Presentazione di PowerPoint - Laboratorio Fisica Tecnica

CORSO DI FISICA TECNICA 2
AA 2013/14
ILLUMINOTECNICA
Lezione n° 1:
Natura della luce
Grandezze fotometriche fondamentali 1
Ing. Oreste Boccia
1
Doppia natura della luce: ONDULATORIA e CORPUSCOLARE
Teoria corpuscolare (Newton 1643-1727):
v1
La luce è costituita da particelle piccolissime che, penetrando
nell’occhio ad alta velocità, provocano la sensazione della
visione.
vy1
vx1
θ1
aria
vx2=vx1
Prevede unicamente che la luce si propaga in linea retta.
Spiega la riflessione e la rifrazione con la teoria degli urti
elastici (conservazione della q.d.m.).
acqua
θ2
vy2
Non è in grado di spiegare la diffrazione.
v2
Newton ipotizzò, nel passaggio da un mezzo meno denso ad uno più denso (esempio aria-acqua),
l’esistenza di una forza di attrazione da parte della superficie di separazione (impulso) sulla luce che
agisce in direzione perpendicolare alla stessa superficie in modo da aumentare la vy ed avvicinando il
raggio rifratto alla normale alla superficie mentre rimane inalterata la componente parallela vx.
Da ciò risulta che:
sin 1 v2

sin 2 v1
Aumento della velocità della luce passando da un mezzo meno denso
ad uno più denso. Ossia: la velocità della luce è maggiore nei mezzi
più rifrangenti θ2< θ1 (più densi)
v2>v1
Due secoli più tardi FOUCAULT dimostrò sperimentalmente il contrario con la teoria ondulatoria. In
questo caso vale una legge contraria alla precedente:
sin 1 v1

sin 2 v2
la velocità della luce è maggiore nei mezzi meno rifrangenti.
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Dagli studi di Foucault si fa strada la teoria ondulatoria.
Contributo di molti scienziati:
Young, Huygens, Hooke, Fresnel che studiarono interferenza,riflessione e rifrazione, diffrazione
Teoria ondulatoria
Luce si propaga per ONDE ELETTROMAGNETICHE:
perturbazioni periodiche nel tempo e nello spazio del campo elettromagnetico.
Maxwell – 1860 Teoria dell’ELETTROMAGNETISMO
Le onde elettromagnetiche si propagano nel vuoto con la stessa velocità della luce (3x10 8 m/s)
Suggerendo che questo accordo non fosse casuale, Maxwell sostenne la natura ondulatoria della
luce.
Il modello ondulatorio non spiega tutti i fenomeni di interazione luce-materia.
Hertz 1887 - Effetto fotoelettrico – emissione di elettroni da elettrodi bombardati da fotoni, particelle di luce,
confermava la natura ondulatoria ma poteva essere spiegato solo con la natura corpuscolare della luce come
dimostrò Einstein nel 1905.
Si fa strada di nuovo il modello corpuscolare, ipotizzando la doppia natura corpuscolare-ondulatoria:
Luce costituita da FOTONI, particelle di massa molto piccola presenti in gran numero in un fascio luminoso,
ciascuna con un piccolo contenuto di energia.
La teoria quantistica mette d’accordo i due modelli spiegando le modalità di propagazione con il
modello ondulatorio (interferenza e diffrazione) e l’interazione con la materia con quello corpuscolare.
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Teoria ondulatoria:
La luce è una radiazione elettromagnetica caratterizzata da una lunghezza d’onda  ed una
frequenza .
Un’onda elettromagnetica è una perturbazione del campo elettromagnetico che si propaga in
modo periodico nel tempo e nello spazio
: lunghezza d’onda = distanza in metri tra due massimi/minimi…consecutivi
T: periodo = tempo in secondi che intercorre tra due istanti consecutivi in cui il campo assume valore
massimo/minimo…
: frequenza = T
–1
: inverso del periodo: numero di cicli nell’unità di tempo (s-1 = Hz)
c=/T=
Nel vuoto:
c = 3∙ 108 m/s.
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Equazioni di Maxwell: permettono di descrivere la modalità di propagazione della luce
Forniscono risultati di notevole precisione riguardo al valore del campo elettromagnetico
in un punto dello spazio ed in un certo istante di tempo.
Tale precisione è eccessiva nel caso dei fenomeni macroscopici riguardanti la luce.
Per descrivere i fenomeni luminosi adottiamo il modello ondulatorio con alcune semplificazioni:
Dato che la lunghezza d’onda delle radiazioni luminose è molto piccola (380-780
nm) rispetto alle dimensioni medie dei corpi con cui interagisce può essere accettata
l’ipotesi di propagazione in linea retta con l’approssimazione grafica dei
raggi luminosi (Ottica geometrica).
A questo modello semplificato viene accoppiata la teoria quantistica:
L’energia luminosa che si propaga non è distribuita in modo continuo ma in modo discreto,
concentrata secondo quantità discrete di energia, dette quanti:
=h∙
h : costante di Plank = 6,626 10
–34
J∙s
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Interazione di una radiazione luminosa con una parete
Ei = Er + E a + E t
Ei
Ei / Ei = (Er + Ea + Et) / Ei
Et
a : coefficiente di assorbimento = Ea / Ei
Er
Ea
r : coefficiente di riflessione = Er / Ei
a+r+t=1
t : coefficiente di trasmissione = Et / Ei
La riflessione può essere:
Speculare
Diffusa
Perfettamente Diffusa
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Rifrazione
Il fenomeno della rifrazione della luce comporta un
cambiamento di direzione dei raggi luminosi.
1
Alla superficie di separazione tra due mezzi 1 e 2
Il rapporto tra il seno dell’angolo di incidenza i e
quello di rifrazione r è uguale all’indice di rifrazione
del mezzo (legge di Snell):
sin i
n
 n12  2
sin r
n1
2
n12 si chiama indice di rifrazione relativo ai mezzi 1 e 2,nel passaggio dal mezzo 1 al mezzo 2
n1 ed n2 sono gli indici di rifrazione assoluti del mezzi 1 e 2, dati dal rapporto tra la velocità
della luce nel vuoto e la velocità della luce nel mezzo trasparente, in formule:
n
c
v
Superficie trasparente: si lascia attraversare dalla totalità dell’energia incidente, deviando la
propria direzione in funzione degli indici di rifrazione dei due mezzi
Superficie traslucida: le traiettorie dell’energia che attraversa la superficie assumono
angolazioni irregolari nello spazio attorno alla superficie stessa.
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La riflessione totale
Fenomeno che si verifica nel caso in cui un raggio luminoso passa da un mezzo più
rifrangente a uno meno rifrangente, cioè n1>n2. Per la legge di Snell, nel mezzo 2 il raggio
rifratto si allontana dalla normale alla superficie, r>i.
Aumentando via via l’angolo di incidenza, il raggio rifratto si avvicina sempre più alla
superficie di separazione. È possibile individuare un valore preciso dell’angolo di incidenza
per il quale il raggio rifratto è radente alla superficie di separazione. In questo modo
sparirà il raggio rifratto e sarà possibile vedere solamente quello riflesso. Tale fenomeno
prende il nome di riflessione totale.
Dicesi angolo limite l’angolo di incidenza per
cui si assiste al fenomeno della riflessione totale,
ovvero quel valore per cui il corrispondente angolo
di rifrazione è pari a 90.
In formule, risulta uguale a:
sin ilimite 
n2
n1
per un angolo di incidenza maggiore di ilimite , non si avrà la formazione di nessun raggio
rifratto, ma il raggio verrà deviato totalmente all'interno del mezzo più rifrangente
Angolo limite vetro passaggio vetro – aria
ilimite  arcsin
n2
1
 arcsin
 41
n1
1.5
Sul fenomeno della riflessione totale sono basati i sistemi di trasporto della luce .
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SPETTRO ELETTROMAGNETICO


10-6 nm
3∙10 23 Hz
Raggi
cosmici
Raggi
g
1 nm
1 cm
3∙10 17 Hz
3∙10 10 Hz
Raggi
x
UV
IR
Microonde
1 km
3∙10 5 Hz
UHF
VHF Onde
corte
Onde
lunghe
FINESTRA OTTICA
Radiazioni visibili
380 Violetto
Blue
Verde
Giallo
Arancio
Rosso
7.9∙10 14 Hz
780 nm
3.8∙10 14 Hz
Al variare della lunghezza d’onda si considerano le varie tipologie di onde elettromagnetiche che,
conservando le medesime caratteristiche, si differenziano per gli effetti che producono
Le onde visibili occupano un piccolissimo intervallo di lunghezze d’onda (FINESTRA OTTICA-radiazioni che
innescano nell’occhio il fenomeno della visione) compreso tra 380 e 780 nm all’interno del quale si distinguono
le varie componenti cromatiche della luce.
Il prevalere di una o più componenti cromatiche sulle altre attribuisce alla luce una particolare TONALITA’
CROMATICA
Una miscela omogenea di tutte le componenti cromatiche (spettro uniforme) produce una LUCE BIANCA
La luce bianca èd detta ACROMATICA.
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FENOMENO DELLA VISIONE
Determinato da fattori oggettivi:
Intensità della radiazione incidente nell’occhio;
e da fattori soggettivi:
Sensibilità dell’occhio alle radiazioni visibili
CAPACITA’ VISIVE
La radiazione visiva incide sulla CORNEA (membrana
trasparente)
La lente elastica retrostante (CRISTALLINO) modifica
il raggio di curvatura mettendo a fuoco l’immagine
Le radiazioni incidenti sulla cornea vengono rifratte
verso la RETINA dove si trovano i fotoricettori
concentrati nella FOVEA
Sulla retina si produce una immagine rovesciata che
viene inviata al cervello dove viene raddrizzata
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I fotoricettori sono CONI e BASTONCELLI, 126 x 106 cellule nervose sensibili alla luce
I BASTONCELLI (120 x 106) più numerosi e
più sensibili con uno spettro di sensibilità che
copre tutto il visibile
Responsabili della visione notturna
(SCOTOPICA) caratterizzata da valori molto
bassi dell’energia luminosa
Non sono però in grado di distinguere i colori
I CONI (6 x 106) sono molto meno numerosi e meno
sensibili ma mostrano una selettiva rispetto alle lunghezze
d'onda della luce.
I CONI sono di tre tipi: ROSSI, VERDI, BLU
Ciascuna tipologia contiene fotopigmenti sensibili a diverse
lunghezze d’onda.
Responsabili della visione diurna (FOTOPICA) reagiscono se stimolati da
valori molto più elevati dell’energia luminosa.
La percezione dei colori è possibile solo con la visione FOTOPICA
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L’occhio umano è sensibile alla potenza radiante entrante e non all’energia come una pellicola fotografica
Sensibilità dell’occhio funzione della lunghezza d’onda. Influenza:
QUALITATIVA: consente di distinguere le tonalità cromatiche delle varie radiazioni.
QUANTITATIVA: comporta una reazione più o meno intensa alle varie lunghezze d’onda.
Per avere la stessa sensazione visiva sono necessarie potenze radianti diverse alle varie
lunghezze d’onda della radiazione incidente.
La sensibilità è MASSIMA al centro dello spettro
(555 nm in visione fotopica e 510 nm in visione
scotopica-linea tratteggiata ) e minima ai lati.
v() 1.0
0.9
Fotopica
Scotopica
0.8
0.7
VISIBILITA’ V()
0.6
Massima al centro e minima ai lati serve a
misurare la capacità visiva dell’occhio
0.5
0.4
Coefficiente di VISIBILITA’
0.3
v(λ) = V(λ) /Vmax
0.2
varia da 0 (a 380 e 780 nm) a 1 (al centro dello spettro).
Convenzionalmente per il valore massimo di V a 555 nm,
per visione fotopica, si assume un valore di 683 lm/W.
0.1
510
550
380
780
Lo spostamento verso lunghezze d’onda inferiori del massimo di visibilità della visione scotopica fa sì che il
rosso (620–750 nm) non sia più visibile di notte.
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λ(nm)
La visione mesopica (mesopic vision) è la visione dovuta all'attività contemporanea dei bastoncelli e
dei coni della retina. Si tratta del tipo di visione che si ha quando il livello di illuminazione è intermedio
e consente di rilevare differenze di colore.
Luminanza L ≥ 3.4 cd/m2
Luminanza L ≤ 0.034 cd/m2
Luminanza 0.034 ≤ L ≤ 3.4 cd/m2
Tipi di emissione luminose
Il tipo di distribuzione spettrale dipende dalla sorgente luminosa. Si
hanno tre tipologie ricorrenti:
- 1° Distribuzione continua: tipica delle sorgenti che emettono
radiazioni luminose per effetto termico (ad esempio, lampade ad
incandescenza);
- 2° Distribuzione discreta a righe: tipica dell'emissione nelle
lampade a scarica nei gas (a luminescenza, ad Hg, Na, Ar,...). Le
righe sono corrispondenti ai salti quantici dei livelli elettronici dello
elemento utilizzato in questo tipo di lampade;
- 3° Distribuzione normale del corpo nero: è un oggetto (ideale)
che assorbe tutta la luce incidente e quindi né riflette né trasmette
alcuna energia apparendo in prima approssimazione nero.
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FLUSSO LUMINOSO
Potenza radiante emessa da una sorgente pesata con la curva di visibilità per tenere conto
della risposta dell’occhio umano e della composizione spettrale della radiazione. Si misura in
lumen (lm).
Flusso monocromatico emesso alla generica lunghezza d’onda :
  K  v ( )  W ( )
con K=683 lm/W
Flusso monocromatico emesso per  = 555 nm
v( = 555 nm) = 1
  K W ( )
Flusso con distribuzione continua della potenza radiante tra 1 e 2:
2
2
1
1
   K  v (  )  W (  )  d  K   v (  )  W (  )  d
Campo di emissione esteso all’intero campo di visibilità (380 ÷ 780 nm):
780
  K   v (  )  W (  )  d
380
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INTENSITA’ LUMINOSA
Determina la distribuzione spaziale del flusso luminoso nelle varie direzioni.
Hp: sorgente puntiforme
“Intensità luminosa”: rapporto tra il flusso luminoso uniforme infinitesimo dΦ
e l’angolo solido dω all’interno del quale tale flusso è contenuto nella
generica direzione intorno alla sorgente stessa.
Detta anche densità spaziale angolare del flusso luminoso.
S
I
d
d
d 
Si misura in lm/sr = candele (cd)
dS
r2
r
E’ utile per determinare le direzioni in cui la sorgente
emette in modo prevalente ed individuare le superfici o
porzioni di superfici illuminate in modo più accentuato.
dS
Radiante (rad): angolo piano al centro di una circonferenza sotteso da un arco di lunghezza pari al raggio
Steradiante (sr): angolo solido al centro di una sfera sotteso da una superficie di area paria r 2
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SOLIDO FOTOMETRICO
rappresentazione vettoriale delle intensità luminose nelle varie direzioni intorno alla sorgente ripartizione spaziale del flusso luminoso.
Solido fotometrico di una lampada ad
incandescenza in coordinate polari
Angolo: direzione di emissione;
Lunghezza del raggio: valore dell’intensità in
candele.
CURVA FOTOMETRICA
sezione piana del solido fotometrico
Unica curva per sorgenti ad emissione assialsimmetrica
Due o più curve in direzioni notevoli (es. longitudinale e
trasversale) per sorgenti ad emissione asimmetrica
Di solito la curva fotometrica fornisce valori in cd/klm poiché la stessa sorgente può
ospitare lampade di diversa potenza che emettono un flusso diverso
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Calcolo del flusso emesso dalla sorgente in funzione dell’intensità luminosa:
I
d
d

d  I  d

   I  d

4
Emissione nell’intero spazio che circonda la sorgente:
   I  d
0
Intensità luminosa costante in tutte le direzioni
nell’intero spazio intorno alla sorgente:
Intensità luminosa costante in tutte le direzioni
all’interno dell’angolo solido :
4
4
0
0
   I  d  I   d  4  I
  I 
Da cui:
il lumen può essere definito come il flusso luminoso emesso da una sorgente
di intensità luminosa uniforme e unitaria in un angolo solido di 1 sr.
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