Gruppi di pressione, partiti e gender mainscreaming di A. Anastasi 1. Gender Mainstreaming e politica Il lessico e il significato del termine Mainstream Quali sonoferimento gli elementi che compongono il concetto di mainstreaming? Se la parola “mainsream” significa letteralmente “flusso o corrente principale”, in riferimento al genere quale può essere il suo significato? Per convenzione, nei documenti ufficiali delle istituzioni pubbliche “al termine mainstream è stato attribuito il significato o <<dinamiche paritarie>>, <<integrazione paritaria>>. Associata alla nozione di “genere” ne è nata l’espressione linguistica “GENDER MAINSTREAMING” . Il contenuto di tale espressione e’ stato tradotto come <<integrazione della dimensione uomo – donna>>, <<integrazione della dimensione di genere>>, <<integrazione di chance di uguaglianza>>, ecc. La diversità degli usi linguistici della espressione G.M. è anche indice di instabilità, ambiguità e multidimensionalità della nozione stessa. Questo è secondo gli esperti un punto di partenza e una linea guida delle analisi concernenti la trasposizione del concetto di GM nell’analisi politica e sociale. Nella letteratura sociologica e politologica, la nozione di genere comincia a diffondersi negli anni ’80 del XX sec., mentre i primi lavori teorici importanti sul tema di Gender Mainstreaming (GM) appaiono negli anni ’90, ossia dopo che alcune organizzazioni internazionali la cominciano ad applicare nelle politiche di aiuto pubblico allo sviluppo1. Per quanto concerne le concezioni dell’uguaglianza, il concetto di genere fece il suo debutto all’inizio degli anni settanta grazie alle ricerche antropologiche della scuola francese di LeviStrauss e delle femministe anglosassoni. Simone de Beauvoir nella sua opera fondamentale “Il secondo sesso” (1949) apre la discussione sul sesso come costruzione sociale, che rappresenta l’inizio in qualche modo del dibattito femminista su genere e sesso. Nel suo apparire la nozione di genere è stata pensata in contrapposizione a quella di sesso: il primo rappresenta la psicologia e la cultura, il secondo la natura. Lo scopo di questa opposizione dialettica è di “denaturalizzare” il rapporto uomo-donna. Nel senso comune genere è sesso vengono fatte coincidere, nel senso che ognuno fa coincidere automaticamente sesso femminile con genere femminile, sesso maschile con genere maschile. Nella realtà non è così. I ruoli sessuali sono prodotti dalla cultura dominante, che fa dipendere deterministicamente il genere (come cultura) dalla biologia (il sesso). Occorre distinguere caratteristiche biologiche e caratteristiche socio-culturali e psicologiche e si tratta al tempo stesso di portare alla luce i meccanismi sociali che fanno sì che un genere femminile (“un tipo femminile”) sia imposto culturalmente alla “femmina” per fare una donna sociale e un genere maschile per fare di un maschio un uomo sociale: cioè bisogna evitare che la biologia costituisca la tipologia dell’uomo e della donna come figure sociali sulle base delle differenze biologiche. Assumendo il genere come la traduzione sociale del sesso biologico, si determinano con la medesima operazione di conseguenza compiti ruoli e funzioni in una determinata società in una 1 Molte delle considerazioni che seguono sono state sviluppate da Sophie Jacquot, L’action publique commaunitaire et ses instruments, Ecole doctorale de Sciences Po, Paris, 2006. determinata epoca. La traduzione di genere come sesso, quindi, tradisce un sistema di credenze che sta alla base delle disuguaglianze sociali. Per usare le parole di Bourdieu, l’assioma genere = sesso consente <<smontare i processi che sono responsabili della trasformazione della storia in natura, l’arbitrio culturale in un fatto naturale>> e di <<rendere al principio della differenza tra maschi e femmine, come noi lo conosciamo, il suo carattere arbitrario e contingente>>. Le identità di genere, quindi, non sono identità naturali, dunque eterne, ma il risultato di processi storici politici e sociali. In una visione più completa dell’opposizione natura – cultura, il genere viene percepito come l’insieme dei meccanismi tendenti a costruire il sesso come un dato biologico e intangibile. Il cuore della nozione di genere è la possibilità di pensare il maschile e il femminile come costruzioni sociali contingenti che si inscrivono all’interno dei rapporti di potere e di dominio. Il genere è un rapporto sociale e, più precisamente, un rapporto sociale fondato sulla gerarchia all’interno della distinzione sociali e culturali del maschile e del femminile. Rapporto sociale che è all’origine del distribuzione del potere tra uomini e donne, distribuzione inerente alle strutture e alle istituzioni sociali. Genere e teoria politica Sul piano concettuale GM si lega con la teoria politica democratica (femminista o meno) in quanto si riconnette direttamente alla definizione dei concetti fondamentali di cittadinanza, rappresentanza e uguaglianza. Infatti, i significati teorico-politici del GM costituiscono un elemento centrale nella costruzione delle politiche pubbliche di genere: si vuole dire che le istituzioni sociali e politiche di genere nelle società moderne occidentali si declinano generalmente al maschile. In questa senso la teoria politica femminista del GM è impegnata a ri-orientare tali istituzioni mediante un’azione incisiva sul processo di formazione delle politiche pubbliche di genere. Ripercorrendo riflessivamente le tappe di questo processo si può notare che le analisi tradizionali sulla cittadinanza nelle democrazie occidentali poggiano su una serie di valori, di esperienze e di pratiche che privilegiano il genere maschile. Per fare un esempio, è noto nella teoria democratica le nozioni di inclusione e di partecipazione, centrali per la cittadinanza, necessitano di autonomia individuale e di risorse personali. Ora se, come ancora si verifica nell’ambito della struttura familiare occidentale, pesa sulle donne l’organizzazione della vita familiare ed il lavoro di cura e di tutela della salute dei membri della famiglia, è chiaro che l’autonomia delle donne ne viene oggettivamente ridotta. Inoltre, storicamente il godimento dei diritti di cittadinanza politica è legato alle dinamiche di funzionamento della sfera pubblica, ma se le donne sono esclude dalla partecipazione politica, ne viene limitato di conseguenza l’accesso alla sfera pubblica e il conseguimento della sua indipendenza personale. Infine, l’assenza delle donne nei tempi e nei luoghi di elaborazione e approvazione delle leggi, si ripercuote sul contenute steso delle politiche pubbliche in genere e delle politiche volte a ridurre il gap di genere in special modo. In altri termini, nell’ottica della teoria politica femminista, l’eliminazione del fenomeno della ineguaglianza nelle società moderne occidentali deve essere collocato e analizzato in tutta la sua complessità: a) innanzitutto l’ineguaglianza di genere è un fattore strutturale, in quanto inerisce ai ruoli sociali assegnate alle donne e agli uomini in base alla loro differenza biologica; b) di conseguenza, occorre sviluppare una nozione di uguaglianza che abbia la capacità di rispondere alla disuguaglianza in tutte le sue dimensioni; c) il discorso del GM va collocato nel cuore della teoria e della prassi dello stato democratico occidentale, per effettivamente percepire che la cittadinanza, la rappresentanza e l’uguaglianza non sono concezioni neutre e imparziali; d) la GM theory, permette innanzitutto di volgere l’attenzione sulle norme e le strutture dello stato democratico liberale che privilegiano gli uomini, e, successivamente, permette il riconoscimento pratico dei fenomeni di discriminazione sessuale sotto la copertura della neutralità democratica. 2. GRUPPI DI PRESSIONE, PARTITI E DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA • I gruppi di pressione rappresentano da un lato la libertà di unirsi ad altri per presentare domande ai leaders politici, ma dall’altro, anche la minaccia che coloro che possiedono risorse più importanti possano mobilitarsi più efficacemente di altri, contribuendo a rafforzare le disuguaglianze nel potere politico. Secondo James Madison (uno degli autori della Costituzione americana), i gruppi sono un male necessario, che è meglio controllare che eliminare. Il motivo lo spiega lo stesso Madison: bisogna evitare che le fazioni organizzate violino i diritti degli altri cittadini e gli interessi della collettività. • Secondo il politologo Luigi Graziano: «l’anima liberale della democrazia palpita in loro favore, o quanto meno aderisce a una idea di libertà che assegna un ruolo essenziale alle parti organizzate della società, […] l’anima egualitaria arriccia il naso». La prima vede nei gruppi una garanzia di pluralismo, elemento essenziale della democrazia moderna; la seconda, viceversa, teme che si possa realizzare il timore di Madison, cioè a dire che la diffusione dei gruppi di interesse possa aumentare la disuguaglianza presente nelle democrazie moderne. • Le precedenti affermazioni partono dal presupposto che quando nelle scienze sociali si parla di “gruppi” nella democrazia pluralista si fa riferimento soprattutto alle organizzazioni formali ed informali che articolano gli interessi diffusi nella società. • Infatti, nei regimi democratici-liberali esistono due canali principali attraverso i quali vengono trasmesse le domande dei cittadini al sistema politico: uno è il canale controllato dai gruppi o canale della pressione; l’altro è il canale controllato dai partiti o canale della rappresentanza politica o canale elettorale. • Nella fase più recente dello sviluppo delle democrazie – dalla fine degli anni ’60 del XX° sec. - si è assistito alla nascita di un terzo canale di trasmissione delle domande politiche, quello dei movimenti collettivi. Quest’ultimo più che un canale – ossia uno strumento di trasmissione – è un flusso, una forma diretta di partecipazione alla vita politica. Possiamo definire questo come il canale della “democrazia partecipativa”, una sfida ai due precedenti canali. • Le elezioni hanno un ruolo centrale nella definizione della democrazia liberale: democratici sono infatti qui regimi che garantiscono a tutti i cittadini il diritto i voto. Elezioni libere e corrette e istituzioni costruite da eletti sono considerate garanzie indispensabili alla democrazia. • Perciò la democrazia liberale è una democrazia rappresentativa; essa limita i rischi del potere che le elezioni conferiscono alle masse. Democrazia è «diritto della cittadinanza a partecipare alla determinazione della volontà collettiva tramite la mediazione dei rappresentanti eletti»2. • 2 D. Held, Modelli di democrazia, Bologna, Il Mulino, 1997. Secondo il filosofo John Stuart Mill, c’e differenza tra controllare il governo ed esercitare le funzioni di governo, che spetta agli specialisti, ossia ai partiti e ai loro esponenti eletti. Questo fatto configura un specificità del regime democratico ed anche un suo limite: in democrazia ottenere la maggioranza parlamentare da diritto a decidere su molte cose, ma non su tutto; ad esempio la democrazia tutela le minoranze rendendo costituzionali cioè non negoziabili alcuni diritti. • Con il declino della capacità dei partiti di funzionare come mediatori tra la società civile e le istituzioni politiche si approfondiscono i limiti e le carenze della democrazia rappresentativa: diminuiscono drasticamente le iscrizioni ai partititi e, dalla fine degli anni settanta, aumenta anche l’astensionismo elettorale • Già i movimenti di protesta della fine degli anni sessanta sono stati interpretati come indizio di un allontanamento dei partiti dai cittadini; indicava l’incapacità dei partiti di rappresentare nuove linee di conflitti: il conflitto di genere e quello generazionale ad esempio. D’altra parte, bisogna riconoscere che i partiti non sono stati del tutto impermeabili alle pressioni dei movimenti. In alcune circostanze i programmi e la membership della sinistra europea sono mutati per effetto delle interazioni con i movimenti sociali. • Secondo la politologa Donatella della Porta, la qualità democratica della partecipazione è stato un fattore centrale nelle visione politica dei movimenti sociali. Sono stati i Movimenti postsessantotto ad inventare delle forme nuove e “non convenzionali” di partecipazione politica. L’ampliamento della democrazia dal basso, è diventata una prassi costante nella vita interna del movimento degli studenti, del movimento delle donne e dei movimenti spontanei di cittadini in genere. • Secondo questa concezione, rispetto alla democrazia rappresentativa, basata sulla delega ai rappresentanti controllabili solo nel momento elettorale, i cittadini devono assumersi direttamente il compito di intervenire nelle decisioni politiche, mediante la protesta e organizzando dei forum alternativi a quelli delle istituzioni economiche e politiche tradizionali. • Delle ricerche condotte in quegli anni hanno dimostrato che un numero sempre maggiore di cittadini attua sia forme di partecipazione convenzionale (come andare a votare, partecipare a comizi e assemblee pubbliche, ecc.) sia forme di partecipazione non convenzionale ( partecipare a sit-in, firmare petizioni, partecipare a scioperi, organizzare boicottaggi, ecc.). • La conclusione è che la crescente partecipazione anche non convenzionale non è un indicatore del declino di legittimazione delle democrazie liberali, anzi è espressione di un duraturo ampliamento delle potenzialità di intervento dei cittadini. I crescenti successi della democrazia partecipativa sono espressione della necessità di far crescere le arene aperte ai cittadini e un consolidamento dei diritti civili, politici e sociali. • Il GM e la teoria politica democratica inclusiva hanno il compito di smascherare e decostruire le categorie che si basano una concezione e una prassi di ineguaglianza come presupposto tacito, naturale e immodificabile. Occorre, quindi scindere concettualmente la biologia femminile dal genere femminile per giungere al cambiamento delle categorie di pensiero dominante sulla cittadinanza, sulla rappresentanza e sulla sfera pubblica e ri-costruire categorie politiche e culturali in cui a determinare l’assegnazione dei compiti sociali e politici nella sfera pubblica e nella sfera della società civile non siano il sesso e la biologia dell’uomo e della donna, bensì la effettiva parità di posizione, di capacità e di opportunità di genere. • Il futuro della democrazia in cui la parità di genere diventi cultura dominante sarà favorito dalla contaminazione reciproca ed il mix di pratiche di democrazia rappresentativa e di democrazia partecipativa. •