Il Rinascimento in matematica parola Risoluzione delle equazioni algebriche di grado superiore al secondo Giulia Zuin Indice 1 Contesto storico-culturale 2 1.1 Il Rinascimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 1.2 Lo stato dell'arte dell'algebra 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Uno sguardo trasversale 7 3 L'algebra rinascimentale 10 Introduzione Scopo di questo testo è ripercorrere ed analizzare i passi fondamentali nella storia della matematica, riguardanti le origini dell'algebra. In particolare tratteremo le tappe tramite le quali si è arrivati alla risoluzione delle equazioni di grado superiore al secondo. La suddivisione del nostro percorso sarà la seguente: 1. Introduzione storica sul rinascimento e stato dell'arte dell'algebra prerinascimentale; 2. Sguardo trasversale sull'uso dei vari tipi di numeri per gli intellettuali rinascimentali e sull'uso del simbolismo; 3. Breve panoramica sulle gure di spicco prima di Cardano: Chuquet, Pacioli, matematici tedeschi; 4. Il Rinascimento matematico, gli algebristi italiani e le risoluzioni delle equazioni: Cardano, Tartaglia, Dal Ferro, Bombelli; 1 1 Contesto storico-culturale 1.1 Il Rinascimento Nella seguente relazione ho deciso di dare molto spazio al contesto storico in quanto vedremo assieme che in questa epoca, più di altre, gli sconvolgimenti sociali e culturali dell'umanità sono legati a doppio lo con la produzione matematica rinascimentale. Sottolineo inoltre che n da ora il lettore dovrà aver ben chiaro un fatto essenziale da tener presente ogniqualvolta ci si avvicina all'analisi della storia: i cambiamenti storico-culturali di cui andremo a parlare non sono avvenuti in un giorno; a maggior ragione, tenendo presente che dovremo parlare di accadimenti che interessano almeno due secoli di storia, le rivoluzioni di cui parleremo saranno in realtà modicazioni graduali, altalenanti e geogracamente disomogenee. Abbiamo accennato che ci troviamo nel Rinascimento. Il Kline assume come limiti il 1400 ed il 1600 c.ca. Sono paletti molto generosi, ma è anche vero che il termine Rinascimento è usato per indicare tendenze diverse nei vari campi del sapere, spesso cronologicamente non coincidenti. Detto questo, ciò che interessa noi è che nel periodo che va dal 1400 al 1600 l'Europa fu profondamente scossa da un certo numero di eventi che ne alterano, o meglio, niranno per alterarne drasticamente il prolo culturale e la prospettiva intellettuale, e per stimolare un'attività matematica su vasta scala. È un periodo di guerre in ogni angolo d'Europa. In particolare in Italia, madre indiscussa del Rinascimento (anche matematico), è un periodo intricatissimo di sconvolgimenti dei conni ed equilibri politici tra i vari stati. Spesso nel corso della storia del sapere ci siamo imbattuti in periodi di stallo dovuti a guerre; diretta conseguenza di questi scontri invece (e qui si inizia anche a capire la complessità del periodo storico in questione) fu un uido alternarsi di condizioni politiche positive e governi democratici che crearono condizioni favorevoli all'aermarsi dell'individuo (è ora che si inizia a parlare di Umanesimo). È una forte dierenza dall'appiattimento ed omogeneizzazzione del periodo immediatamente precedente a questo: il Medioevo, durante il quale l'uomo era schiacciato dalla potenza divina e l'individualità era una prospettiva nemmeno considerata. In questo contesto le guerre contro il Papato diedero una spinta fortissima all'opposizione del pensiero (anche se è solo un inizio: pensiamo alla storia di Galileo, due secoli dopo). L'Italia si arricchì grandemente durante l'ultima parte del Medioevo, soprattutto grazie alla sua posizione geograca rispetto all'Africa ed all'Asia. Perciò nasceranno numerose banche in Italia, che ne faranno la capitale nanziaria d'Europa e una culla ideale per capitali destinati alla cultura. 2 Crolla l'Impero Bizantino che, nella guerra contro i Turchi, aveva chiesto aiuto agli stati italiani. Quando infatti nel 1453 cade Costantinopoli c'è un usso massiccio di testi e di dotti. Si pensi al conseguente miglioramento dello studio delle fonti: gli originali greci si sostituiranno a poco a poco alle traduzioni latine dai testi arabi. Nel 1450 arriva la stampa a caratteri mobili. Il supporto materiale era già presente: dal XII secolo si iniziò a diondere la carta di lino o cotone (tecnica arrivata no a noi dai Cinesi attraverso gli Arabi) in sostituzione della poco pratica pergamena o del fragile papiro. Una nuova era economica è alle porte: inizia in questi anni a formarsi una inedita classe di uomini e lavoratori liberi che si deve preoccupare dell'ottimizzazione del proprio lavoro, del miglioramento delle tecniche e dell'accorciamento dei tempi impiegati nella produzione. Tutto ciò poteva avvenire in maniera sistematica in società che disponevano di un intera classe di schiavi come quelle arcaiche e medievali? Evidentemente la risposta è no, ma è necessario ricordare, anche qui, la permanenenza in Italia della struttura sociale feudale anche solo no a due secoli fa. Tra gli strumenti di cui si serve questa nuova società mercantile c'è la bussola: i Cinesi la introducono in Europa nel XII secolo, tramite gli arabi, ma ha una lenta diusione anche per necessità di cartograa che ancora non è diusissima. Le conseguenze sono ovvie: inizia la navigazione fuori dalla vista della terra, lo sviluppo di rotte commericiali, incontro (ma soprattutto scontro e da qui le nuove ricchezze) con culture esterne. Si pensi a quante gure di dotti anche di epoche trattate in precedenza erano mercanti (uno per tutti, Fibonacci). La promozione delle esplorazioni geograche per ni commerciali e di conquista condusse ad ad un enorme massa di conoscenze fortemente in antitesi con i dogmi medievali classici. Ricordiamoci che stiamo parlando del periodo della riforma protestante (le 95 tesi di Lutero contro la dottrina delle indulgenze sono asse a Wittemberg nel 1517). La riforma in quanto tale non liberalizzò sicuramente il pensiero: Zwingli, Lutero e Calvino proponevano un dogmantismo alternativo. Ma erano testimonianza della possibilità di mettere in dubbio la dottrina della Chiesa e con essa la losoa platonico scolastica, che di certo, almeno in questo periodo iniziale, se non fu messa in dubbio fu sicuramente guardata con occhi diversi. Da ricordare che, base della fede protestante era ucialmente il giudizio individuale e non l'autorità papale. Ultimo elemento caratterizzante, ma non meno fondamentale, di quest'epoca è il rapporto tra intellettuali rinascimentali e lingua adottata nei propri scritti. I dotti di tradizione scolastica scrivevano in latino perchè, da una parte era riconosciuto come lingua del sapere tradizionale, dall'altra usare nei testi scientici una lingua che non fosse quella parlata dava prestigio agli scritti. Da 3 sottolineare anche che era il latino la lingua franca per la produzione scientica (e non solo) in Europa. Lungo la scia della messa in dubbio del sapere dogmatico come dominio di pochi eletti e del riordinamento delle autorità molti intellettuali inizieranno a scrivere in volgare. Lo farà deliberatamente Galileo ed userà l'italiano, lo farà Descartes ed userà il francese, ma senza andare molto in là negli anni basti pensare che la traduzione di Tartaglia degli Elementi di Euclide in volgare è del 1543 (ed è anche uno dei primi testi matematici ad essere stampato). Sedi di questo sapere più progressista sono le Accademie, nate grazie a diversi sovrani liberali in parte per diondere la cultura, in parte per fornire un centro di incontro per gli studiosi. Le più importanti furono l'Accademia orentina del disegno, fondata da Cosimo de' Medici nel 1563 e l'Accademia romana dei Lincei (dotati di occhio di lince) fondata nel 1603. I membri di queste accademie traducevano opere latine in volgare, facevano lezioni pubbliche ed estendevano ed approfondivano le loro conoscenze comunicandosele l'un l'altro. Queste accademie precorsero quelle più famose fondate poi in Inghilterra, Francia, Italia e Germania e che furono molto utili nella diusione delle conoscenze. Parallelamente a questi ambienti, convivevano ancora le Università del XV e XVI secolo che non ebbero alcun ruolo in questi sviluppi. La teologia dominava le università ed il suo studio losoa era il loro scopo principale, L'astronomia era basata su Tolomeo, la naturale era lo studio della Fisica di Aristotele e non c'era alcuno spazio per l'osservazione del mondo reale. 1.2 Lo stato dell'arte dell'algebra In questa sezione ripercorriamo brevemente i passi compiuti no ad ora nella storia della matematica per quanto riguarda la risoluzione di equazioni algebriche. Per le equazioni di grado maggiore al secondo, come vedremo, si tratterà di comparse sporadiche e risoluzioni molto singolari, strettamente legate alla forma o alla casuale simmetria dell'equazione particolare trattata. Le equazioni di primo grado Per la risoluzione di equazioni algebriche di primo grado sono necessarie solo esecuzioni di operazioni elementari con numeri interi e razionali, già dall'antichità patrimonio della cultura matematica. Si ricordi infatti: - il metodo della falsa posizione presso gli Egizi; - i metodi geometrici dei greci (presenti negli 4 Elementi di Euclide); - la Regula infusa del matematico ebreo Job ben Salomon risalente circa all'anno 1000; - il metodo della falsa posizione e della doppia falsa posizione medioevale; A parte i singoli metodi di risoluzione usati dalle varie civiltà, resta il fatto che primo grado e equazioni algebriche di vengono risolte n dall'antichità per tentativi'', i greci le risolvono invece per via geometrica. Soltanto a partire dagli arabi (IX secolo d.C.) si può iniziare a parlare di risoluzione in senso moderno. Le equazioni di secondo grado Già i matematici babilonesi (intorno al 400 a.C.) e cinesi utilizzano la tecnica del completamento dei quadrati per risolvere equazioni quadratiche con radici positive; Euclide descrive un metodo geometrico più astratto intorno al 300 a.C.; tuttavia, il matematico cui si attribuisce la formula algebrica generale, che ingloba sia le soluzioni positive sia quelle negative, è l'indiano Brahmagupta (VII sec. d.C.). Le equazioni di terzo grado Anche prima del sedicesimo secolo i matematici si erano imbattuti in alcune equazioni di grado superiore al secondo, ma si trattava sempre di equazioni particolarmente semplici, e dunque di facile risoluzione, o equazioni riconducibili a quelle di grado due, oppure rappresentabili geometricamente. Ad ogni modo, però, nessuno prima del sedicesimo secolo aveva dato una formula risolutiva. Mostriamo brevemente alcuni esempi che i matematici avevano incontrato prima del 1500: non conosciamo alcun documento da cui risulti che gli Egizi sapessero risolvere equazioni cubiche; ne possiamo trovare invece parecchi esempi presso i Babilonesi. Equazioni nella forma delle x3 = a radici cubiche ; venivano risolte consultando le equazioni del tipo tavole dei cubi x3 + x2 = a e potevano essere risolte (o approssimate) attraverso tavole nelle quali erano riportati i valori di n3 + n2 , al variare di n; le equazioni che ora scriveremmo nella = c venivano ridotte a forma normale moltiplicando ogni 3 2 forma ax +bx 2 a termine per 3 ; b anche Diofanto (∼ 250 d.C.) propone e risolve numerosi problemi che portano alla risoluzione di un'equazione di terzo grado. Ad esempio un 5 caso particolare del problema dividere un numero dato in due cubi di cui è data la somma delle radici si riconduce al sistema: Diofanto utilizza l'articio x3 + y 3 = 370 x + y = 10 x = t + 10/2; y = 10/2 − t, da cui (t + 5)3 + (5 − t)3 = 370 30t2 + 250 = 370 t=2 x = 7; y = 3; Archimede (III sec a.C.) si occupa nella Prop. 4 del libro II della sua Sulla sfera e il cilindro del seguente problema : tagliare una sfera data in modo che i segmenti sferici abbiano tra loro lo stesso rapporto dato. Arriva quindi all'equazione x3 − ax2 + b2 c e, dalle parole di opera Eutocio (VI sec dc), egli lo risolve intersecando la parabola con l'iperbole (a − x)y = ac. Omar Khayyam (∼ Algebra ax2 = b2 y 1100 d.C.), matematico persiano, nella sua opera espone un metodo per riconoscere quando le equazioni di terzo grado hanno radici positive; le classica in tredici casi, non considerando mai coecienti negativi (per esempio, per lui l'equazione 3 2 ha senso, al contrario dell'equazione x + 3x = 0). x3 −3x2 = 0 non Le risolve utilizzando intersezioni di coniche: infatti, data l'equazione x3 + ax2 + b2 x + c3 = 0 egli pone x2 = 2py , da cui 2pxy + 2apy + b2 x + c3 = 0 che rappresenta un'iperbole e che va intersecata con la parabola x2 = 2py . Khayyam non aveva il concetto di parametro generale, pertanto si trovava costretto a specicare, per ognuno dei tredici casi considerati, la coppia di sezioni coniche da usare. 6 2 Uno sguardo trasversale Prima di iniziare una trattazione cronologica dei principali attori della risoluzione delle equazioni algebriche, ritengo sia utile, nelle prossime due sezioni, dare uno sguardo d'insieme al rapporto dei matematici di questi due secoli (1400 - 1600) da una parte con i numeri interi negativi, razionali, irrazionali e complessi, dall'altra con il simbolismo. Verranno citati nomi di intellettuali che verranno approfonditi poi durante la trattazione cronologica. Nonostante ciò, penso sia utile vedere i prossimi fatti, per poter apprezzare e contestualizzare maggiormente quelli che analizzeremo poi. Considerazioni sull'uso degli interi negativi, degi irrazionali e dei complessi Intorno al 1550 circa lo zero veniva accettato come numero e gli irrazio- nali erano usati liberamente. Luca Pacioli (c. 1445 - c. 1514), il matematico tedesco Michael Stifel (1486 - 1567), l'ingegnere militare Simon Stevin (1548 1620) e Cardano (1501 - 1576) usavano i numeri irrazionali come già venivano usati dagli Hindu e gli Arabi e ne introdussero sempre di nuovi tipi. Sebbene i calcoli con gli irrazionali venissero eettuati liberamente, il problema di decidere se gli irrazionali fossero dei veri numeri turbava ancora le menti. Quanto ai numeri negativi, sebbene essi fossero diventati noti in Europa tramite i testi arabi, la maggior parte dei matematici del XVI e del XVII secolo non li accettava come numeri o, se lo faceva, non li accettava certamente come radici delle equazioni. Chuquet (1445 - 1488) e Stifel parlano entrambi nel XV secolo dei numeri negativi come di numeri assurdi. Cardano dava i numeri negativi come radici delle equazioni ma li considerava soluzioni impossibili, semplici simboli; li chiamava ttizi mentre chiamava reali le radici positive. Viète (1540 - 1603) scartava interamente i numeri negativi. Descartes (1596 - 1650) li accettava in parte: egli chiamava false le radici negative delle equazioni sulla base del fatto che esse pretendono di essere quantità minori di nulla. Aveva tuttavia dimostrato che data un'equazione, è possibile ottenerne un'altra le cui radici sono maggiori di quelle dell'equazione originale di una qualsiasi quantità assegnata. Un'equazione con radici negative quindi, poteva sempre essere ricondotta ad un'altra con radici positive. Poichè le radici false erano tramutabili in radici reali Descartes era pronto ad accettarle. Pascal considerava la sottrazione di 4 da 0 come una totale assurdità. Il primo matematico moderno a concepire numeri relativi come soluzioni di equazioni fu l'italiano Rafael Bombelli (1526-1572) che mostrò come i numeri negativi potessero avere un signicato anche nella vita di ogni giorno se si dà loro la giusta interpretazione. Con un semplice esempio ( se io fossi con 15 scudi e fossi in debito di 20 una 7 volta che avessi dato i 15 resterei con un debito di 5 cioè di meno 5 scudi ) illustrò in modo semplice quel che intendeva per interpretazione corretta. Senza aver completamente superato le dicoltà connesse con i numeri irrazionali e con i numeri negativi, i matematici europei accrebbero i loro problemi andando ad inciampare in quelli che noi oggi chiamiamo numeri complessi. Essi ottennero questi nuovi numeri estendendo l'operazione di estrazione della radice quadrata a tutti i numeri che comparivano risolvendo le equazioni di secondo grado con il metodo usuale di completamento del quadrato. Così, Cardano, Ars Magna, pone e risolve il problema di dividere 10 in due parti il cui prodotto è 40 . In termini moderni è ovviamente la risoluzione dell'equazione √ √ nell' x(x − 10) = 40. Egli trova le radici 5+ −15 e 5 − −15 √ e dice: lasciando √ 5 + −15 e 5 − −15; il da parte le torture mentali connesse, moltiplicate prodotto è 25 − (−15), cioè 40. Aerma poi: così progredisce la sottigliezza aritmentica il cui ne, come si dice, è tanto ranato quanto inutile. È perciò convinto, portando avanti qusti passaggi, di non risolvere ed usare vera aritmetica, ma di rimaneggiare inutilmente semplici simboli. Si trovò inoltre faccia a faccia con i numeri complessi anche nella risoluzione delle equazioni di terzo grado. Solo con Bombelli avremo una formulazione praticamente moderna delle quattro operazioni con i numeri complessi, ma egli li considerava ancora inutili e sostici. Sarà Descartes ad usare per la prima volta il termine immaginarie, ma egli lo fa con chiara connotazione negativa: nella trié Géome- dice: nè le vere nè le false [negative] radici sono sempre reali; talvolta esse sono immaginarie.. Egli sosteneva che, mentre le radici negative possono essere almeno rese reali trasformando l'equazione in cui esse compaioni in un'altra (come accennato in precedenza), ciò non può essere fatto per le radici complesse. Considerazioni sull'uso del simbolismo Il progresso nel campo dell'algebra rivelatosi, per il suo sviluppo e per l'analisi, di gran lunga il più signicativo dei progressi tecnici del VXI secolo fu l'introduzione di un simbolismo migliore. In eetti questo passo rese possibile una scienza dell'algebra. Prima del XVI secolo, l'unico studioso che avesse coscientemente introdotto un simbolismo per migliorare il procedere del ragionamento era stato Diofanto. Tutti gli altri cambiamenti di notazione erano essenzialmente delle abbreviazioni di parole comuni introdotte casualmente. Nel Rinascimento lo stile comune era retorico, consisteva nell'uso di parole, di abbreviazioni e di simboli numerici. Nel XVI secolo lo stimolo ad introdurre un simbolismo era sicuramente molto forte e proveniva dalla necessità di miglioramento nei metodi di calcolo a causa delle sempre più crescenti richieste della 8 scienza ai matematici. Il miglioramento era tuttavia intermittente, accidentale e chiaramente non cosciente del fatto che il simbolismo non era un puro miglioramento della notazione, ma uno strumento essenziale per portare lo studio delle equazioni verso ciò che a posteriori chiamiamo algebra astratta. Le prime abbreviazioni, usate a partire del XV secolo, furono forse p per più ed m per meno. Nel Rinascimento più tardo invece furono introdotti simboli speciali. I simboli + e - vennero introdotti dai tedeschi del XV secolo per denotare i pesi in eccesso ed in difetto delle cassette e furono adottati dai matematici dopo il 1481. Il simbolo × volte per è dovuto ad Oughtred (1574 - 1660); Leibniz si oppose per la possibile confusione con la lettera x. Il segno = fu introdotto nel 1557 da Robert Recorde (1510 - 1558) di Cambridge che scrisse The Whetstone of Witte il primo trattato inglese di algebra, che all'inizio scriveva il simbolo ∼. aequalis Descartes usava (1557). Viète , esteso usò in seguito l'abbreviazione ∝. ae ed inne I simboli > e < sono dovuti ad Harriot (1560 - 1621). Le parentesi tonde compaiono circa nel 1544, quelle quadre e grae, di Viète , nel 1593. Il simbolo di radice quadrata, per la radice cubica egli scriveva √ c. √ , era usato da Descartes, e . L'uso di simboli per l'incognita e per le potenze dell'incognita ebbe una straordinariamente lenta crescita in vista della semplicità e del fatto che già Diofanto le usava. I matematici nel XVI secolo, come Pacioli, si riferivano all'incognita chiamandola coss o (cosa in tedesco) e per questo motivo l'algebra divenne nota come arte Ars Magna cossica. Nell' per indicarla veniva usato tri simboli, anche con e radix, res, cosa censo. Z Cardano chiama l'incognita R. rem ignotam e quindi La seconda potenza veniva indicata, tra gli al- zensus traduzione del latino quadratum cubus. Gradualmente vennero introdotti che sta per Veniva usato anche C per gli esponenti e Descartes ne farà un uso sistematico. Il cambiamento più sostanziale del simbolismo nell'algebra è indubbiamente dovuto a Viète . Egli non era un matematico di professione, e quando, dopo aver smesso la carriera politica, si dedica a quella che per lui è solo una passione, dichiara le sue intenzioni chiaramente conservatrici. Quello che divenne il più grande inno- vatore della notazione algebrica, in verità partì come scopritore e restauratore della matematica antica. Egli per il suo libro più famoso isagoge In artem anlyticam (Introduzione all'arte analitica, 1591), che egli denisce come l'opera dell'analisi matematica restaurata egli si ispirò allopera di Diofanto, primo matematico della storia che parla di notazione simbolica. Sebbene un certo numero di studiosi, compresi Euclide e Aristotele, avessero usato lettere in luogo di numeri specici, questi erano usi sporadici ed incidentali. Viète fu il primo ad usarle in maniera cosciente ed intenzionale non soltanto per rappresentare un'incognita o le sue potenze ma anche per coecienti generali. Di solito usava le vocali per le quantità incognite e le consonanti per le quantità date. Da 9 sottolineare il passo in avanti fondamentale compiuto da Viète : egli si rendeva pienamente conto che quando studiava un'equazione con coecienti letterali al posto di numeri egli aveva in mano un'intera classe di equazioni. Sembrerebbe ovvio che i successori di Viète fossero stati immediatamente colpiti dai coecienti letterali. Invece l'introduzione delle lettere per rappresentare classi di numeri fu accettata molto lentamente all'interno della comunità scientica. Più immediato fu l'apprezzamento per la comodità dell'assunzione dei simboli. 3 L'algebra rinascimentale Furono la Germania e l'Italia a fornire il maggior numero di matematici all'inizio del Rinascimento, ma nel 1484 venne composta in Francia un'opera che Liber Abaci di Triparty en la science des nombres fu scritta per livello ed importanza era forse la più ragguardevole dopo il Fibonacci. Quest'opera, intitolata da Nicholas Chuquet (1445 - 1488), personaggio piuttosto avvolto nell'anonimato. Il Triparty non assomiglia a nessuna opera precedente di aritmetica o di matematica, e gli unici autori citati da Chuquet sono Boezio (475 dC - 525 dC) e Campano (1220 - 1296); tuttavia vi sono evidenti inussi italiani, dovuti probabilmente alla conoscenza del Liber Abaci di Fibonacci. La prima delle Tre parti tratta delle operazioni aritmetiche razionali e include un'esposizione del sistema di numerazione indo-arabo. A proposito di questo Chuquet dice che la decima gura non ha nè signica alcun valore, e pertanto viene chiamata cifra o nulla o gura di nessun valore. Chuquet si esprime in forma essen- zialmente retorica: le quattro operazioni fondamentali vengono indicate con le parole e frasi plus, moins, multiplier par e partyr par, le prime due delle quali compaiono talvolta abbreviate in forma medioevale come p ed m. Chuquet poi parla del calcolo delle medie, nelle quali egli usa solo numeri positivi. Nella seconda parte, concernente le radici dei numeri, v'è qualche forma abbreviata tipica dell'algebra sincopata: così l'espressione moderna nella forma R)2 .14.m.R)2 180. L'ultima parte del p √ 14 − 180 compare Triparty, quella più impor- tante, concerne la Règle des premiers, cioè la regola dell'incognita; quella che noi chiameremmo algebra. Nel XV ed XVI secolo il termine usato da Chu- quet (premier) è insolito, in quanto, come abbiamo già detto, veniva usato cosa o coss. La seconda potenza viene da lui chiamata champs, la cubiez e la quarta champs de champ. Per esprimere i multipli di queste il termine terza potenze Chuquet inventò una notazione esponenziale innovativa: l'esponente dell'incognita veniva indicato con un esponente associato invece al coeciente del monomio. In altre parole, le nostre espressioni moderne 1 nivano indicate da Chuquet con la scrittura .5. , 10 .10.2 ed 5x, 10x2 e 3x3 ve- .3.3 . Inoltre, accanto alle potenze intere comparivano anche lo zero ed esponeneti negativi: i nostri 9x0 ed 2x−2 comparivano nella forma .9.0 ed .2.2.m . Chuquet poteva aver co- nosciuto la regola degli esponenti tramite l'opera di Oresme sulle proporzioni, ma ciò non è esplicitamente scritto nel parte del Triparty Triparty. La seconda metà dell'ultima invece, è dedicata alla soluzione di equazioni . Compaiono qui molti problemi già trattati dai suoi predecessori, ma ci sono anche delle 1 uguale a novità di rilievo. In particolare, Chuquet, quando scrive .4. (ossia 4x = −2), m.2.0 isola per la prima volta un numero negativo in un membro di un'equazione algebrica. Inoltre, in generale, egli non accetta 0 come radice di un'equazione, ma sporadicamente fa notare che questo numero andrebbe bene come soluzione. La più antica algebra rinascimentale fu senza dubbio quella di Chuquet, ma il più famoso trattato di algebra di quel periodo venne pubblicato dieci anni dopo in Italia. Di fatto, la et proportionalità Summa de arithmetica, geometria, proportioni del frate Luca Pacioli (1445 - 1514), del 1487, mise com- pletamente nell'ombra il Triparty, anche se essa fu più inuente che originale. È una grandiosa compilazione (senza, in generale, citare le fonti) di materiali appartenenti a quattro campi diversi della matematica: aritmetica, algebra, geometria euclidea molto elementare. Luca Pacioli, che per un certo periodo insegnò matematica ai gli di un ricco mercante veneziano, si rese indubbiamente conto dell'importanza in Italia dell'uso commerciale dell'aritmetica. La prima aritmetica stampata, apparsa anonimamente a Treviso nel 1478, aveva descritto le operazioni elementari, le regole del due e del tre e numerose applicazioni commerciali. Poco dopo apparvero numerose altre aritmetiche per uso commerciale di natura più tecnica e da queste attinse liberamente Pacioli. La Summa, che come il Triparty era scritto in volgare, compendiava una se- rie di opere inedite anonime e le concezioni generali di quel tempo. La parte riguardante l'aritmetica tratta principalmente di tecniche di moltiplicazione e di estrazione di radice quadrata. La sezione sull'algebra comprende la solu- zione canonica delle equazioni di primo e secondo grado. Sebbene sia priva della notazione esponenziale di Chuquet, presenta un uso più largo di forme abbreviate proprio dell'algebra sincopata. Usa certamente le lettere p ed m già co, ce, cece ed ae rispettivamente per cosa, censo, la quarta potenza ed aequalis. largamente usate in Italia come abbreviazione; aggiunge come notazioni le La parola Rinascimento inevitabilmente richiama alla mente i tesori letterari, scientici, artistici in Italia perchè fu qui a manivestarsi, prima degli altri stati europei, la rinascita del sapere. Tuttavi altre regioni d'Europa non furono da meno, come mostra l'opera di Regiomontano e Chuquet. In Germania ad esempio, i libri sull'algebra erano così numerosi che per un certo tempo il termine tedesco coss prese piede in tutta Europa, e si iniziò a parlare di 11 arte cossica anche in Italia. Inoltre i simboli tedeschi per l'addizione e la sottrazione (usati inizialmente per indicare l'eccedenza o la mancanza in misure di mercanzie) nirono per sostituire competamente le abbreviazioni dei termini italiani p ed m. Per citare solo alcuni nomi e testi: Adam Riese (1492 - 1559), la il Rechnung Coss Die Coss (1524) di (1525) di Christoph Rudol (1500 - 1545), Arithmetica integra (1527) di Peter Apian (1495 - 1552) e l' (1544) di Michael Stifel (1487 - 1567). In ogni caso, le equazioni di secondo grado avevano costituito per circa tremila anni il massimo risultato algebrico; per questo motivo, la soluzione delle equazioni di terzo grado ad opera dei matematici italiani del XVI secolo segna una svolta nello sviluppo dell'algebra. Assieme a questa innovazione, anche la scoperta di una formula risolutiva per le equazioni di quarto grado rappresenta un decisivo distacco tra algebra e geometria, che no ad allora erano strettamente connesse: la geometria non era in grado di esprimere con le sue gure espressioni con potenze maggiori di tre. Il più famoso attore di questo processo è sicuramente Girolamo Cardano Ars Magna (1501 - 1576) che nel 1545 pubblica l' nella quale è contenuta una trattazione per casi della risoluzione dell'equazione di terzo e quarto grado. Va però subito sottolineato che, sebbene sia il più famoso algebrista dell'epoca, Cardano non fu lo scopritore della soluzione nè dell'equazione di terzo grado nè di quella di quarto. Egli lo sottolinea nel suo libro. L'idea della prima gli viene data da Niccolò Tartaglia (1500 - 1557); la seconda l'aveva invece trovata Ludovico Ferrari (1522 - 1563) che fu per un certo tempo a servizio di cardano come amanuense. Lasciando da parte i dettagli della vicenda, ciò che è indiscusso è che nè Cardano nè Tartaglia furono i primi a risolvere le equazioni di terzo grado: il merito infatti va a Scipione Dal Ferro (1465 - 1526) professore di matematica a Bologna. Oggi consideriamo le equazioni di terzo grado come appartenenti ad un unica classe e quindi riconducibili ad un unica formula generale che ritorna la soluzione. A quel tempo, abbiamo già osservato, i coecienti negativi non erano accettati. V'erano perciò tante equazioni di terzo grado quante era- no le possibilità che i segni fossero positivi e negativi. di conseguenza trattati nell' Ars Magna Tutti i casi vengono uno dopo l'altro, con la caratteristi- ca in comune che tutti i coecienti fossero rigorosamente positivi. Nonostante Cardano trattasse equazioni algebriche, egli era un profondo conoscitore dell'opera di Al-Kwharizmi e ne seguiva l'esempio di trattare le equazioni in maniera geometrica (tanto che possiamo parlare di completamento del cubo). Questo portò ad un vantaggio fondamentale per Cardano, di cui parleremo poi. Egli usa poche abbreviazioni, tipiche dell'algebra sincopata, e, analogamente agli arabi, concepiva le sue equazioni con coecienti numerici specici come rap- 12 presentative di categorie generali. Per esempio, quando scriveva: volte il lato siano uguali a 20 x3 + 6x = 20) (ossia il cubo e sei evidentemente concepiva questa equazione come tipica di quelle che avevano un cubo ed una cosa uguali ad un numero (cioè quelle della forma x3 + px = q ). La risoluzione di questa equazione, nell'Ars Magna, copre un paio di pagine di ragionamenti algebrici in forma retorica, che potremmo ora esprimere nel modo seguente, riferendoci alla equazione particolare vista sopra: 1. Sostituiamo x con u−v tali che il loro prodotto (concepito come un area) sia un terzo del coeciente della x nell'equazione di terzo grado, ossia uv = 6/3 = 2; u3 − v 3 = 20 3 equazione di secondo grado nella u ; √ u3 viene ad essere uguale a 108 + 10; 2. Otteniamo quindi l'equazione 3. e da questa la u6 = 20u3 + 8, √ u3 − v 3 = 20 otteniamo v = 108 − 10. E quindi, p p √ √ 3 3 108 + 10 − 108 − 10; x = u − v abbiamo x = 4. Dall'uguaglianza base alla in Dopo aver sviluppato il suo metodo in questo caso specico, Cardano termina con una formulazione verbale della regola equivalente alla soluzione moderna di x3 + px = q ; in termini moderni: x= sr p 3 3 3 + q 2 2 q + − 2 sr p 3 3 3 + q 2 2 − q 2 un cubo uguale ad Cardano passava poi a trattare altri casi, come quello di un cubo ed un numero . Qui veniva eettuata la sostituzione iniziale ed il resto del procedimento era esattamente uguale. x = u+v In questo caso però si presentava una dicoltà. Quando la regola veniva applicata, portava a radici di numeri negativi. Cardano sapeva che non esisteva nessuna radice quadrata di un numero negativo, e tuttavia sapeva che x = 4 era chaiaramente una radice dell'equazione per sostituzione. Non era perciò in grado di capire come potesse non avere senso l'applicazione della regola che aveva trovato. Merito di Cardano è sicuramente quello di presentare questo caso nella sua opera e riconoscerlo come problematico. A proposito della regola per risolvere equazioni di quarto grado Cardano Ars Magna scrive nell' che essa è dovuta a Luigi Ferrari. Anche qui vengono considerati, uno dopo l'altro una ventina di casi. Vediamo il procedimento 4 attraverso cui si giungeva alla soluzione di x + 36 = 60x: 13 + 6x2 1. Innanzitutto aggiunge ad entrambi i membri dell'equazione quadrati e numeri sucienti a rendere il membro sinistro uguale ad un quadrato perfetto, ed ottiene: x4 + 12x2 + 36 cioè (x2 + 6)2 ; 2. Aggiungeva poi ad entrambi i membri dell'equazione termini comportanti y una nuova incognita in modo che il membro a sinistra rimanesse un quadrato perfetto, come ad esempio allora (x2 + 6 + y)2 . L'equazione diventa (x2 + 6 + y)2 = 6x2 + 60x + y 2 + 12y + 2yx2 = (2y + 6)x2 + 60x + (y 2 + 12y) 3. Il passo successivo consiste nel scegliere la y (1) in modo che il trinomio del membro a destra fosse un quadrato perfetto. Cioè si poneva uguale a zero il discriminante (tecnica all'epoca già familiare). In questo caso si poneva 602 − 4(2y + 6)(y 2 + 12y) = 0 4. Il risultato è un'equazione di terzo grado nella (2) y (y 3 + 15y 2 + 36y = 450), la a noi nota risolvente cubica dell'equazione di quarto grado originaria, da cui si ottiene il valore di y; 5. Esso si sostituisce nella equazione al punto 2. e si estrae la radice quadrata da entrambi i membri;. Il risultato è quindi un'equazione di secondo grado da risolvere per poter trovare il risultato cercato; Riferimenti bibliograci [1] Boyer C. B. (1990), [2] Struik D. J. (1981), [3] Kline M. (1991), Storia della matematica, Milano, Mondadori; Matematica: un prolo storico, Bologna, Il Mulino; Storia del pensiero scientico, Torino, Einaudi; [4] Toti Rigatelli L. - Franci R. (1979), equazioni algebriche, Milano, Mursia; Storia della teoria delle S. (1979), Da Cardano a Galois: momenti di stroia dell'algebra, Milano, Feltrinelli; [5] Maracchia [6] Luboŝ Nový (1973), Origins of Moderns Algebra, the Czechoslovak Academy of Science, Prague 14 publishing House of Bottazzini (1990), Il auto di Hilbert. Storia della matematica moderna e contemporanea, UTET [7] Umberto [8] Giulia Maria Piacentini Cattaneo (1996), algoritmico, Decibel Zanichelli 15 Algebra. Un approccio