Risoluzione prototipo II parziale - Progetto e

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1) Osserviamo, in primo luogo, che la matrice A ha ordine 33, ovvero è quadrata di ordine 3, la
matrice B ha ordine 23 e la matrice C ha ordine 23. Ne segue, pertanto, che:
a) A+B è impossibile in quanto A e B non hanno lo stesso ordine (somma e differenza tra matrici è
possibile solo quando le matrici sono dello stesso ordine)
b) B+C è possibile poiché le matrici B e C sono entrambe di ordine 23 e risulta:
1  2 2  3 2  4   3 5 6 
BC  


1  0 3  1 0  1   1 4 1 
c) BC non è possibile in quanto il numero delle colonne della prima matrice del prodotto, ovvero
B, è 3 che è diverso dal numero delle righe della seconda matrice del prodotto, ovvero C, che è
pari a 2.
d) CA è possibile in quanto il numero delle colonne di C è 3, numero questo che coincide con il
numero delle righe di A. Risulta allora:
 2 1  3  2   4   3 2  4  3   2    4  1 2   3  3 1   4   0 
C A 

 0 1   1  2  1 3 0  4   1   2   11 0   3   1 1  1 0 
 2  6  12 8  6  4 6  3  0   4 2 3 



 0  2  3 0  2  1 0  1  0   1 3 1 
e) 2A è possibile in quanto si può sempre moltiplicare una qualunque matrice, rettangolare o
quadrata che essa sia, per un numero reale, moltiplicando per il numero assegnato tutti gli
elementi della data matrice. Risulta, pertanto:
4 3   2 1
24
2   3   2 8 6 
1
 

 

2  A  2   2 2
1    2  2 2   2 
2 1    4 4 2 
3 1
0   2  3
2 1
2  0   6 2
0 

f) CB è possibile in quanto le matrici sono dello stesso ordine:
 2 1
3 2
4   2    1
CB

0

1

1


3
1

0



  1
1 2 

2 1
2) Poiché la matrice assegnata:
3
 1 2

5 2
4
A
 4 2 1

 3 3 1
è del quarto ordine, per calcolare il suo determinante
Laplace.
5 

1
3

2 
è possibile utilizzare solo la Regola di
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Dicembre 2014
Non essendoci una riga o colonna costituita né da zero né da uno, possiamo sviluppare il
determinante, ad esempio, rispetto alla prima colonna, ottenendo, così:
+
1 2

5 2
detA  +
4 2

3 3
2
  2
3 5
2
4 1
 1 2
1
3
3
1
2
1
2
3  5  2
4
1
1
2
3  5  2
2
3
4
1
1
3 5
2
1 3  4  2
3 5
2
1 3  4  2
1 2
3
3 5
2
4 1  3  2
3 5
2
4 1  3  2
1
2
2
3 5
4 1
1 3
3 5
4 1
3 1
2
3 1 2
3 1
2
2 1 3
I precedenti determinanti, essendo di ordine tre, possono essere calcolati, a loro volta, applicando
nuovamente la regola di Laplace oppure utilizzando la regola di Sarrus.
Otteniamo quindi, se usiamo la regola di Sarrus:
detA    4  36  2  3  6  16   5  4  27  10  15  6  12  
4  16  9  10  60  2  12   3  24  6  10  40  2  18 
 49  5  66  4  77   3  40   49  330  308  120  49
Dunque det A = 49.
3) Poiché una matrice ammette l’inversa se e solo se il suo determinante risulta diverso da zero,
occorre verificare in primo luogo che sia proprio det A  0, ove:
 1 1 1


A   3 2 1 
 1 0 2 


Si ha:
1 1 1
detA  3 2
1  4  1  0   2  0  6   5  8  13  0
1 0
inversa di A.
2
Per calcolare l’inversa di A utilizziamo la seguente formula:
T
1
A1 
  A* 
detA
ove A* è proprio la matrice dei complementi algebrici.
Risulta allora:
2 1
3 1
c11  
 4  0  4 ;
c12  
 (6  1)  7 ;
0 2
1 2
c21  
c31  
1 1
0 2
   2  0   2 ;
1 1
2 1
 1 2  3 ;
c22  
c32  
1 1
3 1
c13  
 2 1  3 ;
c23  
 (1  3)  2 ;
c33  
1 2
1 1
 det A =  13  0   A1,
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3 2
1
0
1 1
1 0
1
1
3 2
 0  2  2 ;
 (0  1)  1 ;
 2  3  5
da cui segue:
 4 7 2 


A   2
3 1 
 3 2 5 


*

A 
*
t
 4 2 3 


  7
3 2
 2 1 5 


Pertanto:
A1 
 
1
 A*
det A
T
2
3
4
 
 13
13
13
 4 2 3 
 4 2 3  

1 
1
7
3
2


 

 7
3 2      7
3 2 


 13
13 
13
13
13 

 2 1 5  

2

1

5





1
5
2


13
13 
 13
Dunque:
2
3
4
 
 13
13
13


7
3
2
1

A 


 13
13
13 


1
5
2


13
13 
 13
4) Per verificare la lineare dipendenza o indipendenza dei vettori:
v1  1, 1, 1 , v2   0, 1, 0  , v3   1, 0, 1
occorre, in base alla definizione, scrivere una combinazione lineare dei tre vettori ed eguagliarla al
vettore nullo, precisamente:
(*) k1 v1  k2 v2  k3 v3  0
dove i ki (i = 1, 2, 3) sono degli scalari ovvero dei numeri reali.
Poniamo ora nella (*), al posto dei vettori, le terne assegnate:
k1 1, 1, 1  k2  0, 1, 0   k3  1, 0, 1   0, 0, 0 
Moltiplichiamo ciascuna componente del vettore per il corrispondente scalare:
 k1, k1, k1    0, k2 , 0   k3 , 0, k3   0, 0, 0 
Sommando ora componente per componente, otteniamo:
 k1  0  k3 , k1  k2  0, k1  0  k3    0, 0, 0 
ovvero:
 k1  k3 , k1  k2 , k1  k3    0, 0, 0 
Affinché l’equazione sopra scritta sia soddisfatta, i due membri devono essere uguali, ovvero i due
vettori (quello che figura al primo membro e quello che figura al secondo membro) devono avere
uguali le componenti che si trovano nella medesima posizione; precisamente deve risultare:
k1  k3  0

k1  k2  0
k  k  0
 1 3
Resta quindi da risolvere il sistema sopra riportato, ovvero determinare i valori delle incognite ki
(i = 1, 2, 3): se questi saranno tutti nulli allora i vettori assegnati saranno linearmente indipendenti,
mentre se ne esisterà uno diverso da zero allora i vettori saranno linearmente dipendenti.
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Occorre sottolineare, in primo luogo, che si tratta di un sistema quadrato di tre equazioni in tre
incognite.
Dalla prima equazione otteniamo:
k1 = k3
Sostituendo tale valore, ad esempio, nella seconda equazione, abbiamo:
k3 + k2 = 0  k2 =  k3
e sostituendo i valori fino ad ora trovati nella terza equazione, arriviamo a scrivere:
k3 + k3 = 0  2k3= 0  k3= 0
Dunque:
k1 = 0; k2 = 0; k3 = 0
ovvero il sistema ammette solo la soluzione nulla, ossia la terna:
(k1, k2, k3) = (0, 0, 0)
Poiché gli scalari, soluzione del nostro sistema, sono tutti nulli, ne segue che i tre vettori assegnati
sono linearmente indipendenti.
5) Per calcolare il rango della matrice:
6
5
1
 2


1
4
3
2

A
 1 6
2
3
 3 8 1 4 


osserviamo, in primo luogo, che la matrice A è quadrata di ordine m = n = 4, per cui risulta:
0  r(A)  minm, n = min4, 4 = 4
Poiché, inoltre, la matrice A non è la matrice nulla segue che è r(A)  0. Dunque:
0 < r(A)  4
Primo metodo
Verifichiamo, in primo luogo se è r  A  4 ,ovvero se esiste un minore di ordine 4 diverso da zero.
Poiché l’unica sottomatrice di ordine 4 è proprio la matrice data, bisogna calcolare il determinante
della matrice stessa, precisamente:
 +
+
2
6
5
1
4
3
detA 
1 6
2
3 8 1
4
 2  6
3
2
8 1

1
2
 (sviluppando secondo gli elementi della prima riga)
3
4
2
1
3  6  1
4
3
2
3 1
2
1
3  5  1
4
4
6
3 8
2
1
3  1  1
4
4
6
3 8
3
2=
1
 2  32  72  12  32  12  72   6 8  27  2  12  3  12  
5  24  36  16  36  24  16   1 6  24  24  54  16  4  
 2  80  6  40  5 80  1 0  160  240  400  0  400  400  0
Essendo, quindi, detA  0 ne segue che è r  A  4 .
Verifichiamo ora se è r  A  3 , ovvero se esiste un minore di ordine 3, estraibile dalla matrice A,
diverso da zero. Consideriamo, ad esempio, il seguente:
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2
1
6
4
5
3  16  18  30  20  36  12  0
1 6
2
per cui bisogna andare avanti nel calcolo dei minori di ordine 3. Consideriamo, ad esempio, lo
stesso minore usato nel calcolo del determinante della matrice che sappiamo già essere diverso da
zero, precisamente:
4
3
2
6
2
3  32  72  12  32  12  72  80  0
8 1 4
Dunque, avendo trovato un minore di ordine 3 diverso da zero, possiamo concludere che è r(A) = 3.
Secondo metodo
Consideriamo un minore del secondo ordine estraibile da A diverso da zero; sia A' =
2
6
1
4
.
Analizziamo adesso tutti i minori orlati di A' . Risulta:
2
6
5
2
6
1
1
4
3 = 0;
1
4
2 =  20  0
1
6 2
1
6
3
Poiché abbiamo trovato un minore orlato del terzo ordine diverso da zero, possiamo affermare che
r(A) = 3.
Prof.ssa Daniela Tondini
Dicembre 2014
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