Trombosi Patogenesi: (1) Danno endoteliale, (2) Stasi e turbolenza del flusso, (3) ipercoagulabilità del sangue. Questa è la “triade di Virchow”. In realtà in nessuno degli scritti di Virchow si trova menzione di una “triade”, sebbene Virchow abbia discusso ciascuno di questi fattori in una lezione del 1845 (aveva 23 anni). Il manoscritto è stato ritrovato nel 1966. Qualsiasi cosa dicesse Virchow diventava legge 1. Danno endoteliale: è il fattore principale, specie nel cuore (endocarditi, valvulopatie) e nel tratto arterioso (aterosclerosi). Anche danni minori come fumo di tabacco (monossido di carbonio). esposizione collagene sottoendoteliale adesione piastrinica Danno dell’endotelio esposizione fattore tissutale e fosfolipidi piastrinici. 1 2. Stasi e turbolenza del flusso: La turbolenza è più importante nella trombosi cardiaca e arteriosa; la stasi in quella venosa Turbolenza altera il flusso laminare marginazione piastrine e contatto con l’endotelio Stasi aumenta la concentrazione locale dei fattori attivati della coagulazione e previene l’afflusso degli inibitori della coagulazione Situazioni con turbolenza: placche aterosclerotiche. Aneurismi Situazioni di stasi: nel cuore stenosi mitralica e fibrillazione atriale; nelle vene varici e lunghe degenze a letto 3. Ipercoagulabilità. Primitive (genetiche): alterazione del Fattore V, mancanze di fattori anticoagulanti (antitrombina III). 2 Secondarie (acquisite): Prolungata degenza a letto e immobilità, Infarto miocardico, Interventi chirurgici, traumi, ustioni con ampio danno tissutale, cancro, protesi valvolari cardiache; inoltre (a basso rischio di trombosi) fibrillazione atriale, miocardiopatia, nefrosi, iperestrogenismo, fumo di tabacco Di particolare interesse: trombocitopenia da eparina non frazionata (anticorpi anti complesso eparina-fattore piastrinico 4); anticorpi antifosfolipide, come nel lupus Morfologia dei trombi I trombi arteriosi si accrescono in direzione retrograda I trombi venosi in direzione del flusso venoso Trombi arteriosi prevalentemente bianchi; di solito parietali o occlusivi Trombi nel cuore con strie di Zahn Trombi venosi rossi, quasi sempre occlusivi, con coda che può staccarsi e costituire un embolo 3 Evoluzione del trombo Propagazione: accumulo di quantità crescenti di piastrine e fibrina fino all’occlusione del vaso Embolizzazione: per frammentazione o distacco Dissoluzione: per attività fibrinolitica Organizzazione e ricanalizzazione Implicazioni cliniche dei trombi Causano ostruzione vasale Sono fonte di emboli Trombosi venosa a) Superficiali possono provocare ulcere varicose b) Profondi possono essere asintomatici e poi provocano embolia polmonare Trombosi arteriosa, frequente nella aterosclerosi. Cardiaci, da danno miocardico, discinesie della parete, danno endocardico e trombo murale; Reumatismo cardicaco stenosi mitralica dilatazione atriale fibrillazione atriale aumento della stasi atriale destra trombosi 4 EMBOLIA Un embolo è una massa estranea rispetto ai normali costituenti del sangue, di natura solida, liquida o gassosa, che viene trasportata dal sangue in una sede lontana dall’origine Nella quasi totalità dei casi gli emboli derivano dalla frammentazione di un trombo (tromboembolia); più raramente sono costituiti da una bolla gassosa (aria o azoto); o da gocce di grasso, originato o dal midollo osseo giallo, o dal colesterolo derivante dal disfacimento di placche aterosclerotiche. Gli emboli si arrestano dove il calibro vasale non ne permette la progressione, occludendo parzialmente o totalmente il circolo con conseguente ischemia e, se non vi sono circoli vicarianti, necrosi ischemica (infarto). Secondo l’origine, venosa o arteriosa, dell’embolo, esso può localizzarsi, rispettivamente, nel polmone o nel circolo sistemico. 5 TROMBOEMBOLIA POLMONARE Incidenza 20-25 su 100.000 pazienti ospedalizzati con tasso di mortalità (mortalità proporzionale, cioè mortalità sul numero dei casi) che è sceso dal 6% al 2% negli ultimi 25 anni. Gli emboli derivano (nel 95% dei casi) da trombosi venose profonde e, attraverso il cuore destro, giungono ad una arteria polmonare: o l’arteria principale, o la biforcazione (emboli a sella) o le arterie più piccole. La maggior parte degli emboli polmonari è silente perché di piccole dimensioni. Vengono poi organizzati e inglobati nella parete vasale. Se più del 60% del circolo polmonare è ostruito si ha morte improvvisa, scompenso del cuore destro (cor pulmonale) e collasso. L’occlusione di arterie di medio calibro provoca emorragia polmonare, ma non infarto, perché il circolo bronchiale supplisce. Ma se c’è insufficienza cardiaca sinistra (ad es. per stenosi mitralica) si ha infarto polmonare. L’occlusione di arterie polmonari terminali causa infarto, ma di piccole dimensioni. Emboli multipli, sommati nel tempo, possono dare ipertensione polmonare cronica con scompenso del cuore destro. 6 TROMBOEMBOLIA SISTEMICA Si tratta di emboli che sono trascinati nella corrente arteriosa. Per l’80% derivano da trombi murali intravascolari, quasi sempre di origine cardiaca (da dilatazione atriale sinistra secondario a reumatismo cardiaco, o da infarti transmurali del ventricolo sinistro). I rimanenti da placche aterosclerotiche ulcerate, da aneurismi e da trombi arteriosi. Si ricordano anche gli emboli paradossi Le sedi di arresto degli emboli sistemici sono le estremità inferiori (75%), il cervello (10%) e poi intestino, rene e milza. Le conseguenze dipendono dalla presenza o meno di un circolo collaterale. 7 EMBOLIA LIPIDICA Le gocce lipidiche derivano di solito da rottura (frattura traumatica) della diafisi di ossa lunghe contenenti midollo osseo prevalentemente adiposo. Il passaggio nel circolo venoso delle gocce lipidiche (che possono poi confluire) è favorito dalla dilatazione dei vasi prossimi al trauma per la condizione di danno tissutale e di shock. Dopo 2-3 giorni dal trauma si hanno i sintomi dell’embolia polmonare. La presenza in circolo di lipidi porta all’adesione piastrinica sulle gocce di grasso, e quindi ad una deplezione piastrinica, con petecchie emorragiche. Aggregazione eritrocitaria ed emolisi può originare una anemia. L’aggregazione piastrinica ed eritrocitaria aggrava l’embolia. La sindrome è complicata dal danno diffuso all’endotelio dagli acidi grassi che si liberano dai lipidi neutri e dai fattori piastrinici e leucocitari che si liberano dagli aggregati embolici. 8 EMBOLIA GASSOSA Bolle di gas presenti nel circolo possono provocare ostruzione. L’aria può penetrare durante manovre ostetriche o per traumi al torace. Si hanno sintomi clinici per quantitativi di aria > 100 ml. Malattia da decompressione: quando si respira aria compressa in immersioni in mare in profondità, o quando si respira improvvisamente aria a bassa pressione in aeroplani non pressurizzati ad alta quota. Durante la respirazione ad alta pressione si discioglie nel sangue e nei tessuti una maggiore quantità di gas respiratori. In particolare l’azoto, che costituisce il 78% dell’aria respirata e che non è, a differenza dell’ossigeno, utilizzato nella respirazione cellulare. Con la decompressione l’azoto si espande in fase gassosa e ostruisce vasi e comprime tessuti e terminazioni nervose (grave sintomatologia dolorosa). Si può avere edema, emorragie e atelettasia polmonare. Terapia: ricompressione e lenta decompressione Forma cronica: Mal dei cassoni, con foci multipli di necrosi ischemica ossea (testa del femore, tibia, omero) 9 INFARTO Area di necrosi ischemica dovuta al blocco dell’apporto arterioso o del drenaggio venoso Cause: il 99% da tromboembolia arteriosa. A volte: vasospasmo locale, espansione ateroma per emorragia interna, compressione neoplastica di un vaso dall’esterno, torsione di un vaso. Sedi: cuore, cervello, polmone, reni. Tipi di infarto Infarto rosso o emorragico: occlusione venosa, tessuti lassi (polmone) tessuti a doppia circolazione (polmone, tenue), tessuti con pregressa congestione venosa (polmone con insufficienza cuore sinistro). Infarto bianco: occlusione arteriosa, in organi solidi come il cuore, la milza, i reni. Forma a cono con apice all’occlusione. Necrosi coagulativa, tranne che nel cervello dove si ha necrosi colliquativa. Area infiammatoria periferica. Fattori che determinano l’instaurarsi di un infarto: Circolazione di tipo terminale Rapidità dell’occlusione Sensibilità all’ipossia Contenuto di O2 nel sangue (più grave l’infarto in caso di anemia o di cianosi) 10