Giudizio monitorio, ricorso alla tutela cautelare in pendenza del termine per l’opposizione e clausola compromissoria devolutiva della controversia ad arbitrato irrituale. Il problema dell’individuazione del giudice competente di Vito Amendolagine Sommario: §-La fattispecie. §-L’opinione del tribunale: La designazione del magistrato delegato alla trattazione di un’istanza cautelare proposta durante la pendenza del termine utile a proporre opposizione ad un decreto ingiuntivo già emesso, deve ritenersi sussistente a favore del Capo dell’Ufficio giudiziario adito, territorialmente competente, a ciò non rilevando la presenza di una clausola compromissoria devolutiva della controversia ad arbitrato irrituale. §-La posizione assunta dal legislatore della riforma sulla correlazione esistente tra cautela e merito: ammissibilità del procedimento cautelare intrapreso all’esito di un giudizio monitorio, in pendenza dei termini per l’opposizione? §-E’ ammissibile il ricorso alla tutela cautelare dinanzi al giudice ordinario in presenza di una clausola compromissoria ad arbitrato irrituale? §Considerazioni finali. §-La fattispecie. Una società di costruzioni, capogruppo di un’Associazione temporanea d’imprese, dopo aver ottenuto dal Tribunale di Trani un’ingiunzione di pagamento emessa a carico di un’impresa subappaltatrice facente parte dell’Ati, nonostante la pendenza del termine utile per instaurare un’eventuale giudizio di opposizione, dinanzi alla stessa Autorità giudiziaria proponeva ricorso per sequestro conservativo nei confronti dell’ingiunta, al fine di bloccarne i beni mobili ed immobili a garanzia dei crediti maturati in esecuzione di due distinti contratti di subappalto, nei quali erano altresì previste clausole compromissorie devolutive ad arbitrato irrituale cui demandare la risoluzione di ogni controversia. A sostegno dell’istanza cautelare, la ricorrente deduceva che il fumus sarebbe comprovato dalla positiva valutazione già espressa dal medesimo Tribunale adito in sede monitoria, mentre il periculum, consisterebbe nel fondato timore di perdere le garanzie di soddisfacimento del proprio credito, attesa la grave inadempienza della società debitrice agli obblighi contrattuali precedentemente convenuti, nonostante l’avvenuta liquidazione di una considerevole quota dei corrispettivi riferibili ai precitati contratti di subappalto. Come argutamente rilevato dal Magistrato adito in sede cautelare in epoca successiva rispetto all’avvenuto deposito del ricorso per ingiunzione di pagamento, la peculiarità della presente fattispecie consiste nella frammentazione del contenzioso processuale in tre distinti procedimenti (monitorio, opposizione e cautelare) ciascuno dei quali instaurato dinanzi a giudici diversi, sia pure appartenenti al medesimo ufficio giudiziario, ponendosi in apparente contrasto con uno dei principi ispiratori (1) della riforma del processo cautelare uniforme attuata dal legislatore del 90’ attraverso la l. 26.11.1990 n.353, tendente a realizzare - contrariamente rispetto al passato (2) - l’assoluta coincidenza tra il giudice della cautela ed il giudice del merito, assicurata dalla previsione contenuta nell’art.669, ter, Cpc. Ma a rendere ancora più intricata la già complessa fattispecie, sovviene l’ulteriore circostanza, in virtù della quale, la domanda cautelare, tanto dal ricorrente, quanto dal medesimo Tribunale, è stata ritenuta come proposta (3) “in corso di causa”, argomentando sulla base del disposto dell’art. 643, comma 3°, c.p.c., che, àncora la pendenza della lite alla notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo (4) equiparandolo al “merito” costituito dal giudizio di opposizione, di fatto non ancora instauratosi al momento del deposito dell’istanza cautelare. A tale contesto, deve aggiungersi l’eccepito difetto di giurisdizione e/o competenza dell’Autorità giudiziaria adita dalla società ricorrente, sollevato dall’ingiunta a causa della presenza nei contratti di subappalto di clausole compromissorie devolutive ad arbitrato libero (irrituale) la risoluzione di tutte le controversie che dovessero eventualmente insorgere tra le parti in tema di validità, interpretazione od esecuzione dei precitati contratti. Quid juris allora per quanto attiene alle diverse problematiche sorte contestualmente in occasione della proposizione del procedimento cautelare, concernenti rispettivamente sia l’individuazione del giudice competente a trattare la domanda cautelare nell’ipotesi in cui il giudizio di merito in opposizione al decreto ingiuntivo non sia ancora stato instaurato, sia la stessa proponibilità della tutela giurisdizionale in sede cautelare nonostante la previsione di una clausola arbitrale irrituale precedentemente stipulata dalle stesse parti cui devolvere l’esame di ogni eventuale conflitto insorto nei reciproci rapporti derivanti dai contratti di subappalto? §-L’opinione del tribunale: La designazione del magistrato delegato alla trattazione di un’istanza cautelare proposta durante la pendenza del termine utile a proporre opposizione ad un decreto ingiuntivo già emesso, deve ritenersi sussistente a favore del Capo dell’Ufficio giudiziario adito, territorialmente competente, a ciò non rilevando la presenza di una clausola compromissoria devolutiva della controversia ad arbitrato irrituale. La soluzione del caso concernente l’identificazione del giudice designato alla trattazione di un procedimento cautelare connesso ad una fattispecie rientrante nella previsione dell’art. 645, Cpc, a parere del giudice tranese passerebbe attraverso l’esame di due distinte ipotesi, alternativamente considerate: una vertirebbe sull’applicazione del 4° comma dell’art. 669, quater, Cpc, che attribuisce la competenza cautelare al giudice che ha emanato la sentenza nel giudizio di merito, ed un’altra, riferibile al 2° comma dell’art. 669, quater, Cpc, che contempla l’ipotesi in cui, pendendo la causa di merito, la domanda deve essere proposta al giudice della stessa, o se questo non è ancora stato designato, od il processo è sospeso od interrotto, al Presidente del tribunale, il quale, si limiterà a designare il magistrato addetto al medesimo Ufficio (5) cui affidare in concreto la trattazione del procedimento cautelare, ai sensi dell’art. 669, ter, ultimo comma, c.p.c. Quest’ultima tesi è stata sposata dal giudice nell’ordinanza in commento, orientatosi in tal senso per effetto del procedimento di designazione del Presidente del Tribunale, avendo quest’ultimo effettuato un’autonoma indicazione del giudice cui affidare il procedimento cautelare, preso atto dell’inesistenza di un giudice istruttore nella causa di merito (opposizione al decreto ingiuntivo). Circa il secondo quesito, attinente all’esperibilità della tutela giurisdizionale nonostante la presenza di clausole compromissorie ad arbitrato irrituale, il tribunale ha manifestato la propria adesione ad un’indirizzo interpretativo, secondo il quale, la presenza di un patto compromissorio ad arbitrato libero non pregiudicherebbe minimamente il diritto di una parte a ricorrere ugualmente alla tutela cautelare dinanzi al giudice ordinario, in forza della sua indubbia valenza costituzionale (6), ponendosi in un chiaro rapporto di species rispetto alla garanzia di effettività riferibile al più ampio genus della tutela giurisdizionale dei diritti, sancita dall’art. 24 della Costituzione, non rientrante nella disponibilità delle parti, ed essendo autonoma rispetto alla diversa tutela apprestata dall’ordinamento con il giudizio di merito. Riferendosi a tale problematica, il tribunale nel motivare la propria decisione, osservava finanche come l’art. 35, comma 5°, del d. lgs.vo 17 gennaio 2003 n. 5, concernente i rapporti societari, ha previsto che “la devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art. 669, quinquies del codice di procedura civile”. La suddetta disposizione normativa, pur essendo chiaramente limitata ai soli procedimenti riguardanti la materia societaria, stando al tenore dell’ordinanza, potrebbe essere considerata suscettibile di un’interpretazione estensiva, al fine di valutare l’ammissibilità del ricorso alla tutela cautelare disciplinata dall’art.669 e segg. Cpc, anche alla fattispecie de qua, non potendo negarsi in radice il diritto di una parte ad attivare la tutela cautelare di un proprio diritto soggettivo. La complessità dei temi trattati nell’ordinanza, è tale da imporre un’ordine nella trattazione delle diverse problematiche insorte, afferenti rispettivamente all’individuazione del giudice della cautela, ed alla proponibilità del procedimento cautelare in presenza di una clausola compromissoria ad arbitrato libero. §-La posizione assunta dal legislatore della riforma sulla correlazione esistente tra cautela e merito: all’ammissibilità del procedimento cautelare intrapreso all’esito di un giudizio monitorio, in pendenza dei termini per l’opposizione? All’indomani dell’approvazione della legge sul nuovo processo cautelare uniforme, parte della dottrina riteneva ormai definitivamente risolti alcuni nodi cruciali, ritenuti non a torto un’antico retaggio delle precedenti norme vigenti in materia. L’incessante evoluzione giurisprudenziale e dottrinale formatasi nel corso degli ultimi anni, ha invece dimostrato proprio l’esatto opposto, partendo dall’esame di un controverso thema disputandum, se non altro, per essere stato già oggetto di un serrato dibattito sotto l’imperio dell’art. 672, Cpc, (7) che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 669, ter, Cpc, introdotto dall’art.74 della l. n.353/1990 sembrava potersi ritenere superato (8). Quindi, contrariamente alle pur legittime aspettative degli innumerevoli utenti del nuovo sistema di norme sulle quali poggia attualmente il processo cautelare, nonostante quest’ultimo sia stato vistosamente ammodernato, gran parte degli antichi dilemmi interpretativi sembrerebbero essersi tutt’altro che dileguati, pur in presenza dell’apparente semplicità espressiva riscontrabile nell’art. 669, ter, Cpc, per quanto attiene all’individuazione del giudice competente a trattare un procedimento cautelare ante causam. In verità, sembra difficilmente controvertibile l’opinione di coloro che ritengono che si sarebbe potuto evitare il riproporsi di molti dei vecchi problemi processuali puntualmente ripresentatisi sotto l’imperio delle nuove norme, impiegando una maggiore precisione nell’elaborare un corpus di disposizioni normative inserite in un’impianto vetusto di oltre cinquant’anni (9). Non a caso, è proprio partendo da un’evidente difficoltà di coordinamento tra l’art. 28 e l’art. 669, ter, Cpc, che deriva la principale problematica portata a conoscenza del giudice tranese. Premesso che non è possibile eludere (men che mai a priori) ogni questione interpretativa relativa a tale punto specifico, magari paventando una sorta di abrogazione implicita delle vecchie norme ritenute incompatibili con le nuove, in netto contrasto con quanto asserito dalla prevalente dottrina (10), per poter sfuggire all’apparente contraddizione normativa, necessariamente deve procedersi ad un’attenta esegesi interpretativa delle singole disposizioni normative che qui interessano. Iniziando la disamina dai presupposti idonei (11) a consentire un’efficace identificazione del giudice della cautela, l’art.669, ter, Cpc, a tal proposito, recita: <<prima dell’inizio della causa di merito la domanda si propone al giudice competente a conoscere del merito>>. Orbene, come anticipato innanzi, proprio dall’apparente semplicità dell’espressione adoperata dal legislatore emergono i primi consistenti dubbi interpretativi, tenuto conto che delle due l’una: l’aver vincolato la proponibilità della domanda (cautelare) al giudice competente a conoscere del merito della causa, può significare alternativamente che per giudice del merito debba trattarsi qualsiasi giudice investito della cognizione della causa, ovvero, soltanto il giudice individuabile sulla base degli ordinari criteri di competenza (per territorio, materia e valore) previsti nel Codice di rito. La rilevanza della questione esaminata è tale, da non poter essere relegata su un piano squisitamente marginale. Posto che, per giudice del merito non può che intendersi quello individuabile esclusivamente sulla base degli usuali criteri processuali (12) determinativi della competenza ad instaurare correttamente un ordinario giudizio di cognizione, non può conseguentemente prescindersi dal rigoroso rispetto degli stessi, quali norme regolatrici della valida instaurazione del contraddittorio processuale, nel cui novero, rientra l’art. 28, Cpc (13). Tanto premesso, su tale punto, la decisione in commento, per quanto apprezzabile sotto l’aspetto logico-argomentativo, non sembra tuttavia condivisibile, come può evincersi dall’analisi ermeneutica svolta dal medesimo tribunale (naturalmente vista con un’ottica differente). In particolare, non può passare inosservata la circostanza che la mentre la tutela cautelare richiesta dalla parte ricorrente ha per oggetto esclusivamente un vincolo giuridico di indisponibilità da apporre sui beni dell’ingiunta a garanzia dell’adempimento futuro di quest’ultima alle proprie obbligazioni contrattuali, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ha un’oggetto completamente diverso, costituito dall’accertamento di un pretesa di credito invocata da un soggetto, a cui si contrappone (essendo a ciò funzionalmente preordinata) la contestazione del debitore. Trattasi quindi di procedimenti la cui diversità si coglie a piene mani soltanto ove si considerino da un lato i rispettivi petitum e causa petendi, e, dall’altro, la competenza funzionale prevista in materia di opposizione a decreto ingiuntivo. Conseguentemente, in siffatte condizioni, ricorrere al procedimento di designazione previsto dall’art.669, quater, secondo comma, Cpc al fine di valutare positivamente la proponibilità di un ricorso per sequestro conservativo avente ad oggetto la garanzia di un credito, quando ancora è pendente il termine utile per proporre un’eventuale opposizione al decreto ingiuntivo già emesso, essendo finalizzato ad accertare la pretesa dello stesso ricorrente, comporterebbe una seria rottura con gli schemi elaborati dalla prevalente dottrina e giurisprudenza, formatasi principalmente sull’art.669, ter, primo comma, Cpc, che, di contro, sembrerebbe esigere la perfetta identità tra l’oggetto della tutela cautelare individuato nel ricorso, e, quello posto a base del successivo giudizio di merito (14), peraltro ancora inesistente. Del resto, ove si intendesse argomentare diversamente, a parte l’ovvia considerazione che si finirebbe con il svuotare di ogni significato l’art. 669, ter, Cpc (15) per quanto attiene all’individuazione del giudice della cautela, si correrebbe anche il rischio di vanificare a priori ogni ragionevole possibilità di ricorrere alla tutela cautelare, in quanto il fumus boni juris ben difficilmente potrebbe riscontrarsi, tenuto conto delle notevoli difficoltà che ne deriverebbero nel circoscrivere adeguatamente l’oggetto della cautela, con il conseguente pericolo di sussumere nella materia cautelare istanze ben più ampie rispetto a quelle rientranti in un’ordinario giudizio di cognizione, così come risulterebbe di fatto privo di riscontro il rispetto dell’art. 669, octies, Cpc, sotto il duplice profilo dell’osservanza del termine per l’attivazione del giudizio di merito, e, la stessa riferibilità di quest’ultimo al procedimento cautelare svoltosi ante causam. In definitiva, sulla scorta delle precedenti considerazioni, in ultima analisi, potrebbe risultare leso finanche il principio della necessaria corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato (16) di cui all’art.112, Cpc, posto che, come spiegato innanzi, rispetto al sequestro conservativo, il giudizio di opposizione si differenzia per petitum e causa petendi. § E’ ammissibile il ricorso alla tutela cautelare dinanzi al giudice ordinario in presenza di una clausola compromissoria ad arbitrato irrituale? L’ordinanza in commento, esamina un’altra importante problematica, concernente la possibilità di adire l’Autorità giudiziaria in via cautelare, a ciò non ostando la previsione di una clausola compromissoria con la quale si devolve ad un arbitrato irrituale la risoluzione di tutte le controversie che dovessero eventualmente insorgere tra le parti in tema di validità, di interpretazione od esecuzione del contratto. Come osservato dal tribunale, fino ad oggi, su tale punto, si sono confrontati prevalentemente due opposti indirizzi interpretativi, distintisi rispetto ad altri meno seguiti (17) : uno dei quali volto essenzialmente a ritenere improponibile qualsiasi domanda, anche cautelare, proposta dinanzi al giudice ordinario. La ratio di tale orientamento si basa sull’intercorsa rinuncia delle parti ad avvalersi della tutela giurisdizionale dei propri diritti conseguenti ad un determinato rapporto negoziale. Un’altra corrente di pensiero, ammette invece l’esperibilità della tutela cautelare mediante ricorso dinanzi all’Autorità giudiziaria (18). Sebbene quest’ultima impostazione risulta essere la meno seguita, ciò non vale ad inficiarne l’autorevolezza, tenuto conto della sua maggiore aderenza al dettato costituzionale, come opportunamente evidenziato dallo stesso tribunale nel discostarsi dal prevalente orientamento (19), essendo tutt’altro che rare le pronunce tendenti a porre in risalto proprio tale aspetto, tutt’altro che secondario, della questione che ci occupa (20). In effetti, negare ad una parte la possibilità di intraprendere ugualmente un procedimento cautelare sia pure in presenza di una clausola compromissoria devolutiva di ogni controversia ad arbitrato irrituale sembrerebbe contrastare con il libero esercizio della tutela giurisdizionale dei diritti, di cui costituisce massima espressione l’art. 24 della costituzione, che, non può non riferirsi anche ai procedimenti cautelari. Tanto, a meno di non voler ammettere che il nostro ordinamento riconosca la legittimità, (rectius, l’inesistenza) di una vistosa lacuna dell’ordinamento, che, potrebbe rivelarsi più che idonea ad integrare una potenziale lesione del principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, conseguente alla mancanza di un’efficace forma di azione giudiziaria in un’apprezzabile arco di tempo, di per sé sufficiente a provocare un profondo vulnus ai diritti soggettivi vantati da una parte in danno dell’altra. Come sostenuto pervicacemente da un’autorevole corrente di pensiero, la tutela giurisdizionale per potersi definire tale, deve essere integrale, dovendosi necessariamente estendere ad ogni situazione in cui concretamente, si renda indispensabile adire l’Autorità giudiziaria, non potendosi conseguentemente attribuire giuridica rilevanza ad un patto di natura privatistica per effetto del quale, possa derivarne implicitamente una temporanea rinuncia (21). In buona sostanza, concordando con le opinioni emerse in dottrina (22) la tutela cautelare esprimerebbe qualcosa di diverso, (implicando ulteriori aspetti e valutazioni) rispetto all’ordinaria tutela “di merito” dei diritti, pure ricompresa nell'art. 24 della Costituzione, che sarebbe violato, laddove risulti ingiustificatamente omessa, od anche solo ostacolato il libero accesso alla tutela giudiziaria dei diritti, che, deve ritenersi attuabile sia in via definitiva, con la decisione di merito, sia in via provvisoria, attraverso il ricorso al procedimento cautelare (23) . Per tali ragioni, si ritiene rispettosa del dettato costituzionale la linea di pensiero manifestata da un’autorevole dottrina (24) che, contrariamente all’opinione manifestata dai giudici di legittimità (25) a tal proposito, ha ritenuto che il diritto ad accedere alla tutela cautelare non può essere ingiustificatamente compresso, men che mai de relato per effetto di una semplice clausola patrizia, abdicativa del libero ed incondizionato accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti. § Considerazioni finali. La decisione del tribunale sembrerebbe quindi condivisibile solo in parte, considerata la controvertibilità degli argomenti concernenti sia l’individuazione del giudice designato alla trattazione del procedimento cautelare, sia l’ammissibilità di tale forma di tutela, in un particolare contesto giuridico, quale quello dello esistente medio tempore a cavallo tra l’emissione di un provvedimento monitorio e la pendenza del termine utile per proporre opposizione, a cui si contrappone l’ineccepibile soluzione delineatasi a proposito dell’accessibilità alla tutela cautelare pur in presenza di una clausola compromissoria ad arbitrato irrituale. Per quanto attiene infatti alla designazione del giudice della cautela, ed al ricorso a quest’ultima, permangono forti dubbi sulla possibilità di poterle desumere sulla scorta delle argomentazioni appare altresì evidente l’ inesistenza giuridica dello stesso giudizio di merito, inteso quale opposizione al decreto ingiuntivo già emesso, posto che, quest’ultimo, da solo, non può validamente ritenersi equiparabile al “merito” della controversia, cui si riferiscono rispettivamente sia l’art. 669, ter, Cpc, nell’àncorarvi la fase cautelare azionata ante causam, sia l’art. 669. quater, Cpc nel procedimento attivato in corso di causa. Su tale punto, sembra pertanto doversi concordare con quanto opportunamente evidenziato in dottrina (27) a proposito dei requisiti (28) che necessariamente il ricorso cautelare deve possedere al momento della sua presentazione, tenuto conto dell’irrinunciabilità alla ragione primaria ed essenziale dell’istanza cautelare, individuata proprio nella pretesa di merito alla quale la prima è intimamente connessa, consideratane l’evidente funzione strumentale nell’attuare la tutela giurisdizionale di un diritto soggettivo già esistente. Senza contare poi l’ulteriore circostanza, per la quale, dalla particolare natura del procedimento monitorio, discende altresì che la competenza ad instaurare il giudizio di opposizione attribuita dall'art. 645 c.p.c. all'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, assume una decisiva rilevanza funzionale inderogabile (29), insensibile anche dinanzi alle situazioni di connessione delineate dagli art. 31, 32, 34, 35, 36 e 40 Cpc (30). In riferimento al secondo aspetto dell’ordinanza, forse meriterebbe di essere sottolineato con maggior vigore il timido “rinvio”, appena accennato, all’art. 35, comma 5°, del d.lgs.vo 17 gennaio 2003 n. 5, concernente la disciplina dell’arbitrato in materia societaria, che, ben potrebbe ritenersi applicabile nella fattispecie de qua, laddove si consideri attentamente la natura dei rapporti in contestazione, e la stessa qualità delle parti in causa (31). In effetti, non si comprende per quale ragione dovrebbe ritenersi ammissibile il ricorso alla tutela cautelare soltanto in presenza di una controversia rientrante nella materia societaria, e non anche per quelle assoggettate alle comuni regole processuali, tenuto altresì conto della possibilità di disporre eventuali mutamenti del rito (32), determinanti il passaggio da un sistema processuale ad un’altro. Infatti, poiché è possibile che una controversia iniziata con il rito inadatto, prosegua con quello giusto in relazione alla materia specificamente trattata, è evidente come, da una potenziale interscambiabilità dei riti processuali possano derivare significative conseguenze, rilevanti sul piano dell’attuazione concreta delle differenti posizioni giuridiche ascrivibili alle rispettive parti in lite, tenuto conto della concorrenza del nuovo arbitrato societario rispetto a quello tradizionale, vigente nei rapporti comuni disciplinati dal Codice processuale civile (33) . A ben vedere, un simile parallelismo, non potendosi giustificare invocando sic et simpliciter la specialità del rito societario, nonostante la sua preminenza rispetto ad altri riti processuali (34) difficilmente potrebbe assumersi come legittimo sul piano dell’uguale considerazione dei cittadini e delle situazioni giuridiche imputabili ai medesimi, specie allorquando trattasi di dare concreta attuazione alla più volte invocata tutela giurisdizionale dei diritti, il cui rispetto è riconducibile al combinato disposto degli artt. 3 e 24 della Costituzione (35). Vito Amendolagine NOTE: (1) cfr. L. MONTESANO - G. ARIETA, Diritto processuale civile, III, Torino, 1999, p.490. Il riferimento implicito contenuto nel testo allude alla diversa natura del rapporto esistente tra il giudizio cautelare ed il giudizio di “merito” esprimibile in chiari termini di autonomia, ma anche e soprattutto di funzionalità strumentale del primo rispetto al secondo. (3) La legge n.353/1990 attuativa della riforma del nuovo processo cautelare, si poneva tra i principali obiettivi quello di individuare il giudice designato alla trattazione del procedimento cautelare, attraverso la correlazione esistente rispetto al giudizio di merito. (4) Un precedente analogo, sia pure “inverso” rispetto a quello trattato nella decisione in commento, concernente l’interpretazione delle modalità di proposizione della domanda cautelare, lo si rinviene in Tribunale di Milano, 7.4.1993, in Giustizia civile, 1993, p.1633 e ss; e più recentemente, in Tribunale di Bari, Giudice Salvatore, (ordinanza) 17.01.2005, reperibile nella banca dati on line di giurisprudenza locale, all’indirizzo internet www.giurisprudenzabarese.it. (2) Nei medesimi termini, sul momento determinate ai fini della litispendenza, cfr. Tribunale di Bari, Giudice Di Lalla, 31.01.2005 n.125, reperibile nella banca dati on line di giurisprudenza locale, all’indirizzo internet www.giurisprudenzabarese.it.; in senso conforme, cfr. Tribunale di Latina, 12 dicembre 1996, in Foro italiano, 1997, I, p.1986, con annotazioni di SCALA; Tribunale Roma, 13 giugno 1996, in Giustizia civile, 1996, I, p.2415, con nota di N. IZZO. (5) Ovviamente nei tribunali in cui risultano presenti più sezioni, l’individuazione del singolo giudice potrà essere effettuata anche dal Presidente della sezione, trattandosi di una mera ripartizione degli affari interni allo stesso Ufficio giudiziario. (7) Abrogato dall’art. 89, L.26.11.1990 n.353. (8) Il riferimento (implicito) contenuto nel testo è al fenomeno del cd. Forum shopping cautelare, spesso invalso nel periodo antecedente alla riforma del 1990. Per maggiori approfondimenti sull’argomento, cfr. C. CONSOLO - B. SASSANI - F.P. LUISO, art. 669, ter, Cpc, Il raccordo della competenza cautelare ante causam a quella per il merito, in Commentario alla riforma del processo cautelare, Milano, 1996, p.583 e ss. (9) La redazione di un sistema “unitario” di norme sul quale poggia l’attuale struttura del processo cautelare, rappresenta il frutto di un lungo cammino. Sul punto, v. le osservazioni di P. CALAMANDREI, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, p.147 e ss. (10) Una parte della dottrina sembrerebbe orientata a ritenere che l’art. 28, Cpc debba considerarsi implicitamente abrogato dall’art. 669, ter, Cpc. In tal senso, cfr. G. OLIVIERI, I provvedimenti cautelari ed urgenti nel disegno di legge per l’accelerazione dei tempi della giustizia civile, in Rivista diritto processuale civile, 1988; Id. I provvedimenti cautelari nel nuovo processo civile, in Rivista diritto processuale civile, 1991, p.669; di avviso decisamente contrario a prendere in seria considerazioni abrogazioni tacite, cfr. A. PIZZORUSSO, commento alla l. 26 novembre 1990, n.353, in Corriere giuridico, n.1, 1991, p.116 e ss. L’autore, pur non escludendo in senso assoluto il verificarsi di possibili casi di incompatibilità, valorizza l’enunciazione esplicita ed accurata delle abrogazioni dedotte dal legislatore in forma espressa, sulla cui scorta, non sembrerebbero residuare sufficienti spazi interpretativi relativi a casi “eclatanti” di abrogazione tacita. (11) cfr. E. DALMOTTO, Sul contenuto del ricorso cautelare nel procedimento uniforme, in Giurisprudenza italiana, 1993, I, 2, p.775; (12) Se così non fosse, si finirebbe con il svuotare di ogni significato l’ulteriore inciso contenuto nella norma citata nel testo: <<se competente per la causa di merito è il conciliatore, la domanda i propone al pretore. Se il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di merito, la domanda si propone al giudice, che sarebbe competente per materia o valore, del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare>>. (13) Con riferimento ai procedimenti cautelari ante causam, il rispetto dei criteri determinativi della competenza territoriale previsti dall’art. 28, Cpc, sembrerebbe costituire un vero e proprio obbligo per la parte ricorrente. (6) cfr. A. VALITUTTI, I procedimenti cautelari e possessori, t. I, Inquadramento sistematico della tutela cautelare. Il rito cautelare uniforme, Padova, 2004, p.127 e ss. Ovviamente la necessità di individuare preventivamente il cd. petitum mediato, esiste ne ll’eventualità di un procedimento intrapreso ante causam, giacché in quello proposto in corso di causa, l’oggetto della cautela deve necessariamente coincidere con quello del giudizio di merito, costituendone in tal caso, il necessario parametro di giudizio per sindacarne l’ammissibilità, non potendo darsi ingresso alla cautela per un diritto diverso rispetto a quello già invocato nel corso del giudizio di merito. Su tale questione, cfr. L. MONTESANO - G. ARIETA, Diritto processuale civile, III, 1999, Torino, p.406 e ss; (14) cfr. le osservazioni di S. CHIARLONI (postilla) Contro il formalismo in ordine al contenuto del ricorso cautelare nel procedimento uniforme, in Giurisprudenza italiana, 1993, I, 2, p.785; (15) cfr. G. FRUS, Riflessioni sul petitum cautelare, tra rispetto del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e potere discrezionale del giudice, in Giurisprudenza italiana, 1998, sezione dottrina e varietà giuridiche, p.197 (16) Pur non ravvisandosi una norma espressa in tal senso, l’assunto può desumersi dallo stesso tenore dell’art. 669, ter, primo comma, Cpc, e dall’art. 669, octies e novies, Cpc. In dottrina, sul contenuto del ricorso introduttivo di un procedimento cautelare, cfr. F. TOMMASEO, voce Provvedimenti d’urgenza, in Enciclopedia del diritto, vol.XXXVII, Milano, 1988, p.863 e ss.; C. CONSOLO, in C. CONSOLO - B. SASSANI - F. P. LUISO, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, p. 576 e ss.; In giurisprudenza, cfr. Tribunale di Trani, 25 luglio 1995, in Giurisprudenza italiana, 1996, I, 2, p.88; Tribunale di Catania, 6 aprile 1994, in Giurisprudenza italiana, 1995, I, 2, p.28; Tribunale di Bari, sezione lavoro, Giudice Polemio, 12 dicembre 2002, in dvd Jurisdata; Tribunale di Bari, sezione lavoro, Giudice Romanazzi, 24 febbraio 2003, in Giurisprudenza italiana, 2003, fasc.8-9, p.1607.Entrambe le decisioni affermano che nel ricorso cautelare proposto ante causam è necessario indicare, a pena di inammissibilità, sia la causa petendi sia il petitum oggetto dell’instaurando giudizio di merito. (17) cfr. M. ESPOSITO, Arbitrato libero e tutela giurisdizionale, in Giurisprudenza costituzionale, 2002, fasc.4, p.2478, nota a Corte costituzionale, 5 luglio 2002, n. 320. (19) cfr. Tribunale di Torino, 14 aprile 1997, in Giurisprudenza italiana, 1997, I, 2, p.556, con nota di S. CHIARLONI, Davvero incompatibili tutela cautelare e clausola compromissoria per arbitrato libero?; Cassazione civile, terza sezione, 7 dicembre 2001, n.15524, in Giurisprudenza italiana, 2001, p.1107 con nota di CANALE; Tribunale Verona, 18 ottobre 1993, in Giurisprudenza italiana, 1995, I,2, p.441 con nota di A. LEVONI, Arbitrato libero e misure cautelari ovvero la capra e i cavoli; Tribunale di Roma, 3 febbraio 2004, in Giur. Romana, 2004, p.129; Tribunale di Napoli, 7 agosto 1997, in Giurisprudenza italiana, 1998, p.2070; (18) cfr. Tribunale di Catania, 4 ottobre 2001, in Gius, 2001, p.2881; Tribunale di Roma, 7 agosto 1997, in Giurisprudenza italiana, 1998, p.2070; (20) A meno di non voler annoverare la fattispecie in esame tra quelle idonee a dar vita ad ipotesi di “giurisdizioni condizionate”, rappresentate da controversie per la cui soluzione non è possibile rivolgersi direttamente all’Autorità giudiziaria. Un esempio in tal senso è dato dall’art. 1, comma 4 della L. 31.7.1997, n.249 che prevede l’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Comitato Regionale per le Comunicazioni; od ancora dall’art. 22 della L. 24.12.1969, n.990, in tema di responsabilità civile per danni derivanti dalla circolazione stradale. (21) cfr. le posizioni riassunte da G. GRASSO, Tutela cautelare ed arbitrato irrituale, in Giurisprudenza italiana, 1997, IV, p.179; (22) cfr. G. Arieta, Note in tema di rapporti tra arbitrato rituale ed irrituale e tutela cautelare, in Rivista diritto processuale civile, 1993, p.758: l’autore afferma l’autonomia della tutela di un diritto in via cautelare rispetto alla tutela dello stesso diritto nel giudizio di merito, costituendo espressione della garanzia di cui all'art. 24 della Costituzione. Pertanto, l'accesso a tale forma di tutela (cautelare) non può essere né condizionato né subordinato ad ostacoli di qualsiasi genere e/o natura, rientrando tali facoltà nella disponibilità delle parti solo con riferimento al giudizio ordinario di cognizione. Quindi, il diritto della parte, costituzionalmente garantito ed irrinunciabile, di intraprendere procedimenti cautelari a salvaguardia dei propri diritti soggettivi che assume essere stati lesi o comunque esposti ad un periculum irreparabile, non può essere condizionato dalla decisione della stessa parte nel voler sottoporre ogni controversia concernente quei medesimi diritti soggettivi al giudizio arbitrale. Cfr. altresì le conclusioni di B. SASSANI, Intorno alla compatibilità tra tutela cautelare e arbitrato irrituale, in Rivista dell’Arbitrato, 1995, p.711 e ss; (23) L. MONTESANO - G. ARIETA, Diritto processuale civile, III, 1999, Torino, p.488 e ss; v. altresì le osservazioni di CORSINI, Considerazioni sui rapporti tra arbitrato libero e tutela cautelare, in Rivista diritto processuale civile, 2000, p.1163 e ss; e A. LORENZETTO PESERICO, nota a Cassazione civile, prima sezione, 17 maggio 1979, n.2820, in Giurisprudenza italiana, 1979, p.1622; (24) Cassazione civile, 22 ottobre 1996, n.9357, in Gius, 1997, p.267; Cassazione civile, 25 novembre 1995, n.12225, in Giurisprudenza italiana, 1996, I,1, p.897; Cassazione civile, 17 giugno 1993, n.6757, in Giustizia civile,1993, I, p.2640; (25) Il giudice adito, pur avendo un’ampio potere nell’identificare la quaestio juris sottoposta al suo esame, non può spingersi fino al punto da violare il principio enunciato nell’art. 112, Cpc. In dottrina, cfr. DINI MAMMONE, I provvedimenti d’urgenza, Milano, 1993, p.489; (26) (27) ( )m0j -190.512 Tf 02bitrato irrituale Sull’argomento, cfr. le osservazioni svolte da V. SALAFIA, Alcune questioni di interpretazione del nuovo arbitrato societario, in Le Società, Milano, fasc.12, 2004, p.1457 e ss. L’autore afferma la concorrenza del nuovo arbitrato in materia societaria rispetto a quello “tradizionale” previsto dal Codice di rito, non potendosi ritenere quest’ultimo assorbito nel primo, pena la proposizione di seri dubbi di incostituzionalità proprio in considerazione della diversità di trattamento delle società commerciali rispetto ad altri soggetti. (33) cfr. Tribunale di Bari, sezione lavoro, Giudice Arbore (ord.), 21.12.2004, reperibile nella banca dati on line di giurisprudenza locale all’indirizzo internet www.giurisprudenzabarese.it . (34) In termini, cfr. C. CONSOLO, F. P. LUISO, B. SASSANI, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, Art. 669, quinquies, p.614. (35) INDIVIDUAZIONE DEL GIUDICE DESIGNATO ALLA TRATTAZIONE DEL RICORSO CAUTELARE DURANTE LA PENDENZA DEL TERMINE PER PROPORRE OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO ED AMMISSIBILITA’ DELLA CAUTELA IN PRESENZA DI UNA CLAUSOLA COMPROMISSORIA AD ARBITRATO LIBERO Riferimenti normativi: (artt. 645, 669, quater, secondo comma; 669, ter, Cpc; art. 24, Cost.) decreto ingiuntivo - tutela cautelare - opposizione - giudice designato - qualificazione domanda ammissibilità A mente del secondo comma dell’art. 669, quater, Cpc, competente a trattare la domanda cautelare spiegata in pendenza del termine utile per proporre opposizione a decreto ingiuntivo deve ritenersi il giudice istruttore, o se questo non è stato ancora designato, od il processo è sospeso od interrotto, il presidente del tribunale, il quale, designerà un magistrato a cui affidare la trattazione del procedimento cautelare, ai sensi dell’art. 669, ter, ultimo comma, Cpc, posto che non sarebbe giuridicamente corretto ipotizzare un vuoto normativo afferente il ricorso alla tutela cautelare durante la pendenza del suddetto termine (artt. 669, ter, 808, Cpc; art. 35, comma 5°, d.lgs.vo 17 gennaio 2003, n.5; art. 24 Cost.) clausola compromissoria - arbitrato irrituale - ricorso cautelare ante causam - tutela giurisdizionale - ammissibilità Deve ritenersi ammissibile il ricorso alla tutela cautelare ante causam in presenza di una clausola compromissoria per arbitrato libero, per un verso, costituendo attuazione concreta del diritto alla tutela cautelare, quale species del più ampio genus della tutela giurisdizionale dei diritti sancita dall'art. 24 della Costituzione, essendo uno strumento di difesa essenziale a preservare il diritto minacciato, e, per altro verso, interpretando estensivamente la scelta già rassegnata dal legislatore nel nuovo diritto processuale societario, apparendo irragionevole negare l’accesso alla tutela cautelare sulla base di una connotazione prettamente privatistica, che non può ritenersi una prerogativa esclusiva dell’arbitrato irrituale, essendo comune anche all’arbitrato rituale TRIBUNALE DI TRANI Il Giudice Designato letti gli atti del procedimento cautelare promosso dalla C. S.r.l, quale capogruppo dell’ATI - T. ** s.r.l. e F. ** s.a.s. di Alessandro F. & C., nei confronti della T. ** S.r.l., e sciogliendo la riserva formulata all’udienza del 6.12.2004, ha emesso la seguente ORDINANZA IN FATTO La C. S.r.l., con sede in Trani, quale capogruppo dell’ATI - T. ** s.r.l. e F. ** s.a.s. di Alessandro F. & C., nella pendenza del termine per opporre decreto ingiuntivo ottenuto in data 9.08.2004 nei confronti della T. ** s.r.l., con sede in Marghera, (decreto notificato il 31.08.2004), ha chiesto al Tribunale di Trani, con ricorso depositato il 30.09.2004, sequestro conservativo dei beni mobili ed immobili della società ingiunta, fino alla concorrenza di Euro 550.000,00 a garanzia di crediti maturati in esecuzione di due contratti di subappalto. A sostegno della domanda ha addotto, quanto al fumus boni iuris, la positiva valutazione già espressa dal Tribunale in sede di emissione del decreto ingiuntivo, e, relativamente al periculum in mora, il fondato timore di perdere le garanzie del proprio credito, stante l’avvenuta liquidazione a favore della debitrice, fino all’attualità, della complessiva somma di Euro 3.973.926,00= da parte del Comune di Taranto ed il persistente suo inadempimento, nonostante l’incasso di Euro 3.713.926,00 e l’imminente prossimo incasso di Euro 260.000,00. Costituitasi con memoria depositata l’8.11.2004 la T. s.r.l., ha sollevato una serie di eccezioni preliminari di rito e dedotto, comunque, l’insussistenza dei presupposti sostanziali dell’invocata misura cautelare. Dopo lo scambio di ulteriori memorie difensive e deposito di copioso materiale do-cumentale, all’esito della discussione orale questo giudice designato si è riservato per la decisione. IN DIRITTO La pacifica circostanza per cui la domanda di merito (avente ad oggetto il credito da garantire), cui è strumentalmente collegata l’invocata misura cautelare conservativa, risulta già azionata con il ricorso monitorio proposto dalla C. s.r.l. in data 4.08.2004 ed accolto con l’emissione di decreto ingiuntivo da parte di un primo giudice di questo Tribunale (dott. Delcuratolo), impone la verifica della competenza di questo giudice designato a provvedere sull’istanza cautelare, tenendo conto che il decreto ingiuntivo è stato notificato (unitamente al ricorso ex art. 633 c.p.c.) in data 31.08.2004, anteriore al deposito del ricorso per sequestro (30.09.2004), e che a seguito di successiva opposizione al decreto spiegata dalla T. ** s.r.l., con atto di citazione per l’udienza del 17.01.2005, è stato nominato giudice istruttore altro magistrato (dott.ssa Papa). La singolarità della fattispecie consiste proprio nel fatto che nella stessa vicenda processuale si succedono tre giudici persone fisiche diverse (il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, il giudice della cautela ed il giudice istruttore della causa di opposizione), la qual cosa confligge con l’esigenza di assicurare la tendenziale coincidenza tra il giudice che conosce del ricorso cautelare ed il giudice cui è affidata la trattazione della causa di me rito, costituente motivo ispiratore delle scelte normative del legislatore del ‘90 in materia di competenza cautelare. La peculiarità del caso è accentuata dalla considerazione che la domanda cautelare deve ritenersi spiegata “in corso di causa” (ed in tal senso è stata qualificata dalla stessa parte ricorrente, attraverso il richiamo all’art. 669 quater c.p.c.), in quanto l’art. 643, comma 3°, c.p.c. àncora la pendenza della lite alla notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo. E’ noto peraltro che, in pendenza della causa di merito, il ricorso cautelare deve essere proposto al giudice della stessa, secondo una logica soluzione già conosciuta dalla legge processuale anteriore alla riforma del 1990 (art. 673, comma 1°, art. 688, comma 2°, art. 701 c.p.c.) e recepita nell’art. 669 quater c.p.c., nell’ambito del nuovo rito cautelare uniforme: la norma regola poi analiticamente varie ipotesi a seconda dello stato del procedimento. Per la soluzione del problema dell’individuazione del giudice competente a trattare la domanda cautelare spiegata in pendenza del termine per proporre opposizione a decreto ingiuntivo (e quindi nell’ipotesi in cui il giudizio ex art. 645 c.p.c. non sia ancora stato instaurato) sembrano allora possibili due opzioni interpretative. La prima è quella di ricorrere - in virtù del procedimento analogico ex art.12, comma 2°, disp. prel. c.c. - all’applicazione del disposto del 4° comma dell’art. 669 quater c.p.c., che in pendenza dei termini per impugnare attribuisce la competenza cautelare al giudice che ha emanato la sentenza, per ricavare così la competenza del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo. Per questa via potrebbe ipotizzarsi la necessità di investire del ricorso cautelare direttamente il giudice persona fisica che ha pronunciato il decreto, a meno che non si ritenga di dover far riferimento all’ufficio nel suo complesso (giudice di pace o tribunale competente in via ordinaria ex art. 637 c.p.c.). Sennonchè, per un verso, è dubbia l’operatività dell’eadem ratio, in considerazione della natura del giudizio di opposizione (che non ha carattere impugnatorio, ma si salda alla fase monitoria introducendo il contraddittorio e la cognizione piena nell’ambito dello stesso processo); per altro verso, è la stessa configurazione di una lacuna normativa che appare del tutto soggettiva ed opinabile, tenuto conto dell’obiettiva esistenza di una norma direttamente applicabile alla fattispecie: il 2° comma dell’art. 669 quater c.p.c. contempla per l’appunto l’ipotesi in cui, pendendo la causa davanti al tribunale, la domanda debba essere proposta al giudice istruttore, o se questo non è ancora stato designato o il processo è sospeso o interrotto, al presidente, il quale tuttavia (essendo ormai sfornito di potere cautelare in proprio, in seguito all’entrata in vigore del d.lgs. 51 del 1998 ed alla conseguente revisione dell’art.637 c.p.c.) deve limitarsi a designare un magistrato cui affidare la trattazione del procedimento cautelare, ai sensi dell’art. 669 ter, ultimo comma, c.p.c. In concreto è questa la via seguita nel procedimento de quo, tenuto conto che il presidente del tribunale - in pendenza della lite ex art. 643 c.p.c., ma anteriormente alla notifica dell’atto di opposizione - ha proceduto ad un’autonoma designazione di questo giudice della cautela in data 7.10.2004, non essendovi ancora un giudice istruttore al quale indirizzare direttamente il ricorso cautelare. La soluzione è condivisibile non solo perché conforme al dato normativo innanzi ricordato, ma anche perché non sarebbe giuridicamente corretto ipotizzare un vuoto normativo di tutela cautelare nella pendenza del termine per proporre opposizione ex art. 654 c.p.c. e fino alla designazione del giudice istruttore, e ciò nell’ottica di salvaguardare l’identità fisica fra il giudice della cautela ed il giudice del merito. Del resto l’esigenza di ancorare, per ragioni di specifica professionalità, la competenza cautelare alla competenza sul merito non implica l’indispensabile coincidenza fisica tra i due giudici (della cautela e del merito), dal momento che né nelle norme che regolano la designazione del giudice della cautela né in quelle che disciplinano la nomina del giudice di merito vi è traccia di una tale necessaria correlazione (come confermato, in particolare, dalle previsioni dell’art. 669 quater c.p.c.). Fatta questa premessa, e passando all’esame delle contestazioni sollevate dalla difesa della società resistente, va rilevata - nell’ambito della summaria cognitio consentita in questa sede l’infondatezza delle eccezioni preliminari di carattere processuale. Quanto al presunto difetto di giurisdizione e/o di competenza dell’A.G.O. per la presenza di clausole compromissorie, non v’è dubbio che i contratti di subappalto (versati in atti, relativi al cantiere di Taranto ed al cantiere di Bellaria Igea Marina) contengono clausole compromissorie (rispettivamente artt. 17 e 25) per arbitrato irrituale (ai fini della risoluzione di tutte le controversie che dovessero insorgere in tema di validità, di interpretazione o esecuzione dei contratti), come agevolmente si desume dal tenore letterale delle stesse clausole. Non ignora questo giudice - quanto ai rapporti tra tutela cautelare ed arbitrato irrituale - che il prevalente indirizzo dottrinario e giurisprudenziale ritiene improponibile, per difetto assoluto di giurisdizione, qualsiasi domanda, anche cautelare, innanzi al giudice ordinario sia prima che nel corso del procedimento instaurato innanzi agli arbitri. La ragione di fondo della preclusione viene individuata nella rinuncia preventiva dei contraenti alla tutela giurisdizionale dei diritti relativi al rapporto controverso, che non può non estendersi anche alla richiesta di provvedimenti cautelari, in quanto strumentali ad un giudizio da svolgere innanzi agli organi investiti di potere giurisdizionale. Né alla richiesta di misura cautelare sarebbe corretto attribuire il significato di porre nel nulla un vincolo contrattuale liberamente assunto dalle parti, relativo al componimento della lite in via negoziale (cfr. Cass. civ., 17 giugno 1993, n. 6757, in Giust. civ., 1993, I, p. 2640; Cass. civ., 25 novembre 1995, n. 12225, in Giur. it., 1996, I, 1, c. 897; Cass. civ., Sez. III, 7 dicembre 2000, n. 15524, in Giur. It., 2001, c. 1107, con nota di CANALE, Arbitrato irrituale e tutela cautelare: i soliti problemi fra vecchie soluzioni e nuove prospettive; Trib. Reggio Emilia, ord. 26 luglio 1996, in Foro it., 1998, I, c. 1326; Trib. Torino, ord. 14 aprile 1997, in Giur. It., 1997, I, 2, c. 556, con nota critica di CHIARLONI; Trib. Genova, ord.13 giugno 1997, in Giust., 1997, p. 1756; Trib. Vercelli, ord. 29 luglio 1998, in Riv. arb., 1999, p. 81 ss., con nota critica di AULETTA; Trib. Catania, 13 settembre 1999, in Giur. Comm., 2000, II, p. 507, con nota di MIRONE; Trib. Monza, 26 maggio 2001, ined.). A tale dominante indirizzo interpretativo se ne contrappone un altro, che, con diverse motivazioni, ammette invece la tutela cautelare innanzi al giudice ordinario in presenza di patto compromissorio irrituale. Così qualche processualista fa leva sulla valenza costituzionale della tutela cautelare (quale parte integrante ed essenziale della garanzia di effettività della tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost.) per desumerne il carattere indisponibile ed autonomo rispetto alla tutela di merito, sicchè la rinuncia alla giurisdizione ordinaria - insita nella scelta di ricorrere ad arbitri irrituali - non potrebbe investire la tutela cautelare. Alcuni Tribunali, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, hanno sostenuto il carattere provvisorio e limitato della pretesa rinuncia alla giurisdizione insita nella scelta di ricorrere all’arbitrato irrituale, che non potrebbe com-prendere l’unica forma di tutela efficace contro il pericolo da ritardo, per ritenere applicabili ana logicamente all’arbitrato libero le norme dettate espressamente per l’arbitrato rituale (v. Trib. Roma, ord. 17 novembre 1995, in Foro it., 1996, I, c. 2257; Trib. Velletri, ord. 13 novembre 1995, in Gius., 1996, p. 234; Trib. Torino, 31 ottobre 1996, in Giur. it., 1998, c. 2070; Trib. Roma, ord. 24 luglio 1997, in Foro it., 1998, I, c. 3669; Trib. Milano, ord. 8 marzo 1999, in Giur. it., 1999, c. 1447; Trib. Catania, 4 ottobre 2001, in Gius., 2001, p. 2881; Trib. Lanciano, 29 novembre 2001, in Giur. merito, 2001). Più recentemente l’art. 35, comma 5°, del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 - nell’ambito della disciplina dell’arbitrato in materia societaria - ha previsto che “la devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art. 669-quinqies del codice di procedura civile”. La disposizione prosegue riconoscendo, in alternativa, agli stessi arbitri il potere cautelare di sospensione nel caso di clausole compromissorie relative a “controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari”. Tale chiara opzione legislativa, pur in una specifica materia, è destinata ad alimentare il dibattito dottrinale sulla tematica e a riverberare i suoi effetti sulla giurisprudenza. Significativa in tal senso è una recente pronuncia (v. Tribunale di Verbania, ord. 28 agosto 2003, ined.), che in sede di reclamo ha riconosciuto l’ammissibilità della tutela cautelare ante causam in presenza di clausola per arbitrato libero valorizzando, per un verso, la portata costituzionale del diritto alla tutela cautelare, quale strumento di difesa essenziale a preservare il diritto minacciato e, per altro verso, la scelta legislativa rassegnata nel nuovo diritto processuale societario. La soluzione interpretativa appare condivisibile, potendosi anzi ragionevolmente ipotizzare il superamento in breve tempo dell’orientamento formalistico assunto dalla Suprema corte, alla luce non solo del “dictum” d’indirizzo interpretativo della Consulta circa la tutela cautelare quale componente essenziale della tutela giurisdizionale garantita dall'art. 24 Cost. (cfr. Corte cost., 28 giugno 1985, n. 190, cit.; Corte cost., 5 luglio 2002, n. 320, in Giur. it., 2003, c. 633 ss., con nota di CANALE), ma anche della recente rilettura giurisprudenziale della natura dell’arbitrato e della nuova disciplina processuale societaria dell’arbitrato. Invero, la stessa Suprema Corte ha ormai chiarito che arbitrato rituale ed irrituale non hanno una differente natura, essendo entrambi espressione di un atto di autonomia privata, nell’ambito di un procedimento ontologicamente alternativo alla giurisdizione statale, rimanendo discriminati dalla mera possibilità di riconoscimento, da parte dello Stato, di esecutività al lodo arbitrale (cfr. Cass. civ., Sez. un., 3 agosto 2000, n. 527 e Cass. civ., sez. I, 1 febbraio 2001, n. 1403, entrambe in Foro it., 2001, I, c. 838). In siffatta prospettiva appare irragionevole negare accesso alla tutela cautelare sulla base di una connotazione (privatistica) che non è più esclusiva dell’arbitrato irrituale, essendo estesa anche all’arbitrato rituale. Quanto poi al nuovo diritto processuale societario sembra a questo giudice che la citata norma dell’art. 35, comma 5°, del d.lgs. n. 5 del 2003 contenga un precetto interpretativo suscettibile di essere applicato anche al di fuori della sedes materiae nella quale è collocato, tenuto conto peraltro che lo stesso progetto di riforma del processo civile, elaborato dalla Commissione presieduta dal prof. R. Vaccarella, prevede analoga disposizione (v. art. 63) e che una diversa lettura comporterebbe il rischio di una discriminazione fra eguali rispetto alla tutela giurisdizionale cautelare, che rientra pienamente nell’art. 24 Cost.. Destituita di giuridico fondamento è pure l’eccezione d’incompetenza per territorio dell’adito Tribunale di Trani, in relazione alla parte di domanda fondata sulla fattura C. s.r.l. n. 23/04 di Euro 47.600=, riferita al contratto di subappalto del 5.05.2003 afferente il cantiere di Bellaria Igea Marina., poiché il tenore della clausola (art. 26, per il quale, ove le parti di comune accordo ritenessero di rinunciare alla clausola compromissoria, la competenza spetterebbe al Foro di Venezia) è tale da potersi attribuire carattere di “esclusività” al foro prescelto per le controversie nascenti dall’esecuzione del contratto. Costituisce, infatti, ius receptum nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione che “il foro convenzionale può ritenersi esclusivo quando vi sia una dichiarazione univoca ed espressa dalla quale risulti la concorde volontà delle parti non solo di derogare alla ordinaria competenza territoriale, ma anche di escludere la concorrenza del foro designato con quelli previsti dalla legge in via alternativa” (così, tra le altre, Cass. civ., sez. III, 26 febbraio 2002, n. 2874, in Mass. Giust. civ., 2002, p. 329). Né maggior pregio presentano le eccezioni di presunta carenza di legittimazione attiva della C. s.r.l. e di difetto di legittimazione passiva della T. ** per le pretese relative al cantiere di Bellaria. Sotto il primo profilo, sul presupposto che i diritti di credito, se esistenti, spetterebbero all’A.T.I. C. s.r.l. - Stes s.n.c. - Jonio Sub s.r.l. per il cantiere di Taranto ed all’A.T.I. C. s.r.l. Construct e Service G.I. Elle di Giuseppe Logreco, per quanto riguarda il cantiere di Bellaria Igea Marina, la carenza di legittimazione attiva discenderebbe dal fatto di avere la C. s.r.l. proposto sia il ricorso monitorio che quello cautelare in proprio, anziché quale capogruppo delle A.T.I. innanzi indicate. Sennonchè, premesso che l’art. 27 d.lgs. n. 406 del 1991 attribuisce espressamente alla società capogruppo di un’A.T.I. in via esclusiva il potere di far valere verso il committente le ragioni delle imprese associate, e che negli atti costitutivi delle predette A.T.I. (artt. 4 e 5) risulta espressamente ribadito il conferimento del mandato collettivo irrevocabile con rappresentanza da parte delle associate alla C. s.r.l., è agevole desumere che la ricorrente è pienamente legittimata a far valere in via esclusiva verso la società committente le ragioni creditorie delle imprese associate, ed in tale veste la stessa ha agito, come si evince chiaramente dal tenore del petitum del ricorso monitorio e del ricorso per sequestro conservativo. Neppure si apprezza l’eccepito difetto di legittimazione passiva della società resistente, avendo la T. ** s.r.l. - cui è stato ritualmente notificato il ricorso introduttivo del procedimento cautelare ed il pedissequo decreto di questo giudice designato - compiutamente spiegato le sue difese di merito anche in relazione al cantiere di Bellaria, sicché alcuna violazione del contraddittorio può in concreto ravvisarsi. Passando all’esame dei presupposti sostanziali della misura cautelare, va rilevato che già la delibazione del fumus boni iuris (probabile fondatezza delle ragioni di credito vantato) non è agevole, alla luce delle contestazioni delle fatture (poste a fondamento del decreto ingiuntivo) sollevate sia stragiudizialmente che con l’atto di opposizione allo stesso decreto (v. documentazione versata nel fascicolo di parte resistente) e della necessità di verificare la correttezza dei conteggi e prospetti dei corrispettivi elaborati dalla ricorrente (pure contestati), verifica non agevole nell’attuale fase a cognizione sommaria. Ma è soprattutto la ricorrenza del requisito del periculum in mora che non è sufficientemente dimostrata nella fattispecie, malgrado le puntuali e documentate controdeduzioni di parte resistente. Al riguardo è sufficiente evidenziare in senso ostativo al positivo apprezzamento: - che il ricorso cautelare è stato depositato in pendenza del termine per proporre opposizione, nella quale sono stati successivame nte contestati l’an ed il quantum debeatur, sicché alcun significato negativo può attribuirsi all’attesa della società ingiun-ta che ha utilizzato gran parte del termine ex art. 641 c.p.c., né peraltro il rifiuto di adempiere può essere di per sè solo sintomatico di insolvenza; - il patrimonio della T. ** s.r.l., per consistenza quantitativa e qualitativa (annoverando, tra l’altro, beni immobili, imbarcazioni, ingenti crediti presenti e futuri relativi agli appalti in corso, titolarità di quote nella società consortile Consorzio Aliseo Scarl, come da documentazione prodotta), appare idoneo a far fronte alle pretese della società creditrice, se fondate; - non risultano posti in essere dalla società resistente atti di disposizione o di depau-peramento del patrimonio né si apprezzano precedenti, anomali comportamenti nego- ziali o processuali alla stessa imputabili; - la T. ** s.r.l. gode di considerazione presso il sistema bancario (v. le dichiarazioni concernenti le referenze bancarie, versate nel fascicolo di parte) potendo contare su importanti affidamenti, peraltro non del tutto utilizzati disponendo essa di notevole liquidità propria. Del tutto inconferenti, infine, rispetto al requisito del periculum in mora, sono le eventuali difficoltà finanziarie della società creditrice (cui la C. s.r.l. allude nella memoria difensiva depositata il 22.11.2004), rilevando invece soltanto le condizioni patrimoniali, oggettive e soggettive, del debitore. Le svolte considerazioni inducono, pertanto, al rigetto della domanda cautelare. Sulle spese della procedura cautelare si provvederà con la sentenza definitiva del giudizio di merito P.Q.M. 1) rigetta la domanda di sequestro conservativo proposta, con ricorso depositato in data 19.05.2004, dalla C. S.r.l., con sede in Trani, quale capogruppo dell’ATI - T. ** s.r.l. e F. ** s.a.s. di Alessandro F. & C., nei confronti della T. ** s.r.l., con sede in Marghera, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, 2) riserva alla sentenza definitiva del giudizio di merito ogni statuizione sulle spese e competenze del presente procedimento cautelare. TRANI, ADDÌ 24 GENNAIO 2005 I L G.D. LUCIANO GUAGLIONE