Il teorema di Pitagora

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PITAGORA - (570-490 a.C. ca.)
Figlio di Mnesarco, Pitagora nacque a Samo intorno al 570: nell'isola natale dovette subire l'influenza del misticismo di
Ferecide e delle riflessioni sui cicli vitali di Anassimandro.
Secondo la tradizione, Pitagora avrebbe poi intrapreso viaggi in Egitto e a Babilonia a scopo di studio, intraprendendo
anche lo studio della matematica e scoprendo il celebre teorema che da lui prende nome.
Emigrò poi nella Magna Grecia, probabilmente per dissensi con il tiranno locale, Policrate (salito al potere negli anni tra
il 540 ed il 537), stabilendosi a Crotone intorno al 530. Qui Pitagora fondò una sua scuola, diretta alla formazione
dell'aristocrazia locale, senza distinzioni di sesso: la tendenza oligarchica e aristocratica della scuola pitagorica, oltre a
notarsi dal fatto che il filosofo aveva creato un gruppo di Trecento giovani scelti al quale impartiva personalmente le
lezioni (i mathematikoi), risultò evidente quando egli promosse il riarmo di Crotone contro Sibari.
Distrutta Sibari nel 510, Pitagora propose una gestione comunitaria delle terre conquistate, da far amministrare ai suoi
Trecento, esautorando così, di fatto, l'aristocrazia terriera crotoniate, che propugnava una gestione basata sulla
divisione in lotti: accusati di aspirare alla tirannide, Pitagora e i suoi furono assediati nella loro sede, che venne data
alle fiamme.
Costretto alla fuga, Pitagora si spostò a Metaponto, dove morì, intorno al 490, dopo un soggiorno di vent'anni e dopo
avervi fondato una nuova comunità.
Il teorema di Pitagora
Si racconta, ma è leggenda, che Pitagora abbia scoperto il suo teorema mentre stava aspettando di essere ricevuto
da Policrate. Seduto in un grande salone del palazzo del tiranno di Samo, Pitagora si mise ad osservare le piastrelle
quadrate del pavimento. Se avesse tagliato in due una piastrella lungo una diagonale, avrebbe ottenuto due triangoli
rettangoli uguali. Inoltre l'area del quadrato costruito sulla diagonale di uno dei due triangoli rettangoli risultava il
doppio dell'area di una piastrella. Questo quadrato risultava infatti composto da quattro mezze piastrelle, cioè da due
piastrelle. Ma i quadrati costruiti sugli altri lati del triangolo corrispondevano ognuno all'area di una piastrella.
Dalle piastrelle del pavimento al teorema di Pitagora.
In altre parole il quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui due cateti.
Questo risultava evidente nel caso della piastrella quadrata, cioè di un triangolo rettangolo isoscele, ma poteva essere
vero, si chiese Pitagora, anche nel caso generale, con cateti di lunghezza diversa?
In realtà la storia del teorema è molto più complessa e le sue origini, come abbiamo già detto, risalgono almeno ad un
migliaio di anni prima che Pitagora si dedicasse allo studio dei triangoli rettangoli. Per avviare la nostra indagine sul
teorema partiamo dalla formulazione che ne diede Euclide:
In ogni triangolo rettangolo il quadrato del lato opposto all'angolo retto è uguale ai quadrati dei lati che contengono
l'angolo retto. Se lo riscriviamo in termini più moderni abbiamo l'enunciato riportato generalmente nei testi scolastici:
in ogni triangolo rettangolo il quadrato dell'ipotenusa (oppure: l'area del quadrato costruito sull'ipotenusa) è
equivalente alla somma dei quadrati dei due cateti (oppure: alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui due
cateti).
DIMOSTRAZIONE
Dato il triangolo rettangolo ABC, di cateti a, b e ipotenusa c, costruiamo due quadrati equivalenti, che abbiano come
lato la somma dei due cateti, a + b. Scomponiamo il primo di questi quadrati nei due quadrati costruiti sui cateti e
nei quattro triangoli di figura, equivalenti al triangolo dato. Scomponiamo poi il secondo quadrato nel quadrato
costruito sull'ipotenusa e negli stessi quattro triangoli. Se ai due quadrati grandi togliamo i quattro triangoli
equivalenti, otteniamo due parti equivalenti: i quadrati costruiti sui cateti e il quadrato costruito sull'ipotenusa.
Attenzione però: la dimostrazione non è ancora completa. E' necessario dimostrare ancora che le parti più scure
sono realmente i quadrati dei cateti e dell'ipotenusa del triangolo dato. Per il primo quadrato a sinistra questo è
evidente, dal modo in cui abbiamo eseguito la scomposizione, cioè, come si dice, per costruzione. Per il secondo
quadrato a destra, sempre per costruzione, possiamo dire che i suoi lati sono uguali all'ipotenusa del triangolo. Resta
da dimostrare che i suoi angoli sono retti. Consideriamo l'angolo a, che sommato agli altri due angoli aventi lo stesso
vertice forma un angolo piatto. Ma anche la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a un angolo piatto, e
quindi l'angolo a corrisponde al terzo angolo del triangolo, che è retto. Allo stesso modo si dimostra che anche gli
altri angoli sono retti e quindi che la figura è un quadrato.
IL TEOREMA PRIMA DI PITAGORA
Presso gli egiziani
In Egitto i geometri, per trovare un angolo retto, ad esempio nella costruzione di una piramide per creare un quadrato
esatto sulla base, utilizzavano una corda con segnati tratti di lunghezza 3, 4 e 5, che formano i lati di un triangolo
rettangolo.
Presso i babilonesi
La più antica testimonianza pervenuta fino a noi del
teorema di Pitagora è contenuta in una tavoletta
paleo-babilonese, datata tra il 1800 e il 1600 a.C.,
dove è disegnato un quadrato con le due diagonali. Sul
lato del quadrato troviamo il numero 30, lungo la
diagonale troviamo i numeri (in notazione
sessagesimale) 1;24,51,10, cioè
1+24/60+51/602+10/603 ,e 42;25,35, ovvero
42+25/60+35/602 , che riportati in forma decimale
danno 1,414213 e 42,42639.
Il primo è un’ottima approssimazione della radice di 2.
Il secondo è la diagonale del quadrato di lato 30, ed è
uguale al prodotto di 30 per il primo numero.
Nel caso del triangolo con i cateti uguali, la diagonale
del quadrato si ottiene moltiplicando il suo lato per la
radice di 2; il fatto che su questa tavoletta venga
riportato ciò denota la conoscenza del teorema di
Pitagora.
Presso i cinesi
La figura cinese "hsuan-thu", datata con incertezza al
1200 a. C., è stata vista da alcuni come una prova
della conoscenza del teorema di Pitagora.
La figura mostra un triangolo di lati 3, 4 e 5, con il
quadrato di lato 7=3+4 che contiene quello di lato 5, a
sua volta composto da quattro triangoli e un
quadratino di lato 1=4-3.
Non c’è invece traccia dei quadrati sui cateti 3 e 4. In
generale, se si indicano con a e b i cateti e con c
l’ipotenusa, il quadrato di lato a + b si può considerare
composto di 8 triangoli e del quadratino di lato b - a, o
anche del quadrato sull’ipotenusa c e di quattro
triangoli, da cui si ricava la relazione 4ab+ (b - a) 2 =
c2 +2ab. Ovvero 4ab + b2 + a2 –2ab= c2 + 2ab; da cui
risulta b2 + a2 = c2 e quindi il teorema di Pitagora.
In ogni caso, non abbiamo né un enunciato preciso del
teorema, né tanto meno una sua dimostrazione.
Presso l’India
Anche dall'India arriva un enunciato del teorema di
Pitagora che ci autorizza a pensare come il teorema
fosse già noto agli indiani in epoche precedenti alla
nascita di Pitagora. Si legge infatti nei Sulbasutra, i
testi che contenevano le istruzioni per la costruzione
degli altari, riportati in forma scritta fra l'800 e il 600
a. C.:
La fune tesa per la lunghezza della diagonale di un
rettangolo forma un'area pari alla somma di quella
formata dal lato verticale e da quello orizzontale.
Si parla ancora di funi e di problemi pratici. Ma la
strada è aperta verso la matematica astratta.
Presso l’Arabia
Dall'Arabia arriva invece la dimostrazione di Thabit
ibn Qurra Marwan al'Harrani (826 - 901):
I triangoli ABC, CEH, CEM, BGD, EGL, AFL sono tutti
equivalenti. Inoltre osserviamo che il poligono ABDEF
può essere scomposto in due modi diversi:
Dall'uguaglianza delle due relazioni e dall'equivalenza
dei triangoli indicati, ricaviamo:
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