Natura e Cultura
N. 5-2014
Gruppo Naturalistico
La gramégna
CESENA
Fitoalimurgia: rudimenti di analisi organolettica (prima parte)
Chi va per erbe, fiori, bacche e tuberi: mai la quantità, ma la qualità. Ha senso la
raccolta oculata: ad esempio le varietà utili per una misticanza generosa di sapori o
per un misto di erbe cotte, calibrato in tutti i suoi sentori. È un grave insulto alla
natura la raccolta esagerata di tarassaco, more bi bosco, di raperonzoli, di aglio
orsino o di quant’altro. Chi va per prati, per incolti e per boschi deve rispettare la
natura, deve rispettare le piante tossiche perchè hanno la loro ragione di essere
presenti in quel momento della stagione e in quel dato luogo.
La raccolta di prodotti spontanei presume una lunga esperienza accumulata negli
anni. Non ha senso, ad esempio, cogliere le poche foglie di una rosetta di Cichorium,
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di Papaver, di Sonchus e di tante altre specie alla fioritura quando la loro linfa ha un
forte sentore viroso.
Le indagini sensoriali che, nel corso degli anni,
entrano a far parte dell’archivio della memoria,
messe a punto nelle varie fasi di raccolta delle tante
piante spontanee, permettono di arrivare a cogliere
un’erba, un fiore, una bacca o un tubero nel suo
periodo migliore, sia per fragranza sia per contenuto
di micronutrienti e di phytochemicals.
Un’erba, dalla nascita alla raccolta, mostra diverse
sfumature di verde, proprio perché il contenuto di
clorofilla, caroteni e xantofille varia con l’età, come
d’altra parte variano con l’età le componenti fenoliche: antociani, flavoni e principi
tannici. Varia pure il pH. In alcune specie cambiano anche le caratteristiche della
peluria. La tonalità del verde, ad un esame attento, rispecchia l’età della pianta.
Bisogna quindi arrivare a determinare per ogni specie spontanea, il periodo migliore
per la raccolta.
Ad esempio la Reichardia picroides, dalla nascita alla
fioritura, varia le sfumature di un unico verde,
altrettanto fa la Valerianella spp, che ingiallisce
soltanto dopo la fioritura, mentre il Papaver rhoeas
varia almeno due-tre gradazioni di verde.
Bisogna fare attenzione alle gradazioni di verde e
alle sfumature di ogni verde di piante della stessa
specie nate in luoghi diversi anche se vicini perchè
la presenza di ecotipi e di ibridi e la vocazionalità del
territorio influiscono sulla crescita e sullo sviluppo.
L’andamento stagionale siccitoso tende a tonalità
più gialline delle foglie, mentre la maggiore fertilità tende a tinte verdi più intense
per il rigoglio vegetativo. Ad esempio il Papaver rhoeas, tipico delle terre arate, se
analizzato in condizioni ambientali normali dà la possibilità di capire l’andamento del
suo verde, se raccolto in un prato, perchè un seme è arrivato da chissà dove,
nonostante le condizioni climatiche favorevoli presenta, rispetto a quello nato e
cresciuto nel suo habitat, un andamento diverso della rosetta le cui foglie tendono
verso l’alto e presentano gradazioni e tonalità di verde più o meno intense, a
seconda della luce e dell’aria, che riescono guadagnarsi.
Non si confrontano mai le gradazioni di verde di piante diverse, ad esempio, non si
confronta il verde del Cichorium con quello del Taraxacum o con quello dei Sonchus
o della Reichardia o del Papaper. Si paragona il verde della cicoria colta in un luogo
con quello di altre cicorie colte in un altri luoghi. D’altra parte, non si fa mai alcun
paragone tra il sapore di una mora di bosco o di un lampone o di una mora di gelso,
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ma si analizza e si paragona il sapore della mora di bosco colta in una siepe, da
quella colta su un rovo in una balza oppure su un rovo sul ciglio di una strada di alta
collina. Altrettanto vale per il lampone, per la fragola, per il mirtillo e per qualsiasi
altra pianta.
Il raccoglitore (e quindi il consumatore) di piante
spontanee o di loro parti incontra notevoli
difficoltà nell’esame organolettico, perchè ogni
pianta spontanea è sempre, o quasi sempre, un
caso a sé a differenza della pianta coltivata che
presenta una grande uniformità di caratteri per il
lavoro genetico-varietale operato dall’uomo e
per le tecniche agronomiche adottate. Le piante
coltivate di cicoria, ad esempio, provenienti
anche da località notevolmente distanti tra loro,
presentano differenze organolettiche minime,
quasi impercettibili. Non è così per la cicoria selvatica, perché basta spostarsi di
poche decine di metri per percepire talora notevoli differenze del verde della foglia,
dell’azzurro del fiore, del sapore e dell’aroma. Bisognerebbe, pertanto, analizzare
nel caso di una pianta selvatica, un numero assai vasto di piante raccolte in luoghi
diversi e creare una sorta di media dei valori. Siccome i valori organolettici
rappresentano il contenuto di micronutrienti e di phytochemicals, la media non
soddisfa il consumatore che preferisce sapere se vale la pena mangiare la cicoria che
sta cogliendo.
Il raccoglitore di prodotti spontanei
se sottopone ai sensi ciò che sta
cogliendo, evita di cogliere, e poi di
mangiare, prodotti magari più
poveri degli omologhi coltivati. Non
è detto che, ad esempio, una
cicoria spontanea, per il fatto di
essere, appunto, spontanea, debba necessariamente essere più ricca di una cicoria
coltivata.
Quando si opera nel selvaggio occorre distinguere stagione, tempi e modalità di
raccolta. Molte piante, infatti, offrono uno o più prodotti nella stessa stagione,
oppure in stagioni diverse, se non addirittura in anni diversi. È bene, per rendersi
conto di tutto, memorizzare il sapore, l’odore, la forma, la consistenza e le modalità
d’uso di ciascun prodotto. Il Tragopogon porrifolius offre nella stessa stagione la
radice e la rosetta, il Sambucus nigra offre in stagioni diverse i fiori e i frutti, il
Dipsacus fullonum offre nel primo anno di vegetazione le rosette basali, mentre nel
secondo anno le grandi foglie basali. Le radici carnose del Tragopogon porrifolius
presentano aroma e sapore nettamente diversi dalle foglie, pur con una certa
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analogia di base. Le radici prediligono gli stufati, i sughi e i gratinati, mentre le foglie
da giovani le misticanze e da adulte i misti di erbe da cuocere in acqua e poi da
ripassare in padella. I fiori del Sambucus nigra si prestano per frittelle, mentre i frutti
per succhi, sciroppi, bevande, sorbetti, marmellate. Le rosette del primo anno di
Dipsacus fullonum entrano nel misto di erbe da cuocere in acqua o al vapore,
mentre le coste del secondo anno si mangiano in pinzimonio oppure si sbollentano
in acqua e poi si gratinano nel forno o si passano in umido o si insaporiscono in
padella nell’olio con l’odore dell’aglio.
Ennio Lazzarini
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Andando per libri nuovi, vecchi e antichi, leggendo e imparando
Nel libro L’Alimentazione Naturale del 1980 si legge a pag
146: Quali sono gli ortaggi e le verdure più importanti per
virtù gastronomiche e curative? Si possono ridurre a sette
specie essenziali: aglio e cipolla (tra le liliacee), cavolo e
crescione (crocifere), carota e sedano (ombrellifere), dente di
leone (composite). Un ideale antipasto in pinzimonio, ma
anche un buon orticello da week-end, non possono farne a
meno
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Nel libro Per non invecchiare del 1916 si legge a pag. 207:
Gli alimenti per essere veramente tali dal punto di vista
fisiologico, devono contenere tutti quei principi atti a
conservare la vitalità organica ed a sopperire alle continue
perdite, che sono proprie di qualsiasi organismo vivente. Essi
in ultima analisi sono incaricati a ridare ai tessuti e agli
organi animali quel plasma nutritizio, che questi
incessantemente perdono col loro incessante funzionare,
perpetuandosi così i fenomeni della vita.
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