UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAMERINO Scuola di Scienze e Tecnologie Corso di Laurea in Fisica (Classe L-30) Oscillatore armonico p-adico e adelico Tesi di Laurea in Fisica Matematica Laureando Leonardo De Angelis Relatore Prof. Stefano Mancini Anno Accademico 2015-2016 Indice Introduzione 2 1 Il campo dei numeri p-adici 1.1 Norma p-adica e disuguaglianza triangolare 1.2 Interi p-adici . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 I numeri p-adici . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4 Funzioni Analitiche . . . . . . . . . . . . . . 1.5 Funzioni elementari . . . . . . . . . . . . . . 1.6 Caratteri Additivi sul campo Qp . . . . . . . . . . . . 3 3 3 6 8 12 15 2 Teoria della misura e teoria dell’integrazione 2.1 Gruppi abeliani localmente compatti e misura di Haar . . . . . . . . . . 2.2 Integrazione su Qp . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Trasformata di Fourier in Qp . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 18 21 24 3 Il Formalismo della Meccanica Quantistica 3.1 Operatore evoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Propagatore per l’equazione di Schrodinger . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Integrali di cammino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 26 28 29 4 Oscillatore armonico su R e Qp 4.1 Oscillatore armonico classico ordinario e p-adico . . . . . . . . 4.2 Oscillatore armonico quantistico . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2.1 Autovalori dell’Hamiltoniana e loro degenerazione . . . 4.2.2 Autostati dell’Hamiltoniana e funzioni d’onda associate 4.2.3 Una formulazione alternativa . . . . . . . . . . . . . . . 4.3 Oscillatore armonico quantistico p-adico . . . . . . . . . . . . . 4.3.1 Il propagatore p-adico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.3.2 Analisi spettrale dell’operatore evoluzione . . . . . . . . 4.4 Gli Adeli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.4.1 Base ortonormale per L2 (A) . . . . . . . . . . . . . . . . 4.5 Oscillatore Armonico adelico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 32 33 34 38 40 42 42 51 64 66 68 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Conclusioni 71 Appendice 74 Bibliografia 79 1 Introduzione Questa tesi affronta la formulazione p-adica e adelica dell’oscillatore armonico quantistico. Il sistema dei numeri p-adici è stato descritto per la prima volta da Kurt Hensel nel 1897. Tale sistema rappresenta, per ogni numero primo p, un completamento dell’insieme dei numeri razionali Q rispetto ad una norma, detta p-adica. Tale norma a differenza di quella Euclidea, data dal valore assoluto, non è una norma Archimedea così come la topologia che induce sul campo dei numeri p-adici. L’importanza che si è data ai numeri p-adici, e quindi alla loro generalizzazione adelica, risiede nel fatto che tutte le misure sperimentali tecnicamente accessibili restituiscono valori solo all’interno del campo dei numeri razionali Q. Dunque, in linea di principio, le equazioni della fisica dovrebbero essere ambientate in Q. Tuttavia, le teorie fisiche oggi accettate sono ambientate nel campo dei numeri reali R. Il motivo di ciò risiede nel fatto che tale insieme possiede una proprietà che lo rende più adatto a risolverle, ovvero la completezza rispetto alla norma euclidea. Ciononostante, R non rappresenta l’unico possibile completamento del campo dei razionali, infatti anche l’insieme dei numeri p-adici Qp , (per ogni p primo) lo è ([13]). Inoltre, grazie al teorema di Ostrowski ([23]) si è dimostrato che R e Qp (per ogni p) esauriscono tutti i possibili completamenti di Q, nel senso che qualsiasi altra norma rispetto alla quale possiamo trovare un completamento di Q è equivalente o alla norma Euclidea o a una delle norme p-adiche. Alla luce di queste considerazioni sembrerebbe riduttivo e privo di senso considerare solo uno dei possibili completamenti dell’insieme Q, ovvero R, come insieme con il quale descrivere la realtà. Pertanto, costruiremo una generalizzazione della meccanica quantistica attraverso il formalismo p-adico applicandola allo studio di un particolare sistema: l’oscillatore armonico. Utilizzando i risultati di questa generalizzazione potremo costruire la meccanica quantistica adelica per lo stesso sistema, attraverso la quale tenteremo di unificare il formalismo ordinario (reale) e il formalismo p-adico ([3]). A partire da tale unificazione, mostreremo come emerge in maniera naturale la discretizzazione dello spazio. La struttura di questo elaborato si divide in quattro capitoli: nel primo capitolo introdurremo i numeri p-adici Qp e alcuni elementi di analisi matematica su tale campo ([23], [24]); nel secondo capitolo svilupperemo la teoria della misura e dell’integrazione che ci sarà utile nell’ambito dell’analisi spettrale dell’oscillatore armonico p-adico e adelico ([10], [12]); nel terzo capitolo affronteremo alcuni concetti di meccanica quantistica, come l’operatore evoluzione e il propagatore, e introdurremo il formalismo di Feynman degli integrali di cammino ([8], [9]). Infine, nel quarto capitolo analizzeremo brevemente l’oscillatore armonico classico e la sua generalizzazione p-adica, per poi dedicarci alla trattazione quantistica del sistema sia nel caso ordinario (reale) sia in quello p-adico ([2], [3], [14], [16], [22]); passeremo poi a introdurre gli adeli e mostreremo come generalizzare ulteriormente l’oscillatore armonico quantistico al caso adelico ([3], [10], [13]). 2 Capitolo 1 Il campo dei numeri p-adici In questo capitolo introduciamo il campo dei numeri p-adici Qp e riportiamo alcuni elementi di analisi su tale tale campo. Faremo riferimento a [23] e [24]. 1.1 Norma p-adica e disuguaglianza triangolare Sia Q il campo dei numeri razionali. Il valore assoluto |x| di ogni x ∈ Q soddisfa le seguenti ben note proprietà: (i) |x| ≥ 0, |x| = 0 ⇐⇒ x = 0 (ii) |xy| = |x||y| (iii) |x + y| ≤ |x| + |y| Una qualsiasi funzione su Q con le proprietà (i)-(iii) è detta norma. Definizione 1.1.1. Sia K un campo. Una valutazione su K è una mappa | | : K → R che soddisfa le proprietà (i), (ii), (iii), per ogni x, y ∈ K. La coppia (K, | |) è detta campo valutato. Ci sono molti esempi di campi valutati, oltre ai sottocampi di C, con la ordinaria funzione valore assoluto. Il più importante è il campo dei numeri p-adici che introdurremo in seguito. La nostra attenzione è rivolta sopratutto ai campi valutati (K, | |) la cui valutazione soddisfa la disuguaglianza triangolare forte: |x + y| ≤ max(|x|, |y|) (x, y ∈ K) (1.1) piuttosto che la forma generale, più debole: |x + y| ≤ |x| + |y| 1.2 (x, y ∈ K) (1.2) Interi p-adici Nel sistema decimale indichiamo gli interi non negativi con espressioni come 1028 (8 + 2 · 10 + 0 · 102 + 1 · 103 ). Quando scriviamo una sequenza an an−1 . . . a0 vogliamo dire a0 + a1 10 + · · · + an 10n . In questo caso gli ai sono uno dei simboli 0, 1, . . . , 9. Possiamo scrivere questi numeri come una sequenza infinita: . . . an+2 an+1 an . . . a0 (1.3) dove ai = 0 per i > n. Inoltre, invece di 10, potremmo scegliere un qualsiasi altro numero {2, 3, . . . } come base. Giungiamo dunque alla seguente: 3 CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 4 Definizione 1.2.1. Per ogni n ∈ {2, 3, . . . }, indichiamo con Zn l’insieme di tutte le sequenze infinite . . . am am−1 . . . a1 a0 (1.4) dove ogni am è uno degli elementi 0, 1, . . . , n − 1. Gli elementi di Zn sono detti interi n-adici. Le sequenze con am = 0 per m sufficientemente grande possono essere identificate con gli interi non negativi. Dunque, potremmo scrivere N ⊂ Zn (1.5) In Zn possiamo definire in maniera naturale le operazioni di addizione e moltiplicazione che estendono le stesse operazioni definite in N. Definizione 1.2.2 (somma). Siano x = . . . a2 a1 a0 e y = . . . b2 b1 b0 elementi di Zn . Allora x + y = . . . c2 c1 c0 è dato da: (i) ci ∈ {0, 1, . . . , n − 1} per ogni i (ii) per ogni m ∈ {0, 1, 2, . . . } m X i ci n = i=0 m X (ai + bi )ni mod nm+1 i=0 Similmente si ha Definizione 1.2.3 (prodotto). Siano x = . . . a2 a1 a0 e y = . . . b2 b1 b0 elementi di Zn . Allora xy = . . . d2 d1 d0 è dato da: (i) di ∈ {0, 1, . . . , n − 1} per ogni i (ii) per ogni m ∈ {0, 1, 2, . . . } m X i=0 di ni = X m i=0 ai ni X m bi ni mod nm+1 i=0 Nonostante queste definizioni di somma e moltiplicazione possano sembrarci complicate e sconosciute, esse non sono altro che la formalizzazione matematica e l’estensione all’insieme degli interi n-adici delle normali operazioni di somma e moltiplicazione che siamo abituati a fare nel caso dei numeri interi in base 10. La seguente proposizione è verificata: Proposizione 1.2.1. Con le precedenti definizioni di somma e moltiplicazione, Zn è un anello commutativo unitario, dove l’elemento neutro rispetto alla somma è 0 = . . . 00000 e l’elemento unità della moltiplicazione è 1 = . . . 00001. Z può essere identificato con un sottoanello di Zn . Giunti a questo punto facciamo la seguente osservazione: Zn non è un campo, infatti non abbiamo definito un elemento inverso rispetto alla moltiplicazione. In generale, la struttura di anello può essere estesa a quella di campo se e solo se l’insieme in questione è un dominio d’integrità, cioè un anello, tale che se x e y sono due elementi dell’insieme e xy = 0, allora almeno uno dei due elementi è uguale a 0. Si può verificare facilmente che, in generale, Zn non è un dominio d’integrità e che quindi non può essere esteso ad un campo. Tuttavia la situazione è ben diversa se n è un numero primo. In questo caso infatti si ha CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 5 Proposizione 1.2.2. Sia p un numero primo. Allora Zp è un dominio d’integrità. Un elemento . . . a2 a1 a0 di Zp possiede un inverso in Zp se e solo se a0 6= 0. Dimostrazione. Poiché . . . a2 a1 a0 0 = p(. . . a2 a1 a0 ), . . . a2 a1 a0 00 = p2 (. . . a2 a1 a0 ), etc... è sufficiente mostrare la seconda affermazione. se a0 = 0 allora il prodotto di . . . a0 con un qualsiasi elemento di Zp termina con 0 dunque certamente a0 non possiede inverso. Ciò significa che se . . . a2 a1 a0 ha inverso allora a0 6= 0. Supponiamo ora a0 6= 0 e proviamo induttivamente che possiamo sempre trovare x0 , x1 , · · · ∈ {0, 1, . . . , p − 1} tale che il prodotto di . . . x2 x1 x0 e . . . a2 a1 a0 è uguale a . . . 001. Eseguendo il prodotto secondo la definizione si vede che devono essere soddisfatte le seguenti congruenze: x0 a0 ≡ 1 (mod p) x0 a1 + x1 a0 + p−1 (a0 x0 − 1) ≡ 0 (1.6) (mod p) etc (1.7) (1.8) il punto essenziale è che per ogni n ∈ N si richiede che xn+1 a0 ≡ cn+1 (1.9) dove cn+1 dipende solo da x0 , x1 , . . . , xn . Qualunque sia cn+1 possiamo sempre risolvere questa congruenza poiché a0 = 6 0 (mod p). Questo ragionamento non è valido nel caso di Zn con n diverso da un numero primo, poiché in generale le congruenze non possono essere tutte risolte. Osserviamo, dunque, che gli interi p-adici con p numero primo si differenziano dagli altri in quanto garantiscono l’esistenza di un campo dei quozienti, definito come segue Definizione 1.2.4 (Campo dei quozienti). Il campo dei quozienti di un dominio di integrità unitario D è un campo F tale che ogni elemento di F può essere scritto come il prodotto ab−1 , dove a e b sono elementi di D e b è diverso dallo zero di D. La costruzione del campo dei quozienti ricalca quella di Q a partire dal dominio di integrità N. Vogliamo ora introdurre una "valutazione" su Zp che verrà poi estesa al campo dei quozienti. Definizione 1.2.5. Sia p un numero primo e . . . a2 a1 a0 un elemento di Zp . L’ordine di . . . a2 a1 a0 è il più piccolo valore di m per il quale am 6= 0. Più precisamente: ( ∞ se ai = 0 per ogni i min{s : as 6= 0} altrimenti ordp (. . . a2 a1 a0 ) := (1.10) Poniamo: ( |. . . a2 a1 a0 | := 0 se ai = 0 per ogni i p−ordp (...a2 a1 a0 ) altrimenti (1.11) La funzione ||p è la valutazione p-adica su Zp . Proposizione 1.2.3. Sia p un numero primo e siano x e y ∈ Zp . Allora valgono le proprietà: (i) |x|p ≥ 0, |x|p = 0 ⇐⇒ x = 0 (ii) |xy|p = |x|p |y|p (iii) |x + y|p ≤ max(|x|p , |y|p ) La dimostrazione è banale. CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 1.3 6 I numeri p-adici In questa sezione estendiamo la valutazione p-adica su Zp al relativo campo dei quozienti. D’ora in poi p è un numero primo. Per un elemento non nullo x ∈ Zp possiamo sempre scrivere: x = pn y (1.12) dove n = ordp (x) ∈ N e y è un elemento invertibile in Zp . Dunque per costruire il campo dei quozienti di Zp , dobbiamo trovare un inverso per p. La notazione in base p per p−1 è 0.1; per p−2 è 0.01; etc . . . . Dunque, abbiamo la seguente definizione: Definizione 1.3.1. Sia Qp l’insieme di tutte le sequenze bilatere: . . . a2 a1 a0 .a−1 a−2 . . . (1.13) dove ai ∈ {0, 1, . . . , p − 1} per ogni i e tale che a−n = 0 per n sufficientemente grande. Gli elementi di Qp sono numeri p-adici. Le sequenze . . . a2 a1 a0 .a−1 a−2 . . . per cui a−1 = 0, a−2 = 0, . . . possono essere identificate con gli interi p-adici. Quindi possiamo scrivere: Zp ⊂ Qp (1.14) L’addizione e la moltiplicazione in Zp possono essere estese a Qp in modo naturale. Formalmente, siano x = . . . a2 a1 a0 .a−1 a−2 . . . e y = . . . b2 b1 b0 .b−1 b−2 . . . elementi 0 di Qp tali che a−n = b−n = 0 per n > N , allora x = . . . a2 a1 a0 a−1 a−2 . . . a−N e y 0 = . . . b2 b1 b0 b−1 b−2 . . . b−N sono interi p-adici. Se la somma è x0 + y 0 = . . . c2 c1 c0 , definiamo x+y come . . .N +1 .cN cN −1 . . . c0 . . . . (In maniera simile si definisce il prodotto xy). Dunque l’inverso moltiplicativo di p = . . . 10.0 è . . . 0.1, quello di p2 = . . . 100.0 è 0.01, etc . . . . Ogni elemento non nullo di Qp può essere scritto come pn y dove n ∈ Z e y ∈ Zp , |y|p = 1. Vale la seguente Proposizione 1.3.1. Qp è un campo contenente Q come sottocampo e Zp come sottoanello. Qp è (isomorfo a) il campo dei quozienti di Zp . Estendiamo ora | |p a Qp . Definizione 1.3.2. Per un elemento non nullo x = . . . a2 a1 a0 .a−1 a−2 . . . (1.15) di Qp l’ordine di x è dato dal numero intero: ordp (x) := min{s : as 6= 0} (1.16) |x|p = p−ordp (x) (1.17) |0|p = 0 (1.18) e la norma p-adica di x è Inoltre si pone Teorema 1.3.1. | |p è una valutazione su Qp e soddisfa la disuguaglianza triangolare forte. Il disco unitario {x ∈ Qp : |x|p ≤ 1} coincide con Zp . CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 7 Dimostrazione banale. Si possono dimostrare le seguenti proprietà topologiche di Qp : (i) Zp è compatto; (ii) Zp è completo; (iii) Z è denso in Zp ; (iv) Qp è localmente compatto. Q è denso in Qp ; (v) Qp è completo (ogni successione di Cauchy converge in esso) e separabile; Vale il seguente importante Teorema 1.3.2 (Ostrowski). Ogni valutazione non triviale sul campo dei numeri razionali è equivalente o alla funzione valore assoluto o ad una delle valutazioni p-adiche (p numero primo). Per una dimostrazione del teorema e delle precedenti proprietà vedi [24]. In conclusione i campi dei numeri p-adici (p numero primo) sono completamenti del campo dei numeri razionali; tale campo non ammette altri completamenti rispetto a norme che non siano norme p-adiche o il valore assoluto. Ogni numero p-adico x diverso da zero può essere rappresentato in maniera unica nella forma canonica: x = pγ (x0 + x1 p + x2 p2 + . . . ) (1.19) dove γ = ord(x) ∈ Z e gli xi sono interi tali che 0 ≤ xj ≤ p − 1, x0 > 0, i = 0, 1, . . . . In virtù della precedente rappresentazione si definisce la parte frazionaria {x}p di un numero x ∈ Qp : ( {x}p := 0 se γ{x} ≥ 0 o x = 0 pγ (x0 + x1 p + x2 p2 + · · · + x|γ|−1 p|γ|−1 ) se γ(x) < 0 (1.20) Si dimostra facilmente che: pγ ≤ {x}p ≤ 1 − pγ (1.21) Indichiamo con Bγ (a) il disco di raggio pγ con centro nel punto a ∈ Qp e con Sγ (a) il suo contorno (cerchio): Bγ (a) = [x : |x − a|p ≤ pγ ] Sγ (a) = [x : |x − a|p = pγ ] γ∈Z (1.22) Si dimostra facilmente che Bγ (a) è un gruppo abeliano additivo. Vale il seguente Lemma 1.3.1. Se b ∈ Bγ (a) allora Bγ (b) = Bγ (a). Dimostrazione. Sia x ∈ Bγ (b). Allora |x − a|p = |x − b + b − a|p ≤ max(|x − b|p , |b − a|p ) ≤ pγ (1.23) cioè se x ∈ Bγ (a), allora Bγ (b) ⊂ Bγ (a). Poiché a ∈ Bγ (b), come abbiamo appena provato, Bγ (a) ⊂ Bγ (b) e dunque Bγ (a) = Bγ (b). CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 8 Si possono dimostrare i seguenti Corollari 1.3.1. chiusi in Qp . 1. Il disco Bγ (a) e il cerchio Sγ (a) sono entrambi insiemi aperti e 2. Ogni punto del disco Bγ (a) è il suo centro. 3. Due dischi qualsiasi in Qp o sono disgiunti o sono l’uno contenuto nell’altro. 4. Tutti gli insiemi aperti in Qp sono al più unione di un insieme numerabile di dischi disgiunti. e il seguente Lemma 1.3.2. Un insieme K ⊂ Qp è compatto in Qp se e solo se esso è chiuso e limitato Da ciò segue immediatamente che Corollario 1.3.1. Ogni disco Bγ (a) e cerchio Sγ (a) è compatto. 1.4 Funzioni Analitiche In questa sezione consideriamo le funzioni analitiche sul campo dei numeri p-adici. Consideriamo una serie numerica nel campo dei numeri p-adici X ak , ak ∈ Qp (1.24) 0≤k<∞ Indichiamo con Sn l’ennesima somma parziale della serie precedente: Sn = X ak , n = 0, 1, . . . (1.25) 0≤k<n La convergenza della serie ad un numero p-adico S significa che |Sn −S|p → 0, n → ∞; chiamiamo S somma della serie e poniamo: S= X ak (1.26) 0≤k<∞ Lemma 1.4.1. La serie 1.24 converge se e solo se |ak |p → 0, k→∞ (1.27) Dimostrazione. Supponiamo che la serie converga; allora |ak |p = |Sk − Sk−1 |p = |Sk − Sk−1 + S − S|p (1.28) ≤ max(|Sk − S|p , |−Sk−1 + S|p ) → 0, k→∞ Supponiamo ora che |ak |p → 0, k→∞ (1.29) CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 9 allora per ogni > 0 esiste N = N tale che per ogni k > N si ha |ak |p < . Dunque per ogni intero n > N e m > N X |Sn − Sm |p = ak ≤ max |ak |p < n≤k≤m n≤k≤m (1.30) p dunque la successione {Sn , n → ∞} delle somme parziali è di Cauchy e quindi converge, essendo gli elementi della successione appartenenti a Qp ed essendo quest’ultimo uno spazio completo. In conclusione la serie 1.24 converge. Esaminiamo ora una serie di potenze p-adica X f (x) = fk xk , fk ∈ Qp (1.31) 0≤k<∞ Questa serie definisce una funzione a valori p-adici per quei valori di x ∈ Qp per cui converge. Definizione 1.4.1. Un numero R = R(f ) è chiamato raggio di convergenza della serie se essa converge per ogni x tale che |x|p ≤ R e diverge per |x|p >R. Notiamo che R può assumere i valori 0 e pγ , γ ∈ Z. Nel secondo caso la serie converge uniformemente sul disco Bγ . Infatti per il lemma precedente si ha: X k fk x ≤ max |fk Rk |p → 0, n≤k≤m n≤k≤m m, n → ∞ (1.32) p Dunque la serie definisce una funzione continua in Bγ . Per la determinazione del raggio di convergenza della serie introduciamo un numero r = r(f ) attraverso la formula: 1 = lim sup|fk |1/k p r k→∞ (1.33) Vale il seguente Lemma 1.4.2. La serie (1.2) converge per ogni x tale che |x|p < r e diverge per |x|p > r. Dimostrazione. Supponiamo |x|p < r. Possiamo scrivere |x|p = (1 − 2δ)r dove 0 < allora ∀ > 0 ∃N = N tale che n > N δ ≤ 1/2. Poiché 1/r = limn→∞ supk→∞ |fk |1/k p implica | sup|fk |1/k (1.34) p − 1/r| < k>n Poiché supk>n |fk |1/k ≥ 1/r allora p sup|fk |1/k < + 1/r = 1/r(1 + r) p (1.35) k>n Possiamo scegliere in modo tale che 1 + r = = 1 −1 1−δ r 1 1−δ . In particolare possiamo scegliere che è sicuramente maggiore di zero per l’ipotesi su δ. Allora |fk |1/k < p 1 r(1 − δ) (1.36) CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 10 di conseguenza k |fk xk |p = (|x|p |fk |1/k p ) < 1 − 2δ 1−δ k → 0, k→∞ (1.37) Per il lemma 1.4.1 si ha che la serie converge per quei valori di x che verificano |x|p < r. Supponiamo ora che |x|p > r. Allora possiamo scrivere |x|p = (1 + 2δ)r dove δ > 0. Ora poiché 1/r = lim supk→∞ |fk |1/k possiamo trovare una sottosuccessione p {nk , k → ∞} tale che 1 k lim |fnk |1/n = (1.38) p k→∞ r Dunque ∀ > 0, ∃N = N tale che per k > N 1 ||fnk |1/k p − |< r (1.39) allora 1 < r Considerando la prima disuguaglianza si vede che − < |fnk |1/k p − |fnk |1/k > p (1.40) 1 1 − = (1 − r) r r (1.41) 1 (1 + δ) (1.42) Possiamo scegliere in modo tale che (1 − r) = In particolare possiamo prendere = 1 − 1+δ +1 . r |fnk |1/k > p Si vede facilmente che > 0 e si ottiene 1 r(1 + δ) (1.43) In conclusione k nk |fnk xnk |p = (|x|p |fnk |1/n ) > p 1 + 2δ 1+δ nk → ∞, k→∞ (1.44) Dunque la serie diverge per quei valori di x che verificano |x|p > r. La relazione tra i numeri R(f ) e r(f ) è stabilita dal seguente Lemma 1.4.3. R(f ) ≤ r(f ). Inoltre se pγ < r(f ) < pγ+1 allora R(f ) = pγ . Se r(f ) = pγ allora R(f ) = pγ o R(f ) = pγ−1 . Diamo la seguente Definizione 1.4.2. Una funzione f (x) è detta analitica sul disco Bγ se essa può essere rappresentata da una serie di potenze positive convergente in Bγ . Introduciamo le serie f (n) (x) = X k(k − 1) . . . (k − n + 1)fk xk−n (1.45) n≤k≤∞ f (−n) (x) = 1 fk xk+n (k + 1)(k + 2) . . . (k + n) 0≤k≤∞ X (1.46) CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 11 dove n ∈ N e i coefficienti sono intesi come numeri p-adici. Queste funzioni sono dette rispettivamente derivata e primitiva di ordine n. Per i raggi di convergenza di una funzione analitica, della sua primitiva e della sua derivata valgono le seguenti relazioni R(f (−n) ) ≤ R(f ) ≤ R(f (n) ), n = 1, 2, . . . (1.47) 1 Infatti |k(k − 1) . . . (k − n + 1)fk |p ≤ |fk |p ≤ | (k+1)(k+2)...(k+n) fk |p per ogni k e quindi r(f (−n) ) ≤ r(f ) ≤ r(f (n) ). Per ottenere informazioni più dettagliate riguardo il raggio di convergenza è utile provare le seguenti relazioni 1 , k ∈ Z+ k = 1, k ∈ Z+ |k|p ≥ lim |k|1/k p k→∞ (1.48) (1.49) Dimostrazione. Sia k ∈ Z+ . Possiamo scrivere k = pm (k0 + k1 p + · · · + kn pn ), dove k0 6= 0 e 0 ≤ ki ≤ p − 1. Inoltre |k|p = p−m dove m è un intero positivo. Dunque m= ln(k) − ln(k0 + k1 p + · · · + kn pn ) ln(k) ≤ ln(p) ln(p) Allora ln(k) − ln(p) |k|p = p−m ≥ p Inoltre m − lim |k|1/k = lim p− k = lim p p k→∞ k→∞ = (1.50) 1 k (1.51) ln(k)−ln(k0 +k1 p+···+kn pn ) k ln(p) k→∞ =1 (1.52) Poiché 1 = lim sup|k(k − 1) . . . (k − n + 1)fk |1/k p r(f (n) ) k→∞ (1.53) 1/k 1/k 1/k = lim sup|k|1/k p |k − 1|p . . . |k − n + 1|p |fk |p k→∞ 0 0 +n) ) e poiché per la 1.49: limk→∞ |k − n|1/k = limk0 →∞ |k 0 |1/(k = limk0 →∞ |k 0 |1/(k = 1, si p p p ottiene 1 1 = (1.54) (n) r(f ) r(f ) Inoltre 1 r(f (−n) ) 1 fk |1/k p k→∞ (k + 1)(k + 2) . . . (k + n) 1 1/k 1 1/k 1 1/k = lim sup| |p | |p . . . | | |fk |1/k p k+2 k+n p k→∞ k + 1 = lim sup| (1.55) 1 1/k |p = 1; dunque e per la 1.48 e 1.49: limk→∞ | k+n 1 r(f (−n) ) = 1 r(f ) (1.56) CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 12 Riassumendo r(f (−n) ) = r(f ) = r(f (n) ), n = 0, 1, . . . (1.57) Dal lemma 1.4.3 segue che se pγ < r(f ) < pγ+1 allora R(f ) = pγ e di conseguenza R(f (n) ) = R(f ) = R(f (−n) ) n = 0, 1, . . . (1.58) Se r(f ) = pγ , invece, sono possibili due casi: 1)R(f ) = pγ per il quale si verifica che (i) R(f (n) ) = R(f ) = R(f (−n) ) (ii) pR(f (−n) ) = R(f ) = R(f (n) ) n = 1, 2, . . . oppure n = 1, 2, . . . 2)R(f ) = pγ−1 per il quale si verifica che (i) R(f (n) ) = R(f ) = R(f (−n) ) (ii) R(f (−n) ) = R(f ) = p1 R(f (n) ) 1.5 n = 1, 2, . . . oppure n = 1, 2, . . . Funzioni elementari Consideriamo le funzioni elementari p-adiche exp x, ln(1 + x), sin(x), cos(x). Queste funzioni, come nel caso reale, sono definite dalle serie xk k! 0≤k<∞ (1.59) (−1)k+1 k x k! 1≤k<∞ (1.60) sin(x) = (−1)k 2k+1 x (2k + 1)! 0≤k<∞ (1.61) cos(x) = (−1)k 2k x (2k)! 0≤k<∞ (1.62) exp x = ln(1 + x) = X X X X Per studiare la convergenza di queste serie dobbiamo stimare |n!|p per ogni n ∈ N. − n−sn Si dimostra che |n!|p = p p−1 dove n = n0 + n1 p + · · · + ns ps ∈ Z+ e sn = 0≤j≤s nj . La funzione exp x definita precedentemente è tale che (exp x)0 = exp x come nel caso reale. Inoltre si ha che k−sk k−sk 1 1 1 = lim sup| |1/k = lim sup p k(p−1) = lim p k(p−1) = p p−1 (1.63) k→∞ r(exp x) k→∞ k! k→∞ poiché limn→∞ sn n P = 0. Dunque r(exp x) = p 1 − p−1 . Per p 6= 2 si ottiene 1 < r(exp x) < 1 p (1.64) e quindi 1 R(exp x) = R((exp x)(n) ) = , p n∈Z (1.65) Per p = 2 si ottiene invece r(exp x) = 2−1 . Investighiamo la convergenza della serie che definisce l’esponenziale sul cerchio |x|2 = 2−1 . Se prendiamo x = 2 allora |2|2 = 2−1 e sk = 1. Dunque 2k | |2 = 2−k 2k−1 = 2−1 9 0, k → ∞ (1.66) k! CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 13 Dunque sul cerchio |x|2 = 2−1 la serie diverge. Allora per il lemma 1.4.3 si ha che il raggio di convergenza è R(exp x) = 2−2 e quindi poiché (exp x)0 = exp x si ha R(exp x) = R((exp x(n) ), n∈Z (1.67) Dunque la funzione exp x può essere integrata e derivata termine a termine sempre sullo stesso disco di convergenza. Indichiamo con Gp il disco di convergenza della serie che definisce l’esponenziale. Gp è un gruppo additivo. Proviamo ora le seguenti uguaglianze |exp x − 1|p = |x|p , |exp x|p = 1, x ∈ Gp (1.68) Dimostrazione. La seconda discende dalla prima. Proviamo dapprima che | dove p = | p−2 p−1 xk | ≤ |x|p p(1−k)p , k! p x ∈ Gp (1.69) per p 6= 2 e 2 = 1. k−sk k−sk k−s xk−1 xk ) (1−k)(1− (p−1)(k−1) (1−k)+ p−1k = |x|p p |p = |x|p | |p ≤ |x|p p1−k p p−1 = |x|p p k! k! ≤ |x|p p(1−k)p , p 6= 2 (1.70) poiché sk ≥ 1. Per p = 2 la dimostrazione è simile. Dunque si trova che xk−1 xk ≤ |x| = |x| max p k∈Z p k! k! + p p 1≤k<∞ X |exp x − 1|p = (1.71) dove nell’ultima disuguaglianza vale l’uguale essendo k−1 x (1−k)p ) < 1, k! ≤ p k = 2, 3, . . . , x ∈ Gp (1.72) p xk−1 mentre per k = 1, k! = 1. p Procedendo come fatto per la funzione exp x si può dimostrare che ([23]) (i) R(ln(1 + x)) = 1 p (ii) |ln(1 + x)|p = |x|p x ∈ Gp (iii) R(sin(x)) = R(cos(x)) = (iv) |sin(x)|p = |x|p , 1 p |cos(x)|p = 1, x ∈ Gp dove ricordiamo che Gp = {x ∈ Qp : |x|p ≤ p−1 } Si può inoltre dimostrare che sin2 (x) + cos2 (x) = 1 e che eτ x = cos x + τ sin x. Consideriamo ora le funzioni exp x, cos(x), sin(x) , x ln(1 + x) x (1.73) Queste funzioni sono quadrati di funzioni p-adiche in Gp . Per dimostrarlo abbiamo bisogno del seguente importante CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 14 Lemma 1.5.1. L’equazione x2 = a, con a 6= 0 = pγ(a) (a0 + a1 p + . . . ) e 0 ≤ aj ≤ p − 1, a0 = 6 0 ammette soluzione per x ∈ Qp , se e solo se le seguenti condizioni sono soddisfatte: (i) γ(a) è pari (ii) a0 p = 1 se p 6= 2, a1 = a2 = 0 se p = 2 Qui il simbolo a0 p ( := a0 p è il simbolo di Legendre definito come segue 1, −1, se a0 è un residuo quadratico modulo p se a0 non è un residuo quadratico modulo p (1.74) Dove a si dice residuo quadratico modulo p se l’equazione x2 ≡ a mod p ammette soluzione in Z. Non daremo la dimostrazione di questo lemma. Ora andando a considerare le precedenti funzioni abbiamo visto che le loro norme (p-adiche) valgono 1 in Qp quindi si deve necessariamente avere γ(f (x)) = 0 che è pari. Inoltre queste funzioni hanno la seguente forma canonica 1 + C(x)p + . . . , 1 + C3 (x)23 + . . . , p 6= 2, p=2 (1.75) Dimostrazione. Supponiamo p = 6 2. Consideriamo la funzione exp x. La forma canonica precedente per questa funzione deriva dalla relazione |exp x − 1|p = |x|p ≤ 1 , p x ∈ Gp Per le altre funzioni la dimostrazione è simile. Per esempio consideriamo questo caso si ha (1.76) sin(x) x . In X x2k sin(x) (−1)k 2k ≤ max p(1−2k−1)p | − 1|p = x − 1 ≤ max k∈Z+ (2k + 1)! k∈Z+ x (2k + 1)! (1.77) 0≤k<∞ = p−2p = p p−2 −2 p−1 Ora 2 p−2 p−1 ≥ 1. Infatti da questa equazione si ottiene p − 3 > 0 che è verificata poiché stiamo assumendo p 6= 2. Dunque p p−2 −2 p−1 ≤ p−1 (1.78) e quindi la forma canonica 1.75 è valida anche in questo caso. Dalla forma canonica 1.75 si vede subito che anche la seconda condizione, affinché l’equazione x2 = a ammetta soluzione, è soddisfatta, poiché a0 = 1 e l’equazione x2 ≡ a0 mod p ammette soluzione in Z. Infatti si ha x = p − 1. In conclusione le funzioni 1.73 sono il quadrato di funzioni in Gp . sin(x) Introduciamo infine la funzione tan(x) := cos(x) che ci sarà utile nel seguito. Si vede immediatamente che le funzioni sin(x) e tan(x) sono mappe uno a uno del gruppo additivo Gp in se stesso. Infatti |sin(x)|p = |x|p e |tan(x)|p = |x|p e dunque tali mappe sono iniettive, poiché il loro kernel contiene solo lo zero.(Dimostrazione banale). CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 1.6 15 Caratteri Additivi sul campo Qp In questa sezione introduciamo il concetto di carattere additivo di fondamentale importanza nella trattazione dell’oscillatore armonico p-adico. Per le nozioni utilizzate in questa sezione come quella di gruppo e sottogruppo, si può fare riferimento all’appendice. Il campo Qp è un gruppo additivo mentre Qp = Qp \{0} è un gruppo moltiplicativo. Un carattere additivo su Qp è una funzione a valori complessi χ(x) definita su Qp e che soddisfa le condizioni: |χ(x)| = 1 (1.79) χ(x + y) = χ(x)χ(y), x, y ∈ Qp (1.80) Analogamente si definiscono i caratteri additivi del sottogruppo Bγ , γ ∈ Z, del gruppo Qp . Ogni carattere additivo di Qp è anche un carattere del generico sottogruppo Bγ . La funzione χp (ξx) = exp(2πi{ξx}p ) (1.81) per ogni fissato ξ ∈ Qp è un carattere additivo di Qp . Infatti dalla definizione di parte frazionaria si ha che: {x + y}p = {x}p + {y}p − N, N = 0, 1 (1.82) Dato un generico carattere additivo χ(x) valgono le seguenti proprietà χ(0) = 1, χ(−x) = χ−1 (x) = χ(x), χ(nx) = {χ(x)}n , n∈Z (1.83) Il nostro obiettivo è provare che la formula 1.82 da una rappresentazione generale dei caratteri additivi del campo Qp . Investighiamo prima i caratteri del gruppo Bγ. Proposizione 1.6.1. Ogni carattere additivo, χ(x), su Bγ può essere rappresentato nella forma χ(x) = χp (ξx) (1.84) Dimostrazione. Sia χ 6= 1 un carattere. Proviamo che esiste k ∈ Z tale che χ(x) ≡ 1, x ∈ Bk (1.85) Poiché χ(0) = 1, |χ(x)| = 1 e χ(x) è una funzione continua su Bγ è possibile scegliere quel ramo della funzione ln χ(x) = i arg χ(x) che sia continua in 0 e arg χ(0) = 0. In particolare esiste k ∈ Z tale che |arg χ(x)| < 1 per ogni x ∈ Bk . Considerato che nx ∈ Bk per ogni x ∈ Bk e n ∈ Z+ concludiamo che 1 1 1 |arg χ(x)| = | arg χ(x)n | = | arg χ(nx)| < , n n n n ∈ Z+ , x ∈ Bk (1.86) Dunque arg χ(x) = 0 e χ(x) ≡ 1, x ∈ Bk . Assumiamo che il disco Bk sia massimale e cioè essendo χ(x) 6= 1 in Bγ allora k < γ. Proviamo ora che per ogni intero r, k < r ≤ γ, si ha χ(p−r ) = exp(2πimp−r+k ), m = 1, 2, . . . , pγ−k − 1 (1.87) dove m non dipende da r. Per r = γ si ha γ−k 1 = χ(p−k ) = χ(p−γ+γ−k ) = [χ(p−r )]p (1.88) CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 16 da cui segue che χ(p−r ) = exp(2πimp−r+k ) (1.89) Per k < r < γ χ(p−r ) = χ(p−r+γ−γ ) = [χ(p−γ )]p γ−r (1.90) e per quanto dimostrato precedentemente si ha χ(p−γ ) = exp(2πimp−γ+k ) (1.91) dunque χ(p−r ) = exp(2πimp−r+k ) (1.92) Poniamo ora ξ = dove |ξ|p = p−k |m|p > p−k p−γ+k = p−γ e |ξ|p |m|p ≤ 1. Osserviamo che {ξp−γ }p = {p−γ pk m}p = {p−γ+k }p m − N Dunque χ(p−γ ) = χp (p−γ ξ). Poiché χ(nx) = [χ(x)]n allora pk m χ(p−r ) = χ(p−r+γ−γ ) = [χ(p−γ )]p γ−r = [χp (p−γ ξ)]p γ−r p−k ≤ poiché dove N ∈ N. = χp (p−r ξ), k<r≤γ (1.93) ξ può essere preso appartenente a Qp con l’unica condizione p−k > |ξ|p > p−γ . Infatti supponiamo ξ = pk m dove m ∈ Qp non è necessariamente un numero intero ma p−γ+k < |m|p < 1. Possiamo sempre scrivere m = n + l dove n è un intero tale che p−γ+k < |n|p < 1 mentre l ∈ Qp e |l|p < p−γ+k . Allora {ξp−r }p = {p−r+k n + p−r+k l}p = {p−r+k }p n + {p−r+k l}p . L’ultimo termine è chiaramente nullo perché |p−r+k |lp < pγ−r < p−γ+r < 1, quindi l’ordine di questo numero è positivo; da ciò deriva che la sua parte frazionaria è nulla. Sia ora x ∈ Bγ \Bk . La seguente rappresentazione è valida χ(x) = χp (ξx), ξ ∈ Qp , p−k > |ξ|p > p−γ (1.94) Infatti sia x ∈ Bγ \Bk . Tale x può essere rappresentato nella forma x = x0 p−r + x1 p−r+1 + · · · + xr−k−1 p−k−1 + x0 , x0 ∈ Bk , x0 6= 0 (1.95) per k < r ≤ γ. Utilizzando la rappresentazione 1.93 e la 1.85 si ottiene: χ(x) = [χ(p−r )]x0 [χ(p−r+1 )]x1 . . . [χ(p−k−1 )]xr−k−1 χ(x0 ) = [χp (p−r ξ)]x0 [χp (p−r+1 ξ)]x1 . . . [χp (p−k−1 ξ)]xr−k−1 χp (ξx0 ) −r = χp (x0 p −r+1 ξ + x1 p ξ + · · · + xr−k−1 p −k−1 (1.96) 0 ξ + x ξ) = χp (xξ) dove r − 1, r − 2, . . . , k + 1 > k. L’uguaglianza χ(x0 ) = χp (x0 ξ) è giustificata poiché χ(x0 ) = 1 e {x0 ξ}p , con p−k > |ξ|p > p−γ+1 , è uguale a zero essendo l’ordine di x0 ξ > 0. Dunque abbiamo dimostrato che un generico carattere su Bγ può essere rappresentato come χx = χp (ξx) dove p−k > |ξ|p > p−γ . Si può ulterirmente dimostrare che ogni carattere additivo in Qp può essere scritto nella forma χ(x) = χp (ξx), ξ ∈ Qp (1.97) La mappa ξ → χp (ξx) è un omomorfismo del gruppo additivo del campo Qp sul gruppo (moltiplicativo) dei caratteri additivi. Infatti ξ + ψ → χp ((ξ + ψ)x) = χp (ξx)χp (ψx). Questo omomorfismo è un’applicazione suriettiva e iniettiva. La suriettività è già stata dimostrata. L’iniettività si dimostra come segue: se χp (ξ1 x) = χp (ξ2 x) per ogni x ∈ Qp allora χp (ξ1 x)[χp (ξ2 x)]−1 = 1. Poiché [χp (ξ2 x)]−1 = χp (−ξ2 x) allora χp (ξ1 x)χp (−ξ2 x)] = χp ((ξ1 − ξ2 )x) = 1 per ogni x ∈ Qp . Ma questo si verifica solo se (ξ1 − ξ2 )x per ogni x ∈ Qp e quindi ξ1 = ξ2 . Dunque si ha il seguente CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI 17 Teorema 1.6.1. Il gruppo dei caratteri additivi del campo Qp è isomorfo al gruppo additivo di Qp e la mappa ξ → χp (ξx) descrive tale isomorfismo. Capitolo 2 Teoria della misura e teoria dell’integrazione Introduciamo ora la teoria della misura su Qp per poter poi dare stabilire una teoria dell’integrazione. In questo capitolo faremo riferimento a [23] e a [10] 2.1 Gruppi abeliani localmente compatti e misura di Haar Definizione 2.1.1 (Gruppo Topologico). Un gruppo topologico è un gruppo G con un a topologia tale che le funzioni x → x−1 e (x, y) → xy sono funzioni, rispettivamente di G → G e G × G → G, continue nel senso della topologia. Definizione 2.1.2 (Gruppo compatto). Un gruppo compatto è un gruppo topologico la cui topologia è compatta, ovvero per ogni suo ricoprimento aperto esiste un sottoricoprimento finito. Definizione 2.1.3 (Gruppo localmente compatto). Un gruppo localmente compatto è un gruppo topologico la cui topologia è localmente compatta, ovvero per ogni suo punto esiste un insieme aperto (quindi per definizione appartenente alla topologia) tale che la chiusura di tale aperto è un insieme compatto. Queste definizioni sono importanti perché i numeri p-adici e gli adeli (che verrano introdotti in seguito) sono gruppi abeliani localmente compatti. Sui gruppi localmente compatti è possibile definire una misura di Haar che poi ci permetterà di costruire la teoria dell’integrazione. Prima di dare la definizione di tale misura abbiamo bisogno di alcune definizioni Definizione 2.1.4 (σ-algebra). Una σ-algebra su di un insieme Ω, è una famiglia di sottoinsiemi di Ω chiusa rispetto all’unione numerabile e al passaggio al complementare. Se G è una σ-algebra su un insieme Ω tale insieme viene detto spazio di misura, o spazio misurabile. Definizione 2.1.5 (Misura). Una misura su di una σ-algebra G è una funzione µ che assegna un valore reale positivo ad ogni elemento della σ-algebra, in maniera tale da essere numerabilmente additiva. Definizione 2.1.6 (σ-algebra di Borel). La σ-algebra di Borel, è la più piccola σ-algebra su di un insieme dotato di struttura topologica che sia compatibile con la topologia stessa, ovvero che contenga tutti gli aperti della topologia. Gli elementi di tale σ-algebra sono detti Boreliani. 18 CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 19 Definizione 2.1.7 (Misura regolare esterna e interna). Sia X un insieme dotato di struttura topologica, e sul quale sia definita la σ-algebra di Borel. Sia E un Boreliano di X. Sia µ una misura di Borel sulla σ-algebra di X. µ è detta esternamente regolare se µ(E) = inf{µ(O) : E ⊂ O, O aperto} (2.1) dove per aperto si intende un insieme contenuto nella topologia di X (quindi appartenente alla σ-algebra di Borel, e quindi misurabile). Inoltre µ è detta internamente regolare se µ(E) = sup{µ(K) : K ⊂ E, K compatto} (2.2) dove chiaramente i compatti K devono appartenere al sigma-algebra e devono dunque essere misurabili. Definizione 2.1.8 (Misura di Radon). Una misura di Radon su un insieme X è una misura di Borel, µ, tale che µ è finita su tutti gli insiemi compatti, internamente regolare su tutti gli insiemi aperti, ed esternamente regolare su tutti gli insiemi di Borel. (Poiché tra gli insieme di Borel, ovvero gli elementi della σ-algebra su cui abbiamo definito la misura, troviamo anche gli insiemi aperti, si ha che misura esterna e misura interna coincidono sugli aperti della topologia). Definizione 2.1.9 (Misura di Haar). Sia G un gruppo localmente compatto ed E un insieme di Borel. Una misura di Borel, µ, su G è invariante a sinistra (a destra) se µ(xE) = µ(E) (µ(Ex) = µ(E)) per ogni x ∈ G. Una misura di Haar sinistra (destra) è una misura invariante a sinistra (invariante a destra) di Radon, su G. Un esempio di misura di Haar è la misura di Lebesgue definita sulla σ-algebra di Lebesgue di R ristretta agli insiemi di Borel. Teorema 2.1.1. Ogni gruppo abeliano localmente compatto possiede una misura di Haar (invariante a destra e a sinistra). Inoltre tale misura è unica a meno di una costante positiva. Poichè Qp è un gruppo abeliano localmente compatto, con la topologia naturale delle palle aperte, è possibile definire su di esso una misura di Haar. Abbiamo già definito il concetto di carattere, nel caso particolare in cui G = Qp . Vediamo ora come tale concetto sia utile a definire diversi oggetti matematici che ci saranno utili nel seguito. Definizione 2.1.10. Sia G un gruppo. L’insieme dei caratteri di G equipaggiato con l’operazione di moltiplicazione puntuale, cioè χα χβ (g) = χα (g)χβ (g), è detto gruppo puntuale di Pontryagin, ed è indicato con Ġ. Su Ġ consideriamo la topologia compattaaperta, la cui definizione rimandiamo a testi specialistici. Questa è la topologia in cui la convergenza è data dalla convergenza uniforme su insiemi compatti. Vale la seguente Proposizione 2.1.1. Se G è un gruppo abeliano localmente compatto allora Ġ è un gruppo abeliano localmente compatto. Definizione 2.1.11 (Funzione misurabile). Sia (X, F ) uno spazio misurabile e (Y, G ) uno spazio topologico. Un’applicazione f : X → Y viene detta misurabile se la controimmagine di ogni elemento di G è in F . CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 20 Definizione 2.1.12 (Funzioni Integrabili). Una funzione f misurabile, su un gruppo localmente compatto G, (sul quale esiste la misura di Haar), è integrabile se kf k1 = Z |f | dµ(g) < ∞ (2.3) G dove il significato dell’integrale è dato come al solito in termini di integrali di funzioni semplici. (Vedi [12]) Lo spazio L1 (G) è l’insieme delle funzioni integrabili su G in cui funzioni uguali quasi ovunque (cioè con la stessa norma) vengono identificate con lo stesso elemento. Analogamente si può definire l’insieme delle funzioni misurabili, modulo quadro integrabili, L2 (G) che costituisce uno spazio di Hilbert con prodotto scalare Z (f, h) = f (g)h(g)dµ(g) (2.4) |f (g)|2 dµ(g) (2.5) G e norma Z kf k2 = G La trasformata di Fourier è uno strumento molto utile. Definizione 2.1.13 (Trasformata di Fourier). Sia G un gruppo abeliano localmente compatto e sia f ∈ L1 (G). Allora la trasformata di Fourier F manda la funzione f in una funzione F f definita su Ġ come segue F f (ξ) = Z f (g)ξ(g) dµ(g), ξ ∈ Ġ (2.6) G Teorema 2.1.2 (Plancherel). La trasformata di Fourier in L1 (G) ∩ L2 (G) si estende in maniera unica ad un isomorfismo unitario di L2 (G) in L2 (Ġ). (per una dimostrazione [12]). Proposizione 2.1.2. Sia G un gruppo compatto e µ la sua misura di Haar normalizzata in modo tale che µ(G) = 1. Allora Ġ forma una base ortonormale in L2 (G). R Dimostrazione. Sia χ ∈ Ġ. Sappiamo che G χ(g)χ(g) dµ(g) = 1 poiché χ(g)χ(g) = 1. Ora sia η ∈ Ġ diverso da χ. Poiché Ġ è un gruppo allora esiste η −1 ∈ Ġ. Inoltre esiste h ∈ G tale che χη −1 (h) 6= 1. Allora Z Z χη(g) dµ(g) = G χη −1 (g) dµ(g) = χη −1 Z (h) G χη −1 (g − h) dµ(g) (2.7) G dove nell’ultimo passaggio abbiamo utilizzato il fato che χ e η sono caratteri additivi. Facciamo la sostituzione g 0 = g − h. Per l’invarianza rispetto alle traslazioni della misura di Haar si ottiene che il precedente integrale è uguale a χη −1 (h) Z χη −1 (g 0 ) dµ(g 0 ) (2.8) G Poiché chiη −1 (h) 6= 1 allora G χη −1 (g 0 ) dµ(g 0 ) = 0. Dunque i caratteri del gruppo G formano un insieme ortonormale. Sia f ∈ L2 (G). Se Z R G f (g)χ(g) dµ(g) = F f (χ) = 0 (2.9) CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 21 per ogni χ ∈ Ġ, allora si ha f = 0 per il teorema di Plancherel; infatti essendo la trasformata di Fourier un isomorfismo di L2 (G) in L2 (Ġ) tale applicazione è iniettiva e dunque il Kernel contiene solo la funzione nulla. Ora questo dimostra che il sistema ortonormale dei caratteri è chiuso e quindi è completo, cioè ogni funzione di L2 (G) può essere espansa su tale insieme in maniera unica. Proposizione 2.1.3. Se G è compatto allora Ġ è discreto. Enunciamo infine per completezza un importante teorema Teorema 2.1.3 (Teorema di Dualità di Pontryagin). Sia G un gruppo abeliano localmente compatto. Sia Φx un elemento del doppio duale di G, G̈, che agisce come segue Φx (ξ) = ξ(x) (2.10) Allora Φ : G → G̈ è un isomorfismo algebrico e topologico. Questo teorema significa che possiamo confondere G con G̈. 2.2 Integrazione su Qp D’ora in poi considereremo tutte le funzioni definite su Qp a valori complessi. Inoltre poiché Qp è uno spazio metrico completo la sua topologia è quella naturale, ovvero quella delle palle aperte. Si può dimostrare che Qp è un gruppo abeliano (rispetto all’addizione) localmente compatto; allora su di esso esiste la misura di Haar, una misura positiva invariante rispetto alla traslazione, d(x + a) = dx. Normalizziamo la misura dx in modo tale che Z dx = 1 |x|p ≤1 Una funzione f ∈ L1loc è detta integrabile su Qp (integrale improprio) se esiste Z lim N →∞ BN X f (x) dx = lim N →∞ Z −∞<γ≤N f (x) dx Sγ Questo limite è detto integrale (improprio) della funzione f su Qp , e viene indicato con Z f (x) dx Qp Analogamente si definisce l’integrale improprio rispetto ad un punto a ∈ Qp : se f ∈ L1loc (Qp \{a}) allora Z f (x) dx = lim Qp X N →∞ M →∞ M ≤γ≤N Z f (x) dx Sγ (a) dove Sγ è l’insieme {x ∈ Sγ : |x|p = 1}. Lemma 2.2.1. La misura µc data da µc (X) = µ(cX) per un insieme di Borel X in Qp è anch’essa una misura di Haar. Inoltre si ha µc (X) = µ(cX) = |c|p µ(X) (2.11) CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 22 Dimostrazione. Per a e c ∈ Qp e X ⊂ Qp si ha µc (a + X) = µ(ca + cX) = µ(cX) = µc (X) (2.12) e dunque µc è una misura di Haar (sinistra). Inoltre per il teorema 1.8.2 tale misura è unica a meno di una costante positiva e quindi µc (X) = f (c)µ(X). Supponiamo che il numero p-adico c abbia norma p-adica p−n con n ∈ Z. Poiché c può essere scritto in maniera unica come c = upn con |u|p = 1 e poiché uZp = Zp , allora µc (Zp ) = µ(cZp ) = µ(pn uZp ) = µ(pn Zp ) (2.13) Ora si dimostra che µ(pn Zp ) = p−n . Infatti dati gli insiemi A = {x ∈ Zp : a0 = a} e B = {x ∈ Zp : a0 = b}, con 0 ≤ a, b ≤ p − 1, si vede che per l’invarianza rispetto alle traslazioni si ha µ(A) = µ(B). Ora se prendiamo b = 0 avremo B = pZp e dunque S µ(A) = µ(pZp ). Poiché Zp = i Ai , dove Ai = {x ∈ Zp : a0 = ai } e ai = 0, 1, . . . , p − 1, e poiché la misura è additiva sull’unione numerabile di insiemi disgiunti (in questo caso P gli Ai sono in numero finito e disgiunti), allora µ(Zp ) = p−1 i=0 µ(Ai ). Ma gli Ai hanno tutti la stessa misura per quanto visto prima e dunque µ(Zp ) = pµ(A) = pµ(pZp ). Ora poiché µ(Zp ) = 1 si ha µ(pZp ) = 1/p. Procedendo in maniera analoga si ottiene che in genrale µ(pn Zp ) = p−n . Tornando alla precedente equazione si può dunque scrivere µc (Zp ) = p−n µ(Zp ) = |c|p µ(Zp ) (2.14) Dunque f (c) = |c|p e quindi in generale si avrà µc (X) = µ(cX) = |c|p µ(X) (2.15) Di seguito diamo alcuni esempi di calcolo integrale. Esempio 1. Z dx = pγ , γ∈Z Bγ Infatti Z Z −γ d(p dx = |x|p ≤pγ y) = |p −γ |y|p ≤1 |p Z dy = pγ B0 Esempio 2. 1 dx = pγ (1 − ) p Sγ Z Infatti Z Z dx − dx = Sγ Bγ Z dx = pγ − pγ−1 Bγ−1 Esempio 3. 1 f (|x|p ) dx = 1 − p Qp Z X f (pγ )pγ −∞<γ<∞ Esempio 4. Z B0 |x|α−1 = p 1 − p−1 , 1 − p−α α>0 Esempio 5. Z B0 ln |x|p dx = − ln p p−1 CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 23 Infatti X ln p 1 ln p (−γ)p−γ = − ln |x|p dx = 1 − p p−1 |x|p ≤1 0≤γ<∞ Z poiché γp−γ = X 0≤γ<∞ p (p − 1)2 Esempio 6. ( Z χp (ξx) dx = Bγ |ξ|p ≤ p−γ |ξ|p ≥ p−γ+1 , pγ , 0, γ∈Z Infatti per |ξ|p ≤ p−γ si ha |ξx|p ≤ 1 e dunque χp (ξx) = 1. Dunque Z Z dx = pγ χp (ξx) dx = Bγ Bγ Se |ξ|p ≥ p−γ+1 per x0 ∈ Sγ si ha |ξx|p ≥ p e dunque χp (ξx) 6= 1. Eseguendo il cambio di variabile x = y − x0 si ottiene Z Z χp (ξx) dx = Bγ Bγ (x0 ) χp (ξ(y − x0 ) dy = χp (−ξx0 ) Z Bγ (x0 ) χp (ξy) dy Ora si ha che Bγ (x0 ) = Bγ se |x0 |p ≤ pγ . Dunque Z Z 0 χp (ξx) dx = χp (−ξx ) Bγ χp (ξy) dy Bγ Poiché χp (ξx) 6= 1 si deve avere che Z χp (ξx) dx = 0 Bγ Esempio 7. Z χp (ξx) dx = Sγ γ 1− 1 , p p |ξ|p ≤ p−γ −pγ−1 , |ξ|p = p−γ+1 |ξ|p ≥ p−γ+2 0, Esempio 8. Se 0≤γ<∞ |f (p P −γ )|p−γ < ∞ allora per ξ 6= 0 X 1 −1 −1 f (|x|p )χp (ξx) dx = = 1 − |ξ|−1 p−γ f (p−γ |ξ|−1 p p ) − |ξ|p f (p|ξ|p ) p Qp 0≤γ<∞ Z Infatti indicando con |ξ|p = pN si ha Z f (|x|p )χp (ξx) dx = Qp Z X f (pγ )χp (ξx) dx −∞<γ<∞ Sγ = 1− = 1− 1 p X f (pγ )pγ − f (p−N +1 )p−N −∞<γ≤−N 1 −N X p f (p−γ−N )p−γ − f (p−N +1 )p−N p 0≤γ<∞ CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 24 Esempio 9. Z ξ 6= 0 χp (ξx) dx = 0, Qp Segue dall’esempio precedente con f ≡ 1. Esempio 10. Z |x|pα−1 χp (ξx) dx = Qp . Segue dall’Esempio8 per f = |x|α−1 p Esempio 11. Z 1 − pα−1 −α |ξ| , 1 − p−α p ln |x|p χp (ξx) dx = − Qp p ln p −1 |ξ| , p−1 p α>0 ξ 6= 0 Segue dall’Esempio8 per f = ln |x|p Esempio 12. Z dx = pγ−1 , Sγ ,x0 =k γ ∈ Z, k = 0, 1, . . . , p − 1 Molto importanti nell’ambito della teoria dell’integrazione sono gli integrali gaussiani la cui trattazione viene svolta in maniera esauriente in [23]. Incontreremo alcuni di tali integrali nel corso della trattazione che introdurremo di volta in volta all’occorrenza. 2.3 Trasformata di Fourier in Qp Prima di tutto definiamo le funzioni test. Queste funzioni posseggono la trasformata di Fourier e il loro insieme è invariante rispetto a tale trasformazione. Esse sono l’analogo delle funzioni di Schwartz nel caso reale. Definizione 2.3.1 (Funzioni test o funzioni di Schwartz-Bruhat). Una funzione test, φ, in Qp è una funzione localmente costante con supporto compatto. Localmente costante significa che esiste m ∈ Z tale che per ogni x ∈ Qp , φ(x + t) = φ(x) se |t|p ≤ pm . Lo spazio delle funzioni test è indicato con D(Qp ). Dire che una funzione ha supporto compatto significa che esiste n ∈ Z tale che φ(x) = 0 per |x|p ≥ pn . Si può dimostrare che anche in Qp un insieme è compatto se e solo se è chiuso e limitato. Definizione 2.3.2 (Trasformata di Fourier). La trasformata di Fourier di una funzione test p-adica è data da F φ(u) = Z χu (x)φ(x) dx, u ∈ Qp (2.16) Qp dove χu (x) = e2πi{ux} ovvero è un carattere additivo di Qp . Poiché esiste un isomorfismo topologico e algebrico, u → χu , tra i caratteri additivi del gruppo additivo Qp e il gruppo stesso, possiamo identificare Qp con Q̇p , che è il suo duale di Pontryagin. Lemma 2.3.1. La trasformata di Fourier di una funzione test p-adica è ancora una funzione test p-adica. CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 25 Dimostrazione. Sia φ(x) = 0 quando |x|p ≥ pn e φ(x + t) = φ(x) per |t| ≤ pm . Per provare che F φ(u) ha supporto compatto indichiamo con y la variabile d’integrazione F φ(u) = Z χu (y)φ(y) dµ(y) (2.17) Qp Ora effettuiamo la sostituzione y = x + t dove |t|p = pm . Si ottiene Z F φ(u) = χu (t) χu (x)φ(x + t) dµ(x + t) (2.18) Qp Ora poiché |t|p = pm allora φ(x + t) = φ(x). Inoltre poiché la misura è invariante per traslazioni si ha F φ(u) = χu (t) Z χu (x)φ(x) dµ(x) = χu (t)F φ(u) (2.19) Qp Ricordando che χu (t) = e2πi{ut} si ha che se |u|p > p−m allora χu (t) 6= 1 poiché la parte frazionaria di ut sarebbe diversa da zero. Allora si deve avere che F φ(u) = 0. Inoltre poiché φ(x) = 0 per |x|p ≥ pn allora F φ(u) = Z |x|p <pn χu (x)φ(x) dµ(x) (2.20) Dunque F φ(u + t) = Z Z |x|p <pn χu+t (x)φ(x) dµ(x) = |x|p <pn χt (x)χu (x)φ(x) dµ(x) (2.21) dove nell’ultimo abbiamo utilizzato il fatto che il gruppo dei caratteri additivi su Qp è omomorfo a Qp . Ora si vede che F φ(u + t) = F φ(u) per |t|p ≤ p−n poiché in tal caso χt (x) = e2πi{tx} = 1 per |x|p < pn . Dunque F φ(u) è una funzione test. Si può dimostrare che lo spazio delle funzioni test è denso in L2 (Qp ) nel senso della norma L2 . Il prodotto scalare in L2 (Qp ) è dato da Z φ(x)ψ(x) dµ(x), (φ, ψ) = φ, ψ ∈ L2 (Qp ) (2.22) Qp Infine notiamo che, per il teorema di Plancherel, é possibile estendere la trasformata di Fourier a tutto L2 (Qp ). Tale estensione avviene per mezzo delle funzioni test. (Per dettagli vedi [12]). Capitolo 3 Il Formalismo della Meccanica Quantistica In questo capitolo si espongono alcuni concetti fondamentali della meccanica quantistica, come l’operatore evoluzione, e si introduce il formalismo di Feynman ([9], [8]). 3.1 Operatore evoluzione Poiché l’equazione di Schrodinger è un’equazione differenziale di primo grado nel tempo, lo stato ψ(t) è determinato per ogni t una volta noto per un qualche istante t0 . Potremmo dunque introdurre un operatore evoluzione, U (t, t0 ) definito come segue ψ(t) = U (t, t0 )ψ(t0 ) (3.1) U (t0 , t0 ) = I (3.2) con Applicando due volte la definizione si trova ψ(t0 ) = U (t0 , t)ψ(t) = U (t0 , t)U (t, t0 )ψ(t0 ) = U (t0 , t0 )ψ(t0 ) (3.3) U (t0 , t0 ) = U (t0 , t)U (t, t0 ) (3.4) Dunque Inoltre ψ(t0 ) = U (t0 , t)ψ(t) = U (t0 , t)U (t, t0 )ψ(t0 ) ψ(t) = U (t, t0 )ψ(t0 ) = U (t, t0 )U (t0 , t)ψ(t) (3.5) Di conseguenza U −1 (t, t0 ) = U (t0 , t) (3.6) Da queste considerazioni si deduce in maniera del tutto generale che l’operatore evoluzione può essere considerato una rappresentazione del gruppo additivo su R. In realtà tale rappresentazione è anche unitaria poiché U (t, t0 ) è un operatore unitario. Infatti dalla conservazione della probabilità si ha hψ(t)|ψ(t)i = hψ(t0 )|ψ(t0 )i 26 (3.7) CAPITOLO 3. IL FORMALISMO DELLA MECCANICA QUANTISTICA 27 Inserendo la definizione di operatore evoluzione hψ(t)|ψ(t)i = hψ(t0 )|U † (t, t0 )U (t, t0 )|ψ(t0 )i = hψ(t0 )|ψ(t0 )i (3.8) Dunque U † (t, t0 )U (t, t0 ) = I (3.9) Analogamente partendo da hψ(t0 )|ψ(t0 )i si trova che hψ(t0 )|ψ(t0 )i = hψ(t)|U † (t0 , t)U (t0 , t)|ψ(t)i = hψ(t)|ψ(t)i (3.10) U † (t0 , t)U (t0 , t) = I (3.11) e quindi Consideriamo il seguente teorema Teorema 3.1.1. Sia dato un operatore (A, DA ), dove DA è il dominio di tale operatore, ed esista l’inverso (A−1 , DA−1 ). Se DA e DA−1 sono densi nello spazio di Hilbert allora risulta (A† )−1 = (A−1 )† . Poiché l’operatore evoluzione ammette inverso e il suo dominio coincide con tutto lo spazio di Hilbert siamo nelle ipotesi del teorema. Di conseguenza dalla 3.11 discende che U (t, t0 )U † (t, t0 ) = I (3.12) In conclusione l’operatore evoluzione è un operatore unitario, e quindi è una rappresentazione unitaria del gruppo additivo su R. Tale unitarietà è collegata alla hermicità dell’Hamiltoniana. Infatti sostituendo l’espressione ψ(t) = U (t, t0 )ψ(t0 ) nell’equazione di Schrodinger si ottiene la seguente equazione per l’operatore evoluzione ih d U (t, t0 ) = HU (t, t0 ) dt (3.13) con la condizione iniziale U (t0 , t0 ) = I. Considerando la variazione dell’operatore evoluzione dopo un intervallo di tempo arbitrariamente piccolo e l’equazione precedente si trova che i~(U (t0 + δt, t0 ) − U (t0 , t0 )) = HU (t0 , t0 )δt (3.14) Utilizzando la condizione iniziale U (t0 , t0 ) = I si ottiene al primo ordine in δt i U (t0 + δt, t0 ) = I − Hδt ~ (3.15) Dunque H è il generatore infinitesimo di una trasformazione unitaria infinitesima, in particolare di una traslazione temporale infinitesima, descritta dall’operatore evoluzione U (t0 + δt, t0 ). Se consideriamo il caso particolare di un’Hamiltoniana indipendente dal tempo, una soluzione dell’equazione per l’operatore evoluzione, con la condizione iniziale U (t0 , t0 ) = I è data da 1 U (t, t0 ) = exp − H(t − t0 ) (3.16) ~ come si può facilmente verificare ricordando che una funzione di un operatore è definita dalla sua espansione in serie e cioè X 1 −i 1 exp − H(t − t0 ) = ~ ~ n n! n H n (t − t0 )n (3.17) CAPITOLO 3. IL FORMALISMO DELLA MECCANICA QUANTISTICA 28 Dunque una soluzione formale dell’equazione di Schrodinger per una Hamiltoniana indipendente dal tempo H è data da 1 ψ(t) = exp − H(t − t0 )ψ(t0 ) ~ 3.2 (3.18) Propagatore per l’equazione di Schrodinger Il problema è quello di riuscire a collegare direttamente lo stato di un sistema a due istanti differenti. Questo è possibile se utilizziamo l’operatore evoluzione poichè possiamo scrivere |ψ(t2 )i = U (t2 , t1 ) |ψ(t1 )i (3.19) Dato |ψ(t2 )i è semplice trovare la funzione d’onda associata ψ(r~2 , t2 ) ψ(r~2 , t2 ) = hr~2 |ψ(t2 )i (3.20) Sostituendo l’espressione per |ψ(t2 )i e inserendo la relazione di chiusura Z dr~1 |r~1 i hr~1 | = 1 (3.21) tra U (t2 , t1 ) e |ψ(t1 )i si ottiene Z ψ(r~2 , t2 ) = dr~1 hr~2 |U (t2 , t1 )|r~1 i hr~1 |ψ(t1 )i = Z dr~1 hr~2 |U (t2 , t1 )|r~1 i ψ(r1 , t1 ) (3.22) Ponendo hr~2 |U (t2 , t1 )|r~1 i = K(r~2 , t2 , r~1 , t1 ) si può scrivere Z ψ(r~2 , t2 ) = dr~1 K(r~2 , t2 , r~1 , t1 )ψ(r1~, t1 ) (3.23) Poiché ci interessa utilizzare questa espressione solo per t2 > t1 possiamo porre K = 0 per t2 < t1 . L’esatta definizione di K(r~2 , t2 , r~1 , t1 ) diventa dunque K(r~2 , t2 , r~1 , t1 ) = hr~2 |U (t2 , t1 )|r~1 i θ(t2 − t1 ) (3.24) dove θ(t2 − t1 ) è la funzione gradino. Dalla definizione del propagatore se ne deduce direttamente il significato fisico. Esso rappresenta l’ampiezza di probabilità che una particella che si trovi nella posizione r~1 all’istante t1 si venga a trovare nella posizione r~2 all’istante t2 . Supponiamo ora che l’hamiltoniana non dipenda esplicitamente dal tempo e indichiamo con |ψn i e En i suoi autostati e i suoi autovalori. L’operatore evoluzione è dato da U (t2 , t1 ) = e−iH(t2 −t1 )/h (3.25) La relazione di chiusura X |ψn i hψn | = 1 (3.26) ci permette di scrivere U (t2 , t1 ) = e−iH(t2 −t1 )/h X |ψn i hψn | (3.27) e−iEn (t2 −t1 )/h |ψn i hψn | (3.28) Poiché H |ψn i = En |ψn i si ha U (t2 , t1 ) = X CAPITOLO 3. IL FORMALISMO DELLA MECCANICA QUANTISTICA 29 Dunque il propagatore si può scrivere come K(r~2 , t2 , r~1 , t1 ) = hr~2 |U (t2 , t1 )|r~1 i θ(t2 − t1 ) = θ(t2 − t1 ) X ψn (r~1 )ψn (r~2 )e−iEn (t2 −t1 )/h (3.29) poiché 3.3 hr~2 |ψn i = ψn (r~2 ) (3.30) hψn |r~1 i = ψn (r~1 ) (3.31) Integrali di cammino Una formulazione alternativa della meccanica quantistica, sviluppata da R.P. Feynman, è strettamente legata alla Lagrangiana classica del sistema e agli integrali di cammino. Consideriamo il moto unidimensionale di una parrticella di massa m in un potenziale indipendente dal tempo V (x). La Lagrangiana classica del sistema è L = T − V (x) (3.32) dove T è l’energia cinetica 1 T = mẋ2 2 L’equazione del moto è data dall’equazione di Eulero-Lagrange d ∂L dt dẋ − ∂L =0 ∂x (3.33) (3.34) e la soluzione di questa equazione di secondo grado, con condizioni al contorno x(t0 ) = a e ẋ(t0 ) = b determina il cammino classico x = x(t) (3.35) Le equazioni di Eulero Lagrange seguono dal principio di Hamilton che afferma che il moto di un sistema tra gli istanti t0 e t1 è tale che l’azione I è stazionaria, dove I è definita come Z t1 I(t0 , t1 ) = L(ẋ(t), x(t)) dt (3.36) t0 La condizione di stazionarietà significa che, se l’integrale di cammino è calcolato su un cammino vicino a quello sequito dalla particella, cosicché x = x(t) + η(t) (3.37) dove è una quantità piccola a piacere e η(t) una funzione tale che η(t0 ) = η(t1 ) = 0 (3.38) allora la variazione dell’azione è dell’ordine di 2 . La funzione d’onda di Schrodinger ψ(x, t1 ) soddisfa, come abbiamo visto, l’equazione Z ψ(x, t1 ) = K(x, t1 ; x0 , t0 )ψ(x0 , t0 ) dx0 (3.39) CAPITOLO 3. IL FORMALISMO DELLA MECCANICA QUANTISTICA 30 Feynman ha dimostrato che il propagatore K può essere espresso come K(x, t1 ; x0 , t0 ) = X i Wp e ~ Ip (t1 ,t0 ) (3.40) p dove Ip (t1 , t0 ) è l’azione classica, l’integrale è preso lungo il cammino x = xp (t) e la somma su p è estesa a tutti i cammini xp (t) che uniscono i punti x(t1 ) e x(t0 ). Wp è un fattore peso. Poiché i cammini formano un continuum, la somma su p rappresenta un tipo di integrale chiamato integrale di cammino. Per derivare la precedente equazione riscriviamo il propagatore nella forma K(x, t1 ; x0 , t0 ) = δ(x − x0 )e−iH(t1 −t0 )/~ δ(x − x0 ) (3.41) che deriva dalle due equazioni Z K(x, t1 ; x0 , t0 )ψ(x0 , t0 ) dx0 ψ(x, t1 ) = (3.42) 1 ψ(t1 ) = exp − H(t1 − t0 )ψ(t0 ) ~ (3.43) In questo caso l’Hamiltoniana del sistema è H= p2 + V (x) 2m (3.44) Ora dividiamo l’intervallo (t1 − t0 ) in N intervalli di ampiezza ∆t = (t1 − t0 )/N cosicché l’operatore evoluzione exp − ~1 H(t1 − t0 ) può essere scritto come 1 1 1 e− ~ H(t1 −t0 ) = e− ~ HN ∆t = e− ~ H∆t N 1 1 1 = e− ~ H∆t e− ~ H∆t . . . e− ~ H∆t (3.45) Usando questa espressione e le proprietà della delta di Dirac si può scrivere Z ∞ K(xN , t1 ; x0 , t0 ) = ×e dx1 · · · Z ∞ 1 −∞ −∞ − ~1 H(xN −2 )∆t dxN −1 e− ~ H(xN −1 )∆t δ(xN − xN −1 ) 1 δ(xN −1 − xN −2 )δ(x2 − x1 )e− ~ H(x1 )∆t δ(x1 − x0 ) (3.46) dove abbiamo posto x = xN e x0 = x0 . Prendendo N sufficientemente grande cosicché ∆t sia piccolo e (∆t)2 << ∆t si può vedere che 2 i p i i e− ~ H∆t = e− ~ 2m ∆t e− ~ V (x)∆t (3.47) eA+B = eA eB e[A,B] (3.48) Infatti in generale p2 e nel nostro caso i due operatori − ~i 2m ∆t e − ~i V (x)∆t non commutano. Tuttavia il loro commutatore va come (∆t)2 e dunque nelle nostre ipotesi possiamo approssimare 2 i p i l’operatore e[− ~ 2m ∆t,− ~ V (x)∆t] con l’operatore identità. Di conseguenza 3.47 è corretta entro il secondo ordine ed esatta nel limite N → ∞, cioè ∆t → 0. La funzione delta di Dirac può essere espressa nella forma δ(xn − xn−1 ) = 1 2π Z dkeik(xn −xn−1 ) , n = 1, 2,̇N (3.49) CAPITOLO 3. IL FORMALISMO DELLA MECCANICA QUANTISTICA 31 Poiché l’onda piana eik(xn −xn−1 ) è un’autofunzione dell’operatore energia cinetica 2 k2 appartenente all’autovalore ~2m si ha che, nel limite ∆t piccolo, p2 2m i e− ~ H∆t δ(xn − xn−1 ) = 1 2π Z ∞ dke−i ~2 k 2 ∆t+ik(xn −xn−1 ) 2m 1 e− ~ V (xn−1 )∆t (3.50) −∞ Usando l’integrale Z ∞ e −αu2 −βu 1/2 π α du = −∞ β2 e 4α (3.51) troviamo, ponendo α = i~∆t/2m e β = i(xn − xn−1 ), − ~i H∆t e δ(xn − xn−1 ) = m 2πi~∆t 1/2 e im(xn −xn−1 )2 2~∆t 1 e− ~ V (xn−1 )∆t (3.52) Si nota che quando V = 0 questa espressione si riduce al propagatore della particella libera. Utilizzando i precedente risultati e prendendo il limite N → ∞ si ottiene un’espressione esatta per il propagatore K K(xN , t1 ; x0 , t0 ) = lim N →∞ m 2πi∆t~ N/2 Z ∞ −∞ dx1 · · · Z ∞ −∞ dxN −1 N X i m(xn − xn−1 )2 × exp ∆t − V (xn−1 ) ~ n=1 2(∆t)2 (3.53) Il punto xn è il valore di x al tempo t0 +n∆t e l’insieme dei punti xn , n = 1, 2, 3, . . . , N definisce un cammino tra i punti estremi (x0 , t0 ) e (xN , tN ). Gli integrali su x1 , x2 , . . . , xN −1 risultano nella somma su tutti i cammini e nel limite N → ∞ definiscono un integrale di cammino. In questo limite (xn − xn−1 )2 → (ẋ(t))2 ∆t→0 (∆t)2 (3.54) lim e ∆t N X → Z dt (3.55) n=1 Dunque l’esponente che compare nell’ultima equazione può essere scritto in termini dell’azione classica N X i m(xn − xn−1 )2 i − V (xn−1 ) = lim ∆t 2 N →∞ ~ 2(∆t) ~ n=1 Z t1 1 t0 2 ˙ 2 − V (x(t)) dt m(x(t)) (3.56) i = I(t1 , t0 ) ~ Se l’integrale infinito dimensionale è scritto simbolicamente come Z D(x(t)) = lim N →∞ n 2πi~∆t N/2 Z ∞ −∞ dx1 · · · Z ∞ −∞ dxN −1 (3.57) la forma del propagatore K in termini di cammino integrale è data da Z K(xN , t1 ; x0 , t0 ) = i D(x(t))e− ~ I(t1 ,t0 ) (3.58) Anche se è conveniente scrivere la somma su tutti i cammini attraverso il simbolo 3.58 non bisogna dimenticare che l’integrale di cammino è definito dal limite 3.53. Capitolo 4 Oscillatore armonico su R e Qp L’oscillatore armonico rappresenta un modello teorico molto semplice che può essere risolto esattamente sia classicamente che quantisticamente. In questo capitolo tratteremo in maniera completa tale sistema sia nel caso ordinario (su R) sia nel caso p-adico e adelico. 4.1 Oscillatore armonico classico ordinario e p-adico Analizziamo innanzitutto l’oscillatore armonico classico e la sua estensione p-adica facendo riferimento a [3], [4] e [22]. L’Hamiltoniana classica non relativistica che descrive l’oscillatore armonico è data da: p2 mω 2 2 H= + q , m 6= 0 (4.1) 2m 2 dove q e p sono rispettivamente la posizione e il momento. L’evoluzione temporale classica del sistema è descritta dalle equazioni di Hamilton ṗ(t) = − ∂H ∂q q̇(t) = ∂H ∂p (4.2) Dunque ṗ(t) = −mω 2 q(t) q̇(t) = p(t) m (4.3) Derivando la prima equazione si ottiene p̈(t) = −mω 2 q̇(t) = −mω 2 p(t) m (4.4) La soluzione è p(t) = −mωq sin(ωt) + p cos(ωt) (4.5) dove q = q(0) p = p(0) (4.6) La soluzione della seconda equazione è data invece da p q(t) = q cos(ωt) + sin(ωt) mω (4.7) Possiamo scrivere la soluzione in forma matriciale come segue ! q(t) p(t) = Tt q p ! = Tt z 32 z= q p ! (4.8) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 33 Tt è una matrice che opera nello spazio delle fasi, definita come Tt = cos(ωt) (mω)−1 sin(ωt) −mω sin(ωt) cos(ωt) ! (4.9) Nel caso reale tutte le quantità appartengono a R. Nel caso p-adico tutte le quantità appartengono a Qp . I domini di convergenza per le espansioni in serie di potenze delle funzioni seno e coseno p-adiche impongono che |ωt|p ≤ p−1 per p 6= 2 e |ωt|p ≤ 2−2 per p = 2. Questi domini, che indichiamo con Gp , sono gruppi additivi, cioè soddisfano le proprietà di gruppo per l’operazione di somma definita sul campo dei numeri p-adici. Si può dimostrare semplicemente che: Tt Tt0 = Tt+t0 . Sullo spazio delle fasi è possibile definire la forma bilineare antisimmetrica: B(z, z 0 ) = −pq 0 + p0 q (4.10) Proposizione 4.1.1. B(Tt z, Tt z 0 ) = B(z, z 0 ) Dimostrazione. B(Tt z, Tt z 0 ) = −p(t)q 0 (t) + p0 (t)q(t) (4.11) = (mωq sin(ωt) − p cos(ωt)) q 0 cos(ωt) + p0 sin(ωt) mω p 0 0 + (−mq sin(ωt) + p cos(ωt)) q cos(ωt) + sin(ωt) mω = −pq 0 + p0 q (4.12) (4.13) (4.14) Osserviamo che T è una rappresentazione unitaria del gruppo additivo dei numeri reali o analogamente del gruppo Gp . 4.2 Oscillatore armonico quantistico Facendo riferimento a [9] esponiamo la trattazione quantistica dell’oscillatore armonico e la sua soluzione mediante il metodo algebrico. L’Hamiltoniana che descrive il sistema è data da H= P2 mω 2 2 + X 2m 2 (4.15) dove P e X sono gli osservabili associati alle coordinate canoniche p e x rispettivamente. Un assioma della meccanica quantistica afferma che tali operatori di posizione e momento nella rappresentazione {|xi} operano come segue X |ψ(x)i = x |ψ(x)i d |ψ(x)i P |ψ(x)i = −i~ dx (4.16) (4.17) Poiché l’Hamiltoniana H è indipendente dal tempo (sistema conservativo) lo sudio dell’oscillatore armonico quanto-meccanico si riduce alla soluzione dell’equazione agli autovalori H |ψi = E |ψi (4.18) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 34 che nella rappresentazione {|xi} si scrive mω 2 2 ~2 d2 + x ψ(x) = Eψ(x) 2m dx2 2 − (4.19) Prima di intraprendere lo studio dettagliato dell’equazione agli autovalori indichiamo alcune importanti proprietà legate alla forma della funzione potenziale: (i) Gli autovalori dell’Hamiltoniana sono positivi. Si può dimostrare che, in generale, se la funzione potenziale V (x) ha un limite P2 inferiore, gli autovalori E dell’Hamiltoniana H = 2m + V (X) sono più grandi del estremo inferiore di V (x) V (x) ≥ Vm implicaE ≥ Vm (4.20) Per l’oscillatore armonico si sceglie per convenzione l’origine dell’energia in modo tale che Vm sia zero ( tale scelta è sempre possibile poiché l’energia è definita a meno di una costante). (ii) Le autofunzioni di H hanno una parità definita. Questo è dovuto al fatto che il potenziale V (x) è una funzione pari: V (−x) = V (x) (4.21) Possiamo dunque cercare le autofunzioni di H nella rappresentazione {|xi} tra le funzioni che hanno una parità definita (infatti vedremo che gli autovalori di H non sono degeneri; conseguentemente le funzioni d’onda associate agli autostati stazionari sono necessariamente o pari o dispari) (iii) Lo spettro energetico è discreto. Qualsiasi sia il valore dell’energia totale il moto classico è limitato, e si può dimostrare che in questo caso gli autovalori dell’Hamiltoniana formano un insieme discreto. 4.2.1 Autovalori dell’Hamiltoniana e loro degenerazione Gli osservabili X e P hanno rispettivamente dimensioni di una lunghezza e di un momento. Poiché ω ha le dimensioni dell’inverso del tempo e h di un’azione, è facile vedere che, gli osservabili X̂ e P̂ , definiti come r X̂ = mω X ~ r P̂ = 1 P m~ω (4.22) sono adimensionali. Se usiamo questi nuovi operatori, la relazione di commutazione canonica sarà scritta come X̂, P̂ = i (4.23) e l’Hamiltoniana può essere scritta nella forma H = ~ω Ĥ dove Ĥ = P̂ 2 + X̂ 2 2 (4.24) (4.25) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 35 Potremmo dunque trovare le soluzione dell’equazione agli autovalori Ĥ |φiν i = Eν |φiν i (4.26) dove l’indice ν può appartenere sia ad un insieme discreto che continuo e l’indice i ci permette di distinguere tra differenti autovettori ortogonali associati allo stesso autovalore Eν . Poniamo 1 1 † a = √ X̂ − iP̂ (4.27) a = √ X̂ + iP̂ 2 2 Queste formule possono essere invertite per ottenere i P̂ = √ (a† − a) 2 1 X̂ = √ (a + a† ) 2 (4.28) Poiché X̂ e P̂ sono Hermitiani, a e a† non lo sono. Il commutatore tra a e a† è dato da [a, a† ] = 1 (4.29) Questa relazione è completamente equivalente alle relazione di di commutazione canonica. Poiché 1 ˆ2 a† a = X + Pˆ2 − 1 (4.30) 2 si ha che 1 1 X̂ − iP̂ Ĥ = a a + = 2 2 † X̂ + iP̂ + 1 2 (4.31) Similmente si può dimostrare che Ĥ = aa† − 1 2 (4.32) Introduciamo l’operatore N definito come N = a† a (4.33) N † = a† (a† )† = a† a = N (4.34) Questo operatore è Hermitiano poiché Inoltre Ĥ = N + 1 2 (4.35) cosicché gli autovettori di Ĥ sono autovettori di N e viceversa. Valgono infine le seguenti uguaglianze [N, a] = −a [N, a† ] = a† (4.36) Il nostro studio dell’oscillatore armonico sarà basato sull’uso degli operatori a, a† , N avendo sostituito l’equazione agli autovalori di H con quella di N N |φiν i = ν |φiν i (4.37) Quando questa equazione è risolta sapremo che l’autovettore |φiν i di N è anche un autovettore di H con autovalore Eν = (ν + 12 )hω. Dimostriamo ora alcuni lemma che ci saranno utili. CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 36 Lemma 4.2.1 (Proprietà degli autovalori di N ). Gli autovalori ν dell’operatore N sono positivi o zero. Dimostrazione. Consideriamo un autovettore arbitrario |φiν i. Il quadrato della norma del vettore a |φiν i è positivo o nullo: ka |φiν ik2 = hφiν |a† a|φiν i ≥ 0 (4.38) Usando la definizione di N sin ottiene: hφiν |a† a|φiν i = hφiν |N |φiν i = ν hφiν |φiν i (4.39) Poiché hφiν |φiν i è positivo allora ν ≥ 0. Lemma 4.2.2 (Proprietà del vettore |φiν i). Sia |φiν i un autovettore non nullo di N con autovalore ν. Proviamo che (i) Se ν = 0 allora a |φiν=0 i = 0. (ii) Se ν > 0, allora a |φiν i è un autovettore non nullo di N con autovalore ν − 1. Dimostrazione. (i) Per quanto visto precedentemente, il quadrato della norma di a |φiν i è zero se ν = 0; ora la norma di un vettore è zero se e solo se il vettore è nullo. Dunque se ν = 0 è un autovalore di N , tutti gli autovettori |φi0 i soddisfano la relazione a |φi0 i = 0 (4.40) Mostriamo ora che tutti i vettori che soddisfano tale relazione sono autovettori di N con autovalore ν = 0: Consideriamo un vettore |φi tale che a |φi = 0 (4.41) applicando ambo i membri di questa equazione l’operatore a† si ottiene a† a |φi = N |φi = 0 (4.42) Dunque |φi è autovettore di N con autovalore 0. (ii) Assumiamo ora che ν è maggiore di zero. Allora il vettore a |φiν i è non nullo poiché la sua norma è diversa da zero. Mostriamo che a |φiν i è un autovettore di N . Applicando l’operatore [N, a] = −a al vettore |φiν isi ottiene [N, a] |φiν i = −a |φiν i (4.43) N a |φiν i = aN |φiν i − a |φiν i = aν |φiν i − a |φiν i (4.44) N [a |φiν i] = (ν − 1)[a |φiν i] (4.45) Dunque ovvero Quindi a |φiν i è autovettore di N con autovalore ν − 1. Lemma 4.2.3 (Proprietà del vettore a† |φiν i). Sia |φiν i un autovettore non nullo di N con autovalore ν. Proviamo che CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 37 (i) a† |φiν i è sempre diverso da zero. (ii) a† |φiν i è un autovettore N con autovalore ν + 1. Dimostrazione. (i) La norma del vettore a† |φiν i è data da ka† |φiν ik = hφiν |aa† |φiν i = hφiν |N + 1|φiν i = (ν + 1) hφiν |φiν i (4.46) Poiché in accordo con il lemma 4.2.1 ν è sempre positivo o nullo, la norma del vettore a† |φiν i è sempre diversa da zero e dunque tale vettore è sempre non nullo. (ii) La dimostrazione è analoga a quella del lemma 4.2.2. Passiamo ora a dimostrare che lo spettro dell’operatore N è composto da valori interi positivi o nulli. Consideriamo un arbitrario autovalore ν di N e un autovettore non nullo |φiν i associato a tale autovalore. In accordo con il lemma 4.2.1 ν è positivo o nullo. Supponiamo inizialmente che ν sia non intero e mostriamo che tale ipotesi conduce ad una contraddizione del lemma. Se ν è non intero possiamo sempre trovare un intero n ≥ 0 tale che n < ν < n + 1. Consideriamo la serie di vettori: |φiν i , a |φiν i , . . . , an |φiν i (4.47) In accordo con il lemma 4.2.2 ognuno dei vettori ap |φiν i con (0 ≤ p ≤ n) è non nullo e con autovalore ν − p. Applichiamo l’operatore a al vettore an |φiν i. Il vettore an |φiν i è un autovettore non nullo di N con autovalore ν − n > 0. Dunque applicando a ad an |φiν i si ottiene un autovettore non nullo di N (an+1 |φiν i) con autovalore ν − n − 1 che risulta essere minore di zero per l’ipotesi precedente. Poiché questo è impossibile per il lemma 4.2.1 dobbiamo rifiutare l’ipotesi della non integrità di ν. Supponiamo ora che ν = n > 0. Allora il vettore an |φiν i è un autovettore non nullo di N con autovalore nullo. In accordo con il primo punto del lemma 4.2.2 si ha an+1 |φiν i = 0 (4.48) Si vede dunque che se ν = n > 0 non è possibile ottenere un autovettore non nullo di N che corrisponda ad un autovalore negativo. In conclusione ν può solo essere un intero non negativo. Utilizzando il lemma 4.2.3 si può dimostrare che in effetti lo spettro di N include tutti gli interi positivi o nulli. Concludiamo dunque che gli autovalori di H sono della forma En = n + 1 ~ω 2 (4.49) con (n = 0, 1, 2, . . . ). Vediamo quindi che l’energia dell’oscillatore armonico quantistico è quantizzata. Osserviamo che lo stato fondamentale è non degenere. Infatti gli autostati di H con autovalore hω 2 , cioè gli autostati di N con autovalore n = 0, devono soddisfare tutti l’equazione a |φi0 i = 0 (4.50) Per trovare la degenerazione del livello E0 dobbiamo vedere quanti autovettori linearmente indipendenti sono associati a tali autovalori. Usando la definizione di a si può scrivere l’equazione precedente come 1 √ 2 r mω i X+√ P |φi0 i = 0 ~ mω~ (4.51) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 38 Nella rappresentazione {|xi} tale equazione si scrive mω d φi (x) = 0 x+ ~ dx 0 (4.52) Questa è un’equazione differenziale di primo ordine la cui soluzione generale è φi0 (x) = c exp − 1 mω 2 x 2 ~ (4.53) dove c è una costante d’integrazione. Poiché le soluzioni sono tutte proporzionali si conclude che l’autovalore E0 è non degenere. Mostriamo ora che tutti gli autovalori sono non degeneri. La dimostrazione è per induzione. Abbiamo già dimostrato che lo stato fondamentale (n = 0) è non degenere. Vogliamo dunque provare che se En è non degenere non lo è nemmeno En+1 . Supponiamo dunque che esista un unico vettore |φn i, definito a meno di una costante, tale che N |φn i = n |φn i (4.54) e consideriamo un autovettore |φin+1 i corrispondente all’autovalore n + 1 N |φin+1 i = (n + 1) |φin+1 i (4.55) Per il lemma 4.2.2 sappiamo che a |φn+1 i è un autovettore non nullo di N con autovalore n. Poiché per ipotesi tale autovalore è non degenere allora esiste ci tale che a |φin+1 i = ci |φn i (4.56) Applicando ambo i membri di questa equazione l’operatore a† si ottiene a† a |φin+1 i = ci a† |φn i (4.57) ci † a |φn i n+1 (4.58) cioè |φin+1 i = Già sappiamo che a† |φn i è un autovettore di N con autovalore n + 1. Dunque possiamo osservare che tutti gli autovettori |φin+1 i associati all’autovalore n + 1 sono proporzionali a a† |φn i e dunque l’autovalore n + 1 è non degenere. Questo conclude la dimostrazione. Quindi tutti gli autovalori di N e dunque di H sono non degeneri. 4.2.2 Autostati dell’Hamiltoniana e funzioni d’onda associate Assumiamo che N e H sono osservabili, cioè che il loro autovettori costituiscono una base nello spazio degli stati. Poiché gli autovalori sono tutti non degeneri si trova che H o N costituiscono un C.S.C.O. Il vettore |φ0 i associato all’autovalore n = 0 è il vettore che soddisfa a |φ0 i = 0 (4.59) Assumiamo che tale vettore sia normalizzato. In accordo con il lemma 4.2.3, il vettore |φ1 i associato all’autovalore n = 1 è proporzionale a a† |φ0 i |φ1 i = c1 a† |φ0 i (4.60) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 39 Determiniamo c1 in modo tale che |φ1 i sia normalizzato e scegliendo la sua fase in modo tale che c1 sia reale e positivo. Il quadrato della norma di |φ1 i è hφ1 |φ1 i = |c1 |2 hφ0 |aa† |φ0 i = |c1 |2 hφ0 |a† a + 1|φ0 i (4.61) Poiché |φ0 i è un autostato normalizzato di N = a† a con autovalore zero, si ha che hφ1 |φ1 i = |c1 |2 = 1 (4.62) Con la precedente convenzione sulla fase (c1 è reale e positivo) deve essere c1 = 1 e dunque |φ1 i = a† |φ0 i (4.63) Similmente possiamo costruire |φ2 i da |φ1 i |φ2 i = c2 a† |φ1 i (4.64) Richiediamo che |φ2 i sia normalizzato e scegliamo la sua fase in modo tale che c2 sia reale e positivo hφ2 |φ2 i = |c2 |2 hφ1 |aa† |φ1 i = |c2 |2 hφ1 |a† a + 1|φ1 i = 2|c2 |2 = 1 (4.65) 1 1 |φ2 i = √ a† |φ1 i = √ (a† )2 |φ0 i 2 2 (4.66) Dunque Iterando questa procedura possiamo scrivere ogni |φn i in termini di |φ0 i. In particolare si trova 1 |φn i = √ (a† )n |φ0 i (4.67) n! Poiché H è hermitiano gli autovettori corrispondenti a diversi autovalori sono ortogonali. Inoltre poiché li abbiamo scelti anche normalizzati essi soddisfano la relazione di ortonormalizzazione hφn0 |φn i = δnn0 (4.68) Assumiamo inoltre (ma lo si può dimostrare) che H sia un’osservabile e che dunque gli autovettori {|φn i} costituiscono una base nello spazio degli stati e soddisfano la relazione di chiusura X |φn i hφn | = I (4.69) n Abbiamo già determinato la funzione d’onda φ0 (x) che rappresenta lo stato fondamentale |φ0 i nella rappresentazione {|xi} φ0 (x) = hx|φ0 i = mω π~ 14 exp − 1 mω 2 x 2 ~ (4.70) dove la costante prima dell’esponenziale assicura la normalizzazione di φ0 (x). Per ottenere le funzioni d’onda associate agli stati stazionari dell’oscillatore armonico dobbiamo utilizzare l’equazione 1 |φn i = √ (a† ) |φ0 i n! (4.71) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 40 e l’espressione dell’operatore a† nella rappresentazione {|xi} 1 √ 2 r mω x− ~ s ~ d mω dx (4.72) poiché nella rappresentazione {|xi} l’operatore X è rappresentato dalla moltiplicazione d per x mentre l’operatore P da −ih dx . Dunque si ottiene 1 1 1 φn (x) = hx|φn i = √ hx|(a† )n |φ0 i = √ √ n n! n! 2 r mω x− ~ s ~ d mω dx n φ0 (x) (4.73) e in conclusione φn (x) = 1 h 2n n! mω n 21 mω π~ 14 mω d x− ~ dx n exp − 1 mω 2 x 2 ~ (4.74) 2 Si vede facilmente che φn è il prodotto di exp − 12 mω h x e di un polinomio di grado n e parità (−1)n . 4.2.3 Una formulazione alternativa La meccanica quantistica ordinaria può anche essere costruita in maniera del tutto equivalente attraverso la tripla: L2 (R), W∞ (z∞ ), U∞ (t∞ ) (4.75) dove L2 (R) è lo spazio di Hilbert delle funzioni d’onda modulo quadro sommabili, z∞ è un punto dello spazio delle fasi reale classico, W∞ (z∞ ) è una rappresentazione unitaria del gruppo di Weyl-Heisenberg su L2 (R) e U∞ (t∞ ) è l’operatore evoluzione su L2 (R). Il gruppo di Weyl-Heisenberg consiste negli elementi (z, α) con il prodotto di gruppo 1 (z, α) · (z , α ) = z + z , α + α + B(z, z 0 ) 2 0 0 0 0 (4.76) dove ricordiamo che B(z, z 0 ) è definita come B(z, z 0 ) = −pq 0 + p0 q (4.77) e α è un parametro. La corrispondente rappresentazione unitaria su L2 (R) è data da χ∞ (α)W∞ (z) (4.78) e W∞ (z) soddisfa la relazione di Weyl 0 W∞ (z)W∞ (z ) = χ∞ 1 B(z, z 0 ) W∞ (z + z 0 ) 2 (4.79) Questa relazione è conseguenza del fatto che una rappresentazione di un gruppo è un omeomorfismo, cioè 0 0 χ∞ (α)W∞ (z)χ∞ (α )W∞ (z ) = χ∞ 1 α + α + B(z, z 0 ) W∞ (z + z 0 ) 2 0 (4.80) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 41 e χ∞ (α) è un carattere additivo, cioè χ∞ (α + α0 ) = χ∞ (α)χ∞ (α0 ) (4.81) L’operatore W∞ (z) agisce sulle autofunzioni dell’oscillatore armonico, φ∞ n (x), come segue W∞ (z)φ∞ n (x) = χ∞ pq pq Uq [χ∞ (px)φ∞ − + px φ∞ n (x)] = χ∞ n (x + q) 2 2 (4.82) dove Uq φ(x) = φ(x + q). Come abbiamo visto nel capitolo 3 l’operatore evoluzione U∞ (t) (l’istante iniziale viene posto per semplicità uguale a zero) può essere definito come U∞ (t)φ∞ n = Z (∞) Kt (x, y)φ∞ n (y) dy (4.83) R Il propagatore Kt∞ (x, y) per l’oscillatore armonico può essere calcolato esattamente attraverso gli integrali di cammino (effettueremo tale calcolo solo per l’oscillatore armonico p-adico, ma il procedimento e il risultato sono molto simili) ed é dato da (scegliendo le unità di misura per cui m = ω = h = 1) (∞) Kt 2 x + y2 1 2 (x, y) = λ∞ (2 sin(t))|sin(t)|− ∞ exp 2πi (∞) K0 2 tan(t) − xy sin(t) (x, y) = δ∞ (x − y) (4.84) (4.85) La funzione λ∞ (a) è definita come 1 λ∞ (a) = √ (1 − isign(a)) 2 (4.86) Si può dimostrare che il propagatore soddisfa la seguente relazione ∞ Kt+t 0 (x, y) = Z Kt∞ (x, z)Kt∞ 0 (x, y) dz (4.87) R dalla quale discende immediatamente che l’operatore unitario U∞ (t) soddisfa la relazione di gruppo U∞ (t + t0 ) = U∞ (t)U∞ (t0 ) (4.88) Gli operatori U∞ (t) e W∞ (z) sono legati dalla relazione U∞ (t)W∞ (z) = W∞ (Tt z)U∞ (t) (4.89) Utilizzando la definizione di operatore evoluzione in termini di propagatore e la forma esplicita di quest’ultimo, si può dimostrare che le autofunzioni dell’oscillatore armonico trovate nella precedente sezione sono autofunzioni di U∞ (t) −i U∞ (t)φ∞ n (x) = e dove En∞ = n + 1 2 ω~. ∞t En ~ φ∞ n (x) (4.90) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 4.3 42 Oscillatore armonico quantistico p-adico In meccanica quantistica p-adica le variabili canoniche sono numeri p-adici e le funzioni d’onda sono a valori complessi. Dal momento che le funzioni d’onda e le loro variabili appartengono a differenti campi numerici la usuale quantizzazione (canonica) non funziona e non è possibile generalizzare l’equazione di Schrodinger al caso p-adico. Tuttavia una tale generalizzazione si può effettuare attraverso la rappresentazione di Weyl, che abbiamo precedentemente introdotto nel caso ordinario. Possiamo dire che la meccanica quantistica p-adica è data da una tripla L2 (Qp ), Wp (zp ), Up (tp ) (4.91) dove L2 (Qp ) è lo spazio di Hilbert p-adico, zp è un punto dello spazio delle fasi p-adico classico, Wp (zp ) è una rappresentazione unitaria del gruppo di Weyl-Heisenberg su L2 (Qp ) e Up (tp ) è l’operatore di evoluzione p-adico che realizza una rappresentazione unitaria su L2 (Qp ) del gruppo Gp . Analogamente al caso reale l’operatore Wp (z) soddisfa la relazione 1 (4.92) Wp (z)Wp (z 0 ) = χp B(z, z 0 ) Wp (z + z 0 ) 2 Wp (z)φ 4.3.1 (p) (x) = χp pq + px φ(p) (x + q) 2 (4.93) Il propagatore p-adico In questa trattazione seguiremo [2], [6] e [14]. L’operatore evoluzione p-adico è definito analogamente al caso reale, da 00 Up (t )φ (p) 00 0 00 00 Z Kp (x00 , t00 , x0 , t0 )φ(p) (x0 , t0 ) dx0 (x , t ) = φ(x , t ) = (4.94) Qp dove Kp (x00 , t00 , x0 , t0 ) è il propagatore p-adico e rappresenta l’ampiezza di probabilità per una particella di muoversi dal punto dello spazio-tempo (x0 , t0 ) al punto (x, t). Come abbiamo visto nel capitolo 3, in meccanica quantistica ordinaria si può scrivere K(x00 , t00 , x0 , t0 ) = Z i e ~ I[q] Dq (4.95) dove I[q] = tt0 L(q(t), q̇(t), t) dt è l’azione classica calcolata sul cammino q, l’integrale è un integrale di cammino e x00 = q(t00 ), x0 = q(t0 ). Ricordiamo che l’integrale di cammino i rappresenta una somma continua di ampiezze e ~ I[q] su tutti i possibili cammini q(t) che connettono x0 con x00 . Una diretta generalizzazione dell’integrale di cammino di Feynman per il propagatore p-adico Kp (x00 , t00 , x0 , t0 ), dove Kp è una funzione a valori complessi e x00 , t00 , x0 , t0 sono variabili p-adiche, è data da R Kp (x00 , t00 , x0 , t0 ) = Z i χp (− I[q]) Dq = ~ Z χp (− i ~ Z t t0 L(q(t), q̇(t), t) dt)) Dq (4.96) dove χp (a) è un carattere additivo p-adico che gioca il ruolo dell’esponenziale nel caso reale. La costante di Planck ~ cosi come il tempo t e la coordinata q con la sua R derivata, sono quantità che prendono valori in Qp . L’integrale tt0 L(q(t), q̇(t), t) dt è inteso come differenza tra le antiderivate di L(q(t), q̇(t), t) agli istanti finale t00 e iniziale CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 43 t0 . Dq = limN →∞ N i=1 dq(ti ) dove dq(ti ) è la misura di Haar p-adica introdotta nel primo capitolo. Dunque l’integrale di cammino p-adico è il limite per N → ∞ di un integrale multiplo di Haar. Vogliamo ora derivare il risultato esatto dell’integrale di cammino 4.96 nel caso generale di Lagrangiane L(q, q̇, t) che siano polinomi quadratici in q e q̇, poiché questo è il caso dell’oscillatore armonico. In generale una Lagrangiana quadratica può essere scritta nella forma Q L(q, q̇, t) = 1 ∂ 2 L0 2 ∂L0 ∂ 2 L0 ∂L0 1 ∂ 2 L0 ( q̇) + + L0 q̇ + q q̇ + q + 2 ∂ q̇ 2 ∂ q̇ ∂q∂ q̇ ∂q 2 ∂q 2 (4.97) dove l’indice 0 indica che l’espansione di L è attorno a q̇ = q = 0. L’equazione del moto di Eulero-Lagrange è d ∂ 2 L0 d ∂ 2 L0 ∂ 2 L0 q̈ + q̇ + ∂ q̇ 2 dt ∂ q̇ 2 dt ∂ q̇∂q ∂ 2 L0 ∂L0 d ∂L0 − q= − 2 ∂q ∂q dt ∂q (4.98) la cui soluzione generale è data da q ≡ x(t) = C1 x1 (t) + C2 x2 (t) + w(t) (4.99) dove x1 e x2 sono le soluzioni indipendenti dell’equazione omogenea mentre w è una soluzione particolare dell’equazione generale. Se imponiamo le condizioni al contorno x0 = x(t0 ) e x00 = x(t00 ) le costanti di integrazioni diventano (x0 − w0 )x002 − (x00 − w00 )x02 x002 x01 − x001 x02 00 (x − w00 )x01 − (x0 − w0 )x001 C2 ≡ C2 (t00 , t0 ) = x002 x01 − x001 x02 C1 ≡ C1 (t00 , t0 ) = (4.100) (4.101) Poiché C1 e C2 sono lineari in x00 e x0 la corrispondente azione classica S(x00 , t00 , x0 , t0 ) = R t00 00 0 t0 L(x, ẋ, t) dt è quadratica in x e x . Ora le fluttuazioni quantistiche portano ad una deviazione dalla traiettoria classica. Un qualsiasi cammino quantistico può essere scritto come q(t, α) = x(t) + αy(t) dove x(t) è il cammino classico, y(t) una funzione arbitraria con la condizione y(t0 ) = y(t00 ) = 0 e α è un parametro che utilizziamo per le variazioni. Consideriamo ora l’azione S come funzione del parametro α attraverso q(t). Vogliamo espandere tale funzione attorno al valore α = 0. Poiché l’azione è stazionaria lungo il cammino classico e poiché espandere l’azione attorno ad α = 0 significa espandere l’azione attorno al punto di minimo che si ha in corrispondenza di tale cammino, possiamo immediatamente dedurre che dS dα =0 (4.102) α=0 e dunque δS = dS dα α=0 (4.103) α=0 Calcoliamo ora la derivata seconda dell’azione S rispetto ad α. d2 S = dα2 = Z t00 ∂ ∂L(q(t, α), q̇(t, α), t t0 ∂α ∂α Z t00 2 ∂ L ∂q 2 t0 ∂q 2 ∂α dt = Z t00 ∂ ∂L ∂q t0 ∂α ∂q ∂α ∂ 2 L ∂q ∂ q̇ ∂L ∂ 2 q ∂ 2 L ∂ q̇ + + ∂q∂ q̇ ∂α ∂α ∂q ∂α2 ∂ q̇ 2 ∂α +2 ∂L ∂ q̇ dt ∂ q̇ ∂α + 2 (4.104) ∂L ∂ 2 q̇ dt ∂ q̇ ∂α2 (4.105) + CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 44 Tale derivata seconda calcolata in α = 0 si riduce ad 2 d S dα2 = Z t00 2 ∂ L t0 α=0 = ∂2L ∂2L y(t) + 2 ṫ(t)2 dt y(t) ẏ(t) + ∂q 2 ∂q∂ q̇ ∂ q̇ 2 2 Z t00 ∂ ∂ ẏ +y ∂ q̇ ∂q t0 (4.106) (2) L(q, q̇, t) dt (4.107) Si vede facilmente che, essendo la Lagrangiana quadratica, le derivate di ordine superiore al secondo dell’azione classica rispetto ad α, sono tutte nulle. Dunque l’azione calcolata lungo un cammino quantistico si può riscrivere in maniera esatta attraverso il suo sviluppo in serie di Taylor attorno al cammino classico, ovvero attorno ad α = 0 1 d2 S[q] 2 dα2 S[q] = S[x] + (α)2 (4.108) α=0 Ora possiamo porre z(t) = αy(t) ed ottenere δ2S = = 2 d S dα2 Z t00 α2 = t0 α=0 Z t00 ∂ ∂ ż +z ∂ q̇ ∂q t0 α2 ẏ ∂ ∂ +y ∂ q̇ ∂q (2) L(q, q̇, t) dt (4.109) (2) L(q, q̇, t) dt In conclusione si ha che l’azione calcolata su un cammino quantistico q(t) = x(t)+z(t) è Z t00 ∂ 1 S[q] = S[x] + δ 2 S[x] = 2 t0 ż ∂ q̇ +z ∂ ∂q (2) L(q, q̇, t) dt (4.110) Dunque 1 Kp (x , t , x , t ) = χp (− S[x]) h 00 00 0 0 1 − 2h Z χp Z t00 ∂ t0 ∂ ż +z ∂ q̇ ∂q (2) L(q, q̇, t) dt Dq (4.111) Ora per l’invarianza rispetto alle traslazioni della misura di Haar possiamo riscrivere Dq = lim N →∞ N Y d(x(ti ) + z(ti )) = Dz (4.112) n=1 In conclusione 1 Kp (x , t , x , t ) = χp (− S[x]) h 00 00 0 0 Z χp 1 − 2h Z t00 ∂ t0 ∂ ż +z ∂ q̇ ∂q (2) L(q, q̇, t) dt Dz (4.113) con la condizione z 00 = z 0 = 0. Osserviamo che il termine Z χp 1 − 2h Z t00 ∂ t0 ∂ ż +z ∂ q̇ ∂q (2) L(q, q̇, t) dt Dz (4.114) non dipende da x00 e x0 poiché le derivate della Lagrangiana che compaiono all’interno dell’integrale danno luogo a termini che non dipendono dal cammino classico x(t), essendo quest’ultima quadratica. Di conseguenza possiamo scrivere 1 Kp (x00 , t00 , x0 , t0 ) = Np (t00 , t0 )χp (− S[x]) h (4.115) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 45 Chiaramente il termine Np (t00 , t0 ) non dipende dal cammino poiché esso rappresenta un integrale su tutti i possibili cammini z(t). Ora gli integrali di cammino, attraverso i quali definiamo il propagatore, sia nel caso ordinario che nel caso p-adico soddisfano le seguenti proprietà Z Kp (x00 , t00 ; x, t)Kp (x, t; x0 , t0 ) dx = Kp (x00 , t00 ; x0 , t0 ) (4.116) Kp (x00 , t00 ; x0 , t0 )Kp (z, t00 ; x0 , t0 ) dx0 = δp (x00 − z) (4.117) Qp Z Qp Inserendo l’espressione per Kp (x00 , t00 ; x0 , t0 ) nella condizione (4.117) si ottiene |Np (t00 , t0 )|2 Z χp Qp 1 1 S(x00 , t00 ; x0 , t0 ) − S(z, t00 ; x0 , t0 ) dx0 = δp (x00 − z) h h (4.118) dove abbiamo utilizzato il fatto che χp è un carattere additivo. Dal fatto che, per quanto precedentemente dimostrato, le azioni classiche S(x00 , t00 ; x0 , t0 ) e S(z, t00 ; x0 , t0 ) dipendono quadraticamente (con gli stessi coefficienti) rispettivamente da (x00 , x0 ) e (z, t0 ) possiamo dedurre ∂ S(0, t00 , 0, t0 ) ∂z 1 ∂2 ∂2 + ((x00 )2 − z 2 ) 2 S(0, t00 , 0, t0 ) + (x00 − z)x0 00 0 S(0, t00 , 0, t0 ) 2 ∂z ∂x ∂x S(x00 , t00 ; x0 , t0 ) − S(z, t00 ; x0 , t0 ) = (x00 − z) (4.119) Sostituendo questo risultato nella 4.118 e utilizzando il risultato dell’esempio 9 nel capitolo della teoria dell’integrazione si ottiene 1 ∂ 1 ∂2 |Np (t , t )| χp (x00 − z) S(0, t00 , 0, t0 ) + ((x00 )2 − z 2 ) 2 S(0, t00 , 0, t0 ) h ∂z 2h ∂z 2 1 ∂ S(0, t00 , 0, t0 ) = δp (x00 − z) × δp (x00 − z) h ∂x00 ∂x0 00 0 2 Ora poiché x00 6= z e poiché δp (ax) = 1 |a|p δp (x) si trova che 1 1 ∂2 2 00 00 0 0 |Np (t , t )| = S(x , t ; x , t ) 00 0 h ∂x ∂x 00 (4.120) 0 (4.121) p La forma generale di Np (t00 , t0 ) è Np (t00 , t0 ) = |Np (t00 , t0 )|Ap (t00 , t0 ) (4.122) dove Ap (t00 , t0 ) è una funzione a valori complessi di t00 e t0 ∈ Qp , tale che |Ap (t00 , t0 )| = 1. Per determinare Ap (t00 , t0 ), utilizziamo la 4.116 e l’espansione in serie di Taylor dell’azione quadratica S(x00 , t00 , x0 , t0 ). Tale espansione al secondo ordine in x00 e x0 risulta essere esatta proprio perché l’azione è quadratica. S(x00 , t00 , x0 , t0 ) = S(0, t00 , 0, t0 ) + x00 1 00 ∂ ∂ + x + x0 0 2! ∂x00 ∂x ∂ ∂ + x0 0 S(0, t00 , 0, t0 ) 00 ∂x ∂x (2) 00 0 S(0, t , 0, t ) (4.123) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 46 Sostituendo queste espressioni nella 4.116 si ottiene Z K(x00 , t00 , x, t)K(x, t, x0 , t0 ) dx = |Np (t00 , t)Np (t, t0 )|Ap (t00 , t)Ap (t, t0 ) Qp × 1 χp − [S(x00 , t00 , x, t) + S(x, t, x0 , t0 )] dx h Qp (4.124) Z Utilizzando la 4.123 e il fatto che χp è un carattere additivo, si può riscrivere l’integrale come segue ∂ 1 ∂ S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 ) + x00 00 S(0, t00 , 0, t) + x0 0 S(0, t, 0, t0 ) h ∂x ∂x 2 2 1 ∂ 1 ∂ + (x00 )2 S(0, t00 , 0, t) + (x0 )2 S(0, t, 0, t0 ) 00 2 2 ∂(x ) 2 ∂(x0 )2 Z 1 ∂ × χp − x (S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 )) h ∂x Qp χp − (4.125) 1 ∂2 ∂2 x x00 00 S(0, t00 , 0, t) − x0 0 S(0, t, 0, t0 ) 2h ∂x ∂x ∂x ∂x 2 1 2 ∂ 00 0 − x [S(0, t , 0, t) + S(0, t, 0, t )] dx 2h ∂x2 − Ponendo ora 1 ∂2 [S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 )] 2h ∂x2 1 ∂ β=− (S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 )) h ∂x 2 2 1 00 ∂ 00 0 ∂ 0 − x S(0, t , 0, t) − x S(0, t, 0, t ) 2h ∂x00 ∂x ∂x0 ∂x α=− (4.126) (4.127) Si vede che l’integrale nella 4.125 è un integrale gaussiano la cui soluzione è Z χp (αx2 + βx) dx = λp (α)|2α|p−1/2 χp (− Qp β2 ) 4α (4.128) (vedi [23]) dove la funzione λp (a) è definita come segue λp (a) := 1, a0 p , i a0 , p λ2 (a) := dove a0 p ν = 2k, p 6= 2 ν = 2k + 1, p≡1 mod 4 ν = 2k + 1, p≡3 mod 4 √1 [1 + (−1)a1 i], 2 √1 (−1)a1 +a2 [1 2 + (−1)a1 i], ν = 2k ν = 2k + 1 è il simbolo Legendre (introdotto nella sezione funzioni elementari del capitolo 1) e k ∈ Z. λp (a) soddisfa le seguenti: λp (0) = 1, λp (a2 b) = λp (b), λp (a)λp (b) = λp (a + b)λp (a−1 + b−1 ). CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 47 Dunque affinché la 4.116 sia soddisfatta si deve avere |Np (t00 , t)Np (t, t0 )|Ap (t00 , t)Ap (t, t0 )|2α|p−1/2 λp (α) 1 ∂ ∂ × χp − S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 ) + x00 00 S(0, t00 , 0, t) + x0 0 S(0, t, 0, t0 ) h ∂x ∂x 2 2 (4.129) 1 ∂ 1 0 2 ∂ β2 00 0 + (x00 )2 S(0, t , 0, t) + (x ) S(0, t, 0, t ) χ − p 2 ∂(x00 )2 2 ∂(x0 )2 4α 1 = |Np (t00 , t0 )|Ap (t00 , t0 )χp − S(x00 , t00 , x0 , t0 ) h dove α e β sono definiti come sopra. Quest’ultima equazione può essere soddisfatta in diversi modi al variare di t, t0 , t00 , x0 e x00 e quindi non possiamo in teoria ricavarne una relazione per A(t00 , t0 ). In realtà si può dimostrare (non è affatto banale) che per Lagrangiane quadratiche e quindi per azioni quadratiche si ha 00 0 |Np (t , t)Np (t, t )||2α|p−1/2 1 1 1 ∂2 2 1 ∂2 2 00 00 0 0 = S(x , t ; x, t) S(x, t; x , t ) |2α|p−1/2 = 00 0 h ∂x ∂x h ∂x∂x p p 1 2 1 ∂2 00 00 0 0 S(x , t ; x , t ) = h ∂x00 ∂x0 p (4.130) e 1 ∂ ∂ S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 ) + x00 00 S(0, t00 , 0, t) + x0 0 S(0, t, 0, t0 ) h ∂x ∂x 2 2 1 00 2 ∂ 1 0 2 ∂ β2 00 0 + (x ) S(0, t , 0, t) + (x ) S(0, t, 0, t ) χp − 2 ∂(x00 )2 2 ∂(x0 )2 4α 1 = χp − S(x00 , t00 , x0 , t0 ) h χp − (4.131) dove in quest’ultimo caso l’uguaglianza deriva direttamente dall’uguaglianza degli argomenti. Di conseguenza A(t00 , t0 ) = A(t00 , t)A(t, t0 )λp (α) (4.132) Sempre nel caso di Lagrangiane e azioni quadratiche si può dimostrare che ∂2 ∂2 00 00 S(x , t , x, t) + S(x, t, x0 , t0 ) ∂x2 ∂x2 ∂2 ∂2 00 00 0 0 = −u S(x , t , x, t) + S(x, t, x , t ) ∂x00 ∂x ∂x∂x0 (4.133) e −1 ∂2 ∂2 0 0 00 00 0 0 + S(x, t, x , t ) = v S(x , t , x , t ) ∂x∂x0 ∂x00 ∂x0 (4.134) dove u e v per ogni particolare p hanno le seguenti espansioni −1 ∂2 S(x00 , t00 , x, t) ∂x00 ∂x u = 1 + u1 p + u2 p2 + . . . (4.135) v = 1 + v1 p + v2 p2 + . . . (4.136) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 48 Inoltre nel caso p = 2 si ha u1 = v1 = u2 = v2 = 0. Osserviamo quindi che le equazioni x2 = u e x2 = v ammettono soluzione per il lemma 1.5.1 del capitolo 1. Dunque avremo λp (ux) = λp (vx) = λp (x) (4.137) Ora considerando la 4.133, la 4.134, la 4.137 e le varie proprietà della funzione λp si trova 1 ∂2 1 ∂2 00 00 S(x , t , x, t) − S(x, t, x0 , t0 ) 2h ∂x2 2h ∂x2 1 ∂2 1 ∂2 00 00 0 0 = λp S(x , t , x, t) + S(x, t, x , t ) 2h ∂x00 ∂x 2h ∂x∂x0 1 ∂2 1 ∂2 0 0 00 00 S(x, t, x , t ) S(x , t , x, t) λp = λp 2h ∂x00 ∂x 2h ∂x∂x0 2h 2h × λp − ∂ 2 − ∂2 00 00 0 0 ∂x00 ∂x S(x , t , x, t) ∂x∂x0 S(x, t, x , t ) λp (α) = λp − 1 ∂2 1 ∂2 00 00 = λp S(x , t , x, t) λ S(x, t, x0 , t0 ) p 2h ∂x00 ∂x 2h ∂x∂x0 1 ∂2 00 00 0 0 × λp − S(x , t , x , t ) 2h ∂x00 ∂x0 (4.138) Sostituendo ora l’espressione per λp (α) nella 4.132 si ottiene 1 ∂2 1 ∂2 00 00 0 A(t , t)λp S(x , t , x, t) A(t, t )λ S(x, t, x0 , t0 ) p 2h ∂x00 ∂x 2h ∂x∂x0 ∂2 1 00 00 0 0 S(x , t , x , t ) = A(t00 , t0 )λp 2h ∂x00 ∂x0 00 (4.139) Si vede facilmente che la soluzione di tale equazione è A(t00 , t0 ) = λp − 1 ∂2 S(x00 , t00 , x0 , t0 ) 2h ∂x00 ∂x0 (4.140) In conclusione abbiamo dimostrato che l’integrale di cammino per Lagrangiane quadratiche è calcolabile esattamente e vale 00 00 0 0 K(x , t , x , t ) = λp 1 ∂ 2 S 1/2 1 1 ∂2S − | |p χp − S(x00 , t00 , x0 , t0 ) 00 0 00 0 2h ∂x ∂x h ∂x ∂x h (4.141) Nel caso dell’oscillatore armonico, per il quale consideriamo ω = m = h = 1, si dimostra, attraverso il calcolo della sua azione classica, che il propagatore p-adico tra un istante iniziale, che scegliamo per convenzione uguale a 0, e l’istante t, e tra i punti x e y è dato da K(x, t, y, 0) ≡ (p) Kt (x, y) = 1 2 λp (2t)|t|− p χp xy x2 + y 2 − , sin(t) 2 tan(t) Si può dimostrare inoltre che (p) K0 (x, y) = δp (x − y) dove δp (x − y) è l’analogo p-adico della delta di Dirac. t ∈ Gp \{0} (4.142) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 49 (p) Ora vogliamo verificare che l’operatore Up (t) e il propagatore Kt (x, y) soddisfano le relazioni di gruppo Up (t + t0 ) = Up (t)Up (t0 ) Z (p) (4.143) (p) Kt+t0 (x, y) = (p) Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz (4.144) Qp Per provare le due relazioni si utilizza il risultato noto Z 1 2 χp (αx2 + βx) dx = λp (α)|2α|− p χp − Qp β2 , 4α α 6= 0 (4.145) e le proprietà di λp (a) Dimostrazione. Z (p) 1 (p) 1 −2 2 0 Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz = λp (2t)λp (2t0 )|t|− p |t |p Qp × Z χp Qp xz zy x2 + z 2 z2 + y2 χp dz − − sin(t) 2 tan(t) sin(t0 ) 2 tan(t0 ) y2 x2 − 2 tan(t) 2 tan(t0 ) Z 1 1 x y 2 × χp z − − +z + dz 2 tan(t) 2 tan(t0 ) sin(t) sin(t0 ) Qp 1 2 = λp (2t)λp (2t0 )|tt0 |− p χp − x2 y2 − = λp (2t)λp (2t − 2 tan(t) 2 tan(t0 ) 1 1 1 1 1 2 − |− − |− × λp − p 0 0 2 tan(t) 2 tan(t ) tan(t) tan(t ) 0 1 2 )|tt0 |− p χp 1 x y + 2 sin(t) sin(t0 ) × χp 2 1 1 − tan(t) tan(t0 ) −1 (4.146) Ora utilizziamo i due seguenti risultati: λp (ac2 ) = λp (a) e λp (2 tan(t)) = λp (2t). La seconda relazione è valida poiché λp (2 tan(t)) = λp (2 sin(t) sin(t) ) = λp (2 t) = λp (2t) cos(t) t cos(t) (4.147) dove l’ultima uguaglianza deriva dal fatto che, come abbiamo dimostrato nel primo capitolo nella sezione delle funzioni analitiche, le funzioni sin(t) e cos(t) sono quadrati di t funzioni in Gp . A questo punto si ottiene λp (2t)λp (2t0 )λp − 1 1 − 2 tan(t) 2 tan(t0 ) = λp (2 tan(t))λp (2 tan(t0 )) × λp 1 1 − − 2 tan(t) 2 tan(t0 ) (4.148) Dalle proprietà λp (0) = 1 e λp (a)λp (b) = λp (a + b)λp (a−1 + b−1 ) deriva che (semplice da dimostrare) λp (a)λp (−a) = 1 e quindi λp (−a) = (λp (a))−1 . Applicando queste tre uguaglianze si ottiene λp (2 tan(t))λp (2 tan(t0 ))λp − 1 1 − 2 tan(t) 2 tan(t0 ) = λp (2 tan(t) + 2 tan(t0 )) (4.149) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 50 Ora per la validità delle relazioni trigonometriche standard anche nel caso delle funzioni p-adiche si ha λp (2 tan(t) + 2 tan(t0 )) = λp (2 tan(t + t0 )(1 − tan(t) tan(t0 )) = λp (2(t + t0 )( (4.150) cos(t + t0 ) ) = λp (2(t + t0 )) cos(t) cos(t0 ) (4.151) Tornando quindi all’integrale si ottiene Z (p) 1 (p) 2 Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz = λp (2(t + t0 ))|tt0 |− p |− Qp × χp − 1 1 1 − |p− 2 0 tan(t) tan(t ) x2 1 x y2 y χp − + 0 2 tan(t) 2 tan(t ) 2 sin(t) sin(t0 ) 2 1 1 − tan(t) tan(t0 ) −1 (4.152) Vale la seguente uguaglianza |− 1 tan(t) + tan(t0 ) − 1 1 − 12 = | − | |p 2 p tan(t) tan(t0 ) tt0 (4.153) poiché, facendo riferimento al capitolo 1, |tan(t)|p = |t|p . Inoltre |tan(t) + tan(t0 )|p = |tan(t + t0 )(1 − tan(t) tan(t0 ))|p (4.154) 0 (4.155) 0 = |t + t |p |1 − tan(t) tan(t )|p Ora, essendo la norma p-adica della tangente minore o uguale a p1 , in quanto |tan(t)|p = |t|p e |t|p ≤ p1 , allora la norma p-adica di tan(t) tan(t0 ) é minore o uguale a p12 . Dunque poiché la norma di 1 è uguale a 1 si ha che nella disuguaglianza triangolare forte vale il segno di uguaglianza cioè |1 − tan(t) tan(t0 )|p = max(|1|p , |tan(t) tan(t0 )|p ) = 1. Allora |− 1 t + t0 − 1 1 − 12 − | = | | 2 p tan(t) tan(t0 ) tt0 p (4.156) e l’integrale si semplifica ulteriormente Z (p) (p) Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz 0 = λp (2(t + t ))|t + 1 2 t0 |− p χp Qp 1 x y + 2 sin(t) sin(t0 ) × χp x2 y2 − − 2 tan(t) 2 tan(t0 ) 2 1 1 − tan(t) tan(t0 ) −1 (4.157) Per quanto riguarda il termine χp y2 1 x y x2 − χp + − 0 2 tan(t) 2 tan(t ) 2 sin(t) sin(t0 ) 2 1 1 − tan(t) tan(t0 ) −1 (4.158) si può verificare con qualche passaggio che esso è uguale a χp xy x2 + y 2 − sin(t + t0 ) 2 tan(t + t0 ) (4.159) In conclusione si ha quindi Z (p) (p) (p) Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz = Kt+t0 (x, y) Qp (4.160) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 51 Da ciò discende immediatamente che Up (t + t0 ) = Up (t)Up (t0 ) (4.161) Si può dimostrare infine che Up (t) è un operatore unitario. Questi risultati ci permettono di affermare che Up (t) è effettivamente una rappresentazione unitaria del gruppo Gp e dunque una generalizzazione p-adica dell’operatore evoluzione quantistico nel caso ordinario. Gli operatori Up (t) e Wp (z) sono legati come nel caso reale dalla relazione Up (t)Wp (z) = Wp (Tt z)Up (t) 4.3.2 (4.162) Analisi spettrale dell’operatore evoluzione Discutiamo ora il problema spettrale per un oscillatore armonico p-adico. Nella meccanica quantistica ordinaria si studiano le proprietà spettrali dell’operatore Hamiltoniano. In meccanica quantistica p-adica tuttavia non esiste un corrispondente operatore Hamiltoniano p-adico, dunque le proprietà spettrali dovrebbero essere espresse in termini del gruppo U (t). Consideriamo dapprima il caso reale. Sia U (t) l’operatore evoluzione, che definisce una rappresentazione unitaria del gruppo additivo dei numeri reali R. La decomposizione della rappresentazione U (t) in una rappresentazione irriducibile ha la forma L2 (R) = ⊕∞ (4.163) n=0 Hn dove i sottospazi invarianti sono generati dai polinomi di Hermite. La corrispondente equazione per le autofunzioni è U (t)ψ = eiωn t ψ, ψ ∈ Hn (4.164) Gli ωn sono gli autovalori dell’oscillatore armonico, che si interpretano come livelli energetici. Analogamente, lo studio delle proprietà spettrali dell’oscillatore armonico p-adico è connesso con il problema della decomposizione in rappresentazioni irriducibili di una rappresentazione unitaria di un gruppo Gp . La soluzione di questo problema si divide nei seguenti steps (i) descrivere i caratteri del gruppo Gp (ii) calcolare la dimensione dei sottospazi invarianti (iii) trovare una espressione esplicita per le autofunzioni dell’operatore evoluzione U (t) Prima di calcolare gli autovalori e le autofunzioni abbiamo bisogno di qualche risultato proveniente dalla teoria armonica (vedi [10] e [23]). Sia G un gruppo abeliano compatto. Dalla proposizione 2.1.3 sappiamo che Ġ è discreto. Numeriamo i caratteri con un set di indici I cosicché si possa scrivere Ġ = {χα : α ∈ I}. Il nostro obiettivo è dividere lo spazio di Hilbert L2 (G) in una somma ortogonale L diretta L2 (G) = α∈I Hα e definire la proiezione su ogni Hα . Le proiezioni sono definite come integrali a valori vettoriali. CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 52 Definizione 4.3.1 (Integrale a valori vettoriali). Sia E uno spazio vettoriale topologico (cioè uno spazio vettoriale dotato di una topologia compatibile con la struttura di spazio vettoriale nel senso che le operazioni di somma e prodotto per uno scalare sono continue in tale topologia) localmente convesso, e sia E ∗ lo spazio dei funzionali lineari continui su E . Inoltre sia (X, µ) uno spazio di misura. Una funzione F : X → E è detta debolmente integrabile se φ ◦ F ∈ L1 (X) per ogni φ ∈ E ∗ . Se F è debolmente integrabile ed esiste v ∈ E tale che Z φ(v) = φ ◦ F (x) dµ(x) (4.165) X per ogni φ ∈ E ∗ allora v è detto integrale di F e si scrive Z v= F (x) dµ(x) (4.166) Lemma 4.3.1. Siano E e (X, µ) come nella definizione precedente. Sia F : X → E R debolmente integrabile e assumiamo che v = F (x) dµ(x) esista. Sia E 0 uno altro spazio vettoriale topologico localmente convesso e sia T : E → E 0 una mappa continua (nel senso della topologia dei due spazi). Allora T ◦ F è debolmente integrabile e Z Tv = T Z F (x) dµ(x) = T ◦ F (x) dµ(x) (4.167) Dimostrazione. Sappiamo che φ ◦ T ∈ E ∗ se φ ∈ (E 0 )∗ poiché T è una mappa continua e dunque anche φ ◦ T è continua. Questo mostra direttamente che T ◦ F è debolmente integrabile; infatti poiché φ ◦ T ∈ E ∗ per ogni φ ∈ (E 0 )∗ , e poiché F e debolmente integrabile allora tutte le funzioni del tipo φ ◦ T ◦ F sono in L1 (X) da cui il risultato. Poiché abbiamo assunto che Z ψ(v) = ψ ◦ F (x) dµ(x) (4.168) φ ◦ T ◦ F (x) dµ(x) (4.169) per ogni ψ ∈ E ∗ , allora si ottiene che φ ◦ T (v) = per ogni φ ∈ (E 0 )∗ , e dunque T v = R Z T ◦ F (x) dµ(x). Abbiamo bisogno di sapere quando v esiste, e in tal caso se esso è unico, per una fissata funzione F : X → E . A proposito enunciamo il seguente Lemma 4.3.2. Sia E uno spazio vettoriale topologico localmente convesso. Dati due distinti vettori x e y in E , esiste un funzionale continuo χ tale che χ(x) 6= χ(y). Da tale lemma discende immediatamente che Proposizione 4.3.1. Se il vettore v = R F (x) dµ(x) esiste, allora esso è unico. L’esistenza è più difficile da provare. A proposito enunciamo il seguente teorema Teorema 4.3.1. Sia E uno spazio di Banach (che è uno spazio vettoriale topologico localmente convesso) e µ una misura di Radon su uno spazio di Hausdorff localmente compatto X. Se g è una funzione in L1 (X), e H : X → E una funzione continua e limitata (limitata nel senso che l’estremo superiore delle norme dei vettori immagine è R finito), allora l’integrale a valori vettoriali gH(x) dµ(x) esiste e si ha Z Z gH(x) dµ(x) ≤ sup kH(x)k |g(x)| dµ(x) x∈X (4.170) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 53 Sia ora U una rappresentazione unitaria fortemente continua del gruppo G, e sia H il corrispondente spazio di Hilbert. L’operatore di proiezione Pα è definito come Z χα (g)U (g) dµ(g) Pα = (4.171) G L’esistenza di questo integrale non discende immediatamente dal teorema precedente, poiché si è assunto solo che U è continuo nella topologia operatoriale forte, e B(H) (insieme degli operatori lineari limitati su H) non costituisce uno spazio di Banach in questa topologia (per una definizione di topologia operatoriale forte vedi [11]). Comunque possiamo usare il teorema per definire l’integrale puntualmente. Infatti per ogni v ∈ H, fissato, la funzione g → U (g)v è una funzione limitata e continua da G in H che soddisfano le ipotesi del teorema 4.3.1. Dunque l’equazione precedente è da intendere nel senso seguente Z Pα v = χα (g)U (g)v dµ(g), v∈H (4.172) G Per il teorema inoltre si ha kPα vk ≤ supkU (g)vk Z 1 dµ(g) = kvk (4.173) G g∈G poiché U (g) è un operatore unitario e la misura supposta essere normalizzata su G. Dunque Pα è un operatore limitato. Dobbiamo dimostrare ora che tale operatore è un operatore di proiezione, cioè che Pα† = Pα e Pα Pβ = Pα δαβ . Utilizzando la definizione di integrale a valori vettoriali e la sostituzione h = g −1 , si ha Z (v, Pα w) = (Pα w, v) = χα (g)(U (g)w, v) dµ(g) G Z Z χα (g)(U (g)w, v) dµ(g) = = ZG χα (h)(U † (g)v, w) dµ(g) = = χα (h)(v, U (g)w) dµ(g) ZG (4.174) χα (h)(U −1 (g)v, w) dµ(g) G ZG χα (h)(U (h)v, w) dµ(h) = (Pα v, w) = G Dunque Pα è autoaggiunto. (Nella precedente serie di uguaglianze abbiamo utilizzato il fatto che U è una rappresentazione unitaria e quindi U † (g) = U −1 (g) per ogni g). Si dimostra facilmente che se Pα u = 0 per ogni α ∈ I, allora u = 0; si ha inoltre Z U (h)Pα v = U (h) χα (g)U (g)v dµ(g) G Z Z χα (g)U (g + h)v dµ(g) = = G χα (g 0 − h)U (g 0 )v dµ(g 0 ) G Z = χα (−h) χα (4.175) (g 0 )U (g 0 )v dµ(g 0 ) G = χα (h)Pα v dove abbiamo utilizzato la seguente proprietà dei caratteri additivi (vedi capitolo 1 sezione: caratteri additivi su Qp ) χα (g) = χα (−g). Quindi si vede che i sottospazi Pα H sono invarianti rispetto alla rappresentazione unitaria U . Ora possiamo constatare che Z Pβ Pα v = ZG = G χβ (g)U (g)Pα v dµ(g) (4.176) χβ (g)χα (g)Pα v dµ(g) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 54 Ricordando la definizione di integrale a valori vettoriali si ha che Pβ Pα v è l’unico vettore di H per v fissato, tale che Z φ(Pβ Pα v) = ZG = G φ ◦ χβ (g)U (g)(Pα v) dµ(g) (4.177) φ ◦ χβ (g)χα (g)(Pα v) dµ(g) per ogni φ funzionale lineare continuo su H. Poiché v è fissato, anche Pα v è fissato (inoltre,R grazie al teorema 4.3.1 e alla proposizione 4.3.1, tale vettore, definito da Pα v = G χα (g)U (g)v dµ(g), esiste ed è unico) e possiamo portare fuori dall’integrale il termine φ(Pα v). Ora poiché i caratteri additivi sono ortonormali (vedi capitolo 2) si ha che φ(Pβ Pα v) è uguale a zero, per ogni φ se α 6= β. Allora Pβ Pα v) deve necessariamente essere il vettore nullo. In conclusione Pβ Pα = Pα δαβ . Questo significa che i sottospazi Pα H oltre ad essere invarianti rispetto alla rappresentazione U sono anche ortogonali. Infatti dati v e w vettori appartenenti rispettivamente ai sottospazi Pα H e Pβ H si ha (v, w) = (Pα v, Pβ w) = (v, Pα† Pβ w) = (v, Pα Pβ w) = (v, 0) = 0 (4.178) In conclusione possiamo scomporre lo spazio di Hilbert H come somma ortogonale di sottospazi invarianti rispetto alla rappresentazione U H= M Hα (4.179) α∈I dove Hα = Pα H. Infine possiamo scrivere U (g) = X χα (g)Pα (4.180) α∈I Il nostro prossimo obiettivo è trovare la dimensione degli spazi Hα nel caso in cui U sia una rappresentazione unitaria del gruppo Gp = {t ∈ Qp : |t|p ≤ p−1 } per p = 6 2 −2 2 2 (G2 = {t ∈ Qp : |t|2 ≤ 2 ), e H = L (Gp ), nello spazio L (Gp ), cioè nel caso in cui U sia l’operatore evoluzione p-adico. Per ciò che abbiamo precedentemente dimostrato tutti gli autovalori dell’operatore U (g) devono essere della forma χα (g). I caratteri del generico gruppo Bγ sono stati studiati nel primo capitolo e abbiamo visto che Gp coincide con B−1 per p ≥ 3 e con B−2 per p = 2. Abbiamo già dimostrato che esiste un isomorfismo algebrico e topologico tra il gruppo additivo Qp e il gruppo dei suoi caratteri. Tuttavia quando andiamo a considerare un sottogruppo additivo di Qp , nel nostro caso Gp , non è detto che due caratteri diversi di Qp differiscano in esso. Sappiamo infine che i caratteri di Qp e dei suoi sottogruppi hanno la forma χ(t) = χp (αt) = e2πi{αt} (4.181) Nel caso in cui consideriamo Qp , ad ogni α ∈ Qp corrisponde un carattere diverso. Si può dimostrare che nel caso si consideri il sottogruppo Gp i caratteri sono individuati da un set discreto di valori α ∈ Ip (infatti Gp è un gruppo abeliano compatto e dunque il suo duale di Pontryagin è discreto) e che per p 6= 2, tali valori sono dati da ( α= 0 p−γ (a0 + a1 p + · · · + aγ−2 pγ−2 ) (4.182) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 55 dove γ = 2, 3, 4, . . . , 0 ≤ aj ≤ p − 1, a0 6= 0. Per p = 2 si ha ( α= 0 2−γ (1 + a1 2 + a2 22 + · · · + aγ−3 2γ−3 ) (4.183) dove γ = 3, 4, . . . , aj = 0, 1. Come si può osservare, a conferma di quanto detto precedentemente, aggiungere ulteriori termini ad α non modifica il carattere 4.181 Poiché stiamo utilizzando la misura di Haar su Qp , normalizzata come segue R Zp dµ(x) = 1, si ha che la misura di Gp è data da ( 1/2, per p 6= 2 1/4, per p = 2 µp (Gp ) = (4.184) Inoltre poiché la proiezione deve essere normalizzata, la ridefiniamo come segue Pα = (µp (Gp ) −1 Z χα (t)U (t) dµp (t) Gp = (µp (Gp ))−1 (4.185) Z χp (−αt)U (t) dµp (t) Gp Diamo ora la seguente utile definizione Definizione 4.3.2 (Traccia di un operatore). Sia H uno spazio di Hilbert separabile, e sia {ei } una base ortonormale per H. La traccia di un operatore lineare limitato A è definita come ∞ T r(A) = X (Aei , ei ) (4.186) i0 Se l’operatore A è un elemento positivo (cioè (Ax, x) ≥ 0 per ogni x ∈ H) della C ∗ -algebra degli operatori lineari e limitati (per una definizione di C ∗ -algebra vedi [21]), allora la precedente somma converge (al finito o all’infinito) ed è indipendente dalla scelta della base. Osserviamo che gli operatori di proiezione Pα sono positivi. Infatti (Pα x, x) = (Pα Pα x, x) = (Pα x, Pα† x) = (Pα x, Pα x) ≥ 0 per ogni x ∈ H. Proposizione 4.3.2. Per ogni α ∈ Ip dim Hα = T r(Pα ) (4.187) Questo risultato si dimostra immediatamente, scegliendo opportunamente la base in H. Teorema 4.3.2. Gli spazi Hα hanno le seguenti dimensioni: se p ≡ 1 mod 4 allora dim Hα = ∞ per ogni α ∈ Ip . Se p ≡ 3 mod 4 allora dim Hα = 1, p + 1, 0, α=0 |α|p = pγ e γ 6= 0 è pari altrimenti (4.188) Se p = 2 allora dim Hα = 2, 4, 0, α = 0 o |α|2 = 23 |α|2 ≥ 24 e a1 = 1 altrimenti (4.189) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 56 Dimostrazione. Diamo la dimostrazione del teorema solo per p 6= 2. Per dimostrare questo teorema utilizziamo la proposizione 4.3.2, dunque il nostro obiettivo è calcolare T r(Pα ). Si può dimostrare che se A è un operatore positivo della C ∗ -algebra degli operatori lineari limitati e (Tn ) una successione di operatori positivi della stessa C ∗ algebra che converge nella topologia forte all’operatore identità allora lim (Tn ATn ) = T r(A) n→∞ (4.190) Definiamo il seguente operatore limitato positivo ωn in L2 (Q − p): ωn ψ(x) = Ω(p−n |x|p )ψ(x), ψ ∈ L2 (Qp ) (4.191) dove ( Ω(a) := 0≤a≤1 a>1 1, 0, (4.192) Poiché Ω(p−n |x|p ) → 1 uniformemente su ogni sottoinsieme compatto di Qp , si ha che ωn → E nella topologia operatoriale forte (E è l’operatore identità). Dunque si ha che T r(Pα ) = lim T r(ωn Pα ωn ) n→∞ (4.193) Ora un noto teorema afferma che ogni operatore lineare limitato è anche continuo. Dunque gli operatori ωn sono mappe continue di L2 (Qp ) in L2 (Qp ). Applicando allora il lemma 4.3.1 e la definizione di Pα , possiamo scrivere −1 Z ωn Pα ωn = (µp (Gp )) χp (−αt)ωn U (t)ωn dµp (t) (4.194) Gp Inoltre T r(ωn Pα ωn ) = (µp (Gp ))−1 Z χp (−αt)T r(ωn U (t)ωn ) dµp (t) (4.195) Gp Analizziamo ora l’operatore ωn U (t)ωn . Osserviamo innanzitutto che tale operatore è continuo e limitato perché prodotto di operatori continui e limitati. Ricordando la definizione dell’operatore U (t) in termini del propagatore si ha che 0 (ωn U (t, t )ωn )ψ(x, t) = Ωn (p −n |x|p ) Z K(x, t, x0 , t0 )Ω(p−n |x0 |p )ψ(x0 , t0 ) dµ(x) Qp Z = Ωn (p−n |x|p )K(x, t, x0 , t0 )Ω(p−n |x0 |p )ψ(x0 , t0 ) dµ(x) Qp Z = |x0 |p ≤pn Ωn (p−n |x|p )K(x, t, x0 , t0 )Ω(p−n |x0 |p )ψ(x0 , t0 ) dµ(x) (4.196) Ora possiamo riscrivere questo operatore in forma integrale prendendo come suo Kernel (equivalente del propagatore dell’operatore evoluzione), la funzione K (x, t, x0 , t0 ) = Ωn (p−n |x|p )K(x, t, x0 , t0 )Ω(p−n |x0 |p ) (4.197) Tale funzione, per fissati t e t0 , è continua nell’insieme compatto K × K, dove K = {x ∈ Qp : |x|p ≤ pn }. (Ciò deriva dalla continuità del propagatore dell’operatore evoluzione in x e x0 , e dal fatto che in tale insieme le funzioni Ω valgono 1). Ora per un risultato fondamentale che non dimostreremo si ha che: dato un operatore integrale su L2 (K), CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 57 dove K è un compatto sul quale è definita una misura dx, con Kernel A(x, y) continuo sull’insieme compatto K × K, allora la traccia di A è data da Z T r(A) = A(x, x)dx (4.198) K Applicando tale risultato all’operatore ωn U (t, t0 )ωn e ricordando la forma del propagatore dell’operatore evoluzione dell’oscillatore armonico p-adico, si ottiene Z 0 T r(ωn U (t, t )ωn ) = |x|p ≤pn Z Ωn (p−n |x|p )K(x, t, x, t0 )Ω(p−n |x|p ) dµ(x) (4.199) K(x, t, x, t0 ) dµ(x) = |x|p ≤pn Ora per semplificare la notazione supponiamo che t0 = 0, cioè l’istante al quale è dato lo stato iniziale è sempre preso come origine dei tempi. Allora possiamo riscrivere K(x, t, x, t0 ) = Kt (x, x) = λp (t)|t|−1/2 χp (2x2 tan( 2t ). Inserendo questa espressione p nell’integrale precedente si ottiene T r(ωn U (t)ωn ) = λp (t)|t|−1/2 p Z |x|p ≤pn t χp (2x2 tan( ) dµp (x) 2 (4.200) Ora ponendo tan( 2t ) = a l’integrale si riduce ad un integrale noto, che può essere calcolato, (vedi [23]). t χp (2x tan( ) dµp (x) = 2 |x|p ≤pn Z ( 2 pn , λp (t)|t|p−1/2 , |t|p ≤ p−2n |t|p ≥ p−2n (4.201) In conclusione ( T r(ωn U (t)ωn ) = λp (t)|t|p−1/2 pn , λp (t)|t|p−1/2 , |t|p ≤ p−2n |t|p ≥ p−2n (4.202) Sostituendo nella 4.195 si ottiene T r(ωn Pα ωn ) = p n+1 Z |t|p ≤p−2n λp (t)|t|−1/2 χp (−αt) dµ(t) p Z +p p−2n+1 ≤|t|p ≤p−1 (4.203) λ2p (t)|t|p χp (−αt) dµ(t) Questi due integrali possono essere calcolati per i vari valori di α (per il calcolo esplicito vedi [23]). Il teorema segue prendendo il limite per n → ∞. Dal teorema precedente la seguente Proposizione 4.3.3. Gli autovalori dell’operatore evoluzione U (t) sono della forma χp (αt) dove α = 0 o α = p−γ (a0 + a1 p + · · · + aγ−2 pγ−2 ) (4.204) dove a0 6= 0, 0 ≤ aj ≤ p − 1 e γ = 2, 3, 4, . . . per p ≡ 1 mod 4, γ = 2, 4, 6, . . . per p ≡ 3 mod 4. Per p = 2 (4.205) α = 0 o α = 2−γ (1 + a1 2 + · · · + aγ−3 2γ−3 ) dove aj = 0, 1, γ = 3, 4, 5, . . . e a1 = 1 per |α|2 ≥ 24 . Indichiamo il set di valori di α con Jp . CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 58 I valori in Jp possono essere interpretati come "livelli energetici" dell’oscillatore p-adico. Ora che abbiamo trovato gli autovalori e le dimensioni dei relativi autospazi, dell’operatore evoluzione, possiamo dedicarci al calcolo delle autofunzioni. Effettueremo il calcolo per p ≡ 1 mod 4. Per il caso p ≡ 3 mod 4 e p = 2 vedi [10] e [23]. Si può dimostrare che nel caso p ≡ 1 mod 4 il campo Qp contiene un elemento τ tale che τ 2 = −1. Per calcolare le autofunzioni dell’operatore evoluzione dobbiamo effetuare una trasformazione unitaria che ci permette di passare ad una nuova rappresentazione (chiamata rappresentazione J ) nella quale l’operatore evoluzione agisce in maniera molto semplice. Tale trasformazione è individuata dall’operatore J , che per una funzione di Schwartz-Bruhat, f , è definita come J [f ](x) = Z χp Qp τ τ x − z 2 + 2xz f (z) dµp (z) 2 2 (4.206) Tale trasformazione si estende alle funzioni di L2 con l’usuale processo di limite, nel senso della norma di L2 , di successioni di funzioni test che come sappiamo sono dense in L2 . Proposizione 4.3.4. L’operatore J è un operatore unitario in L2 (Qp ) e mappa D(Qp ), cioè l’insieme delle funzioni test o funzioni di Schwartz-Bruhat, in se stesso. Dimostrazione. Si vede che τ J [f ](x) = χp (τ x2 )F f (z)χp − z 2 2 (2x) (4.207) dove F è la trasformata di Fourier p-adica. Si vede che il membro di destra è la composizione di tre operatori unitari e dunque J è un operatore unitario. Ci si accorge facilmente, ricordando che D(Qp ) è invariante rispetto alla trasformata di Fourier, che ogni funzione test viene mandata in una funzione test. Ora vogliamo vedere come agisce l’operatore evoluzione in questa nuova rappresentazione. A tal proposito vale il seguente Teorema 4.3.3. Sia p ≡ 1 mod 4. Allora per ogni funzione f in L2 (Qp ) si ha U (t)J [f ](x) = J [f (e−τ t z)](x), |t|p ≤ p−1 (4.208) Dimostrazione. Supponiamo dapprima che f ∈ D(Qp ), cosicché per la proposizione 4.3.4, J [f ] ∈ D(Qp ). Supponiamo inoltre che, essendo f (z) e J [f (z)](y) a supporto compatto, f (z) = 0 per |z|p > pN e J [f ](y) = 0 per |y|p ≥ pM . Ricordando l’espressione integrale dell’operatore evoluzione in termini di propagatore si ha U (t)J [f ](x) = λp (t) |t|1/2 p x2 − tan(t) χp Z × f (z)χp Qp = × λp (t) χ − 1/2 p |t|p |y|p <pM χp χp Qp y2 2xy − + tan(t) sin(t) τ τ y − z 2 + 2yz 2 2 x2 tan(t) Z Z Z dydz τ f (z)χp − z 2 2 |z|p ≤pN 1 τ− y2 + tan(t) (4.209) 2x + 2z y dydz sin(t) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 59 Consideriamo ora l’integrale interno ed effettuiamo la sostituzione a=τ− Allora 1 , tan(t) b= 2x + 2z sin(t) (4.210) τ sin(t) − cos(t) = 1 >1 |a|p = sin(t) |t|p p (4.211) poiché |τ sin(t) − cos(t)|p = |e−τ t |p = 1 e |sin(t)|p = |t|p , per quanto visto nel primo capitolo, sezione "funzioni elementari". L’ultima disuguaglianza è giustificata dal fatto che |t|p ≤ p−1 . Ora utilizziamo il seguente integrale gaussiano Z 2 χp (ax + bx) dx = Bγ pγ Ω(pγ |b|p ), |a|p p2γ ≤ 1 2 −1/2 b χp − 4a Ω p−γ | ab | , λp (a)|a|p |a|p p2γ > 1 (4.212) Si vede subito che nel nostro caso il valore dell’integrale è dato dalla seconda espressione, dove l’argomento della funzione Ω è | ab |p p−M . Consideriamo ora tale argomento. Vale la seguente uguaglianza b b | |p p−M = | |p p−M (4.213) a 2a poiché |2|p = 1 per p 6= 2 come nel caso che stiamo considerando. Inoltre x + z sin(t) −M b p | |p p−M = = p−M |x + z sin(t)|p 2a τ sin(t) − cos(t) p (4.214) Ora osserviamo che U (t)J [f ] non dipende da M , cioè M può essere scelto in maniera arbitraria per valori sufficientemente grandi. Allora per ogni fissato x possiamo scegliere sempre M sufficientemente grande, in modo tale che p−M |x + z sin(t)|p ≤ 1 (4.215) Infatti p−M |x + z sin(t)|p ≤ p−M |x|p + p−M |z sin(t)|p = p−M |x|p + p−M |z|p |t|p , dove |z|p ≤ pN , |t|p ≤ p−1 . (Abbiamo utilizzato il fatto che |sin(t)|p = |t|p ). b In conclusione possiamo considerare Ω(| 2a |p p−M = Ω(p−M |x + z sin(t)|p ) = 1. Vediamo inoltre che poiché cos(t) − τ sin(t) = e−τ t e poiché per quanto visto nel primo capitolo la funzione ex con |x|p ≤ p−1 è il quadrato di una funzione, possiamo scrivere cos(t) − τ sin(t) = c2 , per un qualche c ∈ Qp . Dunque si ha cos(t) − τ sin(t) sin(t) 1 = λp − = λp (−t) t λp (a) = λp − = λp − 1 sin(t) (4.216) dove abbiamo utilizzato la seguente proprietà della funzione λp : λp (c2 x) = λp (x) e il fatto che anche la funzione: sin(t) é il quadrato di una funzione. t Da questi risultati si ottiene Z |y|p <pM χp 1 τ− y2 + tan(t) (z + x )2 sin(t) 2x λp (−t) sin(t) + 2z y dy = −1/2 χp sin(t) τ sin(t) − cos(t) |t|p (4.217) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 60 Dunque 1 1 U (t)J [f ](x) = χp x − + tan(t) sin(t)(cos(t) − τ cos(t)) Z τ 2 z 2 sin(t) + 2xz × f (z)χp − z + dz 2 cos(t) − τ sin(t) Qp 2 (4.218) (abbiamo sfruttato la proprietà λp (−x)λp (x) = 1). Ricordando che τ 2 = −1 si trova − 1 1 − cos(t)(cos(t) − τ sin(t)) + 1 + = tan(t) sin(t)(cos(t) − τ sin(t)) sin(t)(cos(t) − τ sin(t)) −cos2 (t) + τ cos(t) sin(t) + cos2 (t) + sin2 (t) = sin(t)(cos(t) − τ sin(t)) 1 τ (cos(t) + τ1 sin(t)) τeτ t = = −τ t cos(t) − τ sin(t) e 1 = τ e( τ +τ )t = τ e τ 2 +1 t τ =τ (4.219) Inoltre sin(t) −τ cos(t) − sin(t) + 2 sin(t) τ = − + 2 cos(t) − τ sin(t) 2(cos(t) − τ sin(t)) −τ cos(t) + sin(t) = 2(cos(t) − τ sin(t)) (4.220) τ cos(t) − τ1 sin(t) =− 2 cos(t) − τ sin(t) τ (− 1 +τ )t τ =− e τ = − e2τ t 2 2 Inserendo tali risultati nell’integrale 4.218 ed effettuando il cambio di variabile z 0 = zeτ t (teniamo in conto che d(z 0 ) = d(zeτ t ) = |eτ t |p dz = dz essendo |eτ t |p = 1), si ottiene Z τ 2 2 −τ t U (t)J [f ](x) = χp (τ x ) f (e z)χp − z + 2xz dz = J [f (e−τ t z](x) (4.221) 2 Qp Questo risultato che è valido per le funzioni di D(Qp ) può essere esteso per continuità all’intero spazio L2 (Qp ). Ora che abbiamo dimostrato in che modo agisce l’operatore evoluzione nella nuova rappresentazione possiamo procedere al calcolo delle sue autofunzioni. Tale calcolo risulta notevolmente semplificato. Iniziamo col considerare gli stati fondamentali, cioè quelli relativi all’autovalore α = 0. Essi soddisfano U (t)ψ = ψ, |t|p ≤ p−1 (4.222) Ricerchiamo tali stati (invarianti) nella rappresentazione J e osserviamo che in tale rappresentazione l’equazione 4.222 è equivalente a f (e−τ t z) = f (z), |t|p ≤ p−1 (4.223) Prima di procedere nel calcolare le funzioni per cui questa condizione è soddisfatta dobbiamo stabilire alcuni risultati. CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 61 Definizione 4.3.3. Definiamo con Lp il gruppo moltiplicativo in cui è definita la funzione logaritmo (vedi capitolo 1) Lp = {x ∈ Qp : 1 − x ∈ Gp } (4.224) dove con Gp come al solito indichiamo il gruppo Gp = {x ∈ Qp : |x|p ≤ p−1 }. Si vede facilmente che Lp è un gruppo rispetto alla moltiplicazione. Si può dimostrare che Lemma 4.3.3. La funzione ex è un isomorfismo di Gp in Lp con ln x come funzione inversa. Diamo la seguente Definizione 4.3.4 (Unità p-adiche). L’insieme delle unità p-adiche è dato da Z× p = {x ∈ Qp : |x|p = 1} (4.225) Si dimostra facilmente che Z× p è un gruppo moltiplicativo. Vale il seguente Lemma 4.3.4. Sia V l’insieme delle radici dell’unità ovvero V := {x ∈ Qp : x2 = 1}. Per ogni p, V è un sottoinsieme di Z× p . Per p 6= 2, V è un gruppo ciclico di ordine p − 1, mentre per p = 2 è un gruppo ciclico di ordine 2. Inoltre Lp è un sottoinsieme di × ∼ Z× p ed esiste l’isomorfismo Zp = V × Lp . Per gruppo ciclico di ordine n si intende un gruppo per il quale esiste un elemento, detto generatore del gruppo , tale che ogni elemento k del gruppo si scrive come k = m con m intero tale che 0 ≤ m ≤ n − 1 e n = 0 = 1. Sappiamo che ogni numero p-adico z può essere rappresentato in maniera unica come z = pγ u dove |u|p = 1. Da questo risultato e dal precedente lemma segue immediatamente che Proposizione 4.3.5. Ogni numero p-adico z può essere scritto in maniera unica come z = pγ k ea (4.226) dove γ è un intero, è il generatore del gruppo ciclico V , k ∈ {0, 1, . . . p − 2} per p = 6 2 e k ∈ {0, 1} per p = 2, e a ∈ Gp . Ora possiamo osservare che quando l’operatore evoluzione agisce su uno stato invariante nella rappresentazione J , la dinamica del sistema si può sintetizzare con la seguente trasformazione z = pγ k ea → e−τ t z = pγ k ea−τ t (4.227) Quindi in questo caso i numeri k e γ non cambiano. Questo significa che ogni funzione f ∈ L2 (Qp ) che dipende da z esclusivamente attraverso γ e k è una soluzione dell’equazione 4.223. Si vede facilmente una tale funzione dipende da z solo tramite |z|p e z0 e viceversa. Dunque possiamo affermare che Proposizione 4.3.6. Ogni vettore f ∈ L2 (Qp ) che definisce un vettore invariante nella rappresentazione J è della forma f (z) = f (|z|p , z0 ), e viceversa ogni vettore in questa forma è un vettore che definisce un vettore invariante nella rappresentazione J . CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 62 Ora l’espressione dei vettori invarianti nella rappresentazione originale può essere calcolata esplicitamente. Infatti per un vettore ψ, invariante nella rappresentazione J si ha τ χp τ x2 − z 2 + 2xz f (|z|p , z0 ) dz 2 Qp Z ψ(x) = X = (4.228) f (p−γ , k)ψγ,k (x) X −∞<γ<∞ 1≤k≤p−1 dove τ χp τ x2 − z 2 + 2xz dz −γ 2 |z|p =p ,z0 =k Z ψγ,k (x) = (4.229) Quest’ultimo integrale può essere calcolato esplicitamente nel caso γ ≤ 0. Innanzitutto riscriviamo la variabile z = p−γ (z0 + z1 p + z2 p2 + . . . ) come z = p−γ z0 + p−γ+1 (z1 + z2 p + . . . ). Poniamo p−γ+1 (z1 + z2 p + . . . ) = z 0 . Con questa sostituzione l’integrale si può spezzare come segue τ τ x − z 2 + 2xz dz 2 Z |z|p =pγ ,z0 =k χp 2 τ τ = χp τ x − p−2γ k 2 + 2p−γ kx χp − (z 0 )2 + (2x − τ p−γ k)z 0 dz 0 2 2 Sγ−1 Z τ χp − (z 0 )2 + (2x − τ p−γ k)z 0 dz 0 + 2 Bγ−2 Z 2 (4.230) Il primo integrale sul cerchio Sγ−1 si può spezzare ulteriormente nei due integrali Z ··· = Sγ−1 Z − ... Z Bγ−1 ... (4.231) Bγ−2 (abbiamo evitato di riscrivere l’argomento che rimane identico). Dunque due dei termini si annullano a vicenda e si ottiene τ τ τ x − z 2 + 2xz dz = χp τ x2 − p−2γ k 2 + 2p−γ kx 2 2 (4.232) Z τ × χp − (z 0 )2 + (2x − τ p−γ k)z 0 dz 0 2 Bγ−1 Z χp Sγ ,z0 =k 2 Consideriamo l’integrale a secondo membro. Le soluzioni di tale integrale sono (vedi [23]) pγ−1 Ω(pγ−1 |2x − τ p−γ k|p ), −γ (2x−τ p−γ k)2 τ τ −1/2 λ (− )|− | χ Ω(p−γ | 2x−ττp k |p ), p 2 p 2 p 2τ p2γ−2 ≤ 1 (4.233) p2γ−2 > 1 Ora stiamo considerando il caso γ ≤ 0 dunque la nostra soluzione è quella in alto, che si ottiene per γ ≤ 1. Allora Z χp Sγ ,z0 =k τ τ τ x − z 2 + 2xz dz = χp τ x2 + 2p−γ kx χp − p−2γ k 2 2 2 2 ×p γ−1 γ−1 Ω(p |2x − τ p −γ k|p ) (4.234) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP Poiché γ ≤ 0 si vede subito che χp − τ2 p−2γ k 2 63 = 1. Infatti l’argomento ha modulo minore o uguale a 1 e quindi la sua parte frazionaria è nulla. Osserviamo inoltre che Ω(pγ−1 |2x − τ p−γ k|p ) si può riscrivere come Ω(pγ−1 |x|p). In conclusione τ χp τ x2 − z 2 + 2xz dz = χp τ x2 + 2p−γ kx pγ−1 Ω(pγ−1 |x|p ), 2 Sγ ,z0 =k Z γ≤0 (4.235) Possiamo utilizzare questo risultato per ricavare esplicitamente alcune autofunzioni dello stato fondamentale, in particolare quelle per le quali i termini della somma con γ > 0 sono nulli. Utilizzando le proprietà degli integrali gaussiani si vede facilmente che se scegliamo f (|z|p , z0 ) = Ω(|z|p ) si ottiene come autofunzione dello stato fondamentale ψ0 (x) = Ω(|x|p ). Mentre se scegliamo f (|z|p , z0 ) = δ(pγ − |z|p ), con γ = 1, 2, . . . , si ottiene ψγ = χp (τ x2 )δ(pγ − |x|p . Per quanto riguarda gli stati eccitati, cioè i vettori di Hα per i quali si ha U (t)ψα = χp (αt)ψα , α ∈ Jp , α 6= 0, |t|p ≤ p−1 (4.236) si ha che tali stati sono quelli per cui si verifica fα (e−τ t z) = χp (αt)fα (z), |t|p ≤ p−1 (4.237) Tenendo in conto la 4.223, si vede che le funzioni che soddisfano tale equazioni sono quelle della forma fα (z) = φ(|z|p , z0 )χp (ατ a) (4.238) dove a è definito dalla rappresentazione z = pγ k ea . Si vede infatti che fα (e−τ t z) = φ(|z|p , z0 )χp (ατ (a − τ t)) = φ(|z|p , z0 )χp (ατ a)χp (αt) = fα (z)χp (αt) (4.239) 2 dove abbiamo utilizzato il fatto che τ = −1. Sostituendo la 4.239 nella 4.208 otteniamo che gli stati eccitati sono descritti da ψα = χp Qp τ τ x − z 2 + 2xz + ατ a φ(|z|p , z0 ) dz 2 Z 2 (4.240) dove z = pγ k ea e φ(|z|p , z0 ) è una funzione arbitraria che dipende da z esclusivamente tramite |z|p e z0 . Questi sono tutti gli autostati dell’operatore evoluzione nel caso p ≡ 1 mod 4. Tali autostati sono molto importanti, poichè con essi è possibile costruire una base ortonormale per il caso adelico. Tuttavia è importante sapere se questi autostati sono funzioni di Schwartz-Bruhat. In effetti in virtù del prossimo teorema è possibile selezionare all’interno di ogni autospazio dell’operatore evoluzione Hα una base ortonormale costituita da funzioni di Schwartz-Bruhat. Teorema 4.3.4. Sia H uno spazio di Hilbert separabile. Allora ogni sottospazio denso di H contiene una base ortonormale. Poiché lo spazio delle funzioni di Schwartz-Bruhat è denso in L2 (Qp ), l’insieme delle funzioni di Schwartz-Bruhat contenute in Hα è denso in Hα . Poiché i sottospazi Hα sono a loro volta spazi di Hilbert, possiamo selezionare al loro interno una base ortonormale di funzioni di Schwartz-Bruhat, per il precedente teorema. Di seguito riportiamo alcuni autostati dello stato fondamentale per i vari casi CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP (p) 64 (p) (i) per p ≡ 1 mod 4, φ00 (x) = Ω(|x|p ) e φ0ν (x) = χp (τ x2 )δ(pν − |x|p ), ν ∈ N, τ 2 = −1 (p) (ii) per p ≡ 3 mod 4, φ00 = Ω(|x|p ) (2) (2) (iii) per p = 2, φ00 (x) = Ω(|x|2 ), φ01 (x) = 2Ω(2|x|2 ) − Ω(|x|2 ) Ricordiamo che la funzione delta δ(pν − |x|p ) è una funzione elementare definita come ( ν δ(p − |x|p ) := 4.4 |x|p = pν |x|p 6= pν 1, 0, (4.241) Gli Adeli In questa sezione introduciamo gli Adeli. Gli Adeli sono in un certo senso il prodotto di tutti i completamenti Qp del campo dei numeri razionali Q, dove p è un numero primo oppure p = ∞ con la seguente notazione Q∞ = R. Attraverso gli Adeli possiamo considerare tutti i possibili completamenti di Q in una volta sola, in modo tale che nessuno di essi abbia un ruolo privilegiato rispetto agli altri. Definizione 4.4.1 (Adeli). Sia {Gλ } l’insieme dei gruppi additivi R e Qp per ogni p. Inoltre sia Hλ = Zp per ogni p numero primo (ricordiamo che Zp è un sottogruppo compatto e aperto di Qp ). Gli Adeli sono definiti essere il prodotto diretto ristretto di {Gλ } rispetto a {Hλ } e sono indicati con A (per una definizione di prodotto diretto ristretto vedi [10]). In altre parole x è un adele se esso è un elemento di R×Q2 ×Q3 ×. . . x = (x∞ , x2 , x3 , . . . ) (4.242) con x∞ ∈ R e xp ∈ Qp per ogni p tale che |xp |p ≤ 1 per ogni p eccetto un numero finito. L’insieme degli adeli è un anello rispetto alla somma e alla moltiplicazione per componenti, ma non è un campo poiché non tutti gli elementi hanno un inverso moltiplicativo (basterebbe prendere un adele con una o più componenti nulle). Definizione 4.4.2 (Adele principale). Esiste un omomorfismo biiettivo tra il campo dei numeri razionali Q e un sottoinsieme di A Q ,→ A, r → (r, r, r, . . . ) (4.243) Gli elementi di A della forma (r, r, r, . . . ) con r ∈ Q sono detti adeli principali dunque Q è in maniera naturale contenuto in A. Questo fatto è importante, come vedremo in seguito, per riuscire a dare un’interpretazione del formalismo adelico. Osserviamo che l’elemento (r, r, r, . . . ) ∈ A perché per ogni p eccetto un numero finito |r|p = 1. Possiamo definire un prodotto di norma sull’insieme degli adeli come segue |a| = |b∞ |∞ Y |bp |p (4.244) p Per una adele principale r si ha |r| = |r|∞ Y |r|p = 1 p (4.245) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 65 Per ogni ξ ∈ A+ possiamo definire un carattere additivo su A+ come segue χ(ξx) = χ∞ (ξ∞ x∞ ) Y χp (ξp xp ) (4.246) p Si può dimostrare che il carattere additivo così definito è continuo. Vale il seguente Lemma 4.4.1. Sia r = (r, r, . . . ) un adele principale e χ un generico carattere additivo su A. Allora Y χ(r) = χ∞ (r) χp (r) = 1 (4.247) p Sia S un insieme finito di indici. Indichiamo con AS l’insieme AS = Q∞ × Y Y Qν × ν∈S Zν (4.248) ν ∈S / Sugli Adeli è possibile introdurre una misura di Haar e costruire una teoria dell’integrazione. Non tratteremo qui questo argomento poiché è semplicemente un estensione di ciò che è già stato trattato nel primo capitolo riguardo i numeri p-adici. Per una trattazione esaustiva vedi [10]. Definizione 4.4.3 (Funzione di Schwartz-Bruhat su A). Le funzioni di Schwartz-Bruhat su A sono tutte le combinazioni lineari finite di funzioni del tipo φ(x) = φ(x∞ ) Y φp (xp ) (4.249) p dove x ∈ A+ , φ∞ (x∞ ) ∈ S(R) e φp (xp ) ∈ D(Qp ). Cioè φ(x) è una funzione a valori complessi che soddisfa le seguenti condizioni (i) φ∞ (x∞ ) è una funzione infinitamente differenziabile su R e |x∞ |n∞ φ∞ (x∞ ) → 0 per |x∞ |∞ → ∞ per ogni n ∈ N. (ii) φp (xp ) è una funzione di Schwartz-Bruhat, cioè φp ha supporto compatto e φp (xp + yp ) = φp (xp ) se |yp |p ≤ p−n con n = n(φp ). (iii) φp (xp ) = Ω(|xp |p ) per tutti eccetto un numero finito di p Possiamo definire la trasformata di Fourier sulle funzioni φ(x) ∈ S(A): Definizione 4.4.4 (Trasformata di Fourier di funzioni di Schwartz-Bruhat). La trasformata di Fourier di una funzione di Schwartz-Bruhat φ è definita come F [φ](y) = Z φ(x)χ(yx) dx ZA φ∞ (x∞ )χ∞ (x∞ y∞ ) dx∞ = × (4.250) RZ Y p φp (xp )χp (xp yp ) dxp Qp dove dx∞ dx2 dx3 . . . dxp . . . è la misura di Haar su A. Si dimostra facilmente che la trasformata di Fourier di una funzione di SchwartzBruhat è ancora una funzione di Schwartz-Bruhat. Lo spazio L2 (A) delle funzioni modulo quadro integrabili su A è uno spazio di Hilbert rispetto alla seguente nozioni di prodotto scalare e norma CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 66 Definizione 4.4.5 (Prodotto scalare e norma). Il prodotto scalare in L2 (A) è definito come Z (4.251) (ψ, φ) = ψ(x)φ(x) dx A La norma in L2 (A) è quella indotta dal prodotto scalare kψk2 = (ψ, ψ) (4.252) Le funzioni di Schwartz-Bruhat sono dense in L2 (A), e la trasformata di Fourier può essere estesa in maniera naturale a L2 (A), come si fa nel caso reale e nel caso p-adico. 4.4.1 Base ortonormale per L2 (A) Vediamo ora come è fatta una base ortonormale di L2 (A). Dobbiamo mostrare che è il prodotto tensoriale infinito degli spazi di Hilbert L2 (Qν ). L2 (A) Definizione 4.4.6 (Sequenza stabilizzatrice). Sia {Hn }n una sequenza di spazi di Hilbert. Una sequenza {en }n con en ∈ Hn è detta sequenza stabilizzatrice se ken k = 1 per ogni n ∈ N. Ora sia {Hn }n una sequenza di spazi di Hilbert separabili (la separabilità garantisce la numerabilità delle basi ortonormali) con sequenza stabilizzatrice {en } e con basi ortonormali {enk }k∈N tali che en1 = en . Sia {αn }n∈N una sequenza di interi positivi e si Λ l’insieme di tutti gli α per cui αn è uguale a 1 per ogni n eccetto un numero finito. Definiamo il prodotto eα = e1α1 ⊗ e2α2 ⊗ . . . (4.253) dove α ∈ Λ. Notiamo che poiché αn è uguale a 1 per ogni n eccetto un numero finito, allora enαn = en1 = en per ogni n eccetto un numero finito. Il prodotto tensoriale infinito degli spazi di Hilbert Hn rispetto alla sequenza stabilizzatrice {en }n , indicato N con e,n Hn è definito come lo spazio di Hilbert che ammette come base ortonormale N l’insieme {eα } : α ∈ Λ. Tutti gli elementi di e,n Hn sono della forma f= X fα eα (4.254) α∈Λ dove fα è una sequenza di numeri complessi per cui α∈Λ |fα |2 < ∞. Il prodotto scalare P P di due elementi α∈Λ fα eα e α∈Λ gα eα è definito come P (f, g) = X fα gα (4.255) α∈Λ Sia Xn un sottospazio chiuso di Hn e sia {enk }k∈Z una base ortonormale di Hn tale che {enk }k∈N è una base ortonormale in Xn , e en1 = en in modo tale che la sequenza stabilizzatrice {en }n è contenuta in {Xn }n . Definiamo gli spazi He = O Hn (4.256) e,n e Hel = l O n=1 Hn × O e,n>l Xn = H1 ⊗ H2 ⊗ · · · ⊗ Xl+1 ⊗ Xl+2 ⊗ . . . (4.257) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 67 Lemma 4.4.2. Gli spazi He e Hel soddisfano He = [ Hel (4.258) l≥1 Dimostrazione. Poiché Hel ⊂ He per ogni l, allora S l l≥1 He ⊂ He . Inoltre l’elemento eα = e1α1 ⊗ e2α2 ⊗ · · · ⊗ ekαk ⊗ ek+1 ⊗ ek+2 ⊗ . . . in He è contenuto anche in Hek . Allora He ⊂ S l l≥1 He . (4.259) Questo prova il lemma. Il nostro obiettivo è quello di mostrare che L2 (A) = sequenza stabilizzatrice. Definiamo Y Y An = R × Qp × Zp N e,ν L2 (Qν ) per una qualche (4.260) p>pn p≤pn dove pn è l’ennesimo numero primo. An , per ogni n, è un sottoinsieme di A. Si può dimostrare il seguente Teorema 4.4.1. Si ha il seguente isomorfismo O L2 (Zp ) ∼ = L2 ( Y e,p Zp ) (4.261) p dove la sequenza stabilizzatrice è data da ep = Ω(|xp |p ) = 1, per ogni p numero primo. Da questo teorema discende subito che Corollario 4.4.1. Si ha il seguente isomorfismo L2 (R) ⊗ O L2 (Zp ) ∼ = L2 (An ) O L2 (Qp ) ⊗ (4.262) e,p>pn p≤pn dove ep = Ω(|xp |p ) = 1 per ogni p > pn . In conclusione Teorema 4.4.2. Lo spazio L2 (A) è isomorfo al prodotto tensoriale infinito degli spazi L2 (Qν ), cioè O L2 (A) ∼ L2 (Qν ) (4.263) = e,ν dove gli elementi della sequenza stabilizzatrice sono ep = Ω(|xp |p ) per p numero primo, e e∞ è un qualsiasi elemento della base ortonormale di L2 (R). Dimostrazione. Per il lemma 4.4.2 e per il corollario 4.4.1 si ha che O L2 (Qν ) ∼ = e,ν [ L2 (An ) (4.264) n Quello che resta da mostrare è che n L2 (An ) = L2 (A). L’inclusione n L2 (An ) ⊂ L2 (A) è ovvia. Inoltre poiché le funzioni di Schwartz-Bruhat sono dense in L2 (A), un elemento f ∈ L2 (A) è il limite di una successione di funzioni di Schwartz-Bruhat, fi . Ogni fi è un elemento di L2 (An ) per un qualche n. Dunque il limite di tale successione deve stare S S in n L2 (An ), e dunque L2 (A) ⊂ n L2 (An ). Con ciò il teorema è dimostrato. S S CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 68 Ora per ogni L2 (Qν ) fissiamo una base ortonormale {eνk }k∈N tale che {eν1 }ν è la sequenza stabilizzatrice del teorema precedente. Allora una base ortonormale per L2 (A) consiste degli elementi della forma 2 eα = e∞ α∞ ⊗ e α2 ⊗ . . . (4.265) dove α = {αn }n varia su tutte le sequenze di interi positivi che per tutti eccetto in numero finito sono uguali a 1. Allora ogni elemento della base può essere scritto come 2 k pk+1 eα = e∞ ⊗ epk+2 . . . α∞ ⊗ eα2 ⊗ · · · ⊗ eαp ⊗ e k (4.266) dove ep = Ω(|xp |p ). Se valutiamo un tale elemento di L2 (A) su un adele (x∞ , x2 , x3 , . . . , xp , . . . ) otteniamo 2 k eα (x) = e∞ α∞ (x∞ )⊗eα2 (x2 )⊗· · ·⊗eαp (xk )⊗Ω(|xk+1 |pk+1 )⊗Ω(|xk+2 |pk+2 )⊗. . . (4.267) k si vede che questo prodotto è finito. 4.5 Oscillatore Armonico adelico Come già fatto nel caso p-adico definiamo la meccanica quantistica adelica per mezzo della tripla L2 (A), W (z), U (t) (4.268) dove A è il gruppo additivo dei numeri adelici, z è un punto adelico dello spazio delle fasi classico, e t è un tempo adelico. L2 (A) è lo spazio di Hilbert delle funzioni a valori complessi modulo quadro integrabili su A, W (z) è una rappresentazione unitaria del gruppo di Weyl-Heisenberg su L2 (A), e U (t) è l’operatore evoluzione che realizza una rappresentazione unitaria su L2 (A) di un sottogruppo G del gruppo additivo A+ . Il gruppo di Weyl-Heisenberg viene generalizzato al caso adelico prendendo z ∈ 2 A = A × A, α ∈ A, e B(z, z 0 ) ∈ A. In questo caso la rappresentazione unitaria di tale gruppo è data da Y χ(α)W (z) = χ∞ W∞ (z∞ ) χp (αp )Wp (zp ) (4.269) p Si può dimostrare facilmente che la relazione di Weyl è soddisfatta pq W (z)W (z ) = χ + px W (z + z 0 ) 2 0 (4.270) L’operatore W (z) agisce su una funzione d’onda adelica come segue pq W (z)φ(x) = χ + px φ(x + q) 2 (4.271) Consideriamo l’operatore evoluzione definito come Z U (t)φ(x) = Kt (x, y)φ(y) dy (4.272) A dove t ∈ G ⊂ A, x, y ∈ A, e φ(x) ∈ L2 (A). Q Si può dimostrare che U (t) = U∞ (t∞ ) p Up (tp ) essendo (∞) Kt (x, y) = Kt∞ (x∞ , y∞ ) Y p (p) Ktp (xp , yp ) (4.273) CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 69 (questo risultato deriva dal calcolo diretto del propagatore definito tramite gli integrali di cammino). Q Ponendo λ(a) = λ∞ (a∞ ) p λp (ap ) si può scrivere 1 Kt (x, y) = λ(2 sin(t))|sin(t)|− 2 χ xy x2 + y 2 − sin(t) 2 tan(t) (4.274) Inoltre U (t) e Kt (x, y) soddisfano le relazioni di gruppo U (t + t0 ) = U (t)U (t0 ) (4.275) Z Kt+t0 (x, y) = A Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz (4.276) L’ultimo integrale è inteso come prodotto di un numero infinito di integrali dove per tutti gli p eccetto un numero finito si ha (p) Ktp +t0p (xp , yp ) Z (p) = |zp |p ≤1 (p) Ktp (xp , zp )Kt0p (zp , yp ) dzp , xp , yp ∈ Zp (4.277) cioè l’integrazione non è estesa a tutto Qp per ogni p ma per quasi tutti gli p si estende solo al sottoinsieme Zp . L’ultima relazione può essere derivata utilizzando l’integrale di Gauss Z |x|p ≤1 2 χp (αx + βx) dx = 1 2 λp (α)|2α|− p χp β β2 Ω | |p , − 4α 2α |α|p > 1 (4.278) Si può verificare che U (t) è una rappresentazione unitaria del gruppo G che nel caso dell’oscillatore armonico adelico è dato da G = R × G2 × · · · × Gp × . . . (4.279) dove G2 = {t ∈ Q2 : |t|2 ≤ 2−2 } e Gp = {t ∈ Qp : |t|p ≤ p−1 }. (Questi gruppi sono quelli per cui gli sviluppi in serie di Taylor delle estensioni p-adiche delle funzioni seno e tangente, convergono e dunque per cui il propagatore è definito). Osserviamo che t non può essere un adele principale. Infatti se così fosse non sarebbe contenuto in G, in quanto dato un qualsiasi numero razionale x esiste p tale che |x|p ≥ p−1 . Tuttavia questo fatto è di poca rilevanza poiché stiamo trattando l’oscillatore armonico non relativistico e quindi t gioca il ruolo di un semplice parametro. Torneremo su questo punto nelle conclusioni. In virtù della fattorizzazione degli operatori U (t) e W (z) in parti reale e p-adiche si ha U (t)W (z) = W (Tt z)U (t) (4.280) Inoltre le autofunzioni φαβ (x) dell’oscillatore armonico adelico devono soddisfare l’equazione U (t)φαβ (x) = χ(Et)φαβ (x) (4.281) dove α e β sono indici adelici della forma α = (n, α2 , . . . , αp , . . . ) (4.282) β = (0, β2 , . . . , βp , . . . ) (4.283) le funzioni φαβ (x) sono il prodotto di un autostato reale e di autostati p-adici, χ(Et) = P e2πi{Et} e {Et} = −En t∞ + p {αp tp }. Si può dimostrare, per quanto detto riguardo CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP 70 la forma della base ortonormale in L2 (A), che esiste un set ortonormale completo di autostati dell’oscillatore armonico adelico della forma 1 φαβ (x) = 24 1 (2n n!) 2 Y Y √ Ω(|xp |p ) exp −πx2 Hn (x 2π) φαp βp (xp ) p∈Γαβ (4.284) p∈Γ / αβ dove Γαβ è un set finito di numeri primi per i quali almeno uno degli indici αp e βp è diverso da zero e le funzioni φαp βp (xp ) sono autostati p-adici. Già sappiamo che le funzioni Ω(|xp |p ) sono anch’esse particolari autostati p-adici. Osserviamo infine che è possibile scegliere in ogni L2 (Qp ) una base ortonormale di autostati costituita da funzioni di Schwartz-Bruhat. Dunque con questa scelta si vede che ogni autostato dell’operatore evoluzione adelico, che può essere scritto come prodotto di autostati p-adici e di un autostato reale della forma 4.284, è una funzione di Schwartz-Bruhat adelica, cosi come ogni combinazione lineare finita di tali autostati. Le autofunzioni φαβ (x) sono ortonormali ed ogni φ(x) ∈ L2 (A) può essere scritta nella forma X φ(x) = Cαβ φαβ (x) (4.285) dove Cαβ = (φαβ , φ) e |Cαβ |2∞ = 1. Osserviamo infine che per un particolare autostato dell’oscillatore armonico adelico emerge in maniera naturale una discretizzazione dello spazio. Infatti consideriamo l’autostato adelico della forma P φ(x) = φ∞ (x) Y Ω(|x|p ) (4.286) p dove φ∞ (x) è uno degli autostati dell’oscillatore armonico reale, e dove gli Ω(|x|p ) come sappiamo sono particolari autofunzioni dello stato fondamentale dei vari oscillatori armonici p-adici. L’argomento della funzione d’onda adelica è in generale un adele, tuttavia sappiamo che dal punto di vista sperimentale gli unici valori della posizione che possiamo ottenere come risultato di una misura sono quelli razionali. Possiamo dunque stabilire che la funzione d’onda adelica ha senso fisico solo quando il suo argomento è un adele principale, in virtù del fatto che l’insieme degli adeli principali può essere messo in corrispondenza biunivoca con l’insieme dei numeri razionali. Si vede facilmente che il modulo quadro della funzione d’onda adelica 4.286 valutata in x ∈ Q da il seguente risultato ( 2 2 |φ(x)| = |φ∞ (x)| Y p Ω|x|p = |φ∞ (x)|2 , 0 x∈Z x ∈ Q\Z (4.287) avendo utilizzato le seguenti proprietà della funzione Ω: Q Q |Ω(|x|p )|2 = Ω(|x|p ), p Ω(|x|p ) = 1 se x ∈ Z e p Ω(|x|p ) = 0 se x ∈ Q\Z. Ricordiamo ora che tutta la nostra trattazione è stata svolta scegliendo le unità di misura in modo tale che m = h = ω = 1. Tornando alle unità di misura originali si ottiene che la funzione d’onda si annulla ovunque eccetto nei punti che sono multipli interi della h lunghezza l0 = mω . Questo significa che la probabilità di misurare la particella in una data posizione è diversa da zero solo se tale posizione coincide con un multiplo intero della lunghezza l0 ([13]). Vediamo dunque che lo spazio risulta discretizzato. Quando si vanno a considerare autostati differenti da 4.286, o combinazioni lineari di più autostati, questa natura discreta dello spazio diventa meno definita fino a scomparire. Per verificare sperimentalmente tale discretizzazione si dovrebbe esaminare il sistema nello stato fondamentale 4.286 a distanze caratterizzate dalla lunghezza l0 . Conclusioni Abbiamo visto che una discretizzazione dello spazio emerge in maniera naturale dalla trattazione adelica dell’oscillatore armonico quantistico. Tale discretizzazione può essere ricondotta ad una sorta di interazione, a livello microscopico, tra la parte reale e quella p-adica (per ogni p) del sistema. Osserviamo che da un punto di vista classico questo tipo di interazione è completamente assente. La motivazione di ciò è da ricercarsi nel formalismo. Infatti nel formalismo classico lo stato del sistema non è descritto da una funzione d’onda ma semplicemente da una coppia di valori rispettivamente della posizione e del momento. Tale descrizione non mescola i gradi di libertà reali con quelli p-adici, cioè lo stato reale non comunica con gli stati p-adici del sistema e quindi ci è impossibile rilevarli. Dal punto di vista quantistico invece lo stato del sistema è caratterizzato da una funzione d’onda e lo spazio degli stati, all’interno del quale tale funzione d’onda è da ricercarsi, è il prodotto tensoriale degli spazi degli stati associati ai vari gradi di libertà. Poiché con la generalizzazione adelica stiamo postulando che il sistema, oltre ai gradi di libertà reali, possiede anche gradi di libertà p-adici, la funzione d’onda risulta in generale in un prodotto di funzioni d’onda associate ai vari gradi di libertà, o in una combinazione lineare di tali prodotti. Da ciò deriva il fatto che quantisticamente, e quindi microscopicamente, è possibile evidenziare una sorta di interazione che dà luogo ad effetti "strani" come la discretizzazione dello spazio. Potremmo pensare le varie componenti p-adiche della funzione d’onda adelica, come funzioni d’onda che descrivono particelle virtuali che vivono in uno spazio (nella trattazione relativistica si dovrebbe parlare di spazio-tempo) p-adico e che interagiscono tra loro e con la componente reale a livello microscopico. Abbiamo visto che nella trattazione dell’oscillatore armonico adelico il tempo, a differenza dello spazio, non può essere un adele principale. Il motivo profondo di ciò è che nella costruzione della meccanica quantistica adelica abbiamo generalizzato il concetto di operatore evoluzione calcolandone il propagatore in termini di integrali di cammino. Tuttavia, a causa delle proprietà delle funzioni trigonometriche nel campo dei numeri p-adici, per dare senso a tale propagatore abbiamo dovuto restringere il dominio dei valori assumibili dal tempo ad un certo sottogruppo compatto di Qp . Tale restrizione crea dei problemi d’interpretazione del tempo adelico, che non riusciamo in alcun modo a collegare con quello reale. Ciononostante, questi problemi hanno un ruolo marginale poiché la nostra trattazione non è relativistica e quindi il tempo, e più in generale il tempo adelico, gioca il ruolo di semplice parametro, senza un significato fisico profondo. Nel caso relativistico invece il tempo diventa una coordinata a tutti gli effetti così come le coordinate spaziali. Si può dimostrare che il propagatore dell’oscillatore armonico quantistico nel caso relativistico, reale e p-adico, non dipende da t attraverso le funzioni trigonometriche, risolvendo il problema della riduzione del dominio temporale di definizione per il propagatore. In effetti un possibile sviluppo della trattazione dell’oscillatore armonico relativistico nel caso adelico potrebbe garantire il recupero 71 dell’interpretazione del tempo come adele principale e quindi come numero razionale, oltre ad una discretizzazione dello stesso analogamente a quanto avviene allo spazio nel caso non relativistico. Una delle applicazioni più interessanti dei formalismi p-adico e adelico è quella relativa alla cosmologia quantistica ([1], [7], [17], [18]). La cosmologia è una scienza che studia l’universo nel suo insieme. Essa si basa su dati provenienti dall’osservazione cosmologica e sulle teorie fisiche fondamentali come la relatività generale, la meccanica quantistica e la teoria delle particelle elementari. La cosmologia quantistica studia l’universo nella sua interezza da un punto di vista quantistico. Infatti, i modelli fino ad oggi sviluppati per descrivere l’evoluzione dell’universo, benché non concordino sull’evoluzione futura dell’universo, stabiliscono tutti che l’universo deve aver avuto un inizio, in corrispondenza del quale era infinitamente piccolo e infinitamente denso e quindi a tutti gli effetti un sistema quanto meccanico. Lo stato quantistico dell’universo è codificato dalla sua funzione d’onda. Tale funzione d’onda è in generale funzione di alcuni parametri che descrivono l’universo nella sua interezza come il fattore di scala e la distribuzione di materia. Nell’approccio p-adico e adelico tali argomenti sono considerati rispettivamente p-adici e adelici. L’equazione di Wheeler-De Witt per i modelli cosmologici quantistici non ammette una generalizzazione p-adica o adelica. Tuttavia, invece dell’approccio differenziale, si può utilizzare l’approccio di Hartle-Hawking attraverso il metodo degli integrali di cammino di Feynman. L’interpretazione in senso probabilistico del funzionale d’onda dell’Universo appare alquanto problematica. Nella meccanica quantistica ordinaria è possibile associare alla funzione d’onda una densità di probabilità, relativa alla natura delle predizioni che la teoria è in grado di effettuare. In tale contesto, una delle richieste fondamentali della teoria è che si possa separare il sistema quantistico sotto esame dall’osservatore esterno, che ha caratteristiche di tipo classico. L’osservatore, inoltre, deve poter effettuare le proprie misure su un insieme di sistemi preparati nel medesimo stato iniziale o quantomeno essere in grado di ripetere le misure nel tempo su un sistema in cui è possibile ristabilire le stesse condizioni. Tali considerazioni, applicate a livello cosmologico, incontrano tuttavia delle serie difficoltà concettuali. L’Universo, infatti, costituisce tutto ciò che esiste. Pertanto, come oggetto il cui stato è rappresentato dal funzionale Ψ, non ammette una suddivisione in sistema quantistico ed osservatore esterno, non essendovi nulla di esterno all’Universo stesso. Inoltre, in quanto unico, non è suscettibile di misure ripetute né nel tempo né nel numero. Un’interpretazione di tipo probabilistico può essere recuperata a livello semiclassico nella trattazione a gradi di libertà ridotti, nelle cosiddette teorie di minisuperspace. Alcune delle teorie di minisuperspace, come quella di De Sitter, opportunamente generalizzate al caso adelico presentano una discretizzazione dello spazio-tempo. In effetti, nel modello di minisuperspace di De Sitter, in cui non ci sono distribuzioni di materia, la funzione d’onda dell’universo è funzione del fattore di scala dell’universo. Dalla generalizzazione adelica si ricava che la funzione d’onda dell’universo è diversa da zero solo per valori del fattore di scala che siano multipli interi della lunghezza di planck s l0 = Gh ' 10−33 cm c3 Questo implica anche una discretizzazione del tempo cosmico che risulta essere un multiplo intero del tempo di Planck s t0 = Gh ' 10−45 s c5 72 Tutto ciò significa che lo spazio tempo non è continuo ma discreto ovvero non esiste spazio e non esiste tempo che non siano multipli interi di l0 e t0 , e dunque né materia né energia possono esistere per tali valori. Osserviamo che tale discretizzazione dello spazio tempo può essere utilizzata per spiegare il valore della velocità della luce. Infatti, se prendiamo il rapporto tra l’unità fondamentale di spazio e quella di tempo troviamo proprio c. In conclusione, sottolineiamo il fatto che esistono diversi tentativi di applicare il formalismo p-adico e adelico alla Teoria delle Stringhe e alla Teoria M, dove la geometria dello spazio tempo alla scala di Planck diventa rilevante. 73 Appendice Elementi di teoria dei gruppi Un insieme G dotato di un’operazione · : G × G → G si dice gruppo se l’operazione è: (i) associativa, cioè g(g 0 g 00 ) = (gg 0 )g 00 (ii) possiede identità e ∈ G, cioè ge = eg = g (iii) ogni elemento g possiede inverso, cioè esiste g −1 ∈ G tale che gg −1 = g −1 g = e Definizione .0.1. Un gruppo si dice abeliano se l’operazione in esso definita è commutativa, cioè gg 0 = g 0 g. Se G e H sono gruppi e f : G → H è una funzione, si dice che f è un omomorfismo se f (gg 0 ) = f (g)f (g 0 ). Se inoltre f è iniettiva (rispettivamente suriettiva, biunivoca) si dice che è un monomorfismo (risp. epimorfismo, isomorfismo) del gruppo G nel gruppo H. Gruppi isomorfi sono da considerarsi equivalenti. Se f : G → H è un omomorfismo allora la sua immagine im(f ) = f (G) è un sottoinsieme di H tale che (im(f ))(im(f )) = im(f ) dato che f (g)f (g 0 ) = f (gg 0 ). Definizione .0.2. Un sottoinsieme H di un gruppo G tale che HH = H si dice sottogruppo di G e si scrive in questo caso H < G. Anche il nucleo del morfismo f : ker(f ) := {g ∈ G : f (g) = e} è un sottogruppo, che gode anche della proprietà (ker(f ))G = G(ker(f )) (infatti se k ∈ ker(f ) e g ∈ G allora f (kg) = f (k)f (g) = f (g) = f (g)f (k) = f (gk). In altri termini, se g ∈ G e k ∈ ker(f ) allora gkg −1 ∈ ker(f ). Definizione .0.3. Un sottogruppo H < G tale che HG = GH si dice normale. In generale, se G è un gruppo e K è un sottogruppo normale allora l’insieme G\K := {gK : g ∈ G} dei sottoinsiemi di G della forma gK è un gruppo rispetto al prodotto (gK)(g 0 K) = (gg 0 )K e si dice gruppo quoziente modulo K. Gli elementi gK di G\K si dicono classi laterali (sinistre) di G modulo K. 74 Proposizione .0.1. I sottogruppi normali di G sono esattamente i nuclei dei possibili omomorfismi di G in un altro gruppo. Dimostrazione. Se f : G ∈ H è un omomorfismo allora ker(f ) è sottogruppo normale di G come visto precedentemente; viceversa, se K è sottogruppo normale di G allora la proiezione p : G → G\K è un epimorfismo di nucleo K. Definizione .0.4. Un gruppo G è semplice se non ha sottogruppi normali non banali. Non banali vuol dire diversi da {e} e G stesso, che sono ovviamente sotto- gruppi normali di G. Se H, H 0 < G sono sottogruppi, anche H ∩ H 0 lo è, ovviamente; se S ⊂ G è un sottoinsieme qualsiasi, il sottogruppo generato da S è l’intersezione di tutti i sottogruppi che contengono S. In particolare, per S = {g} si scrive hgi per il sottogruppo generato dall’elemento g ∈ G. Naturalmente hgi è formato da e, g, gg, . . . . Usiamo la notazione esponenziale scrivendo g n in luogo di g . . . g (n volte): allora è ovvio che g n g m = g n+m e quindi che hgi è abeliano. Definizione .0.5. Se V è uno spazio vettoriale, una rappresentazione lineare del gruppo G è un omomorfismo del gruppo nel gruppo GL(V ) delle applicazioni lineari ed invertibili di V in se stesso. Spesso si dice semplicemente che lo spazio V è la rappresentazione del gruppo G. Per ora limiteremo la discussione al caso di rappresentazioni di dimensione finita, ove la dimensione di una rappresentazione è la dimensione dello spazio V . Definizione .0.6. Due rappresentazioni π : G → GL(V ) e pi0 : G → GL(V 0 ) si dicono equivalenti se esiste un isomorfismo A : V → V 0 tale che Aπ(g) = π 0 (g)A Se π : G → GL(V ) è una rappresentazione del gruppo G, un sottospazio W di V si dice invariante se per ogni g ∈ G π(g)W ⊂ W . Evidentemente, in questo caso, la restrizione π|W è una rappresentazione π|W : G → GL(W ) che si dice sottorappresentazione di π. Definizione .0.7. Se π : G → GL(V ) è una rappresentazione di G e π|W : G → GL(W ) è una sottorappresentazione, π si dice riducibile se il complemento ortogonale di W in V è pure un sottospazio invariante: in questo caso la rappresentazione π si decompone in somma diretta delle rappresentazioni π|W e π|W ⊥ . Se W ⊂ V è un sottospazio invariante rispetto alla rappresentazione π del gruppo G allora è sempre possibile scegliere una base in V , i cui primi n elementi e1 , . . . , en (dove n è la dimensione del sottospazio W ) costituiscono una base nel sottospazio W , tale che per ogni g ∈ G il rappresentante π(g) è scrivibile come matrice a blocchi π(g) = A(g) B(g) 0 C(g) ! Se inoltre la rappresentazione è riducibile allora è possibile trovare una base in cui gli unici blocchi delle matrici π(g) diversi da zero, sono quelli diagonali. In altri termini una rappresentazione riducibile è equivalente ad una rappresentazione del gruppo G per la quale le matrici associate agli elementi del gruppo sono matrici diagonali a blocchi. L’isomorfismo che realizza l’equivalenza è rappresentato dalla matrice che realizza il cambiamento di base in questione. 75 Definizione .0.8. Una rappresentazione π : G → GL(V ) che non abbia sottorappresentazioni non banali (cioè diverse da π stesso e dalla rappresentazione nulla) si dice irriducibile. In altri termini una rappresentazione di un gruppo in uno spazio vettoriale V è irriducibile se V non ammette sottospazi invarianti rispetto a tale rappresentazione. Definizione .0.9. Se una rappresentazione π : G → GL(V ) è tale che ogni sua sottorappresentazione ammetta una sottorappresentazione complementare, si dice che V è completamente riducibile. Definizione .0.10. Se π1 : G → GL(V1 ) e π2 : G → GL(V2 ) sono rappresentazioni di un gruppo G negli spazi vettoriali V1 e V2 , l’insieme degli operatori di allacciamento è (π1 , π2 ) := {A ∈ hom(V1 , V2 ) : Aπ1 (g) = π2 (g)A ∀g ∈ G} dove hom(V1 , V2 ) è lo spazio vettoriale delle applicazioni lineari di V1 in V2 . Questo insieme si denota anche homG (V1 , V2 ) ed i suoi elementi si dicono anche morfismi fra le rappresentazioni π1 e π2 . La dimensione dello spazio vettoriale homG (V1 , V2 ) si dice numero di allacciamento delle rappresentazioni π1 e π2 . Proposizione .0.2. Le rappresentazioni sono equivalenti se e solo se l’insieme dei morfismi homG (V1 , V2 ) contiene un isomorfismo. In teoria delle rappresentazioni è valido il seguente importante: Lemma .0.1 (Schur). Se π1 : G → GL(V1 ) e π2 : G → GL(V2 ) sono rappresentazioni irriducibili di un gruppo G allora ogni elemento (non nullo) di homG (V1 , V2 ) è invertibile. Dimostrazione. Sia A ∈ homG (V1 , V2 ) non nullo: allora il nucleo di A è un sottospazio di V1 ker(A) = {v ∈ V1 : Av = 0} Dato che π2 (g)A = Aπ1 (g)v allora se v ∈ ker(A) si ha Aπ1 (g)v = π2 (g)Av = 0, quindi π1 (g)v ∈ ker(A). Dunque ker(A) è un sottospazio invariante di V1 , che però è irriducibile. Ne segue che ker(A) = 0 oppure ker(A) = V1 . Se ker(A) = V1 allora A = 0 per definizione; se ker(A) = 0 allora A è invertibile. Ma l’immagine di A è un sottospazio di V2 im(A) = {w ∈ V2 : ∃v ∈ V1 : Av = w} ed è un sottospazio invariante di V2 : infatti se w ∈ im(A) allora π2 (g)w = π2 (g)Av = Aπ1 (g)v, quindi π2 (g)w è immagine di π1 (g)v tramite A i.e. π2 (g)w ∈ im(A) per ogni g ∈ G. Per irriducibilità di V2 segue che im(A) = 0 oppure im(A) = V2 ; ma A è invertibile per quanto dimostrato precedentemente, e quindi im(A) 6= 0, i.e. im(A) = V2 è dunque A è anche un isomorfismo. In altri termini, un morfismo fra due rappresentazioni irriducibili è zero oppure è un isomorfismo: in particolare due rappresentazioni irriducibili distinte non possono essere contenute l’una nell’altra. Questo ci dice che le rappresentazioni irriducibili sono le più semplici possibili: in effetti una rappresentazione irriducibile si chiama anche semplice. Una rappresentazione che si decompone in somma diretta di sottorappresentazioni irriducibili si dice talvolta semisemplice: dimostriamo ora che le rappresentazioni semisemplici sono esattamente quelle completamente riducibili: lo faremo per rappresentazioni di dimensione qualsiasi. 76 Lemma .0.2. Se V è una rappresentazione completamente riducibile allora ogni sua sottorappresentazione è completamente riducibile oppure irriducibile Dimostrazione. Sia π : G → GL(V ) una rappresentazione completamente riducibile, e W un sottospazio invariante di V : allora la sottorappresentazione π|W : G → GL(W ) è irriducibile oppure riducibile. Dimostriamo che se tale sottorappresentazione è riducibile allora è completamente riducibile. Sia Z un sottospazio invariante di W . Allora esso è sottospazio invariante anche di V e dunque π|Z : G → GL(Z) è anche una sottorappresentazione di V , quindi esiste un sottospazio invariante Z 0 di V tale che Z 0 ⊕ Z = V poiché V è completamente irriducibile; dato che Z ⊂ W ⊂ V allora Z ∩W = 6 {0}. Inoltre W = Z + (Z 0 ∩ W ) e questa somma è diretta; quindi π|Z 0 ∩W : G → GL(Z 0 ∩ W ) è una sottorappresentazione complementare di π|Z : G → GL(Z) in W . Dunque W è completamente riducibile. Vale il seguente: Lemma .0.3. Se V è una rappresentazione completamente riducibile allora possiede una sottorappresentazione irriducibile. Possiamo infine enunciare il seguente: Teorema .0.1. Una rappresentazione è completamente riducibile se e solo se si decompone in somma diretta di rappresentazioni irriducibili. Se πi : G → GL(Vi ) con (i = 1, 2) sono rappresentazioni di un gruppo G, definiamo una funzione π1 ⊗ π2 : G → GL(V1 ⊗ V2 ): (π1 ⊗ π2 )(g)(v1 ⊗ v2 ) := (π1 (g)v1 ) ⊗ (π2 (g)v2 ) che si dice prodotto tensoriale delle rappresentazioni. Proposizione .0.3. Il prodotto tensoriale di due rappresentazioni di un gruppo è una rappresentazione del gruppo stesso nello spazio V1 ⊗ V2 . Dimostrazione. Ovviamente (π1 ⊗ π2 )(e)(v1 ⊗ v2 ) = v1 ⊗ v2 . Inoltre (π1 ⊗ π2 )(gh)(v1 ⊗ v2 ) = π1 (gh)v1 ⊗ π2 (gh)v2 = π1 (g)π1 (h)v1 ⊗ π2 (g)π2 (h)v2 = [(π1 ⊗ π2 )(g)][(π1 ⊗ π2 )(h)](v1 ⊗ v2 ) Teorema .0.2. Ogni rappresentazione irriducibile (di dimensione finita) π : G → GL(V ) del prodotto diretto G = G1 × G2 è equivalente al prodotto tensoriale di rappresentazioni irriducibili pii : G → GL(Vi ) dei gruppi Gi . Si noti che se π1 : G → GL(V ) e π2 : G → GL(W ) sono rappresentazioni irriducibili di G non è affatto vero che π : G → GL(V ⊗ W ) sia irriducibile per G: lo è solo per G × G. Infine consideriamo ancora una costruzione degli spazi vettoriali che ha un significativo riverbero in teoria delle rappresentazioni: supponiamo infatti che lo spazio V sia unitario, i.e. che (sia complesso e) possegga un prodotto hermitiano (v, w) definito positivo. Ricordiamo che una trasformazione lineare A : V → V è unitaria se ∀v, w ∈ V (Av, Aw) = (v, w) 77 In termini di matrici questo significa, ovviamente, che AT A = AAT = I In particolare si ha |det(A)| = 1 e dunque una matrice unitaria è sempre invertibile, e dunque determina un isomorfismo dello spazio V in se stesso. Quindi le matrici unitarie formano un sottogruppo del gruppo lineare generale GL(V ). Indichiamo tale sottogruppo con U (V ). Definizione .0.11. Una rappresentazione π : G → GL(V ) si dice unitaria se im(π) ∈ U (V ). Vale il seguente Teorema .0.3. Una rappresentazione unitaria (di dimensione finita) è completamente riducibile. Abbiamo quindi una condizione sufficiente per la completa riducibilità di una rappresentazione: che sia equivalente ad una rappresentazione unitaria. Definizione .0.12. Due rappresentazioni π1 e π2 qualsiasi di un gruppo G in uno stesso spazio unitario V sono unitariamente equivalenti se esiste un operatore unitario A ∈ (π1 ; π2 ). Concludiamo con un risultato cruciale per la teoria dei gruppi finiti: Teorema .0.4. Ogni rappresentazione di dimensione finita di un gruppo finito è equivalente ad una rappresentazione unitaria. Corollario .0.1. Ogni rappresentazione di dimensione finita di un gruppo finito è completamente riducibile. Per le dimostrazioni e ulteriori approfondimenti rimandiamo a [20]. 78 Bibliografia [1] B. Dragovich e LJ. Nešić, On p-adic and adelic wave function of the universe, Publ. Astron. Obs. Belgrade, No. 54 (1996), 77-80. [2] B. Dragovich e Z. 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