Nicola Melloni - Circolo Che Guevara

Il fallimento del piano di
salvataggio della Grecia
Nicola Melloni
Il fallimento del piano di salvataggio della Grecia è ormai sotto gli occhi di
tutti. Eravamo stati facili profeti quando dicevamo che l'austerity ed i tagli
non avrebbero salvato Atene e che i problemi si sarebbero solamente
ripresentati poco tempo dopo, in forma ancor più grave. Ora anche il
commissario europeo greco Maria Damanaki parla apertamente della
possibile uscita del suo paese dall'euro. Ed i mercati internazionali danno
per scontato il default greco, richiedendo tassi di interesse che ormai
hanno toccato il 25% sul debito pubblico a due anni. L'Europa si trova
davanti al dilemma su cosa fare. Soprattutto in Germania l'opinione
pubblica sembra decisamente contraria a fornire ulteriori aiuti
all'economia greca. Si tratta però di una idea distorta di quello che sta
succedendo. I soldi tedeschi dati alla Grecia non servono per salvare i
lavoratori greci o a far riprendere l'economia ellenica, ma per impedire
l'insolvibilità dello Stato greco, il cui debito è detenuto dalle grandi banche
europee, soprattutto tedesche. Si tratta, a onor del vero, di uno schema
già visto in passato. Gli interventi del Fmi negli anni 90, in Messico, Asia e
Russia erano soprattutto mirati ad evitare che le crisi finanziarie dei paesi
in via di sviluppo si trasformassero in crisi bancarie in Occidente, con gli
istituti finanziari sovraesposti nei mercati emergenti. Ora lo schema si sta
ripetendo in Grecia, per salvare le banche tedesche ed europee.
Si tratta dunque in realtà di un altro bail-out, come già nel 2007-2008.
Per i governi europei è assolutamente impensabile lasciar fallire le grandi
banche, e con buone ragioni. Abbiamo visto cosa è successo sui mercati
internazionali per il fallimento di Lehman Brothers e la recessione globale
che ne è seguita. Ora l'Europa si trova in una situazione
fondamentalmente identica - non possiamo permettere il fallimento greco
perchè non abbiamo la minima idea di cosa potrebbe succedere alle
nostre banche e quali sarebbero le conseguenze per gli altri paesi europei
in difficoltà ed infine per l'intera area euro.
Il punto non è semplicemente che i governi europei sono in mano ad una
oligarchia finanziaria, anche se sicuramente i banchieri hanno un peso
politico assolutamente sproporzionato. La questione vera è che la finanza
così come si è andata trasformando negli ultimi 30 anni tiene in mano
l'intero sistema economico occidentale. Il fallimento bancario vuol dire
mettere a rischio i conti correnti dei cittadini, bloccare la produzione, e di
conseguenza licenziamenti e recessione. I liberisti classici chiedono ora
che si lasci fallire la Grecia, ed anche le banche, perchè solo attraverso il
fallimento il mercato corregge i suoi errori - anzi è proprio l'intervento
pubblico di salvataggio a rendere le cose più complicate. Cose simili si
dicevano prima di lasciar fallire Lehman, cose simili fece il Presidente
americano Hoover nel 1929. La realtà però è che le crisi economiche non
si risolvono semplicemente attraverso il fallimento e la "distruzione
creativa" di Schumpeteriana memoria. La "distruzione creativa" si applica
alle economie capitaliste in fase espansiva, ma le crisi hanno una
dinamica diversa, si avvitano su sè stesse, diminuisce la liquidità e la
volontà di investire, le imprese chiudono e licenziano i consumi si
abbassano disincentivando ulteriormente la produzione. Dal punto di vista
politico, inoltre, la crisi, come sappiamo, ha dei costi intollerabili.
Paradossalmente per la Grecia il fallimento potrebbe essere una svolta
positiva (nel medio periodo), ma le conseguenze per il resto dell'Europa
sarebbe fatali.
Bisogna dunque capire le ragioni profonde di questa crisi che vanno
cercate nella struttura istituzionale del capitalismo neo-liberale. E'
necessario innanzitutto intervenire sulle banche ed evitare che siano
troppo grandi per fallire e mettano sotto ricatto politica ed economia - una
riforma che era in cima all'agenda post-crisi ma che è stata invece presto
accantonata. Gli interventi dei governi occidentali non hanno risolto la
crisi ma solo trasferito il debito dal settore privato a quello pubblico, il cui
fallimento però si ripercuoterebbe nuovamente sul mercato bancario e da
quello sull'intera popolazione. Sostenere che basti la mano invisibile del
mercato a rimettere a posto le cose significa non vedere le conseguenze
generali del default. I governi occidentali, da Obama a quelli europei, si
sono fino ad ora impegnati solamente nel salvataggio delle banche,
cercando di rimettere a posto un meccanismo di crescita che si credeva
soltanto inceppato. La vera questione, invece, è cambiare radicalmente
un sistema che non può essere più aggiustato.
27/05/2011