CONVERSIONE E CONSACRAZIONE DI CHIARA
San Damiano (Assisi), 1 aprile 2012)
Fr. José Rodriguez Carballo, ofm
Ministro generale, 2012
Eccellenza, Sr. Sindaco, carissimi fratelli e sorelle, il Signore vi dia pace!
Un anno fa, nei Primi Vespri della Domenica delle Palme, iniziavamo l’anno giubilare della
conversione/consacrazione di santa Chiara. Lo facevamo con una celebrazione nella Cattedrale di
san Rufino, nel cuore della città di Assisi, preseduta dal nostro Pastore, Mons. Domenico
Sorrentino, e con una processione con la reliquia dei capelli della figlia di Favarone verso la
Porziuncola, dove, 800 anni prima, la vergine Chiara si consacrava al Signore, in presenza di
Francesco e dei suoi primi compagni. Un anno dopo si ripete lo schema celebrativo, cambiando
però la destinazione. Oggi, infatti, la mèta del nostro pellegrinaggio è San Damiano, dove, secondo
la profezia che fece lo stesso Francesco all’inizio della sua conversione (cf. TestCl 6-14; 2Cel 204),
sorella Chiara ha vissuto la forma di vita evangelica che il Poverello scriverà per loro (cf. TesCl 33;
Audite Poverelle), e dove, per ben 29 anni di malattia, ha consumato la sua offerta allo Sposo il cui
amore innamora, la sua contemplazione rianima, e la cui bellezza ammirano i beati del cielo (cf.
4Ag 10-12).
Questa sera vogliamo commemorare la consacrazione di Chiara, e lo facciamo, ancora una
volta, in profonda comunione con tutte le Sorelle Povere di Santa Chiara “ke da multe parte e
provincie sono adunate” nei diversi monasteri sparsi nel mondo intero (cf. Audite Poverelle, 2). Ma
per comprendere meglio detta consacrazione non penso sia superfluo domandarci, ancora una volta,
in che consiste la sua conversione. In lei, infatti, conversione e consacrazione non si possono
separare, essendo la seconda conseguenza della prima.
In Chiara, la conversione non consiste certamente nel cambiamento di religione, come si
intende spesso oggi, e neppure nel rompere con il peccato. Infatti, sappiamo che la sua vita non si
svolgeva in termini di allontanamento dal Signore, anzi, come si afferma nel processo di
canonizzazione della santa, la giovane Chiara “viveva una vita spirituale” e nel suo cuore aveva
deciso di “rimanere vergine e vivere in povertà, come lo dimostrerà dopo” (Proc XIX, 2).
Cosa vogliamo dire, allora, quando parliamo di conversione di Chiara? Se ci atteniamo alle
parole di Chiara ben possiamo dire che la sua conversione consiste nel passare dalla “misera vanità
del secolo” (cf. TestCl 8), alla vita evangelica. La conversione di Chiara consiste allora
semplicemente nel suo incontro con il Vangelo. Questo incontro la porta a abbandonare il secolo,
espressione questa che indicava precisamente la consacrazione al Signore, per abbracciare una
forma di vita che ha il suo cuore nel Vangelo stesso. Un Vangelo che aveva visto, come in uno
specchio, nelle parole, sentimenti e atteggiamenti di Francesco (cf. TesCl 5). Un Vangelo che a lei
si presentava come un cammino, il cammino che è Cristo (cf. Gv 14, 6; TestCl 5), che lei voleva
percorrere con “corso veloce e passo leggero” (2Ag 11), senza lasciarsi avvolgere da “nessun ombra
di mestizia” (3Ag 11). Un Vangelo, in fine, che ella accoglierà più tardi come “vita e regola” (cr.
RCl I, 2).
È l’incontro con il Vangelo che cambierà il cuore e la vita di Chiara, segnando un prima e un
dopo, come accade nella vita di Francesco (cf. Test 1-4). È l’incontro del vero tesoro, Cristo, il
Vangelo, che la porterà a una triplice rinuncia: la rinuncia al matrimonio con Ranieri de Bernardo,
al quale era stata promessa in matrimonio; la rinuncia ai beni, come esigenza della sequela radicale
di Cristo (cf Mt 19, 21) e della consacrazione a Lui; e la rinuncia alla classe sociale alla quale
apparteneva, facendo un’opzione di vita caratterizzata dalla minorità in linea con l’opzione fatta da
Gesù stesso, secondo il cantico della lettera ai Filippesi (cf. Fil 2, 7) e che Chiara ha ben presente
quando ricorda che Colui “che i celi non potevano contenere” si abbassò fino a prendere dimora
“nel piccolo chiostro” del “santo seno” della Fanciulla di Nazareth (cf. 3Ag 18-19; TestCl 45). In
questo triplice spogliamento si manifesta la conversione di cui parla la stessa Chiara (cf. TestCl 25).
Tutto lo considera un “rifiuto”, come dirà Paolo, davanti alla sublimità della conoscenza del
Vangelo, davanti alla sublimità della conoscenza di Cristo. In Chiara c’è un cambiamento di cuore,
ma c’è pure un cambiamento di status, una scelta di campo, di essere, applicando un’espressione
detta da Francesco, “minores et subditi omnibus”.
Chiara ha capito molto bene che per seguire Gesù più da vicino è necessario percorrere lo
stesso cammino che Lui ha fatto: il camino della kenosi, il cammino della spoliazione totale che
porta a vivere sine proprio, con un cuore libero da ogni legame che non sia Cristo stesso. Come nel
caso di Francesco sicuramente anche in quello di Chiara non si tratta di un’opzione che avvenne
all’improvviso ma che è frutto di un lungo travaglio interiore che pian piano, e grazie alla
mediazione di Francesco (cf. TestCl 57; Proc XII, 2-4), la porta a riconoscere quale fosse la sua
vocazione e missione: vivere la santa unità (vita in fraternità) (cf. TestCl 14) in radicale povertà (cf.
TestCl 35. 39; 2Cel 204), per essere pietre vive e restaurare così la casa celeste (cf. 2Cel 204).
In questo modo Chiara era pronta per la consacrazione al Signore, la quale avviene alla
Porziuncola con il simbolico taglio dei capelli e il cambiamento del ricco vestito con una povera
tonaca (cf. PCl XII, 4; XVI, 5). Una consacrazione che però diventerà realtà vivente a san Damiano
quando, con le sorelle che il Signore le sta dando, vivrà osservando il Vangelo del Signore nostro
Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, sine proprio, in castità e in clausura, e, allo stesso tempo, in
filiale obbedienza alla Chiesa e al beato Francesco e ai suoi sucessoni (cf. RCl I, 1-5), e in costante
contemplazione del Cristo suo Sposo.
Se noi stiamo al significato etimologico di consacrazione, possiamo dire che con il taglio dei
capelli della pianticella di Francesco, si separa dal mondo, non gli appartiene più. In questo modo,
questa “donna nuova” mostra la sua totale e incondizionata appartenenza e dedizione a Dio. D’altra
parte, abbracciando la forma di vita evangelica, Chiara lascia di appartenere a se stessa per essere
totalmente del Signore. D’ora in poi, vivendo in obbedienza, sine proprio, in castità e in clausura,
Chiara confesserà con la sua vita che Dio è tutto per lei, e che lei è tutta di Dio. E con Paolo potrà
dire in verità: “Vivo, ma non vivo io. È Cristo che vive in me”. Illuminato il suo cuore per fare
penitenza, e cioè, vivere in permanente stato di conversione, e avendo “volontariamente” promesso
obbedienza a Francesco (cf. TestCl 24-25), da quel momento, tutta la sicurezza di Chiara sta in Dio.
D’ora in poi Chiara si appresta a seguire, povera, Cristo povero sul cammino della Croce. La scelta
operata da Chiara è altamente spirituale e radicalmente evangelica. La decisione che sia la fuga
dalla città e dalla casa paterna, sia la rinuncia ai suoi abiti ricchi, spogliandosi così del suo passato,
si svolgesse la domenica delle Palme è, in questo senso, del massimo interesse.
Ecco il senso profondo della consacrazione di Chiara: abbraccio amoroso con Cristo per
identificarsi con lui. Ecco il senso profondo della vita di Chiara: essere tutta del Signore, essere tutta
per il Signore, al punto di sparire e trasformarsi totalmente in lui. Applicando a Chiara le parole che
vengono applicate a Francesco sul monte della Verna, ben possiamo dire che qui, a San Damiano,
“l’amante (Chiara) si trasforma nell’amato (Cristo)”.
La consacrazione di Chiara ci parla di un cuore centrato, unificato, nell’unico veramente
necessario. Carissime sorelle e fratelli, il Celano chiama Chiara “donna cristiana”, e cioè, una donna
radicata in Cristo, una donna, serva, cioè obbediente al Vangelo/a Cristo. Ecco cari fratelli e sorelle
il grande messaggio che ci lascia Chiara: mettere Cristo al centro della nostra vita. Di Chiara si dice:
“Chiara per il nome, più chiara per la vita, chiarissima per le virtù” (T. da Celano, Vita di Santa
Chiara, Opus I, 30). Quanto abbiamo appena detto ci offre il perché.
Il mondo di oggi ha bisogno proprio di testimoni come Chiara che facciano scelte
evangeliche radicali, cioè radicate nel Vangelo. Cristo nelle nostre labbra, ma Cristo soprattutto
nella nostra vita. La rivitalizzazione della vita consacrata e francescana, ma anche della Chiesa
passa necessariamente per queste scelte coraggiose, passa necessariamente per ripartire dal Vangelo
per diventare, attraverso un processo di conversione più o meno lungo, “esegesi viventi” della
parola, come ci chiede Benedetto XVI nella sua recente Lettera apostolica Verbum Domini. Avremo
noi il coraggio che hanno avuto Francesco e Chiara, la sua figliola prediletta? Chiara, la donna
nuova, ci ottenga questa grazia dal Signore suo Sposo.