dalla rottura con le istituzioni vigenti). Ha un apparato amministrativo rudimentale ed ha, tra i rischi, il prolungato esercizio ed il problema della successione. Potere tradizionale: fonda la sua legittimità su ordinamenti esistenti ‘da sempre’. E’ tipico delle dinastie e presenta il problema che non è richiesta competenza al capo perché assuma la sua carica. Potere legale o razionale: chi esercita il potere lo fa legittimato da una nomina legale ed è stato scelto in virtù delle sue competenze. I suoi comandi sono conformi ad un ordinamento orientato a criteri astratti e universali. E’ tipico degli stati di diritto. [Il termine burocrazia: è stato coniato da Vincent de Gournay, in Francia, nel XVIII secolo e significa il potere degli uffici. La burocrazia dovrebbe implementare le decisioni politiche ma, nella realtà, può anche ostacolarle. E’ un modo di organizzare i sistemi sociali. Può avere un’accezione valoriale negativa, riferendosi al fatto che c’è un appesantimento di regole e procedure superflue che appiattiscono l’iniziativa individuale]. Secondo Weber L’apparato amministrativo tipico del potere legale è la burocrazia che, grazie alla sua razionalità è uno strumento tecnico superiore a qualsiasi altro tipo di amministrazione precedente (apparati amministrativi feudali, patrimoniali, patriarcali). Il potere burocratico è acefalo, perché non contiene in sé direttive generali, ma è al servizio di un potere politico. Tra capo politico e funzionari della burocrazia si sviluppa un rapporto complesso in cui ognuno ha bisogno dell’altro. La burocrazia, inoltre, è un filtro importante all’esercizio del potere assoluto. Il successo nel controllo dell’apparato burocratico può avvenire in quei paesi in cui c’è libertà di stampa e di denuncia e dove si è formata una classe politica non dilettante, che sappia controllare la macchina burocratica. Vediamo le caratteristiche della burocrazia come tipo ideale: dovere di obbedienza ai superiori in quanto detentori di un ruolo formale; competenza di ogni dipendente in compiti precisi e specializzati; la gerarchia, come forma di governo dall’alto verso il basso e di comunicazione dal basso verso l’alto; corso di studi specializzato (giurisprudenza, scienze politiche); concorsi per entrare e per passare di livello (la progressione orizzaontale è automatica); permanenza e sviluppo di carriera lungo tutto l’arco della vita; il lavoro svolto nella burocrazia deve essere l’attività principale; segreto d’ufficio e rigida separazione tra vita lavorativa e privata (sul lavoro è richiesta impersonalità, legata alla sostituibilità); stipendio fisso (non ci sono personalizzazione o premi); non possesso degli strumenti di lavoro. Dunque abbiamo una divisione del lavoro in base a leggi e regolamenti, divisione di poteri e doveri, forte senso del ruolo, forte gerarchizzazione, forte sistema di autorità, formalizzazione delle procedure. Una burocrazia, in sostanza, cerca di eliminare o controllare ogni possibile extraorganizzativa sul comportamento dei suoi membri. Essa risulta essere dunque: (1) una struttura centralizzata (le decisioni importante vengono prese dal vertice centrale, quelle di routine dai livelli inferiori); (2) una struttura standardizzata (si rispettano le procedure in quanto collaudate e per poter sostituire gli addetti, spersonalizzando il servizio); (3) una struttura rigida ch non prevede cambiamenti. D’altronde è essa stessa la fonte dei cambiamenti negli ambienti toccati dalla sua azione. [Weber aveva l’immagine dell’apparato burocratico prussiano, efficiente, organizzato ed importante. Rispetto a quel modello ce ne possono essere altri, cioè altri tipi ideali, varianti di questo tipo ideale. Se in teoria carisma e tradizione non dovrebbero vigere nelle burocrazie, di fatto questo può accadere. Il potere carismatico non nasce solo come rottura con un ordine preesistente ma può nascere all’interno di un’istituzione e recare beneficio. Può nascere ai vertici o nei gradi intermedi dell’istituzione; l’obbedienza al professionista carismatico si avvicina a quella razionale prevista dal tipo ideale, ma possono nascere problemi quando il capo carismatico è in contrasto con altre parti o con il vertice dell’organizzazione. In una burocrazia ci può essere spazio anche per aspetti tradizionali quando l’assunzione o la carriera si verificano non in base ai meriti ma all’appartenenza. Bisogna distinguere in questi casi se a questi meccanismi di avanzamento per conoscenza si uniscano competenze oppure no]. Gouldner (1954) critica il principio weberiano di competenza disciplinata e sostiene che una burocrazia possa essere basata o sul principio di competenza (che si fonda sull’autonomia professionale della competenza, orientata verso l’iniziativa e non verso il sottostare alle regole; necessaria, in particolare per i lavori difficilmente parcellizzabili) o sul principio di disciplina. Ciò che sostiene Gouldner è che quando l’oggetto di lavoro è complesso non è sufficiente svolgere un compito basato sul proprio ruolo (disciplina), ma sono necessarie competenze (es. l’organizzazione tayloristica che va in crisi). Anche la leadership può essere basata sul principio di disciplina o di competenza. I tipi di burocrazia che si possono creare dipendono, secondo Gouldner, dal valore che dirigenza e subordinati danno alle norme aziendali e può essere rappresentativa (dirigenza e subordinati concordano sulle norme), impositiva (una parte impone norme all’altra) o apparente (entrambe le parti non concorda sulle regole. Anche Merton (funzionalismo) evidenzia il limite di questo modello descrittivo di burocrazia. Secondo Merton, compito delle scienze sociali è quello di cogliere, dietro la funzione apparente di un elemento, la sua funzione latente. Egli individua i seguenti elementi disfunzionali della burocrazia. (1) Incapacità (addestrata) di adattarsi al nuovo: è lenta o recalcitrante nel cambiare pratiche, procedure, tradizioni consolidate (es. informatica, trasparenza, autocertificazione); (2) ritualismo burocratico: la ripetizione elimina il senso di ciò che si fa e ciò rende incapaci di adattarsi al singolo caso (efficienza delle procedure come fine); (3) spirito di corpo e orgoglio di mestiere: si formano caste che proteggono i propri interessi o privilegi professionali a scapito dei cittadini o delle decisioni politiche; (4) divergenze tra utenza e burocrati: i quali finiscono per contrapporsi all’utenza anziché offrire un servizio. Infine bisogna sottolineare che, oltre alle burocrazie pubbliche ci sono quelle private organizzate burocraticamente. Ci possono essere vari livelli di burocratizzazione, a seconda del contesto (traumatico o tranquillo); perfino nella stessa organizzazione (ad esempio, le Forze Armate) questo livello può cambiare nel tempo, a seconda della dimensione operativa.