Cenni sulla Storia della Chiesa 4

Cenni sulla Storia della Chiesa 4
Potere spirituale e potere temporale nel Medioevo
Durante il periodo medievale la cristianità latina considerò se stessa come
un’unica società, tanto che gli europei d’Occidente non provavano particolare
difficoltà a riconoscere un’autorità comune, anche se, a seconda dei periodi, essa
venne identificata nell’imperatore o nel papa, oppure in un Concilio generale.
Tale idea era così radicata che ancora nel XVI secolo si poteva affermare:
“La repubblica cristiana è un unico regno, una casa senza divisioni: le guerre
che si combattono fra i suoi sudditi sono uno scandalo” (Meyer); e un famoso
studioso contemporaneo del Medioevo, Giorgio Falco, ha potuto sinteticamente
esprimere la sostanza storica di quest’epoca con la definizione di “Santa Romana
Repubblica”.
In tale contesto, pertanto, si giustificano sia il ruolo preminente che venne ad
assumere il papa, sia le implicazioni dialettiche del rapporto fra il potere temporale e
quello spirituale.
Carlo Magno ad esempio, re dei Franchi, incoronato imperatore nell’800,
riteneva essere suo compito principale quello di proteggere la Chiesa nell’ambito di
una salda alleanza fra i due poteri:
“Il nostro compito è di difendere dovunque…la Santa Chiesa di Cristo contro
l’invasione dei pagani e degli infedeli dall’esterno, e all’interno di rafforzare la
diffusione della fede cattolica. Il vostro compito, santissimo padre, è di sostenerci
nella lotta con le mani alzate verso Dio, affinché, per mezzo della vostra
intercessione, il popolo cristiano…consegua ovunque la vittoria”.
Ma la morte di Carlo Magno e la conseguente divisione dell’impero,
unitamente alle incursioni dei Normanni al nord e dei Saraceni al sud, provocò un
frazionamento politico. La terra, nominalmente di proprietà dell’imperatore, veniva
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ora di fatto gestita dai suoi vassalli beneficiari del feudo, attorno ai cui castelli andava
a radunarsi la popolazione spesso abbandonata e senza più protezione.
Lo stesso papato cadde preda di lotte intestine fra le famiglie dell’aristocrazia
romana, toccando livelli di corruzione e di amoralità fra i più bassi di tutta la sua
storia. In questa situazione di debolezza della Chiesa, capitava molto spesso che re e
signori donassero terre, case, villaggi alle chiese e alle abbazie, pretendendo, in
cambio la facoltà di nominare vescovi, abati e parroci, di fatto alle loro dipendenze.
Per questa via, a partire dal secolo X con Ottone I, gli imperatori finirono per
considerare il papa sempre più come un loro vassallo e con ciò pretesero anche di
confermare essi stessi la sua elezione.
A scuotere la Chiesa dal giogo di questa subordinazione al potere temporale
sopraggiunse il monaco Ildebrando di Soana, il quale divenne papa nel 1073 col
nome di Gregorio VII. Costui apparteneva alla congregazione che faceva capo al
monastero di Cluny in Borgogna, fondato nel 910 e posto sotto il patronato della
Santa Sede. Questi monaci sostenevano l’affrancamento della Chiesa dal potere
temporale, rifiutando l’ingerenza dei laici nell’assegnazione degli uffici ecclesiastici.
Nel 1075 Gregorio VII proibì l’investitura ecclesiastica da parte dei signori.
Ebbe così inizio una dura lotta con l’imperatore Enrico IV, scomunicato dal papa
stesso, perché non disposto a piegarsi alle sue decisioni.
Fu soltanto col concordato di Worms (1122) che il nuovo papa Callisto II e il
nuovo imperatore Enrico V conclusero la lunga “querelle”; si stabilì così che alla
gerarchia ecclesiastica spettasse di eleggere liberamente il papa, i vescovi, gli abati, e
al sovrano quella di infeudare ad essi i beni materiali e di imporre i doveri a ciò
inerenti.
Tuttavia la lotta fra Roma e l’impero riprese poco dopo, sino a che con
Innocenzo III, eletto papa nel 1198 a soli 37 anni, la supremazia del potere spirituale
su quello temporale si affermò decisamente.
Costui sosteneva infatti che “ai principi il potere è dato sulla terra, ma ai
sacerdoti anche nei cieli”, e quindi che l’imperatore doveva restare a lui sottomesso.
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Ovviamente questa nuova situazione venutasi a creare all’inizio del XII secolo
provocò una forte reazione sino a che un secolo dopo, lo scontro fra i due poteri
riprese più forte che mai e questa volta fra il papa Bonifacio VIII e il re di Francia
Filippo il Bello (1285-1314).
La vittoria di quest’ultimo comunque fu un segno tangibile che il Medioevo si
avvicinava alla sua conclusione: il fatto religioso non veniva più sentito dai principi
come un loro dovere, ma come una realtà, accanto ad altre di cui tener conto
nell’esercizio della loro autorità politica.
Di lì a poco inoltre i papi cominciarono a risiedere addirittura in Francia, ad
Avignone, da dove avrebbero fatto ritorno solo nel gennaio 1377, dopo quasi
settant’anni di esilio. Ma l’età medievale poteva ormai dirsi quasi del tutto conclusa,
come pure la lotta fra potere spirituale e potere temporale per la supremazia in
Europa.
(Questa è la nostra fede, ed PIEMME pp. 84-85)
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