CORSO DI GIORNALISMO DELLA SVIZZERA ITALIANA Anno 2008 - 2009 Comano, 17 ottobre 2008 Docente: Enrico Morresi, MAE Via Madonna della Salute 6 6900 Massagno e-mail: [email protected] La libertà di stampa Il quadro legale e la deontologia 1. Il diritto 1.1. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo La libertà di stampa è un corollario della libertà di coscienza e di espressione. La “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, approvata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, è la sua prima codificazione universale. Art. 19 Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere. 1.2. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo La “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” (CEDU), approvata dal Consiglio d’Europa nel 1950, è vincolante per gli Stati che l’hanno ratificata (la Svizzera nel 1974): (…) Art. 10 1 Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo non impedisce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di cinema o di televisione. 2 L’esercizio di queste libertà, comportando doveri e responsabilità, può essere sottoposto a determinate formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge e costituenti misure necessarie in una società democratica, per la sicurezza nazionale, l’integrità territoriale o l’ordine pubblico, la prevenzione dei disordini e dei reati, la protezione della salute e della morale, la protezione della reputazione o dei diritti altrui, o per impedire la divulgazione di informazioni confidenziali o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario. La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo veglia sul rispetto di queste norme, salvaguardando l’equilibrio con altre norme concorrenti (per es. il rispetto della privacy, art. 8 della CEDU). 1.2. La Costituzione federale La nuova Costituzione federale, approvata dal popolo svizzero il 18 dicembre 1998, specifica i principi relativi ai media nel Titolo secondo (Diritti fondamentali, diritti civici e obiettivi sociali): Art. 17 (Libertà dei media) 1 La libertà della stampa, della radio e della televisione nonché di altre forme di telediffusione pubblica di produzioni e informazioni è garantita. 2 La censura è vietata. 3 Il segreto redazionale è garantito. A differenza della stampa scritta, la Confederazione rivendica la competenza di legiferare in materia di radio e televisione (non solo pubbliche, ma anche private). Art. 93 (Radiotelevisione) 1 La legislazione sulla radiotelevisione nonché su altre forme di telediffusione pubblica di produzioni e informazioni compete alla Confederazione. 2 La radio e la televisione contribuiscono all’istruzione e allo sviluppo culturale, alla libera formazione delle opinioni e all’intrattenimento. Considerano le particolarità del Paese e i bisogni dei Cantoni. Presentano gli avvenimenti in modo corretto e riflettono adeguatamente la pluralità delle opinioni. 3 L’indipendenza della radio e della televisione nonché l’autonomia nella concezione dei programmi sono garantite. 4 Devono essere considerati la situazione e i compiti di altri mezzi di comunicazione sociale, soprattutto della stampa. I diritti fondamentali non sono assoluti. Taluni possono entrare tra loro in conflitto (per es. la libertà d’opinione e d’informazione – art. 16 – e la protezione della sfera privata – art. 13). L’art. 36, a conclusione del capitolo sui Diritti fondamentali, specifica che la restrizione di un diritto fondamentale deve avere una base legale (cpv. 1), deve essere giustificata da un interesse pubblico (cpv. 2) e deve rispettare una certa proporzione con lo scopo (cpv. 3). 1.3. Il divieto della censura – La tutela delle fonti Che cosa significa: “la censura è vietata”? Significa che nello spazio incluso tra la raccolta dell’informazione e la pubblicazione non ci possono essere interferenze delle autorità. (“La phase protégée commence à la source de l’information ou de l’opinion et englobe tous les gestes qui précèdent de travail de la rédaction”, in D. Barrelet, Droit de la communication, Staempfli Editions SA, Berne, 1998, n. 78). Che cosa significa “il segreto redazionale è garantito”? Significa che i giornalisti hanno il diritto di non rivelare la fonte delle notizie (“L’Etat doit aussi respecter le caractère confidentiel des relations existantes entre le journaliste et ses informateurs”, ivi, n. 81). 1.4. Un’eccezione al divieto della censura Un problema particolare sorge a proposito dell’articolo del Codice civile che prevede la possibilità di un intervento giudiziario a tutela della sfera privata delle persone. Nel mio ultimo libro, la situazione attuale giustifica il sottotitolo: “La censura è davvero vietata?” (L’onore della cronaca, p. 66ss). In particolare, i provvedimenti cautelari (art. 28 a-f), sono l’unica forma di intervento preventivo consentito dalla legge svizzera. In pratica, significano la possibilità di bloccare una pubblicazione o una trasmissione in attesa che il giudice possa verificare l’esistenza di una lesione della personalità (art. 28c). La legge prescrive tuttavia alcune limitazioni alla discrezionalità di intervento del giudice: il pregiudizio deve essere particolarmente grave, manifestamente ingiustificato, e il provvedimento non dev’essere sproporzionato. 1.5. Le eccezioni al diritto alla tutela delle fonti L’art. 27 del Codice penale, che afferma la protezione delle fonti, conosce due importanti eccezioni: (a) “se la testimonianza è necessaria per preservare da un pericolo imminente la vita o l’integrità fisica di una persona, oppure (b) se senza testimonianza non è possibile far luce” su alcuni reati gravi specificati al cpv. 2. Un caso particolare relativo a questo diritto riguarda le perquisizioni. Negli ultimi anni si sono moltiplicate le denunce di violazioni di questo principio attribuite a magistrati e agenti di polizia che si presentano nelle redazioni e sequestrano, per es., il disco rigido del computer dei redattori. Un altro problema è quello delle intercettazioni telefoniche: abusi sono stati commessi sia da privati sia da pubblici ufficiali. Non mi risultano denunce di questo tipo in Svizzera. 1.6. Il regime della radiotelevisione I giornalisti che lavorano per la radio e la televisione (sia pubblica, sia privata) sono soggetti a un regime legale particolare. Questo deriva dalla competenza, che la Costituzione federale riconosce alla Confederazione, di legiferare in materia di radio e televisione e su ogni altra forma di telediffusione pubblica di emissioni e informazioni (art. 93 Cst). Importante la precisazione deontologica: “(R e TV) presentano correttamente gli avvenimenti ed esprimono adeguatamente la pluralità delle opinioni”. R e TV non sono enti pubblici – i dipendenti della radio e della televisione non sono impiegati dello Stato, parlare di “radio di Stato” o di “televisione di Stato” è improprio. In particolare, radio e televisione (sia pubbliche, sia private) sono autonome nella concezione dei programmi. Per il servizio pubblico radiotelevisivo valgono tuttavia disposizioni di legge federali che la stampa scritta non conosce. La Legge federale sulla radiotelevisione (1991) e la Concessione rilasciata alla SSR (del 1992, valida per dieci anni) specificano tuttvia mandato e compiti del servizio pubblico. All’art. 3/2 della Concessione si legge in particolare: “Con i suoi programmi la SSR deve segnatamente: a) contribuire alla libera formazione dell’opinione pubblica, mediante un’informazione generale, diversificata e corretta (...). E all’art. 3/5: “I programmi presentano correttamente gli avvenimenti nella loro molteplicità ed esprimono adeguatamente la pluralità delle opinioni. Opinioni e commenti devono essere riconoscibili come tali”. Anche le radio e televisioni private hanno norme relative al servizio pubblico, contenute nelle rispettive Concessioni. Oltre alla gerarchia interna all’organizzazione professionale (capi-edizione,capisettore, capi-dipartimento o capi-rete, direttori), la sorveglianza sul rispetto diqueste direttive spetta a un mediatore istituzionale per regione linguistica (ombudsman), al quale chiunque può rivolgersi per denunciare una violazione della concessione. Contro il giudizio dell’ombudsman è possibile ricorrere all’Autorità indipendente di ricorso (AIR). Contro la decisione dell’AIR è possibile ricorrere al Tribunale federale. Mediatori, ombudsmen e Tribunale federale hanno messo a punto in questi anni una copiosa giurisprudenza, applicando ai casi particolari le disposizioni della Legge e della Concessione. 2. La deontologia In una professione in cui lo Stato può/vuole intervenire il meno possibile, molto importante è l’auto-regolamentazione della categoria. La professione giornalistica si autodisciplina mediante codici d’onore, dichiarazioni di doveri, codici d’azienda, statuti redazionali. Si tratta di disposizioni generali (come la Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti), oppure di disposizioni specifiche per attività molto particolari (come le disposizioni sull’“insider trading” della stampa economica). Nel loro insieme, costituiscono la deontologia professionale dei giornalisti, ossia le regole del mestiere che la professione si è liberamente data. All’atto della richiesta della tessera professionale, i giornalisti sottoscrivono l’impegno a rispettare la Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti. Poiché in Svizzera le organizzazioni dei giornalisti non sono riconosciute dallo Stato come gli ordini professionali di altre professioni, la deontologia si fonda sul diritto privato. L’autocontrollo libera dai condizionamenti della politica ma è privo degli strumenti coercitivi propri del diritto pubblico. Si tratta comunque di direttive che entrano, come nessuna legge potrebbe, a chiarire determinate situazioni, a prevenire gli errori e a sedimentare nel tempo la cultura professionale. La Dichiarazione dei doveri dei giornalisti regola tre grandi categorie: il rispetto della verità (completezza dell’informazione, non-manipolazione delle notizie), il rispetto delle persone (limiti della “privacy”, inchieste mascherate, ascolto della parte criticata), l’indipendenza del giornalista (abuso di informazioni economiche riservate, vantaggi personali o collettivi, confusione tra testo redazionale e pubblicità). Sul rispetto di queste norme veglia il Consiglio Svizzero della Stampa (21 membri, di cui 15 giornalisti attivi e 6 rappresentanti del pubblico). Non ha poteri di sanzione, ma solo di dichiarare se le norme deontologiche sono state, o no, rispettate. CONTENUTI ESSENZIALI DELLA DICHIARAZIONE I doveri: 1. Libertà d’espressione e di critica e diritto del pubblico all’informazione 2. Protezione dell’indipendenza e dell’integrità professionale dei giornalisti (Rifiuto della corruzione, resistenza alle pressioni, segreto professionale, obiezione di coscienza) 3. Rispetto della verità nella ricerca e nell’elaborazione delle informazioni 4. Lealtà dei mezzi usati nella ricerca dell’informazione, diritto d’autore. 5. Rispetto delle persone. 6. Trattamento leale, rinuncia a qualunque discriminazione. I diritti riguardano le condizioni materiali e morali che consentono al giornalista il rispetto dei doveri. Essenzialmente, dunque: a) libertà e indipendenza b) rispetto della verità c) rispetto delle persone 3. L’etica 3.1. Terminologia. La morale è l’insieme dei valori e delle regole che connotano una società, oppure un determinato ambiente. L’etica è l’istanza discorsiva della morale, cioè la sede del confronto tra norme morali confliggenti oppure messe in crisi dagli sviluppi della società. Funzione dell’etica è anche di cercare il fondamento dei valori morali (Es.: la rivelazione divina, la legge naturale, il consenso dei soggetti). 3.1. Il senso morale. Tre verbi modali tedeschi riassumono bene i diversi livelli ai quali si situa il rispetto delle regole da parte del giornalista. Können – Il verbo indica potere, nel senso di “avere la facoltà di…”, “avere la capacità di…”, “essere in grado di…”. Es. Io posso fare il giornalista se ne ho la capacità, la tecnica, i mezzi. Dürfen – Il verbo indica potere, ma nel senso di “avere il permesso di…”, “avere il diritto di…”, “essere autorizzato a…”. Es. Io posso pubblicare questa notizia. Ma non posso violare il codice penale. Sollen – Il verbo indica dovere morale, nel senso dell’obbligo di coscienza. Es. Quando pubblico una notizia devo rispettare la verità non perché sono obbligato ma perché sento in coscienza di doverlo fare. Io potrei pubblicare il tal nome, ma non lo faccio per rispettare i diritti di una persona alla tutela della propria privacy. Esiste dunque tutta una serie di azioni che non dipendono dalla mia capacità di svolgerle, né da una costrizione (fattuale o legale), bensì da una scelta morale. La moderna sociologia descrive ogni azione umana all’interno di un sistema specifico. Esiste il sistema politico, esiste il sistema economico, esiste il sistema mediatico. Ogni sistema determina autonomamente i propri obiettivi, semplicemente funzionali al fine proprio di ogni sistema (il potere per la politica, il profitto per l’economia, l’informazione per i media). La morale, secondo alcuni sociologi, non deve rompere il rapporto tra il sistema e i suoi fini. Il dovere morale non può dunque trovare risposte esaurienti dentro il sistema, deve cercare fuori del sistema alcuni dei fini essenziali da dare all’informazione. Nel mio libro Etica della notizia (Casagrande, 2003) affermo il principio che “l’informazione è un bene pubblico, ed è dunque un’etica pubblica a doverne sostenere princìpi, regole e applicazioni” (pag. 31). 3.2. L’informazione ha dunque come referente la società democratica. Ciò significa che non è la funzione (in senso sociologico) ma il fine (in senso etico) che determina le scelte redazionali. Non, dunque, il profitto, il successo di vendite, il massimo ascolto, l’arrivare primi nella notizie sono gli “ultimi fini” dell’informazione, bensì il servizio al cittadino. Per dare un senso all’informazione bisogna avere un’idea della società che essa serve. Il modello di società più coerente con un tipo ideale di comunicazione è la sfera pubblica (detta da altri autori società civile) delineata da Jürgen Habermas. La società civile è una sfera posta tra il potere politicoamministrativo (in alto) e il potere del mercato (in basso). L’informazione deve essere libera per servire da snodo: “ I mass media “devono intendersi come ‘mandatari’ d’un pubblico illuminato, la cui capacità di apprendimento e di critica essi – nello stesso tempo – presuppongono, pretendono e rafforzano. Analogamente all’apparato giudiziario, anche i mass media devono tutelare la loro autonomia da attori politici e da attori sociali. Essi devono recepire imparzialmente problemi e stimoli espressi dal pubblico, e alla luce di questi temi e di questi contributi esporre poi il processo politico all’obbligo di legittimarsi e di rispondere alle critiche” (Jürgen Habermas) 4. Strumenti di lavoro Il candidato può sviluppare le proprie conoscenze sugli argomenti trattati nei seguenti libri o documenti di uso facile e pratico (in neretto testi da procurarsi senz’altro): Ad 1 Il diritto Franz A. Zölch e Rena Zulauf, Diritto della comunicazione. Manuale per la soluzione di problemi giuridici legati al diritto della comunicazione ed a quello dei mass media. Traduzione e adattamento a cura di Damiano Stefani, Stæmpfli Editore SA, Berna, 2001 [molto consigliato!]. Peter Studer e Rudolf Mayr von Baldegg, Medienrecht für die Praxis, SaldoRatgeber, Zurigo, 20062 Il bel manule di Denis Barrelet, Droit de la communication, Stæmpfli Editions, Berne, 1998, non è purtroppo aggiornato sulla nuova Costituzione federale e le leggi entrate in vigore successivamente. Ad 2 La deontologia - Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti - Direttive del Consiglio svizzero della stampa (in italiano, scaricabili da www.presserat.ch) Ogni candidato deve procurarsi il codice (se esiste) dell’azienda in cui lavora. Ad 3 L’etica Denis McQuail, Sociologia dei media, il Mulino, Bologna, 20014 Enrico Morresi, Etica della notizia, Casagrande, Bellinzona, 2003. Enrico Morresi, L’onore della cronaca, Casagrande, Bellinzona, 2007. ota: il docente è a disposizione in ogni tempo per dare complementi di informazione, specificazioni su questioni particolari e suggerimenti per eventuali approfondimenti.