APPUNTI DI SOCIOLOGIA GENERALE LA SOCIOLOGIA ha per oggetto di studio l’uomo nella sua dimensione sociale e le forme di rapporti che egli insatura con altri uomini. Lo scopo ideale della Sociologia è fare delle leggi, che definiamo LEGGI DI TENDENZA, poiché hanno dei limiti e clausole (ceteris paribus) questo perché è necessario creare una realtà fittizia come oggetto di studio. Infatti, la realtà che ci circonda, piena di sfaccettature diverse sarebbe impossibile da rinchiudere in un sistema di leggi ferree. Da ciò derivano i limiti di questa disciplina. Leggi di tendenza: 1. Leggi di struttura (riguardano le Istituzioni) 2. Leggi di sviluppo (riguardano il Mutamento) 3. Leggi statistiche (riguardano le relazioni probabilistiche) Attraverso la concettualizzazione sociologica tutta la vita sociale viene ricondotta entro schemi “tipici” (attraverso un procedimento intellettuale). Secondo Max Weber: “dalla comparazione storica di fenomeni simili vengono estratti elementi tipici e costanti coi quali è possibile costruire un “Tipo ideale” del fenomeno considerato. Proprio in quanto ideale non corrisponde perfettamente al reale ma permette di riconoscere gli elementi “tipici” da quelli “atipici”. È possibile identificare due aspetti di una sola realtà attraverso differenziazione logica, tra l’aspetto creativo (prevale l’individuo) e aspetto cristallizzato (prevale la società): Aspetto “cristallizzato” Aspetto creativo 1. 2. 3. 4. Persona sociale Status Classe Gruppo 5. 6. 7. 8. Modelli di comportamento Ruolo Istituzioni Cultura 1. PERSONA SOCIALE La persona sociale è l’unità fondamentale della società, è un insieme complesso di bisogni di tipo ed intensità mutevoli, che si soddisfano tramite l’interazione tra individui. Il BISOGNO è la molla dell’azione sociale (bisogno-azione-bisogno). Viene chiamato interesse dai materialisti, istinto dagli psicologi, e residui da Pareto. Nel soddisfacimento dei bisogni, la persona sociale è ostacolata dalla limitatezza dei mezzi perciò deve operare delle scelte che possono essere logiche o non logiche. In Economia l’uomo economicus attua delle scelte, dette “al margine”, calcolando l’utilità, ma in Sociologia, invece, tenendo presente l’irrazionalità dell’uomo è più determinante l’intensità del bisogno. I bisogni non obbediscono all’intelletto, perciò, l’intensità di un bisogno secondario (es: moda) può essere maggiore dell’intensità di un bisogno primario (es: fame); tutto dipende dalla situazione e dai fini e valori dell’individuo. La soddisfazione di un bisogno può essere diretta o indiretta e la non soddisfazione può portare a psicopatie o nevrosi. L’azione che è generata dal bisogno avviene in un determinato “campo sociale” (= la totalità di fatti sociali coesistenti e il clima psicologico), dal quale derivano la cultura, la civiltà, le istituzioni. Tra individuo e campo sociale c’è una sorta di dipendenza ma non totale perché l’uomo mantiene sempre la propria individualità, che manifesta col comportamento. Il comportamento ed il pensiero degli individui che si trovano nello sesso campo sociale tendono ad essere simili ma non uguali. La SOCIETA’ è la struttura di regolamentazione per la soddisfazione dei bisogni degli individui che interagiscono tra loro adottando determinati comportamenti. Possiamo dire, perciò, che il sociale è una fitta rete interazioni. Le INTERAZIONI sono ogni forma di contatto tra individui o gruppi che producono altre reazioni nelle persone o gruppi che stabiliscono il contatto. Le interazioni possono essere si tre tipi: Laterali, cioè orizzontali tra persone che occupano la stessa posizione sociale; Scalari, cioè tra posizioni subalterne; Circolari, cioè quando due o più individui rafforzano continuamente le reciproche reazioni. L’intensità dei rapporti d’interazione varia secondo il tipo di rapporto tra i partners: Rapporto primario: la persona prevale sul ruolo (es: rapporto di amicizia) Rapporto secondario: il ruolo prevale sulla persona (es: rapporto di lavoro) IL RAPPORTO DI SOCIALIZZAZIONE Il processo di socializzazione si instaura tra un individuo e l’ambiente (campo) sociale, attraverso di esso l’individuo si inserisce in un gruppo in due stadi: Apprendimento dei valori e della cultura del gruppo Interiorizzazione di tali valori Esistono strutture con il compito di interiorizzare i contenuti culturali dell’ambiente sociale (es: la famiglia, la scuola, i mass media). Tali “agenti di socializzazione” stimolano gli individui ad osservare norme e a riprodurre comportamenti, che garantiscono la continuità di una forma sociale, tramite il sistema di gratificazione o sanzione, cioè premiare il comportamento conforme alle regole e punire il comportamento deviante. Per socializzare è necessario, ancor prima degli agenti di socializzazione, che l’individuo sia predisposto: APERTURA tendenza a socializzare PLASTICITA’ capacità di adattamento ECCENTRICITA’ possibilità di fare scelte contrarie alle norme (citazione di Montesquieu: “l’uomo viola incessantemente le leggi di Dio e muta quelle che lui stesso stabilisce”) Esistono varie teorie sul processo di socializzazione: 1° La personalità socioculturale è costituita dal sistema di reazioni dell’organismo agli impedimenti che i bisogni incontrano in un sistema sociale e culturale. Secondo Freud ruoli e gruppi vengono riportati al grado di pressione e frustrazione che essi esercitano sull’individuo, si ha così una scala gerarchica, sicurezza, ansia, nevrosi. Anche Adorno si rifà a questa teoria ricercando le cause della personalità autoritaria. 2° La personalità socioculturale è costituita da un insieme di esperienze, alle quali il singolo è esposto. Cultura e società formano un tutto organico e in una cultura stabile l’individuo apprende in forma acritica i valori dominanti. La società poi seleziona gli individui che più corrispondono ai propri valori culturali, assegnandogli posizioni dominanti, mentre a quelli meno corrispondenti posizioni subordinate (Benedict). 3° La Teoria della Personalità di base di Kardiner e Linton. La personalità di base è un complesso di caratteri della personalità comune a tutti gli uomini e non razionale ma condizionato dalla società che funziona come centro d’integrazione della personalità socioculturale. Sono le cosiddette istituzioni primarie che formano la struttura fondamentale della personalità. Da queste tre teorie possiamo ricavare, in via generale, due diversi approcci alla Sociologia: La VISIONE OGGETTIVA che vede prevalere la società sull’individuo, per la quale la socializzazione è un processo attraverso il quale la società trasmette di generazione in generazione la sua cultura e fornisce al singolo il ruolo che dovrà compiere. Quindi la socializzazione è un processo esterno all’individuo. La VISIONE SOGGETTIVA che vede l’individuo reagire alla società, per la quale la socializzazione è un processo interno all’individuo, nel quale egli adatta i propri istinti, sentimenti e passioni alle formule della convivenza sociale. I modelli di comportamento gli sono forniti fin dalla nascita. 2. LO STATUS La stratificazione sociale avviene in base a: elementi naturali elementi sociali elementi politici elementi ideologici All’interno della stratificazione sociale ogni individuo occupa una propria posizione, tale posizione è stata chiamata nel 1936 da Linton: status, cioè il posto occupato da una persona all’interno di una struttura sociale determinata secondo il giudizio e la valutazione della società. Il concetto di status è parallelo a quello di ruolo, con la differenza che lo status indica qualcosa di statico e invece il ruolo qualcosa di dinamico. Lo status non è condizionato dai mutamenti di breve periodo ma solo con mutamenti della gerarchia dei valori sociali. Ancora Linton distingue tra: status attribuiti: che vengono imputati all’individuo in base a criteri di valutazione presenti nella società riferiti alla nascita (sesso, età, razza) status acquisiti: l’individuo ne entra in possesso grazie alla sua azione e alle sue capacità. Allo status segue un certo grado di prestigio che i membri della società riconoscono a determinate persone in base ad alcuni fattori: la nascita la ricchezza, l’utilità funzionale (capacità di rendimento), l’istruzione, la religione, caratteri biologici (età, sesso, razza) ogni individuo può ricoprire più status in vari ambiti per esempio si può essere contemporaneamente figli e genitori, alunni, dipendenti e creditori ecc. LO STATUS CHIAVE è la somma di tutti gli status attribuiti o acquisiti in considerazione dei valori dominanti della società di riferimento. Può variare, quindi, da una società all’altra e da periodo storico. Trovare lo status chiave è importante per determinare la posizione sociale totale. Tutti gli individui che occupano una posizione simile appartengono allo stesso strato cioè sono sullo stesso piano. Lo STRATO è composto da tutte quelle persone che si trovano in una posizione sociale analoga con determinate caratteristiche come il reddito, il prestigio, lo stile di vita. TIPOLOGIE DI STRATIFICAZIONE SOCIALE LA CATEGORIA è un insieme di persone con caratteristiche o qualità comuni. Non tutte le categorie sono categorie sociali, lo sono solo quelle che si basano su criteri che determinano lo status. I componenti di una stessa Categoria non sono in contatti tra loro e possono anche non conoscersi (es. disoccupati). L’AGGREGATO è un insieme di individui caratterizzato dalla: vicinanza fisica anonimità indifferenza nessuna organizzazione provvisorietà contatto limitato Un esempio di aggregato potrebbe essere il vicinato o le persone alla fermata dell’autobus. LA CASTA è una particolare forma di organizzazione sociale in cui gli individui che ottengono, per nascita, un determinato status restano appartenenti allo stesso strato sociale (es: caste indiane) IL CETO indica il rango dell’individuo e dello strato a cui appartiene. Nel ceto l’elemento coesivo è lo stile di vita, che crea comportamenti e modi di pensare. Ora la differenziazione in ceti è stata sostituita dal concetto di classe che è sicuramente più adatta all’interpretazione della realtà attuale. 3. CLASSE Il concetto di classe si trova in mezzo a quello di categoria e a quello di Gruppo. All’interno della classe c’è una situazione comune di interessi che lega tra loro i suoi componenti, canalizzando i loro comportamenti. La classe è qualcosa di più che un’astrazione costruita dal sociologo come la categoria, infatti, le persone condividono degli interessi e perciò sono in contatto fra loro, cosa che non accade nelle categorie, però non è neanche un gruppo da momento che non c’è un fine comune, non c’è organizzazione e i rapporti di interazione tra i membri sono istituzionalizzati. La classe quindi è una condizione, come lo strato ma a differenza di questo la classe è un elemento dinamico, che ha in se il mutamento sociale, mentre lo strato è statico in quanto legato alla struttura del sistema sociale. Tra i membri di una classe c’è armonia, uguaglianza ed empatia. 4. GRUPPO Il gruppo è un insieme riconoscibile, strutturato e persistente di persone che rappresentano reciprocamente ruoli sociali determinati secondo norme, interessi e valori comuni, tendendo a conseguire un solo fine. Esistono relazioni definite e reciproche tra i membri E’ una unità sociale riconoscibile sia dall’interno che dall’esterno Ha una struttura e ognuno ha un ruolo E’ regolato da norme di comportamento proprie Ci sono bisogni e valori comuni che si traducono in un fine Continuità nel tempo È possibile entrare in un gruppo per nascita, per caso, per adesione, per chiamata dall’interno del gruppo. Il singolo rispetto al gruppo può assumere diverse posizioni: 3 interne: emarginazione partecipazione leader ship 3 esterne: indifferenza straniero estraneo L’emarginato è chi non riesce ad integrarsi anche dopo più incontri per barriere sociali che possono essere legati alla razza, classe, religione ecc. Lo straniero è chi mantiene la propria identità ed estraneità pur avendo avuto più volte contatti con il gruppo. Lo straniero svolge un’importante funzione innovativa. L’estraneo è chi entra per la prima volta in contatto con il gruppo. Secondo Simmel, comunque, l’individuo non partecipa mai completamente alla vita del gruppo, ma solo con una parte della sua personalità, e tanto più è piccola la parte di personalità coinvolta dei membri, tanto più facilmente il gruppo può essere dominato da un singolo. Nella vita del gruppo possono distinguersi 3 fasi: la formazione, il dominio, la decadenza. CLASSIFICAZIONE DEI GRUPPI I criteri per classificare i gruppi sono numerosissimi, almeno quanti sono i diversi punti di vista dai quali essi possono essere studiati. Il criterio generale, comunque, deriva da cinque fattori: 1. Comune origine: detti anche “gruppi di sangue”, quindi, quelli che riuniscono individui legati fra loro per nascita, per matrimonio, o adozione. I gruppi familiari sono costituiti da persone che tendono a soddisfare i loro bisogni attraverso la vita familiare (es: l’istinto sessuale, la procreazione, la necessità di allevare ed educare i figli). 2. Comune convivenza: sono gruppi di carattere territoriale e funzionale, ne sono un esempio i gruppi del tempo libero e i gruppi di istruzione. 3. Comuni caratteri biologici: il sesso, l’età e la razza. 4. Comuni interessi: questo tipo di gruppi sono socialmente molto importanti poiché da esso deriva la predisposizione all’azione comune per il raggiungimento di obiettivi comuni. Ne sono un esempio i gruppi economici, i cui membri provvedono alla produzione e alla ripartizione dei beni e dei servizi atti a soddisfare la molteplicità dei bisogni della vita. 5. Comuni sentimenti o idee: questo criterio si ritrova in quasi tutti i gruppi ma in alcuni è più forte e caratterizzante come nel caso dei gruppi politici e religiosi. Un altro tipo di classificazione più generale è quella che distingue tra gruppi primari e gruppi secondari. GRUPPI PRIMARI sono fondati su rapporti personali, intimi, affettivi (rapporti primari) presentano un tipo di solidarietà meccanica (secondo Durkheim questo tipo di solidarietà è tipica delle società primitive tribali o delle comunità) e trovano il proprio fine all’interno del gruppo. Il gruppo primario lascia tracce profonde nella personalità dell’individuo. Secondo la definizione di Cooley, perché vi sia la formazione di un gruppo primario, sono necessarie tre condizioni: Prossimità fisica dei membri Piccola dimensione del gruppo Carattere duraturo del rapporto Il gruppo primario per eccellenza è la FAMIGLIA. GRUPPI SECONDARI sono fondati su rapporti interpersonali formali e discontinui (rapporti secondari), presentano un tipo di solidarietà organica (secondo Durkheim questo tipo di solidarietà è tipica delle società complesse e moderne) fondata sulle differenze quantitative e costruite su un fine esterno al gruppo. È probabile che nella società moderna i gruppi primari abbiano subito un processo di “secondarizzazione”, cioè i secondari sono aumentati. Gli individui entrano in rapporti secondari sempre liberamente e con particolari intenzioni. Questi rapporti sono regolati da norme e da consuetudini formali. Si può affermare che maggiore è la presenza di gruppi primari, più la società è primitiva; viceversa, maggiore è la presenza di gruppi secondari, più la società è di tipo moderno. SOCIETA’ vs COMUNITA’ La società è più complessa e presenta più gruppi secondari viceversa la comunità è un modello del vivere sociale più primitivo. Su questo tema si contrappongono due importanti autori (Durkheim e Tonenies) proponendo ognuno la propria visione: il primo è più ottimista nei confronti della società moderna, il secondo è più pessimista e più nostalgico. Cioè Tonenies preferisce il tipo di solidarietà che si instaura nelle comunità o società primitive in quanto più vere e più naturali, non puramente funzionali cioè orientate al solo interesse. LA SOCIETA’ È importante premettere che il concetto di società riesce a circoscrivere solo una parte della realtà sociale, in quanto può essere inteso in una serie di modi, molto comuni, ma molto diversi. Anche nel linguaggio comune usiamo il termine società sia per indicare società specifiche, sia per indicare in modo più generale l’umanità sia una serie di legami tra esseri viventi. La società è un insieme di individui, i quali vivono su un territorio comune, collaborano in gruppi per la soddisfazione di bisogni, hanno una comune cultura e funzionano come unità sociale autonoma. Possiamo distinguere il pensiero sociologico in: TEORIA FUNZIONALISTA I funzionalisti vedono la società come una complessa rete di funzioni e posizioni, all’interno della quale ogni individuo trova la sua posizione e in base ad essa gli vengono assegnate delle precise funzioni. Tali funzioni sono definite da Durkheim le corrispondenze tra società e bisogni dell’organismo sociale. I neo funzionalisti (Merton) individuano funzioni manifeste e funzioni latenti. Per esempio la danza della pioggia in una tribù indiana ha come funzione latente quella di aumentare la coesione del gruppo. Entrambe le funzioni favoriscono l’adattamento e l’integrazione e il raggiungimento di uno scopo comune. I funzionalisti, quindi, danno molta importanza, per l’interpretazione della società a 4 fattori: Equilibrio sociale (quindi un’analisi statica) Funzione (cioè il ruolo) Integrazione Consenso Ogni sistema sociale deve soddisfare alcune fondamentali funzioni che sono: Porre le condizioni perché ci siano rapporti tra i membri Strumenti di comunicazione Sviluppare e conservare modelli di comportamento Avere un sistema di stratificazione CRITICA AL FUNZIONALISMO La società dei funzionalisti è statica, infatti, l’equilibrio sociale, in realtà, è solo un’immagine ideale alla quale si tende. L’equilibrio di una situazione storica considerata può essere visto o come risultato del passato o come un insieme di squilibri che creano un processo futuro. La teoria funzionalista ignora il mutare dei bisogni, vero motore della realtà sociale. TEORIA STRUTTURALISTA Gli strutturalisti danno più significato alla struttura, all’organizzazione del sistema e quindi allo status. Per Ginsberg la società è un insieme organizzato dei principali gruppi e delle principali istituzioni che la costituiscono. È necessario che ogni sistema sociale soddisfi le seguenti fondamentali funzioni: Sistema di comunicazione Sistema economico Famiglia e istruzione per la socializzazione Distribuzione del potere Sistema di riti CRITICA ALLO STRUTTURALISMO La teoria strutturalista dà più una forma che un senso e una giustificazione alla società. Pure questa è una visione statica. TEORIA CONFLITTUALISTA I conflittualisti fanno un’analisi dinamica dalla società. Vedono l’equilibrio come punto d’arrivo a cui tendere e considerano il conflitto il motore di tutti i processi sociali. Nella loro analisi molta importanza è assegnata ai gruppi, infatti, nei processi (=conflitti) il continuo mutare dei bisogni forma e rompe i gruppi sociali. Gruppi nuovi e vecchi lottano tra loro per la suddivisione dei beni atti a soddisfare bisogni. Tra i conflittualisti ci sono coloro che vedono il processo conflittuale come costante e invece coloro che lo considerano un evolversi verso una ben determinata società (per esempio i marxisti). 5. I MODELLI DI COMPORTAMENTO I modelli di comportamento sono forme istituzionalizzate dell’agire sociale poste in essere dagli uomini in vista della soddisfazione dei bisogni. Per la soddisfazione dei propri bisogni l’individuo è condizionato dal contesto sociale che gli fornisce i mezzi che sono idonei e legittimi. Solo questi sono utili per la soddisfazione dei propri bisogni, essi possono essere oggetti, immagini, comportamenti e forme istituzionali. A questi viene attribuito un certo valore. Il sistema di bisogni nel momento in cui stimola la persona gli fornisce le forme istituzionalizzate di comportamento tramite una gerarchia di valori nei quali esso si traduce. Bisogno/valore è una relazione di reciproca e dinamica interdipendenza; cioè se cambiano i valori cambiano i bisogni e viceversa. Quindi possiamo dire che in un certo ambiente sociale (clima psicologico + fatti sociali) il comportamento degli individui, per la soddisfazione dei bisogni, tende ad essere simile, cioè a seguire dei modelli, che sono già presenti nell’ambiente e si conservano grazie alla loro ripetizione. Non bisogna pensare, però, che l’agire degli individui sia sempre conforme, infatti, pur se tendono a comportarsi secondo modelli di riferimento, li interiorizzano personalizzandoli. Persona sociale e modelli di comportamento sono due concetti paralleli e sono legati da un rapporto di interdipendenza, cioè si condizionano a vicenda: Persona sociale Modelli di comportamento unità fondamentale unità fondamentale non scomponibile non scomponibile della società dei ruoli LEGGE DEL RISULTATO L’individuo di volta in volta dalla correlazione tentativo/errore e tentativo/successo, apprende, pratica e tende a riprodurre quei comportamenti dai quali è prevedibile attendersi una ricompensa. La ripetizione del comportamento porta al rafforzamento dell’azione già in atto, questo fenomeno può portare a due conseguenze: 1. La prima è positiva e consiste nell’alleggerimento psicologico dell’agire, cioè, comporta una minore responsabilità per il soggetto; 2. La seconda è negativa perché, occultando la motivazione originaria dell’agire, tende a privarlo di significato, perciò facilmente aggredibile da atteggiamenti devianti. Per il sociologo non tutti i comportamenti sono interessanti, ma solo quelli NOMOTETICI, cioè comuni a molti individui, che ci permettono di costruire generalizzazioni e leggi di tendenza. È importante anche che abbiano significato sociale o RILEVANZA; essa è data dai seguenti fattori: Diffusione Obbligatorietà Valore sociale (cioè il posto occupato dal bisogno che quel comportamento soddisfa) Intensità Secondo con quanta intensità vengono seguite le norme di comportamento esse si distinguono in: COSTUMI: sono tutte le norme regolatrici e di controllo di una società. Prevedono le seguenti caratteristiche: immedesimazione, origine comunitaria, appartenenza alla tradizione, sostenuti da ampio consenso ma anche da un certo grado di costrizione. USI: sono norme di comportamento diffuse soprattutto in piccole comunità, sono manifestazioni consolidate dalla ripetizione ma non molto interiorizzate, il vincolo di obbligatorietà è quasi inesistente. ABITUDINI SOCIALI: non hanno un vincolo di obbligatorietà, tuttavia a volte l’osservanza di alcune abitudini può essere resa costrittiva attraverso il diritto consuetudinario. MODA: è un sistema normativo che nella società industriale ha affiancato i costumi. La moda comprende il modo di vestire, gli usi, il linguaggio, lo stile di vita e il modo di passare il tempo libero. Il fatto che nella società moderna la moda abbia acquistato tanta importanza è da attribuirsi alla progressiva esteriorizzazione dell’uomo moderno (società dell’immagine) processo nel quale il sistema dei mezzi di comunicazione di massa ha avuto un grosso peso. La moda esercita un controllo sociale indiretto, infatti, pur essendo molto meno interiorizzata rispetto ai costumi e pur mutando molto più velocemente di essi, è però molto più estesa e diffusa tra la popolazione. L’intensità con la quale vengono eseguite le norme di comportamento può variare in relazione a tre variabili: il tempo, lo spazio fisico e lo spazio sociale. Il variare dell’intensità porta il conflitto e la devianza. 6. RUOLI Il ruolo è l’insieme dei comportamenti correlati e istituzionalizzati che una cultura offre all’individuo in quanto forme capaci di soddisfare i bisogni. Al ruolo la cultura specifica dà significato e contenuto. Il personaggio che l’individuo indossa quando deve interagire con il suo gruppo è il ruolo. Ognuno di noi interpreta più ruoli (padre, figlio, datore di lavoro, dipendente, ecc.) ed è la persona sociale che con il suo agire crea e rafforza il sistema dei ruoli, infatti, il ruolo non è mai completamente subito dalla persona così come non è mai completamente inventato da essa. Man mano che socializza l’individuo apprende il proprio ruolo e impara a rappresentarlo, il ruolo diventa, quindi, parte integrante della sua personalità. Il concetto di ruolo ha permesso di collegare l’analisi strutturale con la componente individuale. Ruolo e Status sono due concetti paralleli, però il primo è dinamico ed il secondo è statico. Lo status è una variabile indipendente, mentre il ruolo è una variabile dipendente appunto dallo status. Grazie ai due la persona e la società entrano in contatto e nasce l’homo sociologicus. Il ruolo comunque non è un meccanismo di comportamento fisso e rigido, anzi è flessibile infatti l’aspettativa delle persone con cui si interagisce non ha carattere costrittivo. Soprattutto con il moltiplicarsi dei ruoli (società moderna) tutti si trovano prima o poi in conflitto con uno dei propri ruoli, l’importante è soddisfare alcuni comportamenti essenziali del proprio ruolo: Comportamenti necessari es. per uno studente essere iscritto Comportamenti permessi es. appartenere ad associazioni studentesche Comportamenti vietati es. non pagare le tasse universitarie Tra individuo e ruolo c’è una reciproca influenza, infatti, l’individuo non è la somma dei suoi ruoli, ma tende ad interpretarli, portando la propria esperienza, gli atteggiamenti e le tendenze della vita individuale introducendo nei ruoli modificazioni particolari costruite sui bisogni emergenti. Come gli status anche i ruoli si dividono in attribuiti (involontari) e acquisiti (volontari). Il fatto che ogni individuo si trovi a dover rappresentare più ruoli contemporaneamente, cercando di mantenere la propria coerenza, porta al CONFLITTO TRA RUOLI o pendolarità o perdita di identità. Il conflitto tra ruoli è la difficoltà dell’individuo a rappresentare i suoi diversi ruoli mantenendo la propria coerenza individuale. Nella complessità strutturale della società moderna il conflitto tra ruoli è frequente e spesso si arriva a scissioni della personalità, quindi, a seri disturbi psichici. Goffman dice: “l’uomo contemporaneo di fronte al conflitto tra ruoli tende a prendere le distanze dal ruolo, così facendo impara a gestire in forma strategica una molteplicità simultanea di sé che gli permette la rappresentazione di ruoli contraddittori”. Con questo atteggiamento flessibile l’individuo preserva l’unità della propria personalità e padroneggia una situazione conflittuale che altrimenti lo lacererebbe. IL RUOLO CHIAVE si ricava in relazione alla sua funzione e ai gruppi principali di cui è partecipe. Per individuarlo bisogna riferirsi ai valori dominanti e all’istituzione centrale di una cultura. IL RUOLO GLOBALE invece è la somma di tutti i ruoli. Per SEQUENZA DI RUOLI invece si indica la successione di ruoli relativi allo stesso individuo secondo una linea evolutiva (es. bambino, ragazzo, adulto, anziano oppure apprendista, operaio, capomastro). 7. ISTITUZIONI Un’istituzione è la struttura relativamente stabile che si compone di modelli di comportamento, ruoli, rapporti sociali realizzati dagli individui in forma tipica, unitaria, vincolante per la soddisfazione dei bisogni sociali fondamentali. La convivenza è possibile solo in quanto si stabiliscono regole comuni, che ciascuno intende rispettare, si pongono dei limiti all’agire individuale si adottano convenzioni che stabilizzano i rapporti di interazione. Gli individui, quindi, preferiscono ridurre la propria libertà, che sarebbe teoricamente illimitata, pur di avere la stabilità, le condizioni, i mezzi e le premesse, che permettono la soddisfazione dei bisogni comuni. Le istituzioni si producono attraverso lo stabilizzarsi di comportamenti e rapporti di interazione orientati ad un fine comune e si riproducono e rafforzano attraverso l’applicazione e l’osservanza delle norme. Le caratteristiche indispensabili delle Istituzioni sono: Lo scopo è il soddisfacimento dei bisogni sociali Si compongono di forme complesse di comportamenti attraverso le quali gli individui regolano le questioni importanti Sono strutture stabili Le parti di un’istituzione si adattano e rafforzano reciprocamente Ogni istituzione è un’unità separata dalle altre Fa riferimento a valori e contiene valori Secondo Max Weber l’istituzione è qualcosa alla quale si è sottoposti e non alla quale si appartiene, tuttavia l’individuo, pur riconoscendo la necessità delle certezze e delle garanzie fornite dalle Istituzioni, tende a conservare l’autonomia della propria individualità, la tensione o il conflitto che si crea tra individuo ed istituzione sociale genera il processo di MUTAMENTO. Secondo il grado di coesione (o di conflitto) tra individuo ed istituzione la società oscilla tra stabilità e mutamento. ISTITUZIONE E MUTAMENTO Dato che le istituzioni sono le risposte ai bisogni e che i bisogni cambiano d’intensità e di forma e richiedono mezzi e gradi di soddisfazione diversi, anche le istituzioni sono soggette a mutamento. Mutamento interno: si ha quando c’è un conflitto normativo, cioè tra l’apparato normativo (regole, norme, come dovrebbe essere) e l’apparato normativo latente, il quale non è codificato ma viene introdotto di fatto nell’organizzazione e rafforzato dalla pratica (come di fatto è). Quando i due apparati entrano in contrapposizione si ha il conflitto normativo che avviene negli spazi marginali e che può generare, regolare o anche frenare il mutamento. Quando c’è una profonda interiorizzazione dei valori si verifica una situazione di resistenza al mutamento, e si entra quindi nella fase di crisi; in una situazione del genere non si va ne avanti ne indietro perché la maggiore preoccupazione di tutti è la sopravvivenza perciò la conservazione dello status quo. Mutamento esterno: si sviluppa in due fasi: 1. Decompressione rivoluzionaria, cioè la manifestazione immediata e violenta in cui vengono fuori tutti gli istinti, tendenze e bisogni che le istituzioni non tengono sotto controllo. 2. Deistituzzionalizzazione, questa fase è più lenta, coinvolge i valori rappresentati dall’istituzione in mutamento, il consenso è precario, produce insicurezza del comportamento. Le funzioni delle istituzioni sono: In relazione all’individuo: forniscono gli schemi di comportamento necessari rispetto a un dato sistema di bisogni, offrono schemi di rapporti sociali e ruoli, rappresentano la difesa giuridica. In relazione alla cultura: sono fattori di coordinamento e stabilità, sottopongono il comportamento del singolo al controllo sociale. In relazione ai gruppi, esaltano il consenso e la coesione del gruppo, canalizzano il conflitto (aspetti positivi), frenano il mutamento sociale, impediscono alla personalità del singolo di svilupparsi liberamente e totalmente, indeboliscono il senso di responsabilità, iniziativa ed inventiva (aspetti negativi). SCHEMA DI MALINOWSKI: sviluppa una gerarchia di bisogni e di istituzioni. Per lui ogni istituzione soddisfa parecchi, e ogni bisogno trova la sua soddisfazione in parecchie istituzioni. I bisogni fondamentali e vitali sono rappresentati dalle istituzioni primarie, le quali producono a loro volta altri bisogni che si soddisfano attraverso le istituzioni secondarie. CRITICA A MALINOWSKI: non considera abbastanza il soggetto, inoltre l’utilizzazione dell’apparato istituzionale è proporzionale alla posizione sociale dell’individuo. Perciò per gli strati più bassi la possibilità di soddisfare i bisogni si arresta ai primi livelli. Infine l’analisi di Malinowski lascia fuori anche l’aspetto psicologico del rapporto individuo/istituzioni. ISTITUZIONI PRINCIPALI Corrispondono alle funzioni vitali della vita collettiva: Istituzione familiare Istituzione scolastica Istituzione economica Istituzione politica Istituzione religiosa Istituzione del tempo libero e dello svago (mass media) Istituzioni e gruppi sono due concetti paralleli ma non equivalenti, le istituzioni regolano il gruppo, il gruppo, invece, da vita alla istituzione. Rispetto alla cultura invece le istituzioni si collocano in un determinato ordine gerarchico, dettato dai valori dominanti di una cultura. Se una persona che occupa nella società le posizioni più elevate riceve il maggior prestigio dall’istituzione economica, significa che i valori dominanti pro tempore di quella cultura sono i valori economici. Esiste, quindi, un’istituzione centrale, verso la quale tutte le altre saranno orientate. CRITICA: senza dubbio l’analisi istituzionale permette di cogliere l’aspetto strutturale ed organizzativo dei rapporti sociali che protrattosi nel tempo si è trasformato in forme stabili autosufficienti, ma esclude il ritmo e l’andamento della vita collettiva che esiste grazie alle contraddizioni della vita individuale, la quale non si pone affatto in un rapporto costante e tipico con le forme sociali. 8. CULTURA Secondo Ferrero, la paura dell’uomo nei confronti della natura, che la vede minacciosa, dell’altro, che lo vede come nemico, del futuro, che lo vede come angoscia, lo spinge allo sforzo di costruire artificialmente una condizione di stabilità e sicurezza. Ciò che legittima il suo tentativo è la convinzione di essere superiore, ma appunto è un tentativo, infatti, la cultura si sforza di circoscrivere l’uomo, di produrre il sociale in schemi ordinati di convivenza, ma si basa su dei valori e verso bisogni che mutano, perciò la socialità non riesce ad essere inclusa in una forma culturale e la natura finisce per prevalere. Secondo Freud l’uomo ha barattato parte della sua felicità per un po’ di sicurezza. La cultura è l’insieme di conoscenze, di credenze, arte, morale, costumi e ogni altra capacità e abitudini acquisite dall’uomo come membro della società. La cultura ha una dimensione formale (comportamenti) e una simbolica (simboli e valori). La cultura ideale è espressa in manifestazioni scritte o verbali è ciò che gli individui dovrebbero fare o credere. La cultura reale, invece, è ciò che realmente la gente fa o crede. CAMPO CULTURALE è il territorio entro il quale la cultura si manifesta. TRATTO CULTURALE (o particolarità) è il singolo elemento che può essere un simbolo come un gesto o un utensile che viene individuato in un contesto culturale a scopo di analisi. COMPLESSO CULTURALE è l’insieme dei tratti culturali orientati su una funzione sociale istituzionalizzata. La cultura svolge le seguenti funzioni: È l’elemento distintivo e caratteristico delle diverse società Detiene ed ordina i valori di una società È l’elemento di coesione Fissa il comportamento sociale e lo coordina Pone un fine Contiene il concetto di società ideale al quale tendere Determina la personalità sociale LE TRASFORMAZIONI CULTURALI: Parallelismo culturale (due culture completamente diverse vengono a sviluppare lo stesso elemento culturale, per esempio una scoperta scientifica). Diffusione Scissione Convergenza (da due o più culture nasce una nuova e diversa cultura) LA TRADIZIONE rappresenta lo spessore storico della cultura, è la forma di interiorizzazione che fissa i contenuti della cultura e crea le premesse al processo di identificazione che garantisce la stabilità (“si è sempre fatto così”). DINAMICA SOCIALE I PROCESSI SOCIALI sono il susseguirsi nel tempo di molteplici azioni fra loro correlate di soggetti diversi, oppure il susseguirsi di avvenimenti fra loro connessi che determinano un certo risultato o modificano la situazione data. Alcuni processi ripetono situazioni precedenti, altri producono situazioni in tutto o in parte nuove. I processi si possono differenziare secondo tre criteri. Per l’aspetto formale: INTERAZIONE SCAMBIO COMUNICAZIONE Per l’aspetto idealtipico: CONFLITTO CONSENSO Per l’aspetto degli effetti: Riproduttivi Cumulativi Trasformativi L’INTERAZIONE è una reciproca influenza del comportamento da parte di individui o gruppi. L’interazione simbolica è quando l’agire si fonda su simboli generalmente riconosciuti da entrambi i partners con medesimo significato. L’interazione laterale si svolge tra membri di uno stesso strato sociale o livello di organizzazione. L’interazione scalare presuppone l’esistenza di un rapporto gerarchico. L’interazione circolare c’è quando le reazioni di tutti i singoli soggetti si rafforzano reciprocamente al comportamento degli altri. La sempre crescente frequenza dei rapporti di interazione porta ad una minore intensità e infine ad un comportamento passivo. Uno dei modelli di rappresentazione dei processi di interazione è la TEORIA dei GIOCHI di Tucker: “l’osservazione parte dal comportamento ottimale di chi gioca di strategia, per i quali il risultato migliore è determinato, non soltanto dall’azione del soggetto ma anche dall’azione degli altri partecipanti.” Per fare un esempio possiamo considerare il cosiddetto DILEMMA DEL PRIGIONIERO: Un giudice decide di infliggere una pena a due complici di uno stesso reato di 5 anni ciascuno se entrambi confessano, di due anni ciascuno se nessuno dei due confessa e di 10 anni a chi dei due non avesse confessato. LO SCAMBIO è un tipo di interazione privilegiato fondato sulla quantità, la convenzione l’uguaglianza. Lo scambio però riduce l’interazione allo schema di dare e avere. LA COMUNICAZIONE secondo Lasswell è definibile rispondendo alle seguenti domande: chi dice, che cosa, a chi, attraverso quale canale e con quali effetti. La comunicazione è misurabile secondo tre grandezze; lo spazio, che può essere interno o esterno, il tempo o durata, la popolazione cioè le persone che sono racchiuse nello spazio e colpite dal tempo e decidono che significato devono avere spazio e tempo volta per volta nella comunicazione. I mezzi di comunicazione possono essere: Primari: elementare contatto umano (riso, pianto, gesti) Secondari: è necessario l’uso di uno strumento da parte di chi trasmette il messaggio (disegno, lettera, maschera, giornale, libro) Terziari: e necessario l’uso di uno strumento sia per la trasmissione sia per la ricezione (telegrafo, telefono, radio, tv, internet) Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione ha portato alla comunicazione di massa, che si differenzia dalla primaria sia perché è un tipo di interazione scalare sia perché raggiunge un grosso pubblico. Di questo fenomeno sono oggetto di studio e di numerose ricerche, gli effetti (teorie delle comunicazioni di massa). Sicuramente le comunicazioni di massa legittimano e conferiscono lo status, inoltre svolgono un’importante funzione integratrice, infatti, denunciano situazioni in contrasto con i valori pubblicamente riconosciuti. Però è anche vero che i mezzi di comunicazione di massa alimentano il conformismo e rendono politicamente apatici e inerti, quindi favoriscono lo status quo. Si è mediamente più informati sulla politica ma mediamente meno impegnati. Per quanto riguarda gli aspetti idealtipico (consenso e conflitto) distinguiamo i processi sociali in due tipi di processi: I PROCESSI CONGIUNTIVI: il consenso L’INTEGRAZIONE cioè l’identificazione con i valori e i fini comuni ad altri individui, rinuncia alla piena libertà della propria individualità e la sottomissione alle norme della vita di gruppo. L’integrazione è richiesta sia dall’individuo che cerca certezze sia dal gruppo che trova in essa le ragioni della sua efficienza. Il gruppo in caso di minaccia si rinchiude e aumenta la coesione anche accentuando il pericolo. LA COOPERAZIONE rappresenta la collaborazione di due o più individui per il conseguimento di un fine comune. È la forma più frequente di rapporto sociale e anche la premessa essenziale per la conservazione e la continuità dei gruppi e della società. Si fonda sulla reciprocità. L’ADATTAMENTO gli uomini si sforzano di cooperare ma quando la cooperazione non è possibile si arriva all’adattamento che è quel processo sociale in cui due o più persone o gruppi entrano in rapporto di interazione per evitare conflitti, eliminarli od attenuarli. I PROCESSI DISGIUNTIVI: il conflitto È un tipo di interazione fra persone o gruppi, nel quale ciascuna parte cerca di assoggettare l’altra alla propria volontà, di infrangere la sua opposizione, di escluderla dal godimento di un bene o di modificare la situazione nel senso da lei voluto. È un elemento strutturale di ogni società e può venire eliminato solo temporaneamente attraverso mutamenti strutturali. Però non va considerato negazione della società ma casomai il tentativo di affermare una nuova società. L’OSTRUZIONISMO: è un processo sociale, nel quale ciascun partners cerca di impedire agli altri di conseguire un determinato fine, indipendentemente dal fatto che egli stesso tenda o no a conferire quel fine. Può coesistere con la cooperazione, infatti, un esempio sono le due diverse correnti di uno stesso partito. L’ostruzionismo è socialmente poco rilevante se rimane su un piano personale, è invece, importante se si presenta in forma organizzata. LA CONCORRENZA: è un processo sociale in cui due o più partners tendono a raggiungere lo stesso fine impedendo all’altro di farlo. Nella sua evoluzione il processo di concorrenza si svolge in forma pacifica ed è regolato più rigidamente degli altri processi disgiuntivi. Esso ha come effetti l’aumento del legame sociale e della reciproca dipendenza perché tutto sommato è una situazione capace di creare tensioni creative all’interno della società ed è inevitabile che ci siano forme di solidarietà. Esistono molte difficoltà per i sociologi nello studio dei processi sociali. Infatti nessuno dei tratti processuali finora descritti riesce a rappresentare la realtà in quanto non puri. Un’altra difficoltà è che gruppi e persone che danno vita ad un processo sociale congiuntivo possono al tempo stesso avviarne uno disgiuntivo (per esempio cooperazione ed ostruzionismo). Infine la cultura definisce e limita ogni processo ed è quindi alla cultura specifica che lo studioso deve fare riferimento. LA DINAMICA DEI VALORI I VALORI sono quei criteri, presentati come oggetti, attraverso i quali i gruppi e le società giudicano la rilevanza di persone, comportamenti, fini sociali e altri oggetti socio-culturali o avvenimenti. I valori sono ordinati in scala gerarchica e secondo la gerarchia si distribuiscono gli individui nello spazio sociale, si determina il loro status, ruolo e rapporti sociali e vengono valutati i comportamenti, gli oggetti che compongono la cultura. Possiamo classificarli per: Carattere vincolante: dai più moralmente vincolanti e più interiorizzati a quelli ripetitivi solo per tradizione. Efficacia: cioè l’incidenza nella vita collettiva e nel funzionamento della società. Funzione istituzionale: l’incidenza dei valori collegati con dei comportamenti che semplifica il funzionamento di un’istituzione. Le funzioni dei valori sono molteplici, innanzitutto offrono un quadro di riferimento per identificare la posizione sociale e l’intera stratificazione sociale, indirizzano l’attenzione su tutto ciò che è idoneo e desiderabile per la soddisfazione dei bisogni; inoltre indirizzano nella scelta del ruolo e sono fondamentali per la coesione e per il controllo sociale. I CONFLITTI DI VALORE si verificano quando nuovi valori emergono in una situazione in cui si allenta l’integrazione sociale, gruppi diversi entrano in conflitto per affermare i propri valori. MOBILITA’ SOCIALE L’individuo ha un rapporto dinamico con lo spazio, sia fisico che sociale sia simbolico. È l’individuo che crea il modo di essere dello spazio ed è lui stesso a subirlo. La tensione tra creazione e assoggettamento fa si che sia lo spazio fisico, sociale e simbolico non esistano come contenitore; sono possibili quindi fenomeni di mobilità. Mobilità nello spazio sociale: DI STATUS. Mobilità sociale di una persona, gruppo o di un intero strato da una posizione sociale ad un’altra. Può essere mobilità orizzontale o verticale o intragenerazionale. La possibilità di mobilità sociale ci indica se è statica o dinamica la persona il gruppo o la situazione. La frequenza invece ci indica quanto è dinamica. DEI RUOLI. Mobilità sociale di una persona attraverso tutti i ruoli che deve rappresentare è necessario però che i vari comportamenti siano ben codificati e coordinati per evitare conflitti e contraddizioni fra opposte aspettative che convergono su una persona. Il fenomeno di mobilità dei ruoli è direttamente proporzionale al livello di socializzazione. NELLO SPAZIO SIMBOLICO. Spostamento di elementi culturali da un universo simbolico ad un altro. Secondo Sorokin se le culture sono troppo diverse l’elemento culturale non penetra affatto, se simili rimane uguale, infine se le due culture sono diverse ma non eccessivamente l’elemento penetra ma muta. Se la mobilità sociale è “aperta”, cioè totale, rimette continuamente in discussione l’assetto di dominio esistente, porterebbe quindi ad una continua “circolazione di elites”. Ma naturalmente alla tendenza alla mobilità si oppone la tendenza alla stabilità. Esistono meccanismi di chiusura che appunto si oppongono ad una eccessiva mobilità, essi sono: la manipolazione, la professionalizzazione e la sindacalizzazione. I CANALI DI MOBILITA’ sono Formazione scolastica Professione Proprietà Politica Mass media CONTROLLO SOCIALE Solo la stabilità e la sicurezza dell’organizzazione rendono possibile l’estendersi dei processi di interazione e il perseguimento dei fini collettivi. Il controllo sociale è un’attività molto costosa ma tutto il gruppo ci si impegna perché da essa dipende l’ordine sociale. Il controllo sociale può essere di vari tipi. COSTRITTIVO basato sulla paura INCENTIVO basato sulla persuasione DI MANIPOLAZIONE ottenere consenso sull’immagine distorta della realtà. DI DISTRAZIONE attirare l’attenzione su avvenimenti o problemi secondari. FORMALE è codificato e garantito da leggi e sanzioni INFORMALE è più efficace non esprimendosi in norme, si esercita soprattutto influenzando i rapporti primari: derisione, disonore, emarginazione. I CANALI DI CONTROLLO SONO La moda I mass media Il tempo Il denaro Oggi il controllo sociale è più esteso ma anche più superficiale, basato cioè sull’esteriorità dell’individuo. Al controllo sociale si oppone un’altra esigenza sempre presente ed altrettanto forte: L’INNOVAZIONE. CONTROLLO SOCIALE INNOVAZIONE Assicura la stabilità e la sicurezza È il risultato dello stimolo alla dell’organizzazione sociale produzione continua di società, l’uomo è teso a migliorare la sua condizione sia sociale che naturale Il controllo sociale può essere più o meno elastico secondo quanto margine lascia all’innovazione all’interno delle istituzioni, infatti convenzionalmente si chiama “punto di devianza” quel punto oltre al quale i comportamenti non conformi vengono puniti dal gruppo, prima di quel punto i comportamenti sono comunque accettati anche se possono essere più o meno stimati. INTEGRAZIONE----------------------------------------------------*---------------ANOMIA Punto di devianza La DEVIANZA, cioè il comportamento che viola le norme, può fino ad un certo punto rafforzare la norma e accrescere la coesione, ma oltre un certo limite porta al declino della norma. Anche quando non porta ad un rinnovamento normativo il comportamento deviante costringe il gruppo a rivedere in continuazione il proprio sistema di valori. Secondo Merton, la devianza funzionale è un tipo di comportamento dovuto a talune strutture che esercitano una pressione tanto forte da indurre ad una condotta tanto più non conformista. Le motivazioni del comportamento deviante non sono spiegabili ma è possibile individuare alcuni diversi atteggiamenti nei confronti delle norme: Atteggiamento innovativo: chi approva i fini ma non i mezzi Atteggiamento ritualista: chi non approva i fini ma ripete i comportamenti Atteggiamento di rinuncia: chi non approva i fini e neanche i mezzi e vive in emarginazione senza proporre nuove soluzioni Atteggiamento di ribellione: chi non approva i fini, né i mezzi, né i valori e propone una società del tutto nuova. ANOMIA 1° interpretazione Per Durkheim è una condizione sociale e non un comportamento individuale, di assenza totale di norme. Faceva riferimento alla condizione economica del 1600. 2° interpretazione Durkheim con “le Suicide” riferisce lo stato di anomia alla personalità dell’individuo ad una situazione psicologica soggettiva condizionata dalla situazione del sistema sociale. 3° interpretazione Per Merton è una condizione mentale condizionata dal sistema. IL MUTAMENTO Continuità e Mutamento sono fenomeni complementari, entrambi sempre presenti in ogni società, prevale ora l’uno ora l’altro alternativamente senza che l’altro venga escluso. Simmel considera il mutamento una serie di stadi successivi che coincidono con la struttura e con il processo. Per Compte il mutamento è a ciclo chiuso in quanto vede un inizio ed una fine (fase teologica, fase metafisica, fase positiva). Spencer propone invece la teoria a ciclo aperto rifacendosi all’evoluzionismo di Darwin. Marx considera il mutamento attraverso il concetto di lotta di classe, vede l’inizio di ogni epoca con l’istituzionalizzarsi di una classe dominante su una classe non organizzata di individui sottomessi. In seguito, la massa oppressa si organizza e diventa classe in senso pieno, coscienza dei propri interessi (coscienza di classe). La critica che si muove a Marx è che questa teoria non considera parte del processo. Per Durkheim il mutamento è un elemento strutturale che coesiste con gli altri elementi strutturali integrativi. Per Pareto il mutamento è il risultato delle variazioni dell’equilibrio che si accompagna al processo di circolazione dell’elites. Per Weber l’ordine sociale è il prodotto di associazioni di dominio ierocratiche e statali, in ogni tipo di dominio esitono energie centrifughe che possono trasformarsi o in tradizionalismo o in mutamento. Il modello strutturalista del mutamento individua i fattori di mutamento potenziale che sono: L’emergere di nuovi bisogni Il malessere della vita quotidiana Livello di interiorizzazione dei valori Le aspettative crescenti La disponibilità dell’individuo all’innovazione Le fasi in cui si struttura il mutamento sono sei, la prima prevede una struttura di base in cui il potenziale di mutamento sia in crescita, dopo di che c’è il precipitare di fenomeni di mutamento (seconda), i quali se sono solo a livello personale non progrediscono e perciò non si ha un vero mutamento. Se, invece, diventano un fatto pubblico vengono filtrati dalla struttura (terza), la quale può respingerli o adottarli (quarta). In quest’ultimo caso ci sarà la diffusione del mutamento, che potrà avvenire solo in maniera formale, oppure, anche in maniera sostanziale. Le ultime due fasi sono di compensazione ed amplificazione, cioè, accomodamento al mutamento, ed infine l’innovazione, cioè la trasformazione della struttura. Non tutti i mutamenti sono uguali ed hanno la stessa origine, il mutamento FISIOLOGICO avviene all’interno della struttura come fenomeno tipico di ogni forma di associazione, e non modifica sostanzialmente la gerarchia dei valori. Invece, quello ATIPICO porta all’innovazione. AUTORI Periodo frammentario 1700-1800 MENDEVILLE MONTESQUIEU SMITH MILLAR GARVE BURKE BERNARVE Periodo sistematico 1800-1890 SAINT SIMON COMPTE DARWIN SPENCER = Positivismo MARX ENGELS = Marxismo TOCQUEVILLE TAINE = Storiografico La crisi 1890 NIETZSCHE FREUD Novecento LE BON TARDE SIMMEL TONENIES COOLEY MEAD = corrente socio psicologica formale GOFFMAN GARFINKEL HELLER MAFFESSOLI ELIAS ALBERONI = sociologia del quotidiano DURKHEIM PARSON MERTON = neopositivismo, funzionalismo GALLINO ACQUAVIVA LORENZ = sociobiologia WEBER SCUTZ TOURAINE GIDDENS ARDIGO’ = metodologia e teoria dell’azione VEBLEN SOMBART SHUMPETER HORKEIMER LUKACS ADORNO MARCUSE FROMM HABERMAS BAUDRILLARD FERRAROTTI MOSCA PARETO MICHELS FERRERO MILLS = Liberal determinista = economicista = Scuola di Francoforte (teoria critica) = Elitisti FREUND DAHRENDORF