GRANDEZZE ELETTRICHE
Struttura della materia. La carica elettrica. La corrente elettrica. Il generatore elettrico. La tensione elettrica.
Conduttori, isolanti e semiconduttori. La resistenza elettrica. La resistività e il coefficiente di temperatura. La
legge di Ohm. Energia e potenza elettrica. I resistori. Caratteristiche dei resistori. Codice di identificazione dei
resistori. Il generatore ideale di tensione. Il generatore ideale di corrente.
1 - STRUTTURA DELLA MATERIA
Ogni oggetto è formato da piccole particelle chiamate molecole ed ogni molecola è costituita da atomi. Ogni
atomo è formato da un nucleo centrale che contiene protoni e neutroni, e da elettroni che ruotano intorno su
varie orbite, a diverse distanze dal nucleo.
Mentre i neutroni non possiedono carica elettrica, i protoni hanno una carica positiva e gli elettroni una carica
negativa dello stesso valore. Tale valore, espresso in Coulomb (C), risulta:
q=1,60 ·10-19 C
In condizioni normali ogni atomo ha il numero di elettroni uguale al numero di protoni, per cui gli oggetti
risultano complessivamente neutri.
La proprietà fondamentale delle cariche elettriche è quella di creare intorno a sé una perturbazione che si
chiama campo elettrico, con la conseguenza di esercitare sulle cariche vicine delle forze di interazione che si
chiamano forze elettriche. Queste forze sono repulsive se le cariche hanno lo stesso segno e attrattive se le
cariche hanno segno opposto.
I protoni, essendo tutti positivi, si respingono tra loro a causa delle forze elettriche, ma non si separano perché
sono tenuti insieme dalle forze nucleari, che sono ancora più intense delle forze elettriche. Gli elettroni,
invece, essendo negativi, vengono attratti dal nucleo positivo, ma non ci cadono sopra perché la forza di
attrazione è bilanciata esattamente dalla forza centrifuga dovuta alla loro rotazione intorno al nucleo.
Gli elettroni che ruotano nelle orbite più interne degli atomi sono fortemente legati al nucleo e restano
stabilmente nelle loro orbite anche in presenza di forti campi elettrici.
Gli elettroni che ruotano nelle orbite più esterne, detti elettroni di valenza, sono più debolmente legati al
nucleo e, in determinate condizioni, possono staccarsi dal proprio atomo ed essere attratti da un altro atomo,
oppure possono essere condivisi da più atomi. Questo comportamento degli elettroni di valenza determina i
legami chimici che tengono uniti gli atomi per formare le molecole e tengono unite le molecole per formare
gli oggetti. In determinate circostanze gli elettroni di valenza possono rafforzare o indebolire i legami chimici
e cambiare lo stato di aggregazione della materia. In altre circostanze gli elettroni di valenza consentono agli
atomi di innescare delle reazioni chimiche e di formare vari composti. In pratica sono proprio gli elettroni di
valenza che determinano tutte le modificazioni che avvengono nella materia.
2 - LA CARICA ELETTRICA
Gli atomi di alcune sostanze, quando ricevono energia dall’esterno, ( attraverso luce, calore, strofinio, reazioni
chimiche), presentano una certa tendenza a liberarsi degli elettroni di valenza. Tali atomi, che vengono a
trovarsi con un numero di protoni superiore al numero di elettroni, non risultano più neutri, ma carichi
positivamente, e vengono detti ioni positivi.
Al contrario, gli atomi di altre sostanze, quando si trovano in determinate condizioni, rivelano una certa
tendenza a catturare elettroni. Tali atomi, che vengono a trovarsi con un numero di elettroni superiore al
numero di protoni, risultano carichi negativamente e vengono detti ioni negativi.
Se un oggetto contiene ioni positivi, possiede quindi un eccesso di protoni rispetto agli elettroni e risulta nel
complesso carico positivamente. Viceversa, se un oggetto contiene ioni negativi, possiede un eccesso di
elettroni rispetto ai protoni e risulta nel complesso caricato negativamente.
Se N è il numero delle cariche in eccesso, la carica complessiva posseduta dall’oggetto risulta:
Q = N·q
È importante sottolineare che la carica posseduta da un oggetto è sempre dovuta ad una variazione del numero
di elettroni: un eccesso di elettroni determina una carica negativa mentre una mancanza di elettroni determina
una carica positiva.
Esercizi.
3 - LA CORRENTE ELETTRICA
Se un oggetto carico negativamente e un oggetto carico positivamente si collegano tra loro con un filo di
materiale avente gli elettroni di valenza liberi di muoversi, si ha in questo materiale un passaggio di elettroni.
L’oggetto che presenta un eccesso di elettroni si chiama elettrodo negativo, l’oggetto che presenta un eccesso
di protoni si chiama elettrodo positivo, il materiale che permette il passaggio di elettroni si chiama
conduttore. In pratica succede che l’elettrodo positivo attira gli elettroni di valenza degli atomi del conduttore
mentre questi atomi, diventati ioni positivi, attirano gli elettroni che si trovano in eccesso sull’elettrodo
negativo. Questo passaggio di elettroni all’interno del conduttore si chiama corrente elettrica.
Il passaggio di corrente nel conduttore perdura finché è presente un eccesso di elettroni sull’elettrodo negativo
e un eccesso di protoni sull’elettrodo positivo. In queste condizioni si dice anche che tra i due elettrodi è
presente una differenza di potenziale (d.d.p.). Quando tutti gli elettroni in eccesso sull’elettrodo negativo,
passando attraverso il conduttore, giungono sull’elettrodo positivo, fra i due elettrodi non c’è più differenza di
carica, la d.d.p. è nulla ed il passaggio di corrente cessa.
Per convenzione è stato stabilito che il verso della corrente è opposto al verso di avanzamento degli elettroni e,
quindi, la corrente elettrica scorre dall’elettrodo positivo verso l’elettrodo negativo.
Quando la corrente elettrica assume un valore costante nel tempo, essa si dice corrente continua e si indica
con I. Il suo valore è uguale al rapporto tra la carica Q che si muove nel conduttore ed il tempo t impiegato.
Siccome la carica si misura in coulomb ed il tempo in secondi, la corrente si deve misurare in C/s e questa
grandezza si chiama Ampere (A).
Una corrente di 1 Ampere equivale ad una carica di 1 Coulomb che passa in 1 secondo.
Q
1C
[I] = A
1A =
t
1s
Quando la corrente elettrica ha un valore che varia nel tempo, essa si dice corrente variabile e si indica con i.
Una corrente variabile può essere indicata con una funzione matematica che rappresenta la corrente i in
funzione del tempo t. Questa funzione permette di ricavare la corrente in qualsiasi istante di tempo.
In queste prime lezioni studieremo la corrente continua; affronteremo successivamente lo studio della corrente
variabile.
I=
Esercizi.
4 - IL GENERATORE ELETTRICO
Se si vuole una corrente elettrica che perduri nel tempo, è necessario un dispositivo che sia in grado di
mantenere costantemente da una parte un eccesso di elettroni e da un’altra parte un eccesso di protoni. Questo
dispositivo è il generatore elettrico. Il generatore contiene su un morsetto, detto polo negativo, un eccesso di
elettroni e su un altro morsetto, detto polo positivo, una carenza di elettroni. Questa separazione di cariche
viene ottenuta sfruttando qualche tipo di energia (chimica, luminosa meccanica). Nella batteria, per esempio,
si sfruttano delle reazioni chimiche di ossidoriduzione, che avvengono tra due sostanze reagenti. Durante
queste reazioni una sostanza si ossida perdendo elettroni e un’altra si riduce acquistando elettroni. L’elettrodo
su cui avviene l’ossidazione presenta, quindi, un eccesso di elettroni e diventa il polo negativo; l’elettrodo su
cui avviene la riduzione presenta una carenza di elettroni e diventa il polo positivo. Finché nella pila sono
presenti le sostanze reagenti, sul polo positivo ci sarà un eccesso di protoni e sul polo negativo un eccesso di
elettroni. Collegando i due poli con un conduttore, gli elettroni in eccesso sul polo negativo, essendo respinti
da questo morsetto, passano attraverso il conduttore e raggiungono il polo positivo che li attira. Questo
equivale a dire che una corrente elettrica circola nel conduttore dal polo positivo al polo negativo. È chiaro che
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la corrente circolerà finché tra i due poli ci sarà una differenza di carica, cioè finché nella batteria saranno
presenti le sostanze che reagiscono. Quando i reagenti si consumano, tra i due poli si stabilisce di nuovo una
situazione di neutralità elettrica, la batteria risulta scarica e nel conduttore non circola più corrente. La carica
totale che la batteria può fornire dipende, quindi, dalla quantità delle sostanze reagenti contenute all’interno.
Questa carica totale si chiama capacità della batteria, si indica con Q e si misura in Amperora (Ah). La
capacità della batteria è data dal prodotto tra la corrente I erogata e il tempo t di funzionamento.
Q=I·t
Una batteria che ha la capacità di 1 Ah è in grado di fornire la corrente di 1 A per 1 ora.
Se le reazioni chimiche che avvengono nella batteria sono reversibili, la batteria può essere ricaricata
collegandola ad un generatore di corrente. In tal modo le reazioni chimiche di ossidoriduzione avvengono al
contrario, i prodotti della reazione si trasformano di nuovo in reagenti e la batteria può fornire di nuovo
corrente.
Esercizi.
5 – LA TENSIONE ELETTRICA
Quando un generatore fa circolare corrente in un conduttore, esso fornisce energia agli elettroni, mettendoli in
movimento. L’attitudine del generatore di fornire energia agli elettroni e di spingerli lungo il conduttore si
chiama tensione o differenza di potenziale (d.d.p.).
La tensione di un generatore si indica con E ed è il rapporto tra l’energia W che esso fornisce ad una certa
carica ed il valore Q di questa carica. Siccome l’energia si misura in Joule e la carica in Coulomb, la tensione
si misura in J/C e questa grandezza si chiama Volt (V).
E=
W
Q
[E] = V
1V=
1J
1C
In pratica un generatore ha la tensione di un Volt quando fornisce l’energia di 1 Joule ad ogni Coulomb di
carica che mette in movimento.
Esercizi.
6 - CONDUTTORI, ISOLANTI E SEMICONDUTTORI
Non tutte le sostanze permettono il passaggio della corrente. Dal punto di vista elettrico, infatti, i materiali si
possono dividere in tre categorie: conduttori, isolanti e semiconduttori.
I conduttori sono quei materiali che permettono il passaggio della corrente elettrica, perché sono costituiti da
atomi aventi gli elettroni di valenza debolmente legati al nucleo. Questi elettroni, sottoposti alla forza di
attrazione verso il polo positivo ed alla forza di repulsione del polo negativo, si spostano facilmente all’interno
del materiale dando luogo ad una corrente elettrica. Con l’aumentare della temperatura questi materiali
diminuiscono leggermente la loro conducibilità. Esempi di materiali conduttori sono argento, rame, oro,
alluminio, tungsteno. Generalmente, i conduttori usati per effettuare i collegamenti nei circuiti elettrici ed
elettronici, sono realizzati in rame, a sezione circolare, con filo unico oppure a corda. Inoltre, per evitare i
contatti diretti con le persone, sono isolati verso l’esterno con una guaina di materiale plastico. Spesso più
conduttori sono riuniti insieme con una guaina supplementare per formare un cavo. Secondo il numero di
conduttori che contiene, il cavo può essere unipolare, bipolare, tripolare e cosi via.
Gli isolanti sono quei ma teriali che non permettono il passaggio della corrente, perché sono costituiti da atomi
aventi gli elettroni di valenza fortemente legati al nucleo. Questi elettroni, anche se vengono sottoposti a
notevoli forze elettriche di attrazione o repulsione, non si staccano dal proprio nucleo e non possono spostarsi
per dar luogo ad una corrente elettrica. Esempi di materiali isolanti sono aria, plastica, gomma, vetro, olio.
Queste sostanze vengono usate per isolare tra loro le varie parti di un dispositivo elettrico che si trovano sotto
tensione.
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I semiconduttori hanno proprietà intermedie tra quelle dei conduttori e quelle degli isolanti, e quindi
permettono il passaggio di deboli correnti. A differenza dei conduttori, in queste sostanze la conduzione è
dovuta non solo agli elettroni di valenza, ma anche a particolari cariche positive, dette lacune, che si muovono
in direzione opposta a quella degli elettroni. Inoltre, con l’aumentare della temperatura i semiconduttori
aumentano leggermente la loro conducibilità. Esempi tipici di semiconduttori sono il germanio e il silicio.
Queste sostanze possiedono anche delle importanti proprietà e per questo, opportunamente trattate, vengono
impiegate nella costruzione di componenti elettronici quali diodi, transistor e circuiti integrati.
7 – LA RESISTENZA ELETTRICA
Quando un conduttore è percorso da corrente, questo oppone un certo ostacolo al passaggio degli elettroni.
Tale ostacolo si chiama resistenza elettrica del conduttore, si indica con R e si misura in Ohm (O). La
resistenza di un conduttore dipende dalla sua lunghezza, dalla sezione e dal tipo di materiale. Per un
conduttore di lunghezza l e sezione S, la resistenza elettrica è data da:
ρ ⋅l
R=
S
dove il coefficiente ? si chiama resistività elettrica del materiale e rappresenta l’attitudine di un materiale di
opporsi al passaggio della corrente elettrica. Questo coefficiente è riportato in tabella per i materiali di uso più
comune. I materiali che hanno valori di ? molto bassi conducono bene la corrente e vengono usati per
fabbricare conduttori per il trasporto di energia elettrica; i materiali che hanno valori di ? molto elevati non
conducono la corrente elettrica e sono adatti per la fabbricazione di guaine e dispositivi isolanti.
R ⋅S
risulta che
l
[R] ⋅ [S] Ω ⋅ mm 2
=
[l]
m
Ω ⋅ mm 2
Quindi si può dire che un materiale ha la resistività di 1
quando un conduttore di questo materiale,
m
avente lunghezza di 1 m e sezione di 1 mm2, presenta la resistenza di 1 O.
Siccome ρ =
[ρ]=
Esercizi.
8 - LA RESISTIVITÀ E IL COEFFICIENTE DI TEMPERATURA
Per la maggior parte dei materiali la resistività elettrica aumenta leggermente all’aumentare della
temperatura. Generalmente le tabelle forniscono la resistività alla temperatura di 0°C, e questo valore viene
indicato con ? o. La resistività ad una temperatura T qualsiasi si indica con ? T e si calcola usando la relazione:
ρ T = ρ o · (1+a·T)
dove a è una grandezza caratteristica del materiale che si chiama coefficiente di temperatura. Il coefficiente
a si misura in °C -1 e viene riportato nelle tabelle accanto al valore di ρ o.
I materiali con piccoli valori di a aumentano poco la resistività all’aumentare della temperatura mentre i
materiali con elevati valori di a aumentano notevolmente la loro resistività all’aumentare della temperatura.
Spesso non è noto il valore della resistività ? o a 0°C ma si conosce il valore della resistività ? t ad un’altra
temperatura t (per esempio la temperatura ambiente). In questi casi, per calcolare ? T ad una qualsiasi
temperatura T, non si può usare la relazione precedente, ma un’altra relazione che si può facilmente ricavare.
Considerato che alla temperatura T risulta:
ρ T = ρ o · (1+a·T)
mentre alla temperatura t < T risulta
ρ t = ρ o · (1+a·t)
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dividendo membro a membro queste due relazioni si ottiene:
1+α ⋅ T
ρT
=
ρt
1 +α ⋅ t
cioè
ρT= ρt·
1+α ⋅ T
1 +α ⋅ t
Siccome la resistività di un materiale varia con la temperatura, e siccome la resistenza di un conduttore è
proporzionale alla resistività, è ovvio che anche la resistenza di un conduttore deve variare con la temperatura.
Esistono quindi, per la resistenza R, delle formule simili a quelle della resistività. Se è nota la resistenza di un
conduttore a 0°C e si vuole calcolare la resistenza ad una temperatura T qualsiasi, si usa la relazione:
RT = Ro · (1+a · T)
Se è nota la resistenza di un conduttore ad una certa temperatura t e si vuole calcolare la resistenza ad un’altra
temperatura T>t, si usa la relazione:
RT = Rt ·
1+α ⋅ T
1 +α ⋅ t
Esercizi.
9 - LA LEGGE DI OHM
Quando un conduttore di resistenza R viene collegato ad un generatore di tensione E, nel conduttore circola
una corrente I che risulta:
I=
E
R
Questa relazione si chiama legge di Ohm ed è fondamentale nello studio dell’elettrotecnica poiché mette in
relazione le principali grandezze elettriche.
Siccome
R=
E
I
risulta che
1Ω =
1V
1A
Un conduttore presenta la resistenza di 1O quando, sottoposto alla tensione di 1V, viene attraversato dalla
corrente di 1 A.
Esercizi.
10 - ENERGIA E POTENZA ELETTRICA
Quando la corrente passa in un conduttore, esso si riscalda, e questo fenomeno si chiama effetto termico della
corrente. Durante il riscaldamento del conduttore, l’energia elettrica si trasforma in energia termica. Se un
conduttore è sottoposto ad una tensione V ed è attraversato da una carica Q, l’energia elettrica che si trasforma
in calore risulta:
W=Q· V
La rapidità con cui l’energia elettrica si trasforma in calore si chiama potenza elettrica, che si indica con P e
risulta:
P=
W
t
Siccome l’energia si misura in Joule e il tempo si misura in secondi, la potenza si misura in J/s e questa
grandezza si chiama Watt (W). Per esempio, una stufa elettrica da 1000 W trasforma in ogni secondo 1000
J di energia elettrica in 1000 J di energia termica.
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Siccome W = Q · V risulta: P =
W Q⋅V Q
=
=
· V = I· V
t
t
t
V
Poiché dalla legge di Ohm risulta I =
si può anche scrivere
R
oppure, essendo anche V = I·R si può anche scrivere
Esercizi
P = V·I
V2
P=
R
P = I2 · R
11 - I RESISTORI
I resistori sono dispositivi elettrici che presentano una certa resistenza. Sono molto usati nei circuiti elettrici
per svolgere diverse funzioni:
- limitare il valore di una corrente,
- diminuire il valore di una tensione,
- convertire un valore di tensione in un valore di corrente,
- convertire un valore di corrente in un valore di tensione.
Esiste in commercio una grande varietà di resistori, con caratteristiche e costi diversi.
Tipi di resistori.
Resistori a filo. Sono costituiti da un supporto di materiale isolante su cui si avvolge un filo metallico di
elevata resistenza ( costantana, nichel-cromo). I due estremi del filo vengono saldati a due terminali di rame
stagnato e l’avvolgimento viene protetto con vernice isolante.
Resistori ad impasto. Sono realizzati utilizzando la grafite (materiale conduttore) impastata con un collante.
Nell’impasto vengono inseriti i due terminali di rame stagnato mentre l’esterno viene ricoperto con vernice
isolante.
Resistori a strato. Sono costituiti da un supporto di materiale isolante su cui viene depositato uno strato di
materiale conduttore con elevata resistività. Alle estremità dello strato vengono collegati i terminali di rame e
la superficie esterna viene protetta con vernice isolante.
12 - CARATTERISTICHE DEI RESISTORI
Le principali caratteristiche che bisogna conoscere per utilizzare i resistori in modo corretto sono:
- il valore nominale Rn
- la tolleranza T
- la potenza nominale Pn
Il valore nominale è il valore teorico della resistenza che il resistore dovrebbe avere se non ci fossero
imperfezioni nei materiali utilizzati e nel processo di lavorazione. Siccome ci sono sempre delle piccole
imperfezioni, il valore effettivo della resistenza può risultare leggermente diverso dal valore nominale.
La tolleranza è un numero, espresso in percentuale, che indica la variazione massima che ci può essere tra il
valore effettivo e il valore nominale. Normalmente i resistori utilizzati hanno tolleranze di 10% o di 5% ma,
per costruire strumenti di precisione, si utilizzano anche resistori con tolleranze di 2% o di 1%.
La potenza nominale è il massimo valore della potenza elettrica che il resistore può dissipare per lungo tempo
senza danneggiarsi. La potenza nominale dipende dalle dimensioni del resistore. Il calore prodotto dal
passaggio di corrente, infatti, deve essere dissipato verso l’esterno e i resistori più grandi si raffreddano meglio
perché hanno una maggiore superficie disperdente. I resistori più usati hanno potenze nominali di ¼ W, ½ W,
1 W, 2W, 3W, 5W.
INDUZIONE ELETTROMAGNETICA E LEGGE DI FARADAY-NEUMANN-LENZ
Si può osservare sperimentalmente che se in una zona dello spazio è presente un flusso magnetico, se questo
flusso è concatenato con una bobina e se il flusso concatenato con la bobina varia nel tempo, si ottiene agli
estremi della bobina una tensione. Questo fenomeno si chiama induzione elettromagnetica e la tensione
ottenuta si chiama tensione indotta. Come vedremo successivamente, ci sono vari modi per ottenere un flusso
magnetico e ci sono vari modi per rendere variabile nel tempo il flusso magnetico concatenato con la bobina.
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Il valore della tensione indotta nella bobina è direttamente proporzionale al numero di spire N della bobina,
direttamente proporzionale alla variazione di flusso ?F concatenato con la bobina e inversamente
proporzionale all’intervallo di tempo ? t in cui avviene la variazione di flusso. Inoltre la polarità della tensione
indotta è tale da far circolare nella spira una corrente il cui flusso magnetico si oppone alla variazione di flusso
magnetico che l’ha generata. In altre parole se il flusso concatenato con la bobina diminuisce nel tempo, la
tensione indotta fa circolare nella bobina una corrente il cui flusso magnetico è concorde al flusso concatenato,
contrastandone la diminuzione. Se invece il flusso concatenato con la bobina aumenta nel tempo, la tensione
indotta fa circolare nella bobina una corrente il cui flusso è discorde al flusso concatenato, contrastandone
l’aumento. Mettendo insieme queste considerazioni si può scrivere che la tensione indotta nella bobina vale:
E=-N·
∆Φ
∆t
Questa formula si chiama legge dell’induzione elettromagnetica oppure legge di Faraday-Neumann-Lenz
poiché questi fisici contribuirono tutti alla sua scoperta. Infatti Faraday fu il primo che osservò
sperimentalmente l’induzione elettromagnetica ma non fu in grado di ricavare la formula teorica della
tensione; Neumann ricavò la formula teorica della tensione ma non fu in grado di stabilirne la polarità; Lenz fu
in grado di stabilire la polarità e aggiunse il segno negativo nella formula della tensione.
TENSIONE INDOTTA IN UNA BOBINA CHE SI MUOVE IN UN CAMPO MAGNETICO COSTANTE
Per ottenere tensione sfruttando l’induzione elettromagnetica si può usare un magnete che crea intorno a sé un
campo magnetico e una bobina posta vicino al magnete in modo che le linee di forza del campo magnetico
attraversino le spire della bobina. Per variare nel tempo il flusso magnetico concatenato con la bobina si può
spostare la bobina rispetto al magnete. Infatti, allontanando la bobina dal magnete, il flusso concatenato con la
bobina diminuisce nel tempo mentre avvicinando la bobina al magnete il flusso concatenato aumenta nel
tempo. Per misurare la tensione ottenuta si può collegare un voltmetro alla bobina. Quando la bobina si
allontana dal magnete, la tensione indotta deve creare nella bobina una corrente il cui flusso è concorde con
quello del magnete che sta diminuendo. Perciò la bobina si comporta come un generatore di tensione avente su
un terminale il polo positivo e sull’altro terminale il polo negativo. Quando la bobina si avvicina al magnete,
la tensione indotta deve creare nella bobina una corrente il cui flusso è discorde con quello del magnete che sta
aumentando. La corrente deve quindi avere verso opposto e la bobina si comporta come un generatore di
tensione avente il polo positivo ed il polo negativo scambiati.
È chiaro che per ottenere continuamente tensione dalla bobina, è necessario spostare continuamente la bobina
allontanandola e avvicinandola rispetto al magnete. La tensione così ottenuta si dice alternata, poiché cambia
continuamente la polarità. Rappresentando questa tensione in funzione del tempo si ottiene un grafico come
quello indicato in figura.
Per ottenere tensione indotta, anziché spostare la bobina rispetto al magnete, si può lasciare fissa la bobina e
spostare il magnete allontanandolo e avvicinandolo alternativamente dalla bobina. In pratica, però, risulta più
semplice realizzare un moto rotatorio facendo ruotare la bobina nel campo magnetico prodotto dal magnete,
oppure lasciando fissa la bobina e facendo ruotare il magnete all’interno della bobina. I dispositivi di questo
tipo, che trasformano l’energia meccanica di rotazione in energia elettrica, si chiamano alternatori, e sono
quelli più comunemente usati per ottenere energia elettrica.
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