Solar Decathlon 2014 Attraverso la sinergia casa-utente, il

Solar Decathlon 2014
Attraverso la sinergia casa-utente, il progetto RhOME declina l’efficienza
energetica
Ilaria Montella - architetto e dottoranda all'università di Firenze
Chiara Tonelli - Faculty Advisor Solar Decathlon 2012 e 2014, Dipartimento di Architettura
Università degli studi di Roma TRE
Il modello urbano proposto negli ultimi anni è sempre più incentrato sulle grandi metropoli. Si
stima che ogni settimana siano ben 1,3 milioni di persone a migrare verso le città per
migliorare la qualità della vita. Al punto che ci sono al mondo 25 “megacittà”, enormi
agglomerati urbani con più di 10 milioni di abitanti e, secondo la UN Population Division, ed il World
Economic Forum , nel 2025 ce ne saranno addirittura 35 con una popolazione raddoppiata.
Questi dati prefigurano uno scenario in cui, tra 15 anni, circa due miliardi di persone, un
quarto della popolazione globale, abiteranno nelle 600 maggiori città del mondo che daranno
alloggio a 735 milioni i famiglie arrivando ad un consumo dell’80% del fabbisogno energetico
globale. Sono alcuni dati dello studio del McKinsey Global Institute («Urban world: mapping the
economic power city»), che traccia la crescita economica e l'evoluzione demografica in duemila
città del mondo, di cui 23 italiane, dal 2007 al 2025. Dunque un mondo sempre più
urbanizzato, con la popolazione urbana che cresce di 65 milioni di persone all'anno.
Pur collegate alle reti globali e sedi del potere mondiale, queste città diventano allo stesso
tempo contenitori di una vasta fascia di popolazione a margine che, considerata elemento di
disturbo sociale, abita in contesti poco comfortevoli.
In un rapporto del Censis ad esempio Roma, con riferimento al 2025, è stata descritta come
una città con più anziani e più immigrati che sperano in condizioni di vita migliori per i loro
figli. Dunque l’area romana si attesta come quella con la maggiore presenza di persone
straniere in aumento anche in quanto attrattiva di nuovi flussi così come è emerso dai dati del
Nono Rapporto dell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni in occasione del provvedimento di
emersione di settembre-Ottobre 2012 (13.815 domande in provincia di Roma su un totale di
134.576 in Italia).
Conseguenza
importante
di
ciò,
in
evidenza
sia
nei
paesi
emergenti
che
in
quelli
industrializzati, è rappresentata proprio dalla presenza consistente di una popolazione ai
margini della società che abita contesti abusivi perché non possiede una casa. A questo si
aggiunge anche una
“migrazione” di grandi masse di popolazione che pongono l’accento su
una richiesta abitativa concentrata nelle grandi città e che, non trovando una rapida e concreta
risposta, danno il via allo sviluppo di insediamenti precari.
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È altresì noto come, le utenze da social housing o da edilizia convenzionata, prevedano anche
nuclei
familiari
a
basso
reddito,
mono-parentali,
giovani
coppie,
anziani
in
condizioni
economiche svantaggiate, studenti fuori sede, famiglie con portatori di handicap a ca rico: tutte
categorie svantaggiate cui è destinata l’offerta di alloggi sociali.
Con queste premesse, a fronte dei dati preoccupanti sui consumi energetici del settore edilizio
(fig.1),
fig.1 – percentuale consumi energetici in Europa
ci si chiede quale modello di risposta abitativa ipotizzare per questa fascia della popolazione,
adatto a rispondere in tempi brevi all’emergenza di grandi movimenti di persone, adatto ad
accogliere nuclei familiari piccoli, adatto a produrre edifici a basso costo ma allo stesso tempo
efficienti dal punto
di vista
energetico,
e che si basi su principi di essenzialità per
rappresentare una risposta per tutti e non solo per le fasce più abbienti della società.
Proprio in questo quadro, e in risposta a questi interrogativi, si colloca il tema della
competizione internazionale del Solar Decathlon che, a partire dall’edizione 2014, si affranca
dal modulo di casa unifamiliare, chiedendo ai team in gara lo sforzo di confrontarsi col tema
urbano. Viene richiesto di progettare un modulo-cellula aggregabile (fig.2), ed inseribile nel
costruito dove, le squadre coinvolte, sono chiamate a risolvere le esigenze abitative dei Paesi
di provenienza cercando di unire gli aspetti sociali (case a basso costo e accessibili a tutti) a
quelli di efficienza energetica (case che devono produrre meno di quello che consumano), e a
quelli della riduzione di produzione energetica a vantaggio dell’efficienza (limite sui Kw di p icco
per la produzione energetica).
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fig.2 – cellula scelta da portare a Versailles in competizione
Dopo il podio ed i numerosi premi ottenuti nel 2012, con il progetto “MED in Italy”, l’unico
team italiano ammesso alla competizione del Solar Decathlon Europe 2014, è il team RhOME
interamente composto da un gruppo di studenti e docenti provenienti dal Dipartimento di
Architettura, Ingegneria ed Economia dell’Università di Roma Tre, che gareggerà a Versailles
nel prossimo Luglio con il progetto “RhOME for denCity” (fig.3).
fig.3 – render del prototipo in competizione a Versailles
La tendenza dello sviluppo urbanistico recente, ha evidenziato un consumo smisurato di suolo.
Per tale ragione, le contromisure urbanistiche, già prese da alcuni Comuni, favoriscono il
recupero dei vuoti urbani e delle aree degradate e dismesse, e la densificazione della città
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attraverso uno sviluppo urbano verticale ed il divieto di nuove edificazioni all’esterno di aree
perimetrate.
Il progetto del team RhOME quindi si inserisce proprio nella progettazione di un impianto
urbano per la zona degradata della periferia romana di Tor Fiscale (fig.4 e fig.5) dove, la
presenza di edilizia abusiva e fatiscente, come indicato dal PRG e dallo strumento attuativo del
PRINT (fig.6), richiede interventi di demolizione e ricostruzione, trasferimento a distanza, di
riuso e di nuova edificazione.
fig.4 – foto dell’area
fig.5 – foto dell’area
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fig.6 – PRINT dell’area di Tor Fiscale con indirizzi di intervento
Il progetto è pensato per diventare risposta alle problematiche delle grandi città, adoperando
un metodo replicabile e virtuoso (fig.7) che porti alla micro-rigenerazione urbana delle aree
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considerate attraverso politiche di sviluppo di piccoli interventi che avvicinino gli abitanti al
proprio quartiere migliorandolo con investimenti alla piccola scala volti a rendere le case più
efficienti, i servizi più accessibili, gli spazi più socialmente vivibili.
fig.7 – aree romane individuate in cui è replicabile il progetto
In questa ottica quindi, la tecnologia moderna di trasformazione verso la Smart City, in quanto
rete efficiente (di comunicazione, di trasporto, di servizi, di produzione, di consumi), diventa
“infrastruttura” per costruire delle piccole comunità con grandi potenzialità di riconversione del
territorio da luoghi di confine,
di risulta e abbandonati dagli Enti pubblici, a luoghi vivibili di
socialità.
Mettendo in risalto le risorse locali, piuttosto che i programmi a livello urbano che vedrebbero
l’impiego di enormi capitali, il processo coinvolge proprio i cittadini
rigenerazione sociale,
nel dare inizio alla
degli stili di vita volti ad acquisire un metodo eco-conscio e di
responsabilizzazione, sia per la propria casa che per l’itero quartiere.
Il cuore di questa “inversione di rotta” verso un pezzo di città energeticamente efficiente, è
proprio l’edificio che, operando una sinergia coordinata tra più strategie, mette in atto una
sostanziale riduzione di consumi energetici.
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Il sistema edificio-impianto del progetto “RhOME for denCity” è stato progettato con l’ausilio
della tecnologia BIM capace di modellare ed interconnettere in tempo reale tutte le sfere
inerenti al progetto.
Attraverso l’utilizzo di software parametrici di simulazione dinamica è stato possibile ipotizzare
il comportamento attivo e passivo dell’edificio e validare le scelte della strategia energetica
fissando, fin dall’inizio, i migliori standard di comfort sia per il clima romano (per l’intervento
urbano), che per quello di Versailles (per il prototipo in competizione). Questo processo di
progettazione è iniziato studiando le caratteristiche macroclimatiche dell’area di riferimento per
mettere l’accento sulle condizioni favorevoli e sfavorevoli intorno al quale avrebbero preso
forma gli edifici dell’impianto urbano.
Per questo, simulando le condizioni climatiche e morfologiche, si è arrivati all’interpretazione
formale dell’edificio e all’integrazione tra sistemi attivi e passivi in grado di adattarsi a climi
diversi e agli orientamenti differenti che un lotto urbano è in grado di offrire.
fig.8 – configurazione logge ad L: soluzione distributiva piano-tipo
Reinterpretando dunque la loggia di mediterranea memoria, questa diventa l’elemento chiave
attorno al quale ruota l’impianto distributivo dei singoli appartamenti. Attraverso la scelta di
adottare un doppio fronte di esposizione, ogni loggia dalla forma ad L (fig.7), presenta ben 3
fronti vetrati, caratteristica che permette ad ogni appartamento di avere, indipendentemente
dall’orientamento, almeno una parete della loggia esposta a Sud.
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fig.9 – irraggiamento sulle superfici vetrate delle logge
Questo
aspetto
compromettendo
permette
i
una
rendimenti
flessibilità
energetici
ma
di
orientamento
garantendo
negli
buoni
impianti
guadagni
urbani
termici
non
solari
invernali, e parametri illuminotecnici ottimali in ognuno degli appartamenti (fig.8).
Anche nella progettazione d’involucro, la massima attenzione è stat a posta proprio alle
caratteristiche dei materiali utilizzati perché fossero adatti ad una costruzione leggera in zona
mediterranea.
È noto che edifici in legno solitamente hanno una bassa inerzia termica. Per questo, in climi
che alternano periodi caldi estivi, a periodi invernali più freddi, utilizzare il potere inerziale della
massa termica, può essere molto utile a ridurre l’utilizzo di sistemi di condizionamento.
L’area di progetto romana è caratterizzata da un clima Mediterraneo nel quale la protezione
dalle alte temperature estive, assume una grande importanza in termini di progettazione di
involucro ed in termini sfasamento ed attenuazione del pacchetto.
Per questa ragione la strategia di progetto ha previsto l’inserimento di uno strato di sabbia
(fig.9) lungo alcune porzioni della superficie interna delle pareti allo scopo di contribuire non
solo alla diminuzione dei valori di trasmittanza di involucro aumentandone il ritardo di fase
dell’onda termic a ma, in questo caso, utilizzato strategicamente come volano termico per
mitigare le temperature interne in estate ed in inverno smorzando i picchi e le variazioni
repentine di temperatura.
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fig.10 – pianta della cellula analizzata dell’edificio urbano: superfici con massa
termica in evidenza
Durante i mesi invernali (fig.10 e fig.11) lo strato di sabbia contribuisce ad assorbire di giorno
parte dei guadagni termici interni dovuti alla radiazione solare e al sistema di riscaldamento,
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fig.11 – sezione inverno giorno
10
fig.12 – pianta inverno giorno
restituendoli di notte quando le temperature interne tendono naturalmente ad abbassarsi
(fig.12 -13).
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fig.13 – pianta inverno notte
12
fig.14 – sezione inverno notte
In Estate al contrario, lo strato di sabbia viene utilizzato come volano termico in grado di
assorbire parte del calore durante il giorno, (fig.14-15)
13
fig.15 – sezione estate giorno
fig.16 – pianta estate giorno
restituirlo di notte attraverso la ventilazione naturale incrociata, e contribuire al raffrescamento
diurno quando le temperature esterne sono molto più alte (fig.16).
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fig.17 – pianta estate notte
Inoltre, con il contributo della massa termica e della aperture su entrambi i fronti, il microclima
fruisce dei benefici dovuti alla ventilazione e all’effetto camino (fig.17).
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fig.18 – sezione estate notte
Attraverso il confronto dei risultati delle simulazioni dinamiche, è stato possibile verificare che,
con l’utilizzo dello strato di massa termica interna, è possibile ridurre sensibilmente l’utilizzo
degli impianti di climatizzazione sia invernale che estiva contribuendo sia a diminuire le ore
effettive di accensione degli impianti che la potenza di funzionamento degli stess i.
Particolare attenzione è stata posta anche nella selezione dei materiali utilizzati, scelti perché
fossero materiali naturali, avessero un basso impatto ambientale e poca energia inglobata e
perché le stratigrafie (fig.18) avessero una prestazione termica tale da garantire il rispetto dei
parametri dettati dal DPR 59/09 in merito a trasmittanza termica periodica (YIE (W/m²K))
inferiore a 0,12 W/m²K e al valore di massa superficiale (Ms (kg/m)), superiore a 230 kg/mq.
Da risultati ottenuti infatti, il valore di trasmittanza termica periodica delle pareti esterne si
attesta su 1,1 W/m²K mentre il valore di trasmittanza termica stazionaria si attesta sul valore
di 0,14 W/m²K.
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fig.19 – stratigrafia parete esterna prototipo da competizione a Versailles
Con l’utilizzo del software ProCasaClima 2013, messo a punto dall’Agenzia CasaClima, partner
del Progetto, è stato possibile mettere a punto le stratigrafie e verificare l’efficienza di
involucro e l’efficienza complessiva.
Con l’utilizzo del software SimaPro è stato calcolato il life cycle assessment di tutto l’intervento
urbano. Il materiale principale utilizzato, sia per la struttura che per l’isolamento termico e
finiture, è il legno
perché a basso impatto energetico con un’energia e una quantità di CO2
incorporate molto basse consentendo inoltre di riutilizzare gli scarti di lavorazione come
combustibile nel processo produttivo, e di servirsi di un materiale rinnovabile proveniente d a
foreste certificate con controllo e marchio (FSC). Inoltre il legno, essendo una struttura
leggera, adatta alla produzione prefabbricata con macchine a controllo numerico, richiede
molta meno energia anche nelle fasi di lavorazione e movimentazione in cantiere permettendo
di
abbattere
notevolmente
anche
i costi energetici legati alla
costruzione
dell’edificio
adoperando solo il 5,7% dell’energia necessaria per sollevare lo stesso volume di acciaio.
Grazie alla tecnica di assemblaggio a secco inoltre, i materiali adoperati, possono essere
riutilizzati a fine vita dell’edificio in quanto conservano intatte le loro caratteristiche e proprietà
permettendo quindi un facile disassemblaggio dei singoli strati adoperati ed una reversibilità
dell’intero intervento.
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Per ragioni di smontabilità e trasportabilità, il sistema costruttivo utilizzato per il prototipo è il
platform frame con un isolamento realizzato in fibra di legno a bass a densità, posato tra i
montanti, ed un rivestimento di fibra di legno ad alta densità come cappotto termico uniforme
in facciata. Lo strato di sabbia sfusa, per ragioni di trasporto, nel prototipo di gara viene
posato all’interno di profili di alluminio a sezione rettangolare mentre, nell’edificio stanziale
viene
posato
direttamente
in
intercapedine
consentendo
un
risparmio
notevole
e
la
diminuzione dei carichi concentrati in facciata. Anche l’isolamento termico nell’edificio urbano è
in parte diverso perc hé tra i montanti verticali viene insufflata cellulosa sfusa, ottimo isolante
riutilizzabile nuovamente tramite ri-insufflaggio nelle pareti (fig.19).
fig.20 – stratigrafia parete esterna edificio urbano a Roma
Altri materiali utilizzati in involucro sono il fibrogesso, materiale prevalentemente riciclato e
riutilizzabile per intero all’interno dello stesso ciclo produttivo, il legno laminato ad alta
pressione (Trespa) per i rivestimenti esterni o doghe in legno per facciate ventilate, le gomme
ed il vetro riciclati per le pavimentazioni esterne ed aree pedonali.
Ma efficienza energetica vuol dire progettare sinergia tra involucro ed impianto. Particolare
attenzione dunque è stata posta nella messa a punto del sistema impiantistico ponendo
l’accento non solo sulla produzione ma sul risparmio energetico complessivo.
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Per la produzione energetica del prototipo di gara, è stato scelto un pannello a celle
monocristalline prodotto dall’azienda Solbian con una potenza nominale del singolo modulo di
51 W ed efficienza del 20,5%.
Il fotovoltaico è posizionato su un sistema scorrevole utilizzato anche per l’ombreggiamento
della loggia esposta a Sud. I moduli utilizzati infatti non presentano il rischio di rottura perché
realizzati con tecnopolimeri termoplastici ad alta resistenza fisica e flessibilità che dunque li
predispone per essere adattati a diverse forme geometriche.
Il regolamento della competizione, da questa edizione, premia l’efficienza di involucro a
discapito della produzione energetica. Per questo fissa a 5 kWp il limite di potenza installata.
Per tale limitazione quindi i moduli in copertura sono 75 (collegati solo 74 per non superare a
potenza di picco concessa dal regolamento) mentre quelli in facciata 24 per un totale di 24,5
mq ed una potenza nominale di 4,99 kWp.
L’impianto del prototipo quindi, con la configurazione a pensilina aperta, ha una produzione
annua di 4107 kWh mentre, con la configurazione chiusa, ha una produzione di 3755 kWh.
Per la produzione energetica nell’edificio urbano invece, la strategia ha previsto due tipi di
gestione separata, quella condominiale che alimenta gli impianti di climatizzazione privati e
condominiali, e la gestione privata per il consumo delle singole abitazioni.
Nello specifico, la gestione condominiale consta di 240 panelli in copertura, e 24 pannelli su
persiane scorrevoli ed inclinabili.
Dalle simulazioni dinamiche, è stato possibile verificare che, con la configurazione di persiana
aperta, la produzione elettrica annuale è superiore rispetto alla configurazione con persiana
chiusa (fig.20).
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fig.21 – produzioni fotovoltaiche edificio impianto urbano a Roma
Dal punto di vista impiantistico, la soluzione adottata per l’impianto urbano è un sistema
autonomo di pompa di calore con centralizzazione dei consumi e della produzione di energia da
fonte rinnovabile.
In particolare la soluzione impiantistica integra varie soluzioni presenti sul mercato, per gestire
temperatura, qualità ed umidità dell’aria (fig.21).
Al centro di questo impianto integrato troviamo la HPSU Rotex Daikin formata da tre unità:
Unità interna (Bi -Bloc ), unità esterna ( Altherma ) , serbatoio di accumulo (Hybrid cube ).
Il serbatoio di accumulo dà il maggior contributo al sistema alimentando riscaldamento e
raffrescamento a pavimento. Il sistema di ventilazione invece è costituito dal recuperatore di calore
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fornito da Eurotherm che, non avendo un compressore interno, è alimentato anch’esso dall’HPSU che
alimenta batterie ad acqua.
L’HPSU gestisce anche l’accumulo di ACS prodotta da un sistema termodinamico composto dal
pannello prodotto dall’azienda CGA.
fig.22 – interazione tra sistemi impiantistici
L’HPSU gestisce anche l'accumulo di acqua calda sanitaria che viene prodotta dal sistema
con
pannello termodinamico prodotto dalla CGA e la pompa di calore interna senza accumulo,
chiamato Solar Box prodotto invece da ENERGIE.
Il recuperatore di calore del sistema di VMC, provvede al recupero dell’energia termica dell’aria
attraverso uno scambiatore di calore interno che permette ai condotti di entrata ed uscita di
avere uno scambio termico e garantire un risparmio energetico perché l’aria trattata sarà già
ad una temperatura superiore.
All’interno del recuperatore di calore non è presente il compressore interno ma batterie ad
acqua alimentate dalla pompa di calore Daikin Rotex che dunque necessita di un basso
consumo energetico per il controllo della qualità dell’aria (CO2 e VOC) e dell’umidità interna.
Il macchinario utilizzato inoltre è dotato di un by-pass automatico che permette di effettuare
unicamente ventilazione naturale, senza recupero di calore, quando le condizioni climatiche
esterna sono più favorevoli rispetto a quelle interne. Inoltre il recuperatore scelto, integra al
suo interno anche un sistema di ricircolo dell’aria interno-interno che, collegato ad un sistema
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di sensori di CO2 e VOC, permette di riutilizzare l’aria già trattata, provvedendo unicamente ad
umidificarla o deumidificarla.
Nell’edificio del progetto urbano invece, l’unità interna potrà essere collocata in un armadio
tecnico all’interno del 3D core ma, a differenza del prototipo di Versailles, le unità esterne
saranno collocate sul vano scala ad una distanza inferiore ai 30 metri possib ili per questo tipo
di impianto (fig.22).
fig.23 – schema collocazione impianti nell’edificio urbano a Roma
Affinchè sia possibile un’efficienza partecipata, è necessario che l’utente divenga protagonista e
“stratega” dei consumi della propria casa.
Gli stili di vita generano però un diverso modo di abitare le case ed un tipo di popolazione a
margine, ha richieste e standard diversi. Per questo la sfida è chiedersi come gli stili di vita di
alcune fasce di popolazione, possano determinare anche un modo diverso di progettare le case
e come, la formazione di questo tipo di abitante all’utilizzo della sua casa, possa miglio rare il
funzionamento
della
stessa
rendendo
l’abitante
protagonista
principale
dell’efficienza
complessiva della propria casa e del quartiere
Al fine di educare l’utente alla comprensione della propria casa ed indirizzarlo all’utilizzo
sapiente dei dispositivi di risparmio energetico, la casa è stata dotata di un sistema dwell!
Composto da un insieme di interfacce di monitoraggio della casa composto da tre strumenti
principali: dwell! dashboard, dwell! digital mirror (fig.23-24), dwell! discovery
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Il primo permette all’utente, attraverso una scala cromatica e numerica di riferimento, di
visualizzare i valori istant anei monitorati nell’abitazione utili per indirizzare la strategia di
utilizzo.
Il secondo è composto da un’interfaccia webgl nella quale l’utente ha facoltà di muoversi
virtualmente nella propria casa scoprendo sia i dati di consumo e produzione dell’abitazione
legati
al
comfort,
che
gli
aspetti
energetici
legati
al
quartiere
urbano.
fig.24 – Digital mirror esterno
fig.25 – Digital mirror interno
Il terzo è composto da grafici di produzione, consumo, comfort, che permettono all’utente di
poter visualizzare sia i dati storici che istantanei della propria casa.
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Mettere in luce come un edificio sia virtuoso oppure no e soprattutto come il comportamento
dell’utente sia il volano principale per garantire il risultato cercato, non può essere operazione
puramente teorica. Il luogo casa è sempre l’espressione di un modo di essere, di un modo di
vivere il proprio spazio, di una ricerca personale di comfort legata inevitabilmente alle abitudini
di vita e alla metamorfosi che esse nel tempo creano nei luoghi abitati.
Per tale ragione, gli automatismi tra i sistemi di rilevamento dei dati e le azioni conseguenti
messe in essere dai comuni sistemi di gestione avanzata della casa, poco si adattano
all’esigenza mutevole dell’abitante reso di solito spettatore di una casa estranea che vive di
vita propria.
Per questa ragione l’approccio integrato e sinergico uomo-casa, deve essere orientato sulla
consapevolezza capace di rendere l’utente protagonista del suo comfort e del controllo
microclimatico e non unicamente spettatore passivo di un processo, pensato per lui, ma che
avviene da sè.
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