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27, 28 Giugno Stadio Olimpico Roma
28 Giugno
Stadio Friuli Udine
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GIUGNO 2007
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EDITORIALE
04
a cura di
Ezio Guaitamacchi
From me to you
“Siamo stufi di essere i Beatles, stanchi di suonare per un
pubblico che non sente nulla di ciò che facciamo, che fatica
persino a vederci. Basta: abbiamo deciso che questa volta, in
tournée ci mandiamo il nostro disco…”.
Così parlava Paul McCartney, 40 anni fa, alla vigilia della pubblicazione di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, l’album
più importante della storia del rock. Ma anche quello più
complesso. Addirittura impossibile, asseriva allora George
Martin (il produttore dei Fab Four), da riprodurre su un
palco.
Oggi la situazione si è capovolta.
E il rock, complice la crisi del disco, è tornato a essere
(come alle sue origini, a metà degli anni 50) una forma di
espressione artistica capace di “cogliere l’attimo”, produrre
vibrazioni fortissime, emozioni intense, inimitabili.
Il palco è la quintessenza dello spirito rock.
Pensate a una qualsiasi delle grandi icone di questa musica e
la immaginate immediatamente “on stage”: Hendrix che brucia la chitarra a Monterey, Mick & Keith che si fronteggiano,
Jimmy Page che alza al cielo la sua Gibson SG a due manici,
Pete Townshend che salta, il Boss che crolla stremato, Cobain
che si getta tra la folla.
Suoni e visioni che oggi si riescono a godere benissimo.
Spesso, nei minimi particolari.
E se pure la musica non ha più la forza aggregativa e ideologica tipica degli anni 60 e 70, essa rimane pur sempre un
momento di formidabile unione di corpi e di anime.
Il concerto, per molti di noi, è un momento di festa.
Un evento da ricordare.
Ecco perché noi di On Stage proviamo a farvi trascorrere momenti lieti, interessanti e riflessivi in attesa del grande show.
Sperando altresì di essere conservati tra i ricordi più cari di
questa serata.
Interamente realizzato da ragazzi diplomati al “Master di
Giornalismo e Critica Musicale” (che dirigo da 5 anni presso il
CPM di Milano) On Stage è anche una straordinaria opportunità di vivere la musica dall’interno.
Senza perdere coinvolgimento, entusiasmo, passione.
Buon divertimento,
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#01 GIUGNO 2007
05
indice
08. ONSTAGE NEWS
10. ONSTAGE INTERVIEW
14. VASCO ROSSI
28. RED HOT CHILI PEPPERS
38. UPDATES
43. WHAT’S NEW
MAGAZINE
registrazione al Tribunale di Milano N° 362 del 01/06/2007
AREACONCERTI SSrll
Via Pietrasanta, 12 - 20141 Milano - tel 02.55231879
Direttore Responsabile Silvestro Rossi
Direttore Editoriale Ezio Guaitamacchi
Caporedattore Daniele Salomone
[email protected]
Redazione in collaborazione con
Master in Giornalismo e Critica Musicale
Centro Professione Musica
Via E. Reguzzoni, 15 - 20125 Milano
Hanno collaborato a questo numero
Samantha Colombo, Cristiana Paolini, Marco Rigamonti,
Francesco Rosati, Daniele Salomone, Davide Zucchi
Progetto graf ico Inedit Srl
[email protected]
www.ineditweb.com
Stampa Litosud Srl - Via Aldo Moro, 2 - 20060 Pessano con Bornago (Mi)
Distribuzione Areaconcerti Srl
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Pubblicità Areaconcerti Srl
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ON STAGE NEWS
notizie dal mondo
dei concerti
08
Partito il tour mondiale dei Police
Con il concerto di Vancouver dello scorso 29 Maggio è cominciato il tour mondiale
dei Police, l’evento live più atteso del 2007, che porterà la band a suonare in quattro continenti (America, Europa, Asia, Oceania). Davanti a 20.000 fan entusiasti, il
cantante e bassista Sting, il chitarrista Andy Summers e il batterista Stewart Copeland hanno rispolverato successi come “Message in a Bottle”, “Roxanne”, ed “Every
Breath you Take” che, a cavallo tra le fine degli anni ‘70 e i primi ’80 avevano fatto
dei Police una delle band più importanti del mondo.
Live Earth 07/07/07
Si avvicina l’appuntamento con il concerto planetario che, secondo un copione già
sperimentato con successo in occasione del “Live 8” di due anni fa, vedrà
esibirsi artisti di tutto il mondo sui sette palchi allestiti per l’occasione in
altrettante città (Londra, New York, Shangai, Tokio, Sidney, Rio de Janeiro,
Johannesbourg). Ventiquattrore di musica per sensibilizzare l’opinione pubblica sul
tema del surriscaldamento globale e spingere i governi ad agire. “Vogliamo mettere
assieme gente da ogni parte del globo per la lotta contro il cambiamento climatico”
ha dichiarato il fondatore degli show “Live Earth 07/07/07”, Kevin Wall, sul sito
della manifestazione. Il mega-evento è patrocinato da Al Gore, ex vicepresidente
democratico americano e acclamato autore del documentario ecologista An Inconvenient Truth (Una scomoda verità)
che, quest’anno, ha conquistato un Oscar. Manco a dirlo, i palchi più prestigiosi saranno quello di Wembley, lo storico
stadio di Londra, e del Giant Stadium, nel New Jersey, a due passi da New York City. Sul primo saliranno, fra gli altri,
artisti del calibro di Madonna, Duran Duran, Red Hot Chili Peppers e Genesis. Negli Stati Uniti si esibiranno Roger
Waters, Smashing Pumpkins, Police, Bon Jovi e Alicia Keys. In totale saranno oltre cento gli eco-concerti trasmessi in
diretta in (quasi) ogni angolo della terra da televisioni (in Italia Mtv e La7), radio e siti web, per un audience globale
di quasi due miliardi di spettatori.
Lollapalooza 2007
Il Loollapalooza è una realtà ormai straconsolidata negli Stati Uniti, uno dei più
importanti festival del panorama mondiale, al punto da meritare, in passato,
definizioni importanti: è stato infatti considerato per tutti gli anni Novanta, con una
buona dose di ottimismo, quello che Woodstock ha rappresentato per i Sessanta.
Organizzato per la prima volta nel 1991 da Perry Farrell, cantante dei Jane’s Addiction (formazione molto conosciuta negli States), l’edizione 2007, l’undicesima, si
terrà a Chicago dal 3 al 5 Agosto, al Grant Park. Durante la tre giorni di concerti, si
alterneranno importanti realtà del rock, ma non solo: dai Pearl Jam ai Muse, da Ben
Harper ai Duft Punk, da Iggy&The Stooges a Patti Smith.
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ON STAGE NEWS
notizie dal mondo
dei concerti
09
L’isola di Wight 37 anni dopo
La risposta europea a Woodstock ’69 arrivò l’estate successiva al più importante
festival della storia del rock: nel 1970, sull’isola di Wight, a largo di Southampton
(costa sud dell’Inghilterra) si radunarono 600.000 persone, ben oltre le più rosee
aspettative degli organizzatori, per ammirare Jimi Hendrix, i Doors, gli Who,
tanto per citarne alcuni. Una marea umana pacifista ma totalmente sproporzionata rispetto alle possibilità dell’isola, tanto che per più di 30 anni nessuno osò
pensare ad una nuova edizione del festival. Tutti tranne un tizio, che di nome fa
John Giddings, che nel 1970 era tra il pubblico e nel 2002 ha provato il primo,
timido, esperimento di riorganizzare un raduno musicale sull’Isola di Wight. Pian
piano il progetto ha preso corpo, fino ad arrivare al successo di quest’anno (8-10 Giugno) in cui è salito sul palco
tanto rock (Muse, Kasabian, Snow Patrol, Wolfmother) ma anche altro (Groove Armada, Keane). L’edizione 2007 è
stata caratterizzata dalla partecipazione dei Rolling Stones, assenti dal palco di un festival da 30 anni.
La performance degli Stones ha chiuso alla grande la manifestazione: del resto, chi meglio di loro avrebbe potuto
sigillare un evento che sa di storia del rock?
Prince in casa del Grande Fratello
Ormai e’ deciso. Prince si esibira’ in un concerto fra le mura domestiche piu’
famose del Regno Unito, quelle del Grande Fratello, anche se ancora non si sa di
preciso quando. Ad informare dell’idea del cantante e’ il tabloid “The Sun”, che
scrive: ‘Prince e’ un grande fan del Grande Fratello, e’ stato lui stesso a chiedere
al suo entourage di allestire un concerto’. C’e’ un unico problema, secondo il
giornale: qualcuno dei concorrenti potrebbe non sapere chi sia il musicista. Alcuni
concorrenti potrebbero, infatti, essere troppo giovani per conoscerlo.
Akon scaraventa fan giu dal palco
Dopo aver scandalizzato la Thailandia per aver mimato una scena di sesso con una
adolescente, Akon ne ha combinata un’altra delle sue. Durante un esibizione al “K
Fest”, l’annuale festival promosso dalla radio newyorkese WSPK, il rapper
senegalese ha scaraventato tra la folla un ragazzo (“trasportato” dalla security
sul palco su ordine di Akon) reo di avergli tirato una bottiglietta di plastica.
Immediate le polemiche, che hanno convinto il gigante delle telecomunicazioni
Verizon a ritirare la sponsorizzazione al tour di Gwen Stefani, in cui Akon suona
come special guest, suscitando le ire della bella Gwen, pronta alle vie legali per
ottenere un risarcimento.
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ONSTAGE INTERVIEW
Roberto De Luca
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Professione Promoter
di Ezio Guaitamacchi
Cinquantacinque anni, novarese di nascita
ma milanese di adozione, da oltre 6 lustri
organizza concerti rock. Oggi Roberto De
Luca è a capo di Milano Concerti, la più
grossa agenzia italiana del settore.
Quando hai cominciato a fare questo lavoro e
perché?
A metà anni ‘70, lavoravo in una radio libera a
Novara. Organizzavamo concerti per sostenere economicamente la radio. Novara non è mai stata, per
così dire, una culla della musica; quindi, in realtà...
ci sostenevamo ben poco. Abbiamo cominciato con
la PFM, Alberto Fortis, Edoardo Bennato, Vasco Rossi.
Penso che quello di Vasco, che all’epoca era un
esordiente (aveva appena fatto Sanremo) sia stato
l’unico concerto della sua vita che è andato male…
Quell’esperienza, però, mi ha consentito di entrare
nel mondo della musica e di allacciare alcuni rapporti
importanti.
Ricordi il primo grande evento che hai organizzato?
Ho lavorato al concertone di Bob Marley di San Siro
del giugno 1980. All’epoca, ero l’assistente di Franco
Mamone, uno dei più grandi impresari rock italiani,
che avevo conosciuto proprio in occasione degli spettacoli organizzati a Novara.
Quando hai creato la tua agenzia?
Nel 1984 io e Mamone abbiamo fatto società ma un
anno dopo ci siamo divisi. A fine 1985 ho dato vita
alla mia prima agenzia, la Bonne Chance. Nonostante
amassi molto quel nome, il fatto che significasse
“buona fortuna” poteva, per gli scaramantici… Allora ho preferito trasformarlo in Milano Concerti. Il
primo show organizzato da solo, con il marchio Bonne
Chance, è stato Carmel. Allora, lavoravo anche con
Gianna Nannini e Sergio Caputo. Da lì, è iniziata la
mia vera carriera di promoter.
Quanti concerti in un anno vengono prodotti dal
marchio Milano Concerti?
Circa un migliaio, per un totale di oltre 3 milioni e
mezzo di spettatori paganti.
Com’è cambiato il lavoro dai tempi dei tuoi esordi?
Ricordo che ai tempi in cui lavoravo con Franco
Mamone si organizzavano mediamente dieci, quindici
tournée all’anno. Quindi, una mole di lavoro molto,
molto inferiore a quella odierna. Non possiamo
dimenticare che quelli erano i tempi in cui gli artisti
rock in Italia ci venivano mal volentieri. Per diverse
ragioni. Primo, non esisteva una struttura professionale che li accogliesse; tutto era alquanto approssimativo. Poi, perché, quelli erano i tempi in cui “la
musica non si doveva pagare”. C’erano slogan politici
che inneggiavano alla musica gratis. Conseguentemente, artisti e manager non volevano venire nel
nostro paese.
Oggi sembrerebbe quasi il contrario…
Già, per fortuna il nostro paese è diventato un luogo
ambito dalle rock star anglo-americane e il livello
di organizzazione e affidabilità dei concerti in Italia
è ormai elevatissimo. Tanto che molti artisti, U2,
Depeche Mode a Peter Gabriel, hanno deciso di girare
i loro dvd ufficiali nel corso dei tour italiani.
Sono dunque passati i tempi in cui tu e i tuoi
“colleghi” eravate ostaggio delle agenzie inglesi…
Assolutamente sì. Non solo stavamo sotto scacco ma
vivevamo in un clima di costante frustrazione. L’Italia
era considerata un paese del Terzo Mondo. La sfida è
stata quella di costruire una struttura, delle professionalità e un team di lavoro quasi dal nulla. Per farti
un esempio, oggi senza un IT manager, un responsabile della gestione dei computer, non si può fare
nulla.
Sono stati fatti molti passi in avanti sia per la
sicurezza del pubblico che per ciò che riguarda
l’accoglienza degli spettatori.
È stato un lavoro importante e costoso. Mantenere un
livello di sicurezza adeguato e decente costa un sacco
di soldi ma soprattutto tanta fatica. Ti basti pensare
alle procedure contro la falsificazione dei ticket o al
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Roberto De Luca
fatto di dover transennare i luoghi degli spettacoli sia
all’esterno che all’interno.
Cosa ti piacerebbe vedere in più e in meglio sulla
scena dei live in Italia?
Vorrei che ci potessero essere strutture adeguate,
fatte apposta per i concerti rock come ci sono in tanti
paesi europei o negli Stati Uniti. Ne gioverebbero
tutti, noi organizzatori ma soprattutto il pubblico.
Ancora oggi, per andare a veder un concerto bisogna
fare tanta fatica. Troppa. Per fortuna, da qualche
tempo abbiamo un sistema di biglietteria computerizzata che prima non esisteva. Anche se, quando la
richiesta è molto elevata, anche questo sistema è
ancora da perfezionare.
Il mio sogno è vedere strutture in grado di accogliere
gli spettatori in modo adeguato (con parcheggi ad
hoc) e che possano rendere piacevole il tempo passato in attesa dello spettacolo. Ma, soprattutto, che
consentano un soddisfacente tasso di fruibilità audio/
video del concerto. E un sistema di biglietteria che
permetta di acquistare i ticket in modo logico.
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vero incredibili… Pensa che soltanto il ferro del palco
di Vasco Rossi è contenuto in 18 bilici, che significa
quasi un chilometro, se li metti tutti in fila.
Hai fatto un’analisi molto accurata che dimostra
che non ci sono stati grossi aumenti nel prezzo dei
biglietti negli ultimi anni…
Già, l’ho paragonato all’aumento del costo della
vita. Anche qui, senza contare i casi eccezionali, il
prezzo dei biglietti dei concerti negli ultimi anni è
aumentato tra il 40 e il 60% mentre il costo della vita
è aumentato tra il 30 e il 100% solo per quello che
riguarda i generi di prima necessità.
Ti vedo spesso, ovviamente, sul luogo dei concerti.
Riesci sempre ad avere contatti personali con gli
artisti?
Lavoro con diversi artisti con i quali ho un rapporto
molto frequente. Costruisco insieme a loro le produzioni ed ascolto costantemente le loro necessità. Con
tutti gli artisti con cui lavoro ho un rapporto molto
intenso.
E il prezzo dei biglietti?
Anche con quelli internazionali?
A parte casi eccezionali, non sono d’accordo con coloro che dicono che il costo del biglietto è elevato. Se
facciamo paragoni, ad esempio
con il calcio,
vediamo che i
prezzi dei biglietti sono persino
inferiori mentre i
costi di produzione di un concerto sono assai più
elevati rispetto a
quelli di una partita. Noi, spesso,
entriamo in uno
stadio con una
“città” che montiamo e smontiamo in pochissimo
tempo. A volte,
credo che facciamo cose dav-
Con loro è più difficile. Con alcuni però il rapporto,
anche personale, è molto solido: Depeche Mode, Peter Gabriel, Bon Jovi. Con i Depeche Mode posso dire
di essere amico.
Dopo decine di migliaia di concerti organizzati,
assistere a un concerto ti dà ancora emozione o lo
vedi solo con “occhio tecnico”?
Ho difficoltà a guardare intensamente un concerto
organizzato da me perché ho troppe cose da fare in
quel momento. Ma quando vado a vedere l’anteprima
di un tour o quando vedo la prima di un concerto
(come quello dell’altra sera di Laura Pausini) mi
diverto ancora.
Qual è il concerto che ti ha più emozionato in vita tua?
I Nirvana a Roma nel 1994, poche settimane prima
della morte di Kurt Cobain.
Qual è il concerto che avresti voluto fare e non sei
mai riuscito?
I Pink Floyd.
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All’inizio della carriera aveva quasi paura
di salire sul palco. Spesso doveva sfidare le
freccette che gli venivano tirate
addosso. Ora è il re degli stadi, un
autentico “animale da palcoscenico” da
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cui, se potesse, non scenderebbe mai.
testo: Daniele Salomone
foto: Chiaroscuro
“Il mio concerto più bello è stato Imola nel ’98. Non
sapete che energia ti sanno dare 130.000 persone.
Una carica paurosa”. Ecco Vasco Rossi come mamma
l’ha fatto. Un uomo sincero, vero, che vive di emozioni forti, le più forti possibili. Quelle emozioni che
raggiungono il momento di massima intensità nel preciso istante in cui davanti agli occhi del rocker venuto
da Zocca appare la marea umana che costantemente
affolla i suoi concerti.
Il Blasco, l’animale da palcoscenico che da quasi
venti anni riempie gli stadi italiani come neanche
gli Azzurri riescono a fare, vive in funzione di quei
momenti: “Io faccio canzoni perché è una ragione di
vita, le scrivo e penso già a quando le suonerò dal
vivo”. Un’intera carriera artistica spesa, soprattutto,
in funzione del momento di contatto con il pubblico,
perché il palco rappresenta “un luogo magico in cui
funziona tutto”, “la sublimazione del concetto di
messa, in cui tutti sono partecipi della stessa emozione”.
La lunga storia dei live di Vasco Rossi comincia alla
fine degli anni 70. All’epoca disk jockey di una delle
primissime radio libere italiane, Punto Radio (da lui
fondata insieme a un paio di amici), Vasco comincia
a esibirsi nel bolognese, incitato dall’amico Gaetano
Curreri (oggi leader degli Stadio). Quel ragazzo, però,
riluttante all’idea di intraprendere la carriera di musicista, non è ancora “il Blasco” e le sue apparizioni
sono segnate dalla poca convinzione e dallo scarso
successo. “Le prime volte che salivo sul palco mi
facevano i cori ‘scemo, scemo..’. Appena attaccavo
con un lento cominciavano i cori e mi mandavano a
casa. Eh si perché la gente era lì per ballare. Poi, a
un concerto, successe che invece di mandarmi via,
cominciarono a tirarmi le freccette. Fu una svolta,
perché finalmente ero io l’attrazione”.
C’è un episodio in particolare, capitato negli anni
della gavetta, che solidifica il rapporto di Vasco con
il palcoscenico. “Durante un concerto a Vicenza, in
piazza, un gruppetto di ragazzi se ne stava seduto a
lanciarmi freccette di carta. Io che tiravo fuori tutto
il mio orgoglio e la mia vitalità e loro mi lanciavano le
freccette. Non so neanche come ho finito il concerto.
Ma poi tornando a casa mi è scattato qualcosa nel
cervello e mi sono detto: ‘Da adesso in poi, se mentre
sono sul palco mi tirano le freccette, scendo e li
tione di vita o di morte.
prendo a botte. È una questione
a sul serio’. E io facevo sul
Vediamo chi scherza e chi fa
serio”.
In quei momenti, in quegli anni, Vasco ha maturato
o i concerti e il rapporto
la consapevolezza di quanto
con il pubblico siano per lui vitali scosse di adrenavarsi a lungo: “Ogni sera,
lina delle quali non può privarsi
quando vedo la gente sotto il palco, non capisco più
niente. Mi butto e divento un animale, non so resisteolta all’Arena di Verona è
re, è più forte di me. Una volta
e, ma senza dirmelo. Pervenuta a vedermi mia madre,
ché non voglio che mi veda così, divento proprio un
altro”. Ad ogni concerto, in ogni singolo istante in cui
va in scena il suo rock’n’rolll show, Vasco si lascia rapire dalla magia del rapporto
to diretto con il pubblico,
il suo pubblico. Ma ci ha messo
esso del tempo prima di
riuscire a gestire l’emozione.
e. “Quando bevevo prima
di un concerto era solo perché
ché avevo una fifa blu di
salire sul palco, di presentarmi
armi davanti al pubblico.
Poi, quando ho capito che la
a realtà è molto migliore
di come te l’aspetti, ho cambiato
mbiato atteggiamento”. Un
cambiamento radicale, al punto
unto che il Vasco Rossi di
oggi si sottopone ad un’accurata
urata preparazione preconcerto: “Adesso un’oretta
a prima dei concerti sciolgo i muscoli, corro, faccio ginnastica (poca eh!), un
po’ nei camerini un po’ nei corridoi, e poi mi concedo
una seduta di massaggi. Dopo
po però cerco di rilassarmi
con la mente, di non pensare
re a niente e di comprimermi. Per poi esplodere sul
ul palco”. E una volta in
scena, con i riflettori puntati
ti e il microfono in mano,
divertirsi ad atteggiarsi “a rock star, come farebbe un
qualsiasi ragazzino davanti allo specchio: ma sono io
il primo a non crederci, a comportarmi
omportarmi con ironia”.
Quella stessa ironia che caratterizza
atterizza il personaggio
Vasco Rossi e la sua musica fin dagli esordi.
In questo continuo confronto
to con il palco, è da
sempre supportato dagli straordinari
raordinari musicisti che
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La messa live
del reverendo Vasco Ross
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compongono le sue band: dagli storici membri della
d
Steve
MasRogers Band (tra cui Maurizio Solieri e il compianto
compia
chisimo Riva) fino agli ultimi innesti, come il fenomenale
fenom
tarrista californiano Stef Burns. “I musicisti del mio gruppo
sono tra i migliori al mondo. Questo per me è un
u aspetto
fondamentale perché voglio che i concerti non suonino
sempre uguali. E poi la musica che si sente negli
neg spettacoli
vera
di Vasco Rossi è tutta suonata dal vivo. Noi facciamo
facc
e propria fatica fisica!! Voglio gente bravissima e affiatata,
per questo affianco musicisti cresciuti con me a fenomeni
e siamo
che ho scelto a Los Angeles. Così usciamo sul palco
pa
pronti a confrontarci con la folla. Tutti insieme contro il
mondo!”.
La confidenza con il palco maturata nei primi, diffi
d cili anni
di esibizioni, ha permesso al rocker di Zocca di imparare a
incanalare nella giusta direzione la tempesta di emozioni
che si scatena ai suoi concerti, senza per questo
quest perdere
minimamente spontaneità e trasporto. “Bisogna capire in
che direzione vanno le sensazioni del pubblico, non si può
al
permettergli di distrarsi, mai. Nessuno deve distrarsi,
dis
Perché
concerto ogni singolo spettatore deve partecipare.
partecipa
il concerto è una celebrazione, un momento di incontro tra
persone che cantano e si sfogano”.
E come ogni celebrazione che si rispetti, tutti i concerti di
Vasco sono caratterizzati da una vera e propria simbologia:
le tipiche movenze del Blasco (il corpo sorretto da una
ondegmano appoggiata all’asta del microfono, le braccia
brac
giate lungo i fianchi in modo ripetitivo, quello “strano
“
le
triangolino” che disegna con le mani sopra la testa…),
te
bandane dei fan, le migliaia di accendini accesi per le ballate, la chiusura con “Albachiara” cantata tutta d’un fiato.
Una messa, in cui sessanta, ottanta, centomila persone
nel
ascoltano estasiate il predicatore Vasco Rossi, colpite
c
cuore e nella mente dalla spontaneità del Blasco,
Blasc dalla sua
e
capacità di trasmettere senza filtri lo spirito romantico
ro
ribelle che lo caratterizza.
un
E lui, Vasco, come potrebbe smettere di celebrare
celebr
simile rituale? “Io sarei tentato di stare sempre sul palco.
Li tutto funziona, mentre la vita è tutta diversa.
diversa Adesso ho
proprio voglia di andare a cantare, non vedo l’ora”.
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VASCO
il Blasco si riprende la scena
dopo il Buoni o Cattivi Tour 04/05
Anche questa volta c’è chi protesta per la
musica negli stadi. Ma lui va avanti per la
sua strada, una strada cominciata ormai
vent’anni fa e che lo ha portato a essere
“il re del rock italiano”.
testo: Davide Zucchi
foto: Chiaroscuro
“È solo rock’n’roll, ma mi piace”. Con questa semplice frase, probabilmente ispirata da quei Rolling
Stones che ha sempre dichiarato di venerare (“It’s
only rock’n’roll, but I like it.”, cantavano gli Stones
nel ’74), il Blasco presentava quest’inverno il tour
2007, dalle colonne della rivista XL. “Devo ritornare
sul palco per riprendere un lungo discorso”, continuava il rocker di Zocca, “voglio far esplodere qualche
stadio e sentire battere forte il cuore”.
Sono già passati quasi vent’anni dai primi tour oceanici che il nostro ha portato negli stadi di mezza Italia.
Vent’anni di concerti sold out ben prima del giorno
dell’evento: già nel 1998 i biglietti finivano settimane, se non mesi, prima del concerto! Quest’anno,
come del resto è sempre successo nell’epoca di internet, le date del “Vasco Live 2007” sono andate esaurite a poche ore dalla messa in vendita dei biglietti
senza bisogno di promozione, con il solo passaparola
tra le centinaia di migliaia di fan del Blasco.
Sono passati quasi vent’anni, dicevamo, ma è come
non sentirli. Non li sente Vasco e non li sentono i fan,
che si sono anzi moltiplicati e diversificati a tal punto
che, oggi, ad un concerto del rocker ci trovi genitori
e figli. Famiglie riunite come nemmeno per la messa
domenicale.
“Vasco Live 2007” è partito in grande stile il 13
giugno a Latina con la “Data Zero”, un evento-anteprima che Rossi ha voluto regalare agli iscritti del suo
fan club. Quattro giorni dopo, a Venezia, celebrando i
dieci anni di quell’Heineken Jammin’ Festival che lui
stesso ha inaugurato nel ’98, il Blasco ha dato il via
ufficiale al tour, che lo porterà negli stadi di Milano,
Roma, Torino, Ancona e, per la prima volta in assoluto, Messina e Bari. Mentre vi scriviamo, tutte le date
del tour risultano sold out, con l’eccezione di Bari,
anche se, c’è da giurarci, i pochissimi biglietti ancora
disponibili saranno bruciati in brevissimo tempo.
L’attesa che circonda il ritorno sui palcoscenici italiani del Blasco nazionale è comprensibilmente tanta e
non potrebbe essere altrimenti per l’unico musicista
italiano che, già agli inizi degli anni 90, in termini
di pubblico, riusciva a tenere il passo di mostri sacri
come Madonna e Rolling Stones. Quest’anno poi,
Vasco ha deciso di scardinare l’antica regola secondo
la quale prima di un tour ci deve essere per forza un
album da promuovere, anche se è recentemente uscito un nuovo EP, Basta poco (subito schizzato in testa
alla classifica dei singoli più venduti), in cui il nostro
ha inciso anche una cover di “La compagnia”, canzone già portata al successo da Lucio Battisti. “Non ho
un disco fuori, ma penso di potermelo permettere…
un certo repertorio ce l’ho” ha detto Vasco commentando la scelta di andare in tour prima di pubblicare un nuovo album, che, a quanto pare, uscirà
entro la fine dell’anno.
Come consuetudine, con l’attesa salgono anche le
polemiche. Recentemente, infatti, i microfoni di
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ESCLUSIVO
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la band
Maurizio Solieri, chitarra. Il “bellissimo, abbronzatissimo” amico e chitarrista di Vasco fin dai tempi di Punto
Radio (fine anni 70!). Il vero e proprio alter ego strumentale del rocker di Zocca, al cui fianco ha composto
molte delle sue canzoni più celebri.
Claudio Golinelli, basso. Con Vasco dal 1984, “il gallo”
è uno dei suoi amici più fedeli oltre che bassista di
Studio Aperto hanno raggiunto Vasco per chiedergli
una risposta alle critiche (sui decibel e sul complessivo rumore) che anche quest’anno accompagnano il
tour e la data di Milano in particolare. Il nostro, nel
rispondere, ha dato prova di maturità e (diciamolo) di
molta pazienza; da grande comunicatore quale è, ha
ridimensionato le polemiche, sostenendo che questi
comitati di quartiere si muovono per criticare solo
in occasione dei suoi concerti. “È possibile che chi
acquista una casa fuori da uno stadio pensi di essere
immerso in un’oasi di silenzio?” ha infine aggiunto il
rocker, invocando, con la semplicità che lo contraddistingue, un po’ di buon senso.
Rileggete la dichiarazione di Vasco che apre questo
articolo. Il rock è per il Blasco un modo di essere,
l’unico che conosce, l’unico che sa esprimere, soprattutto durante i concerti. Il tour 2007 ha sicuramente
come punto di riferimento il rock, che l’artista di
Zocca ha più volte indicato come il “suo” stile, quello
da cui ha maggiormente attinto per scrivere alcune
delle sue canzoni più belle. “Se fosse per me canterei
anche a richiesta” ha commentato il Blasco alla vigilia dei suoi imminenti concerti. Ma “la scaletta deve
esserci e deve necessariamente avere l’onda giusta”
sostiene il musicista, affiancato nella scelta dei brani
per il tour da Guido Elmi, storico produttore e amico
di Vasco. Si preannuncia uno spettacolo che sa di
rock tanto quanto il suo interprete principale. Rock,
dunque, ma non solo, per questo “Vasco Live 2007”
che ripercorre la storia di trent’anni di produzione
artistica del musicista. La storia del rock, come ogni
storia che si rispetti, è scritta da grandi uomini, da
grandi rocker. E il Blasco è il più grande che l’Italia
abbia mai avuto.
straordinaria efficacia. Celebre la gag tra il Blasco e
Golinelli durante le esecuzioni di Bollicine, immortalata
nell’ultimo Live Anthology 04-05.
Matt Laug, batteria. È l’unica new entry del 2007. Americano, originario della Florida, vanta numerose collaborazioni con celebri musicisti, tra cui Alanis Morrisette.
Stef Burns, chitarra. Il virtuoso chitarrista californiano
fa il suo esordio con Vasco nel 1995, in occasione del
concerto-evento “Rock Sotto l’Assedio”. Da allora affianca il rocker italiano anche nelle produzioni in studio.
Alberto Rocchetti, tastiere. “Il lupo maremmano ha
perso il pelo ma non il vizio” disse una volta Diego,
amico d’infanzia di Vasco e presentatore della band.
Quel che è certo è che Rocchetti non perde il vizio di
rimanere al fianco di Vasco, con cui collabora dal tour di
Liberi Liberi, nel 1989.
Frank Nemola, tastiere e tromba. “L’uomo che tromba”
è parte della Combriccola del Blasco dal concertone di
Imola del 1998. Centotrentamila persone non sono male
per un esordio…
Andrea Innesto, sax e cori. È il 1985 quando “Cucchia”
entra nella band di Vasco. Il tour è quello di Cosa Succede In Città, il primo nei palazzetti e nelle arene, al
termine del quale il Blasco e la sua band verranno acclamati come rockstar.
Clara Moroni, cori. “La più amata, la più desiderata”
delle vocalist italiane si è unita alla band di Vasco nel
1996, all’epoca del tour di Nessun pericolo... per te.
Da allora, sempre presente, per la gioia del Blasco e di
tutti gli uomini della Combriccola.
Daniele Salomone
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Quando c’è di mezzo il
pubblico, il suo pubblico,
Vasco Rossi non bada a
spese. Vuole il meglio e fa
in modo che niente venga
lasciato al caso. Ecco perché, per le nove tappe del
VIVunEaRm
“Vasco Live 2007”, saranno impiegate quasi 6.000
persone
testo: Daniele Salomone
foto: Chiaroscuro
La volontà di Vasco è sempre stata quella di soddisfare ogni singolo fan presente ai suoi concerti.
Partendo dalla musica, certo, ma senza trascurare gli
altri elementi che fanno di un concerto uno spettacolo unico e indimenticabile. Il rocker ha più volte
sottolineato, quest’anno come in passato, la volontà
di far vivere a tutte le persone che assistono ai suoi
concerti una sorta di “esperienza perfetta”. E di
fronte ad un Blasco così deciso e determinato non
ci devono essere ostacoli ad intralciare il percorso.
Tutto deve essere curato nel dettaglio: dal palco
agli impianti di amplificazione e illuminazione, dalle
scenografie di supporto alla predisposizione di mezzi
di trasporto e di strutture igieniche, finendo con la
sicurezza e l’energia elettrica.
La macchina organizzativa è in moto da mesi, per
pianificare quello che si annuncia come un tour a dir
poco straordinario, non solo da un punto di vista artistico ma anche in termini di uomini e mezzi impiegati. Basti pensare che, in realtà, il palco non è uno
solo: ce ne sono due, identici. Ci vogliono, infatti,
tre giorni e tre notti per montarne uno, due giorni e
due notti per smontarlo. Dunque, un solo palco non
sarebbe sufficiente: così, mentre uno dei due sta
ospitando Vasco e la sua combriccola, ce n’è uno
uguale che viaggia per raggiungere la città sede della
successiva tappa del tour. Per trasportare le due
strutture vengono utilizzati in totale ben 35 camion,
di cui 16 solo per il ferro necessario a montarli e 4
attrezzati come generatori in modo da consentire
un consumo di corrente pari a 2500 kwa a concerto,
indipendentemente dall’energia elettrica locale.
Le persone che viaggiano al seguito del tour sono
circa 175 (biglietto di sola andata: nessuno fa ritorno
a casa tra una data e l’altra!), di cui 100 utilizzate
solo per la costruzione del palco, 35 fra gli addetti
alla produzione (che Vasco affida, come consuetudine, a Milano Concerti) e 40 dello staff del Blasco tra
componenti della band, registi video e audio, responsabili dell’aggiornamento del sito (vascorossi.net) e
del merchandising ufficiale, fanclub (Il Blasco).
Ma non è finita: a questa moltitudine di persone
vanno aggiunte le altre 600, reclutate in loco, che
ad ogni singola data partecipano alla produzione.
Facendo un rapido calcolo, per il “Vasco Live 2007”
saranno impiegate, in totale, quasi 6.000 persone per
oltre 20.000 pasti serviti dal catering (ovviamente al
seguito)!!
Dati e cifre che fanno impressione, una mega produzione che regge il confronto con i tour dei più importanti artisti internazionali (dagli U2 a Springsteen,
tanto per citarne alcuni), la cui organizzazione è però
pensata per tour mondiali da cento e passa appuntamenti, mentre il nostro si esibisce “solo” in Italia. Per
di più, elemento da non sottovalutare, i biglietti dei
concerti di Vasco hanno prezzi contenuti rispetto a
gran parte degli show degli artisti internazionali.
Il palco è sempre stato il suo habitat naturale,
il luogo magico in cui “vivere una favola”. Una
sorta di trono su cui, ogni volta, si ripete il rito
dell’incoronazione di “Re Blasco”. Per questo, anche
quest’anno, ha fatto le cose in grande: potrebbe mai
un Re volere un trono non all’altezza della situazione?
accomp
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V mega produzione
una
compagna il Vasco Live 2007
Intervista a Danilo Zuffi
di Davide Zucchi
Chiunque sia mai stato a un concerto di Vasco conosce
il clima rovente che imperversa durante i live del rocker più famoso d’Italia. In pochi, però, hanno la giusta
percezione dell’enorme lavoro che richiede la realizzazione di un evento di tali dimensioni. Per farcene
un’idea più precisa, abbiamo fatto quattro chiacchiere
con Danilo Zuffi, Direttore della Produzione di Milano
Concerti e vero e proprio architetto di molti dei più
importanti concerti che si tengono nel nostro Paese.
Dottor Zuffi, come si affronta la produzione di un
Tour come quello che Vasco Rossi porta quest’anno
negli stadi italiani?
Come sempre, quando ci si prepara a seguire un evento
importante come il tour di Vasco, bisogna muoversi con
molto anticipo e con molta cautela. Poi è allo stesso
modo necessario conciliare le esigenze di tutti. In
primo luogo quelle dell’artista, poi quelle del pubblico
e quelle dei tecnici. Quest’anno in particolare, ci sono
parecchie novità: prima di tutto il palco, progettato
su disposizioni dello stesso Vasco, che avrà dimensioni
record: 28 metri.
Quali altri elementi sono stati scelti per rendere il
concerto un’“esperienza esagerata”?
Indubbiamente l’impianto di illuminazione, che sfrutta
una tecnologia usata per la prima volta in Italia. Accanto a fari (o più tecnicamente video-led) a bassa
definizione, ne verranno utilizzati altri in “high definition”. La sensazione che questo impianto regala è
imm
quella di essere avvolti dalle immagini
proiettate e
dai fasci di luce.
In aggiunta a tutto questo, saranno
saran utilizzati
maxischermi per la videoproiezione?
videoproiezi
Ovviamente. Praticamente tutte le
l grandi produzioni ormai propongono maxischermi.
maxischermi Questi da un
lato permettono al pubblico di gustarsi
al meglio le
gu
parti strumentali e dall’altro consentono
agli artisti
cons
di proiettare immagini,
lmati o quant’altro.
Voglio
immagini fi
filmati
q
aggiungere che Vasco è un artista che tiene molto ai
dettagli. Oltre al palco, ha infatti approvato personalmente anche la scelta di marca e modello dei
maxischermi, che saranno tutti “Video LightHouse”.
Che cosa ci può dire invece sull’impianto di
amplificazione?
Beh, anche in questo ambito operiamo con particolare attenzione, dal momento che il pubblico
dei concerti di Vasco è particolarmente esigente
in materia di decibel e beat. La vera sfida, in
impianti grandi come gli stadi, è riuscire a differenziare i canali, dando così il giusto spazio a tutti
gli elementi della band. Tornando invece al tour
di quest’anno, mi risulta difficile quantificare con
esattezza la potenza che gli amplificatori esprimeranno. Il numero di watt varia molto a seconda della
grandezza degli impianti. Non vorrei sbilanciarmi,
ma se devo dare un numero direi che Vasco porta in
giro amplificatori per una media di 150 mila watt.
Nel caso di tour così grandi e importanti spesso si
sente dire che lo show è uguale per tutte le date
e che la scaletta non cambia mai. Anche per il
Blasco è così?
Mentirei se dicessi che il tour non ha dei punti
fermi. Cioè dei brani che Vasco suona (quasi) ogni
sera. Le variazioni alla scaletta sono però all’ordine
del giorno. Insomma, questo di Vasco non è un tour
pre-impacchettato. Vasco è un rocker vero e sincero
come la sua musica. Di questo i fan non devono
dubitare.
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I
D
O
UN AMIC
intervista a Red Ronnie
Estratta dell’intervista raccolta da Ezio Guaitamacchi presso gli studi televisivi/uffici di Red Ronnie,
Centergross, a Bologna, lunedì 28 aprile 2003, ore 11
e 30 del mattino.
Quella tra te e Vasco è un’amicizia nata ai tempi
delle radio libere. Ti ricordi il primo incontro?
Ci siamo conosciuti negli studi di Punto Radio ma
conservo un ricordo sbiadito di quell’incontro: quel
giorno, infatti, ero arrabbiatissimo per via di alcuni
casini. Ricordo meglio il nostro secondo incontro,
avvenuto ad Alassio nel 1976. Entrambi dovevamo
ritirare dei premi vinti nel primo concorso nazionale
di radio libere: lui come responsabile del miglior
canale radiofonico (Punto Radio) e io come ideatore
e conduttore del più bel programma specializzato
(Progressive Music).
Avresti mai pensato che Vasco sarebbe emerso e
diventato quello che è oggi?
Assolutamente no. In tutta sincerità, devo ammettere
che non ero neppure un grande frequentatore dei
suoi concerti. Per questo ricordo benissimo una delle
prime performance dal vivo di Vasco alle quali ho assistito: era il 1982, al Chicago di Barricella. C’erano
diversi gruppi bolognesi e poi Vasco Rossi. Quando
cominciò il suo concerto, io mi misi ai lati del palco e
lui mi osservò con uno sguardo quasi da sfida, come a
dire: “Adesso ti faccio vedere di cosa sono capace…”.
Aveva ragione: quel giorno ho capito che Vasco era un
artista straordinario. Da allora, l’ho sempre seguito
e oggi, nei miei archivi, ho tonnellate di filmati di
Vasco…
Quali di questi filmati conservi con particolare affetto?
Vasco sostiene che io sia la sua memoria storica. Non
c’è dubbio che possieda un’enormità di materiale su
di lui. Tra cui una registrazione di Vasco che canta la
canzone che aveva scritto per Mina ma… che non le
ha mai fatto avere. Una volta, invece, il cameraman
si è dimenticato di accendere la telecamera mentre io stavo documentando un colloquio tra Vasco e
Federico Fellini. Gli stava dicendo che aveva il volto
ideale per un suo film. Però quella registrazione è
rimasta solo nei miei occhi e nel mio ricordo.
Tu e Vasco siete persone diverse. Lui è lo spericolato
per definizione, tu, invece, hai uno stile di vita regolare. Come si superano queste diversità di fondo? E
perché per tutti rappresentate una «coppia»?
Perché siamo amici. E perché abbiamo in comune una
cosa: quella di essere onesti e sinceri in tutte le attività della nostra vita.
Ci racconti l’aneddoto del microfono al Festival di
Sanremo del 1982?
Vasco presentava “Vado al massimo”. La canzone si
concludeva con un pezzo strumentale e lui mi confessò che non sapeva bene cosa fare proprio sul finale. Ne aveva parlato con il regista suggerendogli di
inquadrare solo il microfono mentre lui, nel frattempo, avrebbe lasciato il palco. Ma la sua idea non era
piaciuta. Devo dire che Vasco non stava particolarmente simpatico alla produzione del Festival. Soprattutto per via di alcuni suoi atteggiamenti: era sempre
in ritardo e spesso non si presentava alle prove.
Così io gli suggerii di infilarsi il microfono in tasca e
di uscire di scena in quel modo. La prima sera, Vasco
non fece quello che gli avevo detto. Io mi ero incavolato anche perché avevo la certezza che sarebbe
stato eliminato. Invece passò e allora tornai alla
carica. “Stavolta lo devi fare”, gli dissi.
A quella edizione del Festival, ero accreditato come
fotografo e, quindi, mi trovavo proprio sotto il palco.
Ricordo che, durante il pezzo, Vasco mi guardò un
paio di volte. Stavo lì, a un metro e mezzo da lui e gli
facevo segnali: “Dai, fallo”.
Alla fine, Vasco lo fece: si infilò il microfono in tasca
e se ne andò…non rendendosi però conto che il microfono aveva il cavo corto. Ad un certo punto, il filo
ha fatto resistenza: il microfono così è scivolato fuori
dalla tasca e cadendo si è rotto. L’incidente creò
notevole scompiglio, perché non ne avevano uno in
sostituzione subito.
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VASCO
razioni che mi hanno fatto inorridire. Come quella
volta in cui ho letto sul giornale una dichiarazione in
cui avrebbe detto che dormiva con una pistola sotto
il cuscino. Cosa alla quale io non ho, per altro, mai
creduto. Vasco è una persona assolutamente trasparente. Non ci sono lati misteriosi. Lui è quello che
percepisci dalle sue canzoni.
21
21
Vasco assomiglia alla sua musica?
Sì. Vasco non mette filtri tra sé e la sua immagine
pubblica. E in questo io mi sento molto uguale a lui.
E, come già dicevo prima, questa sincerità ci accomuna. Dietro di noi non ci sono strategie.
Qual è il suo segreto?
Vasco descrive emozioni. Se lui canta “...quando eravamo giovani…” anche un ragazzino lo può seguire.
Perché lui è capace di raccontare così bene quella
sensazione di rimpianto in cui anche un quindicenne
si può identificare, magari pensando a se stesso a 8
anni.
Quale Vasco ti piace di più?
Non riesco a fare differenze. Mi piace tutto Vasco.
Certo, ci sono canzoni che mi piacciono di più, ci
sono dischi in cui mi ritrovo meno… Io amo il Vasco
dolce: il Vasco di “Albachiara”, quello di “Sally”,
quello di “Vivere un favola”. Il Vasco di “Una splendida giornata”.
Vasco con il suo modo di comunicare per immagini,
piace ai ragazzi ma, forse, poco ai giornalisti e ai
critici, che spesso non riescono a capirlo. Con te è
sempre stato diverso...
Vasco Rossi è stato l’artista che ha dato più soddisfazione al Red Ronnie intervistatore. Addirittura, è un
problema fare il montaggio delle sue interviste: dice
talmente tante cose importanti e significative che
non sai mai cosa tagliare!
La rockstar Vasco, che riempie gli stadi e che fa
brillare gli occhi ai manager, ragiona più con il
cuore o con la testa?
Vasco ragiona solo con il cuore.
Vasco appare come uno che ha sempre vissuto
coerentemente, pagando gli errori commessi e
fregandosene degli altri. Ricoprendo il ruolo di
rockstar, si può essere sempre se stessi o bisogna
necessariamente mediare?
“Finché eravamo giovani era tutta un’altra cosa…”.
Finiti i tempi della vita senza orari e regole, con
una donna e dei figli, con svariate attività imprenditoriali che lo vedono coinvolto, secondo te oggi
Vasco è felice?
(Dopo diversi secondi di pausa). No… Vasco è felice
solo in rari momenti. Perché ogni persona responsabile e che, come lui, vive fortemente le proprie
emozioni è raramente felice. Vasco non lo sa ancora il
perché. Io credo di saperlo un po’ di più.
(Un’ora più tardi, mentre stiamo facendo colazione
insieme, Red mi mostra un messaggio sms che Vasco
gli ha inviato qualche giorno prima per gli auguri
pasquali. Dice, testualmente: “Sono felice… come
una pasqua. Vasco”).
L’intervista integrale è pubblicata come introduzione
del libro “VASCO ROSSI - 1978-2003, 25 anni di musica spericolata” di Annalisa Canale (Editori Riuniti)
Da amico, avrei preferito che Vasco avesse potuto
mediare di più. Purtroppo, in certe occasioni è stato
troppo se stesso. Anche quando ha rilasciato dichia-
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testo: Davide Zucchi
foto: Chiaroscuro
ALBACHIARA (Non Siamo Mica Gli Americani, 1979)
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È il pezzo probabilmente più celebre del rocker di
Zocca. Alzi la mano chi non ne ha mai cantato, magari
con un filo di voce, le strofe. Vasco scrive le parole di
questa canzone ispirandosi a una ragazza che osserva
ferma ad aspettare la corriera. La vede tutti i giorni
dalla finestra di casa sua. Certo, l’immagine ritratta è
idealizzata e appartiene solo all’autore. Quando poi,
anni dopo, Vasco avrà modo di conoscere la ragazza
che lo ha ispirato, si renderà conto che questa è
molto diversa da come l’ha descritta. L’incontro sarà
nuovamente fonte di ispirazione, stimolando il Vasco
di “Una canzone per te”.
NON L’HAI MICA CAPITO (Colpa d’Alfredo, 1980)
Si impone subito per la sua melodia orecchiabile e
per il testo gradevole, nel quale Vasco ripete alla
sua ragazza che le vuole bene davvero. La canzone,
da semplice e ironica, si fa sempre più pungente e il
nostro finisce per chiedere chiarezza nella sua storia
d’amore. Non l’hai mica capito diventa in poco tempo
il brano trainante di Colpa d’Alfredo, album accompagnato da molte polemiche. Vasco è preso di mira da
alcuni critici, che lo accusano di maschilismo e ironizzano sul suo look trasandato. Blasco, però va per la sua
strada. Più lo criticano e più i ragazzi lo ascoltano.
SIAMO SOLO NOI (Siamo Solo Noi, 1981)
Questa canzone è un po’ la bandiera di una generazione di spericolati. Qui Vasco scatta una foto nitida
del disagio giovanile, molto diffuso nei primi anni 80.
Il messaggio di “Siamo Solo Noi” viene ulteriormente
amplificato dall’apparizione di Rossi al popolare programma “Superflash”, condotto da Mike Bongiorno.
Per la prima volta la televisione trasmette un testo
pesante, cantato da un personaggio inquieto, che,
rivolto alla telecamera, alza il dito medio tra una
strofa e l’altra in segno di irriverenza e presa in giro.
A
S
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I
N
O
Z
N
A
C
LE
DEL BLASCO
15 brani per capire Vasco
CANZONE (Vado Al Massimo, 1982)
VADO AL MASSIMO (Vado Al Massimo, 1982)
Con questo brano il Blasco sbarca al Festival di Sanremo ’82, ottenendo l’ultimo posto nella competizione,
ma riuscendo, solo con musica e parole, a scuotere la
più classica delle istituzioni. La canzone, dopo aver
destabilizzato tutto il festival con il suo ritmo reggae
e la sua pungente ironia, diventa un vero e proprio
tormentone. Vasco è ormai diventato un personaggio.
Occhiali scuri, capelli lunghi e giacca di pelle sono il
look migliore per far breccia nei gusti dei ragazzi e
per scandalizzare i benpensanti.
Altro classicone del repertorio di Rossi. Forse qualcuno si meraviglierà di scoprire che questo brano, uno
dei più romantici mai scritti da Vasco, non è dedicato
a una donna, ma alla figura del padre, morto improvvisamente nel 1979. È stato lo stesso Vasco a rivelarlo, sostenendo tra le altre cose di aver preferito
sostituire, a circa metà testo, la figura paterna con
quella di una lei, magari più importante delle altre.
La scomparsa del padre fu un momento vissuto molto
intensamente dal rocker, che decise proprio dopo la
tragedia di dedicarsi anima e corpo alla musica.
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VA BENE,VA BENE COSI’ (Va Bene,Va Bene Così,
19
1984)
l
È l’unica
traccia inedita che Vasco inserisce nel suo
pri
primo
album live. Non è stato ancora chiarito se il
tes sia dedicato a qualcuno in particolare. Recentetesto
me
mente
Rossi si è fatto scappare un “Parlo di qualcuno
che mi ha richiamato ma… ha trovato occupato”.
Qu che è certo è che con questa canzone il nostro si
Quel
mo
mostra
sotto una luce diversa. A tratti pessimista, ma
sem
sempre
capace di sottile ironia. Il suo anticonformismo si traduce così in atteggiamenti da rocker malede
detto.
Intanto i numeri dei suoi concerti live iniziano
e
a essere
da capogiro!
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C’E CHI DICE NO (C’è Chi Dice No, 1987)
C’E’
La title-track dell’album, che decreta il ritorno di
Vas dopo un anno sabbatico, si impone subito come
Vasco
la naturale continuazione di “Siamo Solo Noi”. Un
ma
manifesto
del pensiero di Vasco, il grido ribelle di chi
no vuole soccombere ai “dogmi” imposti dal sistema
non
po
politico,
dalla logica del profitto, dalla Chiesa. Oltretut sono gli anni in cui Rossi è al centro dei desidetutto
d tv, radio e pubblicità, ai quali risponde quasi
ri di
sem
sempre
no. Tutti questi elementi fanno di “C’è Chi
Dic No” una dimostrazione di coerenza con il passato
Dice
d maturità artistica, rendendo il brano uno dei più
e di
im
importanti
dell’intera discografia di Vasco Rossi.
ESAGERATE
CO
Vasco Rossi
VITA SPERICOLATA (Bollicine, 1983)
Chi meglio del Blasco stesso può spiegare come è nato
questo brano subito schizzato ai vertici delle classifiche italiane? Rossi ricorda: “Mi trovavo in tournée
in Sardegna. Era uno di quei pomeriggi piovigginosi,
un po’ tristi…non si poteva suonare…e allora davanti
a quest’immagine, pensai a che cazzo di vita volessi.
Voglio una vita… spericolata… maleducata… e così
mi venne molto di getto. In quel momento capii che
era la mia canzone”. Piccola curiosità: negli anni 90
la canzone fece da colonna sonora a una pubblicità
della Chicco. Era la prova provata che il sogno di una
“vita spericolata” poteva essere accattivante anche
per un bimbo!!
LIB
LIBERI…LIBERI
(Liberi… Liberi, 1989)
L’a
L’album,
pieno di novità e cambiamenti (a cominciare
da fatto che è autoprodotto), viene inciso presso gli
dal
Ab
Abbey
Road Studios di Londra, passati alla storia per
ess
essere
stati gli studi dei Beatles. “Liberi…Liberi è la
canzone
della disillusione” ha più volte ammesso lo
can
stesso
Blasco. Il testo del brano esprime lo smarriste
mento
dell’autore di fronte al significato di “libertà”:
me
Vasco
Vas si domanda dove sia finita “quella voglia di vivere
ver che c’era allora” (in gioventù), giungendo infine
a identifi
care il sentimento di libertà con quello di
i
giovinezza.
Un brano intimo, inno di un’intera gengio
erazione
coetanea di Vasco, ma non per questo poco
era
apprezzato
dai più giovani.
ap
GLI SPARI SOPRA (Gli Spari Sopra, 1993)
Ore 4 del mattino del 15 settembre 1991. Vasco sfreccia a bordo di una delle sue Mercedes sull’autostrada
Milano-Bologna. L’autoradio sta suonando “Celebrate”, hit degli An Emotional Fish. Blasco è colto da una
folgorazione. È costretto ad accostare e sul cruscotto
dell’auto scrive “Gli Spari Sopra”, traccia che darà
il titolo al nuovo disco. Una canzone dura e provocatoria, sia nelle parole che nella musica. Vasco ne ha
per tutti, dai politici, agli ex giovani impegnati nelle
lotte degli anni 70. Piovono critiche e consensi, ma
lui, Blasco, ha sempre gli stadi dalla sua. Questo gli
importa. Più di ogni altra cosa.
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REWIND (Canzoni Per Me, 1998)
“Una canzone porca… ma io sono fatto così… capito?” ha avuto modo di dichiarare il nostro riguardo
a “Rewind”, canzone trasmessa quasi febbrilmente
anche da MTV e che non ci ha messo molto a diventare
un tormentone. Qui, Rossi torna ad essere la rock star
maledetta, divorato da passioni incontrollabili. Ancora
Vasco: “Rewind esalta certe espressioni stupende delle
femmine che puoi cogliere soltanto al rallentatore,
perché le donne sono splendide soprattutto quando
ballano…”.
SIAMO SOLI (Stupido Hotel, 2001)
SALLY (Nessun Pericolo… Per Te, 1996)
Sono state date molte interpretazioni al testo di questa
canzone, e Vasco, da parte sua, non ne ha mai chiarito
definitivamente il significato intimo. Sally presenta
tratti fortemente autobiografici, tracciando un profilo
del Bla-sco adulto, come ha avuto modo di dichiarare lo
stesso autore: “In realtà Sally sono io oggi, come Jenny
(titolo originale della canzone cui Vasco fa riferimento
è “Jenny è Pazza”, nda) ero io una ventina di anni fa.
La canzone è nata in barca, guardando una donna, una
ragazza, forse una segretaria… ma non facciamo i nomi…
che girava per la barca e ho scritto una canzone che…
è dedicatissima a una persona, almeno all’inizio, poi
si generalizza ed è applicabile a tutti, anche ai maschi
come me”.
IO NO (Canzoni Per Me, 1998)
Il Vasco che preferisci. Quello ferito, scombinato, magari
incazzato, ma sempre sincero. “Io no” è una canzone che
mostra davvero chiaramente quale importanza rivesta la
dimensione emotiva nel momento in cui Rossi compone
musica. In questo caso, l’emotività appare così marcata
da riuscire a oscurare il testo, uno dei più intensi che il
Blasco abbia mai scritto.
Vasco non è più il ragazzaccio che vuol celare la sua
timidezza e la sua sensibilità dietro a un look trasandato e inquietante. Si è fatto uomo e Siamo soli lo
dimostra chiaramente. Rossi ha ben chiaro il pubblico
con cui vuole comunicare. Da un lato ne asseconda i
gusti, dall’altro lo “educa”. La canzone, una delle più
apprezzate dai fan di non primissimo pelo, muove da
un disagio capace di trasformarsi presto in reazione
emotiva: la solitudine è per Vasco una condizione dalla
quale nessun uomo può prescindere, ma in fondo “tutto può succedere”, perché “siamo qui e siamo vivi”.
BUONI O CATTIVI (Buoni o Cattivi, 2004)
Vasco, che più precisamente dovremmo chiamare
Dottor Rossi, vista la recente laurea honoris causa in
comunicazione, con “Buoni o Cattivi” ha dimostrato
di avere ancora molto da dire: la title-track, al di là
del successo radiofonico e commerciale, è un riflessione profonda sull’ipocrisia che domina i nostri giorni,
in cui è facile trovare un “cattivo”, un colpevole, un
nemico da accusare. E con altrettanta semplicità i
“buoni” vengono glorificati, che poi, molto spesso,
così buoni non sono. Ma da che parte sta Vasco? Sta
con i deboli, perché il punto non è buoni o cattivi:
“prima c’è il giusto o sbagliato da sopportare”.
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MAD ABOUT VASCO
spazio dedicato ai fan
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Il Blasco
Seguendo la via Emilia dal centro di Bologna verso il
mare, ci si imbatte in un palazzo che a prima vista
può sembrare come tanti altri. In realtà, dietro
quelle mura, c’è la base creativa ed operativa di
Vasco Rossi, il suo quartier generale, ribattezzato
“Blasco Town”. Da sette anni, il rocker più famoso
d’Italia ha qui trasferito gli studi di registrazione e i
suoi uffici; da circa quattro il palazzo è sede anche
dell’indaffaratissima redazione della fanzine trimestrale “il Blasco” (sono più di mille le mail quotidianamente ricevute) e del fan club omonimo.
La rivista, che sta per festeggiare le sue prime
cinquanta uscite (nel momento in cui vi scriviamo
siamo alla 47), è stata fondata, ed è diretta, da Vasco
stesso e dai suoi più fedeli collaboratori. E’ distribuita
in abbonamento ai circa quattromila iscritti al fan
club ufficiale e da quasi un anno è sbarcata anche in
edicola. Gli argomenti trattati riguardano, naturalmente, la musica e il mondo di Vasco Rossi, ma non
solo: fra le pagine de “il Blasco” trovano spazio anche
la musica di altri gruppi/artisti, italiani ed internazionali, ed argomenti di varia natura, tra cui cinema e
letteratura, sui quali Vasco stesso, spesso, esprime
un giudizio. La fanzine vanta poi numerose collaborazioni, con artisti e amici di Vasco (tra cui Biagio
Antonacci, Laura Pausini, Roberto Vecchioni e Red
Ronnie), ma è il rocker in persona a scrivere molti
degli articoli e a fare da supervisore agli altri. Vasco
è costantemente presente, anche in periodi estremamente densi di impegni, come gli ultimi mesi, in cui
si è diviso tra le registrazioni del nuovo album a Los
Angeles e la preparazione del tour estivo.
Fra le recenti iniziative de “Il Blasco”, da
segnalare uno speciale inedito su Punto
Radio, la cui nascita ed evoluzione è raccontata direttamente dai fondatori (Vasco è uno
di questi). In allegato, solo agli abbonati,
è stato regalato il cd con le registrazioni
originali delle trasmissioni della radio, tra
cui ovviamente quelle di Vasco…un reperto
unico, da veri e propri collezionisti!
Insomma, di carne al fuoco ce n’è parecchia: se amare Vasco e la sua musica già non
fosse un buon motivo per iscriversi al fan
club, “il Blasco” è sicuramente un’ottima
“scusa” per farlo!
Per qualunque informazione sul magazine e
sul fan club:
www.vascorossi.net
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Figura1
Tutorial
Segnali audio bilanciati: cosa sono?
La bilanciatura di un segnale audio ha come fine principale quello di garantire un’adeguata
immunità da disturbi ed interferenze durante il suo trasferimento da una sorgente a una destinazione. E’ quindi l’apparecchiatura che genera il segnale (un microfono, una tastiera ecc.)
a dover realizzare la bilanciatura, anche se esistono dispositivi noti come Direct Injection box
(dette DI, vedi esempio in figura 1) che consentono tra le altre cose di bilanciare un segnale
che in origine non lo è. Allo stesso modo l’ingresso dell’apparecchiatura che riceve un segnale
bilanciato deve essere predisposto per decodificare opportunamente l’informazione. Non è
quindi solo il cavo, o il connettore, a rendere un segnale bilanciato, esso deve invece essere già generato come tale.
La bilanciatura si rende perciò indispensabile per tutti i segnali di ampiezza ridotta (come ad esempio quelli prodotti in uscita da un microfono) poiché l’ampiezza di un’eventuale interferenza potrebbe risultare troppo simile a quella del segnale vero e proprio, diventando
così particolarmente udibile nel momento in cui la somma segnale+interferenza viene più volte amplificata per essere portata al sistema
di altoparlanti adibito all’ascolto. Per questo motivo l’utilizzo della bilanciatura si ritiene meno necessario quando si trattano segnali
con valori di ampiezza mediamente più grandi, come ad esempio quelli di linea (sintetizzatori, tastiere, campionatori...) e pressochè
inutile per collegamenti standard di segnali di potenza (per intenderci, quelli generati in uscita da un amplificatore finale e destinati ad
uno o più altoparlanti). Quanto maggiore è la distanza da coprire con il collegamento tra sorgente e destinazione, tanto maggiore sarà il
rischio-interferenze, di conseguenza la bilanciatura è particolarmente consigliabile per le interconnessioni più lunghe, come ad esempio
quelle che solitamente si realizzano in situazioni di musica dal vivo. Il procedimento per bilanciare un segnale consiste di base nel creare
in uscita una copia del segnale originale, invertirne la fase e portare separatamente questi due segnali a destinazione. Si suppone che
tutte le eventuali interferenze che si potrebbero introdurre lungo questo percorso si sommino in uguale misura ad entrambi i segnali.
All’ingresso dell’apparecchiatura ricevente sarà poi necessario invertire nuovamente
Figura 2
la fase del segnale-copia prima di sommarlo con l’originale. In questo modo i due
segnali risulteranno essere in fase tra loro e la loro somma produrrà un segnale identico ma di ampiezza doppia; a questo punto il contenuto indesiderato sarà invece
opposto in fase sui due percorsi e la somma produrrà un quasi totale annullamento
del suo valore di ampiezza (figura 2)
Solitamente la bilanciatura del segnale è accoppiata ad un altro metodo di “immunizzazione” dai disturbi, noto come schermatura. Esistono perciò linee di segnale
schermate ma non bilanciate, oppure sia schermate che bilanciate, oppure ne’ bilanciate ne’ schermate.
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INTERMITTENZE
GENOVA
Piazza della Vittoria
26 giugno ore 21
AVION TRAVEL
SAMUELE BERSANI
STEFANO BOLLANI
BARI
Piazza Armando Diaz
17 luglio ore 21
AVION TRAVEL
QUARTETTO DI
LUIS BACALOV
SAMUELE BERSANI
STEFANO BOLLANI
BOOSTA
SERGIO CAMMARIERE
CLAUDIO COCCOLUTO
SIMONE CRISTICCHI
TIZIANO FERRO
GIUA
IRENE GRANDI
PERCUSSION VOYAGER
DANIELE SILVESTRI
BOOSTA
CLAUDIO COCCOLUTO
PERCUSSION VOYAGER
DANIELE SILVESTRI
FIRENZE
Piazzale Michelangelo
26 luglio ore 21
SERGIO CAMMARIERE
SIMONE CRISTICCHI
IRENE GRANDI
VENEZIA
4 settembre ore 21
QUARTETTO DI
LUIS BACALOV
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TIZIANO FERRO
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iera live
l’incendiaria carr
dei Red Hot Chili Peppers
testo: Cristiana Paolini
foto: Franceso Pradoni
I Red Hot Chili Peppers dal vivo significano
muscoli, sudore, sesso e fuoco.
Dalle esibizioni nei piccoli club ai grandi
raduni, ecco come quattro liceali di Los
Angeles si sono trasformati in una delle
più poderose macchine da concerto degli
ultimi vent’anni.
Primi anni ’80, Fairfax High School di Los Angeles: inizia qui l’avventura dei Red Hot Chili Peppers, che da
studenti liceali smaniosi di emergere dalla massa si
trasformeranno, attraverso una carriera ultraventennale costellata da cadute e rinascite miracolose, in
un’autentica e potente macchina da concerto, prima
ancora che in un successo discografico planetario.
La storia dei Red Hot Chili Peppers è infatti inscindibile, oltre che da una sinergia unica di personalità e
stili musicali, da un’espressione live che negli anni
ha regalato episodi leggendari. E questo grazie a un
enorme affiatamento dei membri della band fatto di
amicizia, potenza punk-rock, fantasia funk, energia
rap, fisicità all’ennesima potenza e visualità eccentrica. Tutto ha avuto inizio accidentalmente da una
poesia rap, “Out In L.A.”, che Anthony Kiedis, Michael
“Flea” Balzary e gli allora compagni Hillel Slovak e
Jack Irons (più tardi batterista nei Pearl Jam) trasformano in una jam una sera al Rhythm Lounge Club di
Los Angeles con il poco probabile nome di Tony Flow
And The Miraculously Majestic Masters Of Mayhem,
iniziando a entusiasmare i sobborghi della metropoli.
Ma è da lì a poco, in un altro club losangelino, il
Kit Kat, che i Red Hot Chili Peppers metteranno a
segno il primo dei numeri che marchieranno a vita
il loro curriculum live: per tentare di riconquistare
l’attenzione del pubblico distratto da un gruppo di
ballerine in abiti succinti (il Kit Kat era uno strip
club), i quattro si ripresentano sul palco per il bis
con nient’altro addosso che l’ormai mitico calzettone
di spugna sul pene. Sarà ben chiara da lì in avanti la
grande e gioiosa carica sessuale espressa dall’intero
gruppo che, ancora oggi, sul palco ripropone ovunque
nel mondo la temperatura estiva losangelina esibendosi a torso nudo o con trovate simili. L’evoluzione
della carriera dei Peperoncini li porterà naturalmente all’incisione dell’album omonimo nell’84, di
Freaky Styley nell’85, e di The Uplift Mofo Party Plan
nell’87, crescendo proporzionalmente in popolarità, vendite e dunque capienza di venue. Se il 1988
è l’anno marchiato dalla tragedia della morte per
overdose di Hillel Slovak (oltre che chitarrista soprattutto amico fraterno dei membri) e della successiva
crisi e abbandono del batterista Jack Irons, è anche
l’occasione dell’incontro di Flea e Kiedis con un fan
diciottenne nutrito proprio dall’incredibile e inedita
energia live della band: nonostante la giovane età e
l’inesperienza, John Frusciante diventerà la funambolica e psichedelica chitarra dei Peppers, portando
il gruppo dal discreto successo dell’album Mother’s
Milk dell’89 alla fama planetaria di Blood Sugar Sex
Magik del ’91, uno degli album più importanti della
storia del rock. Le tournée sono sempre lo scenario
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dei fasti così come delle rovine della formazione: nel
’92, dopo estenuanti esibizioni che la dipendenza
dall’eroina non può più tollerare, John Frusciante abbandona il gruppo durante la sezione giapponese del
tour per fare ritorno a Los Angeles, lasciando gli altri
membri alle prese con vari problemi di natura personale (il frontman Kiedis, ad esempio, anch’egli pericolosamente incline all’eroina). Simbolica è persino
la copertina della Bibbia americana del rock, Rolling
Stone, che il 25 giugno 1992 celebra la band californiana nella classica mise con il calzino ma senza John
Frusciante, eliminato dalla foto. Il ’92 è però anche
l’anno della seconda edizione del Lollapalooza, uno
dei più importanti festival itineranti americani, che,
oltre a rivelarsi un’ottima operazione commerciale,
nasce con l’intento di rappresentare per i giovani
degli anni ’90, ciò che Woodstock era stato per i
loro genitori. Ripresisi dall’abbandono di Frusciante
(durante l’intera carriera sono sette i chitarristi che
si sono avvicendati nella band, e cinque i batteristi),
anche i Red Hot Chili Peppers partecipano alle date
del Lollapalooza presentando ufficialmente il nuovo
chitarrista Arik Marshall ed esibendosi nel bis, ovviamente sempre a torso nudo, con un elmetto protettivo in testa che spara una fiamma di un metro di
altezza, con Kiedis ad agitare la lunga chioma liscia.
Ma anche Marshall ha breve durata nella formazione, ribadendo la difficoltà di individuare il giusto
chitarrista in grado di fondersi con la graniticità
dell’ormai assodato batterista Chad Smith, la natura
egocentrica da superstar di Kiedis e quella spirituale
e freakettona del talentuoso e clownesco bassista
Flea, nato nel jazz e cresciuto nel punk. È nel 1994
che i Red Hot Chili Peppers annunciano l’ingresso
dell’ennesimo nuovo chitarrista, Dave Navarro (ex
membro dei Jane’s Addiction) e contemporaneamente
partecipano a uno degli eventi live del decennio: la
celebrazione dei 25 anni del mito di Woodstock, insieme alle star del momento. L’esibizione dei Peppers
è rimasta nella storia della band: i quattro suonano
indossando tute argentate sovrastate da un’enorme
lampadina (accesa). Al termine di “Give It Away” i
21
29
musicisti sfilano l’ingombrante costume e si lasciano
andare a liberatori urli di gioia, ritornando poi per il
bis vestiti con parrucche e abiti ispirati alla storica
esibizione di Jimi Hendrix durante la Woodstock
originale. Ancora Woodstock, questa volta nel ’99 per
il 30° anniversario, rivede il gruppo sul palco sulla
scia dell’enorme successo di Californication, ovvero
la definitiva rinascita dopo una seconda metà degli
anni ’90 passata sottotono, che riporta John Frusciante miracolosamente ristabilito e di nuovo creativo.
Flea suona il set completamente nudo e coperto solo
dal basso, mentre più tardi, per evitare noie legali
derivanti da denunce per atti osceni, preferirà spesso
e volentieri le sole mutande. La stessa esibizione sarà
accompagnata (proprio durante l’esecuzione della
cover di “Fire” di Hendrix) da roghi e incidenti creati
da alcuni spettatori esasperati dai costi proibitivi di
cibo e bevande (in una giornata terribilmente afosa)
e da altri madornali errori organizzativi. Lo stesso
anno la band suonerà nella Piazza Rossa di Mosca, per
l’inaugurazione di MTV Russia, davanti a due eserciti:
quello dei 300 mila fan accorsi e quello della polizia
che praticamente circonda i musicisti. L’escalation
successiva dei tour mondiali è incessante, anche nel
nostro paese, fino a culminare nell’apice dei concerti londinesi di Hyde Park nel 2004, registrando un
incasso di circa 17 milioni di dollari, stabilendo il record storico per una singola venue e scardinando così
la precedente egemonia dei Beatles. Il tutto è stato
immortalato nel primo disco live ufficiale della band,
Live In Hyde Park.
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THE ITALIAN JOB
Le avventure italiane di Kiedis e compagni
testo: Cristiana Paolini
foto: Franceso Pradoni
Nel nostro paese vennero per la prima
volta nel 1992, sull’onda del successo di
Blood Sugar Sex Magik. Tornano il 28
giugno, a distanza di quindici anni e di
svariati dischi d’oro. Nel mezzo, una
dozzina di esibizioni indimenticabili, tra
grandi successi, cover bizzarre, jam
session... e un furto nei camerini.
Nel nostro paese i Red Hot Chili Peppers hanno
suonato per la prima volta al Palatrussardi di Milano
il 1° marzo 1992, sull’onda naturalmente del grande
successo dell’album Blood Sugar Sex Magik (pubblicato l’anno precedente) che ne aveva finalmente
decretato la notorietà internazionale. Da allora sono
fortunatamente state diverse le apparizioni live
nostrane, con più variazioni di una matrice comunque
ormai comune: excursus sull’album in promozione al
momento, riproposta dei pezzi più noti degli album
precedenti e uno spazio sempre dedicato a cover
degli artisti ispiratori dei Peperoncini (alcune contenute in album come Blood Sugar Sex Magik e Mother’s
Milk), con frequenti jam session semi-improvvisate.
La data del ’92 vedeva ancora in formazione un John
Frusciante ormai agli sgoccioli della sua prima esperienza coi Peppers, che lascerà infatti durante le date
giapponesi nel maggio dello stesso anno, sprofondando nel dramma della tossicodipendenza. La tracklist
di quel concerto si apriva con quella “Out In L.A.”
da cui tutto aveva avuto inizio. È quindi il tenebroso
Dave Navarro ad accompagnare il gruppo nella data
milanese dell’autunno del 1995, in seguito all’uscita
dell’album One Hot Minute. Nonostante la bravura,
nei quattro anni successivi Navarro avrà diversi problemi di integrazione, e il ritorno di John Frusciante
nel ’98, disintossicato e ristabilito, innesca la composizione di Californication, uno straordinario successo
che determinerà la seconda rinascita dei muscolosi
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e tatuati californiani dopo il relativo flop dell’album
precedente (anche la prima rinascita era stata merito
del chitarrista: il suo arrivo nell’88 dopo la morte di
Hillel Slovak aveva portato alla composizione di Blood
Sugar Sex Magik). Le calate in Italia per quel tour
nel ’99 sono un live per MTV, una breve comparsa
all’Arena di Verona al Festivalbar e la data milanese
in autunno, che vede un momentaneo scambio di
strumenti: Flea alla batteria, Frusciante al basso e
Chad Smith alla chitarra. Durante lo stesso concerto
Flea intona la stralunata Pea, contenuta sull’album
One Hot Minute, sua composizione che lo vede anche
voce solista e brano non frequentemente proposto
dal vivo. Sempre il bassista è quella sera vittima di
un bizzarro incidente: dai camerini della band, due
ragazze riescono a sottrarre un paio di pantaloni vintage di sua proprietà. Il musicista arriva a riportare la
cosa in un suo post sul sito ufficiale della formazione
(le ormai classiche Fleamail, messaggi attraverso i
quali il bassista tiene aggiornati i fan sulle attività del
gruppo), chiedendo la restituzione del capo di abbigliamento a lui caro. Le ragazze rispondono
all’appello restituendo il bottino. L’epoca di By The
Way vede la formazione al Festivalbar, questa volta
a Napoli, nel 2002 (con Flea con i capelli azzurro
cielo, forse nemmeno il più bizzarro fra i colori di
capigliatura da lui adottati), con successiva puntata
come headliner all’Heineken Jammin’ Festival di
Imola, infuocato da una temperatura tropicale. Al
momento di salire sul palco, in onore dei campionati
del mondo di calcio che si stanno giocando, Anthony
Kiedis urla “Del Piero!” tra la sorpresa generale, mentre Flea, certo non nuovo a strane mise, si presenta
con una maschera nera piumata che accompagnerà
l’esecuzione dei primi pezzi e finirà per “camminare”
sul palco sulle mani. L’inizio del 2003 ospita i californiani per quattro date: due al Filaforum di Milano,
una al Palaeur di Roma e una al Palamalaguti di
Bologna, replicando anche a giugno del 2004 per una
sola data allo stadio San Siro di Milano. La pubblicazione del doppio album Stadium Arcadium lo scorso
ESCLUSIVO
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anno e l’assalto ai pochi biglietti per la serata promozionale all’Alcatraz di Milano, portano a replicare il sold
out per la data prevista il 29 novembre successivo al
Datchforum, costringendo ad aggiungere una seconda
serata anch’essa esaurita. Nell’estate del 2006, precisamente al Teatro Tendastrisce di Roma, si è presentato il batte-rista Chad Smith accompagnando in tour
Glenn Hughes, ex militante di due illustri gruppi come
Deep Purple e Black Sabbath, a supporto dell’album
solista Music For The Divine al quale hanno collaborato
anche John Frusciante e l’ex Pepper Dave Navarro. Lo
stesso Fru-sciante aveva fatto tappa nel 2001 in Italia
durante la promozione del suo terzo album solista To
Record Only Water For Ten Days. A grande richiesta, la
formazio-ne californiana torna dunque questa estate
per la sola data allo stadio Friuli di Udine il 28 giugno,
anticipati come supporter dal combo rapcore dei Wu
Tang Clan. Agli organizzatori italiani è stato richiesto di
fornire un impianto (realizzato da un’azienda nostrana)
in grado di produrre una resa acustica notevolmente
maggiore rispetto alla media degli stadi italiani, aggiungendo megaschermi Panasonic ad alta definizione. Dal
punto di vista musicale, oltre a proporre i nuovi pezzi
come Dani California, Charlie e Hump De Bump, è lecito
aspettarsi una o più cover che negli anni sono state una
costante per il gruppo californiano, tributo ai propri artisti seminali: “Fire” di Jimi Hendrix, “Higher Ground”
di Stevie Wonder, “They’re Red Hot” di Robert Johnson,
ma vengono spesso riproposte anche l’intro di “London
Calling” e “Guns Of Brixton” dei Clash, “Havana Affair”
dei Ramones, “Red Hot Mama” dei Funkadelic. E’ facile
immaginare che John Frusciante si ritagli il consueto
spazio in cui intonare un brano dalla sua ormai nutrita
produzione solista o cover pescate da una certa produzione ’60 -‘70 come “I Feel Love” di Donna Summer.
L’alchimia cementata da anni di amicizia e concerti in
ogni parte del globo si rivela in jam session d’obbligo
durante ogni concerto soprattutto fra Frusciante e Flea,
il quale va sempre più riproponendo il suo background
jazz attraverso esibizioni in solo alla tromba. Ma è
indubbiamente in certi brani dal ritmo incendiario che
l’energia di questi (quasi tutti) ultra-quarantenni continua a rinnovarsi: “Give It Away”, “Me And My Friends”,
“Suck My Kiss”, “Sir Psycho Sexy”, “Blood Sugar Sex
Magik” e l’immancabile ballata “Under The Bridge”.
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IL NOSTRO CIRCO ROCK
testo: Samantha Colombo
foto: Franceso Pradoni
Silenzio, parlano i Red Hot Chili
Anthony, John, Flea e Chad
raccontano i Peppers
Peppers. I quattro musicisti
(e l’ex Dave Navarro) spiegano com’è
nata la loro inconfondibile “magia”,
unione di funk e rock, di carne e spirito, antidoto ai veleni di un mondo
senz’anima.
“Abbiamo iniziato a suonare perché in giro non c’era
nessuna scena musicale che ci piacesse. L’unica cosa
che ci rimaneva da fare era crearne una nostra. E
questo ci ha resi liberi da qualsiasi etichetta”. Nasce
così, e non potrebbe essere altrimenti, la band che
più di ogni altra si fa baluardo di una musica viscerale e diretta, intrisa dei più diversi generi musicali,
profondamente vincolata al senso di unità proprio di
una band. I Red Hot Chili Peppers evocano, attraverso le note, il sole della California e le onde spumeggianti dell’oceano, una fisicità che nasce nell’estasi
del sesso e si disegna nelle linee dei tatuaggi, ma
anche negli eccessi delle droghe e di concerti vissuti
all’ultimo respiro.
Dopo gli idoli e le musiche artefatte degli anni ’80 la
gente, ha detto Anthony Kiedis, “era stufa del rock
mainstream. Per la prima volta dopo tanti anni c’era
la voglia di musicisti che vivessero per la musica,
che si svegliassero la mattina con un insopprimibile
desiderio di suonare”. Queste parole arrivano direttamente dai primi anni ‘90, quando la band di Los
Angeles travalica i confini e rompe la barriera del
suono grazie a Blood Sugar Sex Magik, ma affondano
le radici ancora prima dell’omonimo esordio datato
1984, come nelle migliori favole sporche del rock, tra
i banchi di una high school. “Quando vidi Flea per la
prima volta, capii subito che era un freak, un diverso,
proprio come me. Fu naturale ritrovarsi insieme a
girovagare per le strade di Los Aangeles”, ricorda il
frontman. Naturale come mettere in piedi lo show di
Tony Flow And The Miraculously Majestic Masters Of
Mayhem, che mescolava in un calderone bollente la
lezione dei rapper newyorchesi e le pulsazioni viscerali
del basso, in un connubio che sarebbe diventato matrice del sound firmato RHCP.
“Le cose che mi ispiravano di più in quei tempi erano
Woody Allen, il sesso, il surf, ma soprattutto sperimentare la vita a livello fisico”, continua Kiedis. D’altro
canto, come ama ricordare Flea, “il suono dei Peppers
è l’ideale estensione dei nostri corpi”. La band riesce
a infondere nella propria musica la grinta del rock,
la ritmica del rap e gli accenti del funk per dare vita
ad un reale crossover: proprio mentre la miscela tra i
vari generi va progressivamente adottando i dettami
dei campionamenti elettronici, i Peppers adottano uno
stile genuino. “Questo mondo governato da computer e
media sempre più sofisticati ci allontana troppo da ciò
che riguarda lo spirito, per farci avvicinare agli aspetti
meno legati al nostro essere. Per questo abbiamo tirato
in ballo il sangue, il sesso, la magia: quasi in contraddizione con il modo di vivere odierno”, spiega Kiedis.
“Noi veniamo da interminabili jam session, giornate
passate a suonare milioni di ore di musica che nessuno
mai sentirà” continua Flea “e lo facciamo per raggiungere uno stato di armonia con il mondo e con gli altri,
lontani anni luce dal resto della scena discografica”.
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Da qui un altro elemento imprescindibile dei Red Hot,
ovvero il profondo senso di unione: “Il nostro sound
è impostato in modo tale da ottenere un’unione. Ed
è proprio questo per noi il senso del rock’n’roll, il
rock’n’roll puro, suonato da una gang, che dia l’idea di
comunità”, ricorda Anthony. Unità che a un certo punto
della storia made in California, vacilla profondamente.
“Tutto è iniziato quando siamo arrivati in Europa”,
ricorda John Frusciante, tornando con la memoria a
quindici anni fa. “Ero già stanco di stare in giro, in
tour, ma lì fui molto vicino a prendere a pugni i giornalisti, una massa di giornalisti europei che continuavano
a dirmi che ero una rockstar, non più una nullità. Poi,
in un momento di lucidità, guardai diritto negli occhi
il bassista e capii. Saltai dentro alla prima piscina che
trovai e iniziai a nuotare. E dopo nuotai all’infinito
fino a che non arrivai a Los Angeles, qui stetti steso sul
divano di casa mia per circa un mese, senza far nulla.
La stanza era nel più completo silenzio, non ascoltai
nemmeno un disco. Poi iniziai a suonare ed incisi Niandra Lades”. Così viene tratteggiata dal diretto interessato una delle fondamentali sterzate nel percorso
della band, ovvero l’uscita di scena (fino al ritorno con
Californication) del loro chitarrista. “John Frusciante
è stato uno dei chitarristi più intensi e ricchi d’animo
che abbiamo mai avuto”, sosteneva Kiedis all’epoca.
“Avevamo raggiunto qualcosa di speciale con lui. Ora
dovremo cercarlo da qualche altra parte”.
Dove? “Ai Red Hot ho portato me stesso”, sostiene
Dave Navarro, giunto alle sei corde in One Hot Minute,
dopo un paio di rimpiazzi andati a vuoto. “Ho portato
esperienze e ogni aspetto che mi appartiene. Il fatto di
avere un background musicale diverso dagli altri penso
non sia stato un ostacolo, anzi. Penso abbia dato vita a
una combinazione musicale del tutto nuova”. Una combinazione rivelatasi effimera per il chitarrista. Anche
senza di lui, il gruppo ha continuato a trasudare sessualità da ogni accordo. “Quando faccio sesso”, spiega
Anthony, “il corpo, la mente e lo spirito sono un’unica
cosa, un elemento nuovo che, nel trasporto erotico,
raggiunge uno stato di trascendenza per cui ogni cazzata che ti affligge diventa secondaria. Il sesso è uno
degli elementi più importanti della nostra musica perché
è una delle emozioni che viviamo con più intensità”.
L’HAI SPEDITO?
invia un SMS al 320.2043040
e scrivi come testo
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Le emozioni le dà anche la metropoli musa del gruppo:
Los Angeles. “Lo so che L.A. è sporca, inquinata, pericolosa, ma so anche che queste strade, questi luoghi,
mi parlano, li sento addosso come una persona”, dichiara Anthony. La città è anche fucina di arte, prima
fra tutti quella visiva: “Ho recitato in diversi film,
ma mi piacerebbe lavorare con Woody Allen, Martin
Scorsese, i miei registi preferiti insieme a Buñuel e Kurosawa. Mi piace anche leggere: James Baldwin, John
Fante. Tutta l’arte mi interessa. Vorrei riuscire a essere
una persona creativa per il resto della mia vita”, dice
Flea. E i Red Hot il cinema non lo disdegnano affatto:
pellicole come Point Break o Belli e dannati sono solo
un paio di esempi in cui i fotogrammi nascondono loro
apparizioni.
Ma la musica, si sa, è ben altro, è quell’energia che
scorre sotto pelle e serpeggia in giro per il mondo:
“Oggi, quando siamo in tour, siamo come una specie di
circo vagante. Sia che suoniamo canzoni tristi o felici,
le interpretiamo sempre il più teatralmente possibile.
La gente vuole gli eccessi e sul palco noi facciamo
proprio questo. Eccedere”, racconta Chad.
Questa è l’essenza, che domina dai demo degli esordi a
Stadium Arcadium, facendo tremare le casse di festival
in giro per il mondo: ci sono carne ed eccitazione, la
vertigine e il calore californiani, lo spirito di una band
che ha saputo stare a galla, reinventarsi e, non ultimo,
ripulirsi.
Perché anche le leggende del rock possono essere vive,
vegete e straordinariamente vitali.
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testo: Cristiana Paolini
foto: Franceso Pradoni
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LIVE
Me And My Friends (The Uplift Mofo Party Plan,
1987)
È forse fra i pochissimi brani ancora proposti a portare la firma dei quattro componenti originali della
band: Kiedis e Flea più il primo chitarrista Hillel
Slovak e il batterista Jack Irons. Nonostante i successi
maggiori della band siano stati composti in seguito,
il brano è spesso eseguito in concerto perché denso
di quello spirito funk che ha contraddistinto in pieno
il primo periodo dei californiani ed è dunque una
fotografia della fase embrionale della band. Si canta
di amicizia e spirito goliardico, uno dei temi spesso e
volentieri proposti nei testi dei Red Hot Chili Peppers.
Kiedis la dedica in particolare a Slovak.
Fire (Mother’s Milk, 1989)
Non è ovviamente un pezzo dei Peppers, ma una
cover di Jimi Hendrix, inclusa nell’album Mother’s
Milk dei californiani. Nonostante sia un brano arcinoto (originariamente pubblicato nel 1967 nell’album
Are You Experienced? del leggendario chitarrista
meticcio) e riproposto da moltissimi artisti, i Peppers
sono riusciti a trasformarlo in una celebrazione del
loro ritmo tiratissimo e della goliardia sul palco, oltre
che in un’allusione sessuale. La particolarità della
versione in studio della band è che si tratta dell’unico
brano in cui suonano tutti e quattro i componenti
originali dei Peppers (quindi Kiedis e Flea insieme a
Hillel Slovak e Jack Irons) all’interno di un album,
appunto Mother’s Milk, che, invece, vedeva già in
formazione Chad Smith e John Frusciante.
8 brani per capire
i Red Hot Chili Peppers
Give It Away (Blood Sugar Sex Magik, 1991)
Non sarebbe un concerto dei RHCP senza questo
brano. Dall’album considerato fra i più importanti
della storia del rock, questo pezzo è a sua volta
ritenuto fra le 500 canzoni più rappresentative. È un
perfetto esempio di crossover tra funk-rock e liriche
rap, in cui si distingue uno dei più celebri riff di basso
concepiti da Flea. Le interpretazioni del testo hanno
condotto a più versioni: riferimenti all’assunzione
di stupefacenti (ancora incombenti all’epoca nel
gruppo), allusioni sessuali e alla donazione del sangue
come gesto di amore viscerale. Il testo contiene una
serie di omaggi: all’attore River Phoenix, morto nel
’94, grande amico di Kiedis e Flea, e a Bob Marley,
“poeta e profeta”. Celebre il video, forse uno dei più
famosi della storia, diretto da Stéphane Sednaoui,
che riprende i quattro nel deserto, con il corpo coperto di vernice argentata.
Under The Bridge (Blood Sugar Sex Magik, 1991)
Il singolo di maggior successo del gruppo. Rischiò inizialmente di non essere inciso: data la natura intima
e introspettiva del testo (riferito alla solitudine provata da Kiedis durante il periodo della tossicodipendenza), il cantante era riluttante all’idea proporlo
al produttore Rick Rubin durante le session di Blood
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incarna la veste maggiormente melodica dei Peppers
del nuovo millennio, rispetto al funk-rock degli esordi
e la psichedelia heavy di One Hot Minute. Il video è
stato girato da Stéphane Sednaoui, lo stesso regista di
“Give It Away”, e ne rappresenta il seguito ideale: se
in quest’ultimo la band veniva ritratta come quattro
giovani che celebravano la vita e il sesso danzando
nel deserto, ora gli stessi quattro attraversano nuovamente il deserto più maturi e, soprattutto, percossi
dalla vita, alle cui difficoltà non si arrendono. “Scar
Tissue” è anche il titolo, di nuovo emblematico,
dell’autobiografia di Anthony Kiedis pubblicata nel
2005.
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Californication (Californication, 1999)
Sugar Sex Magik. È una ballata intensa e sincera, lontana dal ritmo sincopato tipico dei losangelini eppure
con loro completamente identificabile. Il titolo fa
riferimento a un ponte di L.A. dove Anthony si recava
per assumere eroina, ma tutta la canzone contiene
diversi rimandi alla Città degli Angeli. È caratterizzata dal famoso riff di chitarra di Frusciante, probabilmente ispirato da “Little Wing” di Hendrix. Il coro
finale vedeva la partecipazione anche della madre di
Frusciante, Gail, anch’essa cantante, mentre durante
i live questa parte vocale viene interpretata dal chitarrista. Il video, diretto dal famoso regista Gus Van
Sant, vinse un MTV Video Music Award.
Soul To Squeeze (dalla colonna sonora del film
Coneheads, 1993)
Dopo Under The Bridge, Soul To Squeeze è forse la
ballata più rappresentativa dei Red Hot Chili Peppers, con una storia piuttosto particolare: composta
durante le session di Blood Sugar Sex Magik, fu eliminata dalla track list finale e pubblicata soltanto come
b-side di alcuni singoli. Venne poi inclusa nella colona
sonora del film Coneheads del 1993. Bistrattato inizialmente, è un brano molto apprezzato dai fan più
fedeli della band californiana. John Frusciante suona
la chitarra, ma il video relativo, a causa del suo abbandono nel 1992, vede la partecipazione soltanto di
Kiedis, Flea e Smith, che impersonano dei teatranti di
un circo felliniano. Girato in bianco e nero, il clip sottolinea l’atmosfera piuttosto malinconica del pezzo.
Altro pezzo immancabile durante i concerti dei
Peppers. Californication, è al tempo stesso un riferimento affettuoso alla California, patria acquisita di
tutti i Red Hot Chili Peppers (nessuno dei quattro vi
è nato), ma anche una critica a una terra di contraddizioni dotata di un lato oscuro, esattamente come
la celebrità di Hollywood: la pornografia, la chirurgia
estetica esasperata, il dramma degli immigrati, la
fama ad ogni costo, il decadimento della civiltà occidentale. Il video, girato dalla coppia Jonathan Dayton
e Valerie Faris, rappresenta i membri della band
all’interno di un videogame (con parecchi riferimenti
a giochi celebri come Tomb Raider e Resident Evil) ed
è ricco di simbolismi legati alla band. Spesso Kiedis,
anche nella sua autobiografia, ha fatto riferimento al
parallelismo fra la tossicodipendenza e le trappole di
un videogame.
By The Way (By The Way, 2002)
Primo singolo tratto dall’omonimo cd che ha decretato il definitivo status di rockstar planetarie di Kiedis e
compagni. Un’intro melodica e rilassata esplode in un
pezzo energetico con versi rappati, tipico highlight da
concerto per scatenare l’audience. Nel testo compare
il personaggio di una ragazza di nome Dani (“Dani
the girl”, recita uno dei versi) che curiosamente era
apparso già in Californication (“Teenage bride with
a baby inside”) e darà poi il titolo al singolo successivo “Dani California” (dall’ultimo album Stadium
Arcadium): si tratta in effetti di un personaggio che
attraversa sette anni di storia dei Peppers, e che
Kiedis spiega come una sorta di proiezione delle sue
relazioni sentimentali. Divertente il video, della
coppia Dayton-Faris, in cui Kiedis viene rapito da un
taxista pazzoide (l’attore Doug Wilson), tra gimcane
stradali e salvataggio in extremis.
Scar Tissue (Californication, 1999)
È il primo singolo tratto da Californication, ovvero
la rinascita “spirituale” e commerciale dei Red Hot
Chili Peppers dopo il ritorno di Frusciante. Tutt’oggi
uno dei pezzi più di successo della band, vince un
Grammy Award come Best Rock Song nel 2000 e
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spazio dedicato ai fan
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Venicequeen.it
Venicequeen.it è un portale interamente dedicato
ai Red Hot Chili Peppers, nato nel luglio 2004 con
l’obiettivo di rappresentare un punto di riferimento
e di contatto per i numerosi fan italiani del quartetto
californiano. In questi tre anni di attività lo staff ha
organizzato tre raduni, il primo dei quali si è tenuto
al Totem Village di Velletri (Roma). In quell’occasione
i partecipanti hanno avuto l’occasione di conoscersi
e di condividere una passione fortissima, quella per
i Peppers, assistendo a videoproiezioni ed esibizioni
di cover band provenienti da diverse regioni della
penisola.
Il portale e il forum hanno acquisito nel tempo
sempre maggiore visibilità: si contano oggi più di
1.000 iscritti, dovuti anche alla nascita, nel gennaio del 2006, della nuova community, realizzata
in collaborazione con il web site johnfrusciante.it.
Sempre nel 2006, MTV Italia ha contattato lo staff di
venicequeen.it per offrire agli iscritti l’invito gratuito per il promo-show che i Red Hot Chili Peppers
hanno tenuto all’Alcatraz di Milano il 29 Aprile. Una
settimana dopo, per celebrare e festeggiare l’uscita
di “Stadium Arcadium”, ultima fatica dei Peppers,
è stato organizzato il secondo raduno nazionale,
tenutosi anche questa volta a Velletri. Qualche mese
dopo, precisamente il 9 settembre, al Keller Platz di
Prato, si è tenuto il terzo e (per ora) ultimo evento
con l’obiettivo di preparare un’importante iniziativa
in occasione dei successivi concerti di novembre, a
Milano, di Anthony & soci. E’ stato chiesto alla band
di eseguire il brano “Sir Psycho Sexy” (richiesta accolta!!) e l’intera “avventura” è stata documentata
attraverso una video-parodia del singolo “Snow (Hey
Oh)”.
Per il secondo semestre di quest’anno sono previste
due importanti iniziative. Innanzitutto il quarto
raduno nazionale, previsto per l’8 settembre al Keller
Platz di Prato, in cui verranno proposte videoproiezioni ed esibizioni di cover band. Nel corso della serata
sarà inoltre presentato il merchandising ufficiale e
verranno distribuiti gadget in omaggio. In secondo
luogo, lo staff di venicequeen.it sta lavorando alla
traduzione integrale del diario-biografia “Behind The
Sun” di James Slovak, dedicata al defunto fratello
Hillel: l’operazione è autorizzata grazie al consenso
dell’autore stesso e la traduzione sarà resa disponibile solo per gli iscritti alla community.
Per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il
portale, ad iscrivervi alla community e a contattare
gli amministratori:
[email protected]
[email protected]
In occasione del concerto di Udine dei Red Hot Chili
Peppers, lo staff di venicequeen.it ha intenzione di
realizzare un video (sarà poi disponibile sul portale)
che documenti le emozioni dei fan, dalla lunga attesa
iniziale fino ai commenti post-concerto.
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il calendario
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VASCO ROSSI
Stadio Delle Alpi, Torino
03/07/07
Stadio San Filippo, Messina
07/07/07
Stadio San Nicola, Bari
10/07/07
Stadio Del Conero, Ancona
14/07/07
RED HOT CHILI PEPPERS
Stadio Friuli, Udine
28/07/07
PLACEBO
Romarock Festival
02/07/07
Nel mese di Luglio, Vasco Rossi è ancora il protagonista dei concerti estivi italiani. Altre quattro date per
accontentare le centinaia di migliaia di fan sparsi per
la penisola, da nord a sud. Sold out da tempo i concerti di Torino e Ancona, si registra il tutto esaurito
anche per l’esordio assoluto del Blasco al San Filippo
di Messina. Ma chi fosse ancora sprovvisto di biglietto,
non disperi: sono ancora disponibi tagliandi per Bari,
in vendita sul circuito Ticket One (www.ticketone.it).
Per maggiori informazioni: Milano Concerti
Tel. 02.53006501 – e-mail: [email protected]
web: www.milanoconcerti.net
Il concerto dei Peppers del 28 di Giugno allo Stadio
Friuli di Udine è inserito nel Calendario di Udinestate
2007. Sono ancora disponibili dei biglietti ai seguenti
prezzi:
Tribuna Numerata Nord e Sud: 46 euro + prevendita
Gradinata Libera: 37 euro + prevendita
Curva: 35 euro + prevendita
Prato: 35 euro + prevendita
I biglietti sono in vendita tramite il circuito Ticket
One (www.ticketone.it) ed in tutte le prevendite
autorizzate.
Per maggiori informazioni: Milano Concerti
Tel. 02.53006501 – e-mail: [email protected]
web: www.milanoconcerti.net
Tra le star che affollano il ricco cartellone del Romarock Festival, i Placebo arrivano in Italia per promuovere il loro ultimo lavoro discografico, Meds, pubblicato nel marzo 2006. Negli ultimi dieci anni la band si
è affermata come una delle migliori formazioni rock
del pianeta: nel 2000 vendevano un milione di copie
del loro terzo album Black Market Music, scalando
fino in vetta le classifiche di tutta Europa. Nel 2003,
le vendite del quarto album dei Placebo, Sleeping
With Ghosts, raggiungeva quota 1,5 milioni, proiettando la band nella Top Ten di venti paesi diversi. Da
allora i Placebo si sono trasformati in un fenomeno
globale, registrando ovunque il tutto esaurito.
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UPDATE
il calendario
dei prossimi concerti
PETER GABRIEL
Romarock Festival
O3/07/07
Play Arezzo Art Festival
05/07/07
THE ROLLING STONES
Stadio Olimpico, Roma
06/07/07
STEVE VAI
Idroscalo, Milano
13/07/07
Lignano Sabbiadoro Festival
14/07/07
Pistoia Blues
15/07/07
Romarock Festival
16/07/07
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Due le occasione per vedere dal vivo un’artista che
non ha bisogno di presentazioni, uno dei musicisti più
prolifici e creativi del panorama internazionale: la
prima all’Ippodromo Capannelle di Roma, il 3 luglio,
nel contesto dell’ormai approdato Romarock Festival,
che quest’anno vede la partecipazione di numerosi
big della musica mondiale. La seconda ad Arezzo,
all’interno del Play Arezzo Art Festival, esordio di
quella che promette di diventare una delle più interessanti rassegne di musica, teatro, letteratura e new
media dell’estate italiana.
Come annunciato da tempo, la più grande rock’n’roll
band del mondo tornerà negli stadi d’Europa
quest’estate con un nuovo capitolo del trionfale ‘A
Bigger Bang Tour’ il cui esordio risale ormai a quasi
due anni fa. I Rolling Stones suoneranno in diversi
paesi europei, compresa l’Italia, per un’unica imperdibile data, il 6 luglio allo Stadio Olimpico di
Roma: il concerto è destinato ad eguagliare, se non
superare, i record della scorsa estate a Milano, quando gli Stones si esibirono in un San Siro esaurito in
ogni ordine di posto, suonando brani tratti dall’ultimo
trionfale disco, A Bigger Bang, e le più celebri hit
della loro incredibile carriera.
Da oltre un ventennio nell’olimpo dei chitarristi più
famosi ed innovativi della scena musicale mondiale,
Steve Vai sale alla ribalta mondiale quando, diciannovenne, inizia a collaborare con Frank Zappa, genio
del rock. Dal 1979 al 1984 partecipa a molti album
di Zappa, per poi dedicarsi ad altri progetti ed infine
all’attività solistica. Ricordiamo le sua collaborazioni
con David Lee Roth, gli Whitesnake, Joe Satriani. Nel
corso della sua carriera ha realizzato numerose colonne sonore e lui stesso è apparso sul grande schermo
nel film Crossroads di Walter Hill, con protagonista
Ralph Macchio, basato sul mito di Robert Johnson,
in cui Vai fa la parte di Jack Butler, il chitarrista del
diavolo.
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UPDATE
il calendario
dei prossimi concerti
40
AVRILE LAVIGNE
Romarock Festival
18/07/07
ROBERT PLANT
Romarock Festival
20/07/07
Lignano Sabbiadoro Festival
21/07/07
BJORK
Villa Manin, Codroipo (Udine)
21/07/07
Sono successe molte cose nella vita di Avril Lavigne,
unica artista donna di Romarock Festival 2007, da
quando nel 2002, appena diciassettenne, pubblica
il disco di debutto Let Go: l’album, vende oltre 16
milioni di copie nel mondo. Con Under My Skin, otto
volte platino, la ragazza di Ontario consacra il proprio
status di superstar conquistando il n. 1 nelle classifiche di Stati Uniti, Canada e U.K, incantando il
mondo con i suoi singoli di successo. E’ appena uscito
The Best Damn Thing, il terzo album dell’esplosiva
punk-pop star canadese, ricco di riff frenetici, cori
orecchiabili e suggestivi, il tutto magicamente trasfigurato da una ribellione di stampo indiscutibilmente
rock.
Conosciuto in tutto il mondo come cantante dei Led
Zeppelin, Robert Plant è una delle ultime vere icone
del rock. Le sue qualità vocali, ed il grande carisma
sul palco, furono notati dal musicista e produttore
Jimmy Page, che reclutò Plant per far parte dei New
Yardbirds, continuazione del leggendario gruppo in
cui militò anche Eric Clapton. Ben presto Page decise
di ribattezzare l’ensemble Led Zeppelin. Guidati dal
mitico manager Peter Grant, i Led Zeppelin produssero dischi che sono pietre miliari della musica rock.
Dal 1982 Plant ha intrapreso la carriera solista con la
pubblicazione di Pictures At Eleven, album che incontra subito i favori del pubblico. Seguono altri album di
successo, tra il tradizionale e lo sperimentale.
La splendida Villa Manin sarà la cornice dell’unica
data italiana dell’artista più eclettica della scena
internazionale. Il concerto di Udine fa parte del tour
2007, che partirà dal Coachella Festival (California)
per poi fare spostarsi nei più importanti festival estivi
europei ed americani. Bjork farà tappa nel nostro
paese pochi mesi dopo la pubblicazione del nuovo attesissimo album, “Volta”, uscito il 4 maggio. Già anticipato dal singolo “Earth Intruders”, il nuovo disco,
sesto in studio dell’artista islandese, è prodotto dalla
stessa Bjork con l’aiuto del produttore del momento,
Timbaland, e vanta numerose collaborazioni tra cui
quella di Anthony Hegarty (Anthony And The Johnsons).
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WHAT'S NEW
le proposte discografiche
di ONSTAGE
BRUCE SPRINGSTEEN
With The Session Band
Live In Dublin
COLUMBIA
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Il quinto album dal vivo di Bruce Sprengsteen è il sigillo finale ad un progetto
artistico fortemente voluto e sentito dal musicista americano: il personale
omaggio alle tradizioni musicali a cui sente di appartenere e a cui deve gran
parte dell’ispirazione artistica. Live In Dublin conclude ciò che The Seeger
Session aveva cominciato: ad eccezione di qualche brano della produzione
originale di Springsteen, le 23 tracce contenute nel (doppio) disco sono, infatti,
un viaggio in quella musica popolare americana che affonda le radici addirittura
nell’Ottocento e che tanto ha influenzato generazioni di musicisti folk
statunitensi, da Woody Guthrie a Bob Dylan, per finire proprio al Boss, non a caso
oggi considerato l’ultimo baluardo a difesa di tali tradizioni. La scelta di Dublino,
fra le tante città toccate dal tour, è un omaggio nell’omaggio: l’Irlanda (di cui
Springsteen è originario) è la terra madre delle tradizioni musicali da cui discende il folk americano, i cui suoni, strumenti e balli furono “importati”, qualche
secolo fa, insieme alle braccia delle comunità irlandesi emigranti. Grazie al
supporto dei 17 elementi della Session Band (tra cui, come sempre, la moglie
Patti), Live In Dublin ripropone in perfetto stile musiche e sonorità un’America
che sembra ormai appartenere alla memoria e all’immaginario collettivo, ma che
mai come oggi ha, invece, bisogno di essere ricordata.
Daniele Salomone
PET SHOP BOYS
Cubism (Dvd)
WARNER MUSIC VISION
Si contano sulle dita di una mano le band che dopo avere visto la luce negli
scomodi anni 80 sono riuscite a superare indenni il decennio successivo fino ad
arrivare ai giorni nostri. Una di queste è formata da Chris Lowe e Neil Tennant,
meglio noti come i Pet Shop Boys, uno dei pochi gruppi di spiccato stampo
Eighties che è riuscito a trovare il giusto equilibrio fra un necessario ammodernamento del suono (e dell’immagine) e una vitale coerenza compositiva.
A 22 anni dal loro esordio discografico, uno spettacolo del calibro di questo
concerto, registrato live il 14 novembre scorso all’Auditorio Nacional di Mexico
City, non può che lasciare piacevolmente sorpresi: la semplicità con la quale il
duo alterna i pezzi dell’ultimo Fundamental agli immortali cavalli di battaglia
che hanno scolpito il loro nome nella storia del pop è spiazzante. A differenza
dell’ultimo tour (era il 2002) i Pet Shop Boys optano per una configurazione più
teatrale e meno rock: a casa chitarristi e percussionisti, largo a ballerini
fosforescenti, qualche corista e un cubo (ideato dall’artista Es Devlin, contattata
direttamente dai Boys). I 10 minuti di extra sono tutt’altro che fondamentali,
ma il live merita sia per l’indovinata scaletta che per la performance fresca e
convincente.
Marco Rigamonti
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WHAT'S NEW
le proposte discografiche
di ONSTAGE
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JEFFERSON AIRPLANE
Sweeping Up The Spotlight
Live At Fillmore East 1969
RCA / LEGACY
Registrato il 28 e 29 novembre 1969 al Fillmore East, tempio della scena rock
di New York, questo live ritrae gli Airplane nella formazione originale prima
che le loro strade si dividano, ma non prima di aver scritto una delle pagine più
suggestive del rock americano degli anni 60. Gli elementi che hanno fatto la
fortuna della band sono tutti in splendida evidenza in questo live (che, escluse
due tracce, contiene registrazioni finora inedite): su tutti l’interazione vocale
tra Marty Balin e Grace Slick, e la chitarra acida e visionaria di Jorma Kaukonen
che si lancia in lunghe digressioni psichedeliche con il resto del gruppo pronto a
seguirlo.
Che la controcultura di quegli anni si alimentasse della linfa vitale dei concerti,
veri e propri happening con tanto di light show strabilianti, è testimoniato ad
esempio dalle versioni dilatate e trasognanti di pezzi come “The Ballad Of You &
Me & Pooneil”, che supera i 10 minuti di durata, per non parlare del classico
onirico per eccellenza “White Rabbit”. Il versante politico della band è invece
ben rappresentato dall’inno rivoluzionario “Volunteers”. Peccato solo per
l’assenza di quella “Somebody To Love” che 40 anni fa aveva fatto palpitare i
cuori di molti; ugualmente questa registrazione è una fedele testimonianza,
impreziosita dall’ottima qualità sonora, di una band in grande stato di forma e,
soprattutto, dello spirito di una generazione.
Francesco Rosati
DEEP PURPLE
Live At Montreaux 2006
EDEL
Associare le parole “Deep Purple” e “Montreux”, non può essere un’operazione
neutra o casuale. A Montreux, lussuosa località della Svizzera francese, infatti, la
storia che già si perde nella leggenda, vuole che i nostri abbiano scritto “Smoke
On The Water”, guardando il locale dove aveva suonato l’amico Frank Zappa andare a fuoco. Quando, l’anno scorso, gli organizzatori del celebre festival svizzero hanno invitato i Deep Purple come star della rassegna, sapevano bene che la
situazione creata sarebbe stata esplosiva (come già avevano potuto constatare
nell’edizione del ’96). La registrazione del concerto-evento viene ora pubblicata
in versione cd e dvd, per la gioia dei fan. Se nel dvd il set tenuto dai DP appare integralmente, (eccetto “Perfect Strangers”) nel cd, purtroppo, sono stati
fatti dei tagli vistosi. Anche nel cd, comunque la track list contiene alcune delle
canzoni più celebri della storica hard rock band britannica, da “Strange Kind Of
Woman” a “Space Truckin’”, da “Highway Star” all’immancabile “Smoke On The
Water”.
Assolutamente da segnalare i passaggi di “Hammond d’annata” di Don Airey in
Keyboard Solo (ovvero come Mozart possa diventare rock e viceversa) e nell’intro
di “Smoke On The Water”. Un disco da quattro stelline, insomma, non c’è altro
da dire.
Davide Zucchi
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