Chiusura della parete addominale

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1 • General Philosophy
Chiusura della parete addominale
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MOSHE SCHEIN
Grosse prese con sutura in continua e che sia monofilamento e, soprattutto,
nessuna tensione – ecco il modo per evitare una deiscenza ed un laparocele.
Infine è arrivato il momento di “svignarsela”. Avete lavorato tutta la notte e
siete perciò tentati di farla finita velocemente. Tuttavia l’impazienza è sconsigliabile poiché una chiusura corretta dell’addome evita al paziente una eventuale deiscenza della sutura della parete addominale ed in seguito la formazione di un laparocele e a voi una grossa umiliazione (“lo saprebbero tutti”). Siete stanchi, è vero,
ma prima di chiudere, fermatevi a pensare, chiedete ai vostri assistenti: “Abbiamo
dimenticato niente?”. Controllate la vostra check-list (●❯ Cap. 39). Generalmente, il
cedimento della sutura della parete addominale è dovuto alla scarsa qualità dei tessuti, alla presenza di una elevata pressione addominale, ad una tecnica scorretta o
anche alla combinazione di tutti questi elementi. A volte, si scioglie un nodo della
sutura ma è ancora... più tipico che il problema riguardi i tessuti piuttosto che la
sutura. Per eseguire una chiusura di parete sicura tenete a mente (e sotto mano) i
seguenti principi.
Principi di chiusura
Materiale di sutura 왘 Utilizzate una sutura monofilamento non riassorbibile
(ad es. nylon o prolene) o a “lento”riassorbimento (ad es. PDS o Maxon).
Materiali a riassorbimento veloce come il Vicryl e il Dexon sono ancora ampiamente usati, benché il loro utilizzo sia illogico in termini di cinetica di riparazione delle ferite: coloro a cui piace tanto utilizzare questi materiali garantiranno ai
loro pazienti la formazione di laparoceli che poi saremo noi a dover riparare.
D’altra parte, i materiali di sutura non riassorbibili o a lento riassorbimento tengono assieme i lembi della ferita finché prevale la loro forza tensile. Il monofilamento apporta diversi vantaggi poiché scivola meglio, “sega” meno i tessuti e, se
in continua, la tensione si distribuisce in modo ottimale lungo tutta la ferita.
L’uso di materiale intrecciato non riassorbibile (ad es. la seta) può determinare la
formazione di sinus cronici infetti e ci auguriamo perciò che tale pratica appartenga ormai al passato.
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Chiusura di parete “a tutto spessore”
Come documentato in numerosi studi, questa è la tecnica da preferire. È divenuta popolare per la chiusura di incisioni mediane, ma è altrettanto efficace per la
chiusura di incisioni trasversali con sezione dei muscoli. Tuttavia, in quest’ultimo
caso, molti chirurghi continuano a preferire la chiusura a strati (fascia posteriore e
anteriore). Anche noi siamo tra questi: ad esempio, per chiudere una incisione sottocostale usiamo una continua – loop (PDS 1) che dal centro si porta lateralmente –
includendo prima la fascia posteriore; arrivati all’angolo laterale, serriamo la sutura
e torniamo indietro, medialmente, includendo la fascia anteriore o viceversa.
La “chiusura a tutto spessore” implica una sutura monostrato in continua
comprendente tutte le strutture della parete addominale in modo da creare una
“cicatrice forte”. Il segreto è di fare delle grosse prese sui tessuti, ad almeno 1 cm
dai margini della ferita; i punti devono essere così vicini da non creare soluzioni di continuità >1 cm. Mentre suturate la fascia evitate l’errore frequente di
escludere il muscolo; dal punto di vista estetico può andare bene, dato che il
muscolo è nascosto sotto la fascia, ma questo non dà come risultato la desiderata “cicatrice”. Non meno importante è mantenere una adeguata tensione sulla
continua (●❯ Fig. 38.1): se la sutura è troppo stretta, il tessuto viene strozzato e
si necrotizza; se la sutura è troppo lenta i margini della ferita si aprono. Tenete
a mente che, mentre chiudete, i muscoli sono (o dovrebbero essere) rilassati e
che dopo l’intervento questi riacquisteranno il loro tono normale, mentre i tessuti della ferita si gonfieranno ed aumenterà la circonferenza addominale. Tutti
questi cambiamenti mettono in tensione la ferita suturata; se questa è già in tensione quando apponete i punti di sutura, nel momento in cui si verificheranno
Fig. 38.1. “Jack che stai facendo?” “Il capo mi ha detto di chiudere bene!”
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tali cambiamenti qualcosa potrebbe cedere: il tessuto si lacera. Un rapporto
lunghezza-sutura/lunghezza-ferita di almeno 3:1 permette di ottenere una tensione moderata ma sicura. Gli angoli dell’incisione rappresentano il tallone di
Achille della chiusura, soprattutto l’angolo che è chiuso per ultimo. Non compromettete la chiusura completa dell’angolo perché temete di danneggiare l’intestino sottostante; esistono alcuni trucchi per portare a termine questa impresa
– imparateli da uno dei vostri maestri.
Non danneggiate l’intestino sottostante che spesso protrude verso l’ago. Al
termine dell’intervento l’anestesista giurerà su Dio che il paziente è “rilassato al
massimo”: mente! Fategli rilassare ancora il paziente – non transigete. Proteggete
l’intestino con qualsiasi strumento abbiate a disposizione: nella nostra esperienza il
migliore è la spatola di gomma “a pesce”, disponibile sul mercato. Per questo scopo
può essere utile la mano dell’assistente, ma con tutta l’epatite e l’HIV in circolazione è difficile trovare un volontario.
Raccomandiamo di utilizzare una sutura PDS 1 “loop”. È un monofilamento
a lento riassorbimento, di solito abbastanza lungo da fornire un rapporto suturaferita di 3:1. La possibilità di infilare l’ago attraverso il cappio dopo il primo “morso” evita la necessità di eseguire il nodo iniziale.
Lo spazio sottocutaneo
Quando la fascia è chiusa che cosa fare con il sottocute? Niente! Non ci sono
prove che dimostrino che la cosiddetta riduzione dello spazio morto avvicinando
il grasso sottocutaneo riduca le complicanze della ferita. Al contrario, le suture nel
sottocute agiscono da corpi estranei e strozzano il tessuto adiposo vitale senza che
si ottenga una ferita più soddisfacente. L’inserimento di drenaggi sottocutanei
aumenta la percentuale di infezione e non è quasi mai indicato. È stato dimostrato che è inutile lavare con semplice soluzione fisiologica, mentre la somministrazione di antibiotici topici (soluzione o polvere) diminuisce ulteriormente la percentuale delle infezioni di ferite contaminate in pazienti già sottoposti ad antibioticoprofilassi.
“Chiusura primaria differita” o “chiusura secondaria”
Che dire del ben codificato rituale della “chiusura primaria differita” o “chiusura secondaria” dopo una laparotomia contaminata o infetta?
Riteniamo che queste tecniche siano raramente indicate. Malgrado l’ossessione del chirurgo per le tradizioni, non significa che le lezioni apprese qualche
annetto fa in determinate circostanze siano necessariamente valide ancora oggi.
Perciò, 20 anni fa, quando la profilassi antibiotica era somministrata erroneamente, veniva utilizzata seta di grosso calibro in profondità nel tessuto adiposo
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e i drenaggi di gomma spuntavano come funghi da ogni ferita, la percentuale delle infezioni delle incisioni chirurgiche chiuse in prima istanza era inaccettabile.
Adesso, invece, con una tecnica chirurgica appropriata e la moderna antibioticoprofilassi, è possibile eseguire una sutura immediata della breccia laparotomica
senza andare incontro a problemi nella maggior parte dei pazienti sottoposti a
laparotomia d’urgenza. Quando insorge una infezione della ferita, di solito questa risponde positivamente a medicazioni locali. Perciò, lasciando aperte ferite
contaminate e potenzialmente infette – in attesa di una chiusura spontanea o
secondaria – determiniamo una inutile morbilità di natura sia fisica che finanziaria. In rare occasioni decidiamo di lasciare la ferita aperta, di solito in pazienti con peritonite franca in atto, purulenta o fecale, in pazienti in cui siano stati
programmati dei reinterventi o in pazienti sottoposti a re-laparatomie.
Irrighiamo i tessuti sottocutanei con antibiotici (dopo aver chiuso la fascia), chiudiamo la cute con agraphes o punti staccati. Molti chirurghi moderni preferiscono chiudere quasi tutte le ferite con punti sottocutanei in materiale riassorbibile.
Questo evita la scomodità – e i costi – di dover rimuovere le agraphes o i punti e
la cicatrice risulta meno visibile. (Sarete sorpresi di scoprire quanto alcuni
pazienti tengano a questa piccolezza!). Una eventuale infezione della ferita non è
un disastro ed è semplice da trattare (●❯ Cap. 49).
La chiusura addominale ad alto rischio
È classico che, in pazienti con fattori sistemici (ad es. cancro) o locali (ad es.
distensione addominale) predisponenti una deiscenza della ferita (●❯ Cap. 47), venissero e vengano ancora oggi usate suture di “contenzione” o “sicurezza”. Queste suture di grosso calibro, a tutto spessore, non in continua, penetrano per almeno 2 cm
attraverso tutti gli strati della parete addominale – cute compresa – prevenendo così
l’eviscerazione ma non la formazione di un eventuale laparocele.
Riteniamo inutili le classiche suture di ritenzione che segano la cute e danneggiano la parete, determinando orribili ferite e cicatrici cutanee. Invece, in casi
selezionati ad alto rischio, suggeriamo di posizionare alcuni punti staccati monostrato (esclusa la cute) a “tutto spessore” per eliminare la tensione dalla sutura
continua a “tutto spessore”. Se, ad un certo punto, quest’ultima non dovesse tenere, i punti staccati eviterebbero la separazione dei margini fasciali e l’eviscerazione1. Tuttavia vi è una considerazione molto importante da fare: cioè che l’utilizzo di suture di “sicurezza”, associato alla distensione addominale, determina una
ipertensione intra-addominale. Una sutura forzata, in eccessiva tensione, può
causare una sindrome compartimentale addominale con conseguenze fisiologiche
deleterie (●❯ Cap. 36). Dunque quando la fascia è distrutta come spesso accade
1 Commento
dei curatori: non ci sono prove a sostegno. Inoltre, se l’efficace meccanismo di
“puleggia” della sutura a tutto spessore facesse cilecca, queste suture a punti staccati non reggerebbero!
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dopo re-laparatomie addominali multiple, o quando la sutura della parete determina una eccessiva pressione intra-addominale, vi suggeriamo di non chiudere
l’addome ma di coprirlo con un dispositivo di chiusura addominale temporanea
(TAC) (●❯ Capp. 36, 46 e 47).
In conclusione – ricordate: “Grosse prese in continua, con monofilamento,
non troppo serrate – ecco come evitare la deiscenza ed il laparocele”.
“Sutura della parete addominale: se sembra tutto a posto, significa che è troppo stretta – se sembra troppo lenta, è tutto a posto.” (Matt Oliver)
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