Le Basi Fisiche della Relativit`a Generale e la derivazione delle

Capitolo
5
Le Basi Fisiche della Relatività Generale e la
derivazione delle Equazioni di Friedmann
Fino ad ora ci siamo occupati di caratterizzare la “geometria” di un universo omogeneo
ed isotropo in espansione uniforme ottenendo la metrica di Robertson e Walker
´ r ¯`
˘ı
aptq2 ”
ds2 “ dt2 ´ 2 dr2 ` R2 sin2
dθ2 ` sin2 θdφ2
c
R
Adesso dobbiamo metterci la “fisica” ed è chiaro che, poichè il nostro universo in generale
è “curvo”, dovremo utilizzare le equazioni della Relatività Generale.
La Relatività Generale è presentata in altri corsi mentre qui ci limiteremo ad una
rapida panoramica per poter giungere al risultato che ci interessa, ovvero l’utilizzo della
metrica RW con le equazioni di campo di Einstein per ottenere le equazioni che regolano
aptq.
Il concetto di Relatività riguarda le trasformazioni subite dalle leggi della Fisica a
seguito di trasformazioni dinamiche, ovvero che coinvolgono il tempo, come ad esempio
le trasformazioni tra sistemi di riferimento in moto l’uno rispetto all’altro. Particolare
importanza è rivestita dal fatto che le leggi della Fisica non debbano dipendere dal sistema
di riferimento: in sostanza, non si dovrebbero avere sistemi di riferimento “assoluti” ed il
Principio Cosmologico non esprime altro che questo stesso concetto.
La Relatività Galileiana stabilisce l’invarianza formale o covarianza delle equazioni
della Meccanica Classica per trasformazioni di Galileo ovvero per trasformazioni tra sistemi di riferimento in moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro; questi sistemi di
riferimento sono detti inerziali. Questa covarianza implica che con le leggi della Meccanica
Classica non è possibile definire un sistema di riferimento assoluto.
La covarianza per trasformazioni di Galileo non si applica alle equazioni di Maxwell per
le quali potrebbe quindi esistere un sistema di riferimento assoluto, l’etere. L’esperimento
di Michelson e Morley aveva proprio lo scopo di misurare la velocità della luce rispetto
all’etere.
La Relatività Speciale di Einstein invece stabilisce che le trasformazioni appropriate
per i sistemi inerziali sono quelle di Lorentz. Le equazioni di Maxwell sono covarianti
per trasformazioni di Lorentz e quindi non è più possibile definire un riferimento assoluto
(l’etere). Anche le equazioni della Meccanica Classica possono essere scritte in forma
covariante per trasformazioni di Lorentz. Nel limite in cui v{c ! 1, le trasformazioni di
Lorentz si riducono alle trasformazioni di Galileo e le equazioni della Meccanica Classica
ritornano alla forma covariante per trasformazioni Galileiane. Con la Relatività Speciale
2
Le Basi Fisiche della Relatività Generale e la derivazione delle Equazioni di
Friedmann
si arriva all’introduzione di un continuo quadridimensionale spazio-tempo caratterizzato
da una geometria non-Euclidea con metrica
ds2 “ dt2 ´
dl2
c2
(5.1)
detta metrica di Minkowski.
Le trasformazioni di Lorentz, la metrica di Minkowski e la Relatività Speciale in genere
riguardano i sistemi di riferimento inerziali cosı̀ come accadeva per la relatività Galileiana.
Come è possibile trattare i riferimenti inerziali espandendo la teoria della relatività speciale? Come tener conto delle forze “apparenti” che potrebbero comparire come avviene
per la trattazione classica della meccanica in un sistema di riferimento inerziale?
Il punto di partenza di Einstein fu l’equivalenza tra la massa inerziale e la massa
gravitazionale, come suggerito dall’esperimento di Eötvös. In pratica Einstein partı̀ dalla
semplice considerazione che una persona in caduta libera non percepisce il proprio peso.
Infatti il secondo principio della dinamica afferma che
F~i “ mi~a
(5.2)
con mi massa inerziale, ovvero la “resistenza” di un corpo ad essere accelerato da una
forza. La legge di gravitazione universale di Newton, applicata in un campo gravitazionale
costante come quello sulla superficie della Terra, afferma invece
F~g “ mg~g
(5.3)
mg~g “ mi~a
(5.4)
per cui applicando il II principio si ha
Ponendosi in un riferimento in caduta libera ovvero con accelerazione ~a (quindi non inerziale) si ha che l’accelerazione è nulla ma la forza totale contiene un contributo dovuto
alle forze apparenti per cui si può scrivere
mg~g ´ mi~a “ 0
(5.5)
il primo membro rappresenta la forza, il secondo membro il prodotto di massa ed accelerazione nel riferimento accelerato. Se mi “ mg allora ~a “ ~g e la forza percepita nel
riferimento in caduta libera è
F~ “ mg~g ´ mi~a “ 0
(5.6)
ovvero non si sente il proprio peso!
Più in generale possiamo eliminare la forza di gravità passando ad un sistema di
riferimento non inerziale in caduta libera in un campo gravitazionale da cui si deduce che
le forze apparenti dei sistemi non inerziali e le forze gravitazionali devono avere la stessa
origine.
E’ importante notare come la gravità possa essere eliminata solo localmente ovvero
nelle regioni dello spazio dove si può considerare costante. Quindi in un’opportuna regione di un qualsiasi campo gravitazionale è possibile effettuare una trasformazione di
coordinate che riduca le equazioni alla forma tipica di un sistema inerziale, ovvero alle
equazioni della Relatività Speciale.
Dopo questa breve introduzione, possiamo passare a vedere quelle che sono le basi
fisiche utilizzate da Einstein per la teoria della Relatività Generale.
5.1 Esempio 1: il redshift gravitazionale
3
1. Il Principio di Relatività: le leggi della fisica sono covarianti per trasformazioni di
coordinate (ovvero mantengono la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento).
2. Il Principio di Equivalenza: massa inerziale e gravitazionale sono uguali, mi “ mg ,
per cui in ogni punto dello spazio-tempo ed in un qualsiasi campo gravitazionale è
possibile scegliere un sistema di riferimento inerziale locale tale che, in un regione
piccola dello spazio, le leggi della fisica abbiano la stessa forma che in un sistema
cartesiano non accelerato in assenza di gravità (ovvero la stessa forma nel caso della
Relatività Speciale).
3. Il Principio di Mach: le proprietà inerziali locali sono determinate dalla distribuzione di materia ed energia.
Mettendo insieme (1) e (2) è chiaro che posso ottenere le leggi della fisica a partire
da quelle scritte nell’ambito della Relatività Speciale e che devo soltanto trovare il modo
di scriverle in forma covariante ovvero invariante per trasformazione di coordinate nello
spazio tempo considerato che sarà caratterizzato da una metrica
ds2 “ gµν xµ xν
(5.7)
e che sarà in generale uno spazio-tempo descritto da una geometria Riemanniana.
La (3) ci permette di collegare gµν alla distribuzione di materia ed energia nello spazio
tempo e quindi di conoscere gµν ovvero la geometria dello spazio.
Si noti come la Relatività Generale sia una teoria intrinsecamente non-lineare: infatti
un campo gravitazionale dovuto ad una distribuzione di massa genera una certa densità
di energia locale in ogni punto dello spazio; dato che E “ mc2 , questo significa che
c’è una certa densità di massa inerziale associata al campo gravitazionale che è a sua
volta sorgente di campo gravitazionale. Questo caso del campo gravitazionale è diverso
dal campo elettrico: quest’ultimo genera una certa densità di energia in ogni punto dello
spazio e quindi una corrispondente densità di massa. Ma la massa non genera un’ulteriore
carica elettrica e quindi non genera ulteriore campo elettrico.
Quando Einstein ricercò la forma più generale di trasformazione tra sistemi di riferimento per metriche della forma
ds2 “ gµν xµ xν
(5.8)
scoprı̀, grazie al suo amico matematico Marcel Grossman, che queste erano date dalle
geometrie Riemanniane il cui difetto era quello di essere “non lineari”. In realtà Einstein
si rese subito conto che la non linearità era un vantaggio delle geometrie Riemanniane
perché la teoria della gravità, come abbiamo appena visto, deve essere intrinsecamente
non lineare.
Vediamo adesso due esempi elementari che però ci aiutano a capire come il principio
di equivalenza abbia conseguenze profonde per la nostra comprensione della natura dello
spazio tempo in un campo gravitazionale.
5.1
Esempio 1: il redshift gravitazionale
Consideriamo un riferimento stazionario posto in un campo gravitazionale uniforme ~g . In
base al principio di Equivalenza, questo riferimento è equivalente ad un riferimento non
inerziale uniformemente accelerato con ~a “ ~g (figura 5.1). Ovvero, un osservatore posto
all’interno dell’ascensore non è in grado di distinguere tramite qualsiasi tipo di misura
4
Le Basi Fisiche della Relatività Generale e la derivazione delle Equazioni di
Friedmann
se si trova in un sistema inerziale posto in un campo gravitazionale o se si trova in un
sistema non inerziale uniformemente accelerato.
~a =
h
~g
~g
~v = ~at
Figura 5.1: Ascensore stazionario in un campo gravitazionale uniforme ~g (sinistra) e
ascensore soggetto ad accelerazione uniforme ~a “ ´~g (destra). In base al principio di
equivalenza di Einstein, un osservatore posto dentro l’ascensore non è in grado di capire
in quale dei due casi si trovi.
Consideriamo un’onda elettromagnetica di frequenza ν che si propaga dal soffitto al
pavimento dell’ascensore e supponiamo che ~a sia piccola. Se h è l’altezza dell’ascensore,
l’onda e.m. impiega un tempo t “ h{c per giungere dal soffitto al pavimento dell’ascensore. In base al principio di equivalenza i due ascensori in figura 5.1 sono perfettamente
equivalenti come sistemi di riferimento. Pertanto possiamo considerare la propagazione
del fotone nel caso del riferimento accelerato. Al tempo t in cui i fotoni raggiungono il
pavimento, questo sarà stato accelerato a velocità
u “ at “ |~g |t
(5.9)
quindi, poiché t “ h{c
|~g |h
(5.10)
c
Per effetto Doppler l’onda è osservata dal pavimento a frequenza maggiore di quella a cui
è stata emessa dal soffitto e, al primo ordine in u{c, si ha
ˆ
˙
´
u¯
|~g |h
1
ν “ν 1`
“ν 1` 2
(5.11)
c
c
u“
~ con φ potenziale gravitazionale, si può scrivere
Dal momento che ~g è costante e ~g “ ´∇φ,
|~g | “ ´
∆φ
h
(5.12)
5.1 Esempio 1: il redshift gravitazionale
5
quindi
ˆ
h
∆φ S
ν “ν 1´
h c2
S
˙
1
(5.13)
ovvero
ˆ
∆φ
ν “ν 1´ 2
c
˙
1
(5.14)
Questa è la formula del “redshift gravitazionale” zg nel limite “Newtoniano”. Ricordando
che
ν ´ ν1
λo ´ λe
“
(5.15)
zg “
λe
ν
si ottiene infime
∆φ
zg “ 2
(5.16)
c
Poichè nel nostro caso il fotone passa da soffitto a pavimento, ∆φ ă 0 che implica zg ă 0,
ovvero un blueshift. Se la luce si fosse propagata dal pavimento al soffitto avremmo ottenuto l’effetto opposto ovvero un redshift. Quindi la frequenza delle onde elettromagnetiche
dipende dal campo gravitazionale in cui si propagano.
Un test di zg fu proposto da Eddington nel 1924: il valore di zg per le righe nello
spettro di una nana bianca, Sirio B, doveva essere pari a c zg “ 20 km s´1 . Nel 1925
Adams misurò un valore di 19 km s´1 .
Consideriamo adesso l’espressione trovata in precedenza
˙
ˆ
∆φ
1
(5.17)
ν “ν 1´ 2
c
ed esprimiamola in funzione dei periodi ricordando che ∆φ{c2 ! 1
ˆ
˙
∆φ
1
1
1´ 2
“
T1
T
c
ovvero
T
˘ »T
T “`
1 ´ ∆φ
2
c
1
ˆ
∆φ
1` 2
c
(5.18)
˙
(5.19)
L’espressione
ˆ
1
T “T
∆φ
1` 2
c
˙
(5.20)
è la stessa della dilatazione dei tempi tra sistemi di riferimento inerziali in relatività
speciale. Questa espressione deve valere esattamente per ogni intervallo temporale per
cui, in generale, si deve avere
ˆ
˙
∆φ
1
(5.21)
dt “ dt 1 ` 2
c
Assumiamo adesso che φp8q “ 0 e teniamo conto del fatto che ∆φ “ φprq ´ φp8q allora
ˆ
˙2
φprq
12
2
dt “ dt 1 ` 2
(5.22)
c
e, poichè φprq{c2 ! 1 si ha infine
ˆ
12
2
dt “ dt
φprq
1`2 2
c
˙
(5.23)
6
Le Basi Fisiche della Relatività Generale e la derivazione delle Equazioni di
Friedmann
Se consideriamo l’espressione Newtoniana per φ generato da una massa puntiforme M
φprq “ ´
si ottiene
ˆ
12
2
dt “ dt
GM
r
GM
1´2 2
rc
(5.24)
˙
(5.25)
e quindi, data la metrica di Minkowski ds2 “ dt1 2 ´ 1{c2 dl2 , possiamo scrivere
ˆ
˙
2GM
1 2
2
2
ds “ dt 1 ´
´
dl
rc2
c2
(5.26)
I coefficienti della metrica diventano ben più complessi di quelli dello spazio tempo di
Minkowski quando si tenta di considerare l’effetto della gravità!
Si noti come dt1 , dl sono il tempo e lo spazio misurati da un osservatore in un punto del campo gravitazionale, mentre dt è l’intervallo di tempo misurato dall’osservatore
all’infinito.
5.2
Esempio 2: la curvatura dei raggi di luce
Abbiamo appena visto come il principio di equivalenza porti al cambiamento di dt nella
metrica. Vediamo adesso come anche dl debba cambiare. Utilizziamo nuovamente il
principio di equivalenza e sostituiamo un ascensore stazionario nel campo ~g con uno in
un campo gravitazionale nullo ma uniformemente accelerato con ~a “ ´~g . Consideriamo
un raggio di luce che si propaga orizzontalmente una parte all’altra dell’ascensore.
~a =
l
~g
1 2
gt
2
~g
Figura 5.2: Ascensore stazionario in un campo gravitazionale uniforme ~g (sinistra) e
ascensore soggetto ad accelerazione uniforme ~a “ ´~g (destra). In base al principio di
equivalenza di Einstein, un osservatore posto dentro l’ascensore non è in grado di capire
in quale dei due casi si trovi.
5.2 Esempio 2: la curvatura dei raggi di luce
7
Nel tempo t in cui il raggio percorre la distanza l per andare da un lato all’altro,
l’ascensore si muove diverso l’alto di un tratto
1
∆l “ gt2
2
(5.27)
pertanto, nel riferimento dell’ascensore il raggio di luce compie un percorso parabolico.
Supponiamo di poter approssimare il percorso parabolico con un arco di circonferenza di
~a =
~g
l
1 2
gt
2
d
1 2
gt
2
1 2
gt
2
2
Figura 5.3:
accelerato.
Geometria della propagazione della luce nell’ascensore uniformemente
raggio R (figura 5.3). Allora risulta
1
d sin φ “ |~g |t2
2
poichè φ ! 1, sin φ « φ e quindi dall’equazione precedente si ottiene
|~g |t2
φ“
2d
(5.28)
Confondendo l’arco con la corda, il raggio di curvatura della traiettoria R è dato da
R2 »
d2
d2
d4
2
“
4d
“
4φ2
4|~g |2 t4
|~g |2 t4
(5.29)
Si può anche scrivere che
d cos φ “ l Ñ d « l “ c t
(5.30)
poichè cos φ « 1. Infine si ottiene
R2 “
4
c4 tS
S
4
|~g |2 tS
S
(5.31)
8
Le Basi Fisiche della Relatività Generale e la derivazione delle Equazioni di
Friedmann
ovvero
R“
c2
|~g |
(5.32)
con R raggio di curvatura del raggio di luce. Quanto trovato per il riferimento uniformemente accelerato è perfettamente equivalente a quello che succede nel riferimento nel
campo gravitazionale uniforme. Se ne conclude che il cammino della luce dipende dall’accelerazione gravitazionale locale ~g . Poichè questa dipende dal gradiente del potenziale
gravitazionale ne consegue che il cammino dei raggi di luce dipende, a sua volta, dalla
distribuzione di massa.
5.3
Alcuni concetti utili
Prima di procedere oltre ed arrivare a scrivere le equazioni di Einstein che legano la metrica dello spazio tempo alla distribuzione di massa-energia, dobbiamo richiamare alcuni
concetti matematico-geometrici.
~ è un vettore nello spazio tridimensionale, posso definire il quadrivettore nello
Se A
spazio tempo
~ “ pA0 , A1 , A2 , A3 q
Aµ “ pA0 , Aq
(5.33)
~ Quando il
con A0 componente temporale e A1 , A2 , A3 componenti spaziali del vettore A.
µ
quadrivettore è indicato con A (indice in alto) si intende rappresentato in componenti
controvarianti, ovvero quelle componenti che si trasformano come il vettore spostamento
differenziale per un cambio di coordinate.
Se gµν è il tensore metrico si ha
ds2 “ gµν dxµ dxν
(5.34)
dove si è usata la convenzione di Einstein, in base alla quale gli indici ripetuti rappresentano una somma: nel caso di ds2 l’espressione è equivalente a
2
ds “
4 ÿ
4
ÿ
gµν dxµ dxν
(5.35)
µ“0 ν“0
dxµ è il quadrivettore spostamento infinitesimo.
Il tensore metrico determina il modo di calcolare il prodotto scalare tra due (quadri)vettori che è quindi legato alla metrica:
A ¨ B “ gµν Aµ B ν
(5.36)
Il tensore metrico permette anche di ottenere le componenti covarianti di un vettore
ovvero quelle che si trasformano come l’operatore gradiente di funzione per un cambio di
coordinate:
Aµ “ gµν Aν
(5.37)
quindi il tensore metrico gµν serve anche ad “abbassare” gli indici. Esistono anche le
componenti controvarianti del tensore metrico tali che
Aµ “ g µν Aν
(5.38)
g µν gνλ “ δ µλ
(5.39)
e ovviamente deve risultare
5.4 Le equazioni di campo di Einstein
9
con δ µλ delta di Kronecker (δ µλ “ 1 se µ “ λ, δ µλ “ 0 se µ ‰ λ). In sostanza, le componenti
controvarianti e covarianti del tensore metrico sono l’una l’inversa dell’altra.
Consideriamo adesso una trasformazione di coordinate x Ñ x1 e calcoliamo lo Jacobiano non singolare della trasformazione
1
1
Λµµ
Bxµ
“
Bxµ
(5.40)
Con una notazione più compatta si può scrivere
1
1
Λµµ “ Bµ xµ
(5.41)
e l’operatore gradiente
Bµ “
B
Bxµ
(5.42)
è dato in componenti covarianti.
Data questa definizione di Jaocobiano di una trasformazione di coordinate si può
quindi dire che Aµ è un quadrivettore se e solo se si trasforma come
1
1
Aµ “ Λµµ Aµ
(5.43)
Un tensore è un oggetto a più indici che si trasforma con una combinazione di Jacobiani
in modo da trasformare ogni indice come per un quadrivettore. Pertanto un tensore è
caratterizzato da
1
1
M µν 1 “ Λµµ Λνν 1 M µν
(5.44)
Come già detto gµν è un tensore quindi, date le proprietà dei tensori, è facile verificare
che
ds2 “ gµν dxµ dxν
(5.45)
è un invariante scalare.
5.4
Le equazioni di campo di Einstein
Ricordiamo adesso le basi su cui Einstein ha fondato la Relatività Generale:
1. il Principio di Relatività (covarianza delle leggi della natura per trasformazione di
coordinate)
2. il Principio di Equivalenza (cancellazione locale della gravità in un sistema non
inerziale)
3. il Principio di Mach (gµν dipende dalla distribuzione di massa-energia).
Consideriamo una particella che si muove liberamente sotto l’azione delle sole forze
gravitazionali; per il principio di equivalenza deve esistere un sistema di riferimento di
coordinate localmente inerziali ξ α per le quali valga
d2 ξ α
“0
dτ 2
(5.46)
con τ tempo proprio e d2 ξ α {dτ 2 quadriaccelerazione, che è ovviamente nulla per come
abbiamo scelto il riferimento ξ α .
10
Le Basi Fisiche della Relatività Generale e la derivazione delle Equazioni di
Friedmann
In un qualsiasi riferimento xµ il moto dovuto alle sole forze gravitazionali risulta essere
µ
ν
d 2 xµ
λ dx dx
“0
(5.47)
`
Γ
µν
dτ 2
dτ dτ
dove d2 xµ {dτ 2 è la quadriaccelerazione e il secondo termine, che svolge il ruolo di forza
gravitazionale, deriva dal cambiamento di coordinate ξ α Ñ xµ esprimibile come
ξ α “ Λ α µ xµ “
Bξ α µ
x
Bxµ
(5.48)
La soluzione dell’equazione 5.47 fornisce l’equazione della geodetica nel riferimento xµ .
Γλµν prende il nome di connessione affine ed è data da
Γλµν “
Bxλ B 2 ξ α
Bξ α Bxµ Bxν
(5.49)
ηαβ è il tensore metrico di Minkowski nel sistema di riferimento ξ α , in cui vale la Relatività Speciale per la totale assenza di forze per cui il tensore metrico gµν nello spazio di
coordinate xµ è dato dalla trasformazione
gµν “ ηαβ
Bξ α Bξ β
Bxµ Bxν
(5.50)
questa espressione permette di ottenere gµν a partire da ηαβ e dalla trasformazione di
coordinate. Si può infine dimostrare che la connessione affine Γλµν è esprimibile con i
Simboli di Christoffel
1
Γλµν “ g λσ pBµ gσν ` Bν gσµ ´ Bσ gµν q
2
(5.51)
Adesso dobbiamo cercare una relazione tensoriale che leghi la metrica, ovvero il tensore metrico gµν e le sue derivate, alla distribuzione di materia ed energia che posso
rappresentare con il tensore energia-impulso.
Si può dimostrare che, a partire dal tensore metrico gµν e dalle sue derivate prime e
seconde può essere costruito un solo tensore, detto Tensore di curvatura di Riemann
Rλ µνσ “ Bν Γλ µσ ´ Bσ Γλ µν ` Γη µσ Γλ ην ´ Γη µν Γλ ησ
(5.52)
A partire dal tensore di curvatura di Riemann si possono poi ritrovare per contrazione il
Tensore di Ricci:
Rµν “ Rλµλν
(5.53)
e la Curvatura scalare
R “ Rµµ “ g µν Rµν
(5.54)
Il tensore che descrive la geometria dello spazio tempo è quindi il Tensore di Einstein
1
Gµν “ Rµν ´ gµν R
2
(5.55)
Adesso dobbiamo ottenere la distribuzione di massa-energia che è esprimibile tensorialmente col Tensore Energia-Impulso. Se si considera un fluido con densità ρ e pressione
p (entrambe grandezze comoventi) si ha
Tµν “ pρc2 ` pq uµ uν ´ pg µν
(5.56)
5.4 Le equazioni di campo di Einstein
11
con uµ quadrivelocità.
Le equazioni di Einstein sono finalmente
Gµν “
8πG
Tµν
c2
(5.57)
ovvero
8πG
1
Rµν ´ gµν R “ 2 Tµν
(5.58)
2
c
Dopo aver formulato queste equazioni Einstein si rese conto che era possibile aggiungere un termine costante Λ che avrebbe poi potuto permettere l’esistenza di un universo
stazionario:
8πG
1
(5.59)
Rµν ´ gµν R “ 2 Tµν ` Λgµν
2
c
Si noti come in questa equazione tensoriale ci sono solo 6 equazioni indipendenti sulle 16
equazioni totali. Da 16 si passa a 10 perché i tensori metrici (e quindi tutti i derivati) sono
simmetrici; inoltre 4 sono ridondanti per le proprietà di Rµν . Il tensore metrico ha però
10 componenti indipendenti incognite, pertanto abbiamo a disposizione solo 6 equazioni
per 10 incognite. La presenza di 4 gradi di libertà incogniti porta ad una invarianza di
gauge per la scelta del riferimento.
Vediamo adesso di intuire come mai le equazioni hanno quella forma. E’ chiaro che
le equazioni di Einstein nel limite Newtoniano devono fornire, tra le altre, l’equazione di
Poisson. Quando abbiamo ottenuto l’espressione per il redshift gravitazionale nel limite
Newtoniano avevamo trovato
˙
ˆ
dl2
2φ
2
2
(5.60)
ds “ dt 1 ` 2 ´ 2
c
c
per cui
ˆ
g00 “
φ“
2φ
1` 2
c
˙
(5.61)
1
pg00 ´ 1q c2
2
(5.62)
L’equazione di Poisson è
∇2 φ “ 4πGρ
(5.63)
ovvero
1
∇2 φ “ c2 ∇2 g00
(5.64)
2
Il tensore energia impulso di un fluido comovente (cioè che non ha velocità propria rispetto
all’espansione dell’universo) ha solo il termine T00 ‰ 0 e, nel caso di p “ 0, si ha
2
T 00 “ pρc2 ` pqγ
´
pg
00
ovvero
ρ“
sostituendo otteniamo
T 00
T 00
»
γ 2 c2
c2
per
v
!1
c
1 2 2
T 00
c ∇ g00 “ 4πG 2
2
c
(5.65)
(5.66)
(5.67)
12
Le Basi Fisiche della Relatività Generale e la derivazione delle Equazioni di
Friedmann
ovvero
8πG 00
T
c4
che ricorda la componente 00 delle equazioni di Einstein.
In conclusione, le equazioni di campo di Einstein
∇2 g00 “
(5.68)
1
8πG
Rµν ´ gµν R “ 2 Tµν ` Λgµν
2
c
(5.69)
sono 6 equazioni non lineari indipendenti. Il procedimento da seguire per arrivare alla
loro soluzione è il seguente:
1. si sceglie una forma del tensore metrico che contenga in sé le eventuali simmetrie del
sistema (si ricorda che non è possibile risolvere il problema se tutte le 10 componenti
del tensore simmetrico gµν sono incognite);
2. si determina la forma del tensore energia-impulso che descrive le sorgenti del campo
proprie del problema;
3. si scrivono le equazioni di Campo di Einstein ottenendo un sistema di equazioni
differenziali nelle funzioni incognite presenti in gµν ;
4. la loro soluzione permette di determinare gµν da cui si ottiene la geometria dello
spazio e le equazioni geodetiche che determinano il moto.
5.5
Derivazione delle equazioni di Friedmann
Prima di procedere è opportuno vedere quali siano le convenzioni relative ai segni. La
metrica di Minkowski è
η µν “ rS1s ˆ diagr´1, 1, 1, 1s
(5.70)
con rS1s segnatura della metrica di Minkowksi che può essere pari a `1 o ´1. diagr´1, 1, 1, 1s
indica la matrice con i valori p´1, 1, 1, 1q sulla diagonale. Il tensore di curvatura di
Riemann ha segnatura rS2s tale che
`
˘
Rµνρσ “ rS2s ˆ Bσ Γµνρ ´ Bρ Γµνσ ` Γµλσ Γνλρ ´ Γλµρ Γνλσ
(5.71)
Il tensore di Ricci è
α
Rµν “ rS2s ˆ rS3s ˆ Rµαν
(5.72)
per cui le equazioni di Einstein sono
Gµν “ Rµν
1
´ gµν R “ rS3s ˆ
2
ˆ
8πG
Tµν ` Λgµν
c2
˙
(5.73)
Fino ad ora abbiamo usato la convenzione
rS1s “ ´1
rS2s “ `1
rS3s “ `1
che porta alle equazioni di Einstein nella forma
1
8πG
Rµν ´ gµν R “ 2 Tµν ` Λgµν
2
c
(5.74)
5.5 Derivazione delle equazioni di Friedmann
13
Cominciamo adesso a esplicitare queste equazioni. Abbiamo visto come per uno spazio
omogeneo ed isotropo in espansione uniforme la metrica più generale è quella di Robertson
e Walker
´ r ¯`
˘ı
aptq2 ” 2
2
2
2
2
2
2
2
dθ ` sin θdφ
ds “ dt ´ 2 dr ` R sin
c
R
Il tensore metrico, scritto in forma di matrice è pertanto
¨
gµν
1
0
0
0
2
˚
˚ 0 ´ a ptq
0
0
˚
c2
˚
¯
´
2
“˚
a ptq
r
˚ 0
0
0
´ 2 R2 sin2
˚
c
R
˝
a2 ptq 2 2 ´ r ¯ 2
sin θ
0
0
0
´ 2 R sin
c
R
˛
‹
‹
‹
‹
‹
‹
‹
‚
Per ottenere le componenti controvarianti si può facilmente calcolare l’inverso del
tensore in componenti covarianti
¨
g µν “ pgµν q´1
1
0
0
2
˚
c
˚ 0 ´
0
˚
a2 ptq
˚
´r¯
c2
“˚
2
˚ 0
0
´
csc
˚
R2 a2 ptq
R
˚
˝
0
0
0
´
0
˛
0
‹
‹
‹
‹
‹
‹
‹
‹
‚
0
´r¯
c2
2
csc
csc2 θ
2
2
R a ptq
R
A questo punto, per prima cosa, si calcolano i Simboli di Christoffel a partire da gµν
e per rappresentare il risultato si utilizza la convenzione che Γ1 23 corrisponde a Γµ νσ con
µ “ 1, ν “ 2, σ “ 3 (gli indici assumono i valori 0,1,2,3). I simboli di Christoffel non nulli
sono soltanto
9
aptqaptq
Γ0 11 “
c2
` ˘
2 r
2
aptq
9
R
aptq
sin
R
Γ0 22 “
2
c
` ˘
9
R2 aptq sin2 Rr sin2 θ aptq
0
Γ 33 “
2
c
Γ1 10 “
1
Γ
1
Γ
9
aptq
aptq
ˆ
2r
R
˙
22
1
“ ´ R sin
2
ˆ
2r
R
˙
33
1
“ ´ R sin
2
sin2 θ
14
Le Basi Fisiche della Relatività Generale e la derivazione delle Equazioni di
Friedmann
9
aptq
aptq
` ˘
cot Rr
“
R
Γ2 20 “
Γ2 21
Γ2 33 “ ´ cos θ sin θ
9
aptq
aptq
` ˘
cot Rr
“
R
Γ3 30 “
Γ3 31
Γ3 32 “ cot θ
Si calcola quindi il tensore di Riemann e si riportano i risultati tenendo conto della stessa
convenzione utilizzate per i Γ. Considerando R1 213 è possibile ottenere R1 231 usando
l’antisimmetria per lo scambio degli ultimi due indici anche se questa cosa non è evidente
perché riportiamo le Rλ µνσ invece delle Rλµνσ ; gli elementi del tensore da cui si ottengono
tutti gli elementi non nulli sono soltanto:
aptq:
aptq
c2
` ˘
R2 sin2 Rr aptq:
aptq
“ ´
c2
` ˘
R2 sin2 Rr sin2 θ aptq:
aptq
“ ´
2
c
R0 110 “ ´
R0 220
R0 330
(5.75)
R1 010
:ptq
a
“ ´
aptq
R1 221 “ ´
R
1
331
“ ´
sin2
`r˘
sin2
`r˘
R
R
pc2 ` R2 a9 2 ptqq
c2
sin2 θ pc2 ` R2 a9 2 ptqq
c2
5.5 Derivazione delle equazioni di Friedmann
R2 020 “ ´
:ptq
a
aptq
1
a9 2 ptq
`
R2
c2
` ˘
sin2 Rr sin2 θ pc2 ` R2 a9 2 ptqq
“ ´
c2
R2 121 “
R2 332
R3 030 “ ´
a
:ptq
aptq
a9 2 ptq
1
`
R2
c2
` ˘ 2
2 r
pc ` R2 a9 2 ptqq
sin
R
3
R 232 “
c2
Si calcolano quindi tensore e scalare di Ricci dalle contrazioni successive del tensore di
Curvatura di Riemann. Le forme non nulle del tensore di Ricci sono quelle diagonali:
R3 131 “
R00 “ ´
R11
R22
R33
3:
aptq
aptq
2
2a9 2 ptq aptq:
aptq
“
`
`
2
2
R
c
c2
` ˘
aptqq
sin2 Rr p2c2 ` 2R2 a9 2 ptq ` R2 aptq:
“
2
c
` ˘
aptqq
sin2 Rr sin2 θ p2c2 ` 2R2 a9 2 ptq ` R2 aptq:
“
c2
mentre per lo scalare di Ricci abbiamo
R“´
6 pc2 ` R2 a9 2 ptq ` R2 aptq:
aptqq
R2 a2 ptq
Questo ci permette di ottenere il tensore di Einstein Gµν ovvero il primo membro delle
equazioni di Einstein.
G00 “
3 pc2 ` R2 a9 2 ptqq
R2 a2 ptq
1
a9 2 ptq 2aptq:
aptq
´
´
2
2
2
R
c
c
`
˘
sin2 Rr pc2 ` R2 a9 2 ptq ` 2R2 aptq:
aptqq
“ ´
2
c
` ˘
sin2 Rr sin2 θ pc2 ` R2 a9 2 ptq ` 2R2 aptq:
aptqq
“ ´
c2
G11 “ ´
G22
G33
15
16
Le Basi Fisiche della Relatività Generale e la derivazione delle Equazioni di
Friedmann
Andiamo adesso a determinare il secondo membro delle equazioni di Einstein. Il tensore
energia-impulso è
T µν “ pρc2 ` pquµ uν ´ pg µν
(5.76)
La quadrivelocità è data da
uν “ γp1, ux , uy , uz q
ui “
vi
c
e, se prendiamo un fluido comovente (stazionario), avremo
ux “ uy “ uz “ 0
γ “ 1
uν “ p1, 0, 0, 0q
ovvero utilizzando l’espressione per g µν trovata prima, si ottiene in componenti controvarianti
»
fi
1 0 0 0
— 0 0 0 0 ffi
µν
ffi
(5.77)
T µν “ pρc2 ` pq —
– 0 0 0 0 fl ´ pg
0 0 0 0
ovvero
¨ 2
˛
cρ
0
0
0
˚
‹
c2 p
˚ 0
‹
0
0
2
˚
‹
a
ptq
`r˘
˚
‹
2
2
µν
‹
c
p
csc
T “˚
R
˚ 0
‹
0
0
˚
‹
R2 a2 ptq
˚
‹
˘
`
˝
c2 p csc2 Rr csc2 θ ‚
0
0
0
R2 a2 ptq
Si noti come il secondo membro delle equazioni
diventi
¨
1
˚
8πG µν
8πG
0
T ` Λg µν “ 2 pρc2 ` pq ˚
˝
2
0
c
c
0
di Einstein in coordinate controvarianti
0
0
0
0
0
0
0
0
˛
0
0 ‹
‹ ´ 8πG pg µν ` Λg µν
0 ‚
c2
0
ovvero Λ appare come un contributo di pressione negativa.
Si passa quindi a componenti covarianti del tensore Energia-Impulso
Tµν “ gµλ gνσ T λσ
(5.78)
ottenendo
¨
Tµν
c2 ρ
˚
˚ 0
˚
˚
“˚
˚ 0
˚
˝
0
0
pa2 ptq
c2
0
0
0
0
0
pR2 a2 ptq sin2
c2
0
˛
‹
‹
‹
‹
‹
‹
0
‹
`
˘
2
2
r
pR2 a2 ptq sin R sin θ ‚
c2
0
`r˘
R
Ovviamente, le componenti covarianti e controvarianti della matrice unitaria sono uguali.
Come si può facilmente notare scrivendo le Equazioni di Einstein
Gµν “
8πG
Tµν ` Λgµν
c2
(5.79)
solo i termini diagonali sono non nulli ovvero abbiamo ottenuto quattro equazioni per
aptq:
ˆ 2
˙
3
c
2
` a9 ptq ´ pΛ ` 8πGρq “ 0
a2 ptq R2
˘ 2
a9 2 ptq 2aptq:
aptq
1
1 `
2
´ 2´ 2 ´
`
´8πGp
`
c
Λ
a ptq “ 0
R ` ˘c
c2
c4
‰
sin2 Rr “ 4
aptq ` R2 p8πGp ´ c2 Λqa2 ptq “ 0
´
c ` c2 R2 a9 2 ptq ` 2c2 R2 aptq:
4
c` ˘
2 r
‰
“
sin R
´
aptq ` R2 p8πGp ´ c2 Λqa2 ptq “ 0
sin2 θ c4 ` c2 R2 a9 2 ptq ` 2c2 R2 aptq:
4
c
(5.80)
Dove le parentesi con G e Λ sono chiaramente il contributo del secondo membro delle
Equazioni di einstein (tensore energia impulso e costante cosmologica). Le ultime due
equazioni sono chiaramente equivalenti. Dalla prima si ottiene
a9 2 ptq “
c2
1
8πGρ 2
a ptq ´ 2 ` Λa2 ptq
3
R
3
(5.81)
9 2 nella seconda si ottiene invece
sostituendo aptq
1 8πGρ A2
1 1 Λ
´ 2 ´
a ptq ` 2 ´ 2 aA2 ptq
2
R
3c
R
3c
2 aptq:
aptq 8πGp A2
ΛaA2 ptq
´ 2
´
a
ptq
`
“0
c
c4
c2
(5.82)
ovvero, raccogliendo,
4πG
a
:ptq “ ´
3
ˆ
3p
ρ` 2
c
˙
1
aptq ` Λaptq
3
(5.83)
Si può verificare che sostituendo a9 2 ptq dalla prima equazione nella terza si ritrova la
seconda equazione. In conclusione abbiamo trovato solo due equazioni indipendenti:
8πGρ 2
c2
1
a ptq ´ 2 ` Λa2 ptq
3
R
3
ˆ
˙
4πG
3p
1
:ptq “ ´
a
ρ ` 2 aptq ` Λaptq
3
c
3
a9 2 ptq “
(5.84)
che sono finalmente le equazioni che volevamo ottenere e che prendono il nome di “Equazioni di Friedmann”.
Indice
5 Le Basi Fisiche della Relatività Generale e la derivazione delle Equazioni
di Friedmann
1
5.1 Esempio 1: il redshift gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
5.2 Esempio 2: la curvatura dei raggi di luce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
5.3 Alcuni concetti utili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
5.4 Le equazioni di campo di Einstein . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
5.5 Derivazione delle equazioni di Friedmann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12