COMUNICATO 26 I virus giganti dell’oceano raccontati da Jean-Michel Claverie Giovedì 29 ottobre, nella Sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale, Jean-Michel Claverie, direttore dell'Istituto di Microbiologia del Mediterraneo CNRS e professore di Genomica e Bioinformatica alla facoltà di Medicina dell'Università del Mediterraneo a Marsiglia, ha fatto il punto sulle ultime rivoluzionarie scoperte sui virus, esseri da sempre considerati al confine tra la vita e la non-vita. Davanti a un gran numero di giovani, il ricercatore francese ha ripercorso la storia dello studio dei virus, dalla prima scoperta all’identificazione dei virus giganti, per poi proporre un nuovo approccio al loro studio. “Il termine Virus – ha raccontato Claverie – deriva dal Sanscrito e, ben prima di indicare gli oggetti delle mie ricerche, indicava qualcosa di sgradevole o velenoso”. La loro scoperta è piuttosto recente, perché le dimensioni estremamente ridotte, tra gli 0,02 e gli 0,2 µm (un millesimo di millimetro), non ne permettevano l’identificazione: solo con l’arrivo dei primi microscopi elettronici fu possibile osservarli. Inizialmente, furono considerati complessi proteici non vivi e tuttora, prosegue Claverie, la polemica persiste, e alcuni esponenti della comunità scientifica continuano a considerarli strutture subcellulari. Come spesso accade con scoperte scientifiche fondamentali, racconta Claverie, anche quella dei virus giganti, detti Mimivirus, è stata casuale: indagando sull’origine di un’epidemia di legionella in un ospedale inglese, un gruppo di ricercatori si imbatté in alcune amebe infettate da un parassita. Solo un decennio dopo ci si rese conto che non si trattava di batteri ma di virus molto grandi (75 µm) che vennero appunto chiamati Mimivirus, perché imitano il comportamento dei microbi. “Il virus gigante è estremamente insolito e con i suoi circa 1000 geni è il primo virus identificato con un corredo genetico più complesso di quello dei batteri. Anche il suo comportamento è insolito, perché una volta all’interno dell’ameba dà luogo a una struttura complessa, una ‘fabbrica’ in cui si riproduce”. Claverie prosegue proponendo una provocatoria analisi: “come lo spermatozoo, che trasporta con sé basi e geni ma non rappresenta l’organismo a cui darà vita, così il Mimivirus potrebbe rappresentare solamente l’informazione che poi esprime all’interno dell’organismo che infetta. Una cellula nella cellula”. E conclude sottolineando l’importanza ecologica dei molti virus simili al Mimi e le varie missioni per la ricerca di nuovi virus. “Negli oceani esistono grandi quantità di microrganismi unicellulari che periodicamente si accumulano in grandi fioriture visibili addirittura dallo spazio e, quando poi muoiono, precipitano sul fondo degli oceani. Questi organismi sono fondamentali nei cicli del carbonio e dell’ossigeno, i costituenti fondamentali del loro involucro, perché quando i loro gusci si depositano sui fondali ne eliminano grandi quantità che si fissano formando rocce sedimentarie”. Fino alla scoperta dei primi virus giganti, non erano ancora chiari i meccanismi che governavano il comportamento dei microrganismi marini; oggi, afferma Claverie, sappiamo che questi tipi di virus ne regolano i cicli vitali. Tara Oceans, racconta, è una spedizione finanziata da sette nazioni europee partita da poco più di un mese con lo scopo di studiare la biodiversità marina e comprenderne l’importanza nei cambiamenti climatici. “Durante la missione, che solcherà i mari di tutto il mondo, preleveremo campioni d’acqua alle varie profondità alla ricerca dei microrganismi che li popolano, e stimiamo di trovare oltre 1 milione di nuovi organismi”. Giovedì, 29 ottobre 2009