Città di Erba CIVICO MUSEO L’ETA' ROMANA Il territorio di Erba ha in età romana un'importanza rilevante, testimoniata, oltre che dalle scoperte archeologiche, anche dalle fonti antiche: Plinio il Vecchio, citando Catone, afferma che "Como, Bergamo, Forum Licinii e altri popoli vicini appartengono alla stirpe degli Orumbivi", mentre Varrone ricorda come prodotti importati a Roma le "Comacinae pernae" cioè i prosciutti di Como, che provenivano proprio da questa zona. Benchè l'identificazione del Forum Licinii pliniano con l'attuale Incino d'Erba sia ancora discussa, e talora apertamente rifiutata, tuttavia, sulla base dei rinvenimenti ivi effettuati (tre nuclei di necropoli, alcune are votive dedicate a Giove e Mercurio reimpiegate nella torre campanaria della chiesa di S. Eufemia, oltre ad un importante gruppo di epigrafi di cui una, in particolare, attestante il culto verso un personaggio femminile della famiglia di Traiano, Matidia, nipote dell'imperatore divinizzata dopo la sua prematura scomparsa) certa appare l'origine romana del centro, nucleo originario dell'attuale abitato. Considerevoli tracce di centuriazione (suddivisione del terreno in lotti regolari di forma rettangolare per assegnazioni coloniali) sono state individuate nel Piano d'Erba, tra il lago di Montorfano e quello d'Alserio, territorio dove si concentrano un certo numero di rinvenimenti e che va verosimilmente assegnato, dal punto di vista giuridico, alla circoscrizione dell'antico municipium di Comum, centro che, con quello di Mediolanum, costituisce il principale capoluogo di questa regione durante l' età romana. La presenza di tali testimonianze archeologiche, unita a quella di alcune fonti letterarie (in particolare due lettere in cui Plinio il Giovane fornisce agli amici Paolino e Calvisio consigli per ottenere un miglior rendimento delle terre da parte dei coloni che le lavorano) ci induce a ritenere che le grandi estensioni di terreno fossero all'epoca suddivise in modo regolare ed affidate singolarmente, da parte dei proprietari, al lavoro dei fittavoli, in modo da sfruttare al massimo la capacità produttiva del suolo. A tal proposito, vale anche la pena ricordare che, a quanto sappiamo dalle fonti storiche in nostro possesso, almeno in due occasioni, prima tra l'81 ed il 77 a.C. ad opera di G. Scipione poi nel 59 con Cesare, si ebbe nel territorio comasco (e pertanto, con tutta probabilità, il fenomeno interessò anche l'area erbese) la deduzione di alcune migliaia di coloni provenienti dall'Italia centrale, che si insediarono stabilmente nella regione ed ai quali furono assegnati lotti di terreno da coltivare. Il tipo prevalente di insediamento, per quanto deducibile dai rinvenimenti archeologici, d'altro canto, sembrerebbe proprio quello a carattere agricolo, territorialmente diffuso e scarsamente intensivo, tipico di un'economia fondamentalmente agrosilvo-pastorale, con limitati contatti commerciali, come attestato, peraltro, anche dalla presenza pressochè esclusiva, nei corredi tombali, di oggetti perlopiù di modesto livello, prodotti in un ambito strettamente locale o, al massimo, regionale. Il territorio dell'odierna Brianza era d'altronde interessato, già in epoca antica, da un numero considerevole di vie di comunicazione: ai suoi margini correvano due grandi arterie, quella che collegava Milano a Bergamo e quella che andava da Bergamo a Como, mentre al suo interno passava il tracciato della Milano-Como. La via tra Bergamo e Como (che a est proseguiva fino ad Aquileia e a ovest, probabilmente, arrivava fino alla Rezia e che viene indicata anche nella famosa carta geografica di età imperiale nota come "Tabula Peutingeriana"), in particolare, attraversato l'Adda ad Olginate, metteva in comunicazione fra loro molti centri dell'Alta Brianza, tra i quali anche lo stesso insediamento di Erba: in base alle ipotesi più recenti l'attuale via Marchiolo di Molteno ricalcherebbe proprio il tracciato di questa antica strada romana. Questo centro, inoltre, era verosimilmente anche il fulcro di una complessa ed articolata rete stradale di andamento nord-sud che da Milano-Monza arrivava fino alla punta di Bellagio per proseguire poi oltre il lago. L'epoca romana, poi, è attestata sul nostro territorio da una notevole serie di rinvenimenti archeologici: si tratta, nella maggior parte dei casi, di tombe singole o di vere necropoli (ma tale distinzione è, verosimilmente, fittizia e perlopiù dovuta alle situazioni contingenti del ritrovamento) assai più raramente di resti di costruzioni (il caso più significativo, in questo senso, è certamente la villa di Pontelambro, la cui fase più antica risale al I secolo a.C.). Il carattere "funerario" di queste scoperte è certo imputabile alle circostanze sempre casuali in cui esse sono state effettuate, che hanno portato ad una sorta di "selezione", sulla base di criteri certo non scientifici, di quanto fosse ritenuto degno di attenzione e quindi di preservazione. In ogni caso, fra i rinvenimenti più importanti (e di cui si ha in parte testimonianza anche nelle vetrine del museo) vanno ricordate almeno le tombe di Albavilla, con significativo corredo ceramico, di Erba e Crevenna (alcune delle quali qui ricostruite nella loro interezza), Tavernerio, Onno, Proserpio, Parravicino, Buccinigo, Valbrona, Lasnigo, Caslino d'Erba; l'urna cineraria scoperta nelle mura della chiesa di S. Eufemia ad Incino, le suspensurae in cotto per calidarium dal centro di Erba, nonchè un notevole tratto di acquedotto venuto alla luce a Crevenna ed una significativa serie di epigrafi, concentrate soprattutto, come già sopra ricordato, nella zona di Incino. testo di Alberto Bacchetta