Oscillatore armonico p

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAMERINO
Scuola di Scienze e Tecnologie
Corso di Laurea in Fisica (Classe L-30)
Oscillatore armonico
p-adico e adelico
Tesi di Laurea
in Fisica Matematica
Laureando
Leonardo De Angelis
Relatore
Prof. Stefano Mancini
Anno Accademico 2015-2016
Indice
Introduzione
2
1 Il campo dei numeri p-adici
1.1 Norma p-adica e disuguaglianza triangolare
1.2 Interi p-adici . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 I numeri p-adici . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4 Funzioni Analitiche . . . . . . . . . . . . . .
1.5 Funzioni elementari . . . . . . . . . . . . . .
1.6 Caratteri Additivi sul campo Qp . . . . . .
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3
3
3
6
8
12
15
2 Teoria della misura e teoria dell’integrazione
2.1 Gruppi abeliani localmente compatti e misura di Haar . . . . . . . . . .
2.2 Integrazione su Qp . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Trasformata di Fourier in Qp . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
18
18
21
24
3 Il Formalismo della Meccanica Quantistica
3.1 Operatore evoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Propagatore per l’equazione di Schrodinger . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Integrali di cammino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
26
26
28
29
4 Oscillatore armonico su R e Qp
4.1 Oscillatore armonico classico ordinario e p-adico . . . . . . . .
4.2 Oscillatore armonico quantistico . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2.1 Autovalori dell’Hamiltoniana e loro degenerazione . . .
4.2.2 Autostati dell’Hamiltoniana e funzioni d’onda associate
4.2.3 Una formulazione alternativa . . . . . . . . . . . . . . .
4.3 Oscillatore armonico quantistico p-adico . . . . . . . . . . . . .
4.3.1 Il propagatore p-adico . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3.2 Analisi spettrale dell’operatore evoluzione . . . . . . . .
4.4 Gli Adeli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4.1 Base ortonormale per L2 (A) . . . . . . . . . . . . . . . .
4.5 Oscillatore Armonico adelico . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
32
32
33
34
38
40
42
42
51
64
66
68
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Conclusioni
71
Appendice
74
Bibliografia
79
1
Introduzione
Questa tesi affronta la formulazione p-adica e adelica dell’oscillatore armonico
quantistico. Il sistema dei numeri p-adici è stato descritto per la prima volta da Kurt
Hensel nel 1897. Tale sistema rappresenta, per ogni numero primo p, un completamento
dell’insieme dei numeri razionali Q rispetto ad una norma, detta p-adica. Tale norma a
differenza di quella Euclidea, data dal valore assoluto, non è una norma Archimedea
così come la topologia che induce sul campo dei numeri p-adici. L’importanza che si è
data ai numeri p-adici, e quindi alla loro generalizzazione adelica, risiede nel fatto che
tutte le misure sperimentali tecnicamente accessibili restituiscono valori solo all’interno
del campo dei numeri razionali Q. Dunque, in linea di principio, le equazioni della
fisica dovrebbero essere ambientate in Q. Tuttavia, le teorie fisiche oggi accettate
sono ambientate nel campo dei numeri reali R. Il motivo di ciò risiede nel fatto che
tale insieme possiede una proprietà che lo rende più adatto a risolverle, ovvero la
completezza rispetto alla norma euclidea. Ciononostante, R non rappresenta l’unico
possibile completamento del campo dei razionali, infatti anche l’insieme dei numeri
p-adici Qp , (per ogni p primo) lo è ([13]). Inoltre, grazie al teorema di Ostrowski ([23]) si
è dimostrato che R e Qp (per ogni p) esauriscono tutti i possibili completamenti di Q, nel
senso che qualsiasi altra norma rispetto alla quale possiamo trovare un completamento
di Q è equivalente o alla norma Euclidea o a una delle norme p-adiche. Alla luce di
queste considerazioni sembrerebbe riduttivo e privo di senso considerare solo uno dei
possibili completamenti dell’insieme Q, ovvero R, come insieme con il quale descrivere
la realtà.
Pertanto, costruiremo una generalizzazione della meccanica quantistica attraverso il
formalismo p-adico applicandola allo studio di un particolare sistema: l’oscillatore armonico. Utilizzando i risultati di questa generalizzazione potremo costruire la meccanica
quantistica adelica per lo stesso sistema, attraverso la quale tenteremo di unificare il
formalismo ordinario (reale) e il formalismo p-adico ([3]). A partire da tale unificazione,
mostreremo come emerge in maniera naturale la discretizzazione dello spazio.
La struttura di questo elaborato si divide in quattro capitoli: nel primo capitolo
introdurremo i numeri p-adici Qp e alcuni elementi di analisi matematica su tale campo
([23], [24]); nel secondo capitolo svilupperemo la teoria della misura e dell’integrazione che
ci sarà utile nell’ambito dell’analisi spettrale dell’oscillatore armonico p-adico e adelico
([10], [12]); nel terzo capitolo affronteremo alcuni concetti di meccanica quantistica,
come l’operatore evoluzione e il propagatore, e introdurremo il formalismo di Feynman
degli integrali di cammino ([8], [9]). Infine, nel quarto capitolo analizzeremo brevemente
l’oscillatore armonico classico e la sua generalizzazione p-adica, per poi dedicarci alla
trattazione quantistica del sistema sia nel caso ordinario (reale) sia in quello p-adico ([2],
[3], [14], [16], [22]); passeremo poi a introdurre gli adeli e mostreremo come generalizzare
ulteriormente l’oscillatore armonico quantistico al caso adelico ([3], [10], [13]).
2
Capitolo 1
Il campo dei numeri p-adici
In questo capitolo introduciamo il campo dei numeri p-adici Qp e riportiamo alcuni
elementi di analisi su tale tale campo. Faremo riferimento a [23] e [24].
1.1
Norma p-adica e disuguaglianza triangolare
Sia Q il campo dei numeri razionali.
Il valore assoluto |x| di ogni x ∈ Q soddisfa le seguenti ben note proprietà:
(i) |x| ≥ 0, |x| = 0 ⇐⇒ x = 0
(ii) |xy| = |x||y|
(iii) |x + y| ≤ |x| + |y|
Una qualsiasi funzione su Q con le proprietà (i)-(iii) è detta norma.
Definizione 1.1.1. Sia K un campo. Una valutazione su K è una mappa | | : K → R
che soddisfa le proprietà (i), (ii), (iii), per ogni x, y ∈ K. La coppia (K, | |) è detta
campo valutato.
Ci sono molti esempi di campi valutati, oltre ai sottocampi di C, con la ordinaria
funzione valore assoluto. Il più importante è il campo dei numeri p-adici che introdurremo
in seguito.
La nostra attenzione è rivolta sopratutto ai campi valutati (K, | |) la cui valutazione
soddisfa la disuguaglianza triangolare forte:
|x + y| ≤ max(|x|, |y|)
(x, y ∈ K)
(1.1)
piuttosto che la forma generale, più debole:
|x + y| ≤ |x| + |y|
1.2
(x, y ∈ K)
(1.2)
Interi p-adici
Nel sistema decimale indichiamo gli interi non negativi con espressioni come 1028 (8 +
2 · 10 + 0 · 102 + 1 · 103 ). Quando scriviamo una sequenza an an−1 . . . a0 vogliamo dire
a0 + a1 10 + · · · + an 10n . In questo caso gli ai sono uno dei simboli 0, 1, . . . , 9. Possiamo
scrivere questi numeri come una sequenza infinita:
. . . an+2 an+1 an . . . a0
(1.3)
dove ai = 0 per i > n. Inoltre, invece di 10, potremmo scegliere un qualsiasi altro
numero {2, 3, . . . } come base. Giungiamo dunque alla seguente:
3
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
4
Definizione 1.2.1. Per ogni n ∈ {2, 3, . . . }, indichiamo con Zn l’insieme di tutte le
sequenze infinite
. . . am am−1 . . . a1 a0
(1.4)
dove ogni am è uno degli elementi 0, 1, . . . , n − 1. Gli elementi di Zn sono detti interi
n-adici.
Le sequenze con am = 0 per m sufficientemente grande possono essere identificate
con gli interi non negativi. Dunque, potremmo scrivere
N ⊂ Zn
(1.5)
In Zn possiamo definire in maniera naturale le operazioni di addizione e moltiplicazione che estendono le stesse operazioni definite in N.
Definizione 1.2.2 (somma). Siano x = . . . a2 a1 a0 e y = . . . b2 b1 b0 elementi di Zn .
Allora x + y = . . . c2 c1 c0 è dato da:
(i) ci ∈ {0, 1, . . . , n − 1} per ogni i
(ii) per ogni m ∈ {0, 1, 2, . . . }
m
X
i
ci n =
i=0
m
X
(ai + bi )ni
mod nm+1
i=0
Similmente si ha
Definizione 1.2.3 (prodotto). Siano x = . . . a2 a1 a0 e y = . . . b2 b1 b0 elementi di Zn .
Allora xy = . . . d2 d1 d0 è dato da:
(i) di ∈ {0, 1, . . . , n − 1} per ogni i
(ii) per ogni m ∈ {0, 1, 2, . . . }
m
X
i=0
di ni =
X
m
i=0
ai ni
X
m
bi ni
mod nm+1
i=0
Nonostante queste definizioni di somma e moltiplicazione possano sembrarci complicate e sconosciute, esse non sono altro che la formalizzazione matematica e l’estensione
all’insieme degli interi n-adici delle normali operazioni di somma e moltiplicazione che
siamo abituati a fare nel caso dei numeri interi in base 10.
La seguente proposizione è verificata:
Proposizione 1.2.1. Con le precedenti definizioni di somma e moltiplicazione, Zn è un
anello commutativo unitario, dove l’elemento neutro rispetto alla somma è 0 = . . . 00000
e l’elemento unità della moltiplicazione è 1 = . . . 00001. Z può essere identificato con
un sottoanello di Zn .
Giunti a questo punto facciamo la seguente osservazione: Zn non è un campo, infatti
non abbiamo definito un elemento inverso rispetto alla moltiplicazione. In generale, la
struttura di anello può essere estesa a quella di campo se e solo se l’insieme in questione
è un dominio d’integrità, cioè un anello, tale che se x e y sono due elementi dell’insieme
e xy = 0, allora almeno uno dei due elementi è uguale a 0.
Si può verificare facilmente che, in generale, Zn non è un dominio d’integrità e che
quindi non può essere esteso ad un campo. Tuttavia la situazione è ben diversa se n è
un numero primo. In questo caso infatti si ha
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
5
Proposizione 1.2.2. Sia p un numero primo. Allora Zp è un dominio d’integrità. Un
elemento . . . a2 a1 a0 di Zp possiede un inverso in Zp se e solo se a0 6= 0.
Dimostrazione. Poiché . . . a2 a1 a0 0 = p(. . . a2 a1 a0 ), . . . a2 a1 a0 00 = p2 (. . . a2 a1 a0 ), etc...
è sufficiente mostrare la seconda affermazione. se a0 = 0 allora il prodotto di . . . a0 con
un qualsiasi elemento di Zp termina con 0 dunque certamente a0 non possiede inverso.
Ciò significa che se . . . a2 a1 a0 ha inverso allora a0 6= 0.
Supponiamo ora a0 6= 0 e proviamo induttivamente che possiamo sempre trovare
x0 , x1 , · · · ∈ {0, 1, . . . , p − 1} tale che il prodotto di . . . x2 x1 x0 e . . . a2 a1 a0 è uguale a
. . . 001. Eseguendo il prodotto secondo la definizione si vede che devono essere soddisfatte
le seguenti congruenze:
x0 a0 ≡ 1
(mod p)
x0 a1 + x1 a0 + p−1 (a0 x0 − 1) ≡ 0
(1.6)
(mod p)
etc
(1.7)
(1.8)
il punto essenziale è che per ogni n ∈ N si richiede che
xn+1 a0 ≡ cn+1
(1.9)
dove cn+1 dipende solo da x0 , x1 , . . . , xn . Qualunque sia cn+1 possiamo sempre risolvere
questa congruenza poiché a0 =
6 0 (mod p).
Questo ragionamento non è valido nel caso di Zn con n diverso da un numero
primo, poiché in generale le congruenze non possono essere tutte risolte. Osserviamo,
dunque, che gli interi p-adici con p numero primo si differenziano dagli altri in quanto
garantiscono l’esistenza di un campo dei quozienti, definito come segue
Definizione 1.2.4 (Campo dei quozienti). Il campo dei quozienti di un dominio di
integrità unitario D è un campo F tale che ogni elemento di F può essere scritto come
il prodotto ab−1 , dove a e b sono elementi di D e b è diverso dallo zero di D.
La costruzione del campo dei quozienti ricalca quella di Q a partire dal dominio di
integrità N.
Vogliamo ora introdurre una "valutazione" su Zp che verrà poi estesa al campo dei
quozienti.
Definizione 1.2.5. Sia p un numero primo e . . . a2 a1 a0 un elemento di Zp . L’ordine
di . . . a2 a1 a0 è il più piccolo valore di m per il quale am 6= 0. Più precisamente:
(
∞ se ai = 0 per ogni i
min{s : as 6= 0} altrimenti
ordp (. . . a2 a1 a0 ) :=
(1.10)
Poniamo:
(
|. . . a2 a1 a0 | :=
0 se ai = 0 per ogni i
p−ordp (...a2 a1 a0 ) altrimenti
(1.11)
La funzione ||p è la valutazione p-adica su Zp .
Proposizione 1.2.3. Sia p un numero primo e siano x e y ∈ Zp . Allora valgono le
proprietà:
(i) |x|p ≥ 0, |x|p = 0 ⇐⇒ x = 0
(ii) |xy|p = |x|p |y|p
(iii) |x + y|p ≤ max(|x|p , |y|p )
La dimostrazione è banale.
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
1.3
6
I numeri p-adici
In questa sezione estendiamo la valutazione p-adica su Zp al relativo campo dei
quozienti. D’ora in poi p è un numero primo.
Per un elemento non nullo x ∈ Zp possiamo sempre scrivere:
x = pn y
(1.12)
dove n = ordp (x) ∈ N e y è un elemento invertibile in Zp . Dunque per costruire il
campo dei quozienti di Zp , dobbiamo trovare un inverso per p. La notazione in base p
per p−1 è 0.1; per p−2 è 0.01; etc . . . . Dunque, abbiamo la seguente definizione:
Definizione 1.3.1. Sia Qp l’insieme di tutte le sequenze bilatere:
. . . a2 a1 a0 .a−1 a−2 . . .
(1.13)
dove ai ∈ {0, 1, . . . , p − 1} per ogni i e tale che a−n = 0 per n sufficientemente grande.
Gli elementi di Qp sono numeri p-adici. Le sequenze . . . a2 a1 a0 .a−1 a−2 . . . per cui
a−1 = 0, a−2 = 0, . . . possono essere identificate con gli interi p-adici.
Quindi possiamo scrivere:
Zp ⊂ Qp
(1.14)
L’addizione e la moltiplicazione in Zp possono essere estese a Qp in modo naturale.
Formalmente, siano x = . . . a2 a1 a0 .a−1 a−2 . . . e y = . . . b2 b1 b0 .b−1 b−2 . . . elementi
0
di Qp tali che a−n = b−n = 0 per n > N , allora x = . . . a2 a1 a0 a−1 a−2 . . . a−N e
y 0 = . . . b2 b1 b0 b−1 b−2 . . . b−N sono interi p-adici. Se la somma è x0 + y 0 = . . . c2 c1 c0 ,
definiamo x+y come . . .N +1 .cN cN −1 . . . c0 . . . . (In maniera simile si definisce il prodotto
xy). Dunque l’inverso moltiplicativo di p = . . . 10.0 è . . . 0.1, quello di p2 = . . . 100.0 è
0.01, etc . . . .
Ogni elemento non nullo di Qp può essere scritto come pn y dove n ∈ Z e y ∈ Zp ,
|y|p = 1.
Vale la seguente
Proposizione 1.3.1. Qp è un campo contenente Q come sottocampo e Zp come
sottoanello. Qp è (isomorfo a) il campo dei quozienti di Zp .
Estendiamo ora | |p a Qp .
Definizione 1.3.2. Per un elemento non nullo
x = . . . a2 a1 a0 .a−1 a−2 . . .
(1.15)
di Qp l’ordine di x è dato dal numero intero:
ordp (x) := min{s : as 6= 0}
(1.16)
|x|p = p−ordp (x)
(1.17)
|0|p = 0
(1.18)
e la norma p-adica di x è
Inoltre si pone
Teorema 1.3.1. | |p è una valutazione su Qp e soddisfa la disuguaglianza triangolare
forte. Il disco unitario {x ∈ Qp : |x|p ≤ 1} coincide con Zp .
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
7
Dimostrazione banale.
Si possono dimostrare le seguenti proprietà topologiche di Qp :
(i) Zp è compatto;
(ii) Zp è completo;
(iii) Z è denso in Zp ;
(iv) Qp è localmente compatto. Q è denso in Qp ;
(v) Qp è completo (ogni successione di Cauchy converge in esso) e separabile;
Vale il seguente importante
Teorema 1.3.2 (Ostrowski). Ogni valutazione non triviale sul campo dei numeri
razionali è equivalente o alla funzione valore assoluto o ad una delle valutazioni p-adiche
(p numero primo).
Per una dimostrazione del teorema e delle precedenti proprietà vedi [24].
In conclusione i campi dei numeri p-adici (p numero primo) sono completamenti del
campo dei numeri razionali; tale campo non ammette altri completamenti rispetto a
norme che non siano norme p-adiche o il valore assoluto.
Ogni numero p-adico x diverso da zero può essere rappresentato in maniera unica
nella forma canonica:
x = pγ (x0 + x1 p + x2 p2 + . . . )
(1.19)
dove γ = ord(x) ∈ Z e gli xi sono interi tali che 0 ≤ xj ≤ p − 1, x0 > 0, i = 0, 1, . . . .
In virtù della precedente rappresentazione si definisce la parte frazionaria {x}p di un
numero x ∈ Qp :
(
{x}p :=
0 se γ{x} ≥ 0 o x = 0
pγ (x0 + x1 p + x2 p2 + · · · + x|γ|−1 p|γ|−1 )
se
γ(x) < 0
(1.20)
Si dimostra facilmente che:
pγ ≤ {x}p ≤ 1 − pγ
(1.21)
Indichiamo con Bγ (a) il disco di raggio pγ con centro nel punto a ∈ Qp e con Sγ (a)
il suo contorno (cerchio):
Bγ (a) = [x : |x − a|p ≤ pγ ]
Sγ (a) = [x : |x − a|p = pγ ]
γ∈Z
(1.22)
Si dimostra facilmente che Bγ (a) è un gruppo abeliano additivo.
Vale il seguente
Lemma 1.3.1. Se b ∈ Bγ (a) allora Bγ (b) = Bγ (a).
Dimostrazione. Sia x ∈ Bγ (b). Allora
|x − a|p = |x − b + b − a|p ≤ max(|x − b|p , |b − a|p ) ≤ pγ
(1.23)
cioè se x ∈ Bγ (a), allora Bγ (b) ⊂ Bγ (a). Poiché a ∈ Bγ (b), come abbiamo appena
provato, Bγ (a) ⊂ Bγ (b) e dunque Bγ (a) = Bγ (b).
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
8
Si possono dimostrare i seguenti
Corollari 1.3.1.
chiusi in Qp .
1. Il disco Bγ (a) e il cerchio Sγ (a) sono entrambi insiemi aperti e
2. Ogni punto del disco Bγ (a) è il suo centro.
3. Due dischi qualsiasi in Qp o sono disgiunti o sono l’uno contenuto nell’altro.
4. Tutti gli insiemi aperti in Qp sono al più unione di un insieme numerabile di
dischi disgiunti.
e il seguente
Lemma 1.3.2. Un insieme K ⊂ Qp è compatto in Qp se e solo se esso è chiuso e
limitato
Da ciò segue immediatamente che
Corollario 1.3.1. Ogni disco Bγ (a) e cerchio Sγ (a) è compatto.
1.4
Funzioni Analitiche
In questa sezione consideriamo le funzioni analitiche sul campo dei numeri p-adici.
Consideriamo una serie numerica nel campo dei numeri p-adici
X
ak ,
ak ∈ Qp
(1.24)
0≤k<∞
Indichiamo con Sn l’ennesima somma parziale della serie precedente:
Sn =
X
ak ,
n = 0, 1, . . .
(1.25)
0≤k<n
La convergenza della serie ad un numero p-adico S significa che |Sn −S|p → 0, n → ∞;
chiamiamo S somma della serie e poniamo:
S=
X
ak
(1.26)
0≤k<∞
Lemma 1.4.1. La serie 1.24 converge se e solo se
|ak |p → 0,
k→∞
(1.27)
Dimostrazione. Supponiamo che la serie converga; allora
|ak |p = |Sk − Sk−1 |p
= |Sk − Sk−1 + S − S|p
(1.28)
≤ max(|Sk − S|p , |−Sk−1 + S|p ) → 0,
k→∞
Supponiamo ora che
|ak |p → 0,
k→∞
(1.29)
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
9
allora per ogni > 0 esiste N = N tale che per ogni k > N si ha |ak |p < . Dunque
per ogni intero n > N e m > N
X
|Sn − Sm |p = ak ≤ max |ak |p < n≤k≤m
n≤k≤m
(1.30)
p
dunque la successione {Sn , n → ∞} delle somme parziali è di Cauchy e quindi converge,
essendo gli elementi della successione appartenenti a Qp ed essendo quest’ultimo uno
spazio completo. In conclusione la serie 1.24 converge.
Esaminiamo ora una serie di potenze p-adica
X
f (x) =
fk xk ,
fk ∈ Qp
(1.31)
0≤k<∞
Questa serie definisce una funzione a valori p-adici per quei valori di x ∈ Qp per cui
converge.
Definizione 1.4.1. Un numero R = R(f ) è chiamato raggio di convergenza della serie
se essa converge per ogni x tale che |x|p ≤ R e diverge per |x|p >R.
Notiamo che R può assumere i valori 0 e pγ , γ ∈ Z. Nel secondo caso la serie
converge uniformemente sul disco Bγ . Infatti per il lemma precedente si ha:
X
k
fk x ≤ max |fk Rk |p → 0,
n≤k≤m
n≤k≤m
m, n → ∞
(1.32)
p
Dunque la serie definisce una funzione continua in Bγ .
Per la determinazione del raggio di convergenza della serie introduciamo un numero
r = r(f ) attraverso la formula:
1
= lim sup|fk |1/k
p
r
k→∞
(1.33)
Vale il seguente
Lemma 1.4.2. La serie (1.2) converge per ogni x tale che |x|p < r e diverge per
|x|p > r.
Dimostrazione. Supponiamo |x|p < r. Possiamo scrivere |x|p = (1 − 2δ)r dove 0 <
allora ∀ > 0 ∃N = N tale che n > N
δ ≤ 1/2. Poiché 1/r = limn→∞ supk→∞ |fk |1/k
p
implica
| sup|fk |1/k
(1.34)
p − 1/r| < k>n
Poiché supk>n |fk |1/k
≥ 1/r allora
p
sup|fk |1/k
< + 1/r = 1/r(1 + r)
p
(1.35)
k>n
Possiamo scegliere in modo tale che 1 + r =
=
1
−1
1−δ
r
1
1−δ .
In particolare possiamo scegliere
che è sicuramente maggiore di zero per l’ipotesi su δ. Allora
|fk |1/k
<
p
1
r(1 − δ)
(1.36)
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
10
di conseguenza
k
|fk xk |p = (|x|p |fk |1/k
p ) <
1 − 2δ
1−δ
k
→ 0,
k→∞
(1.37)
Per il lemma 1.4.1 si ha che la serie converge per quei valori di x che verificano |x|p < r.
Supponiamo ora che |x|p > r. Allora possiamo scrivere |x|p = (1 + 2δ)r dove
δ > 0. Ora poiché 1/r = lim supk→∞ |fk |1/k
possiamo trovare una sottosuccessione
p
{nk , k → ∞} tale che
1
k
lim |fnk |1/n
=
(1.38)
p
k→∞
r
Dunque ∀ > 0, ∃N = N tale che per k > N
1
||fnk |1/k
p − |<
r
(1.39)
allora
1
<
r
Considerando la prima disuguaglianza si vede che
− < |fnk |1/k
p −
|fnk |1/k
>
p
(1.40)
1
1
− = (1 − r)
r
r
(1.41)
1
(1 + δ)
(1.42)
Possiamo scegliere in modo tale che
(1 − r) =
In particolare possiamo prendere =
1
− 1+δ
+1
.
r
|fnk |1/k
>
p
Si vede facilmente che > 0 e si ottiene
1
r(1 + δ)
(1.43)
In conclusione
k nk
|fnk xnk |p = (|x|p |fnk |1/n
) >
p
1 + 2δ
1+δ
nk
→ ∞,
k→∞
(1.44)
Dunque la serie diverge per quei valori di x che verificano |x|p > r.
La relazione tra i numeri R(f ) e r(f ) è stabilita dal seguente
Lemma 1.4.3. R(f ) ≤ r(f ). Inoltre se pγ < r(f ) < pγ+1 allora R(f ) = pγ . Se
r(f ) = pγ allora R(f ) = pγ o R(f ) = pγ−1 .
Diamo la seguente
Definizione 1.4.2. Una funzione f (x) è detta analitica sul disco Bγ se essa può essere
rappresentata da una serie di potenze positive convergente in Bγ .
Introduciamo le serie
f (n) (x) =
X
k(k − 1) . . . (k − n + 1)fk xk−n
(1.45)
n≤k≤∞
f (−n) (x) =
1
fk xk+n
(k
+
1)(k
+
2)
.
.
.
(k
+
n)
0≤k≤∞
X
(1.46)
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
11
dove n ∈ N e i coefficienti sono intesi come numeri p-adici.
Queste funzioni sono dette rispettivamente derivata e primitiva di ordine n.
Per i raggi di convergenza di una funzione analitica, della sua primitiva e della sua
derivata valgono le seguenti relazioni
R(f (−n) ) ≤ R(f ) ≤ R(f (n) ),
n = 1, 2, . . .
(1.47)
1
Infatti |k(k − 1) . . . (k − n + 1)fk |p ≤ |fk |p ≤ | (k+1)(k+2)...(k+n)
fk |p per ogni k e quindi
r(f (−n) ) ≤ r(f ) ≤ r(f (n) ).
Per ottenere informazioni più dettagliate riguardo il raggio di convergenza è utile
provare le seguenti relazioni
1
, k ∈ Z+
k
= 1, k ∈ Z+
|k|p ≥
lim |k|1/k
p
k→∞
(1.48)
(1.49)
Dimostrazione. Sia k ∈ Z+ . Possiamo scrivere k = pm (k0 + k1 p + · · · + kn pn ), dove
k0 6= 0 e 0 ≤ ki ≤ p − 1. Inoltre |k|p = p−m dove m è un intero positivo. Dunque
m=
ln(k) − ln(k0 + k1 p + · · · + kn pn )
ln(k)
≤
ln(p)
ln(p)
Allora
ln(k)
− ln(p)
|k|p = p−m ≥ p
Inoltre
m
−
lim |k|1/k
= lim p− k = lim p
p
k→∞
k→∞
=
(1.50)
1
k
(1.51)
ln(k)−ln(k0 +k1 p+···+kn pn )
k ln(p)
k→∞
=1
(1.52)
Poiché
1
= lim sup|k(k − 1) . . . (k − n + 1)fk |1/k
p
r(f (n) )
k→∞
(1.53)
1/k
1/k
1/k
= lim sup|k|1/k
p |k − 1|p . . . |k − n + 1|p |fk |p
k→∞
0
0
+n)
)
e poiché per la 1.49: limk→∞ |k − n|1/k
= limk0 →∞ |k 0 |1/(k
= limk0 →∞ |k 0 |1/(k
= 1, si
p
p
p
ottiene
1
1
=
(1.54)
(n)
r(f )
r(f )
Inoltre
1
r(f (−n) )
1
fk |1/k
p
k→∞ (k + 1)(k + 2) . . . (k + n)
1 1/k 1 1/k
1 1/k
= lim sup|
|p |
|p . . . |
| |fk |1/k
p
k+2
k+n p
k→∞ k + 1
= lim sup|
(1.55)
1 1/k
|p = 1; dunque
e per la 1.48 e 1.49: limk→∞ | k+n
1
r(f (−n) )
=
1
r(f )
(1.56)
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
12
Riassumendo
r(f (−n) ) = r(f ) = r(f (n) ),
n = 0, 1, . . .
(1.57)
Dal lemma 1.4.3 segue che se pγ < r(f ) < pγ+1 allora R(f ) = pγ e di conseguenza
R(f (n) ) = R(f ) = R(f (−n) )
n = 0, 1, . . .
(1.58)
Se r(f ) = pγ , invece, sono possibili due casi: 1)R(f ) = pγ per il quale si verifica che
(i) R(f (n) ) = R(f ) = R(f (−n) )
(ii) pR(f (−n) ) = R(f ) = R(f (n) )
n = 1, 2, . . . oppure
n = 1, 2, . . .
2)R(f ) = pγ−1 per il quale si verifica che
(i) R(f (n) ) = R(f ) = R(f (−n) )
(ii) R(f (−n) ) = R(f ) = p1 R(f (n) )
1.5
n = 1, 2, . . . oppure
n = 1, 2, . . .
Funzioni elementari
Consideriamo le funzioni elementari p-adiche exp x, ln(1 + x), sin(x), cos(x). Queste
funzioni, come nel caso reale, sono definite dalle serie
xk
k!
0≤k<∞
(1.59)
(−1)k+1 k
x
k!
1≤k<∞
(1.60)
sin(x) =
(−1)k 2k+1
x
(2k + 1)!
0≤k<∞
(1.61)
cos(x) =
(−1)k 2k
x
(2k)!
0≤k<∞
(1.62)
exp x =
ln(1 + x) =
X
X
X
X
Per studiare la convergenza di queste serie dobbiamo stimare |n!|p per ogni n ∈ N.
− n−sn
Si dimostra che |n!|p = p p−1 dove n = n0 + n1 p + · · · + ns ps ∈ Z+ e sn = 0≤j≤s nj .
La funzione exp x definita precedentemente è tale che (exp x)0 = exp x come nel caso
reale. Inoltre si ha che
k−sk
k−sk
1
1
1
= lim sup| |1/k = lim sup p k(p−1) = lim p k(p−1) = p p−1
(1.63)
k→∞
r(exp x)
k→∞ k!
k→∞
poiché limn→∞
sn
n
P
= 0. Dunque r(exp x) = p
1
− p−1
. Per p 6= 2 si ottiene
1
< r(exp x) < 1
p
(1.64)
e quindi
1
R(exp x) = R((exp x)(n) ) = ,
p
n∈Z
(1.65)
Per p = 2 si ottiene invece r(exp x) = 2−1 . Investighiamo la convergenza della serie che
definisce l’esponenziale sul cerchio |x|2 = 2−1 . Se prendiamo x = 2 allora |2|2 = 2−1 e
sk = 1. Dunque
2k
| |2 = 2−k 2k−1 = 2−1 9 0, k → ∞
(1.66)
k!
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
13
Dunque sul cerchio |x|2 = 2−1 la serie diverge. Allora per il lemma 1.4.3 si ha che il
raggio di convergenza è R(exp x) = 2−2 e quindi poiché (exp x)0 = exp x si ha
R(exp x) = R((exp x(n) ),
n∈Z
(1.67)
Dunque la funzione exp x può essere integrata e derivata termine a termine sempre sullo
stesso disco di convergenza. Indichiamo con Gp il disco di convergenza della serie che
definisce l’esponenziale. Gp è un gruppo additivo.
Proviamo ora le seguenti uguaglianze
|exp x − 1|p = |x|p ,
|exp x|p = 1,
x ∈ Gp
(1.68)
Dimostrazione. La seconda discende dalla prima. Proviamo dapprima che
|
dove p =
|
p−2
p−1
xk
| ≤ |x|p p(1−k)p ,
k! p
x ∈ Gp
(1.69)
per p 6= 2 e 2 = 1.
k−sk
k−sk
k−s
xk−1
xk
)
(1−k)(1− (p−1)(k−1)
(1−k)+ p−1k
= |x|p p
|p = |x|p |
|p ≤ |x|p p1−k p p−1 = |x|p p
k!
k!
≤ |x|p p(1−k)p , p 6= 2
(1.70)
poiché sk ≥ 1. Per p = 2 la dimostrazione è simile. Dunque si trova che
xk−1 xk ≤ |x|
=
|x|
max
p k∈Z p
k!
k!
+
p
p
1≤k<∞
X
|exp x − 1|p = (1.71)
dove nell’ultima disuguaglianza vale l’uguale essendo
k−1 x
(1−k)p )
< 1,
k! ≤ p
k = 2, 3, . . . ,
x ∈ Gp
(1.72)
p
xk−1 mentre per k = 1, k! = 1.
p
Procedendo come fatto per la funzione exp x si può dimostrare che ([23])
(i) R(ln(1 + x)) =
1
p
(ii) |ln(1 + x)|p = |x|p
x ∈ Gp
(iii) R(sin(x)) = R(cos(x)) =
(iv) |sin(x)|p = |x|p ,
1
p
|cos(x)|p = 1,
x ∈ Gp
dove ricordiamo che Gp = {x ∈ Qp : |x|p ≤ p−1 } Si può inoltre dimostrare che
sin2 (x) + cos2 (x) = 1 e che eτ x = cos x + τ sin x.
Consideriamo ora le funzioni
exp x,
cos(x),
sin(x)
,
x
ln(1 + x)
x
(1.73)
Queste funzioni sono quadrati di funzioni p-adiche in Gp . Per dimostrarlo abbiamo
bisogno del seguente importante
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
14
Lemma 1.5.1. L’equazione x2 = a, con a 6= 0 = pγ(a) (a0 + a1 p + . . . ) e 0 ≤ aj ≤
p − 1, a0 =
6 0 ammette soluzione per x ∈ Qp , se e solo se le seguenti condizioni sono
soddisfatte:
(i) γ(a) è pari
(ii)
a0
p
= 1 se p 6= 2, a1 = a2 = 0 se p = 2
Qui il simbolo
a0
p
(
:=
a0
p
è il simbolo di Legendre definito come segue
1,
−1,
se a0 è un residuo quadratico modulo p
se a0 non è un residuo quadratico modulo p
(1.74)
Dove a si dice residuo quadratico modulo p se l’equazione x2 ≡ a mod p ammette
soluzione in Z. Non daremo la dimostrazione di questo lemma.
Ora andando a considerare le precedenti funzioni abbiamo visto che le loro norme
(p-adiche) valgono 1 in Qp quindi si deve necessariamente avere γ(f (x)) = 0 che è pari.
Inoltre queste funzioni hanno la seguente forma canonica
1 + C(x)p + . . . ,
1 + C3 (x)23 + . . . ,
p 6= 2,
p=2
(1.75)
Dimostrazione. Supponiamo p =
6 2. Consideriamo la funzione exp x. La forma canonica
precedente per questa funzione deriva dalla relazione
|exp x − 1|p = |x|p ≤
1
,
p
x ∈ Gp
Per le altre funzioni la dimostrazione è simile. Per esempio consideriamo
questo caso si ha
(1.76)
sin(x)
x .
In
X
x2k
sin(x)
(−1)k 2k
≤ max p(1−2k−1)p
|
− 1|p = x − 1 ≤ max k∈Z+ (2k + 1)! k∈Z+
x
(2k
+
1)!
(1.77)
0≤k<∞
= p−2p = p
p−2
−2 p−1
Ora 2 p−2
p−1 ≥ 1. Infatti da questa equazione si ottiene p − 3 > 0 che è verificata poiché
stiamo assumendo p 6= 2. Dunque
p
p−2
−2 p−1
≤ p−1
(1.78)
e quindi la forma canonica 1.75 è valida anche in questo caso.
Dalla forma canonica 1.75 si vede subito che anche la seconda condizione, affinché
l’equazione x2 = a ammetta soluzione, è soddisfatta, poiché a0 = 1 e l’equazione x2 ≡ a0
mod p ammette soluzione in Z. Infatti si ha x = p − 1. In conclusione le funzioni 1.73
sono il quadrato di funzioni in Gp .
sin(x)
Introduciamo infine la funzione tan(x) := cos(x)
che ci sarà utile nel seguito. Si
vede immediatamente che le funzioni sin(x) e tan(x) sono mappe uno a uno del gruppo
additivo Gp in se stesso. Infatti |sin(x)|p = |x|p e |tan(x)|p = |x|p e dunque tali mappe
sono iniettive, poiché il loro kernel contiene solo lo zero.(Dimostrazione banale).
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
1.6
15
Caratteri Additivi sul campo Qp
In questa sezione introduciamo il concetto di carattere additivo di fondamentale
importanza nella trattazione dell’oscillatore armonico p-adico. Per le nozioni utilizzate in
questa sezione come quella di gruppo e sottogruppo, si può fare riferimento all’appendice.
Il campo Qp è un gruppo additivo mentre Qp = Qp \{0} è un gruppo moltiplicativo.
Un carattere additivo su Qp è una funzione a valori complessi χ(x) definita su Qp e
che soddisfa le condizioni:
|χ(x)| = 1
(1.79)
χ(x + y) = χ(x)χ(y),
x, y ∈ Qp
(1.80)
Analogamente si definiscono i caratteri additivi del sottogruppo Bγ , γ ∈ Z, del
gruppo Qp . Ogni carattere additivo di Qp è anche un carattere del generico sottogruppo
Bγ .
La funzione
χp (ξx) = exp(2πi{ξx}p )
(1.81)
per ogni fissato ξ ∈ Qp è un carattere additivo di Qp . Infatti dalla definizione di parte
frazionaria si ha che:
{x + y}p = {x}p + {y}p − N,
N = 0, 1
(1.82)
Dato un generico carattere additivo χ(x) valgono le seguenti proprietà
χ(0) = 1,
χ(−x) = χ−1 (x) = χ(x),
χ(nx) = {χ(x)}n ,
n∈Z
(1.83)
Il nostro obiettivo è provare che la formula 1.82 da una rappresentazione generale
dei caratteri additivi del campo Qp .
Investighiamo prima i caratteri del gruppo Bγ.
Proposizione 1.6.1. Ogni carattere additivo, χ(x), su Bγ può essere rappresentato
nella forma
χ(x) = χp (ξx)
(1.84)
Dimostrazione. Sia χ 6= 1 un carattere. Proviamo che esiste k ∈ Z tale che
χ(x) ≡ 1,
x ∈ Bk
(1.85)
Poiché χ(0) = 1, |χ(x)| = 1 e χ(x) è una funzione continua su Bγ è possibile scegliere
quel ramo della funzione ln χ(x) = i arg χ(x) che sia continua in 0 e arg χ(0) = 0. In
particolare esiste k ∈ Z tale che |arg χ(x)| < 1 per ogni x ∈ Bk .
Considerato che nx ∈ Bk per ogni x ∈ Bk e n ∈ Z+ concludiamo che
1
1
1
|arg χ(x)| = | arg χ(x)n | = | arg χ(nx)| < ,
n
n
n
n ∈ Z+ ,
x ∈ Bk
(1.86)
Dunque arg χ(x) = 0 e χ(x) ≡ 1, x ∈ Bk . Assumiamo che il disco Bk sia massimale e
cioè essendo χ(x) 6= 1 in Bγ allora k < γ. Proviamo ora che per ogni intero r, k < r ≤ γ,
si ha
χ(p−r ) = exp(2πimp−r+k ), m = 1, 2, . . . , pγ−k − 1
(1.87)
dove m non dipende da r. Per r = γ si ha
γ−k
1 = χ(p−k ) = χ(p−γ+γ−k ) = [χ(p−r )]p
(1.88)
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
16
da cui segue che
χ(p−r ) = exp(2πimp−r+k )
(1.89)
Per k < r < γ
χ(p−r ) = χ(p−r+γ−γ ) = [χ(p−γ )]p
γ−r
(1.90)
e per quanto dimostrato precedentemente si ha
χ(p−γ ) = exp(2πimp−γ+k )
(1.91)
dunque
χ(p−r ) = exp(2πimp−r+k )
(1.92)
Poniamo ora ξ =
dove |ξ|p = p−k |m|p > p−k p−γ+k = p−γ e |ξ|p
|m|p ≤ 1. Osserviamo che {ξp−γ }p = {p−γ pk m}p = {p−γ+k }p m − N
Dunque χ(p−γ ) = χp (p−γ ξ). Poiché χ(nx) = [χ(x)]n allora
pk m
χ(p−r ) = χ(p−r+γ−γ ) = [χ(p−γ )]p
γ−r
= [χp (p−γ ξ)]p
γ−r
p−k
≤
poiché
dove N ∈ N.
= χp (p−r ξ),
k<r≤γ
(1.93)
ξ può essere preso appartenente a Qp con l’unica condizione p−k > |ξ|p > p−γ . Infatti
supponiamo ξ = pk m dove m ∈ Qp non è necessariamente un numero intero ma
p−γ+k < |m|p < 1. Possiamo sempre scrivere m = n + l dove n è un intero tale
che p−γ+k < |n|p < 1 mentre l ∈ Qp e |l|p < p−γ+k . Allora {ξp−r }p = {p−r+k n +
p−r+k l}p = {p−r+k }p n + {p−r+k l}p . L’ultimo termine è chiaramente nullo perché
|p−r+k |lp < pγ−r < p−γ+r < 1, quindi l’ordine di questo numero è positivo; da ciò deriva
che la sua parte frazionaria è nulla.
Sia ora x ∈ Bγ \Bk . La seguente rappresentazione è valida
χ(x) = χp (ξx),
ξ ∈ Qp ,
p−k > |ξ|p > p−γ
(1.94)
Infatti sia x ∈ Bγ \Bk . Tale x può essere rappresentato nella forma
x = x0 p−r + x1 p−r+1 + · · · + xr−k−1 p−k−1 + x0 ,
x0 ∈ Bk ,
x0 6= 0
(1.95)
per k < r ≤ γ. Utilizzando la rappresentazione 1.93 e la 1.85 si ottiene:
χ(x) = [χ(p−r )]x0 [χ(p−r+1 )]x1 . . . [χ(p−k−1 )]xr−k−1 χ(x0 )
= [χp (p−r ξ)]x0 [χp (p−r+1 ξ)]x1 . . . [χp (p−k−1 ξ)]xr−k−1 χp (ξx0 )
−r
= χp (x0 p
−r+1
ξ + x1 p
ξ + · · · + xr−k−1 p
−k−1
(1.96)
0
ξ + x ξ) = χp (xξ)
dove r − 1, r − 2, . . . , k + 1 > k. L’uguaglianza χ(x0 ) = χp (x0 ξ) è giustificata poiché
χ(x0 ) = 1 e {x0 ξ}p , con p−k > |ξ|p > p−γ+1 , è uguale a zero essendo l’ordine di x0 ξ > 0.
Dunque abbiamo dimostrato che un generico carattere su Bγ può essere rappresentato
come χx = χp (ξx) dove p−k > |ξ|p > p−γ .
Si può ulterirmente dimostrare che ogni carattere additivo in Qp può essere scritto
nella forma
χ(x) = χp (ξx), ξ ∈ Qp
(1.97)
La mappa ξ → χp (ξx) è un omomorfismo del gruppo additivo del campo Qp sul gruppo (moltiplicativo) dei caratteri additivi. Infatti ξ + ψ → χp ((ξ + ψ)x) = χp (ξx)χp (ψx).
Questo omomorfismo è un’applicazione suriettiva e iniettiva. La suriettività è già
stata dimostrata. L’iniettività si dimostra come segue: se χp (ξ1 x) = χp (ξ2 x) per
ogni x ∈ Qp allora χp (ξ1 x)[χp (ξ2 x)]−1 = 1. Poiché [χp (ξ2 x)]−1 = χp (−ξ2 x) allora
χp (ξ1 x)χp (−ξ2 x)] = χp ((ξ1 − ξ2 )x) = 1 per ogni x ∈ Qp . Ma questo si verifica solo se
(ξ1 − ξ2 )x per ogni x ∈ Qp e quindi ξ1 = ξ2 . Dunque si ha il seguente
CAPITOLO 1. IL CAMPO DEI NUMERI P-ADICI
17
Teorema 1.6.1. Il gruppo dei caratteri additivi del campo Qp è isomorfo al gruppo
additivo di Qp e la mappa ξ → χp (ξx) descrive tale isomorfismo.
Capitolo 2
Teoria della misura e teoria
dell’integrazione
Introduciamo ora la teoria della misura su Qp per poter poi dare stabilire una teoria
dell’integrazione. In questo capitolo faremo riferimento a [23] e a [10]
2.1
Gruppi abeliani localmente compatti e misura di Haar
Definizione 2.1.1 (Gruppo Topologico). Un gruppo topologico è un gruppo G con un
a topologia tale che le funzioni x → x−1 e (x, y) → xy sono funzioni, rispettivamente di
G → G e G × G → G, continue nel senso della topologia.
Definizione 2.1.2 (Gruppo compatto). Un gruppo compatto è un gruppo topologico la cui topologia è compatta, ovvero per ogni suo ricoprimento aperto esiste un
sottoricoprimento finito.
Definizione 2.1.3 (Gruppo localmente compatto). Un gruppo localmente compatto è
un gruppo topologico la cui topologia è localmente compatta, ovvero per ogni suo punto
esiste un insieme aperto (quindi per definizione appartenente alla topologia) tale che la
chiusura di tale aperto è un insieme compatto.
Queste definizioni sono importanti perché i numeri p-adici e gli adeli (che verrano
introdotti in seguito) sono gruppi abeliani localmente compatti. Sui gruppi localmente
compatti è possibile definire una misura di Haar che poi ci permetterà di costruire la
teoria dell’integrazione. Prima di dare la definizione di tale misura abbiamo bisogno di
alcune definizioni
Definizione 2.1.4 (σ-algebra). Una σ-algebra su di un insieme Ω, è una famiglia di
sottoinsiemi di Ω chiusa rispetto all’unione numerabile e al passaggio al complementare.
Se G è una σ-algebra su un insieme Ω tale insieme viene detto spazio di misura, o spazio
misurabile.
Definizione 2.1.5 (Misura). Una misura su di una σ-algebra G è una funzione µ che
assegna un valore reale positivo ad ogni elemento della σ-algebra, in maniera tale da
essere numerabilmente additiva.
Definizione 2.1.6 (σ-algebra di Borel). La σ-algebra di Borel, è la più piccola σ-algebra
su di un insieme dotato di struttura topologica che sia compatibile con la topologia
stessa, ovvero che contenga tutti gli aperti della topologia. Gli elementi di tale σ-algebra
sono detti Boreliani.
18
CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 19
Definizione 2.1.7 (Misura regolare esterna e interna). Sia X un insieme dotato di
struttura topologica, e sul quale sia definita la σ-algebra di Borel. Sia E un Boreliano di
X. Sia µ una misura di Borel sulla σ-algebra di X. µ è detta esternamente regolare se
µ(E) = inf{µ(O) : E ⊂ O,
O aperto}
(2.1)
dove per aperto si intende un insieme contenuto nella topologia di X (quindi appartenente
alla σ-algebra di Borel, e quindi misurabile). Inoltre µ è detta internamente regolare se
µ(E) = sup{µ(K) : K ⊂ E,
K compatto}
(2.2)
dove chiaramente i compatti K devono appartenere al sigma-algebra e devono dunque
essere misurabili.
Definizione 2.1.8 (Misura di Radon). Una misura di Radon su un insieme X è una
misura di Borel, µ, tale che µ è finita su tutti gli insiemi compatti, internamente regolare
su tutti gli insiemi aperti, ed esternamente regolare su tutti gli insiemi di Borel. (Poiché
tra gli insieme di Borel, ovvero gli elementi della σ-algebra su cui abbiamo definito la
misura, troviamo anche gli insiemi aperti, si ha che misura esterna e misura interna
coincidono sugli aperti della topologia).
Definizione 2.1.9 (Misura di Haar). Sia G un gruppo localmente compatto ed E un
insieme di Borel. Una misura di Borel, µ, su G è invariante a sinistra (a destra) se
µ(xE) = µ(E) (µ(Ex) = µ(E)) per ogni x ∈ G. Una misura di Haar sinistra (destra) è
una misura invariante a sinistra (invariante a destra) di Radon, su G.
Un esempio di misura di Haar è la misura di Lebesgue definita sulla σ-algebra di
Lebesgue di R ristretta agli insiemi di Borel.
Teorema 2.1.1. Ogni gruppo abeliano localmente compatto possiede una misura di
Haar (invariante a destra e a sinistra). Inoltre tale misura è unica a meno di una
costante positiva.
Poichè Qp è un gruppo abeliano localmente compatto, con la topologia naturale
delle palle aperte, è possibile definire su di esso una misura di Haar.
Abbiamo già definito il concetto di carattere, nel caso particolare in cui G = Qp .
Vediamo ora come tale concetto sia utile a definire diversi oggetti matematici che ci
saranno utili nel seguito.
Definizione 2.1.10. Sia G un gruppo. L’insieme dei caratteri di G equipaggiato con
l’operazione di moltiplicazione puntuale, cioè χα χβ (g) = χα (g)χβ (g), è detto gruppo
puntuale di Pontryagin, ed è indicato con Ġ. Su Ġ consideriamo la topologia compattaaperta, la cui definizione rimandiamo a testi specialistici. Questa è la topologia in cui
la convergenza è data dalla convergenza uniforme su insiemi compatti.
Vale la seguente
Proposizione 2.1.1. Se G è un gruppo abeliano localmente compatto allora Ġ è un
gruppo abeliano localmente compatto.
Definizione 2.1.11 (Funzione misurabile). Sia (X, F ) uno spazio misurabile e (Y, G )
uno spazio topologico. Un’applicazione f : X → Y viene detta misurabile se la
controimmagine di ogni elemento di G è in F .
CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 20
Definizione 2.1.12 (Funzioni Integrabili). Una funzione f misurabile, su un gruppo
localmente compatto G, (sul quale esiste la misura di Haar), è integrabile se
kf k1 =
Z
|f | dµ(g) < ∞
(2.3)
G
dove il significato dell’integrale è dato come al solito in termini di integrali di funzioni
semplici. (Vedi [12])
Lo spazio L1 (G) è l’insieme delle funzioni integrabili su G in cui funzioni uguali
quasi ovunque (cioè con la stessa norma) vengono identificate con lo stesso elemento.
Analogamente si può definire l’insieme delle funzioni misurabili, modulo quadro
integrabili, L2 (G) che costituisce uno spazio di Hilbert con prodotto scalare
Z
(f, h) =
f (g)h(g)dµ(g)
(2.4)
|f (g)|2 dµ(g)
(2.5)
G
e norma
Z
kf k2 =
G
La trasformata di Fourier è uno strumento molto utile.
Definizione 2.1.13 (Trasformata di Fourier). Sia G un gruppo abeliano localmente
compatto e sia f ∈ L1 (G). Allora la trasformata di Fourier F manda la funzione f in
una funzione F f definita su Ġ come segue
F f (ξ) =
Z
f (g)ξ(g) dµ(g),
ξ ∈ Ġ
(2.6)
G
Teorema 2.1.2 (Plancherel). La trasformata di Fourier in L1 (G) ∩ L2 (G) si estende
in maniera unica ad un isomorfismo unitario di L2 (G) in L2 (Ġ).
(per una dimostrazione [12]).
Proposizione 2.1.2. Sia G un gruppo compatto e µ la sua misura di Haar normalizzata
in modo tale che µ(G) = 1. Allora Ġ forma una base ortonormale in L2 (G).
R
Dimostrazione. Sia χ ∈ Ġ. Sappiamo che G χ(g)χ(g) dµ(g) = 1 poiché χ(g)χ(g) = 1.
Ora sia η ∈ Ġ diverso da χ. Poiché Ġ è un gruppo allora esiste η −1 ∈ Ġ. Inoltre esiste
h ∈ G tale che χη −1 (h) 6= 1. Allora
Z
Z
χη(g) dµ(g) =
G
χη
−1
(g) dµ(g) = χη
−1
Z
(h)
G
χη −1 (g − h) dµ(g)
(2.7)
G
dove nell’ultimo passaggio abbiamo utilizzato il fato che χ e η sono caratteri additivi.
Facciamo la sostituzione g 0 = g − h. Per l’invarianza rispetto alle traslazioni della misura
di Haar si ottiene che il precedente integrale è uguale a
χη −1 (h)
Z
χη −1 (g 0 ) dµ(g 0 )
(2.8)
G
Poiché chiη −1 (h) 6= 1 allora G χη −1 (g 0 ) dµ(g 0 ) = 0. Dunque i caratteri del gruppo G
formano un insieme ortonormale.
Sia f ∈ L2 (G). Se
Z
R
G
f (g)χ(g) dµ(g) = F f (χ) = 0
(2.9)
CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 21
per ogni χ ∈ Ġ, allora si ha f = 0 per il teorema di Plancherel; infatti essendo la
trasformata di Fourier un isomorfismo di L2 (G) in L2 (Ġ) tale applicazione è iniettiva e
dunque il Kernel contiene solo la funzione nulla. Ora questo dimostra che il sistema
ortonormale dei caratteri è chiuso e quindi è completo, cioè ogni funzione di L2 (G) può
essere espansa su tale insieme in maniera unica.
Proposizione 2.1.3. Se G è compatto allora Ġ è discreto.
Enunciamo infine per completezza un importante teorema
Teorema 2.1.3 (Teorema di Dualità di Pontryagin). Sia G un gruppo abeliano localmente compatto. Sia Φx un elemento del doppio duale di G, G̈, che agisce come
segue
Φx (ξ) = ξ(x)
(2.10)
Allora Φ : G → G̈ è un isomorfismo algebrico e topologico.
Questo teorema significa che possiamo confondere G con G̈.
2.2
Integrazione su Qp
D’ora in poi considereremo tutte le funzioni definite su Qp a valori complessi. Inoltre
poiché Qp è uno spazio metrico completo la sua topologia è quella naturale, ovvero
quella delle palle aperte. Si può dimostrare che Qp è un gruppo abeliano (rispetto
all’addizione) localmente compatto; allora su di esso esiste la misura di Haar, una misura
positiva invariante rispetto alla traslazione, d(x + a) = dx. Normalizziamo la misura dx
in modo tale che
Z
dx = 1
|x|p ≤1
Una funzione f ∈ L1loc è detta integrabile su Qp (integrale improprio) se esiste
Z
lim
N →∞ BN
X
f (x) dx = lim
N →∞
Z
−∞<γ≤N
f (x) dx
Sγ
Questo limite è detto integrale (improprio) della funzione f su Qp , e viene indicato con
Z
f (x) dx
Qp
Analogamente si definisce l’integrale improprio rispetto ad un punto a ∈ Qp : se f ∈
L1loc (Qp \{a}) allora
Z
f (x) dx = lim
Qp
X
N →∞
M →∞ M ≤γ≤N
Z
f (x) dx
Sγ (a)
dove Sγ è l’insieme {x ∈ Sγ : |x|p = 1}.
Lemma 2.2.1. La misura µc data da µc (X) = µ(cX) per un insieme di Borel X in Qp
è anch’essa una misura di Haar. Inoltre si ha
µc (X) = µ(cX) = |c|p µ(X)
(2.11)
CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 22
Dimostrazione. Per a e c ∈ Qp e X ⊂ Qp si ha
µc (a + X) = µ(ca + cX) = µ(cX) = µc (X)
(2.12)
e dunque µc è una misura di Haar (sinistra). Inoltre per il teorema 1.8.2 tale misura è
unica a meno di una costante positiva e quindi µc (X) = f (c)µ(X). Supponiamo che il
numero p-adico c abbia norma p-adica p−n con n ∈ Z. Poiché c può essere scritto in
maniera unica come c = upn con |u|p = 1 e poiché uZp = Zp , allora
µc (Zp ) = µ(cZp ) = µ(pn uZp ) = µ(pn Zp )
(2.13)
Ora si dimostra che µ(pn Zp ) = p−n . Infatti dati gli insiemi A = {x ∈ Zp : a0 = a} e
B = {x ∈ Zp : a0 = b}, con 0 ≤ a, b ≤ p − 1, si vede che per l’invarianza rispetto alle
traslazioni si ha µ(A) = µ(B). Ora se prendiamo b = 0 avremo B = pZp e dunque
S
µ(A) = µ(pZp ). Poiché Zp = i Ai , dove Ai = {x ∈ Zp : a0 = ai } e ai = 0, 1, . . . , p − 1,
e poiché la misura è additiva sull’unione numerabile di insiemi disgiunti (in questo caso
P
gli Ai sono in numero finito e disgiunti), allora µ(Zp ) = p−1
i=0 µ(Ai ). Ma gli Ai hanno
tutti la stessa misura per quanto visto prima e dunque µ(Zp ) = pµ(A) = pµ(pZp ). Ora
poiché µ(Zp ) = 1 si ha µ(pZp ) = 1/p. Procedendo in maniera analoga si ottiene che in
genrale µ(pn Zp ) = p−n . Tornando alla precedente equazione si può dunque scrivere
µc (Zp ) = p−n µ(Zp ) = |c|p µ(Zp )
(2.14)
Dunque f (c) = |c|p e quindi in generale si avrà
µc (X) = µ(cX) = |c|p µ(X)
(2.15)
Di seguito diamo alcuni esempi di calcolo integrale.
Esempio 1.
Z
dx = pγ ,
γ∈Z
Bγ
Infatti
Z
Z
−γ
d(p
dx =
|x|p ≤pγ
y) = |p
−γ
|y|p ≤1
|p
Z
dy = pγ
B0
Esempio 2.
1
dx = pγ (1 − )
p
Sγ
Z
Infatti
Z
Z
dx −
dx =
Sγ
Bγ
Z
dx = pγ − pγ−1
Bγ−1
Esempio 3.
1
f (|x|p ) dx = 1 −
p
Qp
Z
X
f (pγ )pγ
−∞<γ<∞
Esempio 4.
Z
B0
|x|α−1
=
p
1 − p−1
,
1 − p−α
α>0
Esempio 5.
Z
B0
ln |x|p dx = −
ln p
p−1
CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 23
Infatti
X
ln p
1
ln p
(−γ)p−γ = −
ln |x|p dx = 1 −
p
p−1
|x|p ≤1
0≤γ<∞
Z
poiché
γp−γ =
X
0≤γ<∞
p
(p − 1)2
Esempio 6.
(
Z
χp (ξx) dx =
Bγ
|ξ|p ≤ p−γ
|ξ|p ≥ p−γ+1 ,
pγ ,
0,
γ∈Z
Infatti per |ξ|p ≤ p−γ si ha |ξx|p ≤ 1 e dunque χp (ξx) = 1. Dunque
Z
Z
dx = pγ
χp (ξx) dx =
Bγ
Bγ
Se |ξ|p ≥ p−γ+1 per x0 ∈ Sγ si ha |ξx|p ≥ p e dunque χp (ξx) 6= 1. Eseguendo il cambio
di variabile x = y − x0 si ottiene
Z
Z
χp (ξx) dx =
Bγ
Bγ (x0 )
χp (ξ(y − x0 ) dy = χp (−ξx0 )
Z
Bγ (x0 )
χp (ξy) dy
Ora si ha che Bγ (x0 ) = Bγ se |x0 |p ≤ pγ . Dunque
Z
Z
0
χp (ξx) dx = χp (−ξx )
Bγ
χp (ξy) dy
Bγ
Poiché χp (ξx) 6= 1 si deve avere che
Z
χp (ξx) dx = 0
Bγ
Esempio 7.
Z
χp (ξx) dx =
Sγ
 
γ 1− 1 ,

p

p

|ξ|p ≤ p−γ
−pγ−1 ,




|ξ|p = p−γ+1
|ξ|p ≥ p−γ+2
0,
Esempio 8. Se
0≤γ<∞ |f (p
P
−γ )|p−γ
< ∞ allora per ξ 6= 0
X
1
−1
−1
f (|x|p )χp (ξx) dx = = 1 −
|ξ|−1
p−γ f (p−γ |ξ|−1
p
p ) − |ξ|p f (p|ξ|p )
p
Qp
0≤γ<∞
Z
Infatti indicando con |ξ|p = pN si ha
Z
f (|x|p )χp (ξx) dx =
Qp
Z
X
f (pγ )χp (ξx) dx
−∞<γ<∞ Sγ
= 1−
= 1−
1
p
X
f (pγ )pγ − f (p−N +1 )p−N
−∞<γ≤−N
1 −N X
p
f (p−γ−N )p−γ − f (p−N +1 )p−N
p
0≤γ<∞
CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 24
Esempio 9.
Z
ξ 6= 0
χp (ξx) dx = 0,
Qp
Segue dall’esempio precedente con f ≡ 1.
Esempio 10.
Z
|x|pα−1 χp (ξx) dx =
Qp
.
Segue dall’Esempio8 per f = |x|α−1
p
Esempio 11.
Z
1 − pα−1 −α
|ξ| ,
1 − p−α p
ln |x|p χp (ξx) dx = −
Qp
p ln p −1
|ξ| ,
p−1 p
α>0
ξ 6= 0
Segue dall’Esempio8 per f = ln |x|p
Esempio 12.
Z
dx = pγ−1 ,
Sγ ,x0 =k
γ ∈ Z,
k = 0, 1, . . . , p − 1
Molto importanti nell’ambito della teoria dell’integrazione sono gli integrali gaussiani
la cui trattazione viene svolta in maniera esauriente in [23]. Incontreremo alcuni di tali
integrali nel corso della trattazione che introdurremo di volta in volta all’occorrenza.
2.3
Trasformata di Fourier in Qp
Prima di tutto definiamo le funzioni test. Queste funzioni posseggono la trasformata
di Fourier e il loro insieme è invariante rispetto a tale trasformazione. Esse sono l’analogo
delle funzioni di Schwartz nel caso reale.
Definizione 2.3.1 (Funzioni test o funzioni di Schwartz-Bruhat). Una funzione test, φ,
in Qp è una funzione localmente costante con supporto compatto. Localmente costante
significa che esiste m ∈ Z tale che per ogni x ∈ Qp , φ(x + t) = φ(x) se |t|p ≤ pm . Lo
spazio delle funzioni test è indicato con D(Qp ).
Dire che una funzione ha supporto compatto significa che esiste n ∈ Z tale che
φ(x) = 0 per |x|p ≥ pn . Si può dimostrare che anche in Qp un insieme è compatto se e
solo se è chiuso e limitato.
Definizione 2.3.2 (Trasformata di Fourier). La trasformata di Fourier di una funzione
test p-adica è data da
F φ(u) =
Z
χu (x)φ(x) dx,
u ∈ Qp
(2.16)
Qp
dove χu (x) = e2πi{ux} ovvero è un carattere additivo di Qp . Poiché esiste un isomorfismo
topologico e algebrico, u → χu , tra i caratteri additivi del gruppo additivo Qp e il
gruppo stesso, possiamo identificare Qp con Q̇p , che è il suo duale di Pontryagin.
Lemma 2.3.1. La trasformata di Fourier di una funzione test p-adica è ancora una
funzione test p-adica.
CAPITOLO 2. TEORIA DELLA MISURA E TEORIA DELL’INTEGRAZIONE 25
Dimostrazione. Sia φ(x) = 0 quando |x|p ≥ pn e φ(x + t) = φ(x) per |t| ≤ pm . Per
provare che F φ(u) ha supporto compatto indichiamo con y la variabile d’integrazione
F φ(u) =
Z
χu (y)φ(y) dµ(y)
(2.17)
Qp
Ora effettuiamo la sostituzione y = x + t dove |t|p = pm . Si ottiene
Z
F φ(u) = χu (t)
χu (x)φ(x + t) dµ(x + t)
(2.18)
Qp
Ora poiché |t|p = pm allora φ(x + t) = φ(x). Inoltre poiché la misura è invariante per
traslazioni si ha
F φ(u) = χu (t)
Z
χu (x)φ(x) dµ(x) = χu (t)F φ(u)
(2.19)
Qp
Ricordando che χu (t) = e2πi{ut} si ha che se |u|p > p−m allora χu (t) 6= 1 poiché la parte
frazionaria di ut sarebbe diversa da zero. Allora si deve avere che F φ(u) = 0. Inoltre
poiché φ(x) = 0 per |x|p ≥ pn allora
F φ(u) =
Z
|x|p <pn
χu (x)φ(x) dµ(x)
(2.20)
Dunque
F φ(u + t) =
Z
Z
|x|p <pn
χu+t (x)φ(x) dµ(x) =
|x|p <pn
χt (x)χu (x)φ(x) dµ(x)
(2.21)
dove nell’ultimo abbiamo utilizzato il fatto che il gruppo dei caratteri additivi su Qp è
omomorfo a Qp . Ora si vede che F φ(u + t) = F φ(u) per |t|p ≤ p−n poiché in tal caso
χt (x) = e2πi{tx} = 1 per |x|p < pn . Dunque F φ(u) è una funzione test.
Si può dimostrare che lo spazio delle funzioni test è denso in L2 (Qp ) nel senso della
norma L2 . Il prodotto scalare in L2 (Qp ) è dato da
Z
φ(x)ψ(x) dµ(x),
(φ, ψ) =
φ, ψ ∈ L2 (Qp )
(2.22)
Qp
Infine notiamo che, per il teorema di Plancherel, é possibile estendere la trasformata
di Fourier a tutto L2 (Qp ). Tale estensione avviene per mezzo delle funzioni test. (Per
dettagli vedi [12]).
Capitolo 3
Il Formalismo della Meccanica
Quantistica
In questo capitolo si espongono alcuni concetti fondamentali della meccanica quantistica, come l’operatore evoluzione, e si introduce il formalismo di Feynman ([9],
[8]).
3.1
Operatore evoluzione
Poiché l’equazione di Schrodinger è un’equazione differenziale di primo grado nel
tempo, lo stato ψ(t) è determinato per ogni t una volta noto per un qualche istante t0 .
Potremmo dunque introdurre un operatore evoluzione, U (t, t0 ) definito come segue
ψ(t) = U (t, t0 )ψ(t0 )
(3.1)
U (t0 , t0 ) = I
(3.2)
con
Applicando due volte la definizione si trova
ψ(t0 ) = U (t0 , t)ψ(t) = U (t0 , t)U (t, t0 )ψ(t0 ) = U (t0 , t0 )ψ(t0 )
(3.3)
U (t0 , t0 ) = U (t0 , t)U (t, t0 )
(3.4)
Dunque
Inoltre
ψ(t0 ) = U (t0 , t)ψ(t) = U (t0 , t)U (t, t0 )ψ(t0 )
ψ(t) = U (t, t0 )ψ(t0 ) = U (t, t0 )U (t0 , t)ψ(t)
(3.5)
Di conseguenza
U −1 (t, t0 ) = U (t0 , t)
(3.6)
Da queste considerazioni si deduce in maniera del tutto generale che l’operatore
evoluzione può essere considerato una rappresentazione del gruppo additivo su R.
In realtà tale rappresentazione è anche unitaria poiché U (t, t0 ) è un operatore
unitario. Infatti dalla conservazione della probabilità si ha
hψ(t)|ψ(t)i = hψ(t0 )|ψ(t0 )i
26
(3.7)
CAPITOLO 3. IL FORMALISMO DELLA MECCANICA QUANTISTICA
27
Inserendo la definizione di operatore evoluzione
hψ(t)|ψ(t)i = hψ(t0 )|U † (t, t0 )U (t, t0 )|ψ(t0 )i
= hψ(t0 )|ψ(t0 )i
(3.8)
Dunque
U † (t, t0 )U (t, t0 ) = I
(3.9)
Analogamente partendo da hψ(t0 )|ψ(t0 )i si trova che
hψ(t0 )|ψ(t0 )i = hψ(t)|U † (t0 , t)U (t0 , t)|ψ(t)i = hψ(t)|ψ(t)i
(3.10)
U † (t0 , t)U (t0 , t) = I
(3.11)
e quindi
Consideriamo il seguente teorema
Teorema 3.1.1. Sia dato un operatore (A, DA ), dove DA è il dominio di tale operatore,
ed esista l’inverso (A−1 , DA−1 ). Se DA e DA−1 sono densi nello spazio di Hilbert allora
risulta (A† )−1 = (A−1 )† .
Poiché l’operatore evoluzione ammette inverso e il suo dominio coincide con tutto lo
spazio di Hilbert siamo nelle ipotesi del teorema. Di conseguenza dalla 3.11 discende
che
U (t, t0 )U † (t, t0 ) = I
(3.12)
In conclusione l’operatore evoluzione è un operatore unitario, e quindi è una rappresentazione unitaria del gruppo additivo su R. Tale unitarietà è collegata alla hermicità
dell’Hamiltoniana. Infatti sostituendo l’espressione ψ(t) = U (t, t0 )ψ(t0 ) nell’equazione
di Schrodinger si ottiene la seguente equazione per l’operatore evoluzione
ih
d
U (t, t0 ) = HU (t, t0 )
dt
(3.13)
con la condizione iniziale U (t0 , t0 ) = I. Considerando la variazione dell’operatore
evoluzione dopo un intervallo di tempo arbitrariamente piccolo e l’equazione precedente
si trova che
i~(U (t0 + δt, t0 ) − U (t0 , t0 )) = HU (t0 , t0 )δt
(3.14)
Utilizzando la condizione iniziale U (t0 , t0 ) = I si ottiene al primo ordine in δt
i
U (t0 + δt, t0 ) = I − Hδt
~
(3.15)
Dunque H è il generatore infinitesimo di una trasformazione unitaria infinitesima, in
particolare di una traslazione temporale infinitesima, descritta dall’operatore evoluzione
U (t0 + δt, t0 ).
Se consideriamo il caso particolare di un’Hamiltoniana indipendente dal tempo, una
soluzione dell’equazione per l’operatore evoluzione, con la condizione iniziale U (t0 , t0 ) = I
è data da
1
U (t, t0 ) = exp − H(t − t0 )
(3.16)
~
come si può facilmente verificare ricordando che una funzione di un operatore è definita
dalla sua espansione in serie e cioè
X 1 −i
1
exp − H(t − t0 ) =
~
~
n n!
n
H n (t − t0 )n
(3.17)
CAPITOLO 3. IL FORMALISMO DELLA MECCANICA QUANTISTICA
28
Dunque una soluzione formale dell’equazione di Schrodinger per una Hamiltoniana
indipendente dal tempo H è data da
1
ψ(t) = exp − H(t − t0 )ψ(t0 )
~
3.2
(3.18)
Propagatore per l’equazione di Schrodinger
Il problema è quello di riuscire a collegare direttamente lo stato di un sistema a
due istanti differenti. Questo è possibile se utilizziamo l’operatore evoluzione poichè
possiamo scrivere
|ψ(t2 )i = U (t2 , t1 ) |ψ(t1 )i
(3.19)
Dato |ψ(t2 )i è semplice trovare la funzione d’onda associata ψ(r~2 , t2 )
ψ(r~2 , t2 ) = hr~2 |ψ(t2 )i
(3.20)
Sostituendo l’espressione per |ψ(t2 )i e inserendo la relazione di chiusura
Z
dr~1 |r~1 i hr~1 | = 1
(3.21)
tra U (t2 , t1 ) e |ψ(t1 )i si ottiene
Z
ψ(r~2 , t2 ) =
dr~1 hr~2 |U (t2 , t1 )|r~1 i hr~1 |ψ(t1 )i =
Z
dr~1 hr~2 |U (t2 , t1 )|r~1 i ψ(r1 , t1 )
(3.22)
Ponendo hr~2 |U (t2 , t1 )|r~1 i = K(r~2 , t2 , r~1 , t1 ) si può scrivere
Z
ψ(r~2 , t2 ) =
dr~1 K(r~2 , t2 , r~1 , t1 )ψ(r1~, t1 )
(3.23)
Poiché ci interessa utilizzare questa espressione solo per t2 > t1 possiamo porre K = 0
per t2 < t1 . L’esatta definizione di K(r~2 , t2 , r~1 , t1 ) diventa dunque
K(r~2 , t2 , r~1 , t1 ) = hr~2 |U (t2 , t1 )|r~1 i θ(t2 − t1 )
(3.24)
dove θ(t2 − t1 ) è la funzione gradino.
Dalla definizione del propagatore se ne deduce direttamente il significato fisico. Esso
rappresenta l’ampiezza di probabilità che una particella che si trovi nella posizione r~1
all’istante t1 si venga a trovare nella posizione r~2 all’istante t2 .
Supponiamo ora che l’hamiltoniana non dipenda esplicitamente dal tempo e indichiamo con |ψn i e En i suoi autostati e i suoi autovalori. L’operatore evoluzione è dato
da
U (t2 , t1 ) = e−iH(t2 −t1 )/h
(3.25)
La relazione di chiusura
X
|ψn i hψn | = 1
(3.26)
ci permette di scrivere
U (t2 , t1 ) = e−iH(t2 −t1 )/h
X
|ψn i hψn |
(3.27)
e−iEn (t2 −t1 )/h |ψn i hψn |
(3.28)
Poiché H |ψn i = En |ψn i si ha
U (t2 , t1 ) =
X
CAPITOLO 3. IL FORMALISMO DELLA MECCANICA QUANTISTICA
29
Dunque il propagatore si può scrivere come
K(r~2 , t2 , r~1 , t1 ) = hr~2 |U (t2 , t1 )|r~1 i θ(t2 − t1 )
= θ(t2 − t1 )
X
ψn (r~1 )ψn (r~2 )e−iEn (t2 −t1 )/h
(3.29)
poiché
3.3
hr~2 |ψn i = ψn (r~2 )
(3.30)
hψn |r~1 i = ψn (r~1 )
(3.31)
Integrali di cammino
Una formulazione alternativa della meccanica quantistica, sviluppata da R.P. Feynman, è strettamente legata alla Lagrangiana classica del sistema e agli integrali di
cammino.
Consideriamo il moto unidimensionale di una parrticella di massa m in un potenziale
indipendente dal tempo V (x). La Lagrangiana classica del sistema è
L = T − V (x)
(3.32)
dove T è l’energia cinetica
1
T = mẋ2
2
L’equazione del moto è data dall’equazione di Eulero-Lagrange
d ∂L
dt dẋ
−
∂L
=0
∂x
(3.33)
(3.34)
e la soluzione di questa equazione di secondo grado, con condizioni al contorno x(t0 ) = a
e ẋ(t0 ) = b determina il cammino classico
x = x(t)
(3.35)
Le equazioni di Eulero Lagrange seguono dal principio di Hamilton che afferma che il
moto di un sistema tra gli istanti t0 e t1 è tale che l’azione I è stazionaria, dove I è
definita come
Z
t1
I(t0 , t1 ) =
L(ẋ(t), x(t)) dt
(3.36)
t0
La condizione di stazionarietà significa che, se l’integrale di cammino è calcolato su un
cammino vicino a quello sequito dalla particella, cosicché
x = x(t) + η(t)
(3.37)
dove è una quantità piccola a piacere e η(t) una funzione tale che
η(t0 ) = η(t1 ) = 0
(3.38)
allora la variazione dell’azione è dell’ordine di 2 .
La funzione d’onda di Schrodinger ψ(x, t1 ) soddisfa, come abbiamo visto, l’equazione
Z
ψ(x, t1 ) =
K(x, t1 ; x0 , t0 )ψ(x0 , t0 ) dx0
(3.39)
CAPITOLO 3. IL FORMALISMO DELLA MECCANICA QUANTISTICA
30
Feynman ha dimostrato che il propagatore K può essere espresso come
K(x, t1 ; x0 , t0 ) =
X
i
Wp e ~ Ip (t1 ,t0 )
(3.40)
p
dove Ip (t1 , t0 ) è l’azione classica, l’integrale è preso lungo il cammino x = xp (t) e la
somma su p è estesa a tutti i cammini xp (t) che uniscono i punti x(t1 ) e x(t0 ). Wp è un
fattore peso. Poiché i cammini formano un continuum, la somma su p rappresenta un
tipo di integrale chiamato integrale di cammino.
Per derivare la precedente equazione riscriviamo il propagatore nella forma
K(x, t1 ; x0 , t0 ) = δ(x − x0 )e−iH(t1 −t0 )/~ δ(x − x0 )
(3.41)
che deriva dalle due equazioni
Z
K(x, t1 ; x0 , t0 )ψ(x0 , t0 ) dx0
ψ(x, t1 ) =
(3.42)
1
ψ(t1 ) = exp − H(t1 − t0 )ψ(t0 )
~
(3.43)
In questo caso l’Hamiltoniana del sistema è
H=
p2
+ V (x)
2m
(3.44)
Ora dividiamo l’intervallo (t1 − t0 ) in N intervalli di ampiezza ∆t = (t1 − t0 )/N cosicché
l’operatore evoluzione exp − ~1 H(t1 − t0 ) può essere scritto come
1
1
1
e− ~ H(t1 −t0 ) = e− ~ HN ∆t = e− ~ H∆t
N
1
1
1
= e− ~ H∆t e− ~ H∆t . . . e− ~ H∆t
(3.45)
Usando questa espressione e le proprietà della delta di Dirac si può scrivere
Z ∞
K(xN , t1 ; x0 , t0 ) =
×e
dx1 · · ·
Z ∞
1
−∞
−∞
− ~1 H(xN −2 )∆t
dxN −1 e− ~ H(xN −1 )∆t δ(xN − xN −1 )
1
δ(xN −1 − xN −2 )δ(x2 − x1 )e− ~ H(x1 )∆t δ(x1 − x0 )
(3.46)
dove abbiamo posto x = xN e x0 = x0 . Prendendo N sufficientemente grande cosicché
∆t sia piccolo e (∆t)2 << ∆t si può vedere che
2
i p
i
i
e− ~ H∆t = e− ~ 2m ∆t e− ~ V (x)∆t
(3.47)
eA+B = eA eB e[A,B]
(3.48)
Infatti in generale
p2
e nel nostro caso i due operatori − ~i 2m ∆t e − ~i V (x)∆t non commutano. Tuttavia il
loro commutatore va come (∆t)2 e dunque nelle nostre ipotesi possiamo approssimare
2
i p
i
l’operatore e[− ~ 2m ∆t,− ~ V (x)∆t] con l’operatore identità.
Di conseguenza 3.47 è corretta entro il secondo ordine ed esatta nel limite N → ∞,
cioè ∆t → 0.
La funzione delta di Dirac può essere espressa nella forma
δ(xn − xn−1 ) =
1
2π
Z
dkeik(xn −xn−1 ) ,
n = 1, 2,̇N
(3.49)
CAPITOLO 3. IL FORMALISMO DELLA MECCANICA QUANTISTICA
31
Poiché l’onda piana eik(xn −xn−1 ) è un’autofunzione dell’operatore energia cinetica
2 k2
appartenente all’autovalore ~2m
si ha che, nel limite ∆t piccolo,
p2
2m
i
e− ~ H∆t δ(xn − xn−1 ) =
1
2π
Z ∞
dke−i
~2 k 2
∆t+ik(xn −xn−1 )
2m
1
e− ~ V (xn−1 )∆t
(3.50)
−∞
Usando l’integrale
Z ∞
e
−αu2 −βu
1/2
π
α
du =
−∞
β2
e 4α
(3.51)
troviamo, ponendo α = i~∆t/2m e β = i(xn − xn−1 ),
− ~i H∆t
e
δ(xn − xn−1 ) =
m
2πi~∆t
1/2
e
im(xn −xn−1 )2
2~∆t
1
e− ~ V (xn−1 )∆t
(3.52)
Si nota che quando V = 0 questa espressione si riduce al propagatore della particella
libera. Utilizzando i precedente risultati e prendendo il limite N → ∞ si ottiene
un’espressione esatta per il propagatore K
K(xN , t1 ; x0 , t0 ) = lim
N →∞
m
2πi∆t~
N/2 Z ∞
−∞
dx1 · · ·
Z ∞
−∞
dxN −1
N
X
i
m(xn − xn−1 )2
× exp
∆t
− V (xn−1 )
~ n=1
2(∆t)2
(3.53)
Il punto xn è il valore di x al tempo t0 +n∆t e l’insieme dei punti xn , n = 1, 2, 3, . . . , N definisce un cammino tra i punti estremi (x0 , t0 ) e (xN , tN ). Gli integrali su x1 , x2 , . . . , xN −1
risultano nella somma su tutti i cammini e nel limite N → ∞ definiscono un integrale
di cammino. In questo limite
(xn − xn−1 )2
→ (ẋ(t))2
∆t→0
(∆t)2
(3.54)
lim
e
∆t
N
X
→
Z
dt
(3.55)
n=1
Dunque l’esponente che compare nell’ultima equazione può essere scritto in termini
dell’azione classica
N
X
i
m(xn − xn−1 )2
i
− V (xn−1 ) =
lim ∆t
2
N →∞ ~
2(∆t)
~
n=1
Z t1 1
t0
2
˙ 2 − V (x(t)) dt
m(x(t))
(3.56)
i
= I(t1 , t0 )
~
Se l’integrale infinito dimensionale è scritto simbolicamente come
Z
D(x(t)) = lim
N →∞
n
2πi~∆t
N/2 Z ∞
−∞
dx1 · · ·
Z ∞
−∞
dxN −1
(3.57)
la forma del propagatore K in termini di cammino integrale è data da
Z
K(xN , t1 ; x0 , t0 ) =
i
D(x(t))e− ~ I(t1 ,t0 )
(3.58)
Anche se è conveniente scrivere la somma su tutti i cammini attraverso il simbolo
3.58 non bisogna dimenticare che l’integrale di cammino è definito dal limite 3.53.
Capitolo 4
Oscillatore armonico su R e Qp
L’oscillatore armonico rappresenta un modello teorico molto semplice che può essere
risolto esattamente sia classicamente che quantisticamente. In questo capitolo tratteremo
in maniera completa tale sistema sia nel caso ordinario (su R) sia nel caso p-adico e
adelico.
4.1
Oscillatore armonico classico ordinario e p-adico
Analizziamo innanzitutto l’oscillatore armonico classico e la sua estensione p-adica
facendo riferimento a [3], [4] e [22].
L’Hamiltoniana classica non relativistica che descrive l’oscillatore armonico è data
da:
p2
mω 2 2
H=
+
q , m 6= 0
(4.1)
2m
2
dove q e p sono rispettivamente la posizione e il momento. L’evoluzione temporale
classica del sistema è descritta dalle equazioni di Hamilton
ṗ(t) = −
∂H
∂q
q̇(t) =
∂H
∂p
(4.2)
Dunque
ṗ(t) = −mω 2 q(t)
q̇(t) =
p(t)
m
(4.3)
Derivando la prima equazione si ottiene
p̈(t) = −mω 2 q̇(t) = −mω 2
p(t)
m
(4.4)
La soluzione è
p(t) = −mωq sin(ωt) + p cos(ωt)
(4.5)
dove
q = q(0)
p = p(0)
(4.6)
La soluzione della seconda equazione è data invece da
p
q(t) = q cos(ωt) +
sin(ωt)
mω
(4.7)
Possiamo scrivere la soluzione in forma matriciale come segue
!
q(t)
p(t)
= Tt
q
p
!
= Tt z
32
z=
q
p
!
(4.8)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
33
Tt è una matrice che opera nello spazio delle fasi, definita come
Tt =
cos(ωt)
(mω)−1 sin(ωt)
−mω sin(ωt)
cos(ωt)
!
(4.9)
Nel caso reale tutte le quantità appartengono a R. Nel caso p-adico tutte le quantità
appartengono a Qp . I domini di convergenza per le espansioni in serie di potenze delle
funzioni seno e coseno p-adiche impongono che |ωt|p ≤ p−1 per p 6= 2 e |ωt|p ≤ 2−2 per
p = 2. Questi domini, che indichiamo con Gp , sono gruppi additivi, cioè soddisfano le
proprietà di gruppo per l’operazione di somma definita sul campo dei numeri p-adici.
Si può dimostrare semplicemente che: Tt Tt0 = Tt+t0 .
Sullo spazio delle fasi è possibile definire la forma bilineare antisimmetrica:
B(z, z 0 ) = −pq 0 + p0 q
(4.10)
Proposizione 4.1.1. B(Tt z, Tt z 0 ) = B(z, z 0 )
Dimostrazione.
B(Tt z, Tt z 0 ) = −p(t)q 0 (t) + p0 (t)q(t)
(4.11)
= (mωq sin(ωt) − p cos(ωt)) q 0 cos(ωt) +
p0
sin(ωt)
mω
p
0
0
+ (−mq sin(ωt) + p cos(ωt)) q cos(ωt) +
sin(ωt)
mω
= −pq 0 + p0 q
(4.12)
(4.13)
(4.14)
Osserviamo che T è una rappresentazione unitaria del gruppo additivo dei numeri
reali o analogamente del gruppo Gp .
4.2
Oscillatore armonico quantistico
Facendo riferimento a [9] esponiamo la trattazione quantistica dell’oscillatore armonico e la sua soluzione mediante il metodo algebrico.
L’Hamiltoniana che descrive il sistema è data da
H=
P2
mω 2 2
+
X
2m
2
(4.15)
dove P e X sono gli osservabili associati alle coordinate canoniche p e x rispettivamente.
Un assioma della meccanica quantistica afferma che tali operatori di posizione e momento
nella rappresentazione {|xi} operano come segue
X |ψ(x)i = x |ψ(x)i
d |ψ(x)i
P |ψ(x)i = −i~
dx
(4.16)
(4.17)
Poiché l’Hamiltoniana H è indipendente dal tempo (sistema conservativo) lo sudio
dell’oscillatore armonico quanto-meccanico si riduce alla soluzione dell’equazione agli
autovalori
H |ψi = E |ψi
(4.18)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
34
che nella rappresentazione {|xi} si scrive
mω 2 2
~2 d2
+
x ψ(x) = Eψ(x)
2m dx2
2
−
(4.19)
Prima di intraprendere lo studio dettagliato dell’equazione agli autovalori indichiamo
alcune importanti proprietà legate alla forma della funzione potenziale:
(i) Gli autovalori dell’Hamiltoniana sono positivi.
Si può dimostrare che, in generale, se la funzione potenziale V (x) ha un limite
P2
inferiore, gli autovalori E dell’Hamiltoniana H = 2m
+ V (X) sono più grandi del
estremo inferiore di V (x)
V (x) ≥ Vm
implicaE ≥ Vm
(4.20)
Per l’oscillatore armonico si sceglie per convenzione l’origine dell’energia in modo
tale che Vm sia zero ( tale scelta è sempre possibile poiché l’energia è definita a
meno di una costante).
(ii) Le autofunzioni di H hanno una parità definita.
Questo è dovuto al fatto che il potenziale V (x) è una funzione pari:
V (−x) = V (x)
(4.21)
Possiamo dunque cercare le autofunzioni di H nella rappresentazione {|xi} tra le
funzioni che hanno una parità definita (infatti vedremo che gli autovalori di H
non sono degeneri; conseguentemente le funzioni d’onda associate agli autostati
stazionari sono necessariamente o pari o dispari)
(iii) Lo spettro energetico è discreto.
Qualsiasi sia il valore dell’energia totale il moto classico è limitato, e si può
dimostrare che in questo caso gli autovalori dell’Hamiltoniana formano un insieme
discreto.
4.2.1
Autovalori dell’Hamiltoniana e loro degenerazione
Gli osservabili X e P hanno rispettivamente dimensioni di una lunghezza e di un
momento. Poiché ω ha le dimensioni dell’inverso del tempo e h di un’azione, è facile
vedere che, gli osservabili X̂ e P̂ , definiti come
r
X̂ =
mω
X
~
r
P̂ =
1
P
m~ω
(4.22)
sono adimensionali. Se usiamo questi nuovi operatori, la relazione di commutazione
canonica sarà scritta come
X̂, P̂ = i
(4.23)
e l’Hamiltoniana può essere scritta nella forma
H = ~ω Ĥ
dove
Ĥ =
P̂ 2 + X̂ 2
2
(4.24)
(4.25)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
35
Potremmo dunque trovare le soluzione dell’equazione agli autovalori
Ĥ |φiν i = Eν |φiν i
(4.26)
dove l’indice ν può appartenere sia ad un insieme discreto che continuo e l’indice
i ci permette di distinguere tra differenti autovettori ortogonali associati allo stesso
autovalore Eν .
Poniamo
1
1
†
a = √ X̂ − iP̂
(4.27)
a = √ X̂ + iP̂
2
2
Queste formule possono essere invertite per ottenere
i
P̂ = √ (a† − a)
2
1
X̂ = √ (a + a† )
2
(4.28)
Poiché X̂ e P̂ sono Hermitiani, a e a† non lo sono.
Il commutatore tra a e a† è dato da
[a, a† ] = 1
(4.29)
Questa relazione è completamente equivalente alle relazione di di commutazione canonica.
Poiché
1 ˆ2
a† a =
X + Pˆ2 − 1
(4.30)
2
si ha che
1
1
X̂ − iP̂
Ĥ = a a + =
2
2
†
X̂ + iP̂ +
1
2
(4.31)
Similmente si può dimostrare che
Ĥ = aa† −
1
2
(4.32)
Introduciamo l’operatore N definito come
N = a† a
(4.33)
N † = a† (a† )† = a† a = N
(4.34)
Questo operatore è Hermitiano poiché
Inoltre
Ĥ = N +
1
2
(4.35)
cosicché gli autovettori di Ĥ sono autovettori di N e viceversa.
Valgono infine le seguenti uguaglianze
[N, a] = −a
[N, a† ] = a†
(4.36)
Il nostro studio dell’oscillatore armonico sarà basato sull’uso degli operatori a, a† , N
avendo sostituito l’equazione agli autovalori di H con quella di N
N |φiν i = ν |φiν i
(4.37)
Quando questa equazione è risolta sapremo che l’autovettore |φiν i di N è anche un
autovettore di H con autovalore Eν = (ν + 12 )hω.
Dimostriamo ora alcuni lemma che ci saranno utili.
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
36
Lemma 4.2.1 (Proprietà degli autovalori di N ). Gli autovalori ν dell’operatore N
sono positivi o zero.
Dimostrazione. Consideriamo un autovettore arbitrario |φiν i. Il quadrato della norma
del vettore a |φiν i è positivo o nullo:
ka |φiν ik2 = hφiν |a† a|φiν i ≥ 0
(4.38)
Usando la definizione di N sin ottiene:
hφiν |a† a|φiν i = hφiν |N |φiν i = ν hφiν |φiν i
(4.39)
Poiché hφiν |φiν i è positivo allora ν ≥ 0.
Lemma 4.2.2 (Proprietà del vettore |φiν i). Sia |φiν i un autovettore non nullo di N con
autovalore ν. Proviamo che
(i) Se ν = 0 allora a |φiν=0 i = 0.
(ii) Se ν > 0, allora a |φiν i è un autovettore non nullo di N con autovalore ν − 1.
Dimostrazione. (i) Per quanto visto precedentemente, il quadrato della norma di
a |φiν i è zero se ν = 0; ora la norma di un vettore è zero se e solo se il vettore è
nullo. Dunque se ν = 0 è un autovalore di N , tutti gli autovettori |φi0 i soddisfano
la relazione
a |φi0 i = 0
(4.40)
Mostriamo ora che tutti i vettori che soddisfano tale relazione sono autovettori di
N con autovalore ν = 0: Consideriamo un vettore |φi tale che
a |φi = 0
(4.41)
applicando ambo i membri di questa equazione l’operatore a† si ottiene
a† a |φi = N |φi = 0
(4.42)
Dunque |φi è autovettore di N con autovalore 0.
(ii) Assumiamo ora che ν è maggiore di zero. Allora il vettore a |φiν i è non nullo
poiché la sua norma è diversa da zero. Mostriamo che a |φiν i è un autovettore di
N . Applicando l’operatore [N, a] = −a al vettore |φiν isi ottiene
[N, a] |φiν i = −a |φiν i
(4.43)
N a |φiν i = aN |φiν i − a |φiν i = aν |φiν i − a |φiν i
(4.44)
N [a |φiν i] = (ν − 1)[a |φiν i]
(4.45)
Dunque
ovvero
Quindi a |φiν i è autovettore di N con autovalore ν − 1.
Lemma 4.2.3 (Proprietà del vettore a† |φiν i). Sia |φiν i un autovettore non nullo di N
con autovalore ν. Proviamo che
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
37
(i) a† |φiν i è sempre diverso da zero.
(ii) a† |φiν i è un autovettore N con autovalore ν + 1.
Dimostrazione.
(i) La norma del vettore a† |φiν i è data da
ka† |φiν ik = hφiν |aa† |φiν i = hφiν |N + 1|φiν i = (ν + 1) hφiν |φiν i
(4.46)
Poiché in accordo con il lemma 4.2.1 ν è sempre positivo o nullo, la norma del
vettore a† |φiν i è sempre diversa da zero e dunque tale vettore è sempre non nullo.
(ii) La dimostrazione è analoga a quella del lemma 4.2.2.
Passiamo ora a dimostrare che lo spettro dell’operatore N è composto da valori
interi positivi o nulli. Consideriamo un arbitrario autovalore ν di N e un autovettore
non nullo |φiν i associato a tale autovalore. In accordo con il lemma 4.2.1 ν è positivo
o nullo. Supponiamo inizialmente che ν sia non intero e mostriamo che tale ipotesi
conduce ad una contraddizione del lemma. Se ν è non intero possiamo sempre trovare
un intero n ≥ 0 tale che n < ν < n + 1. Consideriamo la serie di vettori:
|φiν i , a |φiν i , . . . , an |φiν i
(4.47)
In accordo con il lemma 4.2.2 ognuno dei vettori ap |φiν i con (0 ≤ p ≤ n) è non nullo e
con autovalore ν − p. Applichiamo l’operatore a al vettore an |φiν i. Il vettore an |φiν i
è un autovettore non nullo di N con autovalore ν − n > 0. Dunque applicando a ad
an |φiν i si ottiene un autovettore non nullo di N (an+1 |φiν i) con autovalore ν − n − 1
che risulta essere minore di zero per l’ipotesi precedente. Poiché questo è impossibile
per il lemma 4.2.1 dobbiamo rifiutare l’ipotesi della non integrità di ν. Supponiamo ora
che ν = n > 0. Allora il vettore an |φiν i è un autovettore non nullo di N con autovalore
nullo. In accordo con il primo punto del lemma 4.2.2 si ha
an+1 |φiν i = 0
(4.48)
Si vede dunque che se ν = n > 0 non è possibile ottenere un autovettore non nullo di N
che corrisponda ad un autovalore negativo. In conclusione ν può solo essere un intero
non negativo. Utilizzando il lemma 4.2.3 si può dimostrare che in effetti lo spettro di N
include tutti gli interi positivi o nulli.
Concludiamo dunque che gli autovalori di H sono della forma
En = n +
1
~ω
2
(4.49)
con (n = 0, 1, 2, . . . ).
Vediamo quindi che l’energia dell’oscillatore armonico quantistico è quantizzata.
Osserviamo che lo stato fondamentale è non degenere. Infatti gli autostati di H con
autovalore hω
2 , cioè gli autostati di N con autovalore n = 0, devono soddisfare tutti
l’equazione
a |φi0 i = 0
(4.50)
Per trovare la degenerazione del livello E0 dobbiamo vedere quanti autovettori linearmente indipendenti sono associati a tali autovalori.
Usando la definizione di a si può scrivere l’equazione precedente come
1
√
2
r
mω
i
X+√
P |φi0 i = 0
~
mω~
(4.51)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
38
Nella rappresentazione {|xi} tale equazione si scrive
mω
d
φi (x) = 0
x+
~
dx 0
(4.52)
Questa è un’equazione differenziale di primo ordine la cui soluzione generale è
φi0 (x) = c exp −
1 mω 2
x
2 ~
(4.53)
dove c è una costante d’integrazione. Poiché le soluzioni sono tutte proporzionali si
conclude che l’autovalore E0 è non degenere.
Mostriamo ora che tutti gli autovalori sono non degeneri. La dimostrazione è per
induzione. Abbiamo già dimostrato che lo stato fondamentale (n = 0) è non degenere.
Vogliamo dunque provare che se En è non degenere non lo è nemmeno En+1 . Supponiamo
dunque che esista un unico vettore |φn i, definito a meno di una costante, tale che
N |φn i = n |φn i
(4.54)
e consideriamo un autovettore |φin+1 i corrispondente all’autovalore n + 1
N |φin+1 i = (n + 1) |φin+1 i
(4.55)
Per il lemma 4.2.2 sappiamo che a |φn+1 i è un autovettore non nullo di N con autovalore
n. Poiché per ipotesi tale autovalore è non degenere allora esiste ci tale che
a |φin+1 i = ci |φn i
(4.56)
Applicando ambo i membri di questa equazione l’operatore a† si ottiene
a† a |φin+1 i = ci a† |φn i
(4.57)
ci †
a |φn i
n+1
(4.58)
cioè
|φin+1 i =
Già sappiamo che a† |φn i è un autovettore di N con autovalore n + 1. Dunque possiamo
osservare che tutti gli autovettori |φin+1 i associati all’autovalore n + 1 sono proporzionali
a a† |φn i e dunque l’autovalore n + 1 è non degenere. Questo conclude la dimostrazione.
Quindi tutti gli autovalori di N e dunque di H sono non degeneri.
4.2.2
Autostati dell’Hamiltoniana e funzioni d’onda associate
Assumiamo che N e H sono osservabili, cioè che il loro autovettori costituiscono
una base nello spazio degli stati. Poiché gli autovalori sono tutti non degeneri si trova
che H o N costituiscono un C.S.C.O.
Il vettore |φ0 i associato all’autovalore n = 0 è il vettore che soddisfa
a |φ0 i = 0
(4.59)
Assumiamo che tale vettore sia normalizzato.
In accordo con il lemma 4.2.3, il vettore |φ1 i associato all’autovalore n = 1 è
proporzionale a a† |φ0 i
|φ1 i = c1 a† |φ0 i
(4.60)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
39
Determiniamo c1 in modo tale che |φ1 i sia normalizzato e scegliendo la sua fase in modo
tale che c1 sia reale e positivo. Il quadrato della norma di |φ1 i è
hφ1 |φ1 i = |c1 |2 hφ0 |aa† |φ0 i = |c1 |2 hφ0 |a† a + 1|φ0 i
(4.61)
Poiché |φ0 i è un autostato normalizzato di N = a† a con autovalore zero, si ha che
hφ1 |φ1 i = |c1 |2 = 1
(4.62)
Con la precedente convenzione sulla fase (c1 è reale e positivo) deve essere c1 = 1 e
dunque
|φ1 i = a† |φ0 i
(4.63)
Similmente possiamo costruire |φ2 i da |φ1 i
|φ2 i = c2 a† |φ1 i
(4.64)
Richiediamo che |φ2 i sia normalizzato e scegliamo la sua fase in modo tale che c2 sia
reale e positivo
hφ2 |φ2 i = |c2 |2 hφ1 |aa† |φ1 i = |c2 |2 hφ1 |a† a + 1|φ1 i = 2|c2 |2 = 1
(4.65)
1
1
|φ2 i = √ a† |φ1 i = √ (a† )2 |φ0 i
2
2
(4.66)
Dunque
Iterando questa procedura possiamo scrivere ogni |φn i in termini di |φ0 i. In particolare
si trova
1
|φn i = √ (a† )n |φ0 i
(4.67)
n!
Poiché H è hermitiano gli autovettori corrispondenti a diversi autovalori sono
ortogonali. Inoltre poiché li abbiamo scelti anche normalizzati essi soddisfano la relazione
di ortonormalizzazione
hφn0 |φn i = δnn0
(4.68)
Assumiamo inoltre (ma lo si può dimostrare) che H sia un’osservabile e che dunque
gli autovettori {|φn i} costituiscono una base nello spazio degli stati e soddisfano la
relazione di chiusura
X
|φn i hφn | = I
(4.69)
n
Abbiamo già determinato la funzione d’onda φ0 (x) che rappresenta lo stato fondamentale |φ0 i nella rappresentazione {|xi}
φ0 (x) = hx|φ0 i =
mω
π~
14
exp −
1 mω 2
x
2 ~
(4.70)
dove la costante prima dell’esponenziale assicura la normalizzazione di φ0 (x). Per
ottenere le funzioni d’onda associate agli stati stazionari dell’oscillatore armonico
dobbiamo utilizzare l’equazione
1
|φn i = √ (a† ) |φ0 i
n!
(4.71)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
40
e l’espressione dell’operatore a† nella rappresentazione {|xi}
1
√
2
r
mω
x−
~
s
~ d
mω dx
(4.72)
poiché nella rappresentazione {|xi} l’operatore X è rappresentato dalla moltiplicazione
d
per x mentre l’operatore P da −ih dx
.
Dunque si ottiene
1 1
1
φn (x) = hx|φn i = √ hx|(a† )n |φ0 i = √ √ n
n!
n! 2
r
mω
x−
~
s
~ d
mω dx
n
φ0 (x)
(4.73)
e in conclusione
φn (x) =
1
h
2n n! mω
n 21 mω
π~
14 mω
d
x−
~
dx
n
exp −
1 mω 2
x
2 ~
(4.74)
2
Si vede facilmente che φn è il prodotto di exp − 12 mω
h x e di un polinomio di grado n e
parità (−1)n .
4.2.3
Una formulazione alternativa
La meccanica quantistica ordinaria può anche essere costruita in maniera del tutto
equivalente attraverso la tripla:
L2 (R), W∞ (z∞ ), U∞ (t∞ )
(4.75)
dove L2 (R) è lo spazio di Hilbert delle funzioni d’onda modulo quadro sommabili, z∞ è
un punto dello spazio delle fasi reale classico, W∞ (z∞ ) è una rappresentazione unitaria
del gruppo di Weyl-Heisenberg su L2 (R) e U∞ (t∞ ) è l’operatore evoluzione su L2 (R).
Il gruppo di Weyl-Heisenberg consiste negli elementi (z, α) con il prodotto di gruppo
1
(z, α) · (z , α ) = z + z , α + α + B(z, z 0 )
2
0
0
0
0
(4.76)
dove ricordiamo che B(z, z 0 ) è definita come
B(z, z 0 ) = −pq 0 + p0 q
(4.77)
e α è un parametro. La corrispondente rappresentazione unitaria su L2 (R) è data da
χ∞ (α)W∞ (z)
(4.78)
e W∞ (z) soddisfa la relazione di Weyl
0
W∞ (z)W∞ (z ) = χ∞
1
B(z, z 0 ) W∞ (z + z 0 )
2
(4.79)
Questa relazione è conseguenza del fatto che una rappresentazione di un gruppo è un
omeomorfismo, cioè
0
0
χ∞ (α)W∞ (z)χ∞ (α )W∞ (z ) = χ∞
1
α + α + B(z, z 0 ) W∞ (z + z 0 )
2
0
(4.80)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
41
e χ∞ (α) è un carattere additivo, cioè
χ∞ (α + α0 ) = χ∞ (α)χ∞ (α0 )
(4.81)
L’operatore W∞ (z) agisce sulle autofunzioni dell’oscillatore armonico, φ∞
n (x), come
segue
W∞ (z)φ∞
n (x)
= χ∞
pq
pq
Uq [χ∞ (px)φ∞
−
+ px φ∞
n (x)] = χ∞
n (x + q)
2
2
(4.82)
dove Uq φ(x) = φ(x + q).
Come abbiamo visto nel capitolo 3 l’operatore evoluzione U∞ (t) (l’istante iniziale
viene posto per semplicità uguale a zero) può essere definito come
U∞ (t)φ∞
n =
Z
(∞)
Kt
(x, y)φ∞
n (y) dy
(4.83)
R
Il propagatore Kt∞ (x, y) per l’oscillatore armonico può essere calcolato esattamente
attraverso gli integrali di cammino (effettueremo tale calcolo solo per l’oscillatore
armonico p-adico, ma il procedimento e il risultato sono molto simili) ed é dato da
(scegliendo le unità di misura per cui m = ω = h = 1)
(∞)
Kt
2
x + y2
1
2
(x, y) = λ∞ (2 sin(t))|sin(t)|−
∞ exp 2πi
(∞)
K0
2 tan(t)
−
xy
sin(t)
(x, y) = δ∞ (x − y)
(4.84)
(4.85)
La funzione λ∞ (a) è definita come
1
λ∞ (a) = √ (1 − isign(a))
2
(4.86)
Si può dimostrare che il propagatore soddisfa la seguente relazione
∞
Kt+t
0 (x, y) =
Z
Kt∞ (x, z)Kt∞
0 (x, y) dz
(4.87)
R
dalla quale discende immediatamente che l’operatore unitario U∞ (t) soddisfa la relazione
di gruppo
U∞ (t + t0 ) = U∞ (t)U∞ (t0 )
(4.88)
Gli operatori U∞ (t) e W∞ (z) sono legati dalla relazione
U∞ (t)W∞ (z) = W∞ (Tt z)U∞ (t)
(4.89)
Utilizzando la definizione di operatore evoluzione in termini di propagatore e la forma
esplicita di quest’ultimo, si può dimostrare che le autofunzioni dell’oscillatore armonico
trovate nella precedente sezione sono autofunzioni di U∞ (t)
−i
U∞ (t)φ∞
n (x) = e
dove En∞ = n +
1
2
ω~.
∞t
En
~
φ∞
n (x)
(4.90)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
4.3
42
Oscillatore armonico quantistico p-adico
In meccanica quantistica p-adica le variabili canoniche sono numeri p-adici e le
funzioni d’onda sono a valori complessi. Dal momento che le funzioni d’onda e le loro
variabili appartengono a differenti campi numerici la usuale quantizzazione (canonica)
non funziona e non è possibile generalizzare l’equazione di Schrodinger al caso p-adico.
Tuttavia una tale generalizzazione si può effettuare attraverso la rappresentazione di
Weyl, che abbiamo precedentemente introdotto nel caso ordinario. Possiamo dire che la
meccanica quantistica p-adica è data da una tripla
L2 (Qp ), Wp (zp ), Up (tp )
(4.91)
dove L2 (Qp ) è lo spazio di Hilbert p-adico, zp è un punto dello spazio delle fasi p-adico
classico, Wp (zp ) è una rappresentazione unitaria del gruppo di Weyl-Heisenberg su
L2 (Qp ) e Up (tp ) è l’operatore di evoluzione p-adico che realizza una rappresentazione
unitaria su L2 (Qp ) del gruppo Gp . Analogamente al caso reale l’operatore Wp (z) soddisfa
la relazione
1
(4.92)
Wp (z)Wp (z 0 ) = χp B(z, z 0 ) Wp (z + z 0 )
2
Wp (z)φ
4.3.1
(p)
(x) = χp
pq
+ px φ(p) (x + q)
2
(4.93)
Il propagatore p-adico
In questa trattazione seguiremo [2], [6] e [14].
L’operatore evoluzione p-adico è definito analogamente al caso reale, da
00
Up (t )φ
(p)
00
0
00
00
Z
Kp (x00 , t00 , x0 , t0 )φ(p) (x0 , t0 ) dx0
(x , t ) = φ(x , t ) =
(4.94)
Qp
dove Kp (x00 , t00 , x0 , t0 ) è il propagatore p-adico e rappresenta l’ampiezza di probabilità
per una particella di muoversi dal punto dello spazio-tempo (x0 , t0 ) al punto (x, t). Come
abbiamo visto nel capitolo 3, in meccanica quantistica ordinaria si può scrivere
K(x00 , t00 , x0 , t0 ) =
Z
i
e ~ I[q] Dq
(4.95)
dove I[q] = tt0 L(q(t), q̇(t), t) dt è l’azione classica calcolata sul cammino q, l’integrale è
un integrale di cammino e x00 = q(t00 ), x0 = q(t0 ). Ricordiamo che l’integrale di cammino
i
rappresenta una somma continua di ampiezze e ~ I[q] su tutti i possibili cammini q(t) che
connettono x0 con x00 .
Una diretta generalizzazione dell’integrale di cammino di Feynman per il propagatore
p-adico Kp (x00 , t00 , x0 , t0 ), dove Kp è una funzione a valori complessi e x00 , t00 , x0 , t0 sono
variabili p-adiche, è data da
R
Kp (x00 , t00 , x0 , t0 ) =
Z
i
χp (− I[q]) Dq =
~
Z
χp (−
i
~
Z t
t0
L(q(t), q̇(t), t) dt)) Dq
(4.96)
dove χp (a) è un carattere additivo p-adico che gioca il ruolo dell’esponenziale nel caso
reale. La costante di Planck ~ cosi come il tempo t e la coordinata
q con la sua
R
derivata, sono quantità che prendono valori in Qp . L’integrale tt0 L(q(t), q̇(t), t) dt è
inteso come differenza tra le antiderivate di L(q(t), q̇(t), t) agli istanti finale t00 e iniziale
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
43
t0 . Dq = limN →∞ N
i=1 dq(ti ) dove dq(ti ) è la misura di Haar p-adica introdotta nel
primo capitolo. Dunque l’integrale di cammino p-adico è il limite per N → ∞ di un
integrale multiplo di Haar. Vogliamo ora derivare il risultato esatto dell’integrale di
cammino 4.96 nel caso generale di Lagrangiane L(q, q̇, t) che siano polinomi quadratici
in q e q̇, poiché questo è il caso dell’oscillatore armonico.
In generale una Lagrangiana quadratica può essere scritta nella forma
Q
L(q, q̇, t) =
1 ∂ 2 L0 2 ∂L0
∂ 2 L0
∂L0
1 ∂ 2 L0
(
q̇)
+
+ L0
q̇
+
q
q̇
+
q
+
2 ∂ q̇ 2
∂ q̇
∂q∂ q̇
∂q
2 ∂q 2
(4.97)
dove l’indice 0 indica che l’espansione di L è attorno a q̇ = q = 0. L’equazione del moto
di Eulero-Lagrange è
d ∂ 2 L0
d ∂ 2 L0
∂ 2 L0
q̈
+
q̇
+
∂ q̇ 2
dt ∂ q̇ 2
dt ∂ q̇∂q
∂ 2 L0
∂L0
d ∂L0
−
q=
−
2
∂q
∂q
dt ∂q
(4.98)
la cui soluzione generale è data da
q ≡ x(t) = C1 x1 (t) + C2 x2 (t) + w(t)
(4.99)
dove x1 e x2 sono le soluzioni indipendenti dell’equazione omogenea mentre w è una
soluzione particolare dell’equazione generale. Se imponiamo le condizioni al contorno
x0 = x(t0 ) e x00 = x(t00 ) le costanti di integrazioni diventano
(x0 − w0 )x002 − (x00 − w00 )x02
x002 x01 − x001 x02
00
(x − w00 )x01 − (x0 − w0 )x001
C2 ≡ C2 (t00 , t0 ) =
x002 x01 − x001 x02
C1 ≡ C1 (t00 , t0 ) =
(4.100)
(4.101)
Poiché C1 e C2 sono lineari in x00 e x0 la corrispondente azione classica S(x00 , t00 , x0 , t0 ) =
R t00
00
0
t0 L(x, ẋ, t) dt è quadratica in x e x . Ora le fluttuazioni quantistiche portano ad
una deviazione dalla traiettoria classica. Un qualsiasi cammino quantistico può essere
scritto come q(t, α) = x(t) + αy(t) dove x(t) è il cammino classico, y(t) una funzione
arbitraria con la condizione y(t0 ) = y(t00 ) = 0 e α è un parametro che utilizziamo per
le variazioni. Consideriamo ora l’azione S come funzione del parametro α attraverso
q(t). Vogliamo espandere tale funzione attorno al valore α = 0. Poiché l’azione è
stazionaria lungo il cammino classico e poiché espandere l’azione attorno ad α = 0
significa espandere l’azione attorno al punto di minimo che si ha in corrispondenza di
tale cammino, possiamo immediatamente dedurre che
dS
dα
=0
(4.102)
α=0
e dunque
δS =
dS
dα
α=0
(4.103)
α=0
Calcoliamo ora la derivata seconda dell’azione S rispetto ad α.
d2 S
=
dα2
=
Z t00
∂ ∂L(q(t, α), q̇(t, α), t
t0
∂α
∂α
Z t00 2 ∂ L ∂q 2
t0
∂q 2
∂α
dt =
Z t00
∂ ∂L ∂q
t0
∂α ∂q ∂α
∂ 2 L ∂q ∂ q̇
∂L ∂ 2 q
∂ 2 L ∂ q̇
+
+
∂q∂ q̇ ∂α ∂α
∂q ∂α2
∂ q̇ 2 ∂α
+2
∂L ∂ q̇
dt
∂ q̇ ∂α
+
2
(4.104)
∂L ∂ 2 q̇
dt
∂ q̇ ∂α2
(4.105)
+
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
44
Tale derivata seconda calcolata in α = 0 si riduce ad
2 d S
dα2
=
Z t00 2
∂ L
t0
α=0
=
∂2L
∂2L
y(t)
+
2
ṫ(t)2 dt
y(t)
ẏ(t)
+
∂q 2
∂q∂ q̇
∂ q̇ 2
2
Z t00 ∂
∂
ẏ
+y
∂ q̇
∂q
t0
(4.106)
(2)
L(q, q̇, t) dt
(4.107)
Si vede facilmente che, essendo la Lagrangiana quadratica, le derivate di ordine superiore
al secondo dell’azione classica rispetto ad α, sono tutte nulle. Dunque l’azione calcolata
lungo un cammino quantistico si può riscrivere in maniera esatta attraverso il suo
sviluppo in serie di Taylor attorno al cammino classico, ovvero attorno ad α = 0
1 d2 S[q]
2 dα2
S[q] = S[x] +
(α)2
(4.108)
α=0
Ora possiamo porre z(t) = αy(t) ed ottenere
δ2S =
=
2 d S
dα2
Z t00
α2 =
t0
α=0
Z t00 ∂
∂
ż
+z
∂ q̇
∂q
t0
α2 ẏ
∂
∂
+y
∂ q̇
∂q
(2)
L(q, q̇, t) dt
(4.109)
(2)
L(q, q̇, t) dt
In conclusione si ha che l’azione calcolata su un cammino quantistico q(t) = x(t)+z(t)
è
Z t00 ∂
1
S[q] = S[x] + δ 2 S[x] =
2
t0
ż
∂ q̇
+z
∂
∂q
(2)
L(q, q̇, t) dt
(4.110)
Dunque
1
Kp (x , t , x , t ) = χp (− S[x])
h
00
00
0
0
1
−
2h
Z
χp
Z t00 ∂
t0
∂
ż
+z
∂ q̇
∂q
(2)
L(q, q̇, t) dt Dq
(4.111)
Ora per l’invarianza rispetto alle traslazioni della misura di Haar possiamo riscrivere
Dq = lim
N →∞
N
Y
d(x(ti ) + z(ti )) = Dz
(4.112)
n=1
In conclusione
1
Kp (x , t , x , t ) = χp (− S[x])
h
00
00
0
0
Z
χp
1
−
2h
Z t00 ∂
t0
∂
ż
+z
∂ q̇
∂q
(2)
L(q, q̇, t) dt Dz
(4.113)
con la condizione z 00 = z 0 = 0. Osserviamo che il termine
Z
χp
1
−
2h
Z t00 ∂
t0
∂
ż
+z
∂ q̇
∂q
(2)
L(q, q̇, t) dt Dz
(4.114)
non dipende da x00 e x0 poiché le derivate della Lagrangiana che compaiono all’interno
dell’integrale danno luogo a termini che non dipendono dal cammino classico x(t),
essendo quest’ultima quadratica. Di conseguenza possiamo scrivere
1
Kp (x00 , t00 , x0 , t0 ) = Np (t00 , t0 )χp (− S[x])
h
(4.115)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
45
Chiaramente il termine Np (t00 , t0 ) non dipende dal cammino poiché esso rappresenta un
integrale su tutti i possibili cammini z(t).
Ora gli integrali di cammino, attraverso i quali definiamo il propagatore, sia nel caso
ordinario che nel caso p-adico soddisfano le seguenti proprietà
Z
Kp (x00 , t00 ; x, t)Kp (x, t; x0 , t0 ) dx = Kp (x00 , t00 ; x0 , t0 )
(4.116)
Kp (x00 , t00 ; x0 , t0 )Kp (z, t00 ; x0 , t0 ) dx0 = δp (x00 − z)
(4.117)
Qp
Z
Qp
Inserendo l’espressione per Kp (x00 , t00 ; x0 , t0 ) nella condizione (4.117) si ottiene
|Np (t00 , t0 )|2
Z
χp
Qp
1
1
S(x00 , t00 ; x0 , t0 ) − S(z, t00 ; x0 , t0 ) dx0 = δp (x00 − z)
h
h
(4.118)
dove abbiamo utilizzato il fatto che χp è un carattere additivo. Dal fatto che, per quanto
precedentemente dimostrato, le azioni classiche S(x00 , t00 ; x0 , t0 ) e S(z, t00 ; x0 , t0 ) dipendono
quadraticamente (con gli stessi coefficienti) rispettivamente da (x00 , x0 ) e (z, t0 ) possiamo
dedurre
∂
S(0, t00 , 0, t0 )
∂z
1
∂2
∂2
+ ((x00 )2 − z 2 ) 2 S(0, t00 , 0, t0 ) + (x00 − z)x0 00 0 S(0, t00 , 0, t0 )
2
∂z
∂x ∂x
S(x00 , t00 ; x0 , t0 ) − S(z, t00 ; x0 , t0 ) = (x00 − z)
(4.119)
Sostituendo questo risultato nella 4.118 e utilizzando il risultato dell’esempio 9 nel
capitolo della teoria dell’integrazione si ottiene
1
∂
1
∂2
|Np (t , t )| χp (x00 − z) S(0, t00 , 0, t0 ) +
((x00 )2 − z 2 ) 2 S(0, t00 , 0, t0 )
h
∂z
2h
∂z
2
1 ∂
S(0, t00 , 0, t0 ) = δp (x00 − z)
× δp (x00 − z)
h ∂x00 ∂x0
00
0 2
Ora poiché x00 6= z e poiché δp (ax) =
1
|a|p δp (x)
si trova che
1
1 ∂2
2
00 00 0 0 |Np (t , t )| = S(x , t ; x , t )
00
0
h ∂x ∂x
00
(4.120)
0
(4.121)
p
La forma generale di Np (t00 , t0 ) è
Np (t00 , t0 ) = |Np (t00 , t0 )|Ap (t00 , t0 )
(4.122)
dove Ap (t00 , t0 ) è una funzione a valori complessi di t00 e t0 ∈ Qp , tale che |Ap (t00 , t0 )| = 1.
Per determinare Ap (t00 , t0 ), utilizziamo la 4.116 e l’espansione in serie di Taylor dell’azione
quadratica S(x00 , t00 , x0 , t0 ). Tale espansione al secondo ordine in x00 e x0 risulta essere
esatta proprio perché l’azione è quadratica.
S(x00 , t00 , x0 , t0 ) = S(0, t00 , 0, t0 ) + x00
1 00 ∂
∂
+
x
+ x0 0
2!
∂x00
∂x
∂
∂
+ x0 0 S(0, t00 , 0, t0 )
00
∂x
∂x
(2)
00
0
S(0, t , 0, t )
(4.123)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
46
Sostituendo queste espressioni nella 4.116 si ottiene
Z
K(x00 , t00 , x, t)K(x, t, x0 , t0 ) dx = |Np (t00 , t)Np (t, t0 )|Ap (t00 , t)Ap (t, t0 )
Qp
×
1
χp − [S(x00 , t00 , x, t) + S(x, t, x0 , t0 )] dx
h
Qp
(4.124)
Z
Utilizzando la 4.123 e il fatto che χp è un carattere additivo, si può riscrivere l’integrale
come segue
∂
1
∂
S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 ) + x00 00 S(0, t00 , 0, t) + x0 0 S(0, t, 0, t0 )
h
∂x
∂x
2
2
1
∂
1
∂
+ (x00 )2
S(0, t00 , 0, t) + (x0 )2
S(0, t, 0, t0 )
00
2
2
∂(x )
2
∂(x0 )2
Z
1 ∂
×
χp − x (S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 ))
h
∂x
Qp
χp −
(4.125)
1
∂2
∂2
x x00 00 S(0, t00 , 0, t) − x0 0 S(0, t, 0, t0 )
2h
∂x ∂x
∂x ∂x
2
1 2 ∂
00
0
−
x
[S(0, t , 0, t) + S(0, t, 0, t )] dx
2h ∂x2
−
Ponendo ora
1 ∂2
[S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 )]
2h ∂x2
1 ∂
β=−
(S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 ))
h ∂x
2
2
1
00 ∂
00
0 ∂
0
−
x
S(0, t , 0, t) − x
S(0, t, 0, t )
2h
∂x00 ∂x
∂x0 ∂x
α=−
(4.126)
(4.127)
Si vede che l’integrale nella 4.125 è un integrale gaussiano la cui soluzione è
Z
χp (αx2 + βx) dx = λp (α)|2α|p−1/2 χp (−
Qp
β2
)
4α
(4.128)
(vedi [23]) dove la funzione λp (a) è definita come segue
λp (a) :=


1,



 a0
p
,





i a0 ,
p
λ2 (a) :=
dove
a0
p
ν = 2k,
p 6= 2
ν = 2k + 1,
p≡1
mod 4
ν = 2k + 1,
p≡3
mod 4

 √1 [1 + (−1)a1 i],
2
 √1 (−1)a1 +a2 [1
2
+ (−1)a1 i],
ν = 2k
ν = 2k + 1
è il simbolo Legendre (introdotto nella sezione funzioni elementari del
capitolo 1) e k ∈ Z. λp (a) soddisfa le seguenti: λp (0) = 1, λp (a2 b) = λp (b), λp (a)λp (b) =
λp (a + b)λp (a−1 + b−1 ).
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
47
Dunque affinché la 4.116 sia soddisfatta si deve avere
|Np (t00 , t)Np (t, t0 )|Ap (t00 , t)Ap (t, t0 )|2α|p−1/2 λp (α)
1
∂
∂
× χp − S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 ) + x00 00 S(0, t00 , 0, t) + x0 0 S(0, t, 0, t0 )
h
∂x
∂x
2
2
(4.129)
1
∂
1 0 2 ∂
β2
00
0
+ (x00 )2
S(0,
t
,
0,
t)
+
(x
)
S(0,
t,
0,
t
)
χ
−
p
2
∂(x00 )2
2
∂(x0 )2
4α
1
= |Np (t00 , t0 )|Ap (t00 , t0 )χp − S(x00 , t00 , x0 , t0 )
h
dove α e β sono definiti come sopra. Quest’ultima equazione può essere soddisfatta in
diversi modi al variare di t, t0 , t00 , x0 e x00 e quindi non possiamo in teoria ricavarne
una relazione per A(t00 , t0 ). In realtà si può dimostrare (non è affatto banale) che per
Lagrangiane quadratiche e quindi per azioni quadratiche si ha
00
0
|Np (t , t)Np (t, t
)||2α|p−1/2
1 1
1 ∂2
2 1 ∂2
2
00 00
0 0 =
S(x
,
t
;
x,
t)
S(x,
t;
x
,
t
)
|2α|p−1/2 =
00
0
h ∂x ∂x
h ∂x∂x
p
p
1
2
1 ∂2
00 00 0 0 S(x
,
t
;
x
,
t
)
=
h ∂x00 ∂x0
p
(4.130)
e
1
∂
∂
S(0, t00 , 0, t) + S(0, t, 0, t0 ) + x00 00 S(0, t00 , 0, t) + x0 0 S(0, t, 0, t0 )
h
∂x
∂x
2
2
1 00 2 ∂
1 0 2 ∂
β2
00
0
+ (x )
S(0, t , 0, t) + (x )
S(0, t, 0, t ) χp −
2
∂(x00 )2
2
∂(x0 )2
4α
1
= χp − S(x00 , t00 , x0 , t0 )
h
χp −
(4.131)
dove in quest’ultimo caso l’uguaglianza deriva direttamente dall’uguaglianza degli
argomenti.
Di conseguenza
A(t00 , t0 ) = A(t00 , t)A(t, t0 )λp (α)
(4.132)
Sempre nel caso di Lagrangiane e azioni quadratiche si può dimostrare che
∂2
∂2
00 00
S(x
,
t
,
x,
t)
+
S(x, t, x0 , t0 )
∂x2
∂x2
∂2
∂2
00 00
0 0
= −u
S(x
,
t
,
x,
t)
+
S(x,
t,
x
,
t
)
∂x00 ∂x
∂x∂x0
(4.133)
e
−1
∂2
∂2
0 0
00 00 0 0
+
S(x,
t,
x
,
t
)
=
v
S(x
,
t
,
x
,
t
)
∂x∂x0
∂x00 ∂x0
(4.134)
dove u e v per ogni particolare p hanno le seguenti espansioni
−1
∂2
S(x00 , t00 , x, t)
∂x00 ∂x
u = 1 + u1 p + u2 p2 + . . .
(4.135)
v = 1 + v1 p + v2 p2 + . . .
(4.136)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
48
Inoltre nel caso p = 2 si ha u1 = v1 = u2 = v2 = 0. Osserviamo quindi che le equazioni
x2 = u e x2 = v ammettono soluzione per il lemma 1.5.1 del capitolo 1. Dunque avremo
λp (ux) = λp (vx) = λp (x)
(4.137)
Ora considerando la 4.133, la 4.134, la 4.137 e le varie proprietà della funzione λp si
trova
1 ∂2
1 ∂2
00 00
S(x
,
t
,
x,
t)
−
S(x, t, x0 , t0 )
2h ∂x2
2h ∂x2
1 ∂2
1 ∂2
00 00
0 0
= λp
S(x , t , x, t) +
S(x, t, x , t )
2h ∂x00 ∂x
2h ∂x∂x0
1 ∂2
1 ∂2
0 0
00 00
S(x, t, x , t )
S(x , t , x, t) λp
= λp
2h ∂x00 ∂x
2h ∂x∂x0
2h
2h
× λp − ∂ 2
− ∂2
00 00
0 0
∂x00 ∂x S(x , t , x, t)
∂x∂x0 S(x, t, x , t )
λp (α) = λp −
1 ∂2
1 ∂2
00 00
= λp
S(x
,
t
,
x,
t)
λ
S(x, t, x0 , t0 )
p
2h ∂x00 ∂x
2h ∂x∂x0
1
∂2
00 00 0 0
× λp −
S(x
,
t
,
x
,
t
)
2h ∂x00 ∂x0
(4.138)
Sostituendo ora l’espressione per λp (α) nella 4.132 si ottiene
1 ∂2
1 ∂2
00 00
0
A(t , t)λp
S(x
,
t
,
x,
t)
A(t,
t
)λ
S(x, t, x0 , t0 )
p
2h ∂x00 ∂x
2h ∂x∂x0
∂2
1
00 00 0 0
S(x
,
t
,
x
,
t
)
= A(t00 , t0 )λp
2h ∂x00 ∂x0
00
(4.139)
Si vede facilmente che la soluzione di tale equazione è
A(t00 , t0 ) = λp −
1
∂2
S(x00 , t00 , x0 , t0 )
2h ∂x00 ∂x0
(4.140)
In conclusione abbiamo dimostrato che l’integrale di cammino per Lagrangiane quadratiche è calcolabile esattamente e vale
00
00
0
0
K(x , t , x , t ) = λp
1 ∂ 2 S 1/2
1
1 ∂2S
−
|
|p χp − S(x00 , t00 , x0 , t0 )
00
0
00
0
2h ∂x ∂x h ∂x ∂x
h
(4.141)
Nel caso dell’oscillatore armonico, per il quale consideriamo ω = m = h = 1, si
dimostra, attraverso il calcolo della sua azione classica, che il propagatore p-adico tra
un istante iniziale, che scegliamo per convenzione uguale a 0, e l’istante t, e tra i punti
x e y è dato da
K(x, t, y, 0) ≡
(p)
Kt (x, y)
=
1
2
λp (2t)|t|−
p χp
xy
x2 + y 2
−
,
sin(t) 2 tan(t)
Si può dimostrare inoltre che
(p)
K0 (x, y) = δp (x − y)
dove δp (x − y) è l’analogo p-adico della delta di Dirac.
t ∈ Gp \{0} (4.142)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
49
(p)
Ora vogliamo verificare che l’operatore Up (t) e il propagatore Kt (x, y) soddisfano
le relazioni di gruppo
Up (t + t0 ) = Up (t)Up (t0 )
Z
(p)
(4.143)
(p)
Kt+t0 (x, y) =
(p)
Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz
(4.144)
Qp
Per provare le due relazioni si utilizza il risultato noto
Z
1
2
χp (αx2 + βx) dx = λp (α)|2α|−
p χp −
Qp
β2
,
4α
α 6= 0
(4.145)
e le proprietà di λp (a)
Dimostrazione.
Z
(p)
1
(p)
1
−2
2 0
Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz = λp (2t)λp (2t0 )|t|−
p |t |p
Qp
×
Z
χp
Qp
xz
zy
x2 + z 2
z2 + y2
χp
dz
−
−
sin(t) 2 tan(t)
sin(t0 ) 2 tan(t0 )
y2
x2
−
2 tan(t) 2 tan(t0 )
Z
1
1
x
y
2
×
χp z −
−
+z
+
dz
2 tan(t) 2 tan(t0 )
sin(t) sin(t0 )
Qp
1
2
= λp (2t)λp (2t0 )|tt0 |−
p χp −
x2
y2
−
= λp (2t)λp (2t
−
2 tan(t) 2 tan(t0 )
1
1
1
1
1
2
−
|−
−
|−
× λp −
p
0
0
2 tan(t) 2 tan(t )
tan(t) tan(t )
0
1
2
)|tt0 |−
p χp
1
x
y
+
2 sin(t) sin(t0 )
× χp
2 1
1
−
tan(t) tan(t0 )
−1 (4.146)
Ora utilizziamo i due seguenti risultati: λp (ac2 ) = λp (a) e λp (2 tan(t)) = λp (2t). La
seconda relazione è valida poiché
λp (2 tan(t)) = λp (2
sin(t)
sin(t)
) = λp (2
t) = λp (2t)
cos(t)
t cos(t)
(4.147)
dove l’ultima uguaglianza deriva dal fatto che, come abbiamo dimostrato nel primo
capitolo nella sezione delle funzioni analitiche, le funzioni sin(t)
e cos(t) sono quadrati di
t
funzioni in Gp . A questo punto si ottiene
λp (2t)λp (2t0 )λp −
1
1
−
2 tan(t) 2 tan(t0 )
= λp (2 tan(t))λp (2 tan(t0 ))
× λp
1
1
−
−
2 tan(t) 2 tan(t0 )
(4.148)
Dalle proprietà λp (0) = 1 e λp (a)λp (b) = λp (a + b)λp (a−1 + b−1 ) deriva che (semplice
da dimostrare) λp (a)λp (−a) = 1 e quindi λp (−a) = (λp (a))−1 . Applicando queste tre
uguaglianze si ottiene
λp (2 tan(t))λp (2 tan(t0 ))λp −
1
1
−
2 tan(t) 2 tan(t0 )
= λp (2 tan(t) + 2 tan(t0 )) (4.149)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
50
Ora per la validità delle relazioni trigonometriche standard anche nel caso delle funzioni
p-adiche si ha
λp (2 tan(t) + 2 tan(t0 )) = λp (2 tan(t + t0 )(1 − tan(t) tan(t0 ))
= λp (2(t + t0 )(
(4.150)
cos(t + t0 )
) = λp (2(t + t0 ))
cos(t) cos(t0 )
(4.151)
Tornando quindi all’integrale si ottiene
Z
(p)
1
(p)
2
Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz = λp (2(t + t0 ))|tt0 |−
p |−
Qp
× χp −
1
1
1
−
|p− 2
0
tan(t) tan(t )
x2
1
x
y2
y
χp
−
+
0
2 tan(t) 2 tan(t )
2 sin(t) sin(t0 )
2 1
1
−
tan(t) tan(t0 )
−1 (4.152)
Vale la seguente uguaglianza
|−
1
tan(t) + tan(t0 ) − 1
1
− 12
=
|
−
|
|p 2
p
tan(t) tan(t0 )
tt0
(4.153)
poiché, facendo riferimento al capitolo 1, |tan(t)|p = |t|p . Inoltre
|tan(t) + tan(t0 )|p = |tan(t + t0 )(1 − tan(t) tan(t0 ))|p
(4.154)
0
(4.155)
0
= |t + t |p |1 − tan(t) tan(t )|p
Ora, essendo la norma p-adica della tangente minore o uguale a p1 , in quanto |tan(t)|p =
|t|p e |t|p ≤ p1 , allora la norma p-adica di tan(t) tan(t0 ) é minore o uguale a p12 . Dunque
poiché la norma di 1 è uguale a 1 si ha che nella disuguaglianza triangolare forte vale il
segno di uguaglianza cioè |1 − tan(t) tan(t0 )|p = max(|1|p , |tan(t) tan(t0 )|p ) = 1. Allora
|−
1
t + t0 − 1
1
− 12
−
|
=
|
| 2
p
tan(t) tan(t0 )
tt0 p
(4.156)
e l’integrale si semplifica ulteriormente
Z
(p)
(p)
Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz
0
= λp (2(t + t ))|t +
1
2
t0 |−
p χp
Qp
1
x
y
+
2 sin(t) sin(t0 )
× χp
x2
y2
−
−
2 tan(t) 2 tan(t0 )
2 1
1
−
tan(t) tan(t0 )
−1 (4.157)
Per quanto riguarda il termine
χp
y2
1
x
y
x2
−
χp
+
−
0
2 tan(t) 2 tan(t )
2 sin(t) sin(t0 )
2 1
1
−
tan(t) tan(t0 )
−1 (4.158)
si può verificare con qualche passaggio che esso è uguale a
χp
xy
x2 + y 2
−
sin(t + t0 ) 2 tan(t + t0 )
(4.159)
In conclusione si ha quindi
Z
(p)
(p)
(p)
Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz = Kt+t0 (x, y)
Qp
(4.160)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
51
Da ciò discende immediatamente che
Up (t + t0 ) = Up (t)Up (t0 )
(4.161)
Si può dimostrare infine che Up (t) è un operatore unitario.
Questi risultati ci permettono di affermare che Up (t) è effettivamente una rappresentazione unitaria del gruppo Gp e dunque una generalizzazione p-adica dell’operatore
evoluzione quantistico nel caso ordinario.
Gli operatori Up (t) e Wp (z) sono legati come nel caso reale dalla relazione
Up (t)Wp (z) = Wp (Tt z)Up (t)
4.3.2
(4.162)
Analisi spettrale dell’operatore evoluzione
Discutiamo ora il problema spettrale per un oscillatore armonico p-adico. Nella
meccanica quantistica ordinaria si studiano le proprietà spettrali dell’operatore Hamiltoniano. In meccanica quantistica p-adica tuttavia non esiste un corrispondente operatore
Hamiltoniano p-adico, dunque le proprietà spettrali dovrebbero essere espresse in termini
del gruppo U (t). Consideriamo dapprima il caso reale. Sia U (t) l’operatore evoluzione,
che definisce una rappresentazione unitaria del gruppo additivo dei numeri reali R. La
decomposizione della rappresentazione U (t) in una rappresentazione irriducibile ha la
forma
L2 (R) = ⊕∞
(4.163)
n=0 Hn
dove i sottospazi invarianti sono generati dai polinomi di Hermite. La corrispondente
equazione per le autofunzioni è
U (t)ψ = eiωn t ψ,
ψ ∈ Hn
(4.164)
Gli ωn sono gli autovalori dell’oscillatore armonico, che si interpretano come livelli
energetici.
Analogamente, lo studio delle proprietà spettrali dell’oscillatore armonico p-adico è
connesso con il problema della decomposizione in rappresentazioni irriducibili di una
rappresentazione unitaria di un gruppo Gp . La soluzione di questo problema si divide
nei seguenti steps
(i) descrivere i caratteri del gruppo Gp
(ii) calcolare la dimensione dei sottospazi invarianti
(iii) trovare una espressione esplicita per le autofunzioni dell’operatore evoluzione U (t)
Prima di calcolare gli autovalori e le autofunzioni abbiamo bisogno di qualche
risultato proveniente dalla teoria armonica (vedi [10] e [23]).
Sia G un gruppo abeliano compatto. Dalla proposizione 2.1.3 sappiamo che Ġ
è discreto. Numeriamo i caratteri con un set di indici I cosicché si possa scrivere
Ġ = {χα : α ∈ I}.
Il nostro obiettivo è dividere lo spazio di Hilbert L2 (G) in una somma ortogonale
L
diretta L2 (G) = α∈I Hα e definire la proiezione su ogni Hα . Le proiezioni sono definite
come integrali a valori vettoriali.
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
52
Definizione 4.3.1 (Integrale a valori vettoriali). Sia E uno spazio vettoriale topologico
(cioè uno spazio vettoriale dotato di una topologia compatibile con la struttura di spazio
vettoriale nel senso che le operazioni di somma e prodotto per uno scalare sono continue
in tale topologia) localmente convesso, e sia E ∗ lo spazio dei funzionali lineari continui su
E . Inoltre sia (X, µ) uno spazio di misura. Una funzione F : X → E è detta debolmente
integrabile se φ ◦ F ∈ L1 (X) per ogni φ ∈ E ∗ . Se F è debolmente integrabile ed esiste
v ∈ E tale che
Z
φ(v) =
φ ◦ F (x) dµ(x)
(4.165)
X
per ogni φ ∈ E ∗ allora v è detto integrale di F e si scrive
Z
v=
F (x) dµ(x)
(4.166)
Lemma 4.3.1. Siano E e (X, µ) come nella
definizione precedente. Sia F : X → E
R
debolmente integrabile e assumiamo che v = F (x) dµ(x) esista. Sia E 0 uno altro spazio
vettoriale topologico localmente convesso e sia T : E → E 0 una mappa continua (nel
senso della topologia dei due spazi). Allora T ◦ F è debolmente integrabile e
Z
Tv = T
Z
F (x) dµ(x) =
T ◦ F (x) dµ(x)
(4.167)
Dimostrazione. Sappiamo che φ ◦ T ∈ E ∗ se φ ∈ (E 0 )∗ poiché T è una mappa continua
e dunque anche φ ◦ T è continua. Questo mostra direttamente che T ◦ F è debolmente
integrabile; infatti poiché φ ◦ T ∈ E ∗ per ogni φ ∈ (E 0 )∗ , e poiché F e debolmente
integrabile allora tutte le funzioni del tipo φ ◦ T ◦ F sono in L1 (X) da cui il risultato.
Poiché abbiamo assunto che
Z
ψ(v) =
ψ ◦ F (x) dµ(x)
(4.168)
φ ◦ T ◦ F (x) dµ(x)
(4.169)
per ogni ψ ∈ E ∗ , allora si ottiene che
φ ◦ T (v) =
per ogni φ ∈ (E 0 )∗ , e dunque T v =
R
Z
T ◦ F (x) dµ(x).
Abbiamo bisogno di sapere quando v esiste, e in tal caso se esso è unico, per una
fissata funzione F : X → E . A proposito enunciamo il seguente
Lemma 4.3.2. Sia E uno spazio vettoriale topologico localmente convesso. Dati due
distinti vettori x e y in E , esiste un funzionale continuo χ tale che χ(x) 6= χ(y).
Da tale lemma discende immediatamente che
Proposizione 4.3.1. Se il vettore v =
R
F (x) dµ(x) esiste, allora esso è unico.
L’esistenza è più difficile da provare. A proposito enunciamo il seguente teorema
Teorema 4.3.1. Sia E uno spazio di Banach (che è uno spazio vettoriale topologico
localmente convesso) e µ una misura di Radon su uno spazio di Hausdorff localmente
compatto X. Se g è una funzione in L1 (X), e H : X → E una funzione continua e
limitata (limitata nel senso che l’estremo superiore
delle norme dei vettori immagine è
R
finito), allora l’integrale a valori vettoriali gH(x) dµ(x) esiste e si ha
Z
Z
gH(x) dµ(x) ≤ sup kH(x)k |g(x)| dµ(x)
x∈X
(4.170)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
53
Sia ora U una rappresentazione unitaria fortemente continua del gruppo G, e sia H
il corrispondente spazio di Hilbert. L’operatore di proiezione Pα è definito come
Z
χα (g)U (g) dµ(g)
Pα =
(4.171)
G
L’esistenza di questo integrale non discende immediatamente dal teorema precedente,
poiché si è assunto solo che U è continuo nella topologia operatoriale forte, e B(H)
(insieme degli operatori lineari limitati su H) non costituisce uno spazio di Banach in
questa topologia (per una definizione di topologia operatoriale forte vedi [11]). Comunque
possiamo usare il teorema per definire l’integrale puntualmente. Infatti per ogni v ∈ H,
fissato, la funzione g → U (g)v è una funzione limitata e continua da G in H che
soddisfano le ipotesi del teorema 4.3.1. Dunque l’equazione precedente è da intendere
nel senso seguente
Z
Pα v =
χα (g)U (g)v dµ(g),
v∈H
(4.172)
G
Per il teorema inoltre si ha
kPα vk ≤ supkU (g)vk
Z
1 dµ(g) = kvk
(4.173)
G
g∈G
poiché U (g) è un operatore unitario e la misura supposta essere normalizzata su G.
Dunque Pα è un operatore limitato. Dobbiamo dimostrare ora che tale operatore è un
operatore di proiezione, cioè che Pα† = Pα e Pα Pβ = Pα δαβ . Utilizzando la definizione
di integrale a valori vettoriali e la sostituzione h = g −1 , si ha
Z
(v, Pα w) = (Pα w, v) =
χα (g)(U (g)w, v) dµ(g)
G
Z
Z
χα (g)(U (g)w, v) dµ(g) =
=
ZG
χα (h)(U † (g)v, w) dµ(g) =
=
χα (h)(v, U (g)w) dµ(g)
ZG
(4.174)
χα (h)(U −1 (g)v, w) dµ(g)
G
ZG
χα (h)(U (h)v, w) dµ(h) = (Pα v, w)
=
G
Dunque Pα è autoaggiunto. (Nella precedente serie di uguaglianze abbiamo utilizzato il
fatto che U è una rappresentazione unitaria e quindi U † (g) = U −1 (g) per ogni g). Si
dimostra facilmente che se Pα u = 0 per ogni α ∈ I, allora u = 0; si ha inoltre
Z
U (h)Pα v = U (h)
χα (g)U (g)v dµ(g)
G
Z
Z
χα (g)U (g + h)v dµ(g) =
=
G
χα (g 0 − h)U (g 0 )v dµ(g 0 )
G
Z
= χα (−h)
χα
(4.175)
(g 0 )U (g 0 )v dµ(g 0 )
G
= χα (h)Pα v
dove abbiamo utilizzato la seguente proprietà dei caratteri additivi (vedi capitolo 1
sezione: caratteri additivi su Qp ) χα (g) = χα (−g). Quindi si vede che i sottospazi Pα H
sono invarianti rispetto alla rappresentazione unitaria U . Ora possiamo constatare che
Z
Pβ Pα v =
ZG
=
G
χβ (g)U (g)Pα v dµ(g)
(4.176)
χβ (g)χα (g)Pα v dµ(g)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
54
Ricordando la definizione di integrale a valori vettoriali si ha che Pβ Pα v è l’unico vettore
di H per v fissato, tale che
Z
φ(Pβ Pα v) =
ZG
=
G
φ ◦ χβ (g)U (g)(Pα v) dµ(g)
(4.177)
φ ◦ χβ (g)χα (g)(Pα v) dµ(g)
per ogni φ funzionale lineare continuo su H. Poiché v è fissato, anche Pα v è fissato
(inoltre,R grazie al teorema 4.3.1 e alla proposizione 4.3.1, tale vettore, definito da
Pα v = G χα (g)U (g)v dµ(g), esiste ed è unico) e possiamo portare fuori dall’integrale il
termine φ(Pα v). Ora poiché i caratteri additivi sono ortonormali (vedi capitolo 2) si ha
che φ(Pβ Pα v) è uguale a zero, per ogni φ se α 6= β. Allora Pβ Pα v) deve necessariamente
essere il vettore nullo. In conclusione Pβ Pα = Pα δαβ . Questo significa che i sottospazi
Pα H oltre ad essere invarianti rispetto alla rappresentazione U sono anche ortogonali.
Infatti dati v e w vettori appartenenti rispettivamente ai sottospazi Pα H e Pβ H si ha
(v, w) = (Pα v, Pβ w) = (v, Pα† Pβ w)
= (v, Pα Pβ w) = (v, 0) = 0
(4.178)
In conclusione possiamo scomporre lo spazio di Hilbert H come somma ortogonale
di sottospazi invarianti rispetto alla rappresentazione U
H=
M
Hα
(4.179)
α∈I
dove Hα = Pα H. Infine possiamo scrivere
U (g) =
X
χα (g)Pα
(4.180)
α∈I
Il nostro prossimo obiettivo è trovare la dimensione degli spazi Hα nel caso in cui U
sia una rappresentazione unitaria del gruppo Gp = {t ∈ Qp : |t|p ≤ p−1 } per p =
6 2
−2
2
2
(G2 = {t ∈ Qp : |t|2 ≤ 2 ), e H = L (Gp ), nello spazio L (Gp ), cioè nel caso in cui U
sia l’operatore evoluzione p-adico.
Per ciò che abbiamo precedentemente dimostrato tutti gli autovalori dell’operatore
U (g) devono essere della forma χα (g). I caratteri del generico gruppo Bγ sono stati
studiati nel primo capitolo e abbiamo visto che Gp coincide con B−1 per p ≥ 3 e con
B−2 per p = 2.
Abbiamo già dimostrato che esiste un isomorfismo algebrico e topologico tra il gruppo
additivo Qp e il gruppo dei suoi caratteri. Tuttavia quando andiamo a considerare un
sottogruppo additivo di Qp , nel nostro caso Gp , non è detto che due caratteri diversi
di Qp differiscano in esso. Sappiamo infine che i caratteri di Qp e dei suoi sottogruppi
hanno la forma
χ(t) = χp (αt) = e2πi{αt}
(4.181)
Nel caso in cui consideriamo Qp , ad ogni α ∈ Qp corrisponde un carattere diverso. Si
può dimostrare che nel caso si consideri il sottogruppo Gp i caratteri sono individuati
da un set discreto di valori α ∈ Ip (infatti Gp è un gruppo abeliano compatto e dunque
il suo duale di Pontryagin è discreto) e che per p 6= 2, tali valori sono dati da
(
α=
0
p−γ (a0 + a1 p + · · · + aγ−2 pγ−2 )
(4.182)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
55
dove γ = 2, 3, 4, . . . , 0 ≤ aj ≤ p − 1, a0 6= 0. Per p = 2 si ha
(
α=
0
2−γ (1 + a1 2 + a2 22 + · · · + aγ−3 2γ−3 )
(4.183)
dove γ = 3, 4, . . . , aj = 0, 1.
Come si può osservare, a conferma di quanto detto precedentemente, aggiungere ulteriori
termini ad α non modifica il carattere 4.181
Poiché stiamo utilizzando la misura di Haar su Qp , normalizzata come segue
R
Zp dµ(x) = 1, si ha che la misura di Gp è data da
(
1/2, per p 6= 2
1/4, per p = 2
µp (Gp ) =
(4.184)
Inoltre poiché la proiezione deve essere normalizzata, la ridefiniamo come segue
Pα = (µp (Gp )
−1
Z
χα (t)U (t) dµp (t)
Gp
= (µp (Gp ))−1
(4.185)
Z
χp (−αt)U (t) dµp (t)
Gp
Diamo ora la seguente utile definizione
Definizione 4.3.2 (Traccia di un operatore). Sia H uno spazio di Hilbert separabile,
e sia {ei } una base ortonormale per H. La traccia di un operatore lineare limitato A è
definita come
∞
T r(A) =
X
(Aei , ei )
(4.186)
i0
Se l’operatore A è un elemento positivo (cioè (Ax, x) ≥ 0 per ogni x ∈ H) della
C ∗ -algebra degli operatori lineari e limitati (per una definizione di C ∗ -algebra vedi [21]),
allora la precedente somma converge (al finito o all’infinito) ed è indipendente dalla
scelta della base.
Osserviamo che gli operatori di proiezione Pα sono positivi. Infatti (Pα x, x) =
(Pα Pα x, x) = (Pα x, Pα† x) = (Pα x, Pα x) ≥ 0 per ogni x ∈ H.
Proposizione 4.3.2. Per ogni α ∈ Ip
dim Hα = T r(Pα )
(4.187)
Questo risultato si dimostra immediatamente, scegliendo opportunamente la base in
H.
Teorema 4.3.2. Gli spazi Hα hanno le seguenti dimensioni: se p ≡ 1 mod 4 allora
dim Hα = ∞ per ogni α ∈ Ip . Se p ≡ 3 mod 4 allora
dim Hα =



1,
p + 1,


0,
α=0
|α|p = pγ e γ 6= 0 è pari
altrimenti
(4.188)
Se p = 2 allora
dim Hα =



2,
4,


0,
α = 0 o |α|2 = 23
|α|2 ≥ 24 e a1 = 1
altrimenti
(4.189)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
56
Dimostrazione. Diamo la dimostrazione del teorema solo per p 6= 2. Per dimostrare
questo teorema utilizziamo la proposizione 4.3.2, dunque il nostro obiettivo è calcolare
T r(Pα ). Si può dimostrare che se A è un operatore positivo della C ∗ -algebra degli
operatori lineari limitati e (Tn ) una successione di operatori positivi della stessa C ∗ algebra che converge nella topologia forte all’operatore identità allora
lim (Tn ATn ) = T r(A)
n→∞
(4.190)
Definiamo il seguente operatore limitato positivo ωn in L2 (Q − p):
ωn ψ(x) = Ω(p−n |x|p )ψ(x),
ψ ∈ L2 (Qp )
(4.191)
dove
(
Ω(a) :=
0≤a≤1
a>1
1,
0,
(4.192)
Poiché Ω(p−n |x|p ) → 1 uniformemente su ogni sottoinsieme compatto di Qp , si ha che
ωn → E nella topologia operatoriale forte (E è l’operatore identità). Dunque si ha che
T r(Pα ) = lim T r(ωn Pα ωn )
n→∞
(4.193)
Ora un noto teorema afferma che ogni operatore lineare limitato è anche continuo.
Dunque gli operatori ωn sono mappe continue di L2 (Qp ) in L2 (Qp ). Applicando allora
il lemma 4.3.1 e la definizione di Pα , possiamo scrivere
−1
Z
ωn Pα ωn = (µp (Gp ))
χp (−αt)ωn U (t)ωn dµp (t)
(4.194)
Gp
Inoltre
T r(ωn Pα ωn ) = (µp (Gp ))−1
Z
χp (−αt)T r(ωn U (t)ωn ) dµp (t)
(4.195)
Gp
Analizziamo ora l’operatore ωn U (t)ωn . Osserviamo innanzitutto che tale operatore è
continuo e limitato perché prodotto di operatori continui e limitati. Ricordando la
definizione dell’operatore U (t) in termini del propagatore si ha che
0
(ωn U (t, t )ωn )ψ(x, t) = Ωn (p
−n
|x|p )
Z
K(x, t, x0 , t0 )Ω(p−n |x0 |p )ψ(x0 , t0 ) dµ(x)
Qp
Z
=
Ωn (p−n |x|p )K(x, t, x0 , t0 )Ω(p−n |x0 |p )ψ(x0 , t0 ) dµ(x)
Qp
Z
=
|x0 |p ≤pn
Ωn (p−n |x|p )K(x, t, x0 , t0 )Ω(p−n |x0 |p )ψ(x0 , t0 ) dµ(x)
(4.196)
Ora possiamo riscrivere questo operatore in forma integrale prendendo come suo Kernel
(equivalente del propagatore dell’operatore evoluzione), la funzione
K (x, t, x0 , t0 ) = Ωn (p−n |x|p )K(x, t, x0 , t0 )Ω(p−n |x0 |p )
(4.197)
Tale funzione, per fissati t e t0 , è continua nell’insieme compatto K × K, dove K = {x ∈
Qp : |x|p ≤ pn }. (Ciò deriva dalla continuità del propagatore dell’operatore evoluzione
in x e x0 , e dal fatto che in tale insieme le funzioni Ω valgono 1). Ora per un risultato
fondamentale che non dimostreremo si ha che: dato un operatore integrale su L2 (K),
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
57
dove K è un compatto sul quale è definita una misura dx, con Kernel A(x, y) continuo
sull’insieme compatto K × K, allora la traccia di A è data da
Z
T r(A) =
A(x, x)dx
(4.198)
K
Applicando tale risultato all’operatore ωn U (t, t0 )ωn e ricordando la forma del
propagatore dell’operatore evoluzione dell’oscillatore armonico p-adico, si ottiene
Z
0
T r(ωn U (t, t )ωn ) =
|x|p ≤pn
Z
Ωn (p−n |x|p )K(x, t, x, t0 )Ω(p−n |x|p ) dµ(x)
(4.199)
K(x, t, x, t0 ) dµ(x)
=
|x|p ≤pn
Ora per semplificare la notazione supponiamo che t0 = 0, cioè l’istante al quale è dato
lo stato iniziale è sempre preso come origine dei tempi. Allora possiamo riscrivere
K(x, t, x, t0 ) = Kt (x, x) = λp (t)|t|−1/2
χp (2x2 tan( 2t ). Inserendo questa espressione
p
nell’integrale precedente si ottiene
T r(ωn U (t)ωn ) =
λp (t)|t|−1/2
p
Z
|x|p
≤pn
t
χp (2x2 tan( ) dµp (x)
2
(4.200)
Ora ponendo tan( 2t ) = a l’integrale si riduce ad un integrale noto, che può essere
calcolato, (vedi [23]).
t
χp (2x tan( ) dµp (x) =
2
|x|p ≤pn
Z
(
2
pn ,
λp (t)|t|p−1/2 ,
|t|p ≤ p−2n
|t|p ≥ p−2n
(4.201)
In conclusione
(
T r(ωn U (t)ωn ) =
λp (t)|t|p−1/2
pn ,
λp (t)|t|p−1/2 ,
|t|p ≤ p−2n
|t|p ≥ p−2n
(4.202)
Sostituendo nella 4.195 si ottiene
T r(ωn Pα ωn ) = p
n+1
Z
|t|p
≤p−2n
λp (t)|t|−1/2
χp (−αt) dµ(t)
p
Z
+p
p−2n+1 ≤|t|p ≤p−1
(4.203)
λ2p (t)|t|p χp (−αt) dµ(t)
Questi due integrali possono essere calcolati per i vari valori di α (per il calcolo esplicito
vedi [23]). Il teorema segue prendendo il limite per n → ∞.
Dal teorema precedente la seguente
Proposizione 4.3.3. Gli autovalori dell’operatore evoluzione U (t) sono della forma
χp (αt) dove
α = 0 o α = p−γ (a0 + a1 p + · · · + aγ−2 pγ−2 )
(4.204)
dove a0 6= 0, 0 ≤ aj ≤ p − 1 e γ = 2, 3, 4, . . . per p ≡ 1 mod 4, γ = 2, 4, 6, . . . per
p ≡ 3 mod 4.
Per p = 2
(4.205)
α = 0 o α = 2−γ (1 + a1 2 + · · · + aγ−3 2γ−3 )
dove aj = 0, 1, γ = 3, 4, 5, . . . e a1 = 1 per |α|2 ≥ 24 .
Indichiamo il set di valori di α con Jp .
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
58
I valori in Jp possono essere interpretati come "livelli energetici" dell’oscillatore
p-adico.
Ora che abbiamo trovato gli autovalori e le dimensioni dei relativi autospazi, dell’operatore evoluzione, possiamo dedicarci al calcolo delle autofunzioni. Effettueremo il
calcolo per p ≡ 1 mod 4. Per il caso p ≡ 3 mod 4 e p = 2 vedi [10] e [23].
Si può dimostrare che nel caso p ≡ 1 mod 4 il campo Qp contiene un elemento τ tale
che τ 2 = −1. Per calcolare le autofunzioni dell’operatore evoluzione dobbiamo effetuare
una trasformazione unitaria che ci permette di passare ad una nuova rappresentazione
(chiamata rappresentazione J ) nella quale l’operatore evoluzione agisce in maniera
molto semplice. Tale trasformazione è individuata dall’operatore J , che per una
funzione di Schwartz-Bruhat, f , è definita come
J [f ](x) =
Z
χp
Qp
τ
τ x − z 2 + 2xz f (z) dµp (z)
2
2
(4.206)
Tale trasformazione si estende alle funzioni di L2 con l’usuale processo di limite, nel
senso della norma di L2 , di successioni di funzioni test che come sappiamo sono dense
in L2 .
Proposizione 4.3.4. L’operatore J è un operatore unitario in L2 (Qp ) e mappa D(Qp ),
cioè l’insieme delle funzioni test o funzioni di Schwartz-Bruhat, in se stesso.
Dimostrazione. Si vede che
τ
J [f ](x) = χp (τ x2 )F f (z)χp − z 2
2
(2x)
(4.207)
dove F è la trasformata di Fourier p-adica. Si vede che il membro di destra è la
composizione di tre operatori unitari e dunque J è un operatore unitario. Ci si accorge
facilmente, ricordando che D(Qp ) è invariante rispetto alla trasformata di Fourier, che
ogni funzione test viene mandata in una funzione test.
Ora vogliamo vedere come agisce l’operatore evoluzione in questa nuova rappresentazione. A tal proposito vale il seguente
Teorema 4.3.3. Sia p ≡ 1 mod 4. Allora per ogni funzione f in L2 (Qp ) si ha
U (t)J [f ](x) = J [f (e−τ t z)](x),
|t|p ≤ p−1
(4.208)
Dimostrazione. Supponiamo dapprima che f ∈ D(Qp ), cosicché per la proposizione
4.3.4, J [f ] ∈ D(Qp ). Supponiamo inoltre che, essendo f (z) e J [f (z)](y) a supporto
compatto, f (z) = 0 per |z|p > pN e J [f ](y) = 0 per |y|p ≥ pM . Ricordando l’espressione
integrale dell’operatore evoluzione in termini di propagatore si ha
U (t)J [f ](x) =
λp (t)
|t|1/2
p
x2
−
tan(t)
χp
Z
×
f (z)χp
Qp
=
×
λp (t)
χ −
1/2 p
|t|p
|y|p <pM
χp
χp
Qp
y2
2xy
−
+
tan(t) sin(t)
τ
τ y − z 2 + 2yz
2
2
x2
tan(t)
Z
Z
Z
dydz
τ
f (z)χp − z 2
2
|z|p ≤pN
1
τ−
y2 +
tan(t)
(4.209)
2x
+ 2z y dydz
sin(t)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
59
Consideriamo ora l’integrale interno ed effettuiamo la sostituzione
a=τ−
Allora
1
,
tan(t)
b=
2x
+ 2z
sin(t)
(4.210)
τ sin(t) − cos(t) = 1 >1
|a|p = sin(t)
|t|p
p
(4.211)
poiché |τ sin(t) − cos(t)|p = |e−τ t |p = 1 e |sin(t)|p = |t|p , per quanto visto nel primo
capitolo, sezione "funzioni elementari". L’ultima disuguaglianza è giustificata dal fatto
che |t|p ≤ p−1 . Ora utilizziamo il seguente integrale gaussiano
Z
2
χp (ax + bx) dx =
Bγ


pγ Ω(pγ |b|p ),
|a|p p2γ ≤ 1
2
−1/2
b

χp − 4a
Ω p−γ | ab | ,
λp (a)|a|p
|a|p p2γ > 1
(4.212)
Si vede subito che nel nostro caso il valore dell’integrale è dato dalla seconda espressione,
dove l’argomento della funzione Ω è | ab |p p−M . Consideriamo ora tale argomento. Vale
la seguente uguaglianza
b
b
| |p p−M = | |p p−M
(4.213)
a
2a
poiché |2|p = 1 per p 6= 2 come nel caso che stiamo considerando. Inoltre
x + z sin(t) −M
b
p
| |p p−M = = p−M |x + z sin(t)|p
2a
τ sin(t) − cos(t) p
(4.214)
Ora osserviamo che U (t)J [f ] non dipende da M , cioè M può essere scelto in maniera
arbitraria per valori sufficientemente grandi. Allora per ogni fissato x possiamo scegliere
sempre M sufficientemente grande, in modo tale che
p−M |x + z sin(t)|p ≤ 1
(4.215)
Infatti p−M |x + z sin(t)|p ≤ p−M |x|p + p−M |z sin(t)|p = p−M |x|p + p−M |z|p |t|p , dove
|z|p ≤ pN , |t|p ≤ p−1 . (Abbiamo utilizzato il fatto che |sin(t)|p = |t|p ).
b
In conclusione possiamo considerare Ω(| 2a
|p p−M = Ω(p−M |x + z sin(t)|p ) = 1.
Vediamo inoltre che poiché cos(t) − τ sin(t) = e−τ t e poiché per quanto visto nel
primo capitolo la funzione ex con |x|p ≤ p−1 è il quadrato di una funzione, possiamo
scrivere cos(t) − τ sin(t) = c2 , per un qualche c ∈ Qp . Dunque si ha
cos(t) − τ sin(t)
sin(t)
1
= λp −
= λp (−t)
t
λp (a) = λp −
= λp −
1
sin(t)
(4.216)
dove abbiamo utilizzato la seguente proprietà della funzione λp : λp (c2 x) = λp (x) e il
fatto che anche la funzione: sin(t)
é il quadrato di una funzione.
t
Da questi risultati si ottiene
Z
|y|p <pM
χp
1
τ−
y2 +
tan(t)
(z + x )2 sin(t) 2x
λp (−t)
sin(t)
+ 2z y dy = −1/2 χp
sin(t)
τ sin(t) − cos(t)
|t|p
(4.217)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
60
Dunque
1
1
U (t)J [f ](x) = χp x −
+
tan(t) sin(t)(cos(t) − τ cos(t))
Z
τ 2
z 2 sin(t) + 2xz
×
f (z)χp − z +
dz
2
cos(t) − τ sin(t)
Qp
2
(4.218)
(abbiamo sfruttato la proprietà λp (−x)λp (x) = 1).
Ricordando che τ 2 = −1 si trova
−
1
1
− cos(t)(cos(t) − τ sin(t)) + 1
+
=
tan(t) sin(t)(cos(t) − τ sin(t))
sin(t)(cos(t) − τ sin(t))
−cos2 (t) + τ cos(t) sin(t) + cos2 (t) + sin2 (t)
=
sin(t)(cos(t) − τ sin(t))
1
τ (cos(t) + τ1 sin(t))
τeτ t
=
= −τ t
cos(t) − τ sin(t)
e
1
= τ e( τ +τ )t = τ e
τ 2 +1
t
τ
=τ
(4.219)
Inoltre
sin(t)
−τ cos(t) − sin(t) + 2 sin(t)
τ
=
− +
2 cos(t) − τ sin(t)
2(cos(t) − τ sin(t))
−τ cos(t) + sin(t)
=
2(cos(t) − τ sin(t))
(4.220)
τ cos(t) − τ1 sin(t)
=−
2 cos(t) − τ sin(t)
τ (− 1 +τ )t
τ
=− e τ
= − e2τ t
2
2
Inserendo tali risultati nell’integrale 4.218 ed effettuando il cambio di variabile
z 0 = zeτ t (teniamo in conto che d(z 0 ) = d(zeτ t ) = |eτ t |p dz = dz essendo |eτ t |p = 1), si
ottiene
Z
τ 2
2
−τ t
U (t)J [f ](x) = χp (τ x )
f (e z)χp − z + 2xz dz = J [f (e−τ t z](x) (4.221)
2
Qp
Questo risultato che è valido per le funzioni di D(Qp ) può essere esteso per continuità
all’intero spazio L2 (Qp ).
Ora che abbiamo dimostrato in che modo agisce l’operatore evoluzione nella nuova
rappresentazione possiamo procedere al calcolo delle sue autofunzioni. Tale calcolo
risulta notevolmente semplificato.
Iniziamo col considerare gli stati fondamentali, cioè quelli relativi all’autovalore
α = 0. Essi soddisfano
U (t)ψ = ψ, |t|p ≤ p−1
(4.222)
Ricerchiamo tali stati (invarianti) nella rappresentazione J e osserviamo che in tale
rappresentazione l’equazione 4.222 è equivalente a
f (e−τ t z) = f (z),
|t|p ≤ p−1
(4.223)
Prima di procedere nel calcolare le funzioni per cui questa condizione è soddisfatta
dobbiamo stabilire alcuni risultati.
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
61
Definizione 4.3.3. Definiamo con Lp il gruppo moltiplicativo in cui è definita la
funzione logaritmo (vedi capitolo 1)
Lp = {x ∈ Qp : 1 − x ∈ Gp }
(4.224)
dove con Gp come al solito indichiamo il gruppo Gp = {x ∈ Qp : |x|p ≤ p−1 }.
Si vede facilmente che Lp è un gruppo rispetto alla moltiplicazione. Si può dimostrare
che
Lemma 4.3.3. La funzione ex è un isomorfismo di Gp in Lp con ln x come funzione
inversa.
Diamo la seguente
Definizione 4.3.4 (Unità p-adiche). L’insieme delle unità p-adiche è dato da
Z×
p = {x ∈ Qp : |x|p = 1}
(4.225)
Si dimostra facilmente che Z×
p è un gruppo moltiplicativo. Vale il seguente
Lemma 4.3.4. Sia V l’insieme delle radici dell’unità ovvero V := {x ∈ Qp : x2 = 1}.
Per ogni p, V è un sottoinsieme di Z×
p . Per p 6= 2, V è un gruppo ciclico di ordine
p − 1, mentre per p = 2 è un gruppo ciclico di ordine 2. Inoltre Lp è un sottoinsieme di
× ∼
Z×
p ed esiste l’isomorfismo Zp = V × Lp .
Per gruppo ciclico di ordine n si intende un gruppo per il quale esiste un elemento,
detto generatore del gruppo , tale che ogni elemento k del gruppo si scrive come k = m
con m intero tale che 0 ≤ m ≤ n − 1 e n = 0 = 1.
Sappiamo che ogni numero p-adico z può essere rappresentato in maniera unica
come z = pγ u dove |u|p = 1. Da questo risultato e dal precedente lemma segue
immediatamente che
Proposizione 4.3.5. Ogni numero p-adico z può essere scritto in maniera unica come
z = pγ k ea
(4.226)
dove γ è un intero, è il generatore del gruppo ciclico V , k ∈ {0, 1, . . . p − 2} per p =
6 2
e k ∈ {0, 1} per p = 2, e a ∈ Gp .
Ora possiamo osservare che quando l’operatore evoluzione agisce su uno stato
invariante nella rappresentazione J , la dinamica del sistema si può sintetizzare con la
seguente trasformazione
z = pγ k ea → e−τ t z = pγ k ea−τ t
(4.227)
Quindi in questo caso i numeri k e γ non cambiano. Questo significa che ogni funzione f ∈
L2 (Qp ) che dipende da z esclusivamente attraverso γ e k è una soluzione dell’equazione
4.223. Si vede facilmente una tale funzione dipende da z solo tramite |z|p e z0 e viceversa.
Dunque possiamo affermare che
Proposizione 4.3.6. Ogni vettore f ∈ L2 (Qp ) che definisce un vettore invariante nella
rappresentazione J è della forma f (z) = f (|z|p , z0 ), e viceversa ogni vettore in questa
forma è un vettore che definisce un vettore invariante nella rappresentazione J .
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
62
Ora l’espressione dei vettori invarianti nella rappresentazione originale può essere
calcolata esplicitamente. Infatti per un vettore ψ, invariante nella rappresentazione J
si ha
τ
χp τ x2 − z 2 + 2xz f (|z|p , z0 ) dz
2
Qp
Z
ψ(x) =
X
=
(4.228)
f (p−γ , k)ψγ,k (x)
X
−∞<γ<∞ 1≤k≤p−1
dove
τ
χp τ x2 − z 2 + 2xz dz
−γ
2
|z|p =p ,z0 =k
Z
ψγ,k (x) =
(4.229)
Quest’ultimo integrale può essere calcolato esplicitamente nel caso γ ≤ 0. Innanzitutto
riscriviamo la variabile z = p−γ (z0 + z1 p + z2 p2 + . . . ) come z = p−γ z0 + p−γ+1 (z1 +
z2 p + . . . ). Poniamo p−γ+1 (z1 + z2 p + . . . ) = z 0 . Con questa sostituzione l’integrale si
può spezzare come segue
τ
τ x − z 2 + 2xz dz
2
Z
|z|p =pγ ,z0 =k
χp
2
τ
τ
= χp τ x − p−2γ k 2 + 2p−γ kx
χp − (z 0 )2 + (2x − τ p−γ k)z 0 dz 0
2
2
Sγ−1
Z
τ
χp − (z 0 )2 + (2x − τ p−γ k)z 0 dz 0
+
2
Bγ−2
Z
2
(4.230)
Il primo integrale sul cerchio Sγ−1 si può spezzare ulteriormente nei due integrali
Z
··· =
Sγ−1
Z
−
...
Z
Bγ−1
...
(4.231)
Bγ−2
(abbiamo evitato di riscrivere l’argomento che rimane identico). Dunque due dei termini
si annullano a vicenda e si ottiene
τ
τ
τ x − z 2 + 2xz dz = χp τ x2 − p−2γ k 2 + 2p−γ kx
2
2
(4.232)
Z
τ
×
χp − (z 0 )2 + (2x − τ p−γ k)z 0 dz 0
2
Bγ−1
Z
χp
Sγ ,z0 =k
2
Consideriamo l’integrale a secondo membro. Le soluzioni di tale integrale sono (vedi
[23])


pγ−1 Ω(pγ−1 |2x − τ p−γ k|p ),
−γ
(2x−τ p−γ k)2
τ
τ −1/2

λ
(−
)|−
|
χ
Ω(p−γ | 2x−ττp k |p ),
 p 2
p
2 p
2τ
p2γ−2 ≤ 1
(4.233)
p2γ−2 > 1
Ora stiamo considerando il caso γ ≤ 0 dunque la nostra soluzione è quella in alto,
che si ottiene per γ ≤ 1. Allora
Z
χp
Sγ ,z0 =k
τ
τ
τ x − z 2 + 2xz dz = χp τ x2 + 2p−γ kx χp − p−2γ k 2
2
2
2
×p
γ−1
γ−1
Ω(p
|2x − τ p
−γ
k|p )
(4.234)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
Poiché γ ≤ 0 si vede subito che
χp − τ2 p−2γ k 2
63
= 1. Infatti l’argomento ha modulo
minore o uguale a 1 e quindi la sua parte frazionaria è nulla. Osserviamo inoltre che
Ω(pγ−1 |2x − τ p−γ k|p ) si può riscrivere come Ω(pγ−1 |x|p).
In conclusione
τ
χp τ x2 − z 2 + 2xz dz = χp τ x2 + 2p−γ kx pγ−1 Ω(pγ−1 |x|p ),
2
Sγ ,z0 =k
Z
γ≤0
(4.235)
Possiamo utilizzare questo risultato per ricavare esplicitamente alcune autofunzioni
dello stato fondamentale, in particolare quelle per le quali i termini della somma con
γ > 0 sono nulli.
Utilizzando le proprietà degli integrali gaussiani si vede facilmente che se scegliamo
f (|z|p , z0 ) = Ω(|z|p ) si ottiene come autofunzione dello stato fondamentale ψ0 (x) =
Ω(|x|p ). Mentre se scegliamo f (|z|p , z0 ) = δ(pγ − |z|p ), con γ = 1, 2, . . . , si ottiene
ψγ = χp (τ x2 )δ(pγ − |x|p .
Per quanto riguarda gli stati eccitati, cioè i vettori di Hα per i quali si ha
U (t)ψα = χp (αt)ψα ,
α ∈ Jp , α 6= 0, |t|p ≤ p−1
(4.236)
si ha che tali stati sono quelli per cui si verifica
fα (e−τ t z) = χp (αt)fα (z),
|t|p ≤ p−1
(4.237)
Tenendo in conto la 4.223, si vede che le funzioni che soddisfano tale equazioni sono
quelle della forma
fα (z) = φ(|z|p , z0 )χp (ατ a)
(4.238)
dove a è definito dalla rappresentazione z = pγ k ea . Si vede infatti che
fα (e−τ t z) = φ(|z|p , z0 )χp (ατ (a − τ t)) = φ(|z|p , z0 )χp (ατ a)χp (αt) = fα (z)χp (αt)
(4.239)
2
dove abbiamo utilizzato il fatto che τ = −1.
Sostituendo la 4.239 nella 4.208 otteniamo che gli stati eccitati sono descritti da
ψα =
χp
Qp
τ
τ x − z 2 + 2xz + ατ a φ(|z|p , z0 ) dz
2
Z
2
(4.240)
dove z = pγ k ea e φ(|z|p , z0 ) è una funzione arbitraria che dipende da z esclusivamente
tramite |z|p e z0 .
Questi sono tutti gli autostati dell’operatore evoluzione nel caso p ≡ 1 mod 4.
Tali autostati sono molto importanti, poichè con essi è possibile costruire una base
ortonormale per il caso adelico. Tuttavia è importante sapere se questi autostati sono
funzioni di Schwartz-Bruhat. In effetti in virtù del prossimo teorema è possibile selezionare all’interno di ogni autospazio dell’operatore evoluzione Hα una base ortonormale
costituita da funzioni di Schwartz-Bruhat.
Teorema 4.3.4. Sia H uno spazio di Hilbert separabile. Allora ogni sottospazio denso
di H contiene una base ortonormale.
Poiché lo spazio delle funzioni di Schwartz-Bruhat è denso in L2 (Qp ), l’insieme delle
funzioni di Schwartz-Bruhat contenute in Hα è denso in Hα . Poiché i sottospazi Hα sono
a loro volta spazi di Hilbert, possiamo selezionare al loro interno una base ortonormale
di funzioni di Schwartz-Bruhat, per il precedente teorema.
Di seguito riportiamo alcuni autostati dello stato fondamentale per i vari casi
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
(p)
64
(p)
(i) per p ≡ 1 mod 4, φ00 (x) = Ω(|x|p ) e φ0ν (x) = χp (τ x2 )δ(pν − |x|p ), ν ∈ N,
τ 2 = −1
(p)
(ii) per p ≡ 3 mod 4, φ00 = Ω(|x|p )
(2)
(2)
(iii) per p = 2, φ00 (x) = Ω(|x|2 ), φ01 (x) = 2Ω(2|x|2 ) − Ω(|x|2 )
Ricordiamo che la funzione delta δ(pν − |x|p ) è una funzione elementare definita come
(
ν
δ(p − |x|p ) :=
4.4
|x|p = pν
|x|p 6= pν
1,
0,
(4.241)
Gli Adeli
In questa sezione introduciamo gli Adeli. Gli Adeli sono in un certo senso il prodotto
di tutti i completamenti Qp del campo dei numeri razionali Q, dove p è un numero
primo oppure p = ∞ con la seguente notazione Q∞ = R. Attraverso gli Adeli possiamo
considerare tutti i possibili completamenti di Q in una volta sola, in modo tale che
nessuno di essi abbia un ruolo privilegiato rispetto agli altri.
Definizione 4.4.1 (Adeli). Sia {Gλ } l’insieme dei gruppi additivi R e Qp per ogni p.
Inoltre sia Hλ = Zp per ogni p numero primo (ricordiamo che Zp è un sottogruppo
compatto e aperto di Qp ). Gli Adeli sono definiti essere il prodotto diretto ristretto di
{Gλ } rispetto a {Hλ } e sono indicati con A (per una definizione di prodotto diretto
ristretto vedi [10]). In altre parole x è un adele se esso è un elemento di R×Q2 ×Q3 ×. . .
x = (x∞ , x2 , x3 , . . . )
(4.242)
con x∞ ∈ R e xp ∈ Qp per ogni p tale che |xp |p ≤ 1 per ogni p eccetto un numero finito.
L’insieme degli adeli è un anello rispetto alla somma e alla moltiplicazione per
componenti, ma non è un campo poiché non tutti gli elementi hanno un inverso
moltiplicativo (basterebbe prendere un adele con una o più componenti nulle).
Definizione 4.4.2 (Adele principale). Esiste un omomorfismo biiettivo tra il campo
dei numeri razionali Q e un sottoinsieme di A
Q ,→ A,
r → (r, r, r, . . . )
(4.243)
Gli elementi di A della forma (r, r, r, . . . ) con r ∈ Q sono detti adeli principali
dunque Q è in maniera naturale contenuto in A. Questo fatto è importante, come vedremo in seguito, per riuscire a dare un’interpretazione del formalismo adelico.
Osserviamo che l’elemento (r, r, r, . . . ) ∈ A perché per ogni p eccetto un numero finito
|r|p = 1.
Possiamo definire un prodotto di norma sull’insieme degli adeli come segue
|a| = |b∞ |∞
Y
|bp |p
(4.244)
p
Per una adele principale r si ha
|r| = |r|∞
Y
|r|p = 1
p
(4.245)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
65
Per ogni ξ ∈ A+ possiamo definire un carattere additivo su A+ come segue
χ(ξx) = χ∞ (ξ∞ x∞ )
Y
χp (ξp xp )
(4.246)
p
Si può dimostrare che il carattere additivo così definito è continuo.
Vale il seguente
Lemma 4.4.1. Sia r = (r, r, . . . ) un adele principale e χ un generico carattere additivo
su A. Allora
Y
χ(r) = χ∞ (r)
χp (r) = 1
(4.247)
p
Sia S un insieme finito di indici. Indichiamo con AS l’insieme
AS = Q∞ ×
Y
Y
Qν ×
ν∈S
Zν
(4.248)
ν ∈S
/
Sugli Adeli è possibile introdurre una misura di Haar e costruire una teoria dell’integrazione. Non tratteremo qui questo argomento poiché è semplicemente un estensione
di ciò che è già stato trattato nel primo capitolo riguardo i numeri p-adici. Per una
trattazione esaustiva vedi [10].
Definizione 4.4.3 (Funzione di Schwartz-Bruhat su A). Le funzioni di Schwartz-Bruhat
su A sono tutte le combinazioni lineari finite di funzioni del tipo
φ(x) = φ(x∞ )
Y
φp (xp )
(4.249)
p
dove x ∈ A+ , φ∞ (x∞ ) ∈ S(R) e φp (xp ) ∈ D(Qp ). Cioè φ(x) è una funzione a valori
complessi che soddisfa le seguenti condizioni
(i) φ∞ (x∞ ) è una funzione infinitamente differenziabile su R e |x∞ |n∞ φ∞ (x∞ ) → 0
per |x∞ |∞ → ∞ per ogni n ∈ N.
(ii) φp (xp ) è una funzione di Schwartz-Bruhat, cioè φp ha supporto compatto e
φp (xp + yp ) = φp (xp ) se |yp |p ≤ p−n con n = n(φp ).
(iii) φp (xp ) = Ω(|xp |p ) per tutti eccetto un numero finito di p
Possiamo definire la trasformata di Fourier sulle funzioni φ(x) ∈ S(A):
Definizione 4.4.4 (Trasformata di Fourier di funzioni di Schwartz-Bruhat). La trasformata di Fourier di una funzione di Schwartz-Bruhat φ è definita come
F [φ](y) =
Z
φ(x)χ(yx) dx
ZA
φ∞ (x∞ )χ∞ (x∞ y∞ ) dx∞
=
×
(4.250)
RZ
Y
p
φp (xp )χp (xp yp ) dxp
Qp
dove dx∞ dx2 dx3 . . . dxp . . . è la misura di Haar su A.
Si dimostra facilmente che la trasformata di Fourier di una funzione di SchwartzBruhat è ancora una funzione di Schwartz-Bruhat.
Lo spazio L2 (A) delle funzioni modulo quadro integrabili su A è uno spazio di Hilbert
rispetto alla seguente nozioni di prodotto scalare e norma
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
66
Definizione 4.4.5 (Prodotto scalare e norma). Il prodotto scalare in L2 (A) è definito
come
Z
(4.251)
(ψ, φ) =
ψ(x)φ(x) dx
A
La norma in
L2 (A)
è quella indotta dal prodotto scalare
kψk2 = (ψ, ψ)
(4.252)
Le funzioni di Schwartz-Bruhat sono dense in L2 (A), e la trasformata di Fourier può
essere estesa in maniera naturale a L2 (A), come si fa nel caso reale e nel caso p-adico.
4.4.1
Base ortonormale per L2 (A)
Vediamo ora come è fatta una base ortonormale di L2 (A). Dobbiamo mostrare che
è il prodotto tensoriale infinito degli spazi di Hilbert L2 (Qν ).
L2 (A)
Definizione 4.4.6 (Sequenza stabilizzatrice). Sia {Hn }n una sequenza di spazi di
Hilbert. Una sequenza {en }n con en ∈ Hn è detta sequenza stabilizzatrice se ken k = 1
per ogni n ∈ N.
Ora sia {Hn }n una sequenza di spazi di Hilbert separabili (la separabilità garantisce
la numerabilità delle basi ortonormali) con sequenza stabilizzatrice {en } e con basi
ortonormali {enk }k∈N tali che en1 = en . Sia {αn }n∈N una sequenza di interi positivi e si
Λ l’insieme di tutti gli α per cui αn è uguale a 1 per ogni n eccetto un numero finito.
Definiamo il prodotto
eα = e1α1 ⊗ e2α2 ⊗ . . .
(4.253)
dove α ∈ Λ. Notiamo che poiché αn è uguale a 1 per ogni n eccetto un numero finito,
allora enαn = en1 = en per ogni n eccetto un numero finito. Il prodotto tensoriale
infinito degli spazi di Hilbert Hn rispetto alla sequenza stabilizzatrice {en }n , indicato
N
con e,n Hn è definito come lo spazio di Hilbert che ammette come base ortonormale
N
l’insieme {eα } : α ∈ Λ. Tutti gli elementi di e,n Hn sono della forma
f=
X
fα eα
(4.254)
α∈Λ
dove fα è una sequenza di numeri complessi per cui α∈Λ |fα |2 < ∞. Il prodotto scalare
P
P
di due elementi α∈Λ fα eα e α∈Λ gα eα è definito come
P
(f, g) =
X
fα gα
(4.255)
α∈Λ
Sia Xn un sottospazio chiuso di Hn e sia {enk }k∈Z una base ortonormale di Hn tale
che {enk }k∈N è una base ortonormale in Xn , e en1 = en in modo tale che la sequenza
stabilizzatrice {en }n è contenuta in {Xn }n . Definiamo gli spazi
He =
O
Hn
(4.256)
e,n
e
Hel =
l
O
n=1
Hn ×
O
e,n>l
Xn = H1 ⊗ H2 ⊗ · · · ⊗ Xl+1 ⊗ Xl+2 ⊗ . . .
(4.257)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
67
Lemma 4.4.2. Gli spazi He e Hel soddisfano
He =
[
Hel
(4.258)
l≥1
Dimostrazione. Poiché Hel ⊂ He per ogni l, allora
S
l
l≥1 He
⊂ He . Inoltre l’elemento
eα = e1α1 ⊗ e2α2 ⊗ · · · ⊗ ekαk ⊗ ek+1 ⊗ ek+2 ⊗ . . .
in He è contenuto anche in Hek . Allora He ⊂
S
l
l≥1 He .
(4.259)
Questo prova il lemma.
Il nostro obiettivo è quello di mostrare che L2 (A) =
sequenza stabilizzatrice.
Definiamo
Y
Y
An = R ×
Qp ×
Zp
N
e,ν
L2 (Qν ) per una qualche
(4.260)
p>pn
p≤pn
dove pn è l’ennesimo numero primo. An , per ogni n, è un sottoinsieme di A.
Si può dimostrare il seguente
Teorema 4.4.1. Si ha il seguente isomorfismo
O
L2 (Zp ) ∼
= L2 (
Y
e,p
Zp )
(4.261)
p
dove la sequenza stabilizzatrice è data da ep = Ω(|xp |p ) = 1, per ogni p numero primo.
Da questo teorema discende subito che
Corollario 4.4.1. Si ha il seguente isomorfismo
L2 (R) ⊗
O
L2 (Zp ) ∼
= L2 (An )
O
L2 (Qp ) ⊗
(4.262)
e,p>pn
p≤pn
dove ep = Ω(|xp |p ) = 1 per ogni p > pn .
In conclusione
Teorema 4.4.2. Lo spazio L2 (A) è isomorfo al prodotto tensoriale infinito degli spazi
L2 (Qν ), cioè
O
L2 (A) ∼
L2 (Qν )
(4.263)
=
e,ν
dove gli elementi della sequenza stabilizzatrice sono ep = Ω(|xp |p ) per p numero primo,
e e∞ è un qualsiasi elemento della base ortonormale di L2 (R).
Dimostrazione. Per il lemma 4.4.2 e per il corollario 4.4.1 si ha che
O
L2 (Qν ) ∼
=
e,ν
[
L2 (An )
(4.264)
n
Quello che resta da mostrare è che n L2 (An ) = L2 (A). L’inclusione n L2 (An ) ⊂ L2 (A)
è ovvia. Inoltre poiché le funzioni di Schwartz-Bruhat sono dense in L2 (A), un elemento
f ∈ L2 (A) è il limite di una successione di funzioni di Schwartz-Bruhat, fi . Ogni fi è
un elemento di L2 (An ) per un qualche n. Dunque il limite di tale successione deve stare
S
S
in n L2 (An ), e dunque L2 (A) ⊂ n L2 (An ). Con ciò il teorema è dimostrato.
S
S
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
68
Ora per ogni L2 (Qν ) fissiamo una base ortonormale {eνk }k∈N tale che {eν1 }ν è la
sequenza stabilizzatrice del teorema precedente. Allora una base ortonormale per L2 (A)
consiste degli elementi della forma
2
eα = e∞
α∞ ⊗ e α2 ⊗ . . .
(4.265)
dove α = {αn }n varia su tutte le sequenze di interi positivi che per tutti eccetto in
numero finito sono uguali a 1. Allora ogni elemento della base può essere scritto come
2
k
pk+1
eα = e∞
⊗ epk+2 . . .
α∞ ⊗ eα2 ⊗ · · · ⊗ eαp ⊗ e
k
(4.266)
dove ep = Ω(|xp |p ). Se valutiamo un tale elemento di L2 (A) su un adele
(x∞ , x2 , x3 , . . . , xp , . . . ) otteniamo
2
k
eα (x) = e∞
α∞ (x∞ )⊗eα2 (x2 )⊗· · ·⊗eαp (xk )⊗Ω(|xk+1 |pk+1 )⊗Ω(|xk+2 |pk+2 )⊗. . . (4.267)
k
si vede che questo prodotto è finito.
4.5
Oscillatore Armonico adelico
Come già fatto nel caso p-adico definiamo la meccanica quantistica adelica per mezzo
della tripla
L2 (A), W (z), U (t)
(4.268)
dove A è il gruppo additivo dei numeri adelici, z è un punto adelico dello spazio delle
fasi classico, e t è un tempo adelico. L2 (A) è lo spazio di Hilbert delle funzioni a valori
complessi modulo quadro integrabili su A, W (z) è una rappresentazione unitaria del
gruppo di Weyl-Heisenberg su L2 (A), e U (t) è l’operatore evoluzione che realizza una
rappresentazione unitaria su L2 (A) di un sottogruppo G del gruppo additivo A+ .
Il gruppo di Weyl-Heisenberg viene generalizzato al caso adelico prendendo z ∈
2
A = A × A, α ∈ A, e B(z, z 0 ) ∈ A. In questo caso la rappresentazione unitaria di tale
gruppo è data da
Y
χ(α)W (z) = χ∞ W∞ (z∞ )
χp (αp )Wp (zp )
(4.269)
p
Si può dimostrare facilmente che la relazione di Weyl è soddisfatta
pq
W (z)W (z ) = χ
+ px W (z + z 0 )
2
0
(4.270)
L’operatore W (z) agisce su una funzione d’onda adelica come segue
pq
W (z)φ(x) = χ
+ px φ(x + q)
2
(4.271)
Consideriamo l’operatore evoluzione definito come
Z
U (t)φ(x) =
Kt (x, y)φ(y) dy
(4.272)
A
dove t ∈ G ⊂ A, x, y ∈ A, e φ(x) ∈ L2 (A).
Q
Si può dimostrare che U (t) = U∞ (t∞ ) p Up (tp ) essendo
(∞)
Kt (x, y) = Kt∞ (x∞ , y∞ )
Y
p
(p)
Ktp (xp , yp )
(4.273)
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
69
(questo risultato deriva dal calcolo diretto del propagatore definito tramite gli integrali
di cammino).
Q
Ponendo λ(a) = λ∞ (a∞ ) p λp (ap ) si può scrivere
1
Kt (x, y) = λ(2 sin(t))|sin(t)|− 2 χ
xy
x2 + y 2
−
sin(t) 2 tan(t)
(4.274)
Inoltre U (t) e Kt (x, y) soddisfano le relazioni di gruppo
U (t + t0 ) = U (t)U (t0 )
(4.275)
Z
Kt+t0 (x, y) =
A
Kt (x, z)Kt0 (z, y) dz
(4.276)
L’ultimo integrale è inteso come prodotto di un numero infinito di integrali dove per
tutti gli p eccetto un numero finito si ha
(p)
Ktp +t0p (xp , yp )
Z
(p)
=
|zp |p ≤1
(p)
Ktp (xp , zp )Kt0p (zp , yp ) dzp ,
xp , yp ∈ Zp
(4.277)
cioè l’integrazione non è estesa a tutto Qp per ogni p ma per quasi tutti gli p si estende
solo al sottoinsieme Zp .
L’ultima relazione può essere derivata utilizzando l’integrale di Gauss
Z
|x|p ≤1
2
χp (αx + βx) dx =
1
2
λp (α)|2α|−
p χp
β
β2
Ω | |p ,
−
4α
2α
|α|p > 1
(4.278)
Si può verificare che U (t) è una rappresentazione unitaria del gruppo G che nel caso
dell’oscillatore armonico adelico è dato da
G = R × G2 × · · · × Gp × . . .
(4.279)
dove G2 = {t ∈ Q2 : |t|2 ≤ 2−2 } e Gp = {t ∈ Qp : |t|p ≤ p−1 }. (Questi gruppi sono
quelli per cui gli sviluppi in serie di Taylor delle estensioni p-adiche delle funzioni seno
e tangente, convergono e dunque per cui il propagatore è definito).
Osserviamo che t non può essere un adele principale. Infatti se così fosse non
sarebbe contenuto in G, in quanto dato un qualsiasi numero razionale x esiste p tale
che |x|p ≥ p−1 . Tuttavia questo fatto è di poca rilevanza poiché stiamo trattando
l’oscillatore armonico non relativistico e quindi t gioca il ruolo di un semplice parametro.
Torneremo su questo punto nelle conclusioni.
In virtù della fattorizzazione degli operatori U (t) e W (z) in parti reale e p-adiche si
ha
U (t)W (z) = W (Tt z)U (t)
(4.280)
Inoltre le autofunzioni φαβ (x) dell’oscillatore armonico adelico devono soddisfare
l’equazione
U (t)φαβ (x) = χ(Et)φαβ (x)
(4.281)
dove α e β sono indici adelici della forma
α = (n, α2 , . . . , αp , . . . )
(4.282)
β = (0, β2 , . . . , βp , . . . )
(4.283)
le funzioni φαβ (x) sono il prodotto di un autostato reale e di autostati p-adici, χ(Et) =
P
e2πi{Et} e {Et} = −En t∞ + p {αp tp }. Si può dimostrare, per quanto detto riguardo
CAPITOLO 4. OSCILLATORE ARMONICO SU R E QP
70
la forma della base ortonormale in L2 (A), che esiste un set ortonormale completo di
autostati dell’oscillatore armonico adelico della forma
1
φαβ (x) =
24
1
(2n n!) 2
Y
Y
√
Ω(|xp |p )
exp −πx2 Hn (x 2π)
φαp βp (xp )
p∈Γαβ
(4.284)
p∈Γ
/ αβ
dove Γαβ è un set finito di numeri primi per i quali almeno uno degli indici αp e βp
è diverso da zero e le funzioni φαp βp (xp ) sono autostati p-adici. Già sappiamo che le
funzioni Ω(|xp |p ) sono anch’esse particolari autostati p-adici.
Osserviamo infine che è possibile scegliere in ogni L2 (Qp ) una base ortonormale
di autostati costituita da funzioni di Schwartz-Bruhat. Dunque con questa scelta si
vede che ogni autostato dell’operatore evoluzione adelico, che può essere scritto come
prodotto di autostati p-adici e di un autostato reale della forma 4.284, è una funzione
di Schwartz-Bruhat adelica, cosi come ogni combinazione lineare finita di tali autostati.
Le autofunzioni φαβ (x) sono ortonormali ed ogni φ(x) ∈ L2 (A) può essere scritta
nella forma
X
φ(x) =
Cαβ φαβ (x)
(4.285)
dove Cαβ = (φαβ , φ) e |Cαβ |2∞ = 1.
Osserviamo infine che per un particolare autostato dell’oscillatore armonico adelico
emerge in maniera naturale una discretizzazione dello spazio. Infatti consideriamo
l’autostato adelico della forma
P
φ(x) = φ∞ (x)
Y
Ω(|x|p )
(4.286)
p
dove φ∞ (x) è uno degli autostati dell’oscillatore armonico reale, e dove gli Ω(|x|p ) come
sappiamo sono particolari autofunzioni dello stato fondamentale dei vari oscillatori
armonici p-adici. L’argomento della funzione d’onda adelica è in generale un adele,
tuttavia sappiamo che dal punto di vista sperimentale gli unici valori della posizione che
possiamo ottenere come risultato di una misura sono quelli razionali. Possiamo dunque
stabilire che la funzione d’onda adelica ha senso fisico solo quando il suo argomento
è un adele principale, in virtù del fatto che l’insieme degli adeli principali può essere
messo in corrispondenza biunivoca con l’insieme dei numeri razionali.
Si vede facilmente che il modulo quadro della funzione d’onda adelica 4.286 valutata
in x ∈ Q da il seguente risultato
(
2
2
|φ(x)| = |φ∞ (x)|
Y
p
Ω|x|p =
|φ∞ (x)|2 ,
0
x∈Z
x ∈ Q\Z
(4.287)
avendo utilizzato le seguenti proprietà della funzione Ω:
Q
Q
|Ω(|x|p )|2 = Ω(|x|p ), p Ω(|x|p ) = 1 se x ∈ Z e p Ω(|x|p ) = 0 se x ∈ Q\Z. Ricordiamo
ora che tutta la nostra trattazione è stata svolta scegliendo le unità di misura in modo
tale che m = h = ω = 1. Tornando alle unità di misura originali si ottiene che la
funzione d’onda si annulla ovunque eccetto nei punti che sono multipli interi della
h
lunghezza l0 = mω
. Questo significa che la probabilità di misurare la particella in una
data posizione è diversa da zero solo se tale posizione coincide con un multiplo intero
della lunghezza l0 ([13]). Vediamo dunque che lo spazio risulta discretizzato.
Quando si vanno a considerare autostati differenti da 4.286, o combinazioni lineari di
più autostati, questa natura discreta dello spazio diventa meno definita fino a scomparire.
Per verificare sperimentalmente tale discretizzazione si dovrebbe esaminare il sistema
nello stato fondamentale 4.286 a distanze caratterizzate dalla lunghezza l0 .
Conclusioni
Abbiamo visto che una discretizzazione dello spazio emerge in maniera naturale
dalla trattazione adelica dell’oscillatore armonico quantistico. Tale discretizzazione
può essere ricondotta ad una sorta di interazione, a livello microscopico, tra la parte
reale e quella p-adica (per ogni p) del sistema. Osserviamo che da un punto di vista
classico questo tipo di interazione è completamente assente. La motivazione di ciò
è da ricercarsi nel formalismo. Infatti nel formalismo classico lo stato del sistema
non è descritto da una funzione d’onda ma semplicemente da una coppia di valori
rispettivamente della posizione e del momento. Tale descrizione non mescola i gradi
di libertà reali con quelli p-adici, cioè lo stato reale non comunica con gli stati p-adici
del sistema e quindi ci è impossibile rilevarli. Dal punto di vista quantistico invece
lo stato del sistema è caratterizzato da una funzione d’onda e lo spazio degli stati,
all’interno del quale tale funzione d’onda è da ricercarsi, è il prodotto tensoriale degli
spazi degli stati associati ai vari gradi di libertà. Poiché con la generalizzazione adelica
stiamo postulando che il sistema, oltre ai gradi di libertà reali, possiede anche gradi di
libertà p-adici, la funzione d’onda risulta in generale in un prodotto di funzioni d’onda
associate ai vari gradi di libertà, o in una combinazione lineare di tali prodotti. Da ciò
deriva il fatto che quantisticamente, e quindi microscopicamente, è possibile evidenziare
una sorta di interazione che dà luogo ad effetti "strani" come la discretizzazione dello
spazio. Potremmo pensare le varie componenti p-adiche della funzione d’onda adelica,
come funzioni d’onda che descrivono particelle virtuali che vivono in uno spazio (nella
trattazione relativistica si dovrebbe parlare di spazio-tempo) p-adico e che interagiscono
tra loro e con la componente reale a livello microscopico.
Abbiamo visto che nella trattazione dell’oscillatore armonico adelico il tempo, a
differenza dello spazio, non può essere un adele principale. Il motivo profondo di ciò
è che nella costruzione della meccanica quantistica adelica abbiamo generalizzato il
concetto di operatore evoluzione calcolandone il propagatore in termini di integrali di
cammino. Tuttavia, a causa delle proprietà delle funzioni trigonometriche nel campo
dei numeri p-adici, per dare senso a tale propagatore abbiamo dovuto restringere il
dominio dei valori assumibili dal tempo ad un certo sottogruppo compatto di Qp . Tale
restrizione crea dei problemi d’interpretazione del tempo adelico, che non riusciamo in
alcun modo a collegare con quello reale. Ciononostante, questi problemi hanno un ruolo
marginale poiché la nostra trattazione non è relativistica e quindi il tempo, e più in
generale il tempo adelico, gioca il ruolo di semplice parametro, senza un significato fisico
profondo. Nel caso relativistico invece il tempo diventa una coordinata a tutti gli effetti
così come le coordinate spaziali. Si può dimostrare che il propagatore dell’oscillatore
armonico quantistico nel caso relativistico, reale e p-adico, non dipende da t attraverso
le funzioni trigonometriche, risolvendo il problema della riduzione del dominio temporale
di definizione per il propagatore. In effetti un possibile sviluppo della trattazione
dell’oscillatore armonico relativistico nel caso adelico potrebbe garantire il recupero
71
dell’interpretazione del tempo come adele principale e quindi come numero razionale,
oltre ad una discretizzazione dello stesso analogamente a quanto avviene allo spazio nel
caso non relativistico.
Una delle applicazioni più interessanti dei formalismi p-adico e adelico è quella
relativa alla cosmologia quantistica ([1], [7], [17], [18]). La cosmologia è una scienza
che studia l’universo nel suo insieme. Essa si basa su dati provenienti dall’osservazione
cosmologica e sulle teorie fisiche fondamentali come la relatività generale, la meccanica
quantistica e la teoria delle particelle elementari. La cosmologia quantistica studia
l’universo nella sua interezza da un punto di vista quantistico. Infatti, i modelli fino
ad oggi sviluppati per descrivere l’evoluzione dell’universo, benché non concordino
sull’evoluzione futura dell’universo, stabiliscono tutti che l’universo deve aver avuto
un inizio, in corrispondenza del quale era infinitamente piccolo e infinitamente denso e
quindi a tutti gli effetti un sistema quanto meccanico.
Lo stato quantistico dell’universo è codificato dalla sua funzione d’onda. Tale
funzione d’onda è in generale funzione di alcuni parametri che descrivono l’universo
nella sua interezza come il fattore di scala e la distribuzione di materia. Nell’approccio
p-adico e adelico tali argomenti sono considerati rispettivamente p-adici e adelici.
L’equazione di Wheeler-De Witt per i modelli cosmologici quantistici non ammette
una generalizzazione p-adica o adelica. Tuttavia, invece dell’approccio differenziale,
si può utilizzare l’approccio di Hartle-Hawking attraverso il metodo degli integrali di
cammino di Feynman. L’interpretazione in senso probabilistico del funzionale d’onda
dell’Universo appare alquanto problematica. Nella meccanica quantistica ordinaria è
possibile associare alla funzione d’onda una densità di probabilità, relativa alla natura
delle predizioni che la teoria è in grado di effettuare. In tale contesto, una delle richieste
fondamentali della teoria è che si possa separare il sistema quantistico sotto esame
dall’osservatore esterno, che ha caratteristiche di tipo classico. L’osservatore, inoltre,
deve poter effettuare le proprie misure su un insieme di sistemi preparati nel medesimo
stato iniziale o quantomeno essere in grado di ripetere le misure nel tempo su un sistema
in cui è possibile ristabilire le stesse condizioni. Tali considerazioni, applicate a livello
cosmologico, incontrano tuttavia delle serie difficoltà concettuali. L’Universo, infatti,
costituisce tutto ciò che esiste. Pertanto, come oggetto il cui stato è rappresentato
dal funzionale Ψ, non ammette una suddivisione in sistema quantistico ed osservatore
esterno, non essendovi nulla di esterno all’Universo stesso. Inoltre, in quanto unico, non
è suscettibile di misure ripetute né nel tempo né nel numero.
Un’interpretazione di tipo probabilistico può essere recuperata a livello semiclassico
nella trattazione a gradi di libertà ridotti, nelle cosiddette teorie di minisuperspace.
Alcune delle teorie di minisuperspace, come quella di De Sitter, opportunamente
generalizzate al caso adelico presentano una discretizzazione dello spazio-tempo.
In effetti, nel modello di minisuperspace di De Sitter, in cui non ci sono distribuzioni
di materia, la funzione d’onda dell’universo è funzione del fattore di scala dell’universo.
Dalla generalizzazione adelica si ricava che la funzione d’onda dell’universo è diversa da
zero solo per valori del fattore di scala che siano multipli interi della lunghezza di planck
s
l0 =
Gh
' 10−33 cm
c3
Questo implica anche una discretizzazione del tempo cosmico che risulta essere un
multiplo intero del tempo di Planck
s
t0 =
Gh
' 10−45 s
c5
72
Tutto ciò significa che lo spazio tempo non è continuo ma discreto ovvero non esiste
spazio e non esiste tempo che non siano multipli interi di l0 e t0 , e dunque né materia
né energia possono esistere per tali valori.
Osserviamo che tale discretizzazione dello spazio tempo può essere utilizzata per
spiegare il valore della velocità della luce. Infatti, se prendiamo il rapporto tra l’unità
fondamentale di spazio e quella di tempo troviamo proprio c.
In conclusione, sottolineiamo il fatto che esistono diversi tentativi di applicare il
formalismo p-adico e adelico alla Teoria delle Stringhe e alla Teoria M, dove la geometria
dello spazio tempo alla scala di Planck diventa rilevante.
73
Appendice
Elementi di teoria dei gruppi
Un insieme G dotato di un’operazione · : G × G → G si dice gruppo se l’operazione
è:
(i) associativa, cioè g(g 0 g 00 ) = (gg 0 )g 00
(ii) possiede identità e ∈ G, cioè ge = eg = g
(iii) ogni elemento g possiede inverso, cioè esiste g −1 ∈ G tale che gg −1 = g −1 g = e
Definizione .0.1. Un gruppo si dice abeliano se l’operazione in esso definita è commutativa, cioè gg 0 = g 0 g.
Se G e H sono gruppi e f : G → H è una funzione, si dice che f è un omomorfismo se
f (gg 0 ) = f (g)f (g 0 ). Se inoltre f è iniettiva (rispettivamente suriettiva, biunivoca) si dice
che è un monomorfismo (risp. epimorfismo, isomorfismo) del gruppo G nel gruppo H.
Gruppi isomorfi sono da considerarsi equivalenti. Se f : G → H è un omomorfismo allora
la sua immagine im(f ) = f (G) è un sottoinsieme di H tale che (im(f ))(im(f )) = im(f )
dato che f (g)f (g 0 ) = f (gg 0 ).
Definizione .0.2. Un sottoinsieme H di un gruppo G tale che HH = H si dice
sottogruppo di G e si scrive in questo caso H < G.
Anche il nucleo del morfismo f :
ker(f ) := {g ∈ G : f (g) = e}
è un sottogruppo, che gode anche della proprietà (ker(f ))G = G(ker(f )) (infatti se
k ∈ ker(f ) e g ∈ G allora f (kg) = f (k)f (g) = f (g) = f (g)f (k) = f (gk). In altri
termini, se g ∈ G e k ∈ ker(f ) allora gkg −1 ∈ ker(f ).
Definizione .0.3. Un sottogruppo H < G tale che HG = GH si dice normale.
In generale, se G è un gruppo e K è un sottogruppo normale allora l’insieme
G\K := {gK : g ∈ G}
dei sottoinsiemi di G della forma gK è un gruppo rispetto al prodotto
(gK)(g 0 K) = (gg 0 )K
e si dice gruppo quoziente modulo K. Gli elementi gK di G\K si dicono classi laterali
(sinistre) di G modulo K.
74
Proposizione .0.1. I sottogruppi normali di G sono esattamente i nuclei dei possibili
omomorfismi di G in un altro gruppo.
Dimostrazione. Se f : G ∈ H è un omomorfismo allora ker(f ) è sottogruppo normale
di G come visto precedentemente; viceversa, se K è sottogruppo normale di G allora la
proiezione p : G → G\K è un epimorfismo di nucleo K.
Definizione .0.4. Un gruppo G è semplice se non ha sottogruppi normali non banali.
Non banali vuol dire diversi da {e} e G stesso, che sono ovviamente sotto- gruppi
normali di G.
Se H, H 0 < G sono sottogruppi, anche H ∩ H 0 lo è, ovviamente; se S ⊂ G è un
sottoinsieme qualsiasi, il sottogruppo generato da S è l’intersezione di tutti i sottogruppi
che contengono S. In particolare, per S = {g} si scrive hgi per il sottogruppo generato
dall’elemento g ∈ G. Naturalmente hgi è formato da e, g, gg, . . . . Usiamo la notazione
esponenziale scrivendo g n in luogo di g . . . g (n volte): allora è ovvio che g n g m = g n+m
e quindi che hgi è abeliano.
Definizione .0.5. Se V è uno spazio vettoriale, una rappresentazione lineare del gruppo
G è un omomorfismo del gruppo nel gruppo GL(V ) delle applicazioni lineari ed invertibili
di V in se stesso.
Spesso si dice semplicemente che lo spazio V è la rappresentazione del gruppo G.
Per ora limiteremo la discussione al caso di rappresentazioni di dimensione finita, ove la
dimensione di una rappresentazione è la dimensione dello spazio V .
Definizione .0.6. Due rappresentazioni π : G → GL(V ) e pi0 : G → GL(V 0 ) si dicono
equivalenti se esiste un isomorfismo A : V → V 0 tale che
Aπ(g) = π 0 (g)A
Se π : G → GL(V ) è una rappresentazione del gruppo G, un sottospazio W di V si
dice invariante se per ogni g ∈ G π(g)W ⊂ W . Evidentemente, in questo caso, la restrizione π|W è una rappresentazione π|W : G → GL(W ) che si dice sottorappresentazione
di π.
Definizione .0.7. Se π : G → GL(V ) è una rappresentazione di G e π|W : G → GL(W )
è una sottorappresentazione, π si dice riducibile se il complemento ortogonale di W in
V è pure un sottospazio invariante: in questo caso la rappresentazione π si decompone
in somma diretta delle rappresentazioni π|W e π|W ⊥ .
Se W ⊂ V è un sottospazio invariante rispetto alla rappresentazione π del gruppo G
allora è sempre possibile scegliere una base in V , i cui primi n elementi e1 , . . . , en (dove
n è la dimensione del sottospazio W ) costituiscono una base nel sottospazio W , tale che
per ogni g ∈ G il rappresentante π(g) è scrivibile come matrice a blocchi
π(g) =
A(g) B(g)
0
C(g)
!
Se inoltre la rappresentazione è riducibile allora è possibile trovare una base in cui
gli unici blocchi delle matrici π(g) diversi da zero, sono quelli diagonali. In altri termini
una rappresentazione riducibile è equivalente ad una rappresentazione del gruppo G per
la quale le matrici associate agli elementi del gruppo sono matrici diagonali a blocchi.
L’isomorfismo che realizza l’equivalenza è rappresentato dalla matrice che realizza il
cambiamento di base in questione.
75
Definizione .0.8. Una rappresentazione π : G → GL(V ) che non abbia sottorappresentazioni non banali (cioè diverse da π stesso e dalla rappresentazione nulla) si dice
irriducibile. In altri termini una rappresentazione di un gruppo in uno spazio vettoriale
V è irriducibile se V non ammette sottospazi invarianti rispetto a tale rappresentazione.
Definizione .0.9. Se una rappresentazione π : G → GL(V ) è tale che ogni sua
sottorappresentazione ammetta una sottorappresentazione complementare, si dice che V
è completamente riducibile.
Definizione .0.10. Se π1 : G → GL(V1 ) e π2 : G → GL(V2 ) sono rappresentazioni di
un gruppo G negli spazi vettoriali V1 e V2 , l’insieme degli operatori di allacciamento è
(π1 , π2 ) := {A ∈ hom(V1 , V2 ) : Aπ1 (g) = π2 (g)A
∀g ∈ G}
dove hom(V1 , V2 ) è lo spazio vettoriale delle applicazioni lineari di V1 in V2 .
Questo insieme si denota anche homG (V1 , V2 ) ed i suoi elementi si dicono anche
morfismi fra le rappresentazioni π1 e π2 .
La dimensione dello spazio vettoriale homG (V1 , V2 ) si dice numero di allacciamento
delle rappresentazioni π1 e π2 .
Proposizione .0.2. Le rappresentazioni sono equivalenti se e solo se l’insieme dei
morfismi homG (V1 , V2 ) contiene un isomorfismo.
In teoria delle rappresentazioni è valido il seguente importante:
Lemma .0.1 (Schur). Se π1 : G → GL(V1 ) e π2 : G → GL(V2 ) sono rappresentazioni
irriducibili di un gruppo G allora ogni elemento (non nullo) di homG (V1 , V2 ) è invertibile.
Dimostrazione. Sia A ∈ homG (V1 , V2 ) non nullo: allora il nucleo di A è un sottospazio
di V1
ker(A) = {v ∈ V1 : Av = 0}
Dato che π2 (g)A = Aπ1 (g)v allora se v ∈ ker(A) si ha Aπ1 (g)v = π2 (g)Av = 0,
quindi π1 (g)v ∈ ker(A). Dunque ker(A) è un sottospazio invariante di V1 , che però
è irriducibile. Ne segue che ker(A) = 0 oppure ker(A) = V1 . Se ker(A) = V1 allora
A = 0 per definizione; se ker(A) = 0 allora A è invertibile. Ma l’immagine di A è un
sottospazio di V2
im(A) = {w ∈ V2 : ∃v ∈ V1 : Av = w}
ed è un sottospazio invariante di V2 : infatti se w ∈ im(A) allora π2 (g)w = π2 (g)Av =
Aπ1 (g)v, quindi π2 (g)w è immagine di π1 (g)v tramite A i.e. π2 (g)w ∈ im(A) per ogni
g ∈ G. Per irriducibilità di V2 segue che im(A) = 0 oppure im(A) = V2 ; ma A è
invertibile per quanto dimostrato precedentemente, e quindi im(A) 6= 0, i.e. im(A) = V2
è dunque A è anche un isomorfismo.
In altri termini, un morfismo fra due rappresentazioni irriducibili è zero oppure è un
isomorfismo: in particolare due rappresentazioni irriducibili distinte non possono essere
contenute l’una nell’altra. Questo ci dice che le rappresentazioni irriducibili sono le più
semplici possibili: in effetti una rappresentazione irriducibile si chiama anche semplice.
Una rappresentazione che si decompone in somma diretta di sottorappresentazioni irriducibili si dice talvolta semisemplice: dimostriamo ora che le rappresentazioni semisemplici sono esattamente quelle completamente riducibili: lo faremo per rappresentazioni
di dimensione qualsiasi.
76
Lemma .0.2. Se V è una rappresentazione completamente riducibile allora ogni sua
sottorappresentazione è completamente riducibile oppure irriducibile
Dimostrazione. Sia π : G → GL(V ) una rappresentazione completamente riducibile, e
W un sottospazio invariante di V : allora la sottorappresentazione π|W : G → GL(W ) è
irriducibile oppure riducibile. Dimostriamo che se tale sottorappresentazione è riducibile
allora è completamente riducibile. Sia Z un sottospazio invariante di W . Allora
esso è sottospazio invariante anche di V e dunque π|Z : G → GL(Z) è anche una
sottorappresentazione di V , quindi esiste un sottospazio invariante Z 0 di V tale che
Z 0 ⊕ Z = V poiché V è completamente irriducibile; dato che Z ⊂ W ⊂ V allora
Z ∩W =
6 {0}. Inoltre W = Z + (Z 0 ∩ W ) e questa somma è diretta; quindi π|Z 0 ∩W :
G → GL(Z 0 ∩ W ) è una sottorappresentazione complementare di π|Z : G → GL(Z) in
W . Dunque W è completamente riducibile.
Vale il seguente:
Lemma .0.3. Se V è una rappresentazione completamente riducibile allora possiede
una sottorappresentazione irriducibile.
Possiamo infine enunciare il seguente:
Teorema .0.1. Una rappresentazione è completamente riducibile se e solo se si decompone in somma diretta di rappresentazioni irriducibili.
Se πi : G → GL(Vi ) con (i = 1, 2) sono rappresentazioni di un gruppo G, definiamo
una funzione π1 ⊗ π2 : G → GL(V1 ⊗ V2 ):
(π1 ⊗ π2 )(g)(v1 ⊗ v2 ) := (π1 (g)v1 ) ⊗ (π2 (g)v2 )
che si dice prodotto tensoriale delle rappresentazioni.
Proposizione .0.3. Il prodotto tensoriale di due rappresentazioni di un gruppo è una
rappresentazione del gruppo stesso nello spazio V1 ⊗ V2 .
Dimostrazione. Ovviamente (π1 ⊗ π2 )(e)(v1 ⊗ v2 ) = v1 ⊗ v2 . Inoltre
(π1 ⊗ π2 )(gh)(v1 ⊗ v2 ) = π1 (gh)v1 ⊗ π2 (gh)v2
= π1 (g)π1 (h)v1 ⊗ π2 (g)π2 (h)v2
= [(π1 ⊗ π2 )(g)][(π1 ⊗ π2 )(h)](v1 ⊗ v2 )
Teorema .0.2. Ogni rappresentazione irriducibile (di dimensione finita) π : G →
GL(V ) del prodotto diretto G = G1 × G2 è equivalente al prodotto tensoriale di
rappresentazioni irriducibili pii : G → GL(Vi ) dei gruppi Gi .
Si noti che se π1 : G → GL(V ) e π2 : G → GL(W ) sono rappresentazioni irriducibili
di G non è affatto vero che π : G → GL(V ⊗ W ) sia irriducibile per G: lo è solo per
G × G.
Infine consideriamo ancora una costruzione degli spazi vettoriali che ha un significativo riverbero in teoria delle rappresentazioni: supponiamo infatti che lo spazio V
sia unitario, i.e. che (sia complesso e) possegga un prodotto hermitiano (v, w) definito
positivo. Ricordiamo che una trasformazione lineare A : V → V è unitaria se
∀v, w ∈ V
(Av, Aw) = (v, w)
77
In termini di matrici questo significa, ovviamente, che
AT A = AAT = I
In particolare si ha |det(A)| = 1 e dunque una matrice unitaria è sempre invertibile, e
dunque determina un isomorfismo dello spazio V in se stesso.
Quindi le matrici unitarie formano un sottogruppo del gruppo lineare generale
GL(V ). Indichiamo tale sottogruppo con U (V ).
Definizione .0.11. Una rappresentazione π : G → GL(V ) si dice unitaria se im(π) ∈
U (V ).
Vale il seguente
Teorema .0.3. Una rappresentazione unitaria (di dimensione finita) è completamente
riducibile.
Abbiamo quindi una condizione sufficiente per la completa riducibilità di una
rappresentazione: che sia equivalente ad una rappresentazione unitaria.
Definizione .0.12. Due rappresentazioni π1 e π2 qualsiasi di un gruppo G in uno
stesso spazio unitario V sono unitariamente equivalenti se esiste un operatore unitario
A ∈ (π1 ; π2 ).
Concludiamo con un risultato cruciale per la teoria dei gruppi finiti:
Teorema .0.4. Ogni rappresentazione di dimensione finita di un gruppo finito è
equivalente ad una rappresentazione unitaria.
Corollario .0.1. Ogni rappresentazione di dimensione finita di un gruppo finito è
completamente riducibile.
Per le dimostrazioni e ulteriori approfondimenti rimandiamo a [20].
78
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