L’ERBAVOGLIO Cicoria selvatica Cichorium intybus Fam: Compositae Nei campi abbandonati e lungo i bordi delle strade di campagna, dal litorale alla media montagna, è frequente incontrare questa pianticella che, come poche altre, è da sempre protagonista delle tradizioni rurali e contadine, quando “l’andar per erbe” era una necessità per il sostentamento di molti nuclei famigliari. Sin dai tempi più remoti, infatti, la cicoria era conosciuta ed utilizzata, anche grazie alla sua diffusione in quasi tutti i Continenti: era ben nota sin dall’epoca degli Egizi, circa 6.000 anni fa, come riportato da Plinio nei suoi scritti; il medico greco Galeno la consigliava contro le malattie del fegato e numerosi sono i riferimenti alla cicoria anche in epoca romana. Una storia tanto antica ha portato riflessi anche a livello etimologico, l’origine del nome è infatti ancora poco certa e varie sono le ipotesi: secondo alcuni il genere Cichorium deriverebbe da un antico nome arabo che potrebbe suonare come Chikouryeh, secondo altri sembra derivi dal nome egizio Kichorion, mentre gli antichi greci chiamavano questa pianta kichora, ma anche kichòria oppure kichòreia. Il nome specifico intybus, invece, potrebbe derivare dal latino a sua volta derivato dal greco éntybon col quale si indicava un’erba simile alla cicoria, oppure da una modificazione del termine arabo “endibet” da cui sarebbe poi derivata “indivia”, una nota insalata verde. E’ un’erba annua o perenne con fusticini angolosi, ramificati, che possono esser lunghi anche un metro; presenta alla base una caratteristica rosetta di foglioline piuttosto fitte, verde scuro a volte con macchie rossastre sulla pagina superiore, più o meno dentate, con una grossa nervatura mediana. Le rosette basali sono la parte più utilizzata in cucina, e, per evitare un gusto eccessivamente amaro, vanno raccolte quando ancora non si sono formati i fusticini (che in genere compaiono al secondo anno di vita), che a loro volta porteranno i fiori di un bel colore azzurro intenso, avendo cura di non estirpare la pianticel52 - Il Forestale n. 74 la ma asportando solo la rosetta con l’aiuto di un coltellino affilato. Le foglie basali possono essere confuse dai meno esperti con quelle Tarassaco (Taraxacum officinale), l’eventuale scambio non crea però alcun problema, dato che le due specie hanno proprietà organolettiche analoghe. Altra parte utilizzata è la radice della pianta, che tostata diventa un succedaneo del caffè, tale utilizzo si diffuse soprattutto in tempi di guerra. Dai fiori, inoltre, si possono estrarre dei liquidi utili per curare alcuni tipi di oftalmie, mentre la polpa della radice può essere un coadiuvante nella cura di alcune infiammazioni, avendo proprietà antiflogistiche. In cucina, invece, l’utilizzo più frequente è quello delle foglie nelle insalate (fresche o cotte). Quello che un tempo era un alimento diffuso nelle frugali mense contadine, oggi sta riconquistando apprezzamento soprattutto come ingrediente di piatti titpici regionali; in particolare va dato il merito alla popolazione romana se, tra tutte le erbe spontanee, la cicoria è quella che maggiormente viene ricordata anche da chi in campagna non va mai. Fino a qualche tempo fa esisteva addirittura la figura del "cicoriaro" che di mestiere raccoglieva nei campi questa pianta e poi la rivendeva nei mercati rionali della Capitale. Oggi la cicoria oltre che selvatica è anche diffusamente coltivata ed ha dato origine a numerose coltivazioni orticole. Bianca Maria Landi Farfalle integrali al pesto di cicoria con datterini Ingredienti: • Cicoria selvatica, 100 gr • Parmigiano Reggiano, 100 gr • Mandorle, 50 gr • Aglio, 1 • Pomodorini datterino, 100 gr • Olio extra vergine di oliva • Sale • Farfalle integrali, 3 etti Preparazione: Lavare la cicoria ed asciugarla. Metterla nel mixer assieme al Parmigiano Reggiano, le mandorle, lo spicchio d’aglio privato dell’anima ed abbondante olio extra vergine di oliva. Salare ed avviare il mixer sino a creare una crema. Nel frattempo mettere a bollire l’acqua ed in un ampio tegame far saltare i pomodorini datterini per cinque minuti con un goccio d’olio. Cuocere le farfalle nell’acqua bollente salata e ritirarle al dente. Scolarle ed unirle ai pomodorini ed al pesto di cicoria. Far saltare la pasta per un minuto in padella e servire con un filo d’olio a crudo.